Littérature scientifique sur le sujet « Regolamentazione del mercato »

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Articles de revues sur le sujet "Regolamentazione del mercato"

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Gardina, Massimo, et Francesca Romana Saule. « La tariffazione dei servizi di trasporto e di distribuzione del gas naturale : un'ipotesi di regolamentazione per il mercato italiano ». ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no 3 (juin 2010) : 523–49. http://dx.doi.org/10.3280/ed2009-003006.

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Résumé :
Questo lavoro intende analizzare gli elementi del processo di regolamentazione del settore del gas naturale, partendo dalle basi teoriche del processo regolatorio presenti nella letteratura economica, per arrivare ad un'osservazione analitica dei metodi di determinazione delle tariffe applicate. Perché regolare un mercato? Quale modello tra rate of return regulation e price cap? La quantificazione delle tariffe segue le finalitŕ primarie della regolamentazione, ovvero il raggiungimento dell'efficienza nei servizi di monopolio naturale, come il trasporto, attraverso un'equa determinazione delle tariffe e l'avvio alla concorrenza nei settori di monopolio di fatto, come la distribuzione, per poter offrire condizioni vantaggiose a tutti i consumatori. I piů importanti strumenti regolatori e di controllo tariffario che sono stati adottati sono il ROR e il price cap. Dall'esplicazione di questi due strumenti, mettendone in luce elementi di qualitŕ e di criticitŕ, č possibile intuire in quale campo operino gli elementi di contabilitŕ e di finanza che costituiscono le ragioni della scelta.
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Foulquier, Norbert, et Jean-Charles Rotoullié. « Numérique et tourisme : la réglementation française sur les locations meublées de tourisme ». RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, no 22 (novembre 2018) : 32–44. http://dx.doi.org/10.3280/dt2018-022002.

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Résumé :
Il recente intervento delle autorità pubbliche nella regolamentazione della locazione di appartamenti ammobiliati ad uso turistico in Francia ha portato, soprattutto nella città di Parigi, ad una significativa contrazione dell'offerta abitativa. L'articolo presenta un'analisi delle componenti giuridiche, economiche e sociali del fenomeno, a partire dalle due leggi fondamentali n. 2014-366 del 24 marzo 2014, denominata "loi ALUR", e n. 2016-1321 del 7 ottobre 2016, evidenziandone i possibili effetti sui diritti di proprietà e sulla libertà di commercio e industria, nonché sul mercato turistico
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Fadda, Sebastiano. « Le istituzioni economiche : chiave per comprendere e per superare la crisi ». ARGOMENTI, no 30 (mars 2011) : 23–38. http://dx.doi.org/10.3280/arg2010-030002.

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Résumé :
L'articolo richiama la necessitŕ di utilizzare le categorie della "economia istituzionale" per capire meglio le radici dell'attuale crisi e per individuare le misure piů appropriate per il suo superamento. Questo approccio viene applicato con riferimento a tre campi: la natura della crisi, la debolezza della struttura produttiva italiana e il problema dello sviluppo economico del Mezzogiorno. Con riferimento al primo balzano in evidenza gli aspetti della regolamentazione dei mercati finanziari e delle variabili distributive. Con riferimento al secondo emerge l'importanza dell'estensione della concorrenza, dell'innovazione, dell'accumulazione del capitale umano, delle infrastrutture materiali e immateriali, degli assetti fiscali e distributivi, della flessibilitŕ congiunta con la sicurezza nel mercato del lavoro. Con riferimento al terzo, viene messo in evidenza il fatto che il problema dello sviluppo del Mezzogiorno sia principalmente un problema di "sviluppo istituzionale", a causa della presenza di modelli di comportamento degli agenti economici incompatibili con il funzionamento di una efficiente attivitŕ produttiva. Infine vengono proposte alcune considerazioni sul processo del cambiamento istituzionale, indicando l'importanza del progresso tecnologico, delle relazioni di potere e dei "valori".
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Costantino, Laura. « Politiche europee e nazionali di contrasto allo spreco alimentare nella produzione primaria : analisi e prospettive future ». Przegląd Prawa Rolnego, no 2(23) (15 décembre 2018) : 141–48. http://dx.doi.org/10.14746/ppr.2018.23.2.10.

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Résumé :
Lo scopo dell’articolo è di presentare la regolamentazione del mercato agricolo in Nicaragua e di indicare soluzioni giuridiche che potrebbero contribuire a superare una distribuzione iniqua delle risorse economiche derivanti dall’attività agricola nazionale all’interno della filiera alimentare. In particolare, si tratta di individuare scappatoie giuridiche che contribuiscono ad una distribuzione iniqua delle risorse nel regime nicaraguense di approvvigionamento per i prodotti agroalimentari e di proporre soluzioni alternative per la loro eliminazione alla luce della scienza del diritto agrario. Secondo l’autore, la principale difficoltà per il produttore agricolo nicaraguense è il processo di commercializzazione dei prodotti sul mercato dei prodotti agricoli dell’America centrale e del Nicaragua nonché carenze normative in questo ambito. Il Sistema dell’integrazione centroamericana (SICA), vincolante nella maggior parte dei paesi della regione, da un lato contiene regolazioni giuridiche complete sull’agricoltura, dall’altro non corrisponde pienamente alla struttura moderna della filiera agroalimentare. In pratica, la legislazione regionale e nazionale è soggetta a frequenti cambiamenti e non protegge in modo sufficiente il produttore agricolo in ogni fase di produzione. Un’alternativa sarebbe quella di introdurre cambiamenti a livello regionale, sotto forma di aree di libero scambio e di attuare la politica agricola comune da parte dei Paesi dell’America centrale.
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De Maria, Francesco. « L'Operatore dello Sviluppo Umano nella cooperazione internazionale : dimensione formativa, ruolo professionale e competenze educative ». QUADERNI DI ECONOMIA DEL LAVORO, no 112 (mars 2021) : 129–55. http://dx.doi.org/10.3280/qua2020-112009.

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Résumé :
Il lavoro sviluppa una riflessione sul ruolo dei professionisti dell'educazione nella cooperazione internazionale, tentando di coniugare l'area dello Sviluppo Umano con quella della Formazione. Ci si muove su un terreno impervio dove in entrambi i casi la regolamentazione normativa, gli sbocchi occupazionali della formazione universitaria, il mercato del lavoro e le figure professionali presentano alcune criticità. Il campo della solidarietà internazionale esprime un bisogno di professionalizzazione delle proprie risorse umane; la dimensione formativa emerge come una categoria implicita e trasversale alle azioni di sviluppo che non può essere oggetto di interesse esclusivo di progetti realizzati in ambito educativo. Il contri-buto coglie queste sfide e, muovendosi da un'area disciplinare all'altra, cerca di definire i processi lavorativi, le aree di attività e le competenze educative dell'Operatore dello Sviluppo Umano, dunque del Professionista dell'Educazione che ricopre questo ruolo.
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van Meerhaeghe, Marcel A. G. « Protection of Competition in Belgium* ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 93–101. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345036.

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Résumé :
Abstract Le recenti leggi sulla concorrenza introdotte in alcuni Paesi europei sono basate sulle norme comunitarie. È questo il caso della legge italiana del 10 ottobre 1990 e del progetto di legge belga del 10 settembre 1990.In Belgio è in vigore la legge 27 maggio 1960 contro l’abuso di posizione dominante, mentre non hanno concluso l’iter parlamentare altri progetti di legge sulla politica della concorrenza elaborati successivamente.Pertanto, il testo da esaminare (confrontandolo con la legge italiana e anche con quella comunitaria) è il progetto di legge del settembre 1990.Un primo problema è dato dal fatto che il Trattato di Roma non definisce il concetto di «concorrenza». Questa lacuna caratterizza anche molte leggi nazionali, inclusa quella belga del 1960, che contiene definizioni alquanto approssimative di «abuso» e di «posizione dominante». Il progetto di legge definisce solo tre concetti: «undertaking», «posizione dominante” e «ministro». Neppure la legge italiana fornisce definizioni.Il progetto di legge propone l’istituzione di un «Consiglio della concorrenza», con compiti sia di decisione circa attività anti-concorrenziali, sia di consultazione, di sua iniziativa o su richiesta del Ministro degli affari economici.Il consiglio è composto di dodici membri, di cui sei (compreso il presidente ed il vice-presidente) appartenenti alla magistratura ed altri sei designati sulla base della loro specifica competenza. Dodici membri supplenti sono designati sulla stessa base. Le nomine durano sei mesi e sono effettuate su deliberazione del Consiglio dei ministri. È facile immaginare che la Commissione sulla concorrenza sarà sottoposta a notevoli pressioni politiche. Inoltre, si prevede una commissione di consiglieri, rappresentanti le parti sociali, la cui consultazione ritarderà certamente le procedure.Il sistema previsto dalla legge italiana sembra preferibile, sia perché assicura una maggiore indipendenza dal potere politico, sia perché è più agile.Per quanto riguarda le operazioni di concentrazione, il progetto belga richiede una percentuale della quota di mercato (il 20%) che è inferiore a quella prevista dalla regolamentazione CEE (il 25%) ed inoltre il fatturato minimo richiesto, pari ad un miliardo di franchi belgi, appare eccessivamente basso, anche confrontato con quello della legge italiana, che è circa 15 volte più elevato e da commisurare ad un prodotto interno lordo cinque volte maggiore.Le procedure previste dal progetto belga (come, peraltro, anche quelle comunitarie) sembrano richiedere un eccessivo lavoro burocratico, anche a danno della riservatezza.Uno dei timori suscitati dalla regolamentazione comunitaria, attraverso le deroghe ai divieti di comportamento anticoncorrenziale, è quello di voler dar luogo a politiche industriali o sociali, piuttosto che ad una politica della concorrenza. In una parola, vi è il rischio che prevalga la «politica” vera e propria.Per quanto riguarda i rapporti tra normativa comunitaria e leggi nazionali, è possibile che ambedue siano applicate, purché non venga pregiudicata l’applicazione uniforme delle norme comunitarie.Le autorità nazionali possono vietare accordi rispetto ai quali la Commissione abbia dichiarato di non intervenire. Oltre a svolgere un ruolo di consulenza nei riguardi della Comunità, gli Stati possono inserirsi nel procedimento comunitario. Di fatto, per gli attori puo essere preferibile ricorrere alla magistratura, la quale può decidere il pagamento dei danni, anziché limitarsi ad imporre multe, come fa la Commissione.Con riferimento al sistema belga, si può dubitare che un Paese con un territorio così limitato possa regolamentare le concentrazioni, le quali sono già oggetto di normative comunitarie.Appare inoltre sorprendente, sia nel rapporto belga che nella legge italiana, l’assenza di norme che sopprimano il controllo dei prezzi.Poiché sia la legge italiana che il progetto belga si basano sulla normativa comunitaria, per fame una valutazione complessiva bisogna fare riferimento a quest’ultima, la quale si fonda sulla legislazione anti-trust statunitense che, tuttavia, negli ultimi anni e stata sottoposta a numerose critiche.Appare sempre piu di frequente che monopoli ed oligopoli non siano cosl preoccupanti come si pensava in passato. In particolare, un sistema oligopolistico può essere nella sua essenza concorrenziale.Non sembra quindi opportuno che, di fronte ad una revisione sostanziale di molte idee tradizionali in tema di funzionamento dei mercati, la Commissione e gli Stati membri accentuino il controllo delle concentrazioni.La politica comunitaria non sembra aver avuto un’evoluzione logica e coerente. In passato le concentrazioni mediante fusione venivano incoraggiate; dopo le si è considerate con diffidenza.Gli stessi concetti di «mercato rilevante», «pratiche concertate» e «posizione dominante” sono cambiati nel corso del tempo.Data l’ispirazione liberale del Trattato di Roma, la determinazione del «valore economico” dovrebbe essere lasciata al mercato, senza porsi il problema di identificare prezzi che siano «eccessivi». Anche per quanto riguarda gli accordi di distribuzione esclusiva, non sono chiari i danni che potrebbero conseguirne.In conclusione, le autorità nazionali farebbero meglio se cercassero d’influire sulla politica comunitaria della concorrenza piuttosto che adottarla senza i necessari approfondimenti.
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Mariani, Paolo, Mauro Mussini et Biancamaria Zavanella. « Servizi pubblici per l'impiego e imprese : un'analisi della relazione tra preselezione e job matching ». RIVISTA DI ECONOMIA E STATISTICA DEL TERRITORIO, no 1 (mars 2011) : 106–32. http://dx.doi.org/10.3280/rest2011-001004.

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Résumé :
In Italia la regolamentazione del mercato del lavoro ammette che nel settore dei servizi per l'impiego operino intermediari sia pubblici sia privati. I servizi pubblici per l'impiego (SPI) esercitano la funzione di incontro domanda-offerta di lavoro secondo logiche differenti dagli operatori privati, specialmente nei confronti delle imprese. Il presente lavoro indaga gli effetti della promozione dei servizi pubblici per l'impiego, rivolta alle imprese, rispetto alle aspettative dei datori di lavoro nei confronti di un efficace servizio di mediazione domanda-offerta di lavoro. Si impiega un modello di regressione logistica binaria per esaminare la relazione tra la tempestivitŕ del servizio di preselezione, erogato nell'ambito delle attivitŕ promozionali, e l'esito del processo di. L'evidenza empirica suggerisce che, al crescere del lasso temporale necessario per l'erogazione del servizio, diminuiscono leche il processo disi concluda con successo. In secondo luogo, si stimano gli effetti che le modalitŕ di risposta degli SPI alle esigenze occupazionali delle imprese presentano sulla probabilitŕ che il processo ditermini favorevolmente. In proposito emerge che la numerositŕ di profili disponibili, in linea con quelli richiesti dal datore di lavoro, non sembra incidere sull'esito del processo di. La tematica dell'analisi degli effetti di servizi pubblici per l'impiego, erogati a livello locale, riscuote interesse crescente per via del progressivo decentramento amministrativo che attribuisce ai governi locali competenze in materia di politiche attive per il lavoro. Questo contributo discute le opportunitŕ legate all'erogazione di servizi per l'impiego avanzati alle imprese da parte degli operatori pubblici e degli effetti sul processo diche possono derivare da un'attivitŕ dei servizi pubblici per l'impiego condotta secondo criteri improntati al soddisfacimento dei requisiti generalmente attesi da parte di un'impresa nei confronti dell'operato di un generico intermediario privato.
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Ruppelt, Hans-Jürgen. « Competition Law and its Application in Germany ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 117–24. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345054.

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Résumé :
Abstract L’economia tedesca è sempre stata caratterizzata da una struttura molto concentrata, in cui le imprese facevano frequente ricorso ai cartelli. Alia fine dell’ultima guerra, gli alleati (ed in particolare gli Stati Uniti) hanno insistito perché la concentrazione fosse ridotta ed i cartelli fossero eliminati, introducendo cosi la libera concorrenza nell’economia.La legge ha introdotto un generale divieto di cartellizzazione, con alcune esenzioni legali che consentono specifiche intese.L’applicazione della legge attraverso un organismo indipendente, l’Ufficio Federale dei Cartelli, si è basata esclusivamente sugli aspetti concorrenziali, con esclusione quindi degli aspetti di «interesse pubblico». L’unica eccezione è costituita dal potere di autorizzazione di cartelli e concentrazioni da parte del Ministro, che tuttavia vi ha fatto ricorso molto raramente.Nell’ambito di applicazione della legge sono rientrate non soltanto le attività dirette a limitare la concorrenza da parte dei privati, ma anche le distorsioni del mercato prodotte da interventi pubblici, come regolamentazione, sussidi e protezionismo. Negli anni più recenti, in particolare, la politica della concorrenza si è ispirata all’idea di modificare l’equilibrio tra settore privato e settore pubblico, riducendo quest’ultimo mediante deregolamentazione e privatizzazione.La legge tedesca riguarda essenzialmente quattro gruppi di limitazioni della concorrenza: accordi orizzontali, restrizioni verticali, abuso del potere di mercato e concentrazioni.Gli accordi orizzontali sono proibiti e, di conseguenza, nulli. Coloro che vi abbiano preso parte sono passibili di una multa che può giungere fino ad un ammontare pari a tre volte il valore degli utili così conseguiti. Si tratta, peraltro, di un criterio di difficile applicazione, essendo molto ardua la determinazione dell’incremento di utili ottenuto con un accordo.Una lacuna del sistema era costituita dal fatto di escludere alcune forme di collusione che a stretto rigore non rientravano nella categoria degli «accordi». È stato necessario emendare la legge, includendovi esplicitamente le «azioni concertate».Un secondo problema riguarda l’inclusione o meno nel concetto di «restrizione della concorrenza” dell’obbligo per le parti dell’accordo di mettere in atto comportamenti contrari alla concorrenza. Secondo l’interpretazione degli organi giudiziari tale obbligo si deve presumere.Per quanto riguarda le deroghe, l’Ufficio Federale dei Cartelli tende ad essere alquanto rigido.Per gli «accordi verticali», la legge tedesca, in contrasto con l’art. 85 del Trattato CEE e con la legge italiana, introduce specifiche regole. Essi sono, in genere, legali, con la sola eccezione degli accordi per la determinazione del prezzo, che sono proibiti di per sé, a meno che non riguardino il settore dell’editoria.Gli interventi per accordi verticali sono stati poco frequenti e, a quanto sembra, nella maggior parte dei casi tali accordi non dovrebbero essere stati influenzati dalla legislazione sulla concorrenza.Per quanto riguarda l’abuso di potere di mercato, il vecchio adagio statunitense vale anche per la Germania: le dimensioni non danno luogo, di per sé, ad un pericolo. Analogamente, una posizione dominante, come tale, non può essere ritenuta dannosa, anche se è ampiamente diffusa l’opinione secondo cui non debba essere consentito l’abuso di posizione dominante.Sotto il profilo applicativo, peraltro, bisogna identificare due fondamentali presupposti: una «posizione dominante” e un «comportamento abusivo».Il controllo del comportamento abusivo persegue, sia in Germania che in Italia, due obiettivi: impedire alle imprese dominanti di stabilire prezzi troppo elevati, realizzando profitti monopolistici (abuso di prezzi), e proteggere la libertà di competere delle altre imprese (pratiche restrittive).Per quanto riguarda l’abuso di prezzi, l’esperienza tedesca non è stata molto incoraggiante, soprattutto per la ben nota difficoltà nella definizione del «giusto prezzo».Hanno avuto maggiore successo, invece, i procedimenti nei riguardi di pratiche restrittive. Anche in questo caso non e facile applicare la normativa concorrenziale, specie per quanto riguarda i casi «marginali», come i casi di collegamenti tra imprese che non sembrano evidenziare comportamenti anti-competitivi.L’introduzione della regolamentazione delle concentrazioni è avvenuta in Germania soprattutto per le difficoltà nel perseguire gli abusi di posizione dominante. Diversamente dalla legge italiana, il sistema tedesco non prevede un minimo fatturato nazionale, ma fa riferimento al valore del fatturato nel suo complesso, dovunque sia stato conseguito.Notevoli difficoltà potranno derivare dalla definizione del concetto di «controllo». Dal punto di vista pratico sembra conveniente combinare le caratteristiche di flessibilità e certezza giuridica con una definizione generale che specifichi il maggior numero possibile di fattispecie.Le caratteristiche più significative dell’attività di controllo delle concentrazioni svolta in Germania sono l’effetto sospensivo della notificazione che precede la concentrazione e un criterio strettamente concorrenziale. L’esperienza dimostra che è molto difficile far venir meno una concentrazione, una volta che sia stata effettuata. Per questo motivo si richiede che le concentrazioni che eccedono una determinata soglia siano comunicate in anticipo.Sebbene l’Ufficio Federale dei Cartelli abbia a disposizione quattro mesi per completare la sua investigazione, circa i tre quarti delle procedure sono completate entro quattro settimane.Vi è una netta distinzione di compiti tra l’Ufficio Federale dei Cartelli e il Ministro dell’Economia. Il primo si occupa degli aspetti strettamente inerenti alla concorrenza, senza tener conto degli altri benefici che possono derivare dalla concentrazione. Il Ministro, invece, per considerazioni d’interesse pubblico, può autorizzare una concentrazione che l’Ufficio Federale dei Cartelli aveva bloccato. Sino ad ora (dal 1973) soltanto sei autorizzazioni sono state concesse dal Ministro e non sembra che esse abbiano dato luogo ai risultati positivi che erano attesi.
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Howe, Martin. « Reflections on the Italian Law for the Protection of Competition and the Market ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 135–45. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345081.

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Résumé :
Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato è oggetto di grande interesse nel Regno Unito, a motivo dell’intenzione del governo di modificare il sistema britannico di regolamentazione della concorrenza, soprattutto per quanto riguarda i cartelli.La nuova legge deve ancora essere presentata, ma un libro bianco è stato preparato dal governo.La necessità di cambiare la legislazione al riguardo è emersa, in parte, perché essa è piuttosto antica (la prima legge è del 1948) e per vari aspetti inefficace, ed in parte per la difficoltà di conciliarla con la regolamentazione comunitaria.L’industria britannica teme che la diversità tra sistema nazionale e sistema comunitario di tutela della concorrenza possa tradursi in procedure concorrenti e con risultati discordanti, cosa che metterebbe in svantaggio le imprese britanniche rispetto a quelle degli altri partners comunitari.È rimarchevole il fatto che la legge italiana sia non soltanto modellata sulla base della legge comunitaria, ma che essa affermi che la legge nazionale non sarà applicata quando la Comunità europea abbia giurisdizione.Nel Regno Unito, invece, si insiste sulla possibilità di compiere indagini a livello nazionale, pur accettando il primato della legislazione comunitaria, in caso di contrasto. Si ammette che pratiche o accordi vietati dalla Commissione non possono essere consentiti, ma si sostiene che possono essere vietati, a livello nazionale, accordi e pratiche ammessi a livello comunitario.Peraltro, l’apparentemente chiara distinzione contenuta nella legge italiana tra i compiti della legislazione nazionale e quelli della legislazione comunitaria rischia di venir meno tutte le volte che i due ordinamenti interpreteranno le leggi in modo diverso. Questa possibility era stata alla base dell’opposizione del Regno Unito al conferimento alla Commissione europea della giurisdizione esclusiva per le fusioni di «dimensione comunitaria».Il sistema britannico è basato sul concetto di «interesse pubblico», che è per sua natura impreciso, anche se esso viene applicato in modo pragmatico e flessibile, cosa da non sottovalutare se si tiene conto del fatto che in questo campo le opinioni convenzionalmente accolte possono cambiare.Vi sono tuttavia numerosi vantaggi in un sistema che, come quello italiano, è basato su proibizioni, e di essi tiene conto il libro bianco governativo: dà messaggi più chiari alle industrie su cosa sia consentito, conferisce poteri investigativi più precisi all’Autorità della concorrenza e può anche stabilire sanzioni per comportamenti illegali, con possibili effetti deterrenti.L’Autorità italiana dovrebbe dare assoluta priorità alla eliminazione degli accordi decisamente anti-concorrenziali, come quelli diretti alla fissazione dei prezzi, alle domande ed offerte concordate, ed alla suddivisione del mercato. Si tratta di accordi che hanno raramente una giustificazione di carattere efficientistico o di altra natura.I cartelli su cui è necessario concentrarsi sono quelli di carattere orizzontale, mentre i cartelli verticali non sembrano rilevanti, almeno di regola. Pertanto, l’avere inserito anche i cartelli verticali nella legislazione italiana (conformemente a quella europea) complica molto il lavoro dell’Autorità (a motivo dell’intenso lavoro burocratico che ne conseguira) senza effettivamente contribuire alla tutela della concorrenza, che potrebbe in questo caso avvenire attraverso il ricorso alla categoria dell’abuso di posizione dominante.Per quanto riguarda le concentrazioni, sebbene quelle orizzontali siano il modo più semplice mediante cui si può giungere all’abuso di posizione dominante, bisogna riconoscere che esse costituiscono una parte molto controversa della politica della concorrenza. Vi è il problema di stabilire le dimensioni della concentrazione da sottoporre a controllo, nonché quello della prevalenza di altre considerazioni, attinenti, per esempio, alla promozione dello sviluppo regionale, rispetto ai principii della concorrenza.A proposito delle concentrazioni, bisogna distinguere il caso in cui le attività in questione siano esposte alla concorrenza internazionale da quello in cui non lo siano. In quest’ultimo caso, gli effetti delle concentrazioni devono essere esaminati con attenzione maggiore, per verificare se possano aver luogo benefici sotto il profilo di una maggiore efficienza o sotto altri aspetti. Si tratta, comunque, di valutazioni molto complesse, che non possono risolversi con una semplice formula circa il tasso di concentrazione.La repressione dell’abuso di posizione dominante è indubbiamente una parte essenziale della legislazione per la tutela della concorrenza. Tale è quindi anche nel Regno Unito, dove peraltro l’inesistenza di proibizioni rende difficile ottenere effetti deterrenti. Peraltro, un limite all’accoglimento del sistema previsto dall’art. 86 del Trattato CEE (così come del corrispondente articolo 3 della legge italiana) è costituito dalla difficoltà di definire l’«impresa dominante” e, ancor più, l’«abuso», con la conseguenza che si rischia di rendere ancora più difficile la vita delle imprese, che si troverebbero di fronte al divieto di compiere atti «illegali” che non sono precisamente definiti.Sebbene siano state numerose nel Regno Unito le indagini in materia di abuso di posizione dominante, nella maggior parte dei casi esse hanno condotto alla conclusione della loro infondatezza. È probabile che l’Autorità italiana abbia esperienze analoghe.Per quanto possano essere diverse, da Paese a Paese, le leggi sulla concorrenza e gli stessi ordinamenti, nonché i sistemi economici e sociali, è sorprendente la somiglianza tra i problemi che le autorità responsabili della tutela della concorrenza si trovano di fronte.
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Basevi, Giorgio. « Regolamentazione e riorganizzazione dei mercati finanziari internazionali ». ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no 1 (juillet 2012) : 19–34. http://dx.doi.org/10.3280/ed2012-001003.

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Thèses sur le sujet "Regolamentazione del mercato"

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Venturi, Eleonora. « Profili di corporate governance e regolamentazione del mercato ». Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2012. http://hdl.handle.net/11385/200918.

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Corporate governance represents one of the most important preconditions for a smooth-functioning economic and financial world-wide system. During the latest decades it has been more and more discussed among scholars, regulators and firms. Its growing importance is due to a number of factors, many of which require corporate governance to be seen under a brand new perspective. Within this work, we start by giving evidence of the more traditional theories on corporate organization, management and control, with special regard to the Italian (past and present) legislative framework. In particular, we try to consider whether globalization and the recent financial crisis have an impact on the deep-rooted corporate governance principles and rules. In this standpoint, the work aims at providing a personal interpretation of the law and economics literature, taking into consideration also the recent market practices. We try therefore to debate on the role that corporate governance regulation might play in the renewed order of the financial market, with specific attention to the banking system and its soundness.
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Li, Jinyan. « Strategie di ingresso e di marketing nel mercato di importazione del vino in Cina ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/20774/.

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Negli ultimi anni, la quantità e il valore degli acquisti di vino importato in Cina hanno mostrato un rapido trend di crescita. Il mercato del vino d'importazione ha una grande potenzialità di sviluppo.Le attività degli importatori nel mercato cinese sono ostacolate da tanti fattori, quali la qualità del prodotto diversificata, le operazioni di mercato irregolari e la mancanza di discriminazione e riconoscimento per il vino da parte dei consumatori. Pertanto, le strategie di marketing adeguate e mirate sono essenziali. Quindi, questa tesi mira a descrive i problemi e le sfide delle strategie di marketing, focalizzandosi sul canale distributivo dei prodotti importati, e ne discute la formulazione di future strategie di marketing e l'attuazione di misure specifiche nel settore. Questa tesi inizia principalmente con l’analisi di tendenza dello sviluppo del mercato del vino importato in Cina e si focalizza soprattutto sull’analisi del canale distributivo, in quanto sebbene fino ad ora gli studi nel settore del canale distributivo sono fatti in modo frammentato, questo rappresenta e riflette l’organizzazione del mercato e delle possibili strategie commerciali del vino in Cina.Tra le varie problematiche emerse possiamo rilevare: (1) in termini di strategia di distribuzione e di promozione, bisognerebbe migliorare l'integrazione efficace del canale online e del canale tradizionale, migliorare il controllo del canale e la comunicazione di contenuti eterogenei, promuovere la comunicazione culturale e attuare una strategia di marketing adeguata a raggiungere una competitività efficace; (2) Integrare il Marketing digitale e quello tradizionale; (3) Promuovere i marchi e aggiornare la strategia di promozione adeguata alla cultura cinese; (4) migliorare la professionalità del gruppo di marketing e la gestione della supply chain informatizzata, rinnovando i modi di operazione e accrescendo la cooperazione transfrontaliera.
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3

Lisi, Domenico. « Regulation and Performance in the Labour Market ». Thesis, Università degli Studi di Catania, 2011. http://hdl.handle.net/10761/270.

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Résumé :
1. In recent years the availability of new industry-level data allowed to evaluate the impact of labour market policies more consistently than previous standard cross-country studies. In this paper an industry-level panel is exploited to evaluate the impact of less stringent Employment Protection Legislation (EPL) for temporary employment (TE) in EU countries. A reduced form model is estimated to identify the overall effect on labour productivity growth. The advantage of using industry-level data is fourfold. First, as in standard cross-country studies, the cross-country variation of EPL is still exploited. Second, in contrast with the cross-country analysis, the specification allows us to control for unobserved fixed effects, potentially correlated with the level of EPL. Third, as the previous literature emphasised, the within-industry' composition effect' appears to be negligible, allowing us to identify the' independent effect' of TE. Fourth, to the extent that events in a single industry are not able alone to affect the policy in a country, the specification is less subject to the simultaneity problem between variable of interest and policy. The theoretical literature on TE has not established a clear prediction on the sign of the effect, existing different convincing reasons for both directions. Thus, the results of the analysis have potentially important policy implications. Our finding is that the introduction of temporary contracts has a negative, even if small in magnitude, effect on labour productivity growth. 2. Recent papers emphasised as the use of temporary contracts (TE) could have a detrimental effect on labour productivity, particularly because the wrong utilization of TE might induce a reduction in effort. However, there are different reasons to believe that the impact of TE might not be homogeneous across sectors and, in particular, in this paper we wonder if this negative effect differs according to sectors skill intensity. To this extent, we divide sectors between skilled and unskilled and specify a diff-in-diff strategy to identify the different impact of TE. Moreover, the industry-level panel allows us to deal with different endogeneity problems, as simultaneity and omitted variable bias. Our central result is that TE is even more damaging in skilled sectors and this would seem robust to little changes in the skill intensity index and in the sample used. Our main intuition is that the reduction in effort is more harmful in those sectors where production uses skills more intensively. Indeed, this result could have very important policy implications for labour market regulation. 3. The standard analysis of the impact of EPL on labour market outcomes concentrates mainly on unemployment, disregarding the possible effect on productivity. In this paper we make (a component of) labour productivity endogenous and analyze how the presence of a stringent protection legislation affects labour market in an equilibrium matching model with endogenous job destruction. Indeed, considering labour productivity an endogenous could be important not only in the case of EPL, but also for all kind of personnel policy evaluation. In this framework high labour productivity on one hand is costly in terms of effort, on the other hand is beneficial in terms of lower job destruction. We find that high firing costs partially substitute high labour productivity in reducing job destruction and this, consequently, brings down the optimal level of productivity. Moreover, the impact of EPL on unemployment is ambiguous but numerical exercises show unambiguously how higher firing restrictions reduce different measures of aggregate welfare. To some extent, the clear emergence of these results is full of policy implication and, indeed, rationalizes the recent empirical evidence on the impact of EPL.
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MAZZOLINI, GABRIELE. « Infortuni sul Lavoro e Rischi nel Mercato del Lavoro : Evidenze Empiriche ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/888.

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Résumé :
La presente tesi si focalizza sullo studio delle determinanti e delle conseguenze del rischio sul lavoro e degli incidenti occupazionali nel mercato del lavoro. Il primo contributo (Capitolo 1) fornisce una rassegna critica all'interno di un quadro di analisi armonizzato allo scopo di evidenziare le debolezze della letteratura teorica ed empirica, che si occupa di rischio sul lavoro e dei incidenti occupazionali. Nell’ indagare le determinanti degli incidenti sul lavoro (Capitolo 2), si analizza il ruolo delle condizioni di lavoro e della sicurezza sul posto di lavoro nel ridurre la probabilità di un infortunio e la durata della relativa assenza, tema inesplorato nella limitata letteratura empirica. I nostri risultati forniscono evidenze cross-country che una maggiore sicurezza contribuisce a ridurre la probabilità che un incidente si verifichi e le corrispondenti conseguenze, in termini di giorni di assenza per infortunio. Particolare attenzione viene posta nel considerare il ruolo delle regolamentazioni sulla sicurezza e delle pratiche di organizzazione del lavoro. Il Capitolo 3 studia le conseguenze degli infortuni. Ci si concentra a determinare come un incidente possa influenzare i costi sostenuti dal lavoratori, vale a dire una riduzione delle probabilità di occupazione e perdite salariali, sia nel breve sia lungo periodo. Utilizzando i dati BHPS, si trova che, nel breve periodo, uno stato di infortunio, in seguito ad un incidente occupazionale, porta ad una maggiore probabilità di perdere il lavoro; nel lungo periodo, i lavoratori infortunati possono subire consistenti perdite salariali che possono essere evitate se il lavoratore è occupato nel settore pubblico o in imprese sindacalizzate.
This dissertation focuses on investigating the determinants and the consequences of risk at work and occupational accidents in the labour market. The first contribution (Chapter 1) provides a critical survey within an harmonized framework of analysis to highlight the weaknesses of the theoretical and empirical literature. In investigating the determinants of accidents at work (Chapter 2), we analyze the role of working conditions and safety at work in reducing the probability of accidents at work and the corresponding duration of absence, which is an unexplored issue in the limited empirically literature on risk at work and occupational accidents. Our findings provide cross-country evidence that more safety at work contributes to reduce the probability that an accident occurs and its consequences, in terms of days off from work. Particular attention is used in considering the role of safety at work regulations and of work organization practices. Chapter 3 studies the consequences of occupational injuries. We focus in determining how an accident may affect workers’ costs, namely a decline of employment probabilities and earning losses, either in the short or in the long term. Using the BHPS data, we find that, in the short term, a state of injury, following an occupational accident, leads to a higher probability of losing job; in the long term, injured workers may support significant earning losses that may vanish if they are employed in the public sector or in unionized firms.
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MAZZOLINI, GABRIELE. « Infortuni sul Lavoro e Rischi nel Mercato del Lavoro : Evidenze Empiriche ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/888.

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La presente tesi si focalizza sullo studio delle determinanti e delle conseguenze del rischio sul lavoro e degli incidenti occupazionali nel mercato del lavoro. Il primo contributo (Capitolo 1) fornisce una rassegna critica all'interno di un quadro di analisi armonizzato allo scopo di evidenziare le debolezze della letteratura teorica ed empirica, che si occupa di rischio sul lavoro e dei incidenti occupazionali. Nell’ indagare le determinanti degli incidenti sul lavoro (Capitolo 2), si analizza il ruolo delle condizioni di lavoro e della sicurezza sul posto di lavoro nel ridurre la probabilità di un infortunio e la durata della relativa assenza, tema inesplorato nella limitata letteratura empirica. I nostri risultati forniscono evidenze cross-country che una maggiore sicurezza contribuisce a ridurre la probabilità che un incidente si verifichi e le corrispondenti conseguenze, in termini di giorni di assenza per infortunio. Particolare attenzione viene posta nel considerare il ruolo delle regolamentazioni sulla sicurezza e delle pratiche di organizzazione del lavoro. Il Capitolo 3 studia le conseguenze degli infortuni. Ci si concentra a determinare come un incidente possa influenzare i costi sostenuti dal lavoratori, vale a dire una riduzione delle probabilità di occupazione e perdite salariali, sia nel breve sia lungo periodo. Utilizzando i dati BHPS, si trova che, nel breve periodo, uno stato di infortunio, in seguito ad un incidente occupazionale, porta ad una maggiore probabilità di perdere il lavoro; nel lungo periodo, i lavoratori infortunati possono subire consistenti perdite salariali che possono essere evitate se il lavoratore è occupato nel settore pubblico o in imprese sindacalizzate.
This dissertation focuses on investigating the determinants and the consequences of risk at work and occupational accidents in the labour market. The first contribution (Chapter 1) provides a critical survey within an harmonized framework of analysis to highlight the weaknesses of the theoretical and empirical literature. In investigating the determinants of accidents at work (Chapter 2), we analyze the role of working conditions and safety at work in reducing the probability of accidents at work and the corresponding duration of absence, which is an unexplored issue in the limited empirically literature on risk at work and occupational accidents. Our findings provide cross-country evidence that more safety at work contributes to reduce the probability that an accident occurs and its consequences, in terms of days off from work. Particular attention is used in considering the role of safety at work regulations and of work organization practices. Chapter 3 studies the consequences of occupational injuries. We focus in determining how an accident may affect workers’ costs, namely a decline of employment probabilities and earning losses, either in the short or in the long term. Using the BHPS data, we find that, in the short term, a state of injury, following an occupational accident, leads to a higher probability of losing job; in the long term, injured workers may support significant earning losses that may vanish if they are employed in the public sector or in unionized firms.
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Saule, Francesca Romana. « Infrastrutture, prezzi e regolamentazione dei mercati del gas naturale ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4562.

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2009/2010
Lo scopo della presente ricerca è quello di investigare le interdipendenze di prezzo tra i diversi mercati, con particolare attenzione agli impatti che le infrastrutture fisiche e il loro funzionamento hanno avuto sulla struttura di dipendenza della dinamica dei prezzi relativamente al caso Transitgas. A partire dall’analisi dei Day Ahead Prices sulle principali Borse Europee impattate dalla chiusura del gasdotto (APX-Olanda, EEX-Germania e PSV- Italia), e dalle simulazioni di possibili scenari di aumento di capacità gas per il PSV, sono state tracciate le principali problematiche del Sistema Gas Nazionale nell’ambito di organizzazione, regolamentazione e pricing, proponendo nel contempo alcune direttrici ed azioni di intervento per risolvere le principali criticità, attraverso: 1).la presentazione di un quadro completo e sistemico della letteratura; 2). la valutazione degli aspetti più importanti della regolamentazione del settore identificandone le principali fonti di rischio presenti nel mercato (AEEG, 2008); 3). l’analisi dei modelli esistenti della liberalizzazione nel mercato del gas (Fiorenzani, 2009) ed il relativo studio dei meccanismi di funzionamento dell’industria del gas naturale; 4). la comprensione delle modalità di determinazione delle tariffe e dei meccanismi di pricing all’interno della business supply chain del gas naturale (Portatadino, 2004); 5). l’individuazione e la scelta delle soluzioni idonee a dare liquidità, competitività e flessibilità al mercato scegliendo quale modalità di trasporto sia più efficiente ed efficace (AIEE, 2006). Sono state individuate alcune previsioni e prospettive sul mercato del gas Italia (possibili scenari e trend) per orientare gli investimenti e sapere come devono muoversi gli operatori per evidenziare quali sono gli elementi necessari per sviluppare il mercato, brevemente: a). presenza di un hub che sia in grado di concentrare la liquidità commerciale; b). presenza di una borsa del Gas Italiana (P-Gas) per aumentare la liquidità, la flessibilità di sistema e ridurre i prezzi; c). presenza di maggiori infrastrutture (potenziamento gasdotti o GNL); d). evoluzione dello stoccaggio strategico. Sono state formulate inoltre ipotesi di linee guida per operare con successo e sfruttare tutte le opportunità all’interno della complessa filiera gas: riduzione contratti take or pay con diversificazione delle fonti di approvvigionamento; assetto di mercato favorevole alla concorrenza; gas release pluriennali che inducano un comportamento di offerta concorrenziale condizione fondamentale perché la futura Borsa Gas possa produrre suoi benefici effetti.
XXII Ciclo
1981
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7

Scarale, Paola <1978&gt. « Regolamentazione amministrativa e vigilanza dei mercati finanziari ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2344/1/Scarale_Paola_Tesi.pdf.

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8

Scarale, Paola <1978&gt. « Regolamentazione amministrativa e vigilanza dei mercati finanziari ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2344/.

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Braga, Leonardo <1996&gt. « I fondi sovrani : caratteristiche principali, effetti sui mercati e regolamentazione. Analisi del caso norvegese ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/18161.

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Résumé :
La tesi va ad analizzare le principali caratteristiche che accomunano i fondi sovrani di investimento. Dopo un'introduzione delle diverse definizioni e tipologie di fondi sovrani, si è andato a vedere l'impatto che tali istituzioni hanno sui mercati e i comportamenti messi in atto durante la crisi finanziaria del 2008 e la crisi economica dovuta alla pandemia di Covid-19. Sono state approfondite successivamente le preoccupazioni che accompagnano l'attività dei fondi sovrani e la relativa regolamentazione del settore, in particolar modo analizzando i Principi di Santiago. L'ultimo capitolo si concentra sul fondo sovrano norvegese in quanto maggior fondo sovrano mondiale attraverso un'analisi della composizione del portafoglio e della strategia di investimento. Nella parte finale dell'elaborato sono state analizzate: la possibile presenza di market timing del fondo rispetto al mercato azionario inglese e la riallocazione del portafoglio azionario del fondo negli ultimi mesi a seguito della recente crisi economica.
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10

GABRIELI, SILVIA. « Three essays on the unsecured euro money market and its functioning during the 2007-2008 financial crisis ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/207780.

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Résumé :
La mia tesi di dottorato consiste di tre articoli empirici sul mercato interbancario europeo non collateralizzato e il suo funzionamento durante la crisi finanziaria del 2007-2008. Il primo articolo, intitolato “Il funzionamento del mercato interbancario europeo durante la crisi finanziaria del 2007-2008”1 fornisce un’analisi dettagliata del funzionamento del mercato interbancario europeo dei prestiti non collateralizzati con scadenza overnight (O/N) durante la crisi finanziaria del 2007-2008, studiando le serie storiche dei tassi di interesse, del turnover del mercato, e dei costi di indebitamento delle banche. Lo scopo è cercare di distinguere l’impatto degli eventi di mercato – sin dall’inizio delle tensioni nell’estate del 2007 fino alla fine di novembre 2008 – da pattern stagionali, dinamiche regolari determinate dalla cornice istituzionale dell’operatività dell’Eurosistema, dall’impatto degli interventi eccezionali intrapresi dalla Banca Centrale Europea (BCE) durante la crisi. I risultati mostrano il ruolo importante, accanto agli eventi di mercato, della liquidità addizionale fornita dalla BCE e dell’accresciuta tendenza delle istituzioni finanziarie a trattenere la liquidità in eccesso piuttosto che scambiarla sul mercato interbancario. L’aumento del rischio di controparte e fattori stagionali sono importanti determinanti dei tassi d’interesse e dei volumi O/N; la fornitura eccezionale di liquidità da parte dell’Eurosistema e i notevoli cambiamenti alla cornice istituzionale di implementazione della politica monetaria hanno influenzato gli incentivi delle banche a scambiare liquidità nel mercato. L’analisi dei tassi di interesse pagati dalle singole banche per i prestiti non collateralizzati documenta il ruolo chiave della reputazione al fine di ottenere migliori condizioni di funding e, durante la crisi, mostra un ripiegamento verso controparti nazionali e la garanzia implicita goduta dalle banche con i maggiori volumi d’affari di essere “too-big-to-fail”. Il secondo articolo, intitolato “La microstruttura del mercato monetario prima e dopo la crisi finanziaria: una prospettiva di rete”2, fornisce una dettagliata analisi sulla microstruttura del mercato monetario europeo secondo l’approccio della teoria delle reti. Le banche sono i nodi delle reti; i prestiti overnight non collateralizzati formano i link che connettono i nodi. L’analisi statica degli indicatori di rete conferma molti fatti stilizzati verificati per altri sistemi complessi: le reti interbancarie sono molto sparse – lungi dall’essere complete – esibiscono la proprietà “small world” e una distribuzione del grado (il numero di controparti con cui ogni banca stabilisce dei link) che segue una legge esponenziale. D’altra parte la tendenza della banche al clustering, cioè a formare gruppi dove i link sono relativamente più densi, è molto più bassa rispetto ad altri sistemi reali. L’analisi della topologia delle reti prima versus dopo l’inizio della crisi fornisce intuizioni interessanti sul potenziale per il contagio finanziario; la partizione delle reti in diverse sotto-reti più piccole e internamente connesse documenta un movimento contro l’integrazione del mercato; pattern eterogenei degli indicatori per banche che hanno dimensioni diverse offrono intuizioni sul loro comportamento. Infine, 1 CEIS Working Paper No. 158 (December 2009). Submitted to the International Journal of Central Banking. 2 CEIS Working Paper No. 181 (January 2011). l’analisi degli indicatori di centralità di rete indica chiaramente che le banche più grandi sono anche le più centrali/influenti nel sistema prima della crisi. Questo cambia dopo Agosto 2007, quando le banche di medie dimensioni e quelle molto piccolo gradualmente aumentano la loro influenza nel mercato come prestatori di liquidità. Il terzo articolo, intitolato “Too-connected versus too-big-to-fail: la centralità di rete delle banche e i tassi di interesse overnight”3 studia cosa determina i costi di indebitamento delle banche nel mercato monetario non collateralizzato. L’obiettivo è testare se misure di centralità, che quantificano gli effetti di rete dovuti alle interazioni tra le banche nel mercato, possono aiutare a spiegare i pattern eterogenei nei tassi di interesse pagati per prendere a prestito fondi non collateralizzati una volta che si controlla per la dimensione della banca e per altri fattori specifici di ogni banca e del mercato. Evidenza preliminare mostra che le banche grandi si indebitano in media a tassi migliori rispetto alle istituzioni più piccole, sia prima che dopo l’inizio della crisi finanziaria. Tuttavia, controllando per la dimensione, le misure di centralità riescono a catturare parte della variazione cross-section nei tassi overnight. Più in particolare: (1) Prima dell’inizio della crisi tutte le banche, indipendentemente dalla loro dimensione, beneficiano di forme diverse di interconnessione, ma l’effetto è piccolo in termini economici. La reputazione della banca e il rischio di controparte sono i fattori più rilevanti per ridurre i tassi d’interesse medi giornalieri. Le banche straniere prendono a prestito a sconto rispetto a quelle italiane. (2) Dopo Agosto 2007 l’impatto della centralità delle banche diventa più forte ma assume segno opposto: la “ricompensa” derivante da una maggiore interconnessione diventa una “punizione”, segnale questo forse di disciplina di mercato. La reputazione della banca diventa ancora più importante. (3) Dopo la bancarotta di Lehman l’effetto della centralità sullo spread mantiene lo stesso segno che aveva dopo Agosto 2007, ma la sua dimensione economica è notevolmente più grande. Le banche straniere pagano un premio significativo rispetto a quelle Italiane; la reputazione diventa estremamente più importante rispetto a prima della crisi.
My doctoral thesis consists of three empirical papers on the unsecured euro money market and its functioning during the 2007-2008 financial crisis. The first paper, titled “The functioning of the European interbank market during the 2007-2008 financial crisis”1 provides a detailed analysis of the functioning of the overnight (O/N) unsecured euro money market during the 2007-2008 financial crisis by looking at the time patterns of interest rates, market turnover and banks’ borrowing costs. The aim is to disentangle the impact of market events – since the outbreak of tensions in the summer of 2007 until the end of November 2008 – from seasonal patterns of market activity, movements determined by the Eurosystem’s operational framework, the impact of the ECB’s exceptional crisis-related interventions. The results show the important role, alongside market events, of the additional refinancing provided by the ECB and of credit institutions’ increased tendency to hoard surplus reserves rather than trading them in the secondary market. Higher counterparty credit risk and seasonal factors are important determinants of O/N rates and volumes; the exceptional provision of liquidity by the Eurosystem and the relevant changes to the operational framework have influenced banks’ incentives to trade liquidity in the market. The analysis of banks’ costs for uncollateralised loans provides evidence of the major role of bank reputation to obtain better funding and, during the crisis, of a retreat towards national counterparties and of a too-big-to-fail guarantee implicitly granted to the banks with the highest volumes of business. The second paper, titled “The microstructure of the money market before and after the financial crisis: a network perspective”2, provides a detailed microstructure analysis of the euro money market by taking a network perspective. Banks are the nodes of the networks; overnight unsecured loans form the links connecting the nodes. The static analysis of network indicators confirms a number of stylised facts verified for other real complex systems: interbank networks are highly sparse, far from being complete, exhibit the small world property and a power-law distribution of degree (the number of counterparties each bank establishes links with). On the other hand the tendency of banks to cluster, i.e. to form groups where links are relatively denser, is much lower than in other real systems. The analysis of the topology before versus after the start of the crisis provides interesting insights into the potential for financial contagion; the partition of the network into several smaller sub-networks documents a move against market integration; heterogeneous patterns of indicators across banks of different size offer insights into banks’ behaviour. Finally, the analysis of network centrality indicates unambiguously that the biggest banks are also the most central/influent in the system before the onset of the crisis. Things change after August 2007 since medium-sized and very small banks progressively increase their influence in the market as liquidity providers. 1 CEIS Working Paper No. 158 (December 2009). Submitted to the International Journal of Central Banking. 2 CEIS Working Paper No. 181 (January 2011). The last paper, titled “Too-connected versus too-big-to-fail: banks’ network centrality and overnight interest rates”3 aims at studying what influences banks’ borrowing costs in the unsecured euro money market. The objective is to test whether measures of centrality, quantifying network effects due to interactions among banks in the market, can help explain heterogeneous patterns in the interest rates paid to borrow unsecured funds once bank size and other bank and market factors that affect the overnight segment are controlled for. Preliminary evidence shows that large banks borrow on average at better rates compared to smaller institutions, both before and after the start of the financial crisis. Nonetheless, controlling for size, centrality measures can capture part of the cross-sectional variation in overnight rates. More specifically: (1) Before the start of the crisis all the banks, independently of their size, profit from different forms of interconnectedness, but the economic size of the effect is small. Bank reputation and perceived credit riskiness are the most relevant factors to reduce average daily interest rates. Foreign banks borrow at a discount over Italian ones. (2) After August 2007 the impact of banks’ interconnectedness becomes larger but changes sign: the “reward” stemming from a higher centrality becomes a “punishment”, which possibly reflects market discipline. Bank reputation becomes even more important. (3) After Lehman’s bankruptcy the effect of centrality on the spread maintains the same sign as after August 2007, but the magnitude increases remarkably. Foreign banks borrow at a relevant premium over Italian ones; reputation becomes outstandingly more important than in normal times.
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Livres sur le sujet "Regolamentazione del mercato"

1

Zadra, Giuseppe. Strutture e regolamentazione del mercato mobiliare. Milano : Giuffrè, 1988.

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2

1942-, Silva Francesco, dir. La tutela del consumatore tra mercato e regolamentazione. Roma : Fondazione Adriano Olivetti, 1996.

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3

1945-, Padoa-Schioppa Fiorella, dir. Struttura di mercato e regolamentazione del trasporto aereo. Bologna : Il Mulino, 1995.

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4

Adamo, Stefano. Regolamentazione del mercato finanziario e contratti con gli investitori. Napoli : Edizioni scientifiche italiane, 2010.

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5

I fondamenti giuridici della corporate governance e della regolamentazione del mercato = : Legal foundations of corporate governance and market regulation. Rome : PBL, 2008.

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6

Shleifer, Andrei. I fondamenti giuridici della corporate governance e della regolamentazione del mercato = : Legal foundations of corporate governance and market regulation. Rome : PBL, 2008.

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7

Costa, Andrea. Apertura dei mercati e regolamentazione : Il caso delle telecomunicazioni. Roma : SEAT, 1993.

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8

Chesini, Giuseppina. La regolamentazione e l'organizzazione dei mercati degli strumenti finanziari. Padova : CEDAM, 1999.

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9

Solimene, Laura. Regolamentazione dei mercati, efficienza e produttività : Il caso delle telecomunicazioni. Milano : Giuffrè, 1994.

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10

Monaco, Riccardo. L'articolo 296 Tce e la regolamentazione dei mercati della difesa. Roma : Istituto Affari Internazionali, 2004.

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Chapitres de livres sur le sujet "Regolamentazione del mercato"

1

Perathoner, Christoph. « Il trasporto multimodale nel diritto dell’Unione Europea : un fenomeno trasportistico emergente privo di un’adeguata regolamentazione ». Dans Bibliothek des Wirtschaftsrechts, 59–83. Berlin, Heidelberg : Springer Berlin Heidelberg, 2021. http://dx.doi.org/10.1007/978-3-662-63635-0_3.

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Résumé :
ZusammenfassungA settant’anni dalla lungimirante dichiarazione dell’allora Ministro degli Esteri francese Robert Schuman (1886–1963) il 9 maggio 1950 a Parigi, è possibile constatare come il lungo e sempre fragile processo di integrazione europea, finalizzato a realizzare “un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa”, abbia permesso il raggiungimento di obiettivi che hanno fondamentalmente migliorato la convivenza e la cooperazione sul nostro continente. In tal senso, un traguardo essenziale per gli Stati membri dell’UE è rappresentato dalla creazione di un mercato interno che assicura “la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali”. Invero, l’istaurazione del mercato interno – al pari dell’integrazione europea – è un processo in continua evoluzione. La ratio istitutiva di un mercato unico sul continente europeo è quella di creare i presupposti per una crescita economica equilibrata, per ottenere la stabilità dei prezzi, per poter costruire un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che miri alla piena occupazione e al progresso sociale, e tutto questo con l’impegno di raggiungere un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente e della vita delle persone.
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