Thèses sur le sujet « Regnum Italiae »

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Fauliri, Manuel. « Il beneficium tra dono e inalienabilità : indagine su uno strumento di relazione nel regnum Italiae (secc. VIII-X) ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2020. http://hdl.handle.net/11572/261336.

Texte intégral
Résumé :
A partire dalla pubblicazione del Saggio sul dono di Marcel Mauss gli antropologi si sono diffusamente occupati delle dinamiche relative allo scambio di doni e al carattere obbligatorio della corresponsione da parte del ricevente. Tuttavia, tra le varie tipologie di donazioni è emersa una forma molto particolare individuata dall’antropologa statunitense Annette Weiner che è tornata a indagare le società dell’Oceania, studiate a suo tempo da Bronislaw Malinowski, pubblicando nel 1992 un importante lavoro ad essa relativo. Si tratta di una forma di dono paradossale che riguarda i possessi inalienabili, beni che per definizione non dovrebbero essere ceduti e tuttavia, dal momento che la loro durata nel tempo supera quella dei detentori originari, devono essere necessariamente trasferiti. Ad essi si lega il paradosso, individuato dalla studiosa, di keeping-while-giving che ben esprime la caratteristica per cui su tali beni il detentore originario tende a mantenere il controllo nonostante essi vengano donati, consentendo dunque l’alienazione di possessi inalienabili. In una società come quella altomedievale nella quale i doni rivestono grande importanza emerge, tuttavia, uno strumento particolarmente sfuggente per alcune sue caratteristiche specifiche; si tratta del beneficium. Esso è tradizionalmente connesso al rapporto “vassallatico-beneficiario”, interpretato come una sorta di retribuzione per il servizio militare reso a un signore, e fino a qualche tempo fa associato intrinsecamente al concetto di “feudalesimo” che sul finire del secolo scorso è stato al centro di un acceso dibattito tra gli studiosi. Alla luce delle acquisizioni antropologiche ho cercato dunque di indagare il beneficium nell’Italia altomedievale con l’intento di comprendere in che misura esso si inserisca nelle dinamiche dello scambio di doni e in che termini possa essere ritenuto un “dono”, dal momento che dalle fonti indagate sembra aderire molto bene al paradosso descritto da Annette Weiner. Nella prima sezione della tesi vengono dunque ripercorsi i principali apporti antropologici e storiografici relativi al tema del dono, per spostare poi l’attenzione al tema specifico del beneficium richiamando le posizioni in merito degli studiosi tanto in ambito internazionale quanto in ambito specificamente italiano. La seconda sezione ruota attorno a quattro casi di studio scelti per condurre l’indagine sullo strumento beneficiario, costituiti da quattro grandi monasteri di fondazione regia nel regnum Italiae di tradizione longobarda che offrono corpora documentari continuativi e compatti. Proprio la storia dei singoli enti monastici ha permesso di definire il punto di partenza cronologico per l’indagine, vale a dire il secolo VIII quando tali enti vennero fondati, per situare il punto di arrivo nell’anno 924 con la morte dell’imperatore Berengario I, ultimo discendente di Carlo Magno per linea materna, che riuscì ad assumere il titolo imperiale. Attraverso la schedatura del patrimonio documentario dei singoli monasteri per il periodo preso in esame è stato dunque possibile rintracciare le occorrenze del termine beneficium per osservare le varie sfumature che di volta in volta esso assumeva. Il primo monastero indagato è S. Ambrogio di Milano, l’unico tra i quattro cenobi scelti per l’indagine ad essere fondato dopo la conquista franca di Pavia del 774, nato come creatura dell’arcivescovo per assumere nel corso del tempo un ruolo da protagonista di primo piano della vita cittadina. L’abbazia riuscì ad acquisire inoltre un immenso patrimonio fondiario tramite numerose donazioni, divenendo in alcuni momenti una sorta di mausoleo per alcuni sovrani carolingi che qui vi trovarono sepoltura. Il secondo caso di studio è rappresentato dall’abbazia di S. Maria di Farfa, che offre il patrimonio documentario più ricco di tutti i quattro casi indagati. Fondata agli inizi del secolo VIII supera per antichità gli altri tre monasteri oggetto di questo studio e consente di osservare un più nutrito dossier relativo allo strumento beneficiario, nel contesto regionale della Sabina e dell’Italia centrale. Il terzo caso di studio è costituito dal monastero di S. Silvestro di Nonantola fondato da Anselmo, cognato del re longobardo Astolfo, nel 752 su terreni di origine pubblica donati dal sovrano divenendo uno dei principali centri monastici del regnum Italiae. L’ultimo caso di studio è costituito dal cenobio femminile di S. Salvatore di Brescia, che agli inizi del secolo X avrebbe assunto la titolazione di S. Giulia, fondato dall’ultimo re longobardo, Desiderio, assieme alla moglie Ansa. Nato come monastero che secondo alcuni sarebbe stato pensato come un “mausoleo familiare”, attraversò momenti aurei tanto nei primi tempi quanto sotto i sovrani carolingi che, a partire dai primi decenni del secolo IX, ne affidarono l’amministrazione patrimoniale alle regine o alle principesse della loro dinastia. Dai quattro casi di studio è emerso un quadro molto variegato, che testimonia un uso dello strumento beneficiario diverso a seconda delle aree e dei contesti in cui gli enti indagati si trovavano ad essere inseriti, e non legato esclusivamente alla sfera militare come a lungo si è invece sostenuto. Si è tenuto conto, in tale sede, di tutte le sfumature del termine beneficium mettendo in risalto la convivenza, a fianco dell’istituto giuridico, del generico senso di “favore” che traspare principalmente dalle arengae dei diplomi dei vari sovrani. Nella terza e ultima sezione l’indagine è stata invece allargata all’intero regnum Italiae prendendo in considerazione varie tipologie di fonti a partire dagli inventari altomedievali che testimoniano il ricorso al beneficium da parte di enti monastici o episcopali per assegnare beni tratti dal loro patrimonio e che vanno ad affiancarsi ai polittici esplorati nel corso dell’analisi dei casi di studio monastici. L’osservazione dei capitolari carolingi relativi al regno italico ha permesso di indagare i capitoli di legge relativi al beneficium fornendo dunque un quadro della normativa ad esso relativa per poter operare un confronto con la “pratica” che emerge dai diplomi dei sovrani carolingi, da Carlo Magno a Berengario I, e dai conflitti sorti attorno all’uso dello strumento beneficiario testimoniati dai placiti. Infine, l’ultimo capitolo è dedicato alle fonti narrative, relative all’arco cronologico preso in esame, nelle quali è possibile riscontrare qualche riferimento al beneficium; si tratta della Historia di Andrea da Bergamo e dell’Antapodosis di Liutprando di Cremona. Da tali fonti emerge come il discorso sul beneficio ruoti attorno al tema della fidelitas e alla creazione di relazioni attraverso lo scambio di favori. Da tale varietà di fonti ho cercato dunque di comprendere, alla luce dei contributi antropologici, in quali termini il beneficium possa inserirsi quale strumento di relazione nel contesto dello scambio di doni nel regno italico di tradizione longobarda.
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Fauliri, Manuel. « Il beneficium tra dono e inalienabilità : indagine su uno strumento di relazione nel regnum Italiae (secc. VIII-X) ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2020. http://hdl.handle.net/11572/261336.

Texte intégral
Résumé :
A partire dalla pubblicazione del Saggio sul dono di Marcel Mauss gli antropologi si sono diffusamente occupati delle dinamiche relative allo scambio di doni e al carattere obbligatorio della corresponsione da parte del ricevente. Tuttavia, tra le varie tipologie di donazioni è emersa una forma molto particolare individuata dall’antropologa statunitense Annette Weiner che è tornata a indagare le società dell’Oceania, studiate a suo tempo da Bronislaw Malinowski, pubblicando nel 1992 un importante lavoro ad essa relativo. Si tratta di una forma di dono paradossale che riguarda i possessi inalienabili, beni che per definizione non dovrebbero essere ceduti e tuttavia, dal momento che la loro durata nel tempo supera quella dei detentori originari, devono essere necessariamente trasferiti. Ad essi si lega il paradosso, individuato dalla studiosa, di keeping-while-giving che ben esprime la caratteristica per cui su tali beni il detentore originario tende a mantenere il controllo nonostante essi vengano donati, consentendo dunque l’alienazione di possessi inalienabili. In una società come quella altomedievale nella quale i doni rivestono grande importanza emerge, tuttavia, uno strumento particolarmente sfuggente per alcune sue caratteristiche specifiche; si tratta del beneficium. Esso è tradizionalmente connesso al rapporto “vassallatico-beneficiario”, interpretato come una sorta di retribuzione per il servizio militare reso a un signore, e fino a qualche tempo fa associato intrinsecamente al concetto di “feudalesimo” che sul finire del secolo scorso è stato al centro di un acceso dibattito tra gli studiosi. Alla luce delle acquisizioni antropologiche ho cercato dunque di indagare il beneficium nell’Italia altomedievale con l’intento di comprendere in che misura esso si inserisca nelle dinamiche dello scambio di doni e in che termini possa essere ritenuto un “dono”, dal momento che dalle fonti indagate sembra aderire molto bene al paradosso descritto da Annette Weiner. Nella prima sezione della tesi vengono dunque ripercorsi i principali apporti antropologici e storiografici relativi al tema del dono, per spostare poi l’attenzione al tema specifico del beneficium richiamando le posizioni in merito degli studiosi tanto in ambito internazionale quanto in ambito specificamente italiano. La seconda sezione ruota attorno a quattro casi di studio scelti per condurre l’indagine sullo strumento beneficiario, costituiti da quattro grandi monasteri di fondazione regia nel regnum Italiae di tradizione longobarda che offrono corpora documentari continuativi e compatti. Proprio la storia dei singoli enti monastici ha permesso di definire il punto di partenza cronologico per l’indagine, vale a dire il secolo VIII quando tali enti vennero fondati, per situare il punto di arrivo nell’anno 924 con la morte dell’imperatore Berengario I, ultimo discendente di Carlo Magno per linea materna, che riuscì ad assumere il titolo imperiale. Attraverso la schedatura del patrimonio documentario dei singoli monasteri per il periodo preso in esame è stato dunque possibile rintracciare le occorrenze del termine beneficium per osservare le varie sfumature che di volta in volta esso assumeva. Il primo monastero indagato è S. Ambrogio di Milano, l’unico tra i quattro cenobi scelti per l’indagine ad essere fondato dopo la conquista franca di Pavia del 774, nato come creatura dell’arcivescovo per assumere nel corso del tempo un ruolo da protagonista di primo piano della vita cittadina. L’abbazia riuscì ad acquisire inoltre un immenso patrimonio fondiario tramite numerose donazioni, divenendo in alcuni momenti una sorta di mausoleo per alcuni sovrani carolingi che qui vi trovarono sepoltura. Il secondo caso di studio è rappresentato dall’abbazia di S. Maria di Farfa, che offre il patrimonio documentario più ricco di tutti i quattro casi indagati. Fondata agli inizi del secolo VIII supera per antichità gli altri tre monasteri oggetto di questo studio e consente di osservare un più nutrito dossier relativo allo strumento beneficiario, nel contesto regionale della Sabina e dell’Italia centrale. Il terzo caso di studio è costituito dal monastero di S. Silvestro di Nonantola fondato da Anselmo, cognato del re longobardo Astolfo, nel 752 su terreni di origine pubblica donati dal sovrano divenendo uno dei principali centri monastici del regnum Italiae. L’ultimo caso di studio è costituito dal cenobio femminile di S. Salvatore di Brescia, che agli inizi del secolo X avrebbe assunto la titolazione di S. Giulia, fondato dall’ultimo re longobardo, Desiderio, assieme alla moglie Ansa. Nato come monastero che secondo alcuni sarebbe stato pensato come un “mausoleo familiare”, attraversò momenti aurei tanto nei primi tempi quanto sotto i sovrani carolingi che, a partire dai primi decenni del secolo IX, ne affidarono l’amministrazione patrimoniale alle regine o alle principesse della loro dinastia. Dai quattro casi di studio è emerso un quadro molto variegato, che testimonia un uso dello strumento beneficiario diverso a seconda delle aree e dei contesti in cui gli enti indagati si trovavano ad essere inseriti, e non legato esclusivamente alla sfera militare come a lungo si è invece sostenuto. Si è tenuto conto, in tale sede, di tutte le sfumature del termine beneficium mettendo in risalto la convivenza, a fianco dell’istituto giuridico, del generico senso di “favore” che traspare principalmente dalle arengae dei diplomi dei vari sovrani. Nella terza e ultima sezione l’indagine è stata invece allargata all’intero regnum Italiae prendendo in considerazione varie tipologie di fonti a partire dagli inventari altomedievali che testimoniano il ricorso al beneficium da parte di enti monastici o episcopali per assegnare beni tratti dal loro patrimonio e che vanno ad affiancarsi ai polittici esplorati nel corso dell’analisi dei casi di studio monastici. L’osservazione dei capitolari carolingi relativi al regno italico ha permesso di indagare i capitoli di legge relativi al beneficium fornendo dunque un quadro della normativa ad esso relativa per poter operare un confronto con la “pratica” che emerge dai diplomi dei sovrani carolingi, da Carlo Magno a Berengario I, e dai conflitti sorti attorno all’uso dello strumento beneficiario testimoniati dai placiti. Infine, l’ultimo capitolo è dedicato alle fonti narrative, relative all’arco cronologico preso in esame, nelle quali è possibile riscontrare qualche riferimento al beneficium; si tratta della Historia di Andrea da Bergamo e dell’Antapodosis di Liutprando di Cremona. Da tali fonti emerge come il discorso sul beneficio ruoti attorno al tema della fidelitas e alla creazione di relazioni attraverso lo scambio di favori. Da tale varietà di fonti ho cercato dunque di comprendere, alla luce dei contributi antropologici, in quali termini il beneficium possa inserirsi quale strumento di relazione nel contesto dello scambio di doni nel regno italico di tradizione longobarda.
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De, Marchi Claudia <1990&gt. « IMPOSTE SULLE SOCIETA' IN ITALIA E NEL REGNO UNITO ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/7959.

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Résumé :
La presente tesi ha lo scopo di esporre quelle che sono le principali imposte che colpiscono le società italiane. In particolare verranno esposte le principali caratteristiche dell'IRES e dell'IRAP, e successivamente esposto il problema dell'evasione fiscale dal punto di vista delle società. Infine verranno descritte le imposte societarie presenti nel sistema fiscale britannico per confrontarle con quelle presenti nel nostro ordinamento.
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Pacini, Monica. « Tra acque e strade : Lastra a Signa da Pietro Leopoldo al Regno d'Italia / ». Firenze : L.S. Olschki, 2001. http://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb38904041k.

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5

INNESTI, Alessandra. « L'inserimento lavorativo delle risorse disabili : Italia e Regno Unito a confronto ». Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2015. http://hdl.handle.net/10446/32807.

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Da, Lozzo Alessia <1994&gt. « Il sistema di gestione nel settore sanitario. Italia e Regno Unito a confronto ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16634.

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Résumé :
In questa tesi viene affrontato l'argomento del controllo di gestione nel settore sanitario. L'analisi inizia con un excursus storico del Servizio Sanitario Nazionale per poi affrontare più in particolare il relativo tema del controllo di gestione per due diverse nazioni quali Italia e Regno Unito. Tutto ciò viene analizzato facendo un confronto tra i diversi metodi con i quali viene svolto il controllo di gestione in questi stati con l'obiettivo di evidenziare eventuali punti in comune e differenze significative.
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Geiselhart, Mathias. « Die Kapitulariengesetzgebung Lothars I. in Italien / ». Frankfurt am Main [u.a.] : Lang, 2002. http://www.gbv.de/dms/sbb-berlin/336802536.pdf.

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8

Cillo, Lara <1990&gt. « Previdenza complementare e sostenibilità dei sistemi pensionistici : un confronto tra Italia e Regno Unito ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6916.

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Résumé :
Questo elaborato ha lo scopo di evidenziare come il sistema pensionistico pubblico italiano, nonostante le continue riforme, stia diventando un apparato difficilmente sostenibile nel medio lungo periodo per diverse motivazioni. Tra le principali cause è possibile trovare l’innalzamento della longevità della popolazione italiana, che oltre a richiedere un’erogazione pensionistica più lunga, necessita di altri esborsi sul fronte assistenziale e sanitario. Ulteriori aspetti da considerare sono la discontinuità dell’attività lavorativa, che comporta discrepanze nel versamento contributivo, e il passaggio per tutti ad un sistema contributivo, e non più retributivo, legando così la rata pensionistica ai contributi effettivamente versati; tali elementi considerati congiuntamente portano ad ridurre il tasso di sostituzione. Tale contesto tende ad appesantire l’apparato previdenziale statale; pertanto, in questa sede, ci si chiede come la previdenza complementare, dopo aver presentato le sue caratteristiche, possa aiutare a garantire al cittadino un’anzianità agiata al riparo dalle oscillazioni normative. Ci si interroga, inoltre, su quali punti Governo, Commissione di vigilanza per i fondi pensione - Covip ¬- ed enti dovrebbero porre attenzione per incentivare lo sviluppo delle adesioni, come aumentare l’informazione e la cultura previdenziale mettendo il cittadino a conoscenza di quale possa essere l’effettivo reddito pensionistico statale futuro, una maggiore pubblicità, trasparenza e continuo aggiornamento sulla situazione di ciascun aderente, mantenere da parte del governo le agevolazioni fiscali, in quanto vi è uno scopo previdenziale e non speculativo. A tal fine è utile presentare un confronto con il sistema pensionistico privato e statale del Regno Unito, dove invece la previdenza complementare riveste già un ruolo rilevante nella vita dei cittadini.
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MARINI, FRANCESCO. « CO-SVILUPPO E INTEGRAZIONE : UNA RICERCA COMPARATA SULL'ASSOCIAZIONISMO GHANESE IN ITALIA E REGNO UNITO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1690.

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Résumé :
Questo lavoro approfondisce lo studio del co-sviluppo inteso come specifica strategia attraverso la quale viene declinato il rapporto migrazione-sviluppo. Il co-sviluppo prevede il protagonismo delle associazioni dei migranti nella realizzazione di progetti di sviluppo in patria, in collaborazione con partner in entrambe le sponde della migrazione. Esso si configura come una strategia di triple win ossia in grado di apportare vantaggi contemporaneamente per il paese di origine, per quello di destinazione e per i migranti stessi. La ricerca indaga in modo particolare gli effetti apportati dal co-sviluppo sul processo di integrazione nel contesto di residenza dei migranti e come quest’ultimo influisca nello stimolare l’attivismo transnazionale delle loro associazioni. A questo scopo lo studio pone a confronto due diversi contesti di approdo analizzando le iniziative di sviluppo attuate in patria dalle associazioni dei migranti ghanesi. Attraverso l’utilizzo di una metodologia qualitativa, è stata condotta una ricerca multi-situata in tre diversi campi: Italia, Regno Unito e Ghana. La ricerca mette in luce i diversi effetti che il co-sviluppo produce sull’interazione tra transnazionalismo e integrazione dei migranti nel contesto di residenza e come essa produca, a sua volta, degli effetti sullo sviluppo del contesto di provenienza.
This work focus on the study of co-development as a specific strategy through which the linkage migration&development is declined. Co-development foresees migrants associations to play a role as leading characters in undertaking development projects in the homeland co-operating with partners in both shores of migration. It represents a triple win strategy, and it can bring advantages in the country of origin, in the country of destination and for migrants themselves at the same time. In particular the research investigates the effects brought by co-development on the integration process in migrants resident context. Furthermore the research analyses how the resident context provides incentives for migrants association to act transnationally. With this aim the study compares two different arrival contexts analysing the different development initiatives realised by Ghanaian migrants associations back home. Using a qualitative approach, a multi-sited research has been carried out in three different fieldworks: Italy, the United Kingdom and Ghana. The research puts into light the different effects that co-development produces on the interaction between transnationalism and migrants integration in the context where they live, and how this produces, as a result, some effects on the process of development in the context of origin.
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MARINI, FRANCESCO. « CO-SVILUPPO E INTEGRAZIONE : UNA RICERCA COMPARATA SULL'ASSOCIAZIONISMO GHANESE IN ITALIA E REGNO UNITO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1690.

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Résumé :
Questo lavoro approfondisce lo studio del co-sviluppo inteso come specifica strategia attraverso la quale viene declinato il rapporto migrazione-sviluppo. Il co-sviluppo prevede il protagonismo delle associazioni dei migranti nella realizzazione di progetti di sviluppo in patria, in collaborazione con partner in entrambe le sponde della migrazione. Esso si configura come una strategia di triple win ossia in grado di apportare vantaggi contemporaneamente per il paese di origine, per quello di destinazione e per i migranti stessi. La ricerca indaga in modo particolare gli effetti apportati dal co-sviluppo sul processo di integrazione nel contesto di residenza dei migranti e come quest’ultimo influisca nello stimolare l’attivismo transnazionale delle loro associazioni. A questo scopo lo studio pone a confronto due diversi contesti di approdo analizzando le iniziative di sviluppo attuate in patria dalle associazioni dei migranti ghanesi. Attraverso l’utilizzo di una metodologia qualitativa, è stata condotta una ricerca multi-situata in tre diversi campi: Italia, Regno Unito e Ghana. La ricerca mette in luce i diversi effetti che il co-sviluppo produce sull’interazione tra transnazionalismo e integrazione dei migranti nel contesto di residenza e come essa produca, a sua volta, degli effetti sullo sviluppo del contesto di provenienza.
This work focus on the study of co-development as a specific strategy through which the linkage migration&development is declined. Co-development foresees migrants associations to play a role as leading characters in undertaking development projects in the homeland co-operating with partners in both shores of migration. It represents a triple win strategy, and it can bring advantages in the country of origin, in the country of destination and for migrants themselves at the same time. In particular the research investigates the effects brought by co-development on the integration process in migrants resident context. Furthermore the research analyses how the resident context provides incentives for migrants association to act transnationally. With this aim the study compares two different arrival contexts analysing the different development initiatives realised by Ghanaian migrants associations back home. Using a qualitative approach, a multi-sited research has been carried out in three different fieldworks: Italy, the United Kingdom and Ghana. The research puts into light the different effects that co-development produces on the interaction between transnationalism and migrants integration in the context where they live, and how this produces, as a result, some effects on the process of development in the context of origin.
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GAZZARETTI, Angelo. « I mutevoli equilibri tra parlamento e governo. Italia e Regno Unito in una prospettiva comparata ». Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2013. http://hdl.handle.net/10446/28805.

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MARCHESE, CLAUDIA. « Il diritto di voto e la partecipazione politica : esperienze comparate : Italia, Spagna e Regno Unito ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2015. http://hdl.handle.net/2108/201671.

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Saravo, Martina <1987&gt. « Diritto italiano e Diritto ebraico : la questione del divorzio nell'ordinamento giuridico del Regno d’Italia ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5474.

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Résumé :
La tesi tenta di analizzare il dibattito intorno all'introduzione del divorzio nell'ordinamento giuridico italiano, nel periodo immediatamente successivo all'unificazione d'Italia. Come ho avuto modo di analizzare, tale questione ebbe un percorso piuttosto travagliato e controverso iniziato già nel 1878 con la prima proposta di legge sul divorzio di Salvatore Morelli. Il mio studio parte da un’ottica di storia dell’ebraismo e per tanto ho tentato di analizzare come l’introduzione del matrimonio civile obbligatorio e indissolubile, creato sullo schema del matrimonio canonico, previsto dal Codice Pisanelli del 1865, introdusse all'interno del mondo ebraico modelli esterni a quest’ultimo. Mi sono quindi proposta di ricostruire la dinamica che vide l’accettazione del matrimonio civile come parte integrante del processo di emancipazione degli ebrei iniziato alla fine del secolo XVIII e sviluppatasi pienamente nel corso dell’Ottocento. Ho posto poi un’attenzione particolare alla questione dell’estensione dei codici italiani alla Venezia-Giulia, in seguito all'annessione all'Italia di questi territori dopo la prima guerra mondiale. Ho analizzato inoltre la questione dei divorzi in fraudem legis dovuta alla sussistenza in queste ex provincie dell’Impero austro-ungarico dei precedenti codici che riconoscevano la dissolubilità del vincolo matrimoniale per le confessioni che lo prevedevano, come nel caso dell’ebraismo, cercando di contestualizzare tale pratica. Mi sono poi soffermata sulla situazione della comunità ebraica triestina, fortemente integrata all'interno della società cittadina, e di come questa visse in parte negativamente l’introduzione dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale imposta dallo Stato italiano con il R.D n°352 20/3/1924.
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Sgambelluri, Rosa. « Lo sport educativo in alcuni sistemi scolastici europei. Analisi comparativa tra Italia, Belgio, Spagna e Regno Unito ». Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2011. http://hdl.handle.net/10556/231.

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Résumé :
IX n.s.
Le nuove generazioni, soprattutto quelle nate a cavallo tra la fine degli anni 80’ e gli inizi degli anni 90’ del secolo scorso, sono state formate in Italia all’interno di una tensione ideale, quella di dover contribuire alla costituzione di una nuova dimensione sociale e culturale nonché nazionale: l’Unione Europea. Tra gli adolescenti e i giovani italiani questo imperativo educativo è stato letto e tradotto in una percezione alquanto peculiare della storia recente: i “nonni”, ovvero i costituenti dell’Unione Europea, all’indomani della II guerra mondiale, erano quelli che guardavano all’Europa solo in termini di abbattimento di frontiere, creazione strutture economiche interdipendenti e di un corpus legislativo comune, in quanto elementi atti a garantire la pace in Europa e scongiurare per sempre gli orrori dei campi di battaglia, delle città bombardate, delle popolazioni deportate; i “padri”, alias l’establishment governativo che conduceva verso l’euro, la comune moneta europea, erano quelli che guardavano all’Europa solo in termini di possibilità di crescita economica all’interno di un comune spazio di libera circolazione delle merci. Di contro la cultura adolescenziale e giovanile, intesa come un insieme di valori, definizioni della realtà e codici di comportamento condivisi da persone che hanno in comune uno specifico modo di vita , era già europea. I nonni e i padri non dovevano, per creare una nuova identità comunitaria, che rincorrere! Nello specifico i membri delle nuove generazione, proiettati nell’orizzonte geografico europeo, si percepivano già come comunità sentendo di avere in comune, pur nelle diversità, stesse origini, una cultura condivisa, un canale di comunicazione linguistica comune, valori, costumi, forme di alimentazioni, forme letterarie e artistiche gruppali, adolescenti e giovani europei erano consapevoli di ascoltare la stessa musica, leggere gli stessi autori e le stesse riviste, guardare gli stessi programmi televisivi, avere stessi valori e modelli culturali di riferimento, bere, mangiare e vestire le stesse cose e, nelle rispettive forme linguistiche nazionali, parlare con strutture gergali similari. Nell’incontrarsi sul comune suolo europeo queste generazioni, le prime a muoversi con grande disinvoltura tra una capitale e l’altra, grazie anche al codice comunicativo inglese, scoprivano velocemente che ciò che accomunava era di gran lunga superiore a ciò che differenziava. I giovani europei sentivano d’agire già come un unico popolo, insistente su di uno spazio geografico omogeneo, e, in virtù di tale comunanza, gli adulti dovevano e potevano, nel rispetto del loro ruolo di garanti della trasmissione intergenerazionale, organizzarsi in stato sovrano. In realtà i costituenti dell’Unione Europea, nel creare i presupposti comunitari, avevano come obiettivo quello di costruire un quadro comune di valori universali ai quali ispirarsi per edificare una “casa comune” fatta non più di mattoni condivisi ma condivisibili. Nel loro ambito riflessivo i costituenti attribuivano al termine valori, come in una parabola discendente, un significato che andava da quello di orientamenti, a fatti sociali e a fatti propri. Nel primo caso, per essere chiari, i valori sono intesi come orientamenti dai quali discendono i fini delle azioni umane, fini trascendenti rispetto all’esistente ed indicanti, pertanto, un dover essere, una tensione verso uno stato di cose ritenuto ideale e desiderabile, ma che non è, o non ancora, realizzato; nel secondo i valori sono intesi come fatti sociali in quanto fatti di gruppi sociali i quali orientano in base ad essi il proprio agire, e quindi valori come motivazioni dei comportamenti; nel terzo i valori sono intesi come fatti propri, adottati da individui o gruppi mediante processi, più o meno consapevoli, di scelta . Quanto più, in una società, i valori slittano da fatti propri a fatti sociali e, infine, ad orientamenti, divenendo la tensione di cui sopra, tanto più essi cessano di essere particolari per assurgere ad universali, espressione non più di una forma mentis soggiacente ad un dato spazio e ad un dato tempo ma presupposto di una società giusta nella sua derivazione etimologica da ius (ossia il diritto e quindi patto). Secondo i costituenti la nascita dell’UE doveva avvenire non solo in riconoscimento dei profondi legami storici che accomunavano le sorti delle popolazioni europee a partire dal IV secolo d.c., non solo per i profondi legami culturali letterali, artistici, ecc., che si erano creati nel trascorrere dei tempi, per la comune religiosità, per lo spazio geografico e climatico alquanto omogeneo, ma quanto per la scelta effettuata dai popoli comunitari: valori universali, valori “ di tutti” cui aspirare, in cui riconoscersi e specchiarsi, presidi dei confini del vivere civile, base, irrinunciabile e imprescindibile, definente la natura del patto sociale. In tal senso i costituenti definirono la pace come valore per la nascente UE poiché ripudiarono l’idea dell’esaltazione, presente nella cultura europea dalla caduta dell’Impero Romano sino alla prima metà del Novecento, della guerra come valore sul quale misurare la virtù e la dignità e l’onore dei popoli. Accanto al valore della pace nei rapporti tra i popoli europei, posero il valore della reciprocità e del rispetto, della libertà, dell’eguaglianza e della dignità della persona umana. Riconobbero, altresì, proprio perché si era alla presenza di una collettività di cittadini che stavano scegliendo un insieme di diritti e doveri alla base della loro società ideale, che nella costituzione dell’Unione la formazione dello stato avrebbe preceduto quello di costituzione della nazione. Avvertirono subito anche il pericolo di un soffocamento della formazione di una coscienza europea, di un’area culturale europea che potesse chiamarsi nazione, da parte di un apparato eurostatale qualora non controbilanciato da processi di interazione e integrazione dei meccanismi degli stati membri. Una siffatta situazione agli italiani, così come alle genti germaniche, è nota, giacché rammenta la formazione di uno stato nazionale come unificazione di una pluralità di stati regionali sotto la spinta egemonica di uno di essi . Per ovviare a ciò, per superare gli egoismi dei vari stati membri, previdero un lungo periodo di incontro-confronto tra gli apparati nazionali grazie al quale ciascuno potesse analiticamente conoscere e ri-conoscere l’altro, avviare un processo di accettazione e giustificazione delle diversità e un processo orizzontale di acculturazione nel suo significato di cambiamento culturale e psicologico dovuto al contatto duraturo con persone appartenenti a culture differenti (Sam, D.L. 2006). In tal senso attribuirono grande importanza alle istituzioni scolastiche come mezzo attraverso cui creare, nella centralità della persona, una nuova cittadinanza, un nuovo umanesimo, un nuovo patrimonio culturale di ispirazione valoriale universale. Negli ultimi anni la materia legislativa comunitaria, per l’istruzione e la formazione, si è limitata però a delle direttive per aumentare il grado di competizione dei cittadini europei, la mobilità sociale e, quindi, la coesione sociale. Nulla o poco è stato fatto in termini di un confronto, politicamente programmato, sistematico e non occasionale, tra i diversi sistemi scolastici che ne evidenziassero le specificità, i punti di contatto, i punti di forza e debolezza, rispetto ad esempio alle competenze, come riflessione sul concetto di competenza, rapporto tra sapere e saperi, conoscenza conoscenze e competenze, ruolo delle competenze trasversali nel processo di apprendimento, rapporto tra saperi disciplinari e competenze, o piuttosto alle metodologie, come motivazione degli alunni, metodi per un apprendimento consapevole, organizzazione di tempi, luoghi, strumenti e modalità della didattica, come necessità di mettere in rete le scuole, o infine alle scelte valoriali. Eppure come è possibile pensare un processo di integrazione tra i sistemi formativi nazionali al fine di creare strutture comunitarie che diano, equamente, ad ogni cittadino dell’UE le stesse possibilità se non si parte dalla reciproca conoscenza? Stesse possibilità intese non solo come spendibilità competitiva ma come piena espressione del sé di ogni cittadino, delle individuali potenzialità all’interno di una cornice di reciprocità, di dignità umana e libertà e universalità valoriale come pensato dai costituenti. Il presente lavoro vuole, anche solo in parte, provare ad ovviare a ciò offrendo una comparazione tra sistemi scolastici nazionali dell’UE e quindi consentire una maggiore comprensione delle modalità di cura del fanciullo, vero specchio di una società, nei diversi luoghi comunitari. Le nazioni che sono state prese in esame, oltre all’Italia, sono state la Spagna, il Regno Unito e il Belgio. La scelta è innanzitutto ricaduta sulle nazioni non di recente adesione all’UE sia per motivazioni strettamente correlate alla reperibilità di fonti sia perché si tratta di paesi che, in una certa misura, hanno già avviato politiche di integrazione se non altro per ciò che concerne gli obiettivi competitivi formativi comunitari. La scelta è stata fatta poi tenendo conto che molteplici credenze e abitudini intellettuali concorrono a formare lo spazio culturale comunitario, che tale variabilità rappresentino, ad un tempo, un fattore critico ed un elemento di ricchezza e che esse si riflettono tutte nell’agenzia formativa per eccellenza: la scuola. Ad esempio, l’Italia, la Spagna e il Belgio sono paesi a prevalenza cattolica, il Regno Unito invece è prevalentemente rientrante in quell’ambito religioso che per semplicità definiamo protestante. Pur assistendo nelle società moderne ad un processo di secolarizzazione è indubbio che esista un’interazione tra aspetti religiosi ed ordine morale. Sebbene lo spazio geografico europeo sia improntato alla tradizione giudaico-cristiana, i paesi cattolici hanno, in termini di mentalità, una maggiore correlazione con la tradizione cristiana e, di contro, quelli protestanti con la tradizione giudaica. Ne consegue un atteggiamento diverso, come substrato culturale, nei confronti della ricchezza (e della povertà) che si riflette nei fini valoriali formativi. Ancora, tutti e quattro i paesi presi in esame devono confrontarsi al loro interno con istanze autonomistiche che trovano la loro massima espressione nelle aspirazioni via via sempre più separatiste della componente francofona e fiamminga belga. Al di là degli elementi di attualità è interessante vedere come il Belgio ha provato ha riflettere il riconoscimento dell’alterità e della dignità umana delle “minoranze” nelle strutture formative, banco di sfida delle future strutture comunitarie. L’esistenza di una componente non minoritaria belga fiamminga, ovvero olandese, ovvero del germanico ovest, rimanda, inoltre, in termini linguistici (e non solo) alla maggiore vicinanza tra l’inglese e l’olandese (nonché tedesco) rispetto alla componente francofona di derivazione latina come lo spagnolo e l’italiano. Le strutture linguistiche, che rimandano a ceppi diversi del tipo europide, riflettono, poiché è la parola che struttura il cervello, habitus mentali differenti, approcci alla conoscenza diversificati. La comparazione tra sistemi scolastici apre così interessanti spunti di riflessione non solo sul concetto di competenze ma su come la correlazione tra cultura e corporeità modifichino il concetto stesso di competenze nel quadro comune di riferimento europeo. Gli esempi fatti rimarcano come la comparazione tra i sistemi scolastici non abbia solo un valore di ontologica conoscenza ma possa offrire spunti interessanti di riflessione sulle diverse modalità di intendere l’apprendimento, gli obiettivi formativi, i fini valoriali, ma anche di risolvere la sfida del ventunesimo secolo ossia la multiculturalità. Tutti elementi da cui una scuola comunitaria non può prescindere. [a cura dell'autore]
2009 - 2010
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SPATARO, ALBERTO. « RICERCHE SULL'ATTIVITA' DEI GIUDICI IMPERIALI NELLA LOMBARDIA COMUNALE ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2018. http://hdl.handle.net/10280/39456.

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Résumé :
Questo studio ha per oggetto l’attività dei giudici imperiali nella Lombardia comunale tra XII e XIII secolo. La prima parte consiste in una lettura d’insieme dell’operato dei giudici imperiali nel solco più generale delle vicende politiche del regno italico durante l’impero di Federico I barbarossa e del figlio Enrico VI. L’intera ricerca è stata condotta a partire dalla documentazione, edita e non; tali risultati sono stati contestualizzati nell’ampio dibattito storiografico sulla natura statuale dell’impero romano-germanico del pieno medioevo. Alla ricostruzione diacronica seguono le schede biografiche dei giudici imperiali più significativi per la ricostruzione storica proposta nella tesi e un’appendice documentaria. Il lavoro è chiuso dalla bibliografia utilizzata e dall'indice dei nomi di persona.
The object of this study is the activity of the imperial judges in the communal Lombardy between twelfth and thirteenth centuries. The first part consists of an overall reading of the activity of the imperial judges in the political strategy in the Italic Kingdom during the empire of Frederick I Barbarossa and his son Henry VI. The entire research is carried out starting from the documentation, edited and inedited; these results are contextualised in the wide historiographical debate on the institutional nature of the medieval Roman-German Empire. The diachronic reconstruction is followed by the biographies of the most significant imperial judges and a documentary appendix. The work is closed by the bibliography and the index.
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SPATARO, ALBERTO. « RICERCHE SULL'ATTIVITA' DEI GIUDICI IMPERIALI NELLA LOMBARDIA COMUNALE ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2018. http://hdl.handle.net/10280/39456.

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Questo studio ha per oggetto l’attività dei giudici imperiali nella Lombardia comunale tra XII e XIII secolo. La prima parte consiste in una lettura d’insieme dell’operato dei giudici imperiali nel solco più generale delle vicende politiche del regno italico durante l’impero di Federico I barbarossa e del figlio Enrico VI. L’intera ricerca è stata condotta a partire dalla documentazione, edita e non; tali risultati sono stati contestualizzati nell’ampio dibattito storiografico sulla natura statuale dell’impero romano-germanico del pieno medioevo. Alla ricostruzione diacronica seguono le schede biografiche dei giudici imperiali più significativi per la ricostruzione storica proposta nella tesi e un’appendice documentaria. Il lavoro è chiuso dalla bibliografia utilizzata e dall'indice dei nomi di persona.
The object of this study is the activity of the imperial judges in the communal Lombardy between twelfth and thirteenth centuries. The first part consists of an overall reading of the activity of the imperial judges in the political strategy in the Italic Kingdom during the empire of Frederick I Barbarossa and his son Henry VI. The entire research is carried out starting from the documentation, edited and inedited; these results are contextualised in the wide historiographical debate on the institutional nature of the medieval Roman-German Empire. The diachronic reconstruction is followed by the biographies of the most significant imperial judges and a documentary appendix. The work is closed by the bibliography and the index.
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QUERCIOLI, Alessio. « Studenti "italiani d'Austria" nelle università del Regno tra passione nazionale e mito culturale. 1880 - 1915 ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Verona, 2008. http://hdl.handle.net/11562/337730.

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Novant’anni fa, con la fine della Prima guerra mondiale, i confini del Regno d’Italia si ampliano a comprendere quei territori, il Trentino, il Friuli orientale, la città di Trieste, l’Istria e parte della Dalmazia, che la retorica nazionale definisce «irredenti». Il termine «irredento» viene probabilmente usato per la prima volta da Matteo Imbriani, fondatore della Società Pro Italia Irredenta, nel 1877 e, da allora, indica gli abitanti delle province di lingua italiana che, dopo la terza guerra d’indipendenza, sono rimaste sotto il controllo dell’ Impero d’Austria. Pensare però come «irredenta» l’intera popolazione di questi territori è certo una forzatura e non è azzardato affermare che sono gli «irredentisti», intesi come attivisti politici e riuniti nel Regno in diverse associazioni, a raffigurare gli italiani d’Austria come «irredenti», cercando, specie nel periodo della neutralità, di presentare strumentalmente all’opinione pubblica italiana un Trentino o un Litorale Adriatico tutti anelanti la redenzione e il ricongiungimento alla madrepatria. La realtà, è noto, è ben diversa. Sebbene il Trentino sia italiano per lingua e cultura in maniera omogenea, la popolazione delle campagne e delle valli è in prevalenza quietamente indifferente, quando non palesemente filo-austriaca, per affetto dinastico o influenza del clero. Nei territori giuliani la questione è più complessa: qui l’elemento italiano, borghese e cittadino, si scontra soprattutto con quello slavo, abitante delle campagne e poi inurbato come proletariato industriale. L’ostilità all’Austria monta solamente verso la fine del secolo XIX, quando il governo di Vienna viene accusato di aiutare il cosiddetto «risveglio» del nazionalismo slavo in chiave anti-italiana. Se questo è vero non dobbiamo però cadere nell’errore di ritenere tutta la questione nazionale delle province italiane d’Austria l’invenzione propagandistica di gruppi politici aventi l’obiettivo di una guerra contro la duplice monarchia. A Trento come a Trieste, per usare una logora espressione, sebbene siano realtà radicalmente diverse, è possibile, con qualche generalizzazione, individuare nella borghesia cittadina, un elemento filo-italiano molto consistente in entrambe le società. Il sentimento di appartenenza all’Italia nasce fondamentalmente da due fattori: quello economico e quello politico-culturale. La borghesia trentina, che non vede possibilità di espansione all’interno della duplice monarchia, guarda all’Italia come sbocco naturale per attività di tipo imprenditoriale e anche come fonte di lavoro negli impieghi statali e nelle libere professioni. A Trieste ci si attende che l’Italia attui nell’Adriatico una politica di potenza e di espansione che l’Austria sembra non più in grado di perseguire così da ottenere crescita economica e protezione dall’elemento slavo. La borghesia in difficoltà, spinta a vedere nel Regno la soluzione, spesso idealizzata, di ogni problema, trova poi nella tradizione storico-culturale italiana, non solo un motivo di orgoglio e di rivalsa verso l’Austria, ma anche un elemento unificante attorno al quale riunirsi per rivendicare i propri diritti. [...]
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De, Santis Barbara <1980&gt. « Classificazione a faccette di obiettivi formativi dell’insegnamento universitario, nelle discipline umanistiche in Austria, Germania, Italia e Regno Unito ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/5100/1/DeSantis_Barbara_tesi.pdf.

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Résumé :
Il processo di riforma a carattere europeo che ha condotto alla nascita di uno Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore ha conosciuto diverse tappe fondamentali, fra cui, per esempio, la ripartizione in cicli e l’adozione dei crediti ECTS. Una di queste tappe, ossia il passaggio da una pianificazione della didattica basata sui contenuti ad una basata sui risultati dell’apprendimento, ricopre un ruolo di primo piano nel presente progetto di dottorato. Lo studio qui descritto ha esaminato, da un punto di vista sintattico e semantico, un campione di obiettivi e risultati dell’apprendimento di insegnamenti di alcuni corsi di laurea di primo e secondo ciclo, delle scienze umanistiche, in Austria, Germania, Italia e Regno Unito. L’obiettivo del progetto è proporre uno schema per una classificazione a faccette di obiettivi dell’apprendimento denominato FLOC. Tale schema è adottato per classificare gli obiettivi dell’apprendimento di quattro contesti linguistico-culturali (nei paesi summenzionati), dando vita a FLOC-AT, FLOC-DE, FLOC-IT e FLOC-EN. Queste quattro classificazioni forniscono inoltre il contesto per un’analisi contrastiva multilingue fra unità di obiettivi di apprendimento.
As part of the transition to a student-centred approach in higher education, in the EHEA, programmes and curricula are now expressed not only in terms of course content, but also of learning objectives, learning outcomes and developed competences. In the framework of this study learning objectives and learning outcomes describing learning units (in a number of master and bachelor degree programmes) have been structurally and semantically studied, in order to outline the features of a pilot classification of learning objectives. The research project described in this work suggests a faceted classification scheme of learning objectives (FLOC, Faceted Classification of Learning Objectives). FLOC is tested out in four different linguistic and cultural contexts in which units of learning objectives from disciplines of the humanities – in Austria, Germany, Italy and the United Kingdom – are classified according to a common scheme. The resulting four classifications – FLOC-AT, FLOC-DE, FLOC-IT and FLOC-EN – provide also the context for a contrastive multilingual analysis.
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De, Santis Barbara <1980&gt. « Classificazione a faccette di obiettivi formativi dell’insegnamento universitario, nelle discipline umanistiche in Austria, Germania, Italia e Regno Unito ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/5100/.

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Il processo di riforma a carattere europeo che ha condotto alla nascita di uno Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore ha conosciuto diverse tappe fondamentali, fra cui, per esempio, la ripartizione in cicli e l’adozione dei crediti ECTS. Una di queste tappe, ossia il passaggio da una pianificazione della didattica basata sui contenuti ad una basata sui risultati dell’apprendimento, ricopre un ruolo di primo piano nel presente progetto di dottorato. Lo studio qui descritto ha esaminato, da un punto di vista sintattico e semantico, un campione di obiettivi e risultati dell’apprendimento di insegnamenti di alcuni corsi di laurea di primo e secondo ciclo, delle scienze umanistiche, in Austria, Germania, Italia e Regno Unito. L’obiettivo del progetto è proporre uno schema per una classificazione a faccette di obiettivi dell’apprendimento denominato FLOC. Tale schema è adottato per classificare gli obiettivi dell’apprendimento di quattro contesti linguistico-culturali (nei paesi summenzionati), dando vita a FLOC-AT, FLOC-DE, FLOC-IT e FLOC-EN. Queste quattro classificazioni forniscono inoltre il contesto per un’analisi contrastiva multilingue fra unità di obiettivi di apprendimento.
As part of the transition to a student-centred approach in higher education, in the EHEA, programmes and curricula are now expressed not only in terms of course content, but also of learning objectives, learning outcomes and developed competences. In the framework of this study learning objectives and learning outcomes describing learning units (in a number of master and bachelor degree programmes) have been structurally and semantically studied, in order to outline the features of a pilot classification of learning objectives. The research project described in this work suggests a faceted classification scheme of learning objectives (FLOC, Faceted Classification of Learning Objectives). FLOC is tested out in four different linguistic and cultural contexts in which units of learning objectives from disciplines of the humanities – in Austria, Germany, Italy and the United Kingdom – are classified according to a common scheme. The resulting four classifications – FLOC-AT, FLOC-DE, FLOC-IT and FLOC-EN – provide also the context for a contrastive multilingual analysis.
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Guella, Flavio. « La disciplina giuridica dei rapporti finanziari tra governo centrale ed enti territoriali in Italia e nel Regno Unito ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2010. https://hdl.handle.net/11572/368045.

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Il tema della disciplina giuridica dei rapporti in materia finanziaria tra Governo centrale ed enti territoriali all’interno degli Stati composti viene analizzato, in una prospettiva prevalentemente giurisprudenziale, con riferimento alle esperienze dell’ordinamento giuridico italiano e del Regno Unito. Entrambi gli ordinamenti presentano, in tale settore, una struttura di ripartizione del territorio in enti autonomi caratterizzata da un elevato grado di differenziazione, e con collocazione ai vari livelli di governo di soggetti istituzionali dotati di disomogenei ambiti di autonomia e di potestà, anche finanziaria. Di volta in volta, in rapporto diretto con lo Stato – per quanto concerne il trasferimento e la gestione delle risorse proprie – si rinvengono Regioni ed Amministrazioni Devolute dotate di propria potestà legislativa ovvero enti locali che (nel rispetto del principio di legalità o di Rule of Law) comunque dialogano direttamente con il potere legislativo, con conseguenti differenti attitudini nel controllo (anche giurisdizionale) del riparto di competenze, nonché di responsabilità di spesa. E pertanto la selezione delle amministrazioni territoriali che si rapportano direttamente ed in modo più problematico con il livello centrale di governo è diversa nei due ordinamenti. Le Regioni italiane grazie alla possibilità di accesso diretto alla Corte costituzionale rivestono infatti un ruolo preponderante nell’analisi, che fa passare in secondo piano e diventare (relativamente) accessorio all’excursus della giurisprudenza più significativa il ruolo degli enti locali; d’altro lato, invece, le garanzie per la devolution nel Regno Unito sono state configurate prevalentemente secondo gli schemi delle relazioni politiche e con strumenti di Soft Law, con conseguente assenza di una vera conflittualità in sede giurisdizionale, mentre al contrario il Local Government inglese, che si rapporta comunque direttamente e senza mediazioni con il Governo, ha conosciuto fasi di acuta frizione in tema di difesa della propria autonomia finanziaria dall’attività di indirizzo centrale, sfociate anche nell’impiego degli strumenti di tutela giurisdizionale. Le differenze sussistenti tra i due ordinamento rendono d’altra parte la comparazione degli stessi di particolare interesse. Non solo l’appartenenza alle diverse famiglie di Civil Law e Common Law, ma piuttosto la presenza di una Costituzione rigida e garantita nell’un sistema, e un’applicazione rigorosa del principio di Supremacy of Parliament nell’altro, evidenziano la differenza di atteggiamento delle corti nella risoluzione delle controversie attinenti la distribuzione territoriale delle risorse, con differenti modalità – anche nella pratica – quanto alla garanzia dell’effettivo rispetto dell’autonomia territoriale. Inoltre, un sistema a diritto amministrativo avanzato conforma diversamente la sfera delle attribuzioni finanziarie degli enti pubblici territoriali rispetto ad un ordinamento in cui – specie nel corso degli ultimi anni – è divenuto frequente l’utilizzo di moduli privatistici nella PA, anche ed a maggior ragione nella gestione della finanza pubblica. Il controllo giurisdizionale svolto in materia di gestione dei trasferimenti erariali, così come nel coordinamento di un sistema di tributi propri con il sistema finanziario nazionale, risente di conseguenza del diverso atteggiarsi della posizione costituzionale degli enti territoriali nei due ordinamenti, fermo comunque un comune atteggiamento di deferenza verso gli spazi della discrezionalità politica, che si esprime nel parametro di ragionevolezza come applicato nelle varie pronunce relative alle pretese ingerenze statali nella gestione della finanza locale. E proprio l’esame della giurisprudenza – ove presente – costituisce il terreno di analisi privilegiato nella materia, l’effettiva definizione del confine tra legittimo esercizio di poteri di coordinamento finanziario statali ed indebita ingerenza all’interno delle sfere di autonomia finanziaria degli enti territoriali costituendo infatti – più che un oggetto affidato alla definizione legislativa, e quindi nelle mani di uno dei due soggetti interessati – un problema di bilanciamento risolvibile sulla base di principi e valori fondamentali, di autonomia da un lato e solidarietà dall’altro, applicati di volta in volta – in concreto – dai giudici, sulla base di una scelta costituzionale preesistente e da attuarsi con scelte politiche ed amministrative.
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Codolo, Sara. « Il potere et la cultura : dotti e politica culturale della Republica e del regno d'Italia (1802-1814) ». Paris, EPHE, 2014. http://www.theses.fr/2011EPHE4030.

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Résumé :
Les rapports qu’entretiennent les savants italiens de la République et du Royaume d’Italie (1802-1814) avec le pouvoir constituent l’objet de la thèse. Pour étudier ce type de rapports entre la culture et le pouvoir, j’ai sélectionné les savants qui ont assumé des charges de direction dans le monde culturel: les dirigeants de la Direction générale de l’instruction publique Pietro Moscati et Giovanni Scopoli; le premier secrétaire de l’Istituto Nazionale; et le membre de la Commissione di studi en 1802 et président de l’Istituto Reale depuis 1810, Giovanni Paradisi. L’action de ces savants est analysée dans le contexte de l’organisation culturelle napoléonienne. La thèse se développe à travers les questions en matière de politiques culturelle dans les sociétés d’instruction publique des années 1797 et 1799, en suite en affrontant l’histoire institutionnelle de la République et du Royaume d’Italia (1802-1814). La biographie des savants mentionnés propose un nouveau regard sur l’organisation culturelle de l’Italie napoléonienne, en particulier sur les idées développées au fil des ans par les savants. Depuis le début, ces savants ont adhéré au nouvel ordre établi avec l’arrivée de Napoléon et Italie. Presque tous faisant partie d’une faction modérée qui s’opposait au parti des démocrates. La thèse analyse les discours officiels des savants qui ont suivit l’application de la reforme napoléonienne, leurs activités comme dirigeants à travers les sources officielles, leur choix et les relations entre eux et le monde culturel italien de la période en utilisant la correspondance privée
This thesis develops around the activities and choices of Pietro Moscati and Giovanni Scopoli, respectively first and second General Director of Education, on the relentless activities of Michele Araldi as first secretary of the National Institute, as well as on the political and cultural ideas of Giovanni Paradisi, member of the Study Commission in 1802 and president of the Royal Institute in 1810. These people are analyzed in the context of the cultural organization created by the French Government during the years of the Republic and Kingdom of Italy (1802-1814), with a foreword on the first discussions about public education and cultural institutions in the three years of democracy (1796-1799). The relationship between power and culture is analyzed through the study of cultural officials of the time, who offer a new perspective on cultural policy in Napoleonic Italy. This thesis outlines the biography of those officials and their views on the reforms of Education, on schooling and on the funding of the arts and scientific progress. This research aims at revealing the actual people, their ideas of cultural policy and their role as mediators between the Napoleonic government and the Italian intelligentsia
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Giraudo, Stefania. « L'empereur et les villes d'Italie : pacifications, réformes et modèles de gouvernement d'Henri VII à Jean de Bohême (1310-1330) ». Thesis, Paris 4, 2013. http://www.theses.fr/2013PA040055.

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Résumé :
Cette thèse porte sur l’étude des différentes formes de gouvernement dans les villes du Centre-Nord qui furent mises en œuvre dans l’Italie du début du XIVe siècle. La transformation institutionnelle des communes est mise en relation avec la redécouverte de l’intérêt pour l’organisation politique de l’ensemble du Centre-Nord de l’Italie, en stricte relation avec le regnum Italicum.La première partie de la thèse est consacrée à la reconstruction du voyage en Italie d’Henri VII. Toutefois, comme la politique impériale se heurta rapidement à celle des villes italiennes, il a été nécessaire d’analyser comment les communes réagirent face à cette descente et à la mise en œuvre de ce programme politique. Puis, l’étude examine les politiques adoptées par Henri VII au cours de la seconde phase de son voyage en Italie, au temps des tentatives pour réprimer les diverses révoltes qui éclatent dans les communes touchées par les réformes impériales. La deuxième partie de la thèse est dédiée à l’étude des influences du projet d’Henri VII sur les pouvoirs qui cherchèrent à redonner une vie politique au royaume d’Italie, et ce durant cette période qui se situe entre la mort d’Henri VII et la généralisation des formes de gouvernement seigneurial. L’analyse porte notamment sur les tentatives de défense des communes face à la papauté et à la monarchie angevine. Afin de tracer un parallèle avec la Romfahrt impériale, une section de la thèse a été consacrée au voyage en Italie de Jean de Bohême.En conclusion, l’ascension d’Azzone Visconti inaugure un nouveau système de gouvernement communal, en absence d’un projet de constitution d’un royaume de Lombardie
This thesis tackles the government of central and northern Italian cities at the beginning of the fourteenth century through a perspective which until now has been overlooked by historiography. In this study, the institutional transformation of the cities will be interrelated with the renewal in the interest for the reorganization of central and northern Italy on a regional scale, in connection with the realities of the regnum italicum. Thus the discussion is developed on different planes of analysis – urban and regional – in which the intense activity exercised by royal powers on urban institutions has been used as a common thread. The first part of the thesis reconstructs Henry VII’s voyage in Italy, in order to bring to light the imperial program for the reform of the kingdom. The imperial policies did not follow a linear path, as these were soon complicated by the unavoidable confrontation with the cities. This discussion is followed by an analysis of the policies adopted by the emperor during the second phase of his voyage in Italy, when he intervened to thwart the revolts borne in opposition to his urban reforms by adjusting his lines of action both on a juridical and on an institutional level. The second part of the dissertation is aimed at finding traces of Henry VII’s project in the experimentations of other royal powers which in the two decades that followed intended to give political and administrative substance to the kingdom of Italy. It has thus been possible to continue the discussion on the civic action in defense of autonomy in connection to the Papacy and the Angevin monarchy. In addition to this, the voyage of John of Bohemia in Italy, which represented a new concrete attempt to impose a royal power over the area, has been taken under examination as a parallelism to the imperial Romfahrt. The study closes with the rise of Azzone Visconti a political experience wich ushered a new approach in the government of cities, in absence of a project for a kingdom in Lombardy
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Tondini, Giovanna. « Un modello per il regno dei Carolingi in Italia. L'Epitome Phillipsiana e l'identità urbana di Verona dopo il 774 ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3427509.

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Résumé :
The research focuses on the consequence of the Frankish conquest of Regnum Langobardorum (774) from the perspective of transformations in culture and identity. In order to build and organize a new reign, the cultural and ideological initiative towards the creation of a common social memory was crucial. According to this political strategy it was compiled a codex known as Epitome Phillipsiana, a careful selection of texts that contributed to the modification of Italian cultural inheritance, so to place Italy at the centre of the universal world history, which was seen, from a Christian point of view, as salvation history. The Epitome constitutes the link between centre and periphery: the city, thus, was the place in which this link could be expressed best. The putting forward of a model of identity in which past and present coexisted, and tradition and innovation were synchronized and balanced, was directed towards the drawing of the élite's consensus to the new Carolingian rulers. At the local level the main responsibility for this political implementation lied on counts and bishops, who often came from the regions beyond the Alps. In Verona, where the Epitome might have been produced at the beginning of IXth century, the king's intermediaries tried to keep the control on the city and to strengthen their position. It was with this aim in mind that they acted on the ideological level, working upon local traditions, both seculars and religious, to spread a symbolic image of Verona as a royal and holy city: in which the urban élites recognized themselves in this image, thus transforming their identities. However, the reality was much more complex: the global picture was not one of a dualistic pattern, expressed in terms of conquerors and conquered, or in a ethnic sense, of Franks on one hand and Lombards on the other hand. Rather, the formation of political entourages around the main centers of local power derived from contingent choice of individuals and the changes at the top level of power played an important role in leading relational dynamics. In this competitive situation, that could degenerate into hostility, it was essential that the relationship between king, his representatives and the élites ended in an equilibrium of forces that could assure the reign's stability. The connection between the royal and the local level, traditionally left apart, and between the institutional developments and familiar affairs, has exposed under a background of a continuous redefinition of alliances, the construction of an original urbane identity within the Verona of the regnum Italiae.
La ricerca indaga le conseguenze della conquista del Regnum Langobardorum da parte dei Franchi (774) sotto il profilo delle trasformazioni culturali e identitarie. Nella costruzione di un nuovo regno fondamentale fu l'iniziativa ideologico-culturale, volta alla creazione in Italia di una memoria identitaria comune. In tale strategia politica si inserisce la produzione letteraria e narrativa e, in particolare, la compilazione di un codice, noto come Epitome Phillipsiana. Tale codice con un'accorta selezione di testi contribuì alla modificazione dell'eredità culturale atta a collocare l'Italia al centro della storia universale del mondo concepita in senso cristiano come storia della salvezza. L'Epitome costituisce l'organo di raccordo tra centro e periferia e la città era il luogo privilegiato in cui tale raccordo si poteva realizzare. La proposta di un modello identitario in cui passato e presente, tradizione e innovazione si modulavano in un loro equilibrio era finalizzata ad attirare il consenso delle élites intorno ai governanti carolingi. All'interno delle realtà locali i principali responsabili dell'attuazione di tale politica furono il conte e il vescovo, spesso provenienti dall'area transalpina. Così a Verona, dove l'Epitome sarebbe stata prodotta all'inizio del IX secolo, gli intermediari regi cercarono di mantenere il controllo sulla città e al contempo di rafforzare la propria posizione. A tale scopo essi agirono sul piano ideologico, recuperando tradizioni locali, laiche e religiose, per diffondere un'immagine simbolica di Verona regia e santa, in cui le élites urbane si riconobbero, con la conseguente trasformazione delle propria identità. La realtà, però, si presentava molto più complessa e articolata: il quadro non si riduceva a uno schema dualistico nei termini di conquistatori/conquistati, oppure in senso etnico, di Franchi da una parte e Longobardi dall'altra. La formazione degli entourage intorno ai principali poli del potere locale rispondeva, bensì, a scelte contingenti da parte degli individui, e i rivolgimenti ai vertici del potere avevano un peso rilevante nella definizione delle dinamiche relazionali. In tale situazione di competitività, che poteva degenerare in conflittualità, era importante che il rapporto tra re, suoi rappresentanti ed élites si risolvesse in un bilanciamento delle forze in gioco per garantire la stabilità del regno. Il collegamento tra due livelli tradizionalmente tenuti distinti, regno e città, tra sviluppi istituzionali e vicende familiari, ha permesso di individuare sullo sfondo di un continuo farsi e disfarsi di alleanze la costruzione di un'identità urbana originale nella Verona del regno italico.
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SANTINI, SERENA. « LE MISURE DI PREVENZIONE PERSONALI DEL TERRORISMO IN ITALIA E NEL REGNO UNITO. SPUNTI DI RIFLESSIONE PER UNA PREVENZIONE SOSTENIBILE ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2019. http://hdl.handle.net/2434/618963.

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Résumé :
To what extent the legitimate aspiration of the States to prevent terrorist attacks can go further? This is one of the main issues that modern democracies must face. In this scenario, this PhD thesis proposes a comparative study on preventive counter-terrorism measures targeted on suspected terrorists within a human rights’ approach, in the searching of the “sustainable prevention”. After the study of Italian preventive counter-terrorism law from different perspectives, a small "field research" and the analysis of the UK counter-terrorism system, the Author uses the proportionality principle to suggest some corrective mechanisms for a more sustainable balance between freedom and security.
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Vocino, Giorgia <1982&gt. « Santi e luoghi santi al servizio della politica carolingia (774-877) : Vitae e Passiones del regno italico nel contesto europeo ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2010. http://hdl.handle.net/10579/958.

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Résumé :
La ricerca si concentra sull’analisi della documentazione agiografica prodotta nei confini del regno italico durante la prima età carolingia (fine VIII – IX secolo). Lo studio delle Vitae, Passiones e Translationes, compilate in larga maggioranza negli scriptoria episcopali, ha permesso, da un lato, di proporre nuove ipotesi per la datazione e contestualizzazione dei singoli testi e, dall’altro, di tratteggiare le analogie tra le strategie sottese alla produzione dei racconti agiografici scritti nel regnum Italie nell’arco temporale oggetto della ricerca. L’agiografia italica è, poi, stata inscritta nel più largo panorama delle fonti agiografiche compilate nelle altre regioni della penisola soggette a una forte influenza carolingia (Tuscia, ducati di Spoleto e Benevento) e nelle due principali aree periferiche dell’Impero di Carlo Magno (Baviera e Sassonia).
La recherche se concentre sur l’analyse des sources hagiographiques écrites dans le cadre du royaume d’Italie pendant la première époque carolingienne (fin VIIIe – IXe siècle). L’étude des Vitae, Passiones et Translationes produites en large majorité dans les scriptoria épiscopaux a permis, d’une part, d’avancer de nouvelles hypothèses pour la datation de chaque texte et d’autre part, d’esquisser les analogies entre les stratégies poursuivies par la production de récits hagiographiques dans le regnum Italiae durant la période qui a été l’objet de la recherche. L’hagiographie italienne a été ensuite mise en perspective dans le plus large panorama des textes hagiographiques écrits dans d’autres régions d’Italie sujettes à une forte influence carolingienne (Tuscia, duchés de Spolète et Bénévent) et dans les deux autres importantes entités périphériques de l’Empire de Charlemagne (Bavière et Saxe).
The research focuses on the analysis of the hagiographical sources written within the geographical borders of the kingdom of Italy during the Early Carolingian Age (late 8th – 9th century). The study of the Vitae, Passiones and Translationes, the great majority produced in the Episcopal scriptoria, has allowed us, on the one hand, to propose new hypotheses concerning the dating of each text and, on the other hand, to outline analogies between the strategies pursued in the production of hagiographical records in the regnum Italiae during the period of study. Subsequent to this, the Italian hagiography has been placed in the wider context of the hagiographical texts written in other areas of Italy under heavy Carolingian influence (Tuscia, duchies of Spoleto and Benevento) and in the two other major entities on the periphery of the Empire ruled by Charlemagne (Bavaria and Saxony).
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SCHIFITTO, LUIGI. « LA PREVIDENZA PUBBLICA E PRIVATA NEL REGNO UNITO. IL MODELLO INGLESE IN PROSPETTIVA COMPARATA CON IL MODELLO ITALIANO ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/217948.

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Résumé :
The United Kingdom was one of the first countries in the world to develop formal private pension arrangements (beginning in the 18th Century) and was also one of the first to begin the process of reducing systematically unfunded state provision in favour of funded private provision (beginning in 1980). This explains why the UK is one of the few countries in Europe that is not facing a serious pensions crisis. The reasons for this are straightforward: state pensions (both in terms of the replacement ratio and as a proportion overage earnings) are amongst the lowest in Europe, the UK has a long-standing funded private pension sector, its population is ageing less rapidly than elsewhere in Europe and its governments have taken measures to prevent a pension crisis developing. These measures have involved making systematic cuts in unfunded state pension provision and increasingly transferring the burden of providing pensions to the funded private sector. The UK is not entitled to be complacent, however, since there remain some serious and unresolved problems with the different types of private sector provision. This thesys examines the key issues relating to the UK pension system. It reviews the current system of pension provision, describes and analyses the reforms since 1980, examines the legal regulatory and accounting framework for occupational pension schemes, assesses the different types of risks and returns from membership of defined benefit and defined contribution pension schemes, and investigates the management and investment performance of pension fund assets. We now turn to a broad assessment of the current state of private pensions in the UK. There are two types of pension fund; occupational (run by a firm for its employees) and personal (based on an individual contract with an insurance company). A flat-rate first-tier pension is provided by the state and is known as the Basic State Pension (BSP). Second-tier or supplementary pensions are provided by the state, employers and private sector financial institutions, the socalled three pillars of support in old age. The main choices are between: a state system that offers a pension that is low relative to average earnings but which is fully indexed to prices after retirement; an occupational system that offers a relatively high level of pension (partially indexed to prices after retirement up to a maximum of 5% p.a.), but, as a result of poor transfer values between schemes on changing jobs, only to workers who spend most of their working lives with the same company; and a personal pension system that offers fully portable (and partially indexed) pensions, but these are based on uncertain investment returns and are subject to very high set-up and administration charges, often inappropriate sales tactics, and very low paid-up values if contributions into the plans lapse prematurely. Employees in the UK in receipt of earnings subject to National Insurance Contributions (NICs) will build up entitlement both to the BSP2 and, on ‘band earnings’ between the Lower Earnings Limit (LEL) and the Upper Earnings Limit (UEL), to the pension provided by the State-Earnings-Related Pension Scheme (SERPS). These pensions are paid by the Department of Social Security (DSS) from State Pension Age which is 65 formen and 60 for women. The self-employed are also entitled to a BSP, but not to a SERPS pension. Employeeswith earnings in excess of the LEL will automatically be members of SERPS, unless they belong to an employer’s occupational pension scheme or to a personal pension scheme that has been contracted-out of SERPS. In such cases both the individual and the employer contracting-out receive a rebate on their NICs and the individual foregoes the right to receive a SERPS pension. However, there isno obligation on employers to operate their own pension scheme, nor, since 1988, is there any contractual requirement for an employee to join the employer’s scheme if it has one. There is a wide range of private sector pension schemes open to individuals. They can join their employer’s occupational pension scheme. This study aolso examines pensions portability and the preservation of pensions rights in the U.K in comparative perspective with Italian pension found model.We review the economic theory underlying pension schemes and the arguments for and against more pensions portability. We show that the effect of current laws and actuarial practice is to penalize young early leavers heavily, so that they can lose up to 30% of the pension that they might have expected when they retire. We analyze a policy to reduce this early leaver penalty according to a sliding scale that involves determining transfer values for younger workers on the basis of actual contributions paid rather than on notional accrued benefits. At the end we compare the position of early leavers in the U.K. and Italy in front of European welfare market.
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Degli, Esposti Sofia. « Uomini che uccidono le donne. La rappresentazione del femminicidio nei media britannici e italiani ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/18891/.

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Résumé :
L’elaborato ha lo scopo di esplorare la rappresentazione del femminicidio nei media. Facendo riferimento alla letteratura statunitense, britannica e italiana si sono evidenziate le problematiche dovute a un uso di frame e stereotipi che possono avere un impatto negativo sull’opinione pubblica perché sminuiscono la gravità di questo specifico crimine. Poiché i mass media esercitano una forte influenza sulla percezione collettiva, narrazioni di questo tipo ostacolano il progresso nel campo della parità di genere. Consapevoli di questa influenza, organizzazioni nazionali e internazionali hanno promosso iniziative a sostegno di una comunicazione corretta: linee-guida, standard di autoregolamentazione, manuali per giornalisti e editori. Sulla base di questi elementi sono stati qui presi in considerazione alcuni articoli britannici e italiani. L’analisi ha rilevato in tabloid britannici e quotidiani locali italiani una presenza significativa dei frame e delle narrazioni che la ricerca indica come fuorvianti e dannosi. Questi limiti si riscontrano invece con meno frequenza (ma non sono assenti) nella quality press e nella stampa nazionale italiana.
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Moro, Michele <1993&gt. « Le emigrazioni italiane e il conseguente dibattito politico e sociale sul colonialismo e sull'emigrazione dall'unificazione del Regno d'Italia agli Anni 20 del Novecento ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17148.

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Résumé :
Questa tesi è suddivisa in tre capitoli. Il primo capitolo parte con una spiegazione di quali condizioni aveva la popolazione in Italia, analizzando la storia dell’unificazione, del post-unificazione e tutti i vari progetti politici del governo nel corso degli anni. Dopodiché si inizierà a concentrarsi sugli emigrati e sulle loro condizioni al momento della partenza ossia dal momento in cui decidevano di partire fino al momento dell’imbarco per il Brasile. Inoltre si farà un approfondimento sulle leggiche si sono fatte all'epoca in materia di emigrazione. Il secondo capitolo riguarda il discorso della “colonizzazione”. Parola molto frequente nel periodo che si andrà ad analizzare e che ha un collegamento anche con le emigrazioni. Nel terzo capitolo, ci si sofferma sullo studio di alcune tesi storiche di Ca' Foscari del primo ventennio del novecento confrontando quello che pensavano gli autori con quello che era il periodo storico.
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BRESSAN, SERENA. « Le misure legislative anti-tratta e la copertura a mezzo stampa della tratta di persone in Italia e Regno Unito : uno studio esplicativo ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1769.

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Résumé :
La tratta di esseri umani è un crimine che ha attratto progressivamente l’attenzione dei media negli ultimi anni, durante il consolidamento delle politiche anti-tratta internazionali e nazionali. Il dibattito accademico sul ruolo dei media nell’ambito della tratta è esiguo e uno degli argomenti d’interesse è costituito dall’impatto delle politiche pubbliche sui contenuti mediatici. È questo il contesto nel quale s’inserisce la ricerca, il cui scopo è investigare se le misure legislative nazionali anti-tratta possano influenzare la copertura a mezzo stampa della tratta di persone in un Paese. A questo scopo, sono state formulate sei ipotesi, verificate attraverso l’analisi di quattro quotidiani di stampo conservatore e liberale in Italia e Regno Unito dal 2000 al 2010: Corriere della Sera, La Repubblica, Daily Telegraph, The Guardian. Il test delle ipotesi è avvenuto tramite la content analysis, i cui risultati sono stati validati da interviste in profondità. L’analisi dei dati ha rivelato che la relazione tra l’agenda legale e quella della stampa è risultata essere positiva nei dieci anni di riferimento. Pur presentando dei limiti, questo studio può essere considerato come un passo verso la comprensione di come i giornali affrontino il tema della tratta e di quali fattori influenzino le loro scelte.
Human trafficking is a crime today widespread which has attracted media attention in recent years during the consolidation of anti-trafficking policies at international and national level. The academic debate on the role of the media within the context of trafficking in human beings (THB) is scant, and one of the issues concerns the impact of public policies on media contents. This is the context in which the research has been framed, its aim being to investigate whether national anti-trafficking measures shape the coverage and the representation of THB by a country’s press. Six hypotheses are formulated, and they are verified by examination of four conservative and liberal broadsheets published in Italy and the United Kingdom from 2000 to 2010: i.e. Corriere della Sera, La Repubblica, Daily Telegraph, The Guardian. The application of content analysis, with the validation of in-depth interviews, contributes to testing the hypotheses. As regards the data analysis, the relationship between the legal agenda and the press agenda appears to have been close during the ten reference years. Notwithstanding its limitations, this study can be read as the first stage in understanding how newspapers approach the issue of trafficking and what factors may influence their choices.
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BRESSAN, SERENA. « Le misure legislative anti-tratta e la copertura a mezzo stampa della tratta di persone in Italia e Regno Unito : uno studio esplicativo ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1769.

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Résumé :
La tratta di esseri umani è un crimine che ha attratto progressivamente l’attenzione dei media negli ultimi anni, durante il consolidamento delle politiche anti-tratta internazionali e nazionali. Il dibattito accademico sul ruolo dei media nell’ambito della tratta è esiguo e uno degli argomenti d’interesse è costituito dall’impatto delle politiche pubbliche sui contenuti mediatici. È questo il contesto nel quale s’inserisce la ricerca, il cui scopo è investigare se le misure legislative nazionali anti-tratta possano influenzare la copertura a mezzo stampa della tratta di persone in un Paese. A questo scopo, sono state formulate sei ipotesi, verificate attraverso l’analisi di quattro quotidiani di stampo conservatore e liberale in Italia e Regno Unito dal 2000 al 2010: Corriere della Sera, La Repubblica, Daily Telegraph, The Guardian. Il test delle ipotesi è avvenuto tramite la content analysis, i cui risultati sono stati validati da interviste in profondità. L’analisi dei dati ha rivelato che la relazione tra l’agenda legale e quella della stampa è risultata essere positiva nei dieci anni di riferimento. Pur presentando dei limiti, questo studio può essere considerato come un passo verso la comprensione di come i giornali affrontino il tema della tratta e di quali fattori influenzino le loro scelte.
Human trafficking is a crime today widespread which has attracted media attention in recent years during the consolidation of anti-trafficking policies at international and national level. The academic debate on the role of the media within the context of trafficking in human beings (THB) is scant, and one of the issues concerns the impact of public policies on media contents. This is the context in which the research has been framed, its aim being to investigate whether national anti-trafficking measures shape the coverage and the representation of THB by a country’s press. Six hypotheses are formulated, and they are verified by examination of four conservative and liberal broadsheets published in Italy and the United Kingdom from 2000 to 2010: i.e. Corriere della Sera, La Repubblica, Daily Telegraph, The Guardian. The application of content analysis, with the validation of in-depth interviews, contributes to testing the hypotheses. As regards the data analysis, the relationship between the legal agenda and the press agenda appears to have been close during the ten reference years. Notwithstanding its limitations, this study can be read as the first stage in understanding how newspapers approach the issue of trafficking and what factors may influence their choices.
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Colombani, Paulu. « La doctrine politique d'Enrico Corradini, l'élaboration : 1865-1914 ». Paris 4, 1992. http://www.theses.fr/1992PA040122.

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Omes, Marco Emanuele. « La festa di Napoleone : Sovranità, legittimità e sacralità nell’Europa francese (Repubblica/Impero francese, Repubblica/Regno d’Italia, Regno di Spagna, 1799-1814) ». Thesis, Sorbonne université, 2019. http://www.theses.fr/2019SORUL040.

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Résumé :
En mélangeant une approche d’histoire culturelle du politique et une perspective comparative, ma recherche étudie les fêtes napoléoniennes qui eurent lieu entre 1799 et 1814 dans la République / Empire français, la République / Royaume d’Italie et le Royaume d’Espagne. Par le biais de cette méthode je dévoilerai l’existence d’un modèle de fête napoléonienne qui était plutôt uniforme dans les trois contextes géographiques considérées, surtout en matière de principes de base, de mots-clés et de valeurs transmises. Mon étude se focalise sur les concepts de souveraineté, de légitimité et de sacralité, visant à mettre en lumière leurs interconnections réciproques et leur signification en rapport avec l’époque napoléonienne par le prisme des fêtes civiques, et notamment par les représentations symboliques, visuelles et discursives qui les ponctuaient. L’analyse de ces représentations permet de mieux comprendre non seulement les manifestations, mais aussi les fondements, les caractéristiques et l’évolution du pouvoir napoléonien
By combining research methods from the cultural history of the politic with a comparative perspective, my dissertation covers the celebrations of the Napoleonic era that took place between 1799 and 1814 in the Republic (later, Empire) of France, in the Republic (later, Kingdom) of Italy, and in the Kingdom of Spain. My comparative perspective aims to show the existence of a model of Napoleonic celebration that was fairly uniform across the three geographical contexts I studied, especially in its basic principles, fundamental concepts and values conveyed. My study centres on the concepts of sovereignty, legitimacy and sacrality, and aims to shed light on their interplay and their significance in the context of Napoleonic-era civic festivities, especially in terms of the forms of symbolic, visual and discursive representation that were used. My analysis of these forms of representation will allow the reader to better understand not only the manifestations of Napoleonic power, but also its ideological underpinnings, characteristics, and evolution over time
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Bonaldo, Davide <1989&gt. « Vigilanza finanziaria e Special Resolution Regimes dopo la crisi : una comparazione tra Italia e Regno Unito alla luce delle linee guida europee e della nuova riforma inglese ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3884.

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Résumé :
La recente crisi finanziaria globale ha senza dubbio messo in luce i punti deboli di qualsiasi sistema bancario e finanziario. Data l'unicità delle banche e l'importanza di salvaguardare le loro funzioni economiche fondamentali, si è constatata la necessità di avere un efficiente Special Resolution Regime. L'Italia ha affrontato la crisi con un regime speciale per le banche consolidato negli anni, mentre il Regno Unito ha dovuto crearlo ad hoc dopo il crollo di Northern Rock. Ora, in un clima di armonizzazione comunitaria e di unione bancaria, la Commissione Europea lancia una proposta per una Bank Recovery and Resolution Directive: quali sono gli strumenti proposti per la gestione di una crisi? Sono davvero innovativi? Come sarà l'impatto di tale proposta nell'ordinamento dei due Stati membri?
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Hannfors, Henrik. « Brexit non significa solo Brexit : Idee di identità e comunità in due libri italiani dopo il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea ». Thesis, Umeå universitet, Institutionen för språkstudier, 2020. http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:umu:diva-172013.

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Résumé :
This bachelor thesis focuses on literary depictions of personal experiences of living as non-British in the UK following the referendum on leaving the European Union in 2016. The purpose of the thesis is to analyze what Brexit as a phenomena does with individuals’ views of themselves and the society in which they live. The thesis rests upon a hypothesis that Brexit will affect both subjective notions of one's identity and ideas about the individual's role in a social community. However, the question remains how this can be expressed in literary form? In order to answer this question, two autobiographical books written in Italian are reviewed. These are La Mia Brexit by the comedian Francesco De Carlo and Brexit Blues by the journalist Marco Varvello. As mentioned, the focus is on analyzing the relationship between Brexit and the main characters' ideas about identity and social community. An attempt is also made to interpret the texts using the narrative concept of Turning points, with the aim of studying whether Brexit can be likened to this in the two books. The main conclusion of the thesis revolves around the concept of uncertainty, in which Brexit as a phenomenon mainly contributes to various uncertainties in the characters' views on identity and community. It is also noted that Brexit can be likened to narrative turning point, but that the characters in the books are uncertain what this turning point means.
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Omes, Marco Emanuele. « La festa di Napoleone : sovranità, legittimità e sacralità nell'Europa francese (repubblica/impero francese, Repubblica/Regno d'Italia, Regno di Spagna, 1799-1814) ». Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2019. http://hdl.handle.net/11384/86067.

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Résumé :
By combining research methods from the cultural history of the politic with a comparative perspective, my dissertation covers the celebrations of the Napoleonic era that took place between 1799 and 1814 in the Republic (later, Empire) of France, in the Republic (later, Kingdom) of Italy, and in the Kingdom of Spain. My comparative perspective aims to show the existence of a model of Napoleonic celebration that was fairly uniform across the three geographical contexts I studied, especially in its basic principles, fundamental concepts and values conveyed. My study centres on the concepts of sovereignty, legitimacy and sacrality, and aims to shed light on their interplay and their significance in the context of Napoleonic-era civic festivities, especially in terms of the forms of symbolic, visual and discursive representation that were used. My analysis of these forms of representation will allow the reader to better understand not only the manifestations of Napoleonic power, but also its ideological underpinnings, characteristics, and evolution over time.
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Delpu, Pierre-Marie. « Politisation et monde libéral en Italie méridionale (1815-1856) : le malgoverno et ses opposants : acteurs et pratiques dans le royaume des Deux-Siciles ». Thesis, Paris 1, 2017. http://www.theses.fr/2017PA01H067.

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Résumé :
La thèse cherche à restituer les mécanismes de la politisation libérale dans la partie continentale du royaume des Deux-Siciles, de l’effondrement de l’Empire napoléonien en 1815 au moment où se précisent les voies de l’annexion du royaume méridional dans l’Italie en construction, au milieu des années 1850. Le croisement de la documentation administrative, des écrits personnels des libéraux et de leurs productions politiques permet d’identifier ce courant avec l’opposition patriotique à la monarchie restaurée des Bourbons. Il prend la forme d’une société d’opposants réticulée et disparate, davantage anti-absolutiste qu’elle n’est idéologiquement libérale, qui s’est appuyée sur les pratiques politiques locales pour contester le pouvoir centralisé mis en place par la monarchie française d’occupation (1806-1815) et maintenu par Ferdinand IV de Bourbon après 1815. À partir de cinq observatoires régionaux (la capitale, les deux Principats Citérieur et Ultérieur et les provinces calabraises de Cosenza et de Reggio), choisis pour leur représentativité au regard des structures politiques du royaume, cette thèse veut mettre en évidence les structures et les rythmes de la politisation libérale sur le temps long de la période pré-unitaire, par-delà les seules révolutions de 1820-1821 et de 1848 plus particulièrement étudiées par l’historiographie. À travers un parcours chronologique, on interrogera l’articulation du courant libéral napolitain avec le « libéralisme » qui se structure au même moment dans l’espace plus large des révolutions occidentales, la permanence du personnel politique, la tension entre espaces politiques locaux et nationaux et l’appropriation complexe de la construction nationale italienne, qui se précise au lendemain des révolutions de 1848
The thesis aims to study the mechanisms of liberal politicization in the continental part of the Kingdom of the Two Sicilies, from the collapsing of the Napoleonic Empire in 1815 to the acceleration of the Italian national construction in the middle 1850s. By crossing the administrative documentation, the liberals’ personal writings and their political productions, this political movement can be identificated with the patriotical opposition to the restored monarchy of the Bourbons. It constitutes a reticulated and disparate society of opponents, more anti-absolutist than ideologically liberal, who used to lean on local political practises to contest the centralized power instituted by the French occupation monarchy (1806-1815) and maintained by Ferdinand IV after 1815. On the basis of five regional observatories (the capital, the two Citerior and Ulterior Principates and the Calabrian provinces of Cosenza and Reggio), chosen for their representativity towards the political structures of the kingdom, the thesis wants to enlighten the structures and the rhythms of liberal politicization in the long period of the lungo Risorgimento, beyond the two revolutions of 1820-1821 and 1848 particularly studied by historiography. Through a chronological approach, we will question the links between the Neapolitan liberal movement with the European forms of « liberalism », the permanence of political actors, the tension between local and national political spaces and the difficult appropriation of the Italian national construction, which becomes more precise after the 1848 revolutions
La tesi mette al centro della sua riflessione i meccanismi della politicizzazione liberale nella parte continentale del Regno delle Due Sicilie, dalla caduta dell’Impero napoleonico nel 1815 al momento in cui si precisano le modalità di annessione del regno meridionale all’Italia in costruzione, a partire dal 1850. Il confronto tra la documentazione amministrativa, gli scritti personali dei liberali e le loro produzioni politiche permette di identificare questo movimento politico come l’opposizione patriottica alla monarchia restaurata dei Borboni. Esso si presenta inoltre come una società di oppositori, ramificata e diffusa su tutto il territorio del Regno, più di matrice anti-assolutista che ideologicamente liberale, che si è affidata alle pratiche politiche locali per contestare il potere centralizzato della monarchia francese durante il Decennio (1806-1815) e, dopo il 1815, di Ferdinando IV di Borbone al momento del suo ritorno sul trono di Napoli. Concentrandosi su cinque spazi geografici ben definiti (la capitale, i due Principati Citra e Ultra e le provincie calabrese di Cosenza e di Reggio), scelti per la loro rappresentatività rispetto alle strutture politiche del regno, la tesi di dottorato vuole studiare le strutture e i ritmi della politicizzazione liberale sul lungo periodo del Risorgimento preunitario, oltre alle rivoluzioni del 1820-1821 e del 1848, ampiamente analizzate dalla storiografia. Utilizzando un approccio cronologico, si propone infine una riflessione sul movimento liberale napoletano in comparazione al « liberalismo » risultato delle altre rivoluzioni occidentali, sulla permanenza del personale politico, sulla tensione tra gli spazi politici locali e nazionali e sulla difficile appropriazione della costruzione nazionale italiana che si definisce all’indomani del 1848.Parole chiave : politicizzazione ; rivoluzione
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Codolo, Sara. « Il potere e la cultura : dotti e politica culturale della Repubblica e del Regno d’Italia (1802 -1814) ». Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2011. http://hdl.handle.net/11384/86033.

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Donnini, Ermenegildo. « Immagini dalla Russia. Osservazioni di come l'elemento culturale influenza la ricezione delle notizie ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Résumé :
Istantanee dalla Russia. Questo è il titolo del mio elaborato. Un titolo piuttosto esplicativo di quello che il lettore troverà nel corso della lettura. Istantanee, perché questo lavoro non ha la presunzione di rappresentare e descrivere la civiltà, la cultura e l’attualità russa. Al contrario vuole proporre uno stimolo per approfondire tutto ciò. La Russia ha sempre rappresentato un paese lontano, sia dal punto di vista geografico, che storico e culturale. Un paese a cavallo fra l’Europa e l’Asia. Fra tentativi di “europeizzazione” e regimi dittatoriali molto duri. A guidare il lavoro svolte sono state le seguenti domande: di cosa si può parlare con una persona di origine russa? Quali possono essere gli argomenti spinosi da affrontare nel corso di una conversazione? Qual è la loro opinione a riguardo? Qual è invece la posizione dei paesi occidentali a riguardo? Come raffiguriamo la posizione della Russia? Ho cercato quindi di immaginare quali potessero essere i temi caldi e li ho identificati nei tre capitoli che formano questo elaborato: La figura di Putin analizzata tramite le sue parole, l'idea dell'omosessualità e infine della violenza domestica. Il passo successivo è stato cercare degli articoli che ne parlassero nei giornali russi ed infine metterli a confronto con articoli di altri paesi. Un viaggio, quindi, fatto non con il treno o con l’aereo, ma grazie ad articoli di giornale, partendo dal presupposto che i giornali siano l’espressione del pensiero comune di un popolo
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ORTECA, MARIA KATIA. « Capitale sociale e innovazione nelle imprese : analisi empirica con un confronto tra Italia e UK ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1081.

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Résumé :
Questo lavoro intende analizzare la correlazione tra innovazione delle imprese e capital sociale, misurato da indicatori classici (come la partecipazione politica e le attività nel tempo libero) e da indicatori maggiormente legati alla dimensione aziendale (come accordi e cooperazioni). L’analisi viene fatta sia per l’Italia che per il Regno Unito attraverso l’uso della Community Innovation Survey 4, la survey europea sull’innovazione e la R&S nelle imprese per i dati su innovazione e capital sociale aziendale. Inoltre vengono utilizzate l’Indagine Multiscopo 2000 per l’Italia e l’Indice di Deprivazione per l’Inghilterra come misure di capitale sociale classico. Infine viene proposta una comparazione dei risultati per i due paesi per l’analisi sul capitale sociale aziendale. Questa comparazione è riletta alla luce di più generali considerazioni sui due differenti sistemi produttivi ed economici.
This work would try to test the correlation between innovation in firms and social capital, measured by classic indicators (like political participation, leisure and activities) and more corporate indicators (like agreements and collaborations). The analysis is carried out for Italy and UK and we use the Community Innovation Survey 4, the European survey on innovation and R&D in the firms, for the data on innovation and corporate social capital. We use the Multipurpose Survey 2000 for Italy and the Index of Deprivation for England like measures of classic social capital. We further try a comparison of the results between the two countries for the analysis on corporate social capital. This comparison is finally referred to more general issues like the two different productive and economic systems.
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ORTECA, MARIA KATIA. « Capitale sociale e innovazione nelle imprese : analisi empirica con un confronto tra Italia e UK ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1081.

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Questo lavoro intende analizzare la correlazione tra innovazione delle imprese e capital sociale, misurato da indicatori classici (come la partecipazione politica e le attività nel tempo libero) e da indicatori maggiormente legati alla dimensione aziendale (come accordi e cooperazioni). L’analisi viene fatta sia per l’Italia che per il Regno Unito attraverso l’uso della Community Innovation Survey 4, la survey europea sull’innovazione e la R&S nelle imprese per i dati su innovazione e capital sociale aziendale. Inoltre vengono utilizzate l’Indagine Multiscopo 2000 per l’Italia e l’Indice di Deprivazione per l’Inghilterra come misure di capitale sociale classico. Infine viene proposta una comparazione dei risultati per i due paesi per l’analisi sul capitale sociale aziendale. Questa comparazione è riletta alla luce di più generali considerazioni sui due differenti sistemi produttivi ed economici.
This work would try to test the correlation between innovation in firms and social capital, measured by classic indicators (like political participation, leisure and activities) and more corporate indicators (like agreements and collaborations). The analysis is carried out for Italy and UK and we use the Community Innovation Survey 4, the European survey on innovation and R&D in the firms, for the data on innovation and corporate social capital. We use the Multipurpose Survey 2000 for Italy and the Index of Deprivation for England like measures of classic social capital. We further try a comparison of the results between the two countries for the analysis on corporate social capital. This comparison is finally referred to more general issues like the two different productive and economic systems.
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González, Reyes Carlos. « Entre Cataluña y Sicilia. Las cortes virreinales en el Mediterráneo en el tránsito de Felipe II a Felipe III ». Doctoral thesis, Universitat de Barcelona, 2017. http://hdl.handle.net/10803/666265.

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Résumé :
La ascensión al trono de Felipe III en 1598 implicó un importante cambio en las relaciones externas de la monarquía española. La voluntad del joven rey de detener cualquier confrontación abierta mediante la firma de una pax internacional muy deseada fue acompañada por la idea de proyectar una imagen más amable de la monarquía. Una nueva generación de virreyes y gobernadores llegaron a las principales ciudades europeas gobernadas por los españoles (Bruselas, Milán, Nápoles, Palermo) que más allá de las instrucciones específicas para ejercer su gobierno, actuaron como agentes culturales que fomentaron un poder fastuoso de la monarquía a la que representaban con diferentes acciones basadas en el uso de la imagen. Una de las figuras fundamentales en esta nueva línea de acción fue Don Bernardino de Cárdenas y Portugal, III duque de Maqueda, virrey de Cataluña (1592-1596)) y de Sicilia (1598-1601). Una de sus primeras decisiones al llegar a Palermo fue construir un impresionante cortile en el antiguo palacio real construido por los normandos en la Edad Media, abriendo algunas de sus partes al público de Palermo, y considerado como el símbolo de la nueva imagen del poder español en el isla. Poco después, siguiendo la tradición de sus predecesores en el cargo virreinal en Sicilia, promovió una renovación completa del tejido urbano de la ciudad, abriendo una arteria que cruzaba la ciudad de un extremo a otro y que todavía lleva su nombre hasta el día de hoy y la renovación de diferentes ejes viarios de la capital para hacerla más majestuosa. Todas estas medidas, continuadas por los sucesores de Maqueda, darían a la capital siciliana una forma renovada que cumpliría con las ideas de esa época. La importancia de estas medidas de fomento de la imagen pública con obras arquitectónicas, urbanas y fiestas colosales reside en el deseo de que Palermo sea un ejemplo claro de una ciudad adecuada para ser la sede del gobierno que cumpla con las reglas de una ciudad barroca, y en armonía con otras capitales de Europa en ese momento como Nápoles y Milán. El III duque de Maqueda, del mismo modo que otros virreyes de la Monarquía de esa época supo mantener un diálogo e influencia cultural en su gobierno junto a las acciones militares. Este hecho resulta de gran interés ya que fue un virrey que vivió a caballo entre dos monarcas con una proyección del poder internacional bastante diferente. Además, el duque era heredero de una tradición familiar, la vinculación de su Casa a los cargos de virreyes y gobernadores, tradición que él mismo ejemplificó y perpetuó en sus descendientes mostrando su capacidad de adaptación a los requerimientos de los Monarca a los que le tocó servir.
The accession to the throne of Philip III in 1598 involved a major shift in the conception of external relationships of the Spanish monarchy. The will of young Philip III to cease any open confrontations by signing a much desired international pax was accompanied by the idea of projecting a friendly image of the monarchy. A new generation of viceroys and governors was sent to the major European cities ruled by the Spanish (Brussels, Milan, Naples, Palermo) with specific instructions to win the recognition of the people in an action based on the use of the image. One of the fundamental figures in this new line of action was Don Bernardino de Cardenas and Portugal, third Duke of Maqueda, viceroy of Sicily (1598-1601). One of his first decisions upon arrival in Palermo was to construct an impressive cortile in the former royal palace built by the Normans in the Middle Ages, open to public of Palermo, and thought of as the symbol of the new image of Spanish power on the island. Shortly after, following the tradition of his predecessors in the task, he promoted a thorough renovation of the city’s urban fabric, opening an artery that crossed the city from one end to the other and which still bears his name to this day. All these measures, continued by Maqueda’s successors, would give to the Sicilian capital a renovated form that would comply with the ideas of that time. The importance of these measures lies within the wish for Palermo to be a clear example of a city adequate to be seat of government complying with the rules of a baroque city, and in harmony with other capitals of Europe at that time like Naples and Milan with which maintained a dialogue and cultural influence. Hence the case of Sicily should be paradigmatic for being a place where Philip II’s last viceroys undertook specific actions to reform the city, a project that precedes the idea of Philip III for a kinder projection of his monarchy and reaches its greatest significance in the mid-seventeenth century.
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Desideri, Gabriella. « La "politica dei trattati" del regno di Napoli con i paesi del Nord e il caso olandese (1739-1789) ». Thesis, Aix-Marseille, 2020. http://theses.univ-amu.fr.lama.univ-amu.fr/200324_DESIDERI_854cigntw560e688fgsho61dyaxib_TH.pdf.

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Résumé :
Cette thèse a deux buts principaux : 1) comprendre l’importance des conventions commerciales conclues par le Royaume de Naples, entre 1742 et 1753, avec la Suède (1742), le Danemark (1748) et la République des Provinces-Unies (1753) et, en particulier, de celle conclue avec la Hollande, dans le contexte de la « politica dei trattati » mise en œuvre par Charles de Bourbon dans la première moitié du siècle ; 2) montrer quel fut l’impact concret du traité hollandais sur les relations politiques et économiques entre le Royaume de Naples et les Provinces-Unies. Les négociations qui menèrent à la conclusion de ces accords sont analysées en tenant compte des principales orientations de politique intérieure de chaque État, ainsi que des dynamiques internationales, grâce aux outils théoriques offerts par la nouvelle histoire diplomatique. Grâce au croisement des sources diplomatiques et consulaires de l’Archivio di Stato di Napoli avec celles conservées au Riksarkivet (Stockholm), au Rigsarkivet (Copenhague) et au Nationaal Archief (La Haye), l’étude permet non seulement de reconstruire le parcours menant à la formation et à l’application du traité hollandais (en analysant la dimension quantitative des trafics hollandais dans le Royaume de Naples et les dynamiques quotidiennes des interactions commerciales entre les hollandais et les institutions napolitaines dans la deuxième partie du XVIIIe siècle), mais aussi d’identifier les points clés des relations politiques et économiques entre ces États et le Royaume de Naples, posant ainsi les fondements d’une connaissance plus approfondie des rapports internationaux entre le Mezzogiorno et l’Europe du Nord au XVIIIe siècle
This thesis has two purposes: 1) to highlight the importance of the trade agreements stipulated with Sweden (1742), with Denmark (1748) and with the Republic of United Provinces (1753) and, particularly, of the Dutch one, in the Neapolitan “politica dei trattati” 2) to show the impact of the Dutch treaty on political and economic relationships between Naples and United Provinces in XVIIIth century. I focus attention on the negotiations leading to the conclusion of these agreements, in view of the internal policy of each State as well as international dynamics. I develop this analysis through theoretical tools of New Diplomatic History. Comparing diplomatic and consular sources kept at the Archivio di Stato di Napoli and those found at the Riksarkivet (Stockholm), at the Rigsarkivet (Copenaghen), and at the Nationaal Archief (The Hague), the study traces the path from the creation to the application of the Dutch treaty (realizing a quantitative analysis of Dutch trades in Southern Italy and analyzing the commercial interactions between Dutch people and Neapolitan institutions in the second half of XVIIIth century). In this way, this analysis allows to identify the key points of political and economic relations between Sicilies and the Republic, improving the understanding of relations between Southern Italy and Northern Europe in XVIIIth century
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NOCETO, FILIPPO. « Impostazione della causa nell’esperienza codificatoria spagnola e italiana fra XIX e XX secolo – Premesse storico-ricostruttive ». Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2022. http://hdl.handle.net/11567/1082400.

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Résumé :
Abstract Il presente lavoro intende realizzare una ricostruzione critica dell’evoluzione storico-normativa concernente la disciplina dell’introduzione e trattazione della controversia negli ordinamenti italiano e spagnolo fra XIX e XX secolo. In questa prospettiva si dedica particolare attenzione alla genesi dei rispettivi modelli di codificazione ‘moderna’ e al successivo dibattito sulle riforme e tentativi di riforma precedenti l’emanazione dei codici attualmente in vigore. Il tutto nell’ottica di evidenziare significative affinità fra esperienze evolutive tradizionalmente considerate a sé stanti.
Abstract This work intends to provide a critical reconstruction of historical development concerning the legal framework of civil pre-trial procedure in Italian and Spanish legal systems between the 19th and 20th century. In this perspective special attention is focused on respective models of ‘modern’ codification as well as on subsequent reforms until the enactment of current civil procedure codes. All with a view to highlighting relevant similarities between historical evolutions traditionally considered in their own right.
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ALBORGHETTI, CLAUDIA. « VOCI E IMMAGINI DI GIANNI RODARI IN TRADUZIONE INGLESE ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10791.

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Résumé :
La ricerca studia le riscritture delle opere di Gianni Rodari (1920-1980) in traduzione inglese attraverso la mediazione degli editori, critici letterari ma soprattutto dei traduttori tra il 1960 e il 2011. Nell’ambito degli studi sul contesto di produzione delle opere tradotte (Bassnett & Lefevere, 1998; Chesterman et al., 2000), la prima parte della ricerca presenta le caratteristiche traduttive della letteratura per l’infanzia attraverso un’analisi retrospettiva (Toury, 2012) utile a contestualizzare le opere di Rodari in inglese per il pubblico Anglo-Americano. La seconda parte illustra la mediazione linguistica dei traduttori in quattro di queste opere in inglese a partire dagli S-Universals (Chesterman, 2004). L’analisi delle traduzioni di Patrick Creagh (1965, 1971), Jack Zipes e Antony Shugaar (2008, 2011 rispettivamente), condotta attraverso le nove categorie traduttive proposte da J. L. Malone nel 1988, ha mostrato diversi gradi di addomesticamento ed estraniamento traduttivo (Venuti, 1995) a seconda dell’età del pubblico ricevente. Specificamente, le traduzioni addomesticanti si sono rivelate creative al punto da avvicinarsi all’intento narrativo di Rodari nei testi originali. La traduzione estraniante di Shugaar del 2011 ha mantenuto i riferimenti alla cultura italiana del testo rodariano, mostrando un cambiamento di pubblico ricevente dal testo fonte (pubblico giovane) al testo di arrivo (adulti).
The research investigates the extent to which Gianni Rodari’s (1920-1980) works changed in their English translations through the mediating presence of publishers, reviewers, and especially translators between the 1960s and 2011. With reference to the cultural context of production of translated works (Bassnett & Lefevere, 1998; Chesterman et al., 2000), translational patterns of children’s literature were firstly studied from a retrospective point of view (Toury, 2012) to contextualise Rodari’s books in English in the UK and the US. Secondly, the intervention of translators in four of these books was analysed within the mediation framework provided by S-Universals in translation (Chesterman, 2004). The discrete analysis of the translations by Patrick Creagh (1965, 1971), Jack Zipes and Antony Shugaar (2008, 2011 respectively), based on the nine translational trajections identified by J. L. Malone (1988), showed that the translators adopted different foreignising and domesticating strategies (Venuti, 1995) according to the intended public. More specifically, domesticating strategies presented a high degree of creativity in line with Rodari’s original narrative purpose, whereas Shugaar’s foreignising translation (2011) retained references to the Italian culture as in Rodari’s source text, marking a shift of audience from children to adults, from the Italian to the English target text.
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ALBORGHETTI, CLAUDIA. « VOCI E IMMAGINI DI GIANNI RODARI IN TRADUZIONE INGLESE ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10791.

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Résumé :
La ricerca studia le riscritture delle opere di Gianni Rodari (1920-1980) in traduzione inglese attraverso la mediazione degli editori, critici letterari ma soprattutto dei traduttori tra il 1960 e il 2011. Nell’ambito degli studi sul contesto di produzione delle opere tradotte (Bassnett & Lefevere, 1998; Chesterman et al., 2000), la prima parte della ricerca presenta le caratteristiche traduttive della letteratura per l’infanzia attraverso un’analisi retrospettiva (Toury, 2012) utile a contestualizzare le opere di Rodari in inglese per il pubblico Anglo-Americano. La seconda parte illustra la mediazione linguistica dei traduttori in quattro di queste opere in inglese a partire dagli S-Universals (Chesterman, 2004). L’analisi delle traduzioni di Patrick Creagh (1965, 1971), Jack Zipes e Antony Shugaar (2008, 2011 rispettivamente), condotta attraverso le nove categorie traduttive proposte da J. L. Malone nel 1988, ha mostrato diversi gradi di addomesticamento ed estraniamento traduttivo (Venuti, 1995) a seconda dell’età del pubblico ricevente. Specificamente, le traduzioni addomesticanti si sono rivelate creative al punto da avvicinarsi all’intento narrativo di Rodari nei testi originali. La traduzione estraniante di Shugaar del 2011 ha mantenuto i riferimenti alla cultura italiana del testo rodariano, mostrando un cambiamento di pubblico ricevente dal testo fonte (pubblico giovane) al testo di arrivo (adulti).
The research investigates the extent to which Gianni Rodari’s (1920-1980) works changed in their English translations through the mediating presence of publishers, reviewers, and especially translators between the 1960s and 2011. With reference to the cultural context of production of translated works (Bassnett & Lefevere, 1998; Chesterman et al., 2000), translational patterns of children’s literature were firstly studied from a retrospective point of view (Toury, 2012) to contextualise Rodari’s books in English in the UK and the US. Secondly, the intervention of translators in four of these books was analysed within the mediation framework provided by S-Universals in translation (Chesterman, 2004). The discrete analysis of the translations by Patrick Creagh (1965, 1971), Jack Zipes and Antony Shugaar (2008, 2011 respectively), based on the nine translational trajections identified by J. L. Malone (1988), showed that the translators adopted different foreignising and domesticating strategies (Venuti, 1995) according to the intended public. More specifically, domesticating strategies presented a high degree of creativity in line with Rodari’s original narrative purpose, whereas Shugaar’s foreignising translation (2011) retained references to the Italian culture as in Rodari’s source text, marking a shift of audience from children to adults, from the Italian to the English target text.
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Maret, Auderic. « Marseille et sa classe dirigeante à la Renaissance (env. 1460 - env. 1560). D'une principauté méditerranéenne au royaume de France ». Thesis, Paris, EHESS, 2017. http://www.theses.fr/2017EHES0029.

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Résumé :
Jusqu’en 1481, Marseille fait partie d’un Etat indépendant, le comté de Provence et en est la plus grande ville sans en être toutefois la capitale. Or, en 1481, le dernier comte de Provence meurt sans héritier et il lègue l’ensemble de ses territoires au roi de France, Louis XI. Cependant, en Provence, les structures et pratiques politiques sont différentes du royaume de France, et Marseille appartient à un espace politico-culturel méditerranéen où la vie politique des villes est marquée par le modèle de la commune, également présent en Italie du nord et du centre. L’objectif de cette thèse est d’observer le passage d’un espace politico-culturel marqué par l’héritage des comtes de Provence et des cadres politiques de la commune à un espace politico-culturel dominé par le roi de France, où la relation entre le souverain et les villes s’inscrit dans le cadre de la « bonne ville ». Pour mener à bien ce travail, nous avons choisi de nous intéresser au conseil de ville, qui est la pièce maîtresse du pouvoir municipal, et à ses membres, afin d’observer les mutations introduites par ce transfert de souveraineté. Nous avons décidé de voir ces mutations en ce qui concerne la culture et l’identité du groupe dirigeant de la ville afin de s'inscrire dans une histoire culturelle du pouvoir municipal. Toute ville peut se définir comme un système politique où différents pouvoirs coexistent et se réajustent en permanence les uns par rapport aux autres au gré des événements et des changements qui peuvent surgir. La première partie examine les réajustements aux XIVe et XVe siècles à Marseille, qui permettent au pouvoir municipal de devenir dominant à Marseille face aux autres pouvoirs sous le règne de René Ier d’Anjou (1434-1480). La deuxième partie étudie les hommes à le tête du conseil de ville, les fondements de leur pouvoir et leurs modifications autour du rattachement de 1481. Enfin, la dernière partie examine les changements de culture et d’identité du groupe introduits par le transfert de souveraineté et les nouvelles ambitions en Méditerranée du groupe dirigeant, qui jettent les bases d’une véritable thalassocratie qui s’épanouira au XVIIe siècle
Until 1481, Marseilles is a part of an independant state, the county of Provence and it’s the biggest city, even if it’s not the capital. But, in 1481, the last count of Provence died without a son and he gives in his testament all his goods and territories to the king of France Louis XI. After that, Marseilles, like the rest of the former county is integrated in the French royal domain. But, in Provence the cultural and political structures and practices are different from the kingdom of France, and Marseilles belongs to a politico-cultural space where the political life is influenced by the model of “commune”, we can also see in the north of Italy. My aim in this thesis is to study the mobility between a politico-cultural space influences by the counts of Provence and the political structures and culture of the “commune” to a politico-cultural space dominated by the king of France thanks to a structure called “bonne ville”. I decided to study the council of the city which is the main structure of the municipal power and the leaders who are in this council in order to see the modifications after 1481 about the culture and the identity of this ruling class. I propose with this thesis an essay of cultural history of the municipal power. Each city is a political system, where different powers coexist. Those powers move and fix themselves towards the other ones. In the 1st part, I study how the municipal power becomes the most important one in Marseilles during the reign of René the 1st of Anjou. Then, in the second part, I study the leaders of the council, the foundations of their power and the modifications after 1481. Finally, in the 3rd part, I study the new ambitions of the leaders of Marseilles which lead in the 17th century to build a real thalassocracy in the Mediterranean world
Fino al 1481, Marsiglia è la città più grande della contea di Provenza, uno stato indipendente, pur senza esserne la capitale. In quell’anno, l'ultimo conte di Provenza muore senza eredi e dona la sua contea al re di Francia, Luigi XI. Le strutture e le pratiche politiche della Provenza sono però molto diverse rispetto a quelle del regno di Francia: Marsiglia fa parte di uno spazio politico-culturale del Mediterraneo, dove la vita politica urbana è segnata da un modello comunale del tutto simile a quello che si riscontra nelle città dell'Italia centro-settentrionale. L’obiettivo di questa tesi è di studiare il passaggio di questo spazio politico-culturale, segnato dall’eredità angioina e da un governo di tipo comunale, a quello dominato dal re di Francia, nel quale la relazione tra il sovrano e le città è costruita attorno al modello della "bonne ville". Per studiare questo tema, si è scelto di concentrarsi sul consiglio della città di Marsiglia, l'istituzione simbolo del potere municipale, e sugli uomini che lo componevano, al fine di apprezzare le mutazioni dovute al cambiamento di sovranità avvenute al suo interno. L’intento è di analizzare i cambiamenti legati alla cultura e all’identità della classe dirigente, nell’ottica di una storia culturale del potere municipale. Tutte le città possono definirsi come un sistema politico all’interno del quale si trovano a coesistere diversi poteri, che si relazionano fra loro in base agli avvenimenti e ai cambiamenti interni ed esterni alla città stessa. La prima parte della tesi si concentra sul processo mediante il quale il potere municipale ha preso il sopravvento a Marsiglia sotto il regno di Renato I (1434-1480). Nella seconda, invece, si analizzano gli uomini che formano il consiglio della città, l’origine del loro potere e le mutazioni che avvengono dopo il 1481. Infine, l’ultima parte ha per oggetto le trasformazioni nell’identità e nella cultura del gruppo dirigente cittadino in seguito al cambiamento di sovranità, evento che getterà le basi della talassocrazia marsigliese del XVII secolo
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ABBIATI, MICHELE. « L'ESERCITO ITALIANO E LA CONQUISTA DELLA CATALOGNA (1808-1811).UNO STUDIO DI MILITARY EFFECTIVENESS NELL'EUROPA NAPOLEONICA ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2017. http://hdl.handle.net/2434/491761.

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L’esercito italiano e la conquista della Catalogna (1808-1811) Uno studio di Military Effectiveness nell’Europa napoleonica Settori scientifico-disciplinari SPS/03 – M-STO/02 La ricerca ha lo scopo di ricostruire e valutare l’effettività militare dell’esercito italiano al servizio di Napoleone I. In primo luogo attraverso un’analisi statistica e strategica della costruzione, e del successivo impiego, dell’istituzione militare del Regno d’Italia durante gli anni della sua esistenza (1805-14); successivamente, è stato scelto un caso di studi particolarmente significativo, come la campagna di Catalogna (1808-11, nel contesto della guerra di Indipendenza spagnola), per poter valutare il contributo operazionale e tattico dei corpi inviati dal governo di Milano e la loro integrazione con l’apparato militare complessivo del Primo Impero. La tesi ha voluto rispondere alla mancanza di studi sul comportamento in guerra dell’esercito italiano e, allo stesso tempo, introdurre nella storiografia militare italiana la metodologia di studi, d’origine anglosassone e ormai di tradizione trentennale, di Military Effectiveness. La ricerca si è primariamente basata, oltre che sulla copiosa memorialistica a stampa italiana e francese, sulla documentazione d’archivio della Secrétairerie d’état impériale (Archives Nationales di Pierrefitte-sur-Seine, Parigi), del Ministère de la Guerre francese (Service historique de la Défence, di Vincennes, Parigi) e del Ministero della Guerra del Regno d’Italia (Archivio di Stato di Milano). Dal punto di vista dei risultati è stato possibile verificare come l’esercito italiano abbia rappresentato, per Bonaparte, uno strumento duttile e di facile impiego, pur in un contesto di sostanziale marginalità numerica complessiva di fronte alle altre (e cospicue) forze messe in campo da parte dell’Impero e dei suoi altri Stati satellite e alleati. Per quanto riguarda la campagna di conquista della Catalogna è stato invece possibile appurare il fondamentale contributo dato dal contingente italiano, sotto i punti di vista operazionale e tattico, per la buona riuscita dell’invasione; questo primariamente grazie alle elevate caratteristiche generali mostrate dallo stesso, ma anche per peculiarità disciplinari e organizzative che resero i corpi italiani adatti a operazioni particolarmente aggressive.
The Italian Army and the Conquest of Catalonia (1808-1811) A Study of Military Effectiveness in Napoleonic Europe Academic Fields and Disciplines SPS/03 – M-STO/02 The research has the purpose of reconstruct and evaluate the military effectiveness of the Italian Army existed under the reign of Napoleon I. Firstly through a statistic and strategic analysis of the development, and the following deployment, of the military institution of the Kingdom of Italy in the years of its existence (1805-14). Afterwards, a particularly significant case study was chosen, as the campaign of Catalonia (1808-11, in the context of the Peninsular War), in order to assess the operational and tactical contribution of the regiments sent by the Government of Milan and their integration in the overall military apparatus of the First Empire. The thesis wanted to respond to the lack of studies on the Italian army’s behavior in war and, at the same time, to introduce the methodology of the Military Effectiveness Studies (of British and American origin and, by now, enriched by a thirty-year old tradition) in the Italian historiography. The research is primarily based, besides the numerous memoirs of the Italian and French veterans, on the archive documentation of the Secrétairerie d’état impériale (Archives Nationales of Pierrefitte-sur-Seine, Paris), of the French Ministère de la Guerre (Service historique de la Défence, of Vincennes, Paris) and of the Italian Ministero della Guerra (Archivio di Stato di Milano). About the results, it has been verified how the Italian army has become a flexible and suitable instrument for Bonaparte, albeit in a context of substantial overall numerical marginality in comparison to the heterogeneous forces available to the Empire and its others satellites and allied states. Regarding the campaign of Catalonia, instead, it was possible to ascertain the fundamental contribution of the Italian regiments, in an operational and tactical perspective, for the success of the invasion. This was primarily due to the excellent general characteristics shown by the expeditionary force, but also to disciplinary and organizational peculiarities that have made the Italian corps suitable for particularly aggressive operations.
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DI, FELICE LORENA. « Qualità della sicurezza in Europa : la formazione dell'operatore di Polizia come leva stategica per l'integrazione : studio di caso in quattro paesi UE e indicazioni metodologiche per una sperimentazione internazionale ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1028.

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Résumé :
La ricerca approfondisce il rapporto tra qualità della sicurezza e qualità della formazione ai fini di realizzare uno spazio di sicurezza libertà e giustizia in Europa. Lo studio rivolge particolare attenzione alla formazione di polizia erogata in Europa dai differenti sistemi organizzativi che determinano l’accesso alla professione sviluppando un’analisi trasversale dei diversi Paesi da cui trarre gli elementi comuni attinenti al profilo di poliziotto. L’organizzazione delle forze di polizia negli Stati dell’Unione è risultata complessa e diversificata si è quindi impostato lo sviluppo della ricerca secondo la metodologia dello studio di caso, riferendosi a Italia Francia, Regno Unito, Polonia, Quattro Paesi significativi e rappresentativi . Obiettivo specifico dell’ analisi è pervenire a un profilo professionale formativo comune che permetta l’elaborazione di un’azione finalizzata alla definizione e alla successiva sperimentazione di un sistema di monitoraggio della qualità della formazione erogata nelle Scuole di polizia europee.
This Research investigates the relationship between security and education to realize an Area of security, freedom and justice in Europe. The focus is on Constable Courses of Police Training Schools within The European Union to find out a competency framework for cope. The Study is fully aware of the fact that different Police Training Systems are used within the Member States. Regarding this aspect the Research proposes study cases about Italy, France, United Kingdom and Poland. Its purpose is to have a vision on the core tasks of police and then to propose quality control standards to be implemented in National Police Courses.
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DI, FELICE LORENA. « Qualità della sicurezza in Europa : la formazione dell'operatore di Polizia come leva stategica per l'integrazione : studio di caso in quattro paesi UE e indicazioni metodologiche per una sperimentazione internazionale ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1028.

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La ricerca approfondisce il rapporto tra qualità della sicurezza e qualità della formazione ai fini di realizzare uno spazio di sicurezza libertà e giustizia in Europa. Lo studio rivolge particolare attenzione alla formazione di polizia erogata in Europa dai differenti sistemi organizzativi che determinano l’accesso alla professione sviluppando un’analisi trasversale dei diversi Paesi da cui trarre gli elementi comuni attinenti al profilo di poliziotto. L’organizzazione delle forze di polizia negli Stati dell’Unione è risultata complessa e diversificata si è quindi impostato lo sviluppo della ricerca secondo la metodologia dello studio di caso, riferendosi a Italia Francia, Regno Unito, Polonia, Quattro Paesi significativi e rappresentativi . Obiettivo specifico dell’ analisi è pervenire a un profilo professionale formativo comune che permetta l’elaborazione di un’azione finalizzata alla definizione e alla successiva sperimentazione di un sistema di monitoraggio della qualità della formazione erogata nelle Scuole di polizia europee.
This Research investigates the relationship between security and education to realize an Area of security, freedom and justice in Europe. The focus is on Constable Courses of Police Training Schools within The European Union to find out a competency framework for cope. The Study is fully aware of the fact that different Police Training Systems are used within the Member States. Regarding this aspect the Research proposes study cases about Italy, France, United Kingdom and Poland. Its purpose is to have a vision on the core tasks of police and then to propose quality control standards to be implemented in National Police Courses.
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RUDI, FABRIZIO. « Le relazioni diplomatiche fra il Regno d'Italia e il Regno di Serbia all'inizio del XX secolo (1903-1912) ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1106903.

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Résumé :
La tesi cerca di trattare, con la massima precisione e dovizia di particolare possibile, il problema delle relazioni diplomatiche fra l'Italia e un Regno balcanico di immensa importanza strategica per gli equilibri europei dell'inizio del XX secolo quale è la Serbia sotto tre aspetti: le pure e semplici bilaterali, la questione macedone, la questione adriatica, la questione d'Oriente, oltre che quello della penetrazione militare e economico-finanziaria italiana nei Balcani e nell'Impero ottomano. Con essa si è tentato di dimostrare un fatto ben preciso: l'Italia era tutt'altro che una "quantité négligeable" nell'agone delle relazioni internazionali nell'epoca predetta, e la sua capacità di incidere nel corso delle stesse aveva un peso tutt'altro che trascurabile e trascurato. Ma in essa si è anche cercato di indagare se e in quale misura l'Italia sia stata favorevole a concedere alla Serbia uno sbocco sul mare - territoriale o commerciale - e sino a che punto l'Italia sia stata vincolata dall'esecuzione dell'articolo VII del Trattato della Triplice Alleanza in questo senso
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