Thèses sur le sujet « Pugliese »

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1

Montalti, Mattia. « Beta diversità del coralligeno pugliese ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/4901/.

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Résumé :
La regione Puglia negli ultimi anni è stata interessata da un importante aumento dell’urbanizzazione e ad una crescita di diverse attività economiche. Visto che questo sviluppo si concentra soprattutto nelle zone costiere ne consegue una sempre maggior influenza sulle diverse risorse marine (Cardillo et al. 2004; Mora 2008). Numerosi studi in varie parti del mondo (Airoldi & Beck 2007; Gray et al. 1990; Strain & Craig 2011; Thrush et al. 2006; Thrush et al. 1998) hanno mostrato come l’instaurarsi di attività economiche e la relativa creazione di impianti, strutture artificiali, e sviluppo urbano ad esse correlate, inducano forti modificazioni nei pattern naturali di distribuzione delle diverse specie dei popolamenti naturali. Questo studio ha interessato il golfo di Taranto in quanto essa è una delle principali città di questa regione, e può essere considerato un eccellente caso di studio. La finalità di questa tesi è analizzare i pattern di distribuzione del coralligeno in questo tratto di costa e di discuterli tenendo conto degli effetti delle pressioni antropiche presenti nell’area. Dall’analisi dei dati raccolti per mezzo di un campionamento fotografico, risulta che il coralligeno delle diverse località studiate, è caratterizzato da elevata variabilità, in termini di struttura del popolamento, già alla più piccola scala spaziale indagata, quella delle repliche. Tale variabilità, secondo l’ipotesi formulata, può essere causata da una combinazione di processi diversi, che operano a scale differenti. Certamente, le attività antropiche presenti nell’area di studio, sia singolarmente che in combinazione tra loro, aggiungono una sorgente ulteriore di variabilità, plausibilmente determinando cambiamenti diversi a seconda del tipo di attività che insiste nelle differenti aree. Da questo studio, pertanto, emergono alcune informazioni inerenti i pattern di distribuzione del popolamento a coralligeno nell’area del golfo di Taranto e alla possibile influenza di diverse fonti di impatto. Diverse sono le combinazioni di stress antropici analizzate e tutte causano modifiche ai popolamenti. I risultati ottenuti potrebbero aiutare gli organi competenti a selezionare modalità di espansione urbana ed industriale che tengano conto delle conseguenze di tale sviluppo sugli ambienti naturali costieri della Puglia.
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2

Conte, Rosa <1987&gt. « Film, Cineturismo e Territori : un'analisi del caso pugliese ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2628.

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Résumé :
In questo lavoro mi sono cimentata nello studio della relazione che si instaura tra cinema e territorio nel momento in cui le due entità si trovano a comunicare, cercando di individuare alcune connessioni già evidenti ed evidenziate in letteratura ed altre meno indagate. Sono partita dalla funzione che impegna il Paesaggio, (rappresentazione visiva e parziale di un territorio) in una rapida rassegna delle tipologie filmiche che il cinema ha declinato nel corso del suo evolvere. Ho proseguito con l’analisi del fenomeno cineturistico, conseguenza più lampante, scaturente dal rapporto tra Territori e produzioni audiovisive, rilevando l’attuale stato di consapevolezza e di impegno pro-attivo da parte di quei soggetti che dovrebbero occuparsi di comprendere e sfruttare al meglio il fenomeno, facendo riferimento ad alcuni History Cases nazionali ed internazionali. Infine mi sono dedicata ad uno studio più approfondito del caso pugliese che in Italia, ad oggi, costituisce l’esempio più accelerato ed efficiente di coniugazione tra sviluppo territoriale e produzioni culturali, in particolar modo cinematografiche, mutuando dalle scienze sociali lo strumento interpretativo Actor Network Theory.
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3

Dragonieri, Germana <1996&gt. « Lucciole. Resistenze vegetali, animali, umane nella poesia pugliese del Novecento ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20165.

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Résumé :
Una volta delineato un quadro generale della poesia pugliese del Novecento (cap. I), il lavoro si propone di individuare e analizzare criticamente le figure di dodici poeti (cap. II-III) che testimonino di un rapporto speciale della poesia di quest’area con la natura - dunque con gli elementi naturali e con le vite animale, vegetale, minerale –, sostenuto da ragioni storico-geografiche e guardato alla luce filosofica di un peculiare pensiero meridiano che re-istituisce un rapporto positivo con il còsmos. I poeti scelti, disposti secondo un criterio anagrafico che ignora volutamente ulteriori suddivisioni sub-regionali, vengono sistemati in due blocchi macro-generazionali (1890-1920; 1921-1951) attraverso i quali si rende possibile seguire l’evoluzione storica e poetica di questo rapporto tra uomo e natura e tra paesaggio e città, specie in seguito all’industrializzazione del Mezzogiorno e agli stravolgimenti sociali seguiti al biennio ’68-‘70. Ai macro-temi di natura più generale e socio-filosofica che la tesi sfiora o evoca attraverso la poesia – animalità, post-umanesimo, post-ruralità, urbanesimo, industrializzazione, meridionalità/meridianità, marginalità geo-culturale, (anti-)canone – vengono dedicati brevi momenti teorici attingenti all’opera di alcuni importanti autori che ne hanno fatto dei motivi centrali del loro pensiero. Per ciascuno dei poeti selezionati, si riporta una dettagliata scheda bio-critica, con relativa bibliografia, e una breve selezione antologica.
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4

Martin, Vidal Paloma. « Osvaldo Pugliese y su orquesta típica : estrategias de expresividad y análisis musical del tango instrumental ». Tesis, Universidad de Chile, 2017. http://repositorio.uchile.cl/handle/2250/146518.

Texte intégral
Résumé :
Magíster en artes, mención musicología
Esta investigación tiene como objeto de estudio el repertorio instrumental de la orquesta típica de tango de Osvaldo Pugliese. A través de una actitud analítica pluralista, se estudia su estilo y los aspectos estéticos de esta música, dialogando simultáneamente con una problemática tridimensional de creación musical del tango rioplatense: la composición, la interpretación y el arreglo. Desde el contacto dialéctico con estos roles de creación, se analiza el lenguaje musical de los tangos instrumentales de la orquesta de Pugliese y sus diferentes estrategias de expresividad, que desarrollarán al pugliesismo como una forma paradigmática de expresión musical, un eje unificador de la evolución del género y un metalenguaje de identidad rioplatense. Se inicia con un primer capítulo, donde se exponen reflexiones en torno al tango y su música, inmersas en otras problemáticas sobre el análisis, el (meta)lenguaje y la creación musical del tango, las que son contextualizadas con un panorama histórico de la evolución estilística del tango instrumental rioplatense. El capítulo siguiente plantea un análisis musical comparativo de cuatro figuras emblemáticas–Troilo, Pugliese, Salgán y Piazzolla– de las orquestas renovadoras. El tercer capítulo trata sobre Osvaldo Pugliese y su orquesta típica, tanto en su cosmovisión de músico porteño, su inmersión social y política, como en su labor de líder de una orquesta orgánica y sincrónica, vinculada a una amplia red de músicos de la “época de oro”. En el capítulo cuatro, se realiza el análisis musical en detalle del corpus del repertorio instrumental puglieseano, en tres partes: la primera, revisa los principios musicales compositivos y las estrategias de expresividad, a través de sus tácticas musicales paramétricas; la segunda, está dedicada al análisis formal y temático de la “trilogía” de Pugliese; la tercera y última, se concentra en el estudio paramétrico-expresivo del pugliesismo, revisando los tangos instrumentales de las diferentes etapas de la orquesta. El último tramo de este trabajo expone las conclusiones en torno al paradigma de Pugliese y su repercusión social de comunicación simbólica en la cultura rioplatense. Esta tesis incluye 131 extractos sonoros (CD anexo) y 120 figuras –donde se encuentran 94 trozos de partituras de 68 tangos instrumentales– que ayudarán en la comprensión y el estudio de estas páginas.
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5

Mazzotta, Sara. « Analisi geomorfologico-sedimentologica di un tratto della costa ionico-salentina interessato da effetti di maremoto ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/12486/.

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Résumé :
La costa ionica del Salento (provincia di Lecce) risulta di particolare interesse per le caratteristiche del paesaggio costiero, che conserva le tracce di una lunga evoluzione verificatasi nel Pleistocene medio-superiore. Recentemente questo tratto di litorale è stato oggetto di studi che hanno portato a riconoscere evidenze di maremoti avvenuti in epoca storica, tra cui accumuli di megablocchi di notevoli dimensioni (Sansò et al., 2012). Lo studio svolto in questa tesi si è concentrato su un cordone sabbioso conservato in lembi paralleli alla costa, tra le località di Porto Cesareo e Torre Dell'Inserraglio, allo scopo di definirne le caratteristiche geomorfologiche e sedimentologiche e di comprenderne la natura. Tale deposito è stato rilevato ed inquadrato nel contesto geologico e geomorfologico della penisola salentina; le analisi sedimentologiche e paleoambientali hanno poi fornito elementi per risalire ai processi che lo hanno generato. In base ai dati ottenuti, viene esclusa per tale deposito un'origine eolica, mentre sembra più probabile l'effetto di un processo meno selettivo quale ad esempio un maremoto o una mareggiata particolarmente intensa.
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6

Ciccotti, Claudio. « Studio comparato sull'uso dell'accusativo preposizionale in spagnolo, italiano e dialetto di Montemesola ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/6227/.

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Résumé :
In questa tesi parlo del fenomeno del complemento oggetto preposizionale. Nel primo capitolo definirò e descriverò il fenomeno grazie alle posizioni assunte da molti grammatici e linguisti nei loro studi; riporterò le varie ipotesi sorte nel campo della linguistica circa l’origine del fenomeno e come si giunge all’uso della preposizione “a” per tale marcatura; evidenzierò, infine, i vari approcci da parte dei linguisti di fronte al fenomeno in spagnolo, italiano e nelle sue varianti in diatopia. Nel secondo capitolo, focalizzerò l’attenzione sull’aspetto normativo esposto nelle grammatiche riguardo un uso corretto della marca riportando le casistiche d’uso in spagnolo, in italiano, e descrivendo come e dove alcuni linguisti rintracciano il fenomeno tra le varianti dialettali e di italiano regionale. Nel terzo e ultimo capitolo, riporto i dati di una indagine condotta tra parlanti di due fasce d’età distinte (studenti e over 30) a Granada, per quanto concerne lo spagnolo, e Montemesola (piccolo paese della provincia di Taranto), per una verifica dell’uso della marca preposizionale in italiano e dialetto. Cercherò di evidenziare: quanto e in che modo i parlanti siano consapevoli delle loro scelte linguistiche analizzando, non solo statisticamente la frequenza d’uso della “a”, confrontandola tra le fasce d’età, ma considerando anche, di volta in volta, le motivazioni date dai parlanti nell’effettuare le loro scelte. La grammatica non è il perno centrale delle considerazioni del parlante nel momento in cui sceglie dei ricorsi linguistici piuttosto che altri, ma esistono altri criteri nella scelta altrettanto rilevanti, quali fattori soprasegmentali, contesto linguistico ed extralinguistico, e conoscenza enciclopedica del mondo, che intervengono anche a giustificazione dell’assenza della preposizione, rendendola significativa.
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7

Labate, Stefano. « Il controllo di processo degli impianti di depurazione di acque reflue urbane : efficacia di alcuni trattamenti chimico-fisici e biologici nell’abbattimento del fosforo e dei tensioattivi ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/12035/.

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Résumé :
Metodiche sperimentali per l'abbattimento del fosforo, mediante precipitazione chimica, con l'utilizzo di una miscela di PAC/Poliammina e degradazione dei tensioattivi, con l'impiego di un bioreattore, utilizzando ceppi batterici selezionati. L'applicazione in campo è stata effettuata sugli impianti di Sammichele di Bari, Noci e Castellana Grotte ricadenti nella provincia di Bari e gestiti dalla società Acquedotto Pugliese S.p.A.
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8

NOCCO, FRANCESCO. « Gli archivi dei conventi francescani a Bari nei secoli XVIII-XIX ». Doctoral thesis, Università degli studi di Bari, 2020. http://hdl.handle.net/11586/376949.

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Résumé :
The thesis summarized here evolved from an interest in fieri – related to a relatively recent line of research on the modern age – about historic archives, understood here in the sense of documentary complexes considered no longer only as ‘containers’ of information useful for constructing histories, but viewed as objects of study in themselves, that is, as expressions of the powerful organizations that have produced, conserved and selected their written materials in order to manage (and thus pass down) the memory of the ‘group’. Specifically, as laid out in the Foreword, the present study takes its cue from an orientation in research inaugurated quite recently, one which complements the more traditional approach to the history of archives with methods adopted from disciplines aimed more directly at the study of archival strategies and practices captured from the perspective of a history of administration, scrutinizing the evolution of those bureaucratic entities known as the chanceries (and/or secretariats) of the power-wielding organizations, with the goal of contributing to the desired development of a ‘documentary history of institutions’ as affirmed in the recent literature. Having framed the problem in these terms, it is necessary to explain the context underlying the research (examined in Chapter I), namely the historiographic theme of the religious orders and their archives in the Ancien Régime. Also a focus of special attention in recent years, this phenomenon involves a multiplicity of elements, all aimed at clarifying the role played by archives in the construction of the image and in the reinterpretation of the identities of the various religious families, especially in the aftermath of the Council of Trent. The latter was of course a watershed of no little importance for the survival into the modern epoch of that large array of religious orders – that is, the earliest monastic foundations as well as the Mendicants – which needed new impetus and reforms, as well as a new and more effective contextualization. Moreover it was precisely the Council that gave the impetus to renewed forms of religious life, such as in primis the Clerics regular. For the Franciscans, the protagonists of this thesis, the so-called Counter-Reform served as a basis (although there had been premonitory signs in previous decades) upon which to once again reconsider their origins. Thus new branches emerged from the medieval ceppo of the Conventuals that would attempt to establish themselves in society. Thus were created (and/or confirmed) the Capuchins, the Reformed, the Discalced Franciscans (later called Alcantarines) and the Barbanti, without completely abandoning the important experience of the Observants, who only in 1517 had seen themselves legally recognized as fully independent from the Conventuals, constituting to all intents and purposes – for the first time since the founding of the Franciscan family – a ‘new’ First Order. The echo of these new developments is also reflected in the Seraphic Provinces of Puglia, giving voice to a rethinking and reorganization. The case of Bari, specifically, evidences a territorial fabric shared by four Franciscan branches. This circumstance has required a careful investigation (in chapter II) of the inception of these settlements, passing from the two oldest attestations within the walls (the Conventuals of S. Francesco della Scarpa and the Observants of S. Pietro delle Fosse) to the construction, between 1556 and 1617, of two convents outside the perimeter of the old city center – by then saturated with convents, churches and lay residential structures –, that is, the loca of the Capuchins and the Reformed (respectively S. Croce and S. Bernardino). Returning to a focus on the circumstances of the archives, our study gave its attention to the sources that convey information about the arrival of these families in Bari, opening in a virtual manner the doors of those archives that conserved various materials useful to the Apulian Franciscan chroniclers of the modern age. Here we refer to the historical works of the Franciscan Observant Bonaventura da Fasano (Memorabilia minoritica, Bari 1656) and of the Reformed Bonaventura da Lama (Cronica de’ minori osservanti Riformati della Provincia di S. Nicolò, Lecce 1723-1724), and the 18th-century Cronaca of the Capuchin Emanuele da Francavilla, which was published however only in the first half of the 20th century (Cronaca dei frati minori Cappuccini di Puglia, edited by Antonio da Stigliano, Bari 1941). In addition to the printed sources (or at least those conceived for printing), inevitably the result of a construction and selection of memory and documents, there are also archival sources in manuscript form (17th-19th centuries), unpublished or cited (and studied) by a number of 19th-century Franciscan writers, or mentioned only in passing, and therefore not examined in depth. The overall analysis has led to a better understanding of the relationship with the memoirs of the city of Bari, represented by the work of Antonio Beatillo (Historia di Bari, Napoli 1637) and more than two centuries later, by the literary efforts of Michele Garruba (Serie critica de’ sacri pastori baresi, Bari 1844) and Giulio Petroni (Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all’anno 1856 libri tre, Napoli 1857-1858). Continuing with the exposition of the thesis, Chapter II also dedicates ample space to the convents themselves, furnishing a historical-documentary reconstruction of the histories of the four Franciscan sites in Bari, retracing the contexts and historical circumstances, and comparatively examining the available sources. Regarding the arrival of the Conventuals in today’s regional capital of Puglia, our study could not but start by recalling two exceptional auctoritates: Thomas of Celano and Bonaventura of Bagnoregio, who both left testimonies of a visit by Francis of Assisi to the area near Bari. This information was used by Beatillo and Garruba to transfer sic et simpliciter the presence of Francis directly into the city, and make him the founder of the locum of the Conventuals of S. Francesco della Scarpa (during a historical phase of the Order when no masonry convents had yet been built!), with the consequent collocation of his brothers among the communities of the Clerics regular of Bari. Construction of the Observant convent of S. Pietro delle Fosse was owed instead to the munificence of an emerging social group in the city, that of the merchants. It was in fact Baldovino Carrattone who sustained the costs for building the religious house (completed 1463) for this family that had been approved circa a century earlier, and which constituted a renewed and powerful lever within the religious and political configuration of the Order of Franconia. Garruba explains the title of S. Peter delle Fosse by alluding to another foundation myth that can be critically read in these coordinates: if the Conventuals had called upon the name of Francis of Assisi, celebrated as alter Christus, for the Observants their arrival was foreshadowed by the passage through Bari of the princeps apostolorum who, having celebrated Mass in a grotto (the ‘Fosse’) near the site where centuries later the Observant church would stand, is considered to have ideally prepared and ennobled the settlement there of the new religious family. Tensions among the Seraphic families serve as the implicit context for the historiographic interpretation of the inception of the Capuchin convent of S. Croce; Capuchin sources attribute a leading role to Giacomo da Molfetta, the most distinguished (and holiest) friar after the abandonment of the Observants and incardination in the Capuchin ranks. Spiritually edified by Giacomo’s cycle of sermons preached in the city, representatives of the Universitas are said to have arranged for the arrival of the confreres in 1556, giving rise to a convent and demonstrating the (presumed) growing superiority of this most recent Franciscan family, officially recognized in 1528. On the other hand, the historians of Bari in the modern age have situated the beginnings of the Capuchin settlement in conjunction with the intervention of Bishop Antonio Puteo, giving greater prominence to the date 1573, year of the rebuilding of the church. The arrival of the Reformed Franciscans in the city in 1617 complicated relationships with the secular clergy, other religious orders and with the other families of Franciscans themselves. The subject of burials seems to have been a node of discord about which the city’s chroniclers are silent. The issue emerges instead in the historical sources of the Reform community, which identify the power exercised by the Diocese in this regard as a barely tolerable condition, though its acceptance was indispensable for reasons of coexistence. For Chapter III, the main focus is once again the Franciscan archives in Bari during the period of the Ancien Régime. Here a reconstruction of the process of documentary output is undertaken, from the production of the acts in the secretariats (i.e., the Curias) of the four provincial ministers who resided in the Seraphic convents of the current regional capital of Puglia, to the modalities of the management, conservation and selection of documents. Underscoring the residency of ministers in the city enables a clarification regarding the reasons that Bari was chosen as the topic for this case study. Indeed, the choice was dictated by the a priori ascertainment of the presence of four archival nuclei – namely the Provincial Archives – on this site during the modern age, which appear homogeneous by nature. For the Franciscans (and not only them), in fact, the documentary hierarchy produces complexes structured as pyramids, each with three levels: at the top the General Archives, at the base the archives of the individual convents, while the forma mediatatis is occupied by the Provincial Archives, that is, the relations – in terms of acts produced and received – created by the Seraphic circoscrizioni territoriali (i.e., the Provinces) through an institutional dialogue between the convents and the General Curia, not forgetting, as is obvious, ad extra relations. These considerations permit a distinction to be made between the four Provincial Archives established in Bari in Ancien Régime – that is, the centralized thesaurus memoriae of the Province of the Conventuals, Observants, Cappuchins and the Reform community, which are the ‘objects of study’ of the present thesis – and the four other archives found in the city, that is, those proper to the religious communities inhabiting the convents of S. Francesco della Scarpa, S. Pietro delle Fosse, S. Croce and S. Bernardino. The study, therefore, has given particular attention to the secretariats of the provincial ministers, examining, as far as the sources allow, the professional figures who worked there, that is, the secretary and the pro-secretary. Documents reveal that these friars received an exceptional cultural training and were able to perform tasks not substantially different from those of the secretariats of the bishops, following all documentary procedures, and writing ex officio testimonials such as the regestum Provinciae, the liber typical of the Franciscan Curias. An in-depth analysis has been dedicated to the regestum Provinciae (or ‘libro magno’), since it has been possible to trace (and describe) three of them, evidence formerly kept in the Provincial Archives of the Observants and Reform community of Bari, and found today in the Provincial Historical Archives of the Friars Minor of Puglia and Molise (S. Marco in Lamis, Foggia). Another aspect of the study concerned the theme of document conservation, since the ministers’ secretariats also had the responsibility – articulated by both the dictates of the Franciscan constitution and by the concrete reasons for the practice – to see to the orderly filing of the documents and provide for their storage in rooms elsewhere than the office of the secretariat. Such care was required in primis for practical-administrative purposes, and would only later be motivated by historical considerations linked to the conservation of records, also in compliance with the well-known document of Benedict XIII issued on June 14, 1727, or the Maxima vigilantia (and the attached Instructio Italica). Observation of the strategies of documentary conservation utilized by the individual Seraphic convents (and not in the Provincial Archives) of the city of Bari has enabled the author – following historians tracks, though here focused on Franciscan libraries – to propose the concepts of the ‘formal archive’ and ‘informal archive’, that is, the presence in modern times in religious houses not only of a room used as an ‘official’ site for the conventual historical memory, but also of at least two other spaces, the sacristy and the refectory, which provided for the protection and conservation, respectively, of the necrological entries – in order to ensure the celebration of masses for the deceased brethren (in a thin line between historical memory and liturgical memorial) – and of the obituaries and circulars of the provincials. The latter were read aloud by a friar during the consumption of meals, after which the De profundis was recited corally pro anima fratrum defunctorum, and then the dispositions of the ministers for the government of the religious province were heard in silence. Returning to the Provincial Archives and the practices of documentary conservation, the study has also investigated a lesser known aspect in the modus operandi of Franciscan families in Ancien Régime. Connected with the conservation of the writings was the selection of those sheets that were not meant to remain in the Provincial Archives but which had to be sent to the General Archives of the order in Rome, so as to preserve in loco the reputations of confreres involved in special situations, especially canonical processes. Thus the General Curias could exercise a policy of ‘records control’ over the individual circumscriptions. These documents ‘in exile’ in Rome have been traced in the course of the research, and amply explain the choice (and the reasons) not to remember, circumstances that it has been possible to reconstruct by identifying four sheaves of correspondence – one for each Seraphic family of Bari – for the years 1763-1814. A reading of the contents has enabled us to grasp the production and preservation of documents in another interpretative key, as well as to associate certain elements concerning the social and economic constitution of the city of Bari in the late 18th and early 19th centuries, activating points for consideration regarding issues of a historiographical nature. The ‘silent record’ provides evidence of archival units in Bari with different consistencies, united by the attempt to remove the memory of inconvenient or difficult events, which suggests that in modern times the saeculum did not stop at the threshold of Franciscan convents. From the torture suffered by a friar in his cell among the Conventuals to the swindle carried out by an Observant religious to «defraud the Church and the sacred canonical establishments», the documentary evidence unravels to the point of exposing dynamics such as the smuggling of distillate (aquavit) or the illicit sale of Galenic preparations – and even money-lending – among the Capuchins, as well as the ‘dangerous relationships’ of a Reformed friar, who was «continuously involved in secular affairs» with two unmarried women. The final part of the thesis (Chapter IV) presents a detailed examination of the surviving evidence in the Franciscan archives in Bari in Ancien Régime. After having worked with originals and copies of original documents, and also having had recourse to no-longer extant documents (surviving as ‘recorded or remembered sources’), the investigation turned its attention to the Institutes of conservation – above all archives, but also libraries – that currently preserve the physical evidence which survived the two suppressions of the 19th century, and/or other events. Thus, the work inevitably remains, as the general coordinates suggest, a study in progress, susceptible to the appearance of further useful contributions that can broaden the overall picture, and of new documentary discoveries – not least by chance – in institutions not covered by the investigation. On the other hand, with regard to the archives (and libraries) adequately investigated and whose ‘natural links’ with the documentary production of the Franciscans of Bari are well known, the study has been structured by subdividing the institutions by geographical location, giving priority to the city of Bari and to Puglia, and then continuing the process of investigation outside the region. In turn, Bari’s seven institutions have been divided into two groups, in dependence on their appurtenance to peripheral offices of the State or to organizations within the ecclesiastical sphere. In these terms, the research was able to highlight the relations between the Bari Seraphic archives in the modern age and the documentary patrimony of the State Archives of Bari, tracing information on collections of documents such as those of the Corporazioni religiose soppresse or the Intendenza di Terra di Bari (in the two series Culto e dipendenze and Ramo finanze). The latter reveal, among other things, an abundance of Franciscan-related materials, but do not contain a large number of documents directly from the convents, or more detailed information on the archives (unlike, for instance, the libraries). Similar situations were found in the Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi” and the Biblioteca Metropolitana “S. Teresa dei Maschi - De Gemmis” respectively for the D’Addosio and the De Gemmis archives, both of which testify to the research and interest in collecting of two local scholars who lived between the end of the 18th and early 20th centuries. Among their sheets with notes, simple copies, extracts from notarial protocols and acquisitions of antiques, however, were instances of more significant materials that have merited a detailed investigation. As may easily be imagined, the two main Bari archives of the secular clergy (that is, the Archives of the Metropolitan Chapter and the Historical Archives of the Diocese) play a privileged role in preserving documentation from the archives of the Bari Franciscan convents, mainly due to the dialogue established (and therefore the production of the relative correspondence) between the secular clergy and the Seraphic Curias. This also furnishes evidence of a fairly close activity of checks and controls with regard to the religious, which was quite far-reaching in the first decades after the Council of Trent and then gradually less and less stringent. The search for Franciscan documentation from the four Bari convents concluded in loco with the Provincial Archive of the Conventual Friars Minor of Puglia and the Historical Archive of the Capuchin Province of Puglia, that is, the two documentary complexes still extant in the regional capital of Puglia. If it has been demonstrated for the Conventuals that the currently available documentation does not constitute the thesaurus memoriae of the ancient Provincia Apuliae dedicated to San Nicola, for the Capuchins the opposite is the case: indeed, the collection of documents reveals itself as the most substantial in Bari in the modern age among all the Seraphic Provincial Archives, despite considerable losses attributable in particular (but not uniquely) to the two Suppressions. Before leaving Puglia, the investigation reserved a space for the aforementioned Archivio Storico Provinciale dei Frati Minori di Puglia e Molise, in order to reexamine the three ‘libri magni’ and stoeek the reasons for their conservation here. Indeed, the motivation is traceable to the fact that the Archivio Storico Provinciale is the institutional heir to the documentary legacy of the two original Provinces of the Observants and the Reform community in Bari, familiae reunited in 1897 by Leo XIII with bull Felicitate quadam as the ‘new’ Ordo Fratrum Minorum. Beyond the borders of the Puglia region, research was concentrated mainly in Rome, due to the presence there of the General Archives of the three current Franciscan Orders (Archivio Storico Generale dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, Archivio Storico Generale dell’Ordine dei Frati Minori, and the Archivio Generale dei Cappuccini), but also of the important Archive of the Collegio di Sant’Isidoro. The cities of Milan, Florence and Naples also contributed, if marginally, to making the study more incisive in terms of the documentary evidence. In the final part of Chapter IV the study, nearing its conclusion, examined the typologies and quantities of the documents found in the Franciscan archives in Bari, reconstructing the ideal albero logico of the four archives on the basis of the surviving materials but also utilizing the evidence of those documents which are no-longer extant and known only through other records, as discussed in the previous chapters. This meant, in short, an analysis that was conducted by moving in several investigative directions, departing from the few explicit ‘archival references’ found in Franciscan legislation of both the modern and medieval periods, underlining differences and similarities between the four Seraphic families. The proposal for a reconstruction kept in mind the administrative activity (and not only) of the secretariats of the provincial ministers and the functions carried out by the individual communities, reconsidering the relationships ad intra and ad extra and therefore the relative documentary production. On this basis, the possible series (and sub-series) in which the archives – both the centralized ones of the four Provinces and those of the convents – were structured are individuated. This type of study has also obviously availed itself of the archival evidence still available (discussed in the previous paragraph), in an attempt to deduce, on the basis of the types of documents, the physical organization of the ab antiquo sheets, including an analysis of the very few surviving call numbers and/or the secretarial annotations. It was not considered inappropriate to the procedure adopted, to introduce the study by means of a history of the four Franciscan archives of Bari, a profile that was delineated thanks also to a careful reading of the sources, citing all the testimonies and other references – at least those found to date during the course of this study – that furnish information regarding the development of the documentary complexes of the Conventuals, Observants, Capuchins and Reform community in Bari in the modern age. The thesis concludes with the conventional corpus of acronyms and abbreviations, sources, bibliography and sitography, preceded by an appendix of visual materials: a series of color plates reproducing some of the most significant documents examined during the course of the study. These illustrations also demonstrate the particular attention that the producing organizations at times dedicated to the writing and decorative apparatus of specific acts.
La presente ricerca ha mosso le fila da un interesse in fieri – da parte di un filone d’indagine sull’età moderna sviluppatosi abbastanza recentemente – maturato nei confronti degli archivi, da intendersi nell’accezione di complessi documentari presi in considerazione non più soltanto quali ‘contenitori’ di notizie utili a costruire la Storia, ma nella prospettiva di ‘oggetti di studio’ di per sé, ovvero espressioni di corpi di potere che hanno prodotto, conservato e selezionato le scritture per gestire (e dunque tramandare) la memoria del ‘gruppo’. Nello specifico, come esposto nella Premessa, la ricerca si inserisce idealmente in un nuovo orientamento inaugurato negli ultimi anni, che affianca alla più tradizionale storia degli archivi alcune discipline più mirate a comprendere le strategie e le prassi archivistiche, colte nell’ottica di una storia dell’amministrazione, vagliando il divenire di quegli organi burocratici che sono le cancellerie dei corpi di potere (e/o le segreterie), in vista dell’auspicata elaborazione di una ‘storia documentaria delle istituzioni’, come affermato da recentissimi studi. Inquadrato il problema in questi termini, è necessario esplicitare il contesto sotteso alla ricerca (preso in esame nella trattazione del cap. I), ovvero il tema storiografico degli ordini religiosi e gli archivi in Ancien Régime, altro caposaldo di peculiari attenzioni in particolar modo negli ultimi anni. Il fenomeno chiama in causa una molteplicità di elementi, tutti volti a tentare di chiarire il ruolo che gli archivi hanno giocato nella costruzione dell’immagine e nella rilettura dell’identità delle varie familiae religiose, principalmente all’indomani del Concilio di Trento, come è noto uno spartiacque di non poco conto per far approdare in età moderna soprattutto quella nutrita schiera di ordini religiosi – ovvero le realtà monastiche di antichissima fondazione, ma anche i Mendicanti – che necessitava di nuovi slanci e riforme, nonché di più efficaci ricontestualizzazioni. D’altronde sarà proprio il Concilio a dare l’impulso a rinnovate forme di vita religiosa, quali in primis i chierici regolari: per i Francescani, protagonisti del lavoro di tesi, la cosiddetta Controriforma funge da base (ma vi erano state avvisaglie già nei decenni precedenti) per riconsiderare ancora una volta le origini, proponendo dal ceppo medievale dei Conventuali nuovi virgulti che cercheranno di imporsi nella società, facendo nascere (e/o confermando) i Cappuccini, i Riformati, gli Scalzi (poi detti Alcantarini) e i Barbanti, senza lasciare completamente alle spalle l’importante esperienza degli Osservanti, che solo nel 1517 si erano vista riconosciuta la piena autonomia giuridica dai Conventuali, costituendo a tutti gli effetti – per la prima volta dalla fondazione della famiglia francescana – un ‘nuovo’ primo Ordine. L’eco di queste istanze viene riflesso anche nelle Province serafiche pugliesi, dando voce a ripensamenti e riorganizzazioni: nello specifico il caso di Bari testimonia un tessuto territoriale condiviso da quattro presenze francescane; la circostanza ha richiesto un’attenta indagine (nel cap. II) sulla nascita di questi insediamenti, passando dalle due più antiche attestazioni entro le mura (i Conventuali a S. Francesco della Scarpa e gli Osservanti a S. Pietro delle Fosse) alla costruzione, negli anni compresi tra il 1556 e il 1617, di due conventi fuori dal perimetro della Città Vecchia – ormai satura di case religiose, chiese e residenze a uso civile –, ovvero i loca dei Cappuccini e dei Riformati (rispettivamente S. Croce e S. Bernardino). Tornando a puntare la lente sulle vicende degli archivi, la ricerca ha concentrato lo sguardo sulle fonti che trasmettono notizia dell’arrivo di queste famiglie a Bari, aprendo virtualmente le porte di quegli archivi che conservavano materiali vari utili ai cronisti francescani pugliesi di età moderna. Il riferimento va alle opere storiche del francescano osservante Bonaventura da Fasano (Memorabilia minoritica, Bari 1656) e del riformato Bonaventura da Lama (Cronica de’ minori osservanti Riformati della Provincia di S. Nicolò, Lecce 1723-1724), ai quali si aggiunge la settecentesca Cronaca del cappuccino Emanuele da Francavilla, pubblicata tuttavia solo nella prima metà del XX secolo (Cronaca dei frati minori Cappuccini di Puglia, a cura di ANTONIO DA STIGLIANO, Bari 1941). Alle fonti a stampa (o almeno concepite per la stampa), frutto inevitabilmente di una costruzione e selezione della memoria e dei documenti, si affianca il rinvenimento di fonti archivistiche rimaste manoscritte (secc. XVII-XIX), inedite o già segnalate (e studiate) da alcuni francescanisti del Novecento oppure solo menzionate en passant e dunque non approfondite: l’analisi complessiva ha condotto a leggere meglio i rapporti anche con la memorialistica della città di Bari, rappresentata dall’opera di Antonio Beatillo (Historia di Bari, Napoli 1637) e, a distanza di più di due secoli, dall’impegno letterario di Michele Garruba (Serie critica de’ sacri pastori baresi, Bari 1844) e di Giulio Petroni (Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all’anno 1856 libri tre, Napoli 1857-1858). Continuando a illustrare l’itinerario della ricerca, è ancora il cap. II a dedicare ampio spazio ai conventi, soffermandosi sulla ricostruzione storico-documentaria delle vicende relative ai quattro loca francescani baresi, ripercorrendo i contesti e le circostanze storiche, discutendo in modo comparato le fonti disponibili. Per l’arrivo dei Conventuali nell’odierno capoluogo regionale pugliese la riflessione non poteva non avviarsi senza richiamare due auctoritates d’eccezione, ovvero Tommaso da Celano e Bonaventura da Bagnoregio, i quali hanno lasciato testimonianza di una visita di Francesco d’Assisi nelle vicinanze di Bari: la notizia viene utilizzata dal Beatillo e dal Garruba per trasferire sic et simpliciter la presenza dell’Assisiate direttamente in città e renderlo artefice della posa della prima pietra del locum dei Conventuali di S. Francesco della Scarpa (in una fase storica dell’Ordine nel quale non venivano ancora edificati conventi in muratura!), con il conseguente stanziarsi dei suoi fratres tra le comunità del clero regolare barese. Alla munificenza di un gruppo sociale emergente in città, ovvero quello dei mercanti, si deve la costruzione del convento osservante di S. Pietro delle Fosse, nella persona di Baldovino Carrattone, il quale nel 1463 fece completare la casa religiosa per questa famiglia, approvata circa un secolo prima e che costituiva una rinnovata e potente leva nell’assetto religioso e politico dell’Ordine francescano. Il Garruba spiega il titolo di S. Pietro delle Fosse ricorrendo a un altro mito di fondazione, che può criticamente essere letto in queste coordinate: se per i Conventuali si era chiamato in causa il nome di Francesco d’Assisi, celebrato come alter Christus, per gli Osservanti si prefigurava la loro venuta con il passaggio a Bari del princeps apostolorum, il quale – celebrando la messa in uno speco (le ‘Fosse’) accanto al luogo antesignano della costruzione della chiesa osservante – avrebbe idealmente predisposto e nobilitato l’insediamento della nuova famiglia religiosa. Le tensioni interne alle familiae serafiche fanno da contesto non dichiarato per l’interpretazione storiografica della nascita del convento cappuccino di S. Croce; le fonti dei Cappuccini attribuiscono un ruolo di primo piano a Giacomo da Molfetta, frate più insigne (e più santo) dopo l’abbandono dell’Osservanza e l’incardinazione nelle fila cappuccine: edificati spiritualmente per il ciclo di prediche tenuto in città dal religioso, gli esponenti dell’Universitas avrebbero predisposto la venuta in loco dei confratelli nel 1556, facendo sorgere un convento e dimostrando la (presunta) superiorità in crescendo della recentissima famiglia francescana, riconosciuta ufficialmente nel 1528. Di contro, gli storici baresi d’età moderna riconducono all’intervento vescovile di Antonio Puteo l’insediamento dei Cappuccini, dando maggiore risalto alla data del 1573, anno della ricostruzione della chiesa. L’arrivo dei Riformati in città nel 1617 complica gli equilibri con il clero secolare, gli altri ordini religiosi e con gli stessi francescani delle altre famiglie: il tema delle sepolture appare uno snodo nevralgico taciuto dalla memorialistica cittadina, ma fatto emergere dalle fonti dei Riformati, che individuano nel potere esercitato dalla Diocesi in merito alla questione un difetto poco tollerabile, seppur ineludibile per le ragioni della convivenza. Con il cap. III lo sguardo principale è tornato nuovamente a focalizzarsi sugli archivi francescani a Bari in Ancien Régime, intraprendendo un percorso finalizzato a ricostruire l’iter del flusso documentario, dalla produzione degli atti nelle segreterie (ovvero le Curie) dei quattro ministri provinciali che abitavano i conventi serafici dell’attuale capoluogo regionale pugliese sino alle modalità di gestione, conservazione e selezione dei documenti. Sottolineare la residenzialità dei ministri in città consente di chiarire che la scelta di studiare il caso barese è stata dettata anche da una constatazione previa: la presenza durante l’età moderna in loco di quattro nuclei archivistici che appaiono per natura omogenei, cioè gli Archivi Provinciali. Per i Francescani (e non solo), infatti, la gerarchia documentaria produce complessi scanditi su tre livelli ‘a piramide’, il cui vertice è da identificare nell’Archivio Generale e la base negli archivi dei singoli conventi; ne consegue che in forma medietatis si distinguono gli Archivi Provinciali, cioè le relazioni – in termini di atti prodotti e ricevuti – che le ‘circoscrizioni territoriali’ serafiche (appunto le Province) hanno intessuto in un dialogo istituzionale principalmente tra i conventi e la Curia Generale, non dimenticando, come è ovvio, i rapporti ad extra. Queste considerazioni permettono di operare una distinzione tra i quattro Archivi Provinciali attestati a Bari in Ancien Régime – ovvero il thesaurus memoriae centralizzato di Provincia dei Conventuali, Osservanti, Cappuccini e Riformati, nonché ‘oggetti di studio’ privilegiati della presente ricerca – e altre quattro realtà riscontrate, ovvero gli archivi propri delle fraternità che avevano dimora nei conventi di S. Francesco della Scarpa, S. Pietro delle Fosse, S. Croce e S. Bernardino. L’indagine, dunque, ha posto particolare attenzione sulle segreterie dei ministri provinciali, studiando, per quello che le fonti consentono, le figure professionali che vi lavoravano, ovvero il segretario e il pro-segretario, frati che dal riscontro sui documenti danno prova di una non ordinaria formazione culturale, in grado di svolgere mansioni sostanzialmente non molto diverse da quelle delle segreterie vescovili, seguendo tutte le procedure documentarie e redigendo ex officio testimonianze quali ad esempio il regestum Provinciae, tipico liber delle Curie francescane. Proprio al regestum Provinciae (o ‘libro magno’) è stato dedicato un approfondimento, in quanto la ricerca ha potuto rintracciarne (e descriverne) tre, attestazioni un tempo custodite dagli Archivi Provinciali degli Osservanti e dei Riformati di Bari, oggi presso l’Archivio Storico Provinciale dei Frati Minori di Puglia e Molise (S. Marco in Lamis, Foggia). Il tema della conservazione documentaria ha riguardato un altro aspetto della ricerca, poiché alle segreterie dei ministri spettava anche il compito – scandito tra i dettami delle Costituzioni francescane e le ragioni concrete della prassi – di seguire la sedimentazione dei documenti e provvedere a riporli in ambienti diversi rispetto a quelli della cella della segreteria, tutelando in primis le finalità pratico-amministrative, che solo in un secondo momento diverranno motivazioni di ordine storico legate alla custodia della memoria, anche in osservanza del notissimo documento di Benedetto XIII emanato il 14 giugno 1727, ovvero la Maxima vigilantia (e l’annessa Instructio Italica). Uno sguardo sulle strategie di conservazione documentaria nei singoli conventi serafici (e non negli Archivi Provinciali) della città di Bari ha permesso alla ricerca – ponendosi nell’alveo di indagini condotte dagli storici in merito però alle biblioteche francescane – di proporre i concetti di ‘archivio formale’ e ‘archivio non formale’, ovvero la presenza in età moderna nelle case religiose non solo di una cella adibita a luogo ‘ufficiale’ per la memoria, ma anche di almeno altri due spazi, la sacrestia e il refettorio, che prevedevano la tutela e la conservazione, rispettivamente, delle tabelle necrologiche – al fine di garantire la celebrazione dei suffragi per i confratelli defunti (in una sottile linea di confine tra memoria e memoriale liturgico) – e dei necrologi e delle circolari dei provinciali, da far leggere a un frate a turno durante la consumazione dei pasti per, nell’ordine, recitare il De profundis coralmente pro anima fratrum defunctorum e ascoltare in silenzio quanto disposto dai ministri per il governo della Provincia religiosa. Ritornando sugli Archivi Provinciali e alle pratiche della conservazione documentaria, l’indagine ha studiato un aspetto che appare meno conosciuto nel modus operandi delle famiglie francescane in Ancien Régime: connessa alla custodia delle scritture vi è la selezione delle carte, con l’invio agli Archivi Generali romani di atti che non dovevano rimanere negli Archivi Provinciali, al fine di preservare in loco il buon nome di confratelli che erano incorsi in situazioni particolari, soprattutto processi canonici, e così esercitare da parte delle Curie Generali una politica del ‘controllo della memoria’ sulle singole circoscrizioni territoriali. Questi documenti ‘in esilio’ a Roma sono stati rintracciati e danno ampiamente conto della scelta (e delle motivazioni) di non ricordare, circostanza che si è potuta ricostruire individuando quattro carteggi – uno per ogni famiglia serafica barese – compresi negli anni 1763-1814: la lettura dei contenuti ha consentito di cogliere in un’altra chiave interpretativa la produzione e conservazione documentaria, nonché di restituire alcuni elementi riguardanti il tessuto sociale ed economico della città di Bari tra XVIII e XIX secolo, avviando spunti di riflessione su problemi di natura storiografica. La ‘memoria taciuta’ dà prova di unità archivistiche dalla consistenza diversa, accomunate dal tentativo di allontanare da Bari il ricordo di vicende dalle tematiche forti, che lasciano comprendere come il saeculum non si sia arrestato in età moderna dietro la soglia dei conventi francescani: dalle sevizie subite da un frate nella sua cella tra i Conventuali al raggiro di un religioso dell’Osservanza compiuto per «frodare la Chiesa ed i sacri canonici stabilimenti», le evidenze documentarie si snodano fino a chiamare in causa dinamiche quali il contrabbando di acquavite e la vendita illecita di preparazioni galeniche – ma anche il prestito di denaro – tra i Cappuccini, oppure le relazioni pericolose di un frate della Riforma, «sempre mescolato negl’affari secolareschi», con due donne nubili. L’ultimo tratto del percorso di ricerca (cap. IV) ha riguardato un puntuale approfondimento sulle attestazioni superstiti degli archivi dei francescani a Bari in Ancien Régime; dopo aver infatti lavorato con testimonianze in originale e in copia e aver fatto ricorso anche a documenti non più esistenti (ma pervenuti come ‘memoria della fonte’), l’indagine ha richiesto di inquadrare gli Istituti di conservazione – soprattutto archivi, ma anche biblioteche – che attualmente custodiscono le effettive evidenze sopravvissute alle due Soppressioni del XIX secolo e/o ad altri eventi. Si tratta, come le coordinate generali lasciano intendere, di una ricognizione che resta inevitabilmente in fieri, suscettibile di ulteriori apporti utili ad ampliare lo sguardo d’insieme, con auspicabili rinvenimenti documentari – non ultimi fortuiti – in Istituti non noti alla ricerca. In merito invece agli archivi (e alle biblioteche) adeguatamente investigati e di cui si conoscono bene i ‘vincoli naturali’ con la produzione francescana barese, lo studio è stato articolato suddividendo gli Istituti per luoghi geografici, dando la priorità alla città di Bari e alla Puglia, per poi proseguire l’iter d’indagine fuori Regione; a sua volta i sette Istituti baresi sono stati separati in due gruppi, a seconda dell’appartenenza a Uffici periferici dello Stato o a realtà afferenti alla sfera ecclesiastica. In questi termini la ricerca ha potuto mettere in evidenza i rapporti tra gli archivi serafici baresi in età moderna e il patrimonio documentario dell’Archivio di Stato di Bari, rintracciando notizie su fondi quali Corporazioni religiose soppresse o l’Intendenza di Terra di Bari (nelle due serie Culto e dipendenze e Ramo finanze) che danno prova, tra gli altri aspetti, di cospicui carteggi di interesse francescano, senza tuttavia restituire un numero considerevole di attestazioni documentarie provenienti per via diretta dai conventi o informazioni più dettagliate sugli archivi (diversamente ad esempio dalle biblioteche). Sorti analoghe hanno riservato la Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi” e la Biblioteca Metropolitana “S. Teresa dei Maschi - De Gemmis”, con – rispettivamente – il fondo D’Addosio e il fondo De Gemmis, testimonianze delle ricerche e del gusto per il collezionismo di due studiosi locali vissuti fra la fine del XVIII e il XX secolo: tra i loro appunti, copie semplici, estratti da protocolli notarili e acquisti in antiquariato, tuttavia, qualche evidenza più significativa ha meritato indagini particolareggiate. Come facilmente intuibile i due maggiori archivi baresi del clero secolare (ovvero l’Archivio del Capitolo Metropolitano e l’Archivio Storico della Diocesi) rivestono un ruolo privilegiato nel custodire documentazione degli archivi dei conventi francescani baresi, principalmente per il ‘dialogo’ instaurato (e dunque la produzione dei relativi carteggi) tra i sacerdoti secolari e le Curie serafiche, testimonianza inoltre di un’azione di controllo sufficientemente attenta nei confronti dei religiosi, piuttosto capillare nei primi decenni successivi al Concilio di Trento e poi via via meno serrata. Le ricerche di documentazione francescana proveniente dai quattro conventi baresi si chiudono in loco con l’Archivio Provinciale dei Frati Minori Conventuali di Puglia e l’Archivio Storico della Provincia dei Cappuccini di Puglia, ovvero i due complessi documentari ancora oggi esistenti nel capoluogo regionale pugliese. Se per i Conventuali si è dimostrato che le scritture attualmente disponibili non costituiscono il thesaurus memoriae dell’antica Provincia Apuliae dedicata a san Nicola, per i Cappuccini si rileva la più nutrita consistenza documentaria a Bari in età moderna tra gli Archivi Provinciali serafici, nonostante le notevoli perdite attribuibili in particolar modo (ma non solo) alle due Soppressioni. Prima di lasciare i confini della Puglia l’indagine ha riservato uno spazio al già citato Archivio Storico Provinciale dei Frati Minori di Puglia e Molise, in modo da tornare sui tre ‘libri magni’ e chiarire i motivi della loro conservazione in quella sede, dettati dall’essere l’Istituto erede del patrimonio documentario delle due antiche Province in Terra di Bari degli Osservanti e dei Riformati, familiae nel 1897 riunite da Leone XIII con la bolla Felicitate quadam nel ‘nuovo’ Ordo Fratrum Minorum. Fuori dalla Puglia le ricerche si sono concentrate soprattutto a Roma, per la presenza degli Archivi Generali dei tre odierni Ordini francescani (Archivio Storico Generale dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, Archivio Storico Generale dell’Ordine dei Frati Minori, Archivio Generale dei Cappuccini), giovandosi tuttavia anche delle ricognizioni sui fondi dell’importante Archivio del Collegio di Sant’Isidoro, mentre le città di Milano, Firenze e Napoli hanno contribuito marginalmente a offrire allo studio un apporto documentario più incisivo. Nella parte finale del cap. IV la ricerca, avviandosi alla conclusione, ha preso in esame le tipologie e le consistenze dei documenti degli archivi francescani baresi, ricostruendo con le testimonianze superstiti (ma anche con quelle non più materialmente attestate – di cui si è rintracciata la sola memoria –, discusse nei capitoli precedenti) l’ideale albero logico dei quattro archivi. Si è trattato, in definitiva, di vagliare più campi d’indagine, a partire dai non numerosi ‘riferimenti archivistici’ espliciti rinvenuti nella legislazione francescana di età moderna (ma anche medievale), sottolineando differenze e analogie tra le quattro famiglie serafiche. La proposta di ricostruzione ha tenuto ben presente la vita amministrativa (e non solo) delle segreterie dei ministri provinciali e le funzioni svolte dalle singole comunità, riconsiderando i rapporti ad intra e ad extra e dunque la relativa produzione documentaria, individuando di conseguenza le possibili serie (e sottoserie) in cui apparivano strutturati gli archivi, sia quelli centralizzati delle quattro Province sia quelli delle fraternità. Questo tipo di lavoro si è avvalso, come è ovvio, anche delle evidenze archivistiche ancora disponibili (e su cui ci si è soffermati nel paragrafo precedente), tentando di dedurre dalla tipologia dei documenti l’organizzazione fisica delle carte ab antiquo, includendo l’analisi delle pochissime segnature superstiti e/o delle annotazioni di segreteria. L’iter assunto dall’indagine non ha ritenuto inopportuno far introdurre lo studio da una storia dei quattro archivi francescani baresi, profilo che è stato delineato anche grazie a una puntuale spigolatura delle fonti, richiamando tutte le testimonianze e le occorrenze – almeno quelle a oggi reperite dalla presente ricerca – che danno notizia del divenire dei complessi documentari dei Conventuali, Osservanti, Cappuccini e Riformati a Bari in età moderna. Chiude la tesi il consueto corpus finale di sigle e abbreviazioni, fonti, bibliografia e sitografia, preceduto da un’appendice iconografica: la raccolta di un gruppo di tavole, con riproduzioni a colori, vuole restituire visivamente alcuni dei documenti più significativi esaminati nel corso dello studio, dando anche prova delle particolari attenzioni che gli enti produttori hanno talvolta riservato, ad esempio, alla scrittura e all’apparato decorativo di specifici atti.
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GAROFALO, CARMELA. « Management delle risorse microbiotiche per la produzione di vini tipici pugliesi ». Doctoral thesis, Università di Foggia, 2014. http://hdl.handle.net/11369/331791.

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Résumé :
La fermentazione del succo d’uva è un processo biochimico complesso, in cui i lieviti svolgono un ruolo fondamentale trasformando gli zuccheri dell’uva in etanolo, CO2 e altre centinaia di composti secondari. L’ecologia dei lieviti, responsabili della fermentazione alcolica, risulta essere più complessa rispetto a quanto precedentemente pensato, dimostrando inoltre che i lieviti non-Saccharomyces svolgono un ruolo rilevante sull’impatto metabolico e la complessità aromatica del prodotto finito. L’inclusione di lieviti vinari non-Saccharomyces, insieme a ceppi di Saccharomyces in multi-starter per la fermentazione alcolica è stato proposto come strumento per migliorare la composizione chimica e le proprietà sensoriali del vino, traendo vantaggio dalle fermentazioni spontanee ed evitando il rischio di arresti fermentativi. SCOPO DEL LAVORO L’obiettivo principale di questo lavoro è stato di isolare ceppi microbici (lieviti e batteri) rappresentanti la biodiversità della microflora “virtuosa” dei vini tipici pugliesi studiati. MATERIALI E METODI Lieviti e batteri sono stati isolati da fermentazioni spontanee di vini Pugliesi e da bucce d’uva. L’identificazione dei lieviti è stata ottenuta mediante analisi di restrizione e sequenziamento della regione compresa fra gli internal transcribed spacers e la frazione 5.8S del RNA ribosomiale (5.8S-ITS), inoltre i ceppi di Saccharomyces cerevisiae sono stati identificati mediante PCR specie-specifici e caratterizzati genotipicamente con l’analisi delle sequenze interdelta. La caratterizzazione tecnologica dei ceppi selezionati di S. cerevisiae e non-Saccharomyces è stata condotta con in vitro, mediante un tradizionale approccio polifasico, e in vivo. Inoltre è stata investigate la biodiversità dei ceppi di O. oeni isolati da vini in cui era in corso la fermentazione malolattica spontanea. In particolare si è deciso di focalizzare l’attenzione sulla biodiversità genetica e sulla diversa capacità di degradare l’acido malico. Per la caratterizzazione genotipica sono state utilizzate due tecniche molecolari: l’analisi variable number tandem repeat (VNTR) e l’analisi Multilocus Sequence typing (MLST). Due ceppi di S. cerevisiae (S. cerevisiae I6 e S. cerevisiae E4) sono stati selezionati per le loro proprietà fermentative per successive esperimenti di microvinificazione, i batteri sono stati inoculati con due diversi tempi di inoculo, insieme al lievito (coinoculo) o alla fine della fermentazione alcolica (inoculo sequenziale). RISULTATI Fra i ceppi isolati ed identificati è stata osservata una grande biodiversità di ceppi di interesse enologico, infatti sono stati identificati ceppi di H. uvarum, C. stellata, S. cerevisiae e M. pulcherrima. In particolare la maggior parte dei ceppi analizzati appartengono ai generi M. pulcherrima e H. uvarum. Il primo step della caratterizzazione tecnologica (attività killer, produzione di H2S, cinetiche di fermentazione in terreno sintetico e mosto, analisi citofluorometriche) ci ha permesso di selezionare i ceppi di lieviti più promettenti, sia ceppi di S. cerevisiae che non-Saccharomyces, fra questi ultimi la maggior parte dei ceppi analizzati appartengono alle specie Hanseniaspora e Candida. Inoltre ci ha permesso di valutare le performances di starter multi-strain (Sacch-non-Sacch). Tuttavia, utilizzando due classiche strategie di inoculo, pianificate per promuovere l'espressione dei ceppi non-Saccharomyces, è stata notata una forte competizione fra i ceppi di S. cerevisiae e i non-Saccharomyces, compromettendo l’efficienza della fermentazione alcolica. L’analisi PCR delle sequenze di S. cerevisiae ha mostrato una grande biodiversità, permettendo di distinguere 86 diversi biotipi su 90 ceppi analizzati. Sono stati analizzati 50 ceppi di O. oeni, isolati da diversi vini, fra questi 50 ceppi la tecnica VNTR ha permesso di distinguere 31 profili differenti, di cui 11 profili unici, mentre i 20 ceppi analizzati con la tecnica MLST sono stati differenziati in 8 diversi ST, di cui 6 nuovi. Diversi risultati relativi all'efficienza della FML sono stati osservati utilizzando diverse coppie di lieviti e batteri. Per esempio, alcuni ceppi di O. oeni hanno portato ad una fermentazione malolattica più efficiente quando coinoculati con S. cerevisiae I6, mentre altri O. oeni hanno svolto una fermentazione malolattica migliore se utilizzati con S. cerevisiae E4. In generale, i risultati ottenuti permetteranno di gestire al meglio le risorse microbiche per la produzione di vini tipici pugliesi.
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Semeraro, Annalivia <1987&gt. « Incontri tra musiche tradizionali pugliesi e albanesi : note per un ponte sonoro ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/8263.

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La mia tesi è un viaggio tra la Puglia e l’Albania, due terre bagnate da uno stesso mare, sulle cui rive si sono incontrate genti e culture anche grazie alla musica. In questo senso, la tesi inizia con una storia delle musiche tradizionali pugliesi e albanesi per divenire, poi, un viaggio tra i racconti contemporanei di musicisti pugliesi e albanesi immigrati che in Puglia hanno accolto con curiosità la musica dell’altro, traendone ispirazione per creare un nuovo linguaggio musicale. La tesi si conclude notando come l’incontro e la fusione delle differenze possa permettere alla tradizione di evolversi e di continuare a vivere.
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Kurpicz, Florian [Verfasser], Johannes [Akademischer Betreuer] Fischer et Simon J. [Gutachter] Puglisi. « Parallel text index construction / Florian Kurpicz ; Gutachter : Simon J. Puglisi ; Betreuer : Johannes Fischer ». Dortmund : Universitätsbibliothek Dortmund, 2020. http://d-nb.info/121352055X/34.

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RIZZO, MARIALISA. « EDUCAZIONE FEMMINILE INFORMALE E PASSAGGI GENERAZIONALI. Una ricerca etnopedagogica con tre generazioni di donne dalle origini pugliesi a Milano e hinterland ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2019. http://hdl.handle.net/10281/241071.

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Résumé :
La ricerca pedagogica ha posto l’attenzione sulle storie di formazione di tre generazioni di donne dalle origini pugliesi abitanti a Milano o nel suo hinterland (“nonne”, migrate negli anni ‘50-‘60, “madri”, “figlie”); su identità non isolate ma da considerarsi in rapporto ai contesti storico-geografico-sociali vissuti; sui processi di educazione informale rintracciabili nei percorsi di vita. La ricerca, così orientata, si è collocata nel quadro teorico della pedagogia sociale. Rilevanti anche gli studi di genere e sulle migrazioni. Se per le “nonne” sono risultati centrali, per la formazione identitaria, la migrazione interna e gli stereotipi sulle meridionali; per le altre determinanti sono stati i rapporti con i nuovi territori, con le/i pari e con le/gli adulti nelle famiglie, che, diversamente da quelle settentrionali, non sono state immediatamente interessate dal miracolo economico e dalle trasformazioni di quei tempi. La ricerca – chiedendosi come stiano crescendo le “figlie” – ha provato a osservare le reiterazioni/alterazioni, da una generazione all’altra, di performances di genere; a comprendere quali siano state le possibilità trasformative aperte dalle stesse donne per le figlie; quali gli atteggiamenti collusivi alle idee di inferiorità femminile/meridionale (e non solo) “offerti” nei passaggi generazionali; quali ancora i contributi (o meno) dei territori, dove sono andate inserendosi le prime migranti e poi le loro discendenti, nella formazione di apprendimenti alternativi. La ricerca ha provato a riflettere anche sull’azione congiunta delle appartenenze di genere, generazione e del patrimonio culturale. L’analisi tematica a più livelli dei dati raccolti con un dispositivo etnopedagogico ha infatti provato a utilizzare le lenti dell’intersezionalità, translocale e intergenerazionale. Accanto alle interviste in profondità, i momenti di informalità (come la restituzione cartacea), guidati dall’osservazione inevitabilmente partecipante, di cui si è tenuta traccia nel diario di ricerca. L’analisi pedagogica ha portato alla luce “nodi identitari” non pienamente risolti, incidenti anche nell’attuale sui percorsi biografici e nei quartieri popolari, in cui oggi si sovrappongono diverse migrazioni; ha messo in evidenza “questioni irrisolte” che conducono queste donne a tentare la salvaguardia di una “centralità instabile” guadagnata nel tempo, prendendo le distanze da un’idea di “arretratezza”: vissuta nella propria biografia (con molteplici subordinazioni) e nel contesto familiare, tacitata eppure promossa dalla società contemporanea – ancora sfavorevole soprattutto per le giovani –, ma ora attribuita ad altre, considerate ai margini di una posizione vantaggiosa (illusoriamente) raggiunta nella contemporaneità. È questa presa di distanza che rischia di portare anche le “figlie” a giocarsi all’interno di guerre tra simboli, che sostengono inconsapevolmente guerre altre, allontanate dal quotidiano e basate sulla democratizzazione del Medioriente, in cui le donne sono viste come sottomesse all’uomo e alla loro cultura appunto arretrata; le porta a concorrere con queste, non percependosi invece sulla stessa barca e ostacolando così un cambiamento sociale, necessario davanti alla permanenza diffusa di una cultura maschilista. Il proporre riflessioni collegiali (dalla restituzione comune con le “figlie” alla teatralizzazione), ha come obiettivo ultimo proprio una rilettura condivisa di storie di vita e formazione, individuali eppure collettive, che illuminano alcune dimensioni della società italiana più ampia; rilettura, che vorrebbe stimolare dialoghi alternativi tra diverse femminilità (e non solo), che pure oggi si trovano a vivere insieme – in maniera concorrenziale più che cooperativa – la medesima struttura sociale ancora interessata da questioni di genere e da altri fenomeni migratori.
The pedagogical research has its focus on three female generations with Apulian origins who live in Milan or in its hinterland: “grandmothers”, migrated between ‘50s-‘60s, “mothers” and “daughters”. This research tried to observe the different educational feminine paths that there are into various social spaces and times and that are dense of informal educational experiences. The theoretical framework of this research is composed by social pedagogical studies, gender studies and studies on migrations. The internal migration and the stereotypes about Southern women played an important role in grandmothers’ educational paths. On the other hand, for the other women (“mothers” and “daughters”), the “new territories” of reference, the peer groups and the male and female adults in their families were important. Their families, differently of Northern ones, were not manifestly involved in economical-boom phenomena and in the social transformations of that time. The research – wondering how the daughters are growing – tried to reflect on the joint action of gender, generation and cultural heritage on female walks of life and it tried to observe – among three generations – the reiterations/alterations of gender messages and performances. Not only It wanted to understand the “transformative possibilities” opened by women for their daughters, but also the collusive behaviours about some hypothesis of female and Southern people’s subordination (but not only them) that were offered in the generational passages. Moreover, it wanted to study the role of the territories in which these first women arrived and in which their descendants live, in structuration of some occasions of alternative learning and critical thinking. Data were collected by an ethno-pedagogical system, mainly with semi-structural in-depth interviews. The analysis used the intersectional, translocal and intergenerational criteria. Others tools were informal moments with triads, in which it has been possible to observe in a participatory way and, in a second time, to write a diary of research. The occasions of restitution of stories were among these fundamental moments. The pedagogical analysis has raised some “identity matters” not fully resolved, affecting contemporary biographies and popular neighborhoods in which different migrations overlap now. These “unresolved issues” bring some women to try to defend their “unstable centrality”, earned during the time, by distancing themselves from backwardness that has been lived in personal biography (with several subordinations), in personal family and in current society. Actually, the society still promotes and remains silent about women’s subordinations, mainly about young women’s one. Thus, this backwardness was and it is lived by these women but it is assigned to other femininities, considered marginal relating to a (illusory) vantage position reached today. With this disregard, the daughters also risk to stake in the war of symbols, unknowingly sustaining other wars, removed from the daily life and based on the democratization of Middle East in which women are seen as subordinated to their men and to their backward culture. Today, different women compete with each other but they don’t perceive themselves in the similar social-situation and they unconsciously hinder the social transformation, necessary in the permanence of male-dominating tradition. In some common reflection about these issues (as a common restitution with daughters and a theater performance), it could be possible to reflect and to legitimize the drawing of some transversal issues among different stories and this could create a new knowledge about Italian contemporary society. These events could open some alternative dialogues between different femininities (but not only them) who now live together the same social structure characterized by gender issues and other migratory phenomena.
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FAVILLA, Mara. « Miglioramento della qualità di pani tipici pugliesi. Identificazione di batteri lattici con proprietà antimicrobiche e di Bacillus sporigeni isolati da semole di grano duro ». Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2010. http://hdl.handle.net/11695/66335.

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Il lavoro di ricerca ha avuto come obiettivo il miglioramento della qualità microbiologica di pani tipici pugliesi attraverso la selezione di batteri lattici con attività antimicrobica e la caratterizzazione di contaminanti batterici (Bacillus spp.), da semole rimacinate di grano duro. I batteri lattici sono microrganismi da sempre utilizzati nella preparazione di alimenti fermentati tra cui alcuni tipi di pane ottenuti dalla fermentazione del lievito naturale. I prodotti del metabolismo dei batteri lattici favoriscono una prolungata conservabilità microbiologica del pane grazie alle loro proprietà antimicrobiche. Lo studio dei batteri lattici presenti nelle semole rimacinate di grano duro impiegate nella produzione di pani tipici pugliesi può consentire l’individuazione di ceppi con particolari caratteristiche pro-tecnologiche per il miglioramento della qualità dei prodotti da forno. Inoltre l’uso di i metaboliti antimicrobici, in alternativa all’impiego di lievito naturale, che richiede tempi di fermentazione lunghi, può rappresentare un nuovo strumento di controllo delle contaminazioni microbiche dei prodotti da forno. In questo studio, le popolazioni lattiche isolate da 30 campioni di semole rimacinate di grano duro utilizzate per la produzione di pani tipici pugliesi sono state analizzate per individuare ceppi con proprietà antimicrobiche. L’analisi ha portato all’isolamento di 250 isolati distinti in 17 ceppi mediante rep-PCR. Un ceppo rappresentativo di ciascun profilo rep-PCR è stato utilizzato per la successiva identificazione della specie. Il sequenziamento del gene 16S rRNA ha permesso di identificare le seguenti specie: Weissella cibaria, W. confusa, Leuconostoc citreum, L. mesenteroides, Lactobacillus plantarum, L. rossiae e Lactococcus lactis subsp lactis. Tra queste, le specie W. cibaria e W. confusa hanno mostrato la variabilità genotipica più ampia e sono risultate le più comuni poiché isolate dal 75% dei campioni. La presenza di attività antimicrobica nei prodotti di fermentazione (PF) ottenuti inoculando i 17 ceppi rappresentativi dei profili rep in un substrato a base di farina, è stata valutata in vitro contro 3 funghi contaminanti i prodotti da forno (Aspergillus niger, Penicillium roqueforti e Endomyces fibuliger) e Bacillus subtilis responsabile dell’alterazione batterica nota come “pane filante”. Le analisi hanno portato all’individuazione di 6 ceppi appartenenti alle specie Weissella cibaria, Leuconostoc citreum, Lactobacillus rossiae, L. plantarum e Lactococcus lactis. Tra questi è stato selezionato il ceppo L. citreum C2-27 il cui prodotto di fermentazione ha dimostrato un’attività paragonabile a quella del propionato di calcio (0,3% p/vol) verso i tre funghi, ha inibito la germinazione delle spore di B. subtilis, ed infine è risultato efficace nel ritardare lo sviluppo di A. niger ITEM5132 direttamente sul pane. Indagini biochimiche condotte sui PF hanno indicato negli acidi lattico (28,26 mM) e acetico (14,62 mM) prodotti e nel valore di pH acido (3,42) i principali responsabili dell’attività antimicrobica. Il contenimento delle alterazioni del pane può essere raggiunto non solo mediante l’uso di conservanti naturali, ma anche con il controllo della qualità microbiologica delle materie prime. Recentemente diverse aziende del Meridione d’Italia hanno segnalato problemi di deterioramento delle produzioni panarie attribuiti alla presenza di spore di Bacillus spp nelle materie prime. Nell’ambito dell’attività di ricerca sono stati esaminati 59 campioni di semole rimacinate di grano duro provenienti da alcune zone della provincia di Bari e Foggia al fine di valutare l’eventuale contaminazione di Bacillus spp. Lo studio ha dimostrato che ca. il 90% dei campioni presentavano un livello di contaminazione compreso tra 100-103 spore/g e che il 60% degli isolati ottenuti sono stati identificati come B. subtilis/B. amyloliquefaciens e B. licheniformis, le due specie più comunemente associate all’alterazione del pane filante.
The aim of this research work was to obtain the improvement of microbiological quality of traditional Apulian breads through the selection of lactic acid bacteria with antimicrobial activity and the characterization of bacterial contaminants (Bacillus spp.) from wheat semolina. Lactic acid bacteria are microorganisms used since ancient times for preparation of fermented foods such as some types of bread made with sourdough. The products of metabolism of lactic acid bacteria can extend the shelf life of bread due to their antimicrobial properties. The study of lactic acid bacteria in the wheat semolina used in the production of traditional Apulian breads may lead to the selection of strains with peculiar pro-technological characteristics for improvement of bakery product shelf life. Moreover, the use of antimicrobial metabolites as an alternative to sourdough that need a long fermentation time, may represent a new tool for control microbial contamination of bakery products. In this study, 30 samples of durum wheat semolina were subjected to microbiological analysis in order to explore their lactic acid bacteria diversity and to find strains with antifungal activity. The analysis led to the isolation of 250 isolates that were differentiated into 17 strains by rep-PCR. A representative strain of each rep-PCR pattern was used to identify the species. The sequencing of 16S rRNA gene allowed to identify the following species: Weissella cibaria, W. confusa, Leuconostoc citreum, L. mesenteroides, Lactobacillus plantarum, L. rossiae and Lactococcus lactis subsp lactis. In particular, W. cibaria and W. confusa showed the greatest genotypic variability and were the most widely diffused, since occurring in the 75% of the semolina samples. The antimicrobial activity of the fermentation products (FP) obtained by growing the 17 strains representative of the rep-PCR profiles in a flour-based medium, was evaluated in in vitro experiments against 3 fungal contaminants of bakery products (Aspergillus niger, Penicillium roqueforti and Endomyces fibuliger) as well as against Bacillus subtilis, the causal agent of “bread rope”. The analysis led to the selection of 6 LAB strains belonging to the species Weissella cibaria, Leuconostoc citreum, Lactobacillus rossiae, L. plantarum e Lactococcus lactis showing antimicrobial properties. Among these strains, the fermentation product of L. citreum C2-27 showed a strong inhibitory activity towards the three above fungi, which was comparable to that of calcium propionate (0.3%, wt/vol), and also inhibited B. subtilis spore germination and delayed the development of A. niger ITEM5132 directly on bread. Bichemical investigations carried out on the FPs suggested that antimicrobial activity was mainly related to lactic acid (26.28 mM) and acetic acid (14.62 mM) production, and to the low pH (pH = 3.42). Along with the use of natural preservatives, prevention and reduction of bread spoilage may be achieved also through the control of microbiological quality of raw materials. Recently, several companies in Southern Italy have reported problems of deterioration of bakery products due to the presence of spores of Bacillus spp. in raw materials. As part of this research, 59 samples of wheat semolina from different localities in the areas of Bari and Foggia were examined in order to assess the possible contamination by Bacillus spp. The study showed that approximately the 90% of samples were contaminated by 100-103 spores/g. Sixty percent of isolates were identified as B. subtilis/B. amyloliquefaciens and B. licheniformis, the two species most commonly associated with ropy bread spoilage.
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Pedone, Romeo <1990&gt. « Bona Sforza : Duchessa di Bari e Regina di Polonia. Il suo ducato, la Puglia e i pugliesi nel "Secolo d'oro" del Regno di Polonia ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/8237.

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Dopo aver sposato Sigismondo I il Vecchio, Bona Sforza d'Aragona duchessa di Bari diventa Regina di Polonia. Durante il suo regno, sia Bari che la Polonia vivono un periodo di massimo splendore. In questa tesi, verrà analizzata la figura di Bona Sforza come ponte tra il piccolo ducato di Bari e il grande regno di Polonia. Si utilizzerà la figura della regina Bona per evidenziare le relazioni che si sono protratte tra Bari e la Polonia durante la prima metà del XVI secolo, ma anche oltre. Si metterà in primo piano anche l'importanza dei ruoli svolti dai vari pugliesi nell'entourage di Bona Sforza nel suo regno polacco.
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FEDERICO, LUCA. « L'apprendistato letterario di Raffaele La Capria ». Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1005664.

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Superati «novant’anni d’impazienza» e dopo un lungo periodo votato all’autocommento e all’esplorazione delle proprie intenzioni, Raffaele La Capria ha raccolto le sue opere in due Meridiani curati da Silvio Perrella. La Capria ne ha celebrato l’uscita nella prolusione inaugurale di Salerno Letteratura, poi confluita nel breve autoritratto narrativo "Introduzione a me stesso" (2014). In questa sede, l’autore è tornato su alcuni punti essenziali della sua riflessione sulla scrittura, come la relazione, reciproca e ineludibile, fra tradizione e contemporaneità. All’epilogo del «romanzo involontario» di una vita, La Capria guarda retrospettivamente alla propria esperienza come ad un’autentica educazione intellettuale. Perciò, muovendo da un’intervista inedita del 2015, riportata integralmente in appendice, la tesi ha l’obiettivo di ricostruire l’apprendistato letterario di La Capria dai primi anni Trenta, quando l’autore ancora frequentava il ginnasio, fino all’inizio dei Sessanta, quando ottenne il premio che ne avrebbe assicurato il successo. Il percorso, che riesamina l’intera bibliografia lacapriana nella sua varietà e nella sua stratificazione, si articola in una serie di fasi interdipendenti: la partecipazione indiretta alle iniziative dei GUF (intorno alle riviste «IX maggio» e «Pattuglia»); l’incursione nel giornalismo e l’impegno culturale nell’immediato dopoguerra (sulle pagine di «Latitudine» e di «SUD»); l’attività di traduttore dal francese e dall’inglese (da André Gide a T.S. Eliot); l’impiego alla RAI come autore e conduttore radiofonico (con trasmissioni dedicate a Orwell, Stevenson, Saroyan e Faulkner); la collaborazione con «Il Gatto Selvatico», la rivista dell’ENI voluta da Enrico Mattei e diretta da Attilio Bertolucci; e le vicende editoriali dei suoi primi due romanzi, “Un giorno d’impazienza” (1952) e “Ferito a morte” (1961), fino alla conquista dello Strega. La rilettura dell’opera di uno scrittore semi-autobiografico come La Capria, attraverso il costante riscontro di fonti giornalistiche, testimonianze epistolari e documenti d’archivio che avvalorano e occasionalmente smentiscono la sua versione dei fatti, diventa allora un’occasione per immergersi nella sua mitografia personale e avventurarsi in territori finora poco esplorati: come la ricostruzione del suo profilo culturale, a partire dal milieu in cui La Capria vive e opera, o l’incidenza delle letture e delle esperienze giovanili sulla sua prassi letteraria.
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CASTRIGNANO', VITO LUIGI. « Testi notarili pugliesi del sec. XV. Edizione critica, spoglio linguistico e lessico ». Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/11573/915427.

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Nella tesi vengono censiti e pubblicati in edizione critica i più antichi testi notarili baresi di provenienza pugliese (sec. XV). Il lavoro contiene anche uno spoglio linguistico-lessicale analitico, ricchi indici lessicali e onomastici, nonché un'approfondita analisi storico-linguistica.
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Massaro, Angelapia. « Morfosintassi dell’accordo nel genitivo e sua correlazione con elementi del tipo D ». Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/2158/1188743.

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Résumé :
The aim of this dissertation is an analysis of agreement in relation to genitival constructions. It proposes that the Apulian non-prepositional enitives of San Marco in Lamis can be described as regulated by a definiteness agreement mechanism manifesting itself in the necessity of articled heads (excluding vocatives) and genitival nouns, coupled with an adjacency requirement which limits the realization of post-nominal modifiers of the head in a post-genitival position, where they might only refer to the genitive noun. This work thus proposes that such agreement for definiteness is the same holding in Romanian non-al genitives which result in the linker construction when agreement is disrupted. In chapter 1 we thus introduce Kartvelian genitives by Suffixaufnahme which notoriously represent a genitive-head noun morphological agreement phenomenon. Plank (1995) also shows that in a series of genitives, Suffixaufnahme shows up only on the last one, demonstrating that when it comes to agreement in genitives, local dynamics of sorts are often at stake (as it happens with the Costruct State). In 2 we move to linkers; linkers have been connected to agreement in Suffixaufnahme genitives at least since Plank (1995) and later works such as Larson and Yamakido (2006), Manzini et al (2016), and Manzini (2018), according to which linkers can be assimilated to agreement. In fact, in synthetic systems such as Romanian and Aromanian, Albanian and Arbëresh, and Kurdish varieties, linkers agree for φ with either the head or the genitive noun. Giurgea and Dobrovie-Sorin (2013: 126) further show that in Romanian non-linker constructions possessives agree for case with the head noun. In linker constructions, agreement for case is not present: it’s the linker itself which agrees with the head noun, this time for φ. Chapter 3 deals with genitival modification in Hebrew and a number of Arabic varieties. It proposes that the pseudoprepositions found in Arabic varieties are nouns in the Construct State. This was previously proposed for Palestinian Arabic in Mohammad (1999), which also shows that such elements agree for φ with the modified noun. 3.2 takes into account the Semitic preposition l-, dealing with the question of whether this lement can be characterized as possessive and locative as it happens for Romance a. 4 analyzes Apulian non-prepositional genitives and proposes as anticipated that the necessity of articled nouns in the construction is to be linked to an agreement relation taking place via D. Lastly, 5 subsumes the conclusions of this work. // Lo scopo di questa tesi è un'analisi dell’accordo in relazione alle costruzioni genitive. Propone, in particolare, che i genitivi non preposizionali del pugliese di San Marco in Lamis possono essere descritti come regolati da un meccanismo di accordo per definitezza che si manifesta nella necessità di teste (esclusi i vocativi) e genitivi articolati, unitamente a un requisito di adiacenza che limita la realizzazione dei modificatori postnominali della testa in una posizione post-genitivale, dove possono riferirsi solo al nome genitivo. Questo lavoro propone quindi che tale accordo per definitezza sia lo stesso dei genitivi romeni non-al che si traducono nella costruzione con linker in caso di interruzione dell'accordo. Nel capitolo 1 introduciamo quindi i genitivi cartvelici con Suffixaufnahme che notoriamente rappresentano un fenomeno di accordo morfologico del nome genitivo con il nome testa. Plank (1995) mostra inoltre che in una serie di genitivi, il Suffixaufnahme è presente solo sull'ultimo, dimostrando che quando si tratta di un accordo nei genitivi, spesso sono in gioco dinamiche locali (come accade con lo Stato Costrutto). In 2 passiamo ai linker; I linker sono stati collegati all'accordo nei genitivi con Suffixaufnahme almeno a partire da Plank (1995) e successivamente in lavori come Larson e Yamakido (2006), Manzini et al (2016) e Manzini (2018), in base ai quali i linker possono essere assimilati all'accordo. In effetti, in sistemi sintetici come il romeno e le varietà e aromene, l’albanese e l’arbëresh, e le varietà curde, i linker si accordano per φ con la testa o il nome genitivo. Giurgea e Dobrovie-Sorin (2013: 126) mostrano inoltre che nelle costruzioni non-al romene i possessivi si accordano per il caso con il nome testa. Nelle costruzioni con linker, l'accordo per il caso non è invece presente: è il linker stesso che si accorda con il nome testa, questa volta ovviamente per φ. Il capitolo 3 tratta di costruzioni genitive nell’ebraico e in alcune varietà arabe. Propone che le pseudopreposizioni delle varietà arabe sono in realtà nomi allo Stato Costrutto. Ciò è stato precedentemente proposto per l'arabo palestinese da Mohammad (1999), che dimostra inoltre che tali elementi si accordano per φ con il nome che modificano. 3.2 prende in considerazione la preposizione semitica l-, trattando la questione della sua caratterizzazione come possessiva e locativa come accade per il romanzo a. 4 analizza i genitivi non preposizionali pugliesi e propone, come anticipato, che la necessità di N articolati nella costruzione è collegata a una relazione di accordo tramite D. Infine, 5 trae le conclusioni di questo lavoro.
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