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Thèses sur le sujet « Proprietà nel diritto comunitario »

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ARTARIA, RICCARDO. « La proprietà fra Costituzione e carte europee ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012. http://hdl.handle.net/10281/45606.

Texte intégral
Résumé :
La proprietà, al pari degli altri diritti costituzionalmente tutelati, si apre oggi ad una tutela articolata su molteplici livelli: in particolare, l’elaborato approfondisce lo studio della Costituzione italiana, della Cedu e del diritto comunitario (nel quale ha di recente assunto forza normativa la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione). Queste Carte compongono un sistema complesso di tutela della proprietà che, se contribuisce a incrementare le garanzie di effettività per il singolo, impone nuove riflessioni: può infatti creare problemi con riguardo tanto alla composizione delle varie fonti concorrenti quanto ai rapporti fra le relative giurisdizioni esclusive di legittimità e più in generale, impegna a ripensare al ruolo della dimensione sociale della proprietà. Lo studio è infatti stato condotto secondo la logica del rapporto fra prospettiva individuale e sociale nella configurazione della proprietà, al fine di verificare come il sapiente bilanciamento fra queste due dimensioni cristallizzatosi nella disciplina costituzionale si sia aperto alla europeizzazione dei diritti vivendo una profonda trasformazione. Partendo dallo studio dell’evoluzione storico-politica delle concezioni relative alla proprietà, l’elaborato si sofferma sull’analisi dell’art. 42 Cost. evidenziando come l’imprescindibile rapporto fra proprietà e comunità politica sia svolto dallo Stato sociale disegnato in Costituzione secondo un disegno singolare, che determina la perdita di centralità della proprietà in favore del valore della persona umana sintetizzato nel principio personalista e in quello solidarista, cristallizzato nella formula della “funzione sociale”: la Costituzione supera così la naturale tensione fra il principio di eguaglianza e il riconoscimento del diritto di proprietà, prescrivendo che l’integrazione sociale sia costruita anche attraverso una disciplina della proprietà capace di armonizzare l’interesse individuale con quello della comunità, secondo la prospettiva tipica dello Stato sociale. Per questo, su un diverso piano, si è considerato che in virtù della “funzione sociale” nemmeno può dirsi che l’art. 42, comma 2, Cost. intenda costituzionalizzare un diritto fondamentale dell’individuo. A chi scrive è quindi sembrato difficile accedere all’idea, che anima il diritto di matrice europea ed ora anche la nostra giurisprudenza costituzionale, della massimizzazione della tutela della proprietà, proprio in ragione della finalità redistributiva della ricchezza che è imprescindibile per lo Stato sociale In tale ottica, si è approfondito lo studio della tutela della proprietà disegnata dalla Cedu e dal diritto dell’Unione europea; per conseguenza, si è delineata la dimensione della distanza fra il modello sociale della nostra Costituzione e il modello liberale del diritto europeo, orientato verso la maggior soddisfazione delle ragioni della proprietà. Si è quindi affrontato il problematico nodo della composizione dei diversi livelli normativi alla luce dell’art. 117, comma 1, Cost. e della relativa giurisprudenza costituzionale, rilevando che la tutela multilivello della proprietà sembra ruotare in particolare attorno alla garanzia scolpita nell’art. 1 del Prot. n. 1 alla Cedu e nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Tuttavia, se la prospettiva che si adotta nel pensare alla tutela dei diritti è quella dell’ampliamento della tutela stessa, come vorrebbe la Corte costituzionale, l’elemento della «funzione sociale» che innerva lo statuto costituzionale della proprietà non può che trovarsi corrispondentemente dimidiato. A dimostrazione di ciò si è approfondita la rilevante influenza del diritto sovranazionale con riguardo a taluni temi specifici: la determinazione dell’indennizzo per l’espropriazione; l’espropriazione indiretta; il bilanciamento fra diritto all’abitazione e proprietà espresso dalla disciplina in materia di sfratti. In conclusione, si è rilevato che la recente giurisprudenza costituzionale sembra trascurare il necessario bilanciamento fra interessi costituzionalmente protetti: ad avviso di chi scrive, infatti, la prevalenza della norma internazionale, sul piano interpretativo o applicativo, non è assoluta, ma trova un limite nel bilanciamento fra il principio internazionalista e gli altri princìpi supremi dell’ordinamento costituzionale, fra i quali la funzione sociale della proprietà.
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Dagnino, Francesco <1980&gt. « Il trattamento delle società straniere e pseudostraniere nel Diritto Comunitario e nel Diritto Interno ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1182/1/Tesi_dagnino_Francesco.pdf.

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Dagnino, Francesco <1980&gt. « Il trattamento delle società straniere e pseudostraniere nel Diritto Comunitario e nel Diritto Interno ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1182/.

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Manzini, Pietro. « L' esclusione della concorrenza nel diritto antitrust comunitario / ». Milano : Giuffrè, 1994. http://www.gbv.de/dms/spk/sbb/recht/toc/272108472.pdf.

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5

Serrano', G. « Il riconoscimento dei provvedimenti e degli altri atti amministrativi nel diritto internazionale privato e nel diritto comunitario ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/2434/65563.

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Résumé :
From the beginning of administrative studies, scholars have discussed the notion of «administrative act» and the possible classification of the measures carried out by a public body or entity. In this debate, Italian authors introduced the notion of «provvedimento amministrativo», as an expression of the public entities’ discretionary powers, as opposed to other instrumental acts. No proof of the existence of a rule of international law binding the States to recognize foreign administrative acts can be detected in international practice, either as a general rule, founded on jurisdictional immunity, or as a specific provision, regarding only confiscations and similar measures or competition law. As a consequence, the recognition of administrative acts has to be considered in a private international law perspective. In modern private international law, two different kinds of recognition of administrative acts are possible: an «indirect recognition», where the administrative act may be relevant as a part of the rules to be applied to the specific case by the judge; a «direct recognition» when the forum attributes a specific value to a foreign act. The question of recognition has other implications in European law. Though some references are contained in private international law regulations, recognition of foreign administrative acts is a consequence of the application of the «mutual recognition» principle, elaborated by the EC Court with reference to the free circulation of goods and extended, in a different way, to services and persons. Contrarily to the theoretical reconstruction of a minority of the doctrine, the principle does not operate like a conflict rule, but like an exception to the application of the law applicable to the substantive content of a specific case.
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SERRANO', GIUSEPPE. « Il riconoscimento dei provvedimenti e degli altri atti amministrativi nel diritto internazionale privato e nel diritto comunitario ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/10281/47090.

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Résumé :
From the beginning of administrative studies, scholars have discussed the notion of «administrative act» and the possible classification of the measures carried out by a public body or entity. In this debate, Italian authors introduced the notion of «provvedimento amministrativo», as an expression of the public entities’ discretionary powers, as opposed to other instrumental acts. No proof of the existence of a rule of international law binding the States to recognize foreign administrative acts can be detected in international practice, either as a general rule, founded on jurisdictional immunity, or as a specific provision, regarding only confiscations and similar measures or competition law. As a consequence, the recognition of administrative acts has to be considered in a private international law perspective. In modern private international law, two different kinds of recognition of administrative acts are possible: an «indirect recognition», where the administrative act may be relevant as a part of the rules to be applied to the specific case by the judge; a «direct recognition» when the forum attributes a specific value to a foreign act. The question of recognition has other implications in European law. Though some references are contained in private international law regulations, recognition of foreign administrative acts is a consequence of the application of the «mutual recognition» principle, elaborated by the EC Court with reference to the free circulation of goods and extended, in a different way, to services and persons. Contrarily to the theoretical reconstruction of a minority of the doctrine, the principle does not operate like a conflict rule, but like an exception to the application of the law applicable to the substantive content of a specific case
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Gubel, Sebastien <1982&gt. « Il trattamento delle imprese comuni nel diritto comunitario della concorrenza ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2011. http://hdl.handle.net/10579/1134.

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Résumé :
La tesi analizza la disciplina del diritto comunitario della concorrenza nei suoi rapporti con le imprese comuni. Le imprese comuni possono essere assoggettate ad una serie di regole antitrust a seconda della loro natura. Sia dal punto di vista delle pratiche anticoncorrenziali (valutazione ex-post) che sotto il profilo delle regole sulle concentrazioni (valutazione ex-ante), le imprese comuni fanno l'oggetto di un trattamento particolare dal legislatore europeo. I patti parasociali contribuiscono alla determinazione dell'applicazione delle dette regole.
Under EC Competition law, joint ventures are subject to a set of rules that differs according to the kind of transaction which is concerned. Both merger control and anticompetitive practice provisions apply to them and may even be combined under certain circumstances. It is of relevance to consider the way the Commission has developed an effect based approach aiming at targeting transactions that can effectively undermine market conditions. Shareholders' agreements play a crucial role in this regard to the extent to which they set out anticompetitive object or lead to undue distorted effect on competition.
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Negrelli, A. « La stabilità degli atti nazionali nel diritto comunitario (provvedimento, contratto, sentenza) ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/152696.

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Résumé :
The topic of this work is based on comparison of the stability and resistance opposed by national acts, enacted by a judge (sentence) or the Public Administration (act or contract), that are now conclusive because no one has brought the Court before, for challenging their unlawful. the answer to the question initially posed shows the opposite graduation among the measures compared, in the national and European Court of Justice view.
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Trenta, Cristina <1967&gt. « Iva e servizi di comunicazione nel modello comunitario e nell'esperienza italo-svedese ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/126/1/iva_servizi_di_comunicazione.pdf.

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Résumé :
Il 17 maggio 1977 è entrata in vigore all'interno dell'Unione europea la Sesta Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, comunemente nota come Sesta Direttiva, in “materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme”. Agli Stati membri veniva richiesto di modificare i loro sistemi IVA in accordo con le nuove regole delineate dalla Direttiva. La Sesta Direttiva, scritta negli anni Settanta, non conteneva alcuna regolamentazione relativa ai servizi di comunicazione e telecomunicazione: nei primi anni Novanta, con l'emergere della Società dell'Informazione, divenne chiaro che questa mancanza cominciava a pesare negativamente sulla competitività degli operatori europei. Il 26 giugno 1999, al termine di un lungo processo, venne adottata la Direttiva del Consiglio 1999/59/CE, che emendava la Direttiva 77/388/CEE per quanto atteneva alla regolamentazione in materia di IVA applicabili ai servizi di telecomunicazione . Poi, il 15 maggio 2002 è entrata in vigore la Direttiva del Consiglio 2002/38/CE che ha introdotto sostanziali cambiamenti pro tempore alla Direttiva 77/388/CEE, ampliando gli emendamenti introdotti dalla precedente Direttiva 1999/59/EC, e stabilendo nuove regole in materia di servizi di radiodiffusione e di televisione e a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici. La recente rifusione della Sesta Direttiva, 2006/112/CE del 29 novembre 2006 sul sistema IVA, non ha modificato il quadro legislativo comunitario in materia di servizi di telecomunicazioni e servizi di radiodiffusione e di televisione e di servizi prestati per via elettronica: la Direttiva del Consiglio 2006/138/CE, adottata il 19 dicembre 2006 a emendamento della 2006/112/CE, ha confermato che la regolamentazione IVA applicabile ai servizi di comunicazione radio-televisivi e a certi servizi forniti per via elettronica resteranno soggetti a questo regime fino al 31 dicembre 2008.
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Trenta, Cristina <1967&gt. « Iva e servizi di comunicazione nel modello comunitario e nell'esperienza italo-svedese ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/126/.

Texte intégral
Résumé :
Il 17 maggio 1977 è entrata in vigore all'interno dell'Unione europea la Sesta Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, comunemente nota come Sesta Direttiva, in “materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme”. Agli Stati membri veniva richiesto di modificare i loro sistemi IVA in accordo con le nuove regole delineate dalla Direttiva. La Sesta Direttiva, scritta negli anni Settanta, non conteneva alcuna regolamentazione relativa ai servizi di comunicazione e telecomunicazione: nei primi anni Novanta, con l'emergere della Società dell'Informazione, divenne chiaro che questa mancanza cominciava a pesare negativamente sulla competitività degli operatori europei. Il 26 giugno 1999, al termine di un lungo processo, venne adottata la Direttiva del Consiglio 1999/59/CE, che emendava la Direttiva 77/388/CEE per quanto atteneva alla regolamentazione in materia di IVA applicabili ai servizi di telecomunicazione . Poi, il 15 maggio 2002 è entrata in vigore la Direttiva del Consiglio 2002/38/CE che ha introdotto sostanziali cambiamenti pro tempore alla Direttiva 77/388/CEE, ampliando gli emendamenti introdotti dalla precedente Direttiva 1999/59/EC, e stabilendo nuove regole in materia di servizi di radiodiffusione e di televisione e a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici. La recente rifusione della Sesta Direttiva, 2006/112/CE del 29 novembre 2006 sul sistema IVA, non ha modificato il quadro legislativo comunitario in materia di servizi di telecomunicazioni e servizi di radiodiffusione e di televisione e di servizi prestati per via elettronica: la Direttiva del Consiglio 2006/138/CE, adottata il 19 dicembre 2006 a emendamento della 2006/112/CE, ha confermato che la regolamentazione IVA applicabile ai servizi di comunicazione radio-televisivi e a certi servizi forniti per via elettronica resteranno soggetti a questo regime fino al 31 dicembre 2008.
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PANZERI, STEFANIA. « Le inchieste sui sinistri marittimi nel quadro comunitario ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/19840.

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Résumé :
L’istituto delle inchieste sui sinistri ed incidenti marittimi, nella sua dimensione storica e giuridica, si colloca, fin dai suoi albori, in un’ottica squisitamente pubblicistica che, partendo da un approccio tipicamente security focused con funzioni puramente repressive, nel corso del tempo ha visto accentuarsi le finalità di tipo preventivo, safety focused. Negli ultimi anni, peraltro, la combinazione dei concetti di safety e di security ha contribuito alla creazione di un ulteriore nozione, allargata, di “sicurezza globale”, finalizzata al perseguimento della sicurezza della navigazione attraverso la realizzazione di uno sviluppo sostenibile basato sullo studio dell’ambiente e dell’uomo e non più verso della sola macchina-nave. In quest’ottica, l’interesse del legislatore – internazionale, comunitario e nazionale – è andato ad incentrarsi sul c.d. human factor, quale elemento fondamentale e prioritario di analisi in grado di offrire una efficace azione preventiva anche rispetto alle attività, considerate di per sé lecite, che abbiano superato il limite della accettabilità sotto il profilo umano ed ambientale. Con il codice IMO e la Direttiva 2009/18/CE, l’azione investigativa si traduce in un approccio il più possibile sistematico in grado di offrire agli investigatori uno strumento di valutazione e di rapportazione sempre più preciso e capace di garantire l’applicazione, di misure sempre più puntuali ed efficaci per migliorare la sicurezza marittima, impedendo così il ripetersi dei sinistri e degli incidenti (e la correlata perdita di vite umane, delle navi, nonché le conseguenze, spesso devastanti, di carattere ambientale). Il costante raffronto tra la normativa internazionale, comunitaria e nazionale è finalizzato all’analisi delle criticità che inevitabilmente si manifestano in presenza di norme stratificate, pluriordinamentali e pluridisciplinari, con l’obiettivo di ottimizzare la conduzione delle inchieste in un settore, quale quello marittimo, fortemente globalizzato e proiettato in un’esasperata corsa tipica di alcune forme di competitività. *** A broad, comparatistic analysis of marine casualty and incident investigation instruments (IMO code, 2009/18/EC Directive, national laws) provided to offer a standard approach with the sole purpose of correctly identifying the contributing factors leading to casualties and incidents. The aim is to provide remedial action and to improve safety in the shipping industry and thereby reduce environmental damage, identifying critical issues, practical and legal problems (such as requirements of the investigative body, that must be separated and independent of any other form of investigation, including investigations for action in civil, criminal and administrative proceedings; obtaining evidence from seafarers, witnesses and other parties involved; confidentiality of information; jurisdictional and other procedural differences between States) . Marine casualties and incidents investigations are set out, in their historical and legal dimension, from their very beginnings, in a typically publicistic approach with a purely repressive security-focused perspective; over time they have experienced widening purposes, safety-focused. In recent years, however, the combination of the concepts of safety and security has contributed to the creation of an additional term, enlarged, of "global safety", which pursues the safety of navigation through the realization of sustainable development focused on the environment and “man” and not on the single machine-ship. In this context, the aim of the governing body - international, EU and national - is to focus on the human factor as a key factor of analysis and to provide an effective preventive action, also in relation to activities, per se lawful, which have exceeded the limit of human and environmental acceptability.
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Follador, Silvia <1996&gt. « Il trasferimento di residenza all'estero e la libertà di stabilimento nel contesto comunitario ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/18062.

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Résumé :
In Italia, il presupposto per l’applicazione delle imposte sui redditi è la residenza di un soggetto nel territorio dello Stato. Però, nel momento in cui un contribuente trasferisce la propria residenza all’estero, lo Stato in cui risiedeva perde la potestà impositiva sui redditi da esso maturati fino a quel momento. Gli Stati hanno sempre cercato di contrastare questo fenomeno di trasferimento della residenza attraverso l’introduzione delle “exit-taxes”. In termini pratici, l’exit-tax si basa sul concetto secondo il quale lo Stato vorrebbe percepire un compenso per il fatto di aver contribuito a far crescere, nel proprio territorio e tramite la sua popolazione, quella società che ora vuole portare all’estero la sua residenza fiscale. All’interno dell’Unione Europea questa tassazione in uscita sembrerebbe costituire un ostacolo alla libertà di stabilimento che l’Unione stessa ha il dovere di garantire. L’elaborato mira alla trattazione dettagliata dell’istituto dell’exit-tax. Nel primo capitolo verranno analizzati i criteri di individuazione della residenza fiscale delle persone fisiche e delle persone giuridiche. Il secondo capitolo propone l’analisi della posizione della Corte di Giustizia Europea sul tema attraverso una disamina delle sentenze più importanti che hanno condotto alla normativa attualmente vigente in Italia. Quest’ultima, in particolare, sarà oggetto dell’ultimo capitolo il quale, dopo un breve riferimento storico, e un accenno alla stabile organizzazione, si concerterà sull’analisi delle modifiche intervenute recentemente in tema di tassazione in uscita.
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BATTISTINI, CHIARA. « La disciplina dei servizi di interesse economico generale nel diritto comunitario : il caso dei trasporti ferroviari ». Doctoral thesis, Università Bocconi, 2008. https://hdl.handle.net/11565/4051248.

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ANDREONI, MARTINO MARIO. « La tutela cautelare anticipatoria. Premesse per uno studio dei provvedimenti cautelari nel diritto della proprietà intellettuale ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/7773.

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Résumé :
Nell’elaborato si esamina la tutela cautelare anticipatoria quale forma di tutela minore rispetto a quella del processo ordinario, ma potenzialmente satisfattiva e autonoma e di frequente utilizzo in alcuni settori del diritto, quale, in particolare, il diritto della proprietà intellettuale e della concorrenza. Prendendo le mosse dalle nozioni di tutela anticipatoria elaborate dalla dottrina, si tenta di definire le caratteristiche di questa forma di tutela, così come è stata realizzata nel corso degli anni nell’ordinamento italiano, analizzando anche le esperienze, più risalenti e mature, dell’ordinamento francese, con la procédure en référé e dell’ordinamento tedesco, con le eistweilige Verfügungen. Si procede poi ad individuare le caratteristiche strutturali e funzionali dei provvedimenti cautelari anticipatori, e le loro differenze da quelli conservativi, alla luce delle norme sulla strumentalità attenuata introdotte, a partire dal 2003, nelle leggi speciali e nel codice di procedura civile, con particolare riguardo ai presupposti di concessione, all’autonomia, alla stabilità e all’efficacia, sul piano sostanziale e su quello processuale, di tali provvedimenti, e alle peculiarità dei giudizi di merito che eventualmente siano instaurati dopo il provvedimento cautelare anticipatorio. Si affronta, inoltre, il problema di quali siano gli effetti della sentenza anticipabili con il provvedimento cautelare, con riguardo alle pronunce di condanna, di mero accertamento e costitutive, e le forme di attuazione del provvedimento cautelare. Si procede, infine, con l’analisi dei provvedimenti cautelari anticipatori previsti dal codice della proprietà industriale e dalla legge sul diritto d’autore, ed in particolare dell’inibitoria e della sua attuazione, e si affronta il problema della stabilità di tali provvedimenti, alla luce delle norme nazionali e di quelle comunitarie ed internazionali.
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Adamo, D. « L'intervento di terzi nel processo dinanzi ai giudici comunitari ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/2434/64594.

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Orrù, Elena <1979&gt. « Gli aiuti di Stato nel settore del trasporto aereo. Inquadramento normativo e giurisprudenziale alla luce dell'acquis communautaire e delle recenti tendenze a livello comunitario ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/105/1/Elena_Orr%C3%B9_-_Gli_aiuti_di_Stato_nel_settore_del_trasporto_ae.pdf.

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Orrù, Elena <1979&gt. « Gli aiuti di Stato nel settore del trasporto aereo. Inquadramento normativo e giurisprudenziale alla luce dell'acquis communautaire e delle recenti tendenze a livello comunitario ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/105/.

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Sarrion, Esteve Joaquin <1981&gt. « Il conflitto tra libertà del mercato interno comunitario e diritti fondamentali nel diritto dell'Unione Europea : la posizione della Corte di Giustizia di Lussemburgo quale garante dei diritti fondamentali ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3512/1/sarrion_joaquin_tesi.pdf.

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Résumé :
Come indica il titolo, questa ricerca studia il conflitto tra libertà fondamentali del mercato interno dell’Unione europea e dei diritti fondamentali e la posizione della Corte in quanto garante dei diritti nella risoluzione di tali conflitti. La Trattazione considera non solo la Giurisprudenza della Corte di Giustizia, che risolve i conflitti tra libertà del mercato e diritti fondamentali; ma anche l'ordinamento europeo, e il suo rapporto con il diritto nazionale, considerando anche la giurisprudenza delle corti costituzionali e supreme degli Stati membri. L’analisi è svolta in una introduzione; in tre capitoli (Capitolo 1, “Integrazione economica e protezzione dei diritti fondamentali”; Capitlo 2, “Conflitto tra libertà fondamentali di mercato e diritti fondamentali”; Capitolo 3, “La tutela dei diritti fondamentali negli stati membri come limiti all’integrazione europea”) e nelle successive conclusioni.
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Sarrion, Esteve Joaquin <1981&gt. « Il conflitto tra libertà del mercato interno comunitario e diritti fondamentali nel diritto dell'Unione Europea : la posizione della Corte di Giustizia di Lussemburgo quale garante dei diritti fondamentali ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3512/.

Texte intégral
Résumé :
Come indica il titolo, questa ricerca studia il conflitto tra libertà fondamentali del mercato interno dell’Unione europea e dei diritti fondamentali e la posizione della Corte in quanto garante dei diritti nella risoluzione di tali conflitti. La Trattazione considera non solo la Giurisprudenza della Corte di Giustizia, che risolve i conflitti tra libertà del mercato e diritti fondamentali; ma anche l'ordinamento europeo, e il suo rapporto con il diritto nazionale, considerando anche la giurisprudenza delle corti costituzionali e supreme degli Stati membri. L’analisi è svolta in una introduzione; in tre capitoli (Capitolo 1, “Integrazione economica e protezzione dei diritti fondamentali”; Capitlo 2, “Conflitto tra libertà fondamentali di mercato e diritti fondamentali”; Capitolo 3, “La tutela dei diritti fondamentali negli stati membri come limiti all’integrazione europea”) e nelle successive conclusioni.
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Zanovello, Francesca. « Usucapione "privata" e "pubblica" nella prospettiva della giurisprudenza CEDU. La tutela multilivello del diritto di proprietà ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3422401.

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Résumé :
The title of thesis is “Usucapione “privata” e “pubblica” nella prospettiva della giurisprudenza CEDU: la tutela multilivello del diritto di proprietà”. The research work is divided into three chapters: the first chapter concerns the protection of property right in the national law, in Article 1 of Protocol No. 1 CEDU and in Article 17 of the Charter of fundamental rights of the European Union; the second chapter concerns the “usucapione” and the adverse possession; the third chapter concerns the conformity of “usucapione pubblica” with decisions of European Court of Human rights on “indirect expropriation”. The first chapter analyses the relation between national law, Article 1 of Protocol No. 1 CEDU and Article 17 of the Charter of fundamental rights of the European Union. The roll of Judges (Italian Constitutional Court, European Court of Human rights, Court of Justice of the European Union) is very important in the coordination between the national law, the European Convention on Human Rights and the Charter of fundamental rights of the European Union. The coordination is difficult, because in the national law property is a economic right, but in the European Convention on Human Rights and in the Charter of fundamental rights of the European Union the property is a fundamental right. The European Convention and the Charter the don’t mention the “social function” of property. This contrast and the incidence of the European law and of the European Convention on Human Rights on the national legal system raise doubts about the conformity of “usucapione” with Article 1 of Protocol No. 1 CEDU. The legal regulation of “usucapione” consents the loss of property in the absence of compensation and procedural protection for a paper owner. The second chapter analyses the case of J.A. Pye (CEDU, 15.11.2005, n. 44302/02, J.A. Pye Ltd (Oxford) v. the United Kingdom; CEDU, (G.C.), 30.08.2007, n. 44302/02, J.A. Pye Ltd (Oxford) v. the United Kingdom). On this occasion, the European Court of Human rights examines the compatibility of adverse possession with Article 1 of Protocol No. 1, because the regulation of adverse possession consents the loss of property in the absence of compensation and procedural protection for a paper owner. The Grande Chambre says that adverse possession’s regulation is a case of “control of use” of land (second paragraph of Article 1 of Protocol No. 1 ) and it doesn’t violate the Article 1 of Protocol No. 1 CEDU. Subsequently the research work analyses the national regulation of “usucapione” and the differences whit adverse possession. The thesis concludes that the “usucapione” pursues an objective to general interest (legal certainty) and respects the fair balance required by Article 1 of Protocol No. 1. The paper owner can take an action to deal with the adverse possessor before the expiry of the period of “usucapione”. He hasn’t excessive burden of control and monitoring, because there are strict requisites and long period of “usucapione”. The third chapter concerns the conformity of “usucapione pubblica” (when the public administration occupies a private land) with the Article 1 of Protocol No. 1 CEDU. In this case there is a risk that “usucapione” is in contrast with the decisions of European Court of Human rights on “indirect expropriation”. The research work concludes that the “usucapione pubblica pura” is only admissible. In this case the public administration doesn’t exercise public powers. The thesis wants to point out that the protection of property in European Convention on Human Rights affects the interpretation of national legal arrangements.
La tesi dottorale si intitolata “Usucapione “privata” e “pubblica” nella prospettiva della giurisprudenza CEDU: la tutela multilivello del diritto di proprietà”. Il lavoro si articola in tre capitoli: prima si affronta il rilievo che il diritto di “proprietà” assume sul piano anche sovranazionale (tutela “multilivello” del diritto di proprietà), precisando il rapporto tra le diverse fonti; poi si passa all’esame della disciplina dell’usucapione e dell’adverse possession (del diritto inglese) alla luce della giurisprudenza della Corte eur. dir. uomo sul tema; in fine il lavoro si conclude con la trattazione della discussa ammissibilità dell’usucapione “pubblica” in relazione alle pronunce di Strasburgo in materia di “espropriazione indiretta”. Nel primo capitolo si compie un’analisi delle diverse fonti nazionali (Costituzione, Codice civile e leggi speciali) e sovranazionali (art. 1 del 1° Prot. add. alla Conv. eur. dir. uomo, art. 17 della Carata dir. UE) che oggi vengono in gioco in tema di tutela del diritto di proprietà, evidenziandone le divergenze e valorizzando il ruolo dei giudici (Corte costituzionale, Corte. eur. dir. uomo, Corte di Giustizia UE) che ne operano il coordinamento. Si affronta il problema del difficile raccordo tra il modello economico-sociale di proprietà dell’ordinamento interno e la diversa concezione propria della Conv. eur. dir. uomo (art. 1 del 1° Prot. add.) e della Carta dir. UE (art. 17), ove il diritto di proprietà trova collocazione tra le libertà fondamentali, senza alcun riferimento alla “funzione sociale”. Per evitare un’insuperabile rottura tra i due modelli si prospetta la soluzione di un dialogo tra giudici che, nell’operare il coordinamento delle diverse fonti, ripudia ogni lettura in chiave gerarchica delle stesse. L’incidenza del diritto europeo e la contrapposizione che talora si crea tra tutela della proprietà nel “sistema CEDU” e nell’ordinamento nazionale fanno sorgere dei dubbi circa la compatibilità con il diritto sovranazionale anche di istituti di antica tradizione giuridica come l’usucapione. Questa, infatti, conduce alla perdita del diritto di proprietà senza la corresponsione di alcun indennizzo e in assenza di garanzie procedimentali. La questione prende spunto, come evidenziato nella seconda parte del lavoro, dal caso J.A. Pye relativamente al quale si è pronunciata la Corte eur. dir. uomo (CORTE EUR. DIR. UOMO, 15.11.2005, n. 44302/02, J.A. Pye Ltd (Oxford) v. the United Kingdom; CORTE EUR. DIR. UOMO (G.C.), 30.08.2007, n. 44302/02, J.A. Pye Ltd (Oxford) v. the United Kingdom). In tale occasione si è dubitato della compatibilità dell’adverse possession con l’art. 1 del 1° Prot. add. alla Conv. eur. dir. uomo proprio perché l’istituto consentiva la perdita della proprietà senza corresponsione di un indennizzo e in assenza di garanzie procedimentali. La Grande Chambre, in senso difforme dalla pronuncia di primo grado della Corte eur. dir. uomo, ha qualificato l’istituto come un’ipotesi di regolazione dell’uso dei beni (art. 1 del 1° Prot. add., 2° comma) e ha escluso la violazione dell’art. 1 del 1° Prot. add., non senza perplessità da parte dei giudici dissenzienti. Si è conseguentemente passati all’esame dell’istituto nazionale dell’usucapione, senza estendere in modo automatico le conclusioni dei giudici di Strasburgo alla disciplina interna, date le diversità strutturali rispetto all’adverse possession. Si è comunque concluso per la compatibilità dell’usucapione con il “sistema CEDU” in quanto funzionale al perseguimento di un interesse generale (di certezza giuridica) nel rispetto del principio di “giusto equilibrio”; questa infatti consente al proprietario di contrastare l’altrui possesso prima dell’intervenuta usucapione o di contestare il perfezionamento della fattispecie acquisitiva successivamente, senza eccessivi oneri di vigilanza e controllo, considerate le condizioni che il possesso deve presentare per consentire l’usucapione e il termine ragionevolmente lungo richiesto per il suo perfezionamento. Nel terzo capitolo si passa all’esame dell’usucapione “pubblica” e ci si interroga sulla sua compatibilità con il “sistema CEDU”. Si solleva la questione dell’ammissibilità dell’istituto, non solo in ragione delle maggiori difficoltà nel ricostruire un possesso utile ad usucapire il bene a favore della P.A. occupante, ma soprattutto per il timore che si configuri un’ipotesi di “espropriazione indiretta” in contrasto con la giurisprudenza della Corte eur. dir. uomo. Riconosciuta la difficoltà di espungere del tutto dall’ordinamento l’istituto, si è prospettata la possibilità di un’interpretazione rigorosa e di restringerlo ai soli casi di occupazione usurpativa (pura) in cui difetta del tutto l’esercizio di un potere pubblicistico e il collegamento dell’opera con l’interesse pubblico, mancando la stessa dichiarazione di pubblica utilità. Il lavoro si propone pertanto di evidenziare come l’indubbio rilievo assunto dal diritto di proprietà sul piano sovranazionale (in particolare nel “sistema CEDU”) incida sul diritto interno, dando luogo a una rilettura (non a una passiva eliminazione) anche di istituti propri dell’ordinamento nazionale.
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Pisani, Federico. « Knowledge workers management. Concorrenza e invenzioni nel rapporto di lavoro subordinato : il modello statunitense ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3425914.

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Résumé :
Il presente studio affronta gli argomenti della concorrenza e delle invenzioni nel rapporto di lavoro subordinato statunitense. L’attività di ricerca è stata svolta in parte presso la School of Law della Boston University, USA, sotto la supervisione di Micheal C. Harper, professore di diritto del lavoro. L’argomento presenta una crescente rilevanza, considerato che nella nuova organizzazione produttiva, fondata in gran parte sulla conoscenza globalizzata, al lavoro dipendente si chiede ormai sempre maggiore professionalità, innovazione e creatività. La scelta di esaminare questa tematica dalla prospettiva del “laboratorio USA”, è dovuta al primato di cui tale nazione gode a livello internazionale sul piano economico, scientifico e dell’innovazione dei processi lavorativi, che fanno emergere criticità in altri Paesi probabilmente ancora non avvertite. Al fine di inquadrare gli istituti giudici menzionati nel modello statunitense, si è reso opportuno dare conto del sistema delle fonti normative negli USA, con particolare focus sul Restatement of Employment Law, cioè la raccolta di principi fondamentali elaborati negli anni dal common law in materia di rapporto di lavoro. All'esame delle fonti segue la definizione del concetto di lavoratore subordinato (employee) e lavoratore autonomo (independent contractor), necessario per l’inquadramento del campo di applicazione degli obblighi scaturenti dal rapporto di lavoro subordinato, tra cui il duty of loyalty, implicato nel rapporto fiduciario. In tale ambito, si è osservata l’evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all'adozione dei criteri relativi alla distinzione in esame, prevalentemente concernenti il giudizio sulla rilevanza degli elementi fattuali determinanti per l’accertamento della subordinazione. Delineati i contorni della fattispecie di lavoro subordinato, il presente studio affronta la tematica della tipica forma del contratto di lavoro statunitense, il c.d. employment-at-will, cioè il rapporto a libera recedibilità. Tale peculiarità scaturisce dal principio fondamentale per cui le parti non sono vincolate ad alcun obbligo di fornire la motivazione per il licenziamento. La terza parte del lavoro ha ad oggetto la disciplina della concorrenza del lavoratore effettuata sulla base delle conoscenze acquisite, legalmente o illegalmente, durante il rapporto e le relative tecniche di tutela del datore di lavoro, a fronte della violazione del duty of loyalty, quale obbligo del lavoratore subordinato di esecuzione della prestazione lavorativa nell'interesse esclusivo dell’imprenditore e, conseguentemente, di astensione dal porre in essere condotte pregiudizievoli nei confronti di quest’ultimo. Quanto alle tecniche di tutela esperibili in caso di violazione degli obblighi esaminati, vengono illustrati i rimedi legali e equitativi che il diritto statunitense offre al datore di lavoro. La parte finale del presente studio si occupa della disciplina relativa alla titolarità dei diritti scaturenti dalle invenzioni sviluppate dai dipendenti nel corso del rapporto di lavoro. In questo senso si sono esaminate le definizioni di “invenzione” e “brevetto” ed il loro rapporto nel contesto della regolamentazione giuslavoristica; si è posta in rilievo la differenza tra invenzione come opera di ingegno e proprietà intellettuale tutelata dal diritto d’autore. Inoltre, si sono osservati i meccanismi sottesi alle norme fondamentali che regolano la materia e la loro convivenza con la libertà contrattuale delle parti e il loro potere di disporre dei suddetti diritti.
This work addresses the issues of competition and inventions in the U.S. employment relationships. The research was carried out in part at the Boston University School of Law of, under the supervision of Micheal C. Harper, professor of Labour Law. The selection of the topic is justified in the light of its importance, given that in the new production organization, based largely on globalized knowledge, employees are now increasingly being asked for professionalism, innovation and creativity. The decision to examine this issue from the perspective of the "U.S. laboratory" is due to the primacy that this nation holds at international level on the economic, scientific and innovation of work processes, which bring out critical issues that in other Countries probably have not yet been raised. In order to frame the above-mentioned topics, it has become appropriate to give an account of the system of regulatory sources in the USA, with particular focus on the Restatement of Employment Law, i.e. the collection of fundamental principles developed over the years by common law in the field of employment relationships. The examination of the sources is followed by the definition of the concept of employee and self-employed worker (independent contractor), necessary for the assessment of the application of the obligations arising from the employment relationships, including the duty of loyalty, involved in the fiduciary law. In this context, the evolution of the case law has been observed, as well as the examination of the criteria relating to the distinction between employees and independent contractors, mainly concerning the judgement on the relevance of the factual elements determining the assessment of the existence of an employment relationship. Subsequently, this study addresses the issue of the typical form of the U.S. employment contract, the so-called employment-at-will. This peculiarity is originated from the principle that the parties are not bound by any obligation to provide reasons for termination. The third part of the work has as its object the discipline of competition of the worker carried out on the basis of the knowledge acquired, legally or illegally, during the relationship and the relative legal remedies for the employer, against the violation of the duty of loyalty, intended as an obligation of the employee to perform the work in the exclusive interest of the entrepreneur and, consequently, to refrain from engaging in prejudicial conduct against the company. About the remedies available in the event of breach of the obligations examined, the legal and equitable remedies that U.S. law offers the employer have been explained. The final part of this study deals with the rules governing the ownership of rights arising from inventions developed by employees in the course of their employment. The definitions of "invention" and "patent" and their relationship in the context of employment law has been examined and the difference between invention as a work of genius and intellectual property protected by copyright has been highlighted. In addition, the mechanisms underlying the basic rules governing the subject matter and their coexistence with the contractual freedom of the parties and their power to dispose of these rights have been observed.
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CIANI, SCIOLLA JACOPO. « ¿SEGNI DISTINTIVI E PUBBLICO DOMINIO : IL RUOLO DELL¿IMPERATIVO DI DISPONIBILITA¿ NELLA REGISTRAZIONE E NELLA TUTELA DEL MARCHIO¿ ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/351166.

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Résumé :
La filosofia del diritto occidentale, mentre si è ampiamente preoccupata di indagare i fondamenti giustificativi dei diritti di proprietà intellettuale, raramente si è occupata di quelli del loro antagonista concettuale, ovvero del pubblico dominio. Lo scarso interesse manifestato dalla letteratura scientifica trova plausibile spiegazione nella concezione largamente diffusa che identifica il pubblico dominio nel concetto opposto e contrario di “proprietà”, finendo per cadere nell’equazione che considera una risorsa valorizzabile e meritevole di attenzione e tutela solo ciò che è appropriabile e tratta ciò che non lo è come scarto privo di intrinseco interesse. Oggi, a questa visione se ne è sostituita un’altra, che vede il pubblico dominio non più come res nullius, ma come res publici iuris, ovvero proprietà collettiva, comune, di tutti. Riconoscere che sul pubblico dominio insiste un interesse proprietario comune, equivale a dire che ciascun membro della collettività vanta un interesse a rivendicarne la comune proprietà, ovvero ad opporsi a tentativi di loro privata appropriazione. In relazione al diritto dei marchi tale interesse si contrappone al fenomeno di appropriazione indebita dei segni distintivi che devono considerarsi patrimonio comune, sottratto a qualsiasi diritto di privativa e liberamente disponibile per la collettività. Il capitolo introduttivo affronta i problemi definitori del pubblico dominio con riferimento alle principali privative industrialistiche, per poi concentrarsi, in particolare, sul rapporto con il diritto dei marchi. Esso dà conto delle principali iniziative mosse a livello internazionale per studiare le interazioni tra diritto dei marchi e pubblico dominio e si conclude con l’individuazione degli interessi collegati alla salvaguardia di un pubblico dominio ricco ed accessibile e delle minacce a tale interesse, ravvisabili nella tendenza all’espansione e al cumulo delle tutele. La durata tendenzialmente illimitata del diritto e la revocabilità dello status di pubblico dominio di un segno, caratterizzano il diritto di marchio rispetto alle altre privative industrialistiche per non avere una struttura di per sé favorevole e predisposta alla salvaguardia del dominio pubblico. Tale limite strutturale è però temperato dal legislatore mediante la previsione di limiti alla possibilità di acquisizione del diritto, nonché alla sua portata una volta acquisito. I capitoli II e V si occupano dei meccanismi che il diritto dei marchi prevede al fine di garantire spazi di pubblico dominio cui gli operatori del mercato possono liberamente attingere senza perciò interferire con l’area dei diritti di esclusiva dei titolari di marchio. Il capitolo II, in particolare, si occupa dei meccanismi di salvaguardia del pubblico dominio costituito dai segni esclusi dalla registrazione. I singoli impedimenti alla registrazione sono presi in esame evidenziandone la scarsa capacità escludente anche alla luce della tendenza all’estensione dell’oggetto della tutela di marchio, evidenziata attraverso una rassegna dei principali marchi-non convenzionali cui negli anni è stata concessa tutela. Tra tali meccanismi di salvaguardia del pubblico dominio spazio centrale è dedicato al principio dell’imperativo di disponibilità dei segni distintivi. Tale dottrina è stata elaborata dal formante giurisprudenziale tedesco sotto il nome di “Freihaltebedürfnis” (letteralmente “necessità di mantenere libero”) e fatta propria dalla dottrina anglosassone come “right to keep free” e sostiene, almeno nel suo impianto originale, la necessità di subordinare la registrazione di un marchio ad una previa valutazione di opportunità che il segno per cui si domanda tutela debba rimanere in pubblico dominio, ovvero liberamente appropriabile dalla collettività. Oggi è più che mai in dubbio quale sia il ruolo di questo principio all’interno del diritto comunitario dei marchi. Il capitolo III illustra l’iter della giurisprudenza comunitaria con riferimento alla questione del riconoscimento e della rilevanza dell’imperativo di disponibilità nel giudizio di registrazione. L’analisi evidenzierà come la Corte sia giunta a conclusioni differenti a seconda del diverso impedimento alla registrazione oggetto di interpretazione, con risultati considerati irragionevoli da larga parte della dottrina e non banali difficoltà e incertezze applicative per gli Uffici di registrazione. Nonostante ciò si evidenzierà l’emergere di una linea interpretativa comune alla maggior parte delle decisioni analizzate, tesa a riconoscere un ruolo effettivo all’imperativo di disponibilità nel giudizio di registrazione, seppur solo di carattere strumentale alla valutazione di distintività di un segno. Il capitolo IV illustra come il recente progetto di riforma di Direttiva e Regolamento comunitari non abbia colto l’opportunità di positivizzare tale principio, restando insensibile alla proposta originaria formulata dallo Studio del Max Planck Institut diMonaco di Baviera di inserire un riconoscimento espresso del suo operare all’interno del giudizio di registrazione. Conclusa la prima parte del lavoro dedicata alle interazioni tra il principio di disponibilità dei segni distintivi e la registrazione di marchio, nel capitolo V si entrerà nel terreno meno battuto dei riflessi che lo stesso principio dispiega nei confronti del giudizio di contraffazione. Dopo aver analizzato i diversi meccanismi previsti dal legislatore al fine di salvaguardare il pubblico dominio costituito dalle libere utilizzazioni di un segno registrato, si darà conto della loro scarsa capacità escludente e delle conseguenti minacce che la tutela assoluta prevista per i casi di contraffazione per doppia identità e quella aggravata del marchio che gode di rinomanza pongono alla salvaguardia dello spazio di pubblico dominio, specialmente con riguardo ai numerosi casi in cui il marchio altrui è utilizzato per scopi “atipici”, ovvero non chiaramente distintivi dell’attività imprenditoriale e dei beni o servizi dell’avente diritto. Con riferimento ad essi, l’interprete ha l’arduo compito di capire, di volta in volta, se sia maggiormente meritevole di tutela il titolare di marchio nel suo interesse di escludere i terzi dall’utilizzo del proprio segno, o i terzi stessi nell’interesse antagonista di fare uso del segno per finalità descrittive, espressive, decorative ecc. La giurisprudenza non ha offerto alcuna interpretazione univoca di questo bilanciamento, stentando a tracciare lo spartiacque tra usi leciti ed illeciti del marchio altrui. Molti di questi casi sono allora stati risolti dalla giurisprudenza ricorrendo, per sancirne la liceità, ad un principio di “necessità dell’uso” che porta nel giudizio di contraffazione gli stessi interessi di libera disponibilità presenti in sede di registrazione. Anche all’interno del giudizio di contraffazione, tuttavia, tale interesse resta sostanzialmente un oggetto misterioso per la Corte di Giustizia, che resta ancorata alla contraddizione che vede tale interesse confinato ad operare come principio interpretativo generale della normativa, privo però di qualsiasi implicazione concreta ed effettiva nel giudizio di registrazione e di contraffazione. In conclusione si suggerisce la necessità di sciogliere questo paradosso e si individua nella proposta del Max Planck un’occasione inspiegabilmente mancata per farlo.
Among the 45 Recommendations adopted under the WIPO Development Agenda, two indicate the preservation of public domain as a key task for firms, individuals and Member States. This study explores the notion of “public domain” in relation to trademark law, with particular reference to the challenging issue of how safeguarding it, avoiding misappropriation of signs which should remain usable by the public. Some studies have shown that legal instruments provided by trademark law to keep signs and certain forms of use free, risk not being appropriate counterbalances to prevent the misappropriation of public domain. A general exclusion from registration does not exist for many signs which are part of a communal heritage and even if a refusal for registration may be grounded on the lack of distinctiveness, this requirement may still be overcome, showing that the sign has acquired a “secondary meaning”. Furthermore, a look into the registers reveals that trademark right is often used as a vehicle to extend prior patent, design or copyrights, with great public domain’s concerns. At last, the space of public domain is endangered by the expanded protection of new types of marks and by the anti-dilution enhanced protection, which gave the registered trademark’s owner more general control over his sign, making it unavailable for socially and culturally valuable use, such as news reporting, criticism, review and parody. German case law was the first to address the issue of the safeguard of this room for free signs and uses, suggesting that trademark registration should be subject to a prior assessment of the opportunity that a sign remain public available (Freihaltebedürfnis). This interest raises from the observation of the negative impact that granting rights to certain types of trademark may have on market competition and led most countries to refrain from recognising trademark rights to descriptive and generic signs and functional shapes. Otherwise, by choosing these signs, right holders may acquire strategic competitive advantages on competitors whose marketing strategies and communication, deprived of the opportunity to use them, would result much less effective than that allowed to the trademark’s holder. This advantage has nothing to do with the essential function to guarantee the trade mark as an indication of origin and is therefore not justified in the light of the objectives underlying trade mark law. The ECJ, requested to preliminary ruling on whether this “need to keep free” should play any role in the European trademark law, answered contradictorily. Notwithstanding, courts still rely on public policy concerns in order to preclude or limit the trademark protection, such as the “color depletion” and the “functionality” doctrine used by U.S. Courts for granting protection to color or shape marks. This work suggests that public interest should still play a role as a key-factor in order to assess the distinctive character relevant both in registration and infringement proceedings and shares the view that wording should be added in the Trademark Directive and Regulation, that the assessment of distinctive character should take into account the “right to keep free”. This proposal becomes particularly actual in the light of the works in progress for reforming the European trademark legislation, which appear to have ignored the problem of striking the proper balance between trademark right and public domain.
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Zavatto, Valentina. « Il rapporto tra regole di validità e regole di correttezza nel diritto comunitario dei contratti ». Thesis, 2010. http://hdl.handle.net/10955/284.

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Ugolino, Francesca. « Il diritto all'espressione dell'orientamento sessuale nel panorama comparatistico con particolare riferimento all'ordinamento italiano e spagnolo, nonché nella prospettiva europea ». Thesis, 2009. http://hdl.handle.net/10955/293.

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Miglietti, Lucia. « Tecniche e modalità di formazione del contratto tra antichi problemi e nuovi strumenti nel diritto italo-comunitario ». Thesis, 2007. http://hdl.handle.net/10955/276.

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PAOLETTI, ARIANNA. « La tutela della concorrenza e la tutela brevettuale nel settore farmaceutico tra esigenze di contemperamento e prospettive future ». Doctoral thesis, 2023. https://hdl.handle.net/11573/1668399.

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Il presente lavoro si concentra sull’analisi della tutela della concorrenza e della tutela brevettuale nel settore farmaceutico, cercando di analizzare i tentativi posti in essere dai Legislatori nazionale ed eurounitario, nonché dalla giurisprudenza interna e sovranazionale, di contemperare questi due “poli”, che appaiono così distanti tra loro ma che devono necessariamente trovare il modo di convivere nell’ambito dell’assistenza farmaceutica.
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IAMMARINO, Debora. « Danno ambientale e responsabilità nella gestione dei rifiuti ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251115.

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La disciplina del danno ambientale è stata oggetto di diverse e numerose modifiche nel corso degli anni, sia a livello nazionale che europeo. Regolata in Italia, per la prima volta, dalla L. 349/1986 che, all’art. 18, prevedeva la risarcibilità del danno ambientale indipendentemente dalla violazione di altri diritti individuali come la proprietà privata o la salute. In ambito Europeo il primo intervento si è avuto con l’adozione della Direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale. La Direttiva è stata poi recepita in Italia con il D.Lgs. n. 152/2006, che nella Parte Sesta si occupa puntualmente di responsabilità per inquinamento ambientale. Tuttavia, le principali novità della normativa comunitaria con riferimento al regime di responsabilità per attività inquinanti nei confronti dei beni ambientali, non sono state immediatamente riprese in modo adeguato dalla normativa italiana, motivo per cui sono state emanate due procedure di infrazione nei confronti del Governo italiano che, per correre ai ripari, in un primo momento, ha approvato il D.l. 135/2009 introduttivo di nuovi criteri per il ripristino del danno ambientale e successivamente il legislatore è intervenuto con la Legge n. 97/2013 in materia di misure di risarcimento del danno e in materia di criteri di imputazione delle responsabilità. Tuttavia, l’assetto dei criteri di imputazione delle responsabilità è stato più volte oggetto degli interventi interpretativi della giurisprudenza che hanno delineato un quadro molto più rispondente alle istanze di origine comunitaria e ai principi del diritto europeo. All’interno di questo quadro più ampio si inserisce la questione della Gestione dei rifiuti, anch’essa oggetto di svariate modifiche normative volte sempre di più ad una tutela ambientale maggiore e prioritaria, attraverso metodi e tecniche in grado di ridurre la produzione dei rifiuti, l’introduzione del concetto di riduzione, prevenzione e recupero, riciclo e solo in ultimo lo smaltimento. Ruolo centrale assume in questo ambito l’attribuzione delle relative responsabilità in capo ai vari soggetti che si occupano della gestione dei rifiuti, pertanto nell’ultimo capitolo, si analizzeranno le diverse forme di responsabilità degli stessi e si darà conto dei principali interventi giurisprudenziali e della diverse interpretazioni dottrinali che hanno interessato la materia negli ultimi anni.
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RENGHINI, Cristina. « Il sistema di tutela brevettuale nell'Unione Europea : il Brevetto Europeo con effetto unitario e il Tribunale Unificato dei Brevetti ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251086.

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Résumé :
Dopo più di quarant’anni di tentativi tesi alla realizzazione di un titolo di protezione brevettuale “comunitario”, nel 2012 sono stati emanati due regolamenti, il n. 1257/2012 e il n. 1260/2012, attuativi di una cooperazione rafforzata tra ventisei Stati membri dell’Unione europea: essi creano un brevetto europeo con effetto unitario e ne disciplinano il regime di traduzione applicabile. L’anno successivo, venticinque Stati membri hanno firmato un accordo istitutivo del Tribunale unificato dei brevetti. I summenzionati strumenti normativi costituiscono il c.d. “pacchetto brevetti”, che entrerà in vigore una volta che almeno tredici Stati membri, tra cui Germania, Francia e Regno Unito, avranno ratificato l’Accordo. Rispetto al panorama attuale, caratterizzato da una frammentazione normativa e giurisdizionale, tale nuova architettura porterà indubbiamente notevoli vantaggi. Da un lato, infatti, i regolamenti europei introducono un “nuovo brevetto” che estende la sua efficacia oltre i confini nazionali; la portata della protezione e gli effetti saranno infatti uniformi in tutto il territorio degli Stati membri partecipanti. Dall’altro, il Tribunale unificato, competente a giudicare quasi tutte le controversie in materia brevettuale, si sostituirà ai giudici nazionali, garantendo l’uniformità della giurisdizione e delle decisioni. Tuttavia, il risultato ottenuto con il “pacchetto brevetti” non sembra essere adeguato agli obiettivi di unitarietà che le istituzioni europee e gli Stati membri si erano prefissati. Si tratta infatti di un quadro normativo complesso, che combina il diritto dell’Unione europea, il diritto internazionale (in particolare l’Accordo sul Tribunale unificato e la Convenzione sul brevetto europeo), e il diritto nazionale degli Stati membri, a cui gli atti citati rinviano in diverse occasioni, e che istituisce due strumenti, il brevetto europeo con effetto unitario e il Tribunale unificato dei brevetti, dalla natura assai controversa. Per tale ragione, la nuova normativa solleva molteplici questioni di natura costituzionale, in ordine alla compatibilità del nuovo sistema con l’ordinamento giuridico dell’Unione europea. Uno dei profili problematici di particolare interesse riguarda la cooperazione rafforzata in tema di tutela brevettuale unitaria, che sembra essere stata instaurata per eludere il dissenso di Italia e Spagna in relazione al regime linguistico applicabile. Inoltre, nei due regolamenti europei manca una vera e propria disciplina sostanziale, sollevando pertanto dei dubbi sull’effettiva “unitarietà” del nuovo brevetto. Infine, alcune caratteristiche del Tribunale unificato, quali la sua particolare struttura, il riparto interno delle competenze, il regime linguistico e la previsione di un periodo transitorio in cui è possibile ancora adire il giudice nazionale, si pongono in contrasto con il fine di unificazione giurisdizionale. A tali considerazioni si aggiunge che la decisione del Regno Unito di uscire dall’Unione europea potrebbe compromettere l’entrata in vigore del “pacchetto brevetti”. Obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare in modo organico l’intera disciplina, nell’ottica di verificarne l’effettiva compatibilità con l’ordinamento dell’Unione europea. Solamente attraverso un approccio sistematico fondato sui principi e sugli strumenti dell’UE, si possono superare le attuali criticità che emergono dal “pacchetto brevetti”, nell’ottica di un effettivo miglioramento di tale nuova disciplina e del conseguente raggiungimento di una reale unitarietà nella tutela brevettuale.
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