Thèses sur le sujet « Recupero funzionale »

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Guerrini, Arianna. « Recupero prestazionale e funzionale dell'edificio ex INAM di Rimini (1960 - 1963) ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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Résumé :
La tesi ha come obiettivo l’analisi della vulnerabilità sismica dell’edificio “Ex INAM” sito a Rimini e la redazione di un progetto di rifunzionalizzazione e miglioramento sismico dello stesso. I disegni del progetto di massima dell’edificio sono del 1960 ad opera dell’architetto Francesco Santini. La costruzione ha luogo in una porzione di terreno facente parte delle allora mura storiche delle città dove si trovava l’antico Gioco del Pallone. L’ossatura portante è in calcestruzzo armato a formare una “L” nel cui snodo sono presenti i collegamenti verticali a servizio dei quattro piani fuori terra e dell’interrato. Poiché l’analisi storico-critica nei vari archivi ha portato a un livello di conoscenza LC1, si è svolto un progetto per la definizione della campagna di indagini e prove da effettuare per raggiungere un livello di conoscenza. Si è quindi eseguita una valutazione della vulnerabilità sismica grazie al programma CDSWin che ha evidenziato come l’edificio non soddisfa i criteri di resistenza imposti dalle attuali normative. Parallelamente si è redatto il progetto architettonico, corredato dal progetto di prevenzione incendi, per la nuova destinazione d’uso dell’immobile: dovrà ospitare aule, laboratori, studi docenti e uffici tecnici-amministrativi a servizio del Dipartimento di Scienze della Qualità della Vita dell’Università di Bologna. Si è poi passati alla fase di progettazione degli interventi di miglioramento sismico al fine di ridurre e, ove possibile, eliminare le vulnerabilità riscontrate in fase di analisi: si sono inseriti due elementi resistenti in c.a. al piano interrato in corrispondenza del vano scala: la risposta globale dell’edificio è notevolmente migliorata, arrivando a presentare solo altre due criticità: la resistenza al taglio non viene verificata per la trave-cordolo di uno dei due setto e per il pilastro del vano scale al piano terra. Per entrambi gli elementi si è pensato ad un intervento con materiali fibrorinforzati
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2

Rossi, Fabio. « Rocca delle Caminate a Meldola (FC) : dal restauro al recupero funzionale ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/2117/.

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Résumé :
La Rocca delle Caminate nella coscienza e nell’immaginario Ben volentieri mi sono occupato dell’ambizioso progetto di restauro e recupero funzionale della Rocca delle Caminate, perché se è vero che il complesso ha rivestito un’importanza rilevante sotto il profilo storico e politico di questa parte di Romagna, è pur vero che vive nei miei ricordi fin dall’epoca dell’infanzia, ed è venuto acquistando nel tempo un preciso valore nella mia coscienza e nel mio immaginario. Questa rocca, questa fortificazione, questa torre che si staglia all’orizzonte dominando con austerità le amene vallate, l’ho sempre veduta e ha sempre sollevato in me suggestioni e interrogativi che però non mi ero mai preoccupato di chiarire: ero, per così dire, rimasto fedele alla mia emotività e mi erano bastati i racconti di nonna che andava spesso rammentando di quando, durante il ventennio fascista, insieme alle sorelle percorreva a piedi i sentieri che dalla vicina Dogheria conducevano alle Caminate, in occasione di una tal festa o di una tal funzione religiosa. Le sue parole e i suoi racconti continuano a donarmi un po’ del profumo dell’epoca, e fa specie notare come ancora oggi – in un tempo che fa dello sfavillio delle luci sfoggio di opulenza e miraggio di benessere – vengano puntualmente traditi dall’ammirazione per un faro che all’epoca ruotava emanando luce verde, bianca e rossa: quella del tricolore italiano. La Rocca delle Caminate – dicevo – è sempre stata una veduta familiare e fin troppo consuetudinaria, nei cui riguardi ero quasi giunto a una sorta d’indolenza intellettuale. Eppure, alla vigilia di decidere l’oggetto di questa tesi, ho volto lo sguardo ancora verso la “torre che domina a meraviglia il circostante paese”, ma in questa circostanza trovandomi cambiato: non più solo emozionato dal racconto nella memoria degli anziani, bensì spinto a una sfida anche per onorare il loro attaccamento verso questa fortificazione. È un popolo, quello che ho trovato, che mi ha stupito alquanto per la capacità di ricordare. Voglio dire ricordo, non trasognata visione; sottolineo fulgida testimonianza, non di rado animata dalla fierezza di chi sente fortemente il radicamento a una terra e rivendica il diritto di poter un giorno rivedere la ‘propria’ Rocca come l’ha veduta un tempo, poterla finalmente visitare e toccare, al di là di ogni colore politico, al di là di ogni vicenda passata, bella o brutta che sia. Poterla, in concreto, vivere. Così, un giorno ho varcato il limite dell’ingresso della Rocca e ho iniziato a camminare lungo il viale che conduce al castello; mi sono immerso nel parco e ho goduto della frescura dei pini, dei frassini e dei cipressi che fanno da contorno alla fortificazione. Certamente, ho avvertito un po’ di soggezione giunto ai piedi dell’arce, e mi è sorto spontaneo pormi alcune domande: quanti fanti e cavalieri saranno giunti a questa sommità in armi? Quanti ne saranno morti travolti nella furia della battaglia? Quanti uomini avranno provveduto alla sicurezza di questi bastioni oggi privati per sempre delle originarie mura difensive? Quanti castellani avranno presieduto alla difesa del castro? Ma più che a ogni altra cosa, il mio pensiero è andato a un protagonista della storia recente, a Benito Mussolini, che fra la fine degli anni venti e l’inizio degli anni trenta aveva eletto questo luogo a dimora estiva. Camminando lungo i corridoi della residenza e visitando le ampie stanze, nel rimbombo dei miei passi è stato pressoché impossibile non pensare a quest’uomo che si riconosceva in un duce e che qui ha passato le sue giornate, qui ha indetto feste, qui ha tenuto incontri politici e ha preso importanti decisioni. Come dimenticare quel mezzobusto, quella testa, quella postura impettita? Come dimenticare quello sguardo sempre un po’ accigliato e quei proclami che coglievano il plauso delle masse prima ancora di essere compiutamente formulati? In questo clima, fra castellani, capitani, cavalieri e duces di ogni epoca, sono entrato in punta di piedi, procedendo ai rilevamenti e ai calcoli per la realizzazione di questo progetto. È vero, non è stato facile muoversi nel silenzio che avvolge questo posto magico senza romperne l’incanto, e se a volte, maldestramente, ho fatto più rumore del solito, me ne rammarico. Sono sicuro che questi illustri signori sapranno scusarmene.
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CATANI, SHEILA. « La risonanza magnetica funzionale nello studio della connettività cerebrale funzionale nel movimento passivo. Potenziali applicazioni nella valutazione del recupero motorio dopo stroke ». Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2008. http://hdl.handle.net/11566/242428.

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Torino, Giacomo. « Il Palazzo del Merenda. Progetto di recupero funzionale e miglioramento sismico dell’Ospedale Casa di Dio per gli Infermi a Forlì ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022.

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Résumé :
L’edificio oggetto del presente lavoro di tesi venne progettato nel 1722 da Giuseppe Merenda al fine di riorganizzare in un’unica sede le funzioni di assistenza ai malati e agli infermi ed è uno degli edifici più rappresentativi della città di Forlì. Il Palazzo è organizzato attorno a tre cortili interni porticati e tre grandi corsie per i degenti. Nei primi decenni del XIX secolo l’edificio ha subito importante modifiche e ampliamenti. Negli anni ’20 del XX secolo venne adibito a biblioteca (funzione che svolge tutt’ora), Pinacoteca e Musei civici. Nonostante la sua valenza testimoniale e storico-artistica e la sua posizione di crocevia tra il Campus Universitario e l’asse urbano principale del centro storico forlivese (Via Emilia), oggi il Palazzo versa in condizioni di degrado ed è in gran parte inagibile per via di alcuni dissesti statici e dell’insufficiente resistenza di alcuni solai. Al fine di individuare gli interventi progettuali più appropriati, il presente progetto prende le mosse alla ricerca storica, dall’analisi delle tecnologie costruttive del periodo di edificazione e delle trasformazioni subite. In tale modo si è studiato l’edificio per individuarne le vulnerabilità, che sono state modellate numericamente per macroelementi, secondo l’approccio consigliato dalle Linee Guida ministeriali. Le scelte progettuali sono guidate dai criteri di reversibilità, compatibilità e minimo intervento e mirano a sanare le criticità individuate, al fine di restituire l’edificio alla città affinchè possa essere un punto di incontro tra parti della città e della popolazione che non sono ancora in comunicazione tra loro.
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Vandi, Federico. « Utilizzo dell’idrokinesiterapia nel recupero dell’equilibrio posturale in pazienti colpiti da ictus cerebrale ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/20740/.

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Résumé :
OBIETTIVO: Questa revisione della letteratura ha lo scopo di trovare prove di efficacia della fisioterapia in acqua sul miglioramento dell’equilibrio posturale in soggetti colpiti da ictus cerebrale. BACKGROUND: L’ictus cerebrale rappresenta uno dei più comuni eventi patologici dell’età adulta e senile, di fatto occupa nel mondo occidentale il terzo posto per mortalità ed il primo posto come causa di invalidità permanente. Data la complessità di questa patologia, l’idrokinesiterapia si prospetta di essere un valido metodo per ridurre e prevenire l’insorgenza di gravi disabilità conseguenti al evento patologico. Si ritiene che le proprietà intrinseche dell’ambiente acquatico, come la spinta di galleggiamento e l’abbondanza di stimolazioni esterocettive, possano favorire i processi regolatori della motricità e portare a cambiamenti a carico di tutti i sistemi omeostatici del corpo. METODI: Sono state consultate le banche dati biomediche: PubMed e PEDro. Per essere inclusi nella ricerca gli studi dovevano essere degli RCT che trattassero soggetti umani maturi colpiti da ictus cerebrale per la prima volta e con tempo intercorso dal evento di almeno 6 mesi. Gli studi dovevano essere stati pubblicati dal 2005 ad oggi. I metodi di trattamento studiati dovevano essere di pertinenza dell’idrokinesiterapia. RISULTATI: Vennero inclusi inizialmente 3 RCT. Successivamente, alla modifica dei criteri di inclusione, fu inserito un quarto RCT che come campione trattava soggetti maturi in fase sub-acuta. Pertanto vennero analizzati un totale di 4 RCT. CONCLUSIONI: I risultati suggeriscono che sono presenti effetti positivi apportati dai programmi di idrokinesiterapia nel recupero dell’equilibrio posturale in soggetti colpiti da ictus cerebrale. Tuttavia i risultati ottenuti sono di difficile interpretazione e generalizzazione su tutta la popolazione studiata. Pertanto è chiara la necessità di ulteriori studi ad alta qualità nell’ambito dell’idrokinesiterapia.
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Girasoli, Maria Teresa. « METODOLOGIA PER IL RECUPERO ENERGETICO E FUNZIONALE DELL'EDILIZIA RURALE. Definizione di linee guida per la riqualificazione di edifici rurali in Piemonte ». Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2014. http://hdl.handle.net/11392/2388966.

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Résumé :
Retrofitting interventions on existing rural buildings are frequently associated with new functional requirements consequently causing changes in intended use. Rural architecture is intrinsic to human needs and environmental specifics and it is characterized by long periods of product testing and modifications to reach the optimal among building techniques, materials and environment. The process of upgrading and enhancing the traditional rural landscape should be oriented towards environmental sustainability; it should recognize the typical characteristics of the natural environment and built up surroundings. For this reason, the energy redevelopment project of existing rural buildings should take into consideration the purpose for which the technological solution was envisioned. Adapting the building techniques to the new constructional needs and the new redistribution of space is essential. The proposed intervention methodology is driven by the desire to acquire a broader approach in respect to the one tied to the mere renovation of a country house. The aim is to employ a modern interpretation of using space, once dedicated to common activities, and now the subject of renewed interest. Research is therefore aimed at providing the tools you need to fully characterize both the refurbishing of rural buildings and any possible activities that can be done, highlighting the potentialities of the territory on which these buildings lie. Measures not separating the building from its territorial context are taken, while maintaining the close relationship that binds the architectural form to its use. A careful conversion is pursued, allowing the subject of intervention to remain a vital resource for the community. Creating a full scale investigation of these rural buildings in our national territory is not easily achievable. Therefore the study is limited to rural housing in Piemonte: the hilly and mountainous area are taken into account to assess the performance characteristics for different weather conditions. The proposed methodology, in addition to identifying the steps required to correctly accomplish the energy redevelopment building interventions, provides guidelines able to support professionals and technicians complying with the indications provided by the local authorities. An in-depth and complete documentation of each step incorporating accurate input and output data will be provided throughout the working process. Guidelines for the energy recovery of rural buildings provide a practical professional resource in designing technological solutions, in order to improve the energy efficiency of rural architectural heritage. This is accomplished through the analysis of building components and the critical constructive joints.
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Galassi, Daniele, et Luca Ferrari. « Moduli sostenibili - retrofit energetico e funzionale di un complesso edilizio residenziale pubblico a bologna, quartiere bolognina ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/9983/.

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Résumé :
In uno scenario in cui il tema dell’emergenza abitativa recita un ruolo da protagonista nelle politiche europee per la casa, il recupero del patrimonio edilizio esistente si pone come una delle strategie più efficaci per rispondere alla problematica dell’abitare sociale. Nel contesto di grave crisi economica ed emergenza energetica che caratterizza la società contemporanea, il valore del retrorfit sta rapidamente trasformando l’approccio progettuale tradizionale, definendo un concetto basilare per la sostenibilità del domani: “fare meglio con meno”. L’oggetto di questa tesi è la riqualificazione energetica e funzionale di un edificio popolare situato a Bologna, nel quartiere Navile, zona Bolognina. Il fabbricato si innesta in un isolato a corte che contraddistingue questa zona, caratterizzato da una pianta ad “L” e da sistemi costruttivi tipici della ricostruzione del primo periodo del secondo dopoguerra. L’ipotesi presentata è il risultato dell’interazione di strategie progettuali mirate alla risoluzione delle problematiche di tipo funzionale ed energetico che affliggono il complesso. L’intervento è caratterizzato dall’ampio impiego di tecnologie leggere a “secco”, utilizzate sia per l’integrazione dell’edificio con aggiunte volumetriche, che per la realizzazioni di elementi progettuali ex-novo.
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Noè, Alessandro. « Efficacia del trattamento fisioterapico precoce sul recupero fisico e funzionale del paziente in terapia intensiva : una revisione sistematica di studi clinici controllati randomizzati ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/20739/.

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Résumé :
Background È ormai provato da numerosi studi che un trattamento incentrato sull’attività fisica su pazienti in condizioni critiche può portare a benefici sostanziali in termini di recupero e sopravvivenza1,2,3,4,5 e che sia una pratica sostenibile e sicura6. Nel corso degli ultimi anni molti studi sotto la denominazione di AVERT (A Very Early Rehabilitation Trial) stanno indagando l’efficacia di un trattamento fisioterapico estremamente anticipato sul paziente in terapia intensiva, solitamente entro le 24 ore dall’accettazione in reparto. Obiettivi Valutare l’efficacia del trattamento fisioterapico precoce, in termini di recupero fisico e funzionale, sul paziente con patologia che richieda una degenza in terapia intensiva, mettendolo a confronto con una terapia standard posticipata. Disegno di studio Revisione sistematica basata sulla checklist del PRISMA Statement8. Criteri di eleggibilità Studi controllati randomizzati che indaghino i cambiamenti dello stato fisico e funzionale di pazienti di età adulta allettati in terapia intensiva sottoposti ad un trattamento di mobilizzazione precoce. Fonti di informazione PubMed e CINAHL Complete (includendo il database EBSChost di SPORTDiscus). Risultati La ricerca e la seguente selezione ha portato all’inclusione di 4 studi10,11,12,13, tutti e quattro di elevata qualità metodologica (PEDro score>6). La sintesi dei risultati ha evidenziato, complessivamente, una non incisività del trattamento sperimentale su tutti gli outcome presi in considerazione, rispetto al trattamento standard. Conclusioni Allo stato attuale di ricerca scientifica non è consigliabile applicare alla pratica clinica questa tipologia di trattamento, considerando che un eventuale maggior dispendio economico per realizzarlo non sarebbe supportato da un apprezzabile miglioramento dei partecipanti.
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De, Nuzzo Matteo. « Riqualificazione architettonica e funzionale del patrimonio edilizio del secondo Novecento. L'edificio dell'ex Bodoniana di Bologna ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/20753/.

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Résumé :
Nel presente lavoro di tesi si è approfondito il tema del Recupero Edilizio prendendo in esame l’edificio dell’ex Bodoniana di Bologna. L’obiettivo che ha accompagnato l’intero percorso di progettazione riguarda il recupero dell’immobile dal punto di vista architettonico, funzionale, e una riorganizzazione degli ambienti interni al fine di insediare al proprio interno la nuova Sede della Scuola di Design. L’intervento è stato richiesto dall’Ateneo di Bologna per ospitare al proprio interno le aule didattiche e i laboratori necessari per i Corsi di Laurea di Design. Si è posta l’attenzione sulla riqualificazione delle facciate: l’introduzione del sistema di facciata ventilata permette di minimizzare l’impatto energetico e di riconferire un aspetto moderno ed identitario mediante un rivestimento a listelli lignei. La progettazione antincendio e l’analisi delle vie di esodo hanno permesso di riscontrare diverse criticità; si prospetta la necessità di realizzare una nuova scala di emergenza, la quale, posta sul fronte principale, assumerà in primis il ruolo d’ingresso principale. È stato compiuto, inoltre, un focus sull’impianto di climatizzazione; il progetto prevede una nuova rete aeraulica per il riscaldamento, il raffrescamento e la ventilazione degli ambienti interni. L’intero iter progettuale è stato accompagnato da una ricerca storico-archivistica ed uno studio di modelli e realizzazioni analoghi. La progettazione si è conclusa mediante la realizzazione di render illustrativi riguardanti gli ambienti interni, le aule didattiche e l’impatto della facciata principale. È stato redatto il computo metrico estimativo per il recupero del fabbricato esistente e per la realizzazione della nuova scala di emergenza. La progettazione architettonica, l’analisi impiantistica e le considerazioni energetiche hanno fatto emergere un quadro complessivo circa le criticità presenti. Proprio attraverso di esse è stato possibile adottare soluzioni tecniche coerenti e pertinenti.
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PERUZZI, MARIANGELA. « Terapia cellulare e ingegneria tissutale nelle patologie ischemiche del miocardio : creazione di un miocardio artificiale per la rigenerazione cardiaca ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/1000.

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Résumé :
La terapia rigenerativa cellulare ha attirato in questi ultimi anni un'attenzione sempre maggiore da parte dei ricercatori; numerosi studi, pre-clinici e clinici hanno messo in evidenza come questo tipo di approccio terapeutico abbia le potenzialità per far recuperare la funzionalità cardiaca compromessa. Tuttavia, i risultati dei primi trials clinici hanno dato sinora risultati controversi. E' stato dimostrato che le cellule staminali adulte, sia che esse originino dal tessuto muscolare che dal midollo osseo, non si differenziano in cardiomiociti in grado di migliorare la funzionalità cardiaca. Dati recenti suggeriscono l'esistenza di cellule staminali cardiache residenti nel cuore adulto, con potenzialità di differenziamento verso i vari tipi cellulari presenti nel cuore (cardiomiociti, cellule endoteliali, cellule muscolari lisce). Le cellule staminali cardiache rappresentano l'opzione più promettente per la terapia rigenerativa cardiaca: infatti, esse non comportano problematiche di tipo etico né tantomeno complicanze di natura immunologica come le cellule staminali embrionali. Recentemente un gruppo di ricercatori ha isolato con successo cellule staminali cardiache (CSCs) da frammenti bioptici endomiocardici umani, espandendole in vitro per diverse generazioni e conservandone le potenzialità differenziative in cardiomiociti, cellule endoteliali e cellule muscolari lisce.Purtoppo la terapia cellulare, in generale, soffre ancora di limitazioni correlate alla variabilità dell'engrafment cellulare e all'alta percentuale di morte per apoptosi che fa seguito al trapianto (circa 80%). Inoltre, questo tipo di approccio risulta inadeguato o quantomeno insufficiente in caso di lesioni infartuali di notevoli dimensioni. Parallelamente, la ricerca nel campo dell'ingegneria tissutale applicata alla patologia cardiaca ha compiuto notevoli progressi negli ultimi anni e numerosi studi in vivo e in vitro ne attestano le notevoli potenzialità terapeutiche. Sono state infatti recentemente sviluppate, tecniche di bio-ingegneria che prevedono l'incorporazione delle cellule staminali in matrici biodegradabili con formazione di biocomplessi, al fine di migliorare la sopravvivenza e la differenziazione delle cellule staminali stesse in vivo. Tali costrutti incorporano gli elementi cellulari in una struttura tridimensionale che può essere utilizzata per sostituire l'area di miocardio danneggiata in una maniera più fisiologica ed efficace: infatti, le matrici a base di collagene sono in grado di reintegrare la matrice extracellulare cardiaca danneggiata a seguito dell'insulto ischemico. Tuttavia non sono stati ancora identificati i biocomplessi matrice/cellula staminale più adeguati. La nostra ipotesi è che le cellule staminali cardiache autologhe possano rappresentare la scelta più efficace e realistica da utilizzare per la creazione di biocomplessi. La possibilità di mettere a confronto, l'attività biologica delle CSCs, con quella di altri tipi di cellule staminali adulte (sulle quali sono già stati condotti numerosi studi pre-clinici e clinici), dovrebbe definitivamente individuare e caratterizzare i vantaggi e gli svantaggi del migliore biocomplesso applicabile nella pratica clinica. La creazione di un modello sperimentale animale ottimale e la messa a punto di protocolli diagnostici per il monitoraggio in vivo del comportamento delle cellule staminali servirà come punto di partenza per la realizzazione di studi pre-clinici in animali di grande taglia e di studi clinici di fase I-II.
Cell therapy for regeneration, has received extensive attention and the accumulated evidence from both pre-clinical and clinical studies suggests that it has the potential to restore heart function. However, the results from first clinical trials are mixed, with benefits ranging from absent to transient and, at most, marginal. These studies indicate that adult stem cells, whether muscular or bone marrow-derived, fail to generate new cardiomyocytes, capable to improve cardiac function. Emerging evidence suggests that several subpopulations of resident cardiac stem cells (CSCs) have the ability to differentiate into cardiac myocytes, vascular smooth muscle and endothelial cells. CSCs represent a logical source to exploit in cardiac regeneration therapy bacause, unlike other adult stem cells, they are likely to be intrinsecally programmed to generate cardiac tissue in vitro and to increase cardiac tissue viability in vivo. In addition, autologous CSCs can be employed avoiding ethical and immunological problems associated with the use of embryonic stem cells. Recently, a group of our network has successfully isolated CPCs/CSCs from small biopsies of human myocardium and expanded them ex vivo trough several generations without loosing differentiation potential into cardiomyocytes and vascular cells, bringing autologous transplantation of cardiac stem cells closer to clinical translation. However cell therapy in general suffers limitatations related to variable cell retention, survival and significant cell death or apoptosis, early after implantation in the diseased myocardium. Furthermore, cell transplantation may not always be suitable for catastrophic events like large myocardial damage. For this reason, hybrid therapies that incorporate tissue engineering are being developed as potentially new therapeutic approaches for repair of myocardial tissue. Tissue engineering (TE) involves seeding a biodegradable scaffold with cells that grow into morphologically recognizable tissue both in vitro and in vivo. Recent advances in cell culture and TE have facilitated the development of suitable cell-engineered biodegradable grafts. The optimal biomaterials and cell types, however, have not been identified. Our hypothesis is that autologous cardiac stem cells could represent the most efficient and reliable cell type to be used for an hybrid therapy (tissue engineering/stem cells) to restore myocardial function in ischemic myocardial desease. TE joints the physical replacement of the diseased structure with new cardiac tissue built from a biodegradable scaffold, with the regenerating activity of the optimal cell types. A bioengineered tissue graft (biocomplex) would be the ideal treatment to repair cardiac ischemic diseases. The possibility to compare the biological activity of the CSCs with other adult SCs, should definitely individuate and characterize the advantages and disadvantages of the best clinical applicable biocomplex. Moreover, the creation of the appropriate animal model and the realization of diagnostic protocols aimed to monitor the in vivo cell fate, will be used as pre-clinical background for large animals and phase I-II clinical studies.
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Bignami, Luca. « Le tecniche di Risk Management per i progetti di costruzione : il caso studio della riqualificazione e recupero funzionale dell'ex-Manifattura Tabacchi per la realizzazione del Tecnopolo di Bologna ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016.

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Résumé :
La disciplina del Risk Management assume recentemente un significato ed un peso crescenti nel panorama delle organizzazioni pubbliche e private. Nel campo delle costruzioni pubbliche, in particolare, l’attuazione di processi strutturati di Gestione del Rischio potrebbe portare ad un efficientamento significativo del processo di costruzione e gestione. Obiettivo di questa tesi è verificare in che modo i risultati di un’applicazione strutturata di un processo di Gestione del Rischio possono essere impiegati dal gruppo di management per perseguire scelte più consapevoli, precise e circostanziate rispetto ai metodi tradizionali di gestione del processo. L’analisi parte da uno studio comparativo dei metodi e delle norme tecniche di Risk Management proposte in ambito internazionale. I risultati ottenuti vengono poi applicati al caso studio relativo al progetto di insediamento del Tecnopolo di Bologna presso l’area nota come Ex-Manifattura Tabacchi. L’applicazione delle tecniche al caso di studio è strutturata come una esecuzione completa del processo di Valutazione del Rischio. La fase di Identificazione viene svolta tramite un’analisi della letteratura, la sottoposizione al giudizio degli esperti, e si conclude con una categorizzazione dei rischi mediante Risk Breakdown Structure. La fase di Quantificazione del Rischio è attuata tramite una prima fase di analisi qualitativa con la somministrazione di un questionario on-line ad una platea di soggetti competenti; seguita da un’analisi quantitativa svolta con il software “RiskyProject®” per realizzare una analisi di Montecarlo ed analisi di sensitività. Al termine vengono esaminate alcune possibili misure di trattamento specifiche per un rischio definito prioritario. I risultati proposti mostrano come sia possibile ottenere in fase preliminare una descrizione consapevole delle incertezze del progetto, e che tale consapevolezza può essere utilizzata con lo scopo di migliorare la qualità e l’efficacia dell’intero processo.
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Merli, D. « DIFFERENZIAMENTO E CREAZIONE DI UN MICROAMBIENTE RIGENERATIVO NELLA LESIONE MIDOLLARE DA PARTE DEI PRECURSORI NEURALI POST MORTEM (PM-NPCS). ANALISI DI TIPO BIOCHIMICO, MORFOLOGICO, ED IN VIVO ATTRAVERSO LA RISONANZA MAGENTICA ED IL RECUPERO FUNZIONALE DEGLI ARTI POSTERIORI ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/171327.

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Résumé :
Traumatic injuries in central nervous system lead to severe and permanent neurological deficit. Particularly, traumatic spinal cord injury often results in a devastating loss of neurological function below the injury site. Since the loss of CNS neurons may not be replaced by the proliferation of the surviving ones, intraspinal transplantation of exogenous neuronal cells or tissue has been accepted for a long time as a way to obtain a partial reconstruction of the lost cord tissue and to promote recovery of neurological function. Cell-based therapies in the injured spinal cord are intended to fill lesion cavities, which typically develop at an injury site, and to provide a cellular growth-conducive substrate for re-growing axons. Various cell types such as fibroblasts, olfactory ensheathing cells, Schwann cells and neural stem ⁄precursor cells have been used to regenerate or replace injured spinal cord parenchyma, and to elicit axonal regen- eration which is the primary goal of regenerative medicine and one of the prime motivations for the study of stem cells (NCSs). Unfortunately when NSCs are administrated in a spinal cord injury model they modulate the inflammatory response but do not differentiate into mature cells and are quickly engulfed by macrophages present at lesion site. Recently we isolated a new class of neural stem cell from the subventricular zone of mice forebrain named Post-Mortem Neural Precursor Cells (PM-NPCs), that are capable of surviving after a prolonged ischemic insult. PM-NPCs for their potentiality in terms of proliferation and differentiation capabilities, are a good tool for tissue replacement therapies. In this study we focused on transplantation of PM-NPCs in a murine model of spinal cord injury by endovenous injection within 2 hours after injury. After administration, cells migrate specifically to the site of injury, as demonstrated both by ex-vivo immunoistochemistry and in-vivo MRI after PM-NPCs labelling with Superparamagnetic Iron Oxide Particles (SPIOs). Interestingly, these cells survive in such an unfavorable enviroment wich is the injury site and differentiate predominantly into cholinergic neurons, reconstituting a rich axonal and dendritic network and promoting a marked axonal regeneration across the injury site of monoaminergic fibers within 30 days from their administration. Fluororuby injection in the dorsal funiculi rostral to the lesion site shows that some spared and/or regenereting corticospinal (CS) labelled fibres bypass the lesion site and are in the caudal portion of PM-NSCs mice treated spinal cord, where few or none CS labelled fibers are found in saline trated mice. Moreover, beavhioral assesment evaluated by means of Basso Mouse Scale (BMS), shows a significantly improve of hind limb function in PM-NPCs treated mice compared with animals treated with placebo. Eventually, the molecular analysis of the lesion site shows that PM-NPCs induce a remodulation of inflammatory response through the reduction of astrocytes activation and glial scar formation, and the reduction of immunitary cells infiltration (neutrophils and macrophages) leading to a better tissue preservation. Moreover, the expression of proinflammatory cytokines and release of neurotrophic factors are reguated by PM-NPCs treatement: some proinflammatory cytokines (IL-6, MIP-2 and TNF alpha) levels significantly decrease after 48 hours from spinal cord injury and PM-NPCs transplantation, while after 7 days we observe an increase of IL-6 and TNF alpha probably because at longer time those cytokines are necessary to support the regenerative process according to the literature. These data suggest that PM-NPCs may represent a good source for cellular therapy in neurodegenerative disorders, specially on spinal cord injury.
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Frisenda, Paola. « Utilizzo di saggi ecofisiologici ed ecotossicologici per il biomonitoraggio dei metalli pesanti in aree marine portuali : micro - e macro -alghe nella bioindicazione e nel biorimedio ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2008. http://hdl.handle.net/10077/2659.

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Résumé :
2006/2007
RIASSUNTO Il recente Codice dell’Ambiente (D.lgs 152/2006) prevede il raggiungimento di ‘standard’ di qualità dei corpi idrici con particolare riferimento ai metalli pesanti (sostanze pericolose prioritarie, PP). Il passato piano di monitoraggio (2001-2004) del Ministero dell’Ambiente ha messo in luce il frequente superamento dei limiti di legge nelle stazioni del Golfo di Trieste. I metodi chimico/fisici utilizzati per determinare le concentrazioni di metalli in acqua o nei sedimenti non sono in grado di determinare l’effettiva biodisponibilità degli elementi, da cui dipende la reale tossicità, né un preciso rapporto causa/effetto. Tuttavia, è risaputo che anche basse concentrazioni possono innescare fenomeni di bioaccumulo e di biomagnificazione, alterando gli equilibri naturali soprattutto negli ambienti marini costieri. Tali processi interessano principalmente la componente macroalgale, molto importante dal punto di vista ecologico ed economico in quanto è alla base della catena trofica. Lo studio dell’impatto delle sostanze tossiche su questa matrice risulta, perciò, fondamentale per preservare da una parte la biodiversità degli ecosistemi dall’altra proporre sistemi alternativi/innovativi per il mantenimento della capacità auto-depurativa. Per le alghe e per le Cianoficee, in particolare, è stata dimostrata un’elevata capacità di difesa contro la tossicità di diversi metalli attraverso vari e complessi meccanismi, le cui modalità sono abbastanza conosciute. E’ oggi noto che le risposte difensive possono dipendere dalla natura del metallo, dalle dosi e dai tempi di esposizione, dai differenti stadi di crescita, e, non ultimo, dalla diversa ‘sensibilità’ delle alghe. Tuttavia, negli studi in campo ed in laboratorio, i diversi approcci sperimentali rendono la comparazione, sia nell’ambito della stessa specie che tra specie diverse, estremamente difficile e possono portare alla determinazione di dosi subletali (LC50) molto diverse. Da qui la necessità di un protocollo unificato che, a differenza delle micro-alghe, non è ancora standardizzato per le macro-alghe. Tale mancanza ha comportato, infatti, risultati molto diversi senza discriminazione delle risposte adattative da quelle difensive. Inoltre, raramente vengono analizzati l’eventuale ripristino della funzionalità cellulare durante il recupero in assenza del metallo ed i possibili effetti a livello ultrastrutturale. Scopo, percorso del progetto e metodi utilizzati Il progetto si basa principalmente sull’approfondimento delle conoscenze dei meccanismi di adattamento/tolleranza/difesa contro il Cadmio di micro- e macro-alghe marine a livello fisiologico, biochimico ed ultrastrutturale. L’obiettivo principale è rivolto alla possibilità di mettere a punto un protocollo standardizzato per le macroalghe in grado di discriminare specie ‘sensibili’, utilizzabili come ‘bioindicatori’ nei saggi ecotossicologici, da quelle utili come bioaccumulatori. Nel corso dei tre anni il materiale bibliografico, selezionato e continuamente aggiornato, è stato inserito in un archivio digitale con i dati relativi alle specie algali, ai metalli, alle dosi/tempi di esposizione, ai parametri saggiati con le rispettive metodiche e alle dosi soglia di tossicità. Una parte dei lavori può essere consultata a video (PDF) attraverso un collegamento ipertestuale (dati non presentati). L’attività di ricerca è stata suddivisa in tre parti: Parte I. Studio su micro-alghe. Sono stati approfonditi i meccanismi di adattamento/difesa ed i principali ‘siti bersaglio’ a livello fisiologico ed ultrastrutturale della Cyanoficea coloniale (Leptolyngbya sp.) mantenuta in coltura. Lo studio è mirato soprattutto alla valutazione del metodo fluorimetrico (PAM), di nuova acquisizione nel nostro laboratorio, scelto per la minor invasività rispetto alle altre analisi (ossimetria e pigmenti). Parte II. Studio su macro-alghe. La ricerca è stata condotta in tre fasi per individuare e scegliere specie sensibili/tolleranti, valutare la potenzialità delle specie considerabili buoni ‘bioaccumulatori’ e verificarne le potenzialità d’uso come ‘biofiltri riciclabili’, attraverso la stima del recupero funzionale in assenza del tossico. Parte III. Studio su macro-alghe in situ. E’ stato valutato il bioaccumulo dei popolamenti presenti nella Baia di Punta Olmi (Località ‘Boa’ – Muggia), area inquinata da metalli pesanti. Le specie macroalgali sono state prelevate in due in due siti costieri (Baia Punta Olmi – Muggia e Porto Franco Vecchio - Trieste). Dopo la stima delle curve di saturazione i campioni sono stati adattati in cella di coltura in condizioni controllate. Al mezzo di coltura sono state aggiunte dosi di cadmio [Cd(NO3)2] e le analisi, differenziate per le diverse fasi sperimentali, sono state effettuate dopo 1-2-7 giorni di ‘stress’ e dopo 7 giorni di recupero. Sono state stimate la fotosintesi (ossimetria e fluorimetria PAM), la respirazione, il contenuto di pigmenti liposolubili e condotte osservazioni al TEM. Su alcuni campioni è stata effettuata la microanalisi ai Raggi-X (SEM-EDS) variando la modalità di allestimento dei preparati. Conclusioni La stima delle condizioni di coltura ed il controllo incrociato dei risultati di questa ricerca forniscono le basi per interessanti sviluppi a livello interpretativo e sembrano essere un buon punto di partenza per valutare in modo più analitico le informazioni sulle possibili alterazioni del processo fotosintetico. La tecnica fluorimetrica offre, perciò, indubbi vantaggi in quanto non invasiva/distruttiva, ma soprattutto in relazione al numero dei parametri disponibili. Per l’applicazione corretta del metodo fluorimetrico è risultato fondamentale verificare i vantaggi ed i limiti dello strumento. L’analisi contemporanea di più parametri (ecologici, fisiologici, biochimici, ultrastrutturali), con dosi e tempi fissi, dipendendo da quest’ultimi l’ampiezza della risposta, è un approccio valido per individuare e descrivere in maniera più completa le risposte di adattamento/difesa delle alghe contro gli agenti tossici. Per quanto attiene ai tempi di esposizione, gli intervalli delle analisi (1S-2S-7S) sono risultati sufficienti per la valutazione delle risposte fisiologiche, biochimiche ed ultrastrutturali allo ‘stress’, mentre i 7 giorni di recupero in assenza del metallo (7R) sono risultati sufficienti per valutare le diverse capacità di ripresa funzionale delle specie. Le tecniche ultrastrutturali si confermano indispensabili per la localizzazione dei siti di sequestro ed accumulo del metallo, per lo studio delle modifiche cellulari, e per l’interpretazione dei risultati fisiologici. Diversamente, la microanalisi ai Raggi-X con il programma attualmente in dotazione (SEM-QUANT, ZAF), non è una tecnica valida per stimare il grado di bioaccumulo in popolamenti naturali, poiché le basse concentrazioni di metalli nei campioni biologici risultano spesso inferiori al limite di rilevabilità del sistema. Le diverse fasi sperimentali hanno permesso di identificare le specie più sensibili al cadmio, che potrebbero essere utilizzate in laboratorio come specie ‘test’ nei saggi ecotossicologici e in campo come ‘biosensori’. Quelle tolleranti/resistenti sarebbero, invece, utili come bioaccumulatori. In relazione ai tempi di esposizione, alle dosi applicate e sulla base dei risultati fisiologici ed ultrastrutturali mediante i quali sono stati messi in evidenza i principali siti di accumulo, sono state individuate specie con potenzialità diverse: a) P. pavonica, S. lomentaria, R. pseudopalmata, Z. typus e C.multifida come specie ‘sensibili’; b) R. thysanorhizans come specie ‘sensibile’ di ambiente naturale; c) H. musciformis, C. fragile, D. dichotoma come specie tolleranti/resistenti; d) F. virsoides e S. scoparium come specie tolleranti/resistenti con pronto recupero della piena funzionalità in assenza del tossico. Sono queste, quindi, le potenziali candidate da utilizzare come ‘biofiltri’ nel biorimedio. Al fine di poter utilizzare micro- e soprattutto macro-alghe (per l’abbondante biomassa), come biofiltri nel biorimedio, senza depauperamento delle risorse naturali, ed evitare nel contempo problemi di smaltimento del materiale contaminato, appare necessario non solo selezionare ‘buoni bioaccumulatori’ (specie tolleranti e/o resistenti), anche attraverso stime quantitative degli elementi per via chimica (spettrometria di massa), ma anche valutare le loro capacità di detossificarsi e di recuperare la piena funzionalità fisiologica in assenza del tossico. Solo in questo modo le alghe possono essere riutilizzate più volte per assorbire nuovo metallo.
XX Ciclo
1972
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Cibelli, Loredana <1975&gt. « Recupero della funzione renale in pazienti con acute kidney injury (AKI) sottoposti a terapia sostitutiva renale ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5669/1/cibelli_loredana_tesi.pdf.

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Résumé :
L’insufficienza renale acuta(AKI) grave che richiede terapia sostitutiva, è una complicanza frequente nelle unità di terapia intensiva(UTI) e rappresenta un fattore di rischio indipendente di mortalità. Scopo dello studio é stato valutare prospetticamente, in pazienti “critici” sottoposti a terapie sostitutive renali continue(CRRT) per IRA post cardiochirurgia, la prevalenza ed il significato prognostico del recupero della funzione renale(RFR). Pazienti e Metodi:Pazienti(pz) con AKI dopo intervento di cardiochirurgia elettivo o in emergenza con disfunzione di due o più organi trattati con CRRT. Risultati:Dal 1996 al 2011, 266 pz (M 195,F 71, età 65.5±11.3aa) sono stati trattati con CRRT. Tipo di intervento: CABG(27.6%), dissecazione aortica(33%), sostituzione valvolare(21.1%), CABG+sostituzione valvolare(12.6%), altro(5.7%). Parametri all’inizio del trattamento: BUN 86.1±39.4, creatininemia(Cr) 3.96±1.86mg/dL, PAM 72.4±13.6mmHg, APACHE II score 30.7±6.1, SOFAscore 13.7±3. RIFLE: Risk (11%), Injury (31.4%), Failure (57.6%). AKI oligurica (72.2%), ventilazione meccanica (93.2%), inotropi (84.5%). La sopravvivenza a 30 gg ed alla dimissione è stata del 54.2% e del 37.1%. La sopravvivenza per stratificazione APACHE II: <24=85.1 e 66%, 25-29=63.5 e 48.1%, 30-34=51.8 e 31.8%, >34=31.6 e 17.7%. RFR ha consentito l’interruzione della CRRT nel 87.8% (86/98) dei survivors (Cr 1.4±0.6mg/dL) e nel 14.5% (24/166) dei nonsurvivors (Cr 2.2±0.9mg/dL) con un recupero totale del 41.4%. RFR è stato osservato nel 59.5% (44/74) dei pz non oligurici e nel 34.4% dei pz oligurici (66/192). La distribuzione dei pz sulla base dei tempi di RFR è stata:<8=38.2%, 8-14=20.9%, 15-21=11.8%, 22-28=10.9%, >28=18.2%. All’analisi multivariata, l’oliguria, l’età e il CV-SOFA a 7gg dall’inizio della CRRT si sono dimostrati fattori prognostici sfavorevoli su RFR(>21gg). RFR si associa ad una sopravvivenza elevata(78.2%). Conclusioni:RFR significativamente piu frequente nei pz non oligurici si associa ad una sopravvivenza alla dimissione piu elevata. La distribuzione dei pz in rapporto ad APACHE II e SOFAscore dimostra che la sopravvivenza e RFR sono strettamente legati alla gravità della patologia.
Severe AKI requiring RRT frequently occurs in ICU and represents an independent risk factor for mortality. The aim was to prospectively evaluate, in critically ill undergoing CRRT for AKI following heart surgery, prevalence and prognostic significance of renal function recovery (RFR). Patients and Methods: Patients (pts) with AKI following elective or emergent cardiac surgery with dysfunction of 2 or more organs treated with CRRT. Results: From 1996 to 2011, 266 pts (M 195, F 71, age 65.5±11.3) underwent CRRT. Type of surgery: CABG (27.6%), aortic dissection (33%), valvular surgery (21.1%), CABG+valvular surgery (12.6%), others (5.7%). CRRT starting parameters: BUN 86.1±39.4, creatinine (Cr) 3.96±1.86 mg/dL, MAP 72.4±13.6 mmHg, APACHE II 30.7±6.1, SOFA 13.7±3. RIFLE staging: Risk (11%), Injury (31.4%), Failure (57.6%). Oliguric AKI (72.2%), ventilation (93.2%), inotropics (84.5%). At 30 days and at hospital discharge, total survival was 54.2% and 37.1% (APACHE II score clusters survival: <24= 85.1 and 66%, 25-29= 63.5 and 48.1%, 30-34= 51.8 and 31.8%, >34= 31.6 and 17.7%). RFR allowed to stop CRRT in 87.8% (86/98) of survivors (Cr 1.4±0.6 mg/dL) and in 14.5% (24/166) of nonsurvivors (Cr 2.2±0.9mg/dL) with an overall recovery of 41.4%. RFR has been observed in 59.5% (44/74) of non oliguric pts and in 34.4% of oliguric pts (66/192). Distribution of pts according to the timing of RFR (days from CRRT start): <8 (38.2%), 8-14 (20.9%), 15-21 (11.8%), 22-28 (10.9%), >28 (18.2%). Logistic regression selected occurrence of oliguria, age, CV-SOFA at 7 days from CRRT start as a prognostic factors for delayed RFR (> 21 days).RFR was associated with a high survival rate (78.2%). Conclusions: RFR, more frequently observed in pts with nonoliguric AKI, was mostly associated with a favourable outcome. Patient distribution according to APACHE II and SOFA score revealed that survival and RFR are strictly related to the severity of illness.
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Cibelli, Loredana <1975&gt. « Recupero della funzione renale in pazienti con acute kidney injury (AKI) sottoposti a terapia sostitutiva renale ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5669/.

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Résumé :
L’insufficienza renale acuta(AKI) grave che richiede terapia sostitutiva, è una complicanza frequente nelle unità di terapia intensiva(UTI) e rappresenta un fattore di rischio indipendente di mortalità. Scopo dello studio é stato valutare prospetticamente, in pazienti “critici” sottoposti a terapie sostitutive renali continue(CRRT) per IRA post cardiochirurgia, la prevalenza ed il significato prognostico del recupero della funzione renale(RFR). Pazienti e Metodi:Pazienti(pz) con AKI dopo intervento di cardiochirurgia elettivo o in emergenza con disfunzione di due o più organi trattati con CRRT. Risultati:Dal 1996 al 2011, 266 pz (M 195,F 71, età 65.5±11.3aa) sono stati trattati con CRRT. Tipo di intervento: CABG(27.6%), dissecazione aortica(33%), sostituzione valvolare(21.1%), CABG+sostituzione valvolare(12.6%), altro(5.7%). Parametri all’inizio del trattamento: BUN 86.1±39.4, creatininemia(Cr) 3.96±1.86mg/dL, PAM 72.4±13.6mmHg, APACHE II score 30.7±6.1, SOFAscore 13.7±3. RIFLE: Risk (11%), Injury (31.4%), Failure (57.6%). AKI oligurica (72.2%), ventilazione meccanica (93.2%), inotropi (84.5%). La sopravvivenza a 30 gg ed alla dimissione è stata del 54.2% e del 37.1%. La sopravvivenza per stratificazione APACHE II: <24=85.1 e 66%, 25-29=63.5 e 48.1%, 30-34=51.8 e 31.8%, >34=31.6 e 17.7%. RFR ha consentito l’interruzione della CRRT nel 87.8% (86/98) dei survivors (Cr 1.4±0.6mg/dL) e nel 14.5% (24/166) dei nonsurvivors (Cr 2.2±0.9mg/dL) con un recupero totale del 41.4%. RFR è stato osservato nel 59.5% (44/74) dei pz non oligurici e nel 34.4% dei pz oligurici (66/192). La distribuzione dei pz sulla base dei tempi di RFR è stata:<8=38.2%, 8-14=20.9%, 15-21=11.8%, 22-28=10.9%, >28=18.2%. All’analisi multivariata, l’oliguria, l’età e il CV-SOFA a 7gg dall’inizio della CRRT si sono dimostrati fattori prognostici sfavorevoli su RFR(>21gg). RFR si associa ad una sopravvivenza elevata(78.2%). Conclusioni:RFR significativamente piu frequente nei pz non oligurici si associa ad una sopravvivenza alla dimissione piu elevata. La distribuzione dei pz in rapporto ad APACHE II e SOFAscore dimostra che la sopravvivenza e RFR sono strettamente legati alla gravità della patologia.
Severe AKI requiring RRT frequently occurs in ICU and represents an independent risk factor for mortality. The aim was to prospectively evaluate, in critically ill undergoing CRRT for AKI following heart surgery, prevalence and prognostic significance of renal function recovery (RFR). Patients and Methods: Patients (pts) with AKI following elective or emergent cardiac surgery with dysfunction of 2 or more organs treated with CRRT. Results: From 1996 to 2011, 266 pts (M 195, F 71, age 65.5±11.3) underwent CRRT. Type of surgery: CABG (27.6%), aortic dissection (33%), valvular surgery (21.1%), CABG+valvular surgery (12.6%), others (5.7%). CRRT starting parameters: BUN 86.1±39.4, creatinine (Cr) 3.96±1.86 mg/dL, MAP 72.4±13.6 mmHg, APACHE II 30.7±6.1, SOFA 13.7±3. RIFLE staging: Risk (11%), Injury (31.4%), Failure (57.6%). Oliguric AKI (72.2%), ventilation (93.2%), inotropics (84.5%). At 30 days and at hospital discharge, total survival was 54.2% and 37.1% (APACHE II score clusters survival: <24= 85.1 and 66%, 25-29= 63.5 and 48.1%, 30-34= 51.8 and 31.8%, >34= 31.6 and 17.7%). RFR allowed to stop CRRT in 87.8% (86/98) of survivors (Cr 1.4±0.6 mg/dL) and in 14.5% (24/166) of nonsurvivors (Cr 2.2±0.9mg/dL) with an overall recovery of 41.4%. RFR has been observed in 59.5% (44/74) of non oliguric pts and in 34.4% of oliguric pts (66/192). Distribution of pts according to the timing of RFR (days from CRRT start): <8 (38.2%), 8-14 (20.9%), 15-21 (11.8%), 22-28 (10.9%), >28 (18.2%). Logistic regression selected occurrence of oliguria, age, CV-SOFA at 7 days from CRRT start as a prognostic factors for delayed RFR (> 21 days).RFR was associated with a high survival rate (78.2%). Conclusions: RFR, more frequently observed in pts with nonoliguric AKI, was mostly associated with a favourable outcome. Patient distribution according to APACHE II and SOFA score revealed that survival and RFR are strictly related to the severity of illness.
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GANGEMI, ANTONIO. « Studi neurofisiologici e neuropsicologici degli effetti del trattamento combinato della stimolazione transcranica a correnti dirette (tDCS) e del potenziamento cognitivo sul recupero funzionale dei deficit cognitivi e sui processi di neuroplasticità nelle patologie in fase cronica ». Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11570/3104358.

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Résumé :
Obiettivo delle ricerche svolte nel triennio di dottorato è stato quello di progettare, condurre e valutare studi sull'efficacia delle metodiche di neuro-modulazione in soggetti affetti da disabilità cognitivo linguistiche ad eziologia genetica, acquisita e degenerativa. Scopo delle diverse sperimentazioni è stato quello di identificare interventi utili al rallentamento delle patologie osservando le modificazioni cognitive, funzionali e dei network cerebrali mediante l’utilizzo di misure cognitive e neurofisiologiche. Gli studi svolti hanno coinvolto soggetti affetti rispettivamente da patologie croniche quali, la sindrome di Rett, l’afasia e la malattia di Alzheimer .
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Romano, Elvira, Roberto Bartolino, Bartolo Gabriele et Giovanni Sindona. « Un approccio innovativo di spettrometria di massa per il recupero di nutraceutici ad alto valore antiossidante da piante, sviluppo di nuovi alimenti funzionali, qualità e sicurezza agroalimentare ». Thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10955/1063.

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