Articles de revues sur le sujet « Problema del fondamento »

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1

De Castro, Alexander, et Francesco Macri. « IL PROBLEMA DEI DELITTI DI BAGATELLA NELL’EMERGENZA DELLO STATO COSTITUZIONALE : BREVE ANALISI DELL’EVOLUZIONE DEL SUO TRATTAMENTO TECNICO-DOGMATICO IN BRASILE E IN ITALIA ». Revista Direitos Sociais e Políticas Públicas (UNIFAFIBE) 6, no 2 (19 décembre 2018) : 538. http://dx.doi.org/10.25245/rdspp.v6i2.486.

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Résumé :
Riassunto: Il principio di offensività in quanto fondamento del diritto penale odierno si affermò in maniera definitiva negli ultimi decenni con l’emergenza dello Stato costituzionale nel secondo dopo guerra. I penalisti sono pressoché unanimi nel riconoscere la sua piena validità perfino quando manca un esplicito fondamento costituzionale o legale. La discussione sulla necessaria offensività della condotta e sul carattere sussidiario della tutela penale fece subito emergere il problema dei delitti bagatellari, cioè quelli caratterizzati da un livello minimo di lesione / pericolo di lesione al bene giuridico. Nel presente saggio, analizzeremo due percorsi di discussione che hanno provato a dare una soluzione tecnico-dogmatica al problema de quo, ovvero:1) quello brasiliano e il cosiddetto principio dell’insignificanza; 2) quello italiano ed il principio della tenuità del fatto.
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2

Tarantino, Antonio. « Eutanasia e diritto alla vita : problemi etico-sociali ». Medicina e Morale 41, no 2 (30 avril 1992) : 199–217. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1992.1105.

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Résumé :
Il problema dell'eutanasia nella società odierna non si caratterizza più per la sua natura eugenetica, ma trova il suo fondamento nell'ambito di un movimento ideologico, nella secolarizzazione, dove si afferma il diritto del malato ad essere protetto dalla sua malattia, dove ciò che si privilegia non è il diritto alla vita ma il diritto alla qualità della vita. L'autore, dopo aver affermato che il diritto del malato a essere protetto dalla sua malattia non può portare all'assurda conclusione del rifiuto della vita per evitare la sofferenza, in quanto la sofferenza e il dolore sono aspetti costitutivi dell'esistenza umana, conclude che soltanto nel rifiuto dell'eutanasia si attua il pieno rispetto dei diritti essenziali di ogni persona umana.
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3

Giannakoulas, Andreas, et Max Hernandez. « Rimembrare la mente e rammentare il corpo ». PSICOANALISI, no 2 (janvier 2011) : 69–81. http://dx.doi.org/10.3280/psi2010-002007.

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Résumé :
Winnicott sostiene che l'individuo sano deve sentire il suo corpo come il fondamento del sé immaginativo. Questo č stato sottolineato alcuni anni dopo in riferimento a ciň che chiamň(insediamento) come processo che permette "l'acquisizione di una relazione stretta e semplice tra la psiche e il corpo e il funzionamento corporeo". Un adeguatopotrebbe essere impedito molto presto nella vita come conseguenza del fallimento ambientale. In questo caso il funzionamento mentale viene a soffrire di una rigiditŕ prematura e acquista la qualitŕ di una "cosa" (di un oggetto) in se stessa. In queste situazioni, spesso la mente sostituisce la madre e diventa ciň che si prende cura del bambino stesso. In altri termini il problema č la relazione del sé con la mente.
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4

Cazzola, Franco. « LA CORRUZIONE POLITICA IN ITALIA ». Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 18, no 2 (août 1988) : 223–58. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200012193.

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Résumé :
IntroduzioneIn altra sede ho già avuto modo di ricordare come intorno al problema «corruzione politica» (un fenomeno difficile da afferrare) sia venuta fuori una miriade babelica di esercizi denotativi riconducibile a tre grandi filoni, a seconda del criterio che vi viene posto a base. Se si assume il criterio legalistico corruzione è «un comportamento che devia dai doveri formali di un ruolo pubblico (una carica elettiva o dovuta a nomina) per ottenere vantaggi legati a questioni private (personali, di famiglia, di clan privato) relative al denaro o allo status; oppure che viola delle regole stabilite per impedire indebite forme di influenza privata». Se, invece, si pone a fondamento della definizione il criterio dell'interesse pubblico si allarga notevolmente il concetto di corruzione: «Un sistema di ordine pubblico e civile esalta l'interesse comune ponendolo al di sopra di interessi particolari; trasgredire l'interesse comune per interessi particolari è corruzione». Se, infine, si cerca nel criterio dell'opinione pubblica il fondamento della definizione abbiamo che è corruzione ciò che viene considerato tale dal peso dell'opinione pubblica: un atto è presumibilmente corrotto solo se la società lo condanna come tale, e se chi lo compie sente dei sensi di colpa nel compierlo.
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Pulcini, Elena. « Per una filosofia della cura ». SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no 38 (septembre 2010) : 9–20. http://dx.doi.org/10.3280/las2010-038002.

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Résumé :
Da sempre svalutato e marginalizzato dalla riflessione filosofica, il tema della cura č tornato a imporsi all'attenzione, particolarmente all'interno del pensiero femminista. A partire dal testo di Carol Gilligan In a different voice, si č sviluppato un dibattito che coinvolge molti approcci disciplinari. Ciň che tuttavia resta ancora inesplorato č il problema delle motivazioni che stanno a fondamento della relazione di cura. Qui la filosofia puň offrire il suo fondamentale contributo: riabilitare la cura significa ripensare il soggetto, per opporre al paradigma moderno di un soggetto sovrano quello di un soggetto in relazione. La de-rimozione e la valorizzazione della costitutiva vulnerabilitÀ del soggetto consente di fondare l'universalitÀ della cura e di uscire dalla falsa alternativa tra individualismo e altruismo: vale a dire di pensare un soggetto capace di cura in quanto si riconosce a sua volta bisognoso di cura.
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Gherri, Paolo. « Primi appunti per una storia delle origini della Teologia del Diritto (Canonico) ». Ius Canonicum 50, no 99 (17 juillet 2015) : 221–53. http://dx.doi.org/10.15581/016.50.2658.

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Résumé :
La Teologia del Diritto sviluppatasi nella Canonistica cattolica con l’insegnamento di Mörsdorf mostra le proprie radici più profonde nel problema espressamente germanico dell’autonomia giuridica delle Chiese rispetto allo Stato. La questione venne posta da Sohm negando ogni fondamento a tale autonomia: il Kirchenrecht è di competenza esclusiva dello Stato e contraddice la natura della Chiesa. A Barmen (1934), guidata da Barth, la Chiesa evangelica si ruppe rifiutando le leggi razziali naziste per dotarsi di una regolamentazione autonoma intra-ecclesiale (ancora: Kirchenrecht) da fondare attraverso una Kirchenrechtstheologie anziché filosoficamente. Nel dopo-guerra Mörsdorf seguì tale linea per rivitalizzare il Diritto canonico (Kanonischenrecht) pre-conciliare. Ciò avvenne, tuttavia, scambiando il Kanonischenrecht col Kirchenrecht, poiché il vocabolario e la cultura tedesca erano ormai cambiati. Il Kirchenrecht di Sohm era Diritto dello Stato sulle Chiese (Diritto ecclesiastico); quello di Mörsdorf era Diritto della Chiesa su se stessa (Diritto canonico). Un solo termine per due realtà inconciliabili.
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Brady, Gordon L. « Global Warming : Cognitive Dissonance, Incipient Regimes, and Rent-Seeking * ». Journal of Public Finance and Public Choice 11, no 1 (1 avril 1993) : 41–52. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907539608.

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Résumé :
Abstract Questo scritto applica il concetto psicologico di dissonanza cognitiva per esaminare il fondamentale problema ambientale del cambiamento climatico globale. Gli studi di psicologia definiscono la dissonanza cognitiva come la frustrazione che fa seguito ad una decisione presa in assenza di informazioni rilevanti, ma che vengono acquisite successivamente.Un «regime incipiente» nasce come frutto di particolari gruppi d’interesse che comprendono la burocrazia pubblica e gruppi d’interesse pubblici e privati, i quali approfittano della dissonanza cognitiva per far rendere accettabile la creazione di strutture la cui utilità per la collettività non è dimostrata.Questa tesi è sostenuta attraverso un’analisi di asserzioni molto diffuse circa gli effetti dei cambiamenti climatici, il cui fondamento appare più emotivo che scientifico.
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Grocholewski, Zenon. « La bioetica e l’educazione al Vangelo della Vita ». Medicina e Morale 53, no 2 (30 avril 2004) : 225–39. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.641.

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Résumé :
L’articolo è incentrato sul tema dell’educazione in bioetica. Esso si divide in tre parti, ciascuna delle quali è affrontata partendo dalla considerazione che oggi riveste un’importanza notevole sviluppare un’autentica educazione al rispetto ed alla promozione della vita, nei luoghi in cui tale processo educativo avviene: nella famiglia, nella scuola e nelle altre istituzioni educative di diverso grado. Nella prima parte del contributo, l’Autore si sofferma sull’orizzonte culturale ed educativo del nostro tempo per quanto riguarda la bioetica, disciplina che ormai ha lasciato la torre eburnea in cui era inizialmente confinata per aprirsi al più vasto pubblico, agenzie educative comprese. Nella seconda parte dell’articolo viene affrontato il tema del fondamento antropologico dell’educazione, che per la Chiesa è costituito dalla persona e dal suo valore unico. Dopo uno sguardo alla necessità che l’educazione dell’uomo sia integrale, ossia che tenga presente tutto l’uomo, nella sua globalità, l’Autore conclude con alcune osservazioni per contestualizzare la bioetica nel processo educativo. Giovanni Paolo II più volte ha invitato coloro che svolgono nella società un ruolo educativo a “combattere” per una cultura della vita. La scuola, in tal senso, dovrebbe diventare campo di battaglia privilegiato, tenendo presenti alcuni presupposti fondamentali come l’individuazione delle implicazioni etico-morali che scaturiscono dai progressi delle scienze riguardo alla vita dell’uomo e delle altre specie, come pure dall’uso delle biotecnologie; l’impostazione delle modalità didattiche di approccio al problema, tenendo conto della interdisciplinarità dei problemi di bioetica; la formazione iniziale e permanente dei docenti.
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Bovero, Michelangelo. « Che cosa è non decidibile : cinque regioni del coto vedado ». DESC - Direito, Economia e Sociedade Contemporânea 1, no 1 (13 décembre 2018) : 129–41. http://dx.doi.org/10.33389/desc.v1n1.2018.p129-141.

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Résumé :
In questo articolo, l’A. richiama l’attenzione sul concetto di «sfera dell’indecidibile» coniato da Luigi Ferrajoli, ponendolo a confronto con la nozione di «coto vedado» di Ernesto Garzón Valdés e con l’analoga idea di «territorio» o «frontiera» inviolabile elaborata da Norberto Bobbio: le tre nozioni indicano l’insieme di principi e regole costituzionali che nessun potere politico può violare negli stati democratici di diritto, al centro del quale si trovano i diritti individuali fondamentali. L’A. propone un’interpretazione estensiva della teoria della democrazia di Bobbio capace di offrire una soluzione più avanzata al problema dei limiti del potere politico democratico. Invita a riconoscere nelle «regole del gioco» indicate da Bobbio le condizioni (in senso logico) della democrazia, articolate in due serie: cinque condizioni formali, contenute nelle regole di competenza e di procedura che riguardano il «chi» e il «come» delle decisioni collettive; e cinque condizioni sostanziali, contenute nei principi normativi impliciti nella «sesta regola» dell’elenco di Bobbio, che prescrivono limiti e vincoli al «che cosa», ossia alla sostanza delle medesime decisioni. Tali condizioni sostanziali corrispondono a quelle che l’A. chiama le «cinque regioni del coto vedado». L’A. torna in conclusione sulla concezione di Ferrajoli, in cui riconosce un miglioramento teorico rispetto alle elaborazioni esplicite sia di Bobbio sia di Garzón Valdés; ma sostiene che la teoria delle condizioni e precondizioni della democrazia ricavata per interpretazione estensiva dalla costruzione teorica di Bobbio offre un miglior fondamento razionale alla costruzione della «sfera dell’indecidibile».
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Meghnagi, David. « "Le parole per dire". Trauma e scrittura nell'opera di Primo Levi ». RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no 2 (juillet 2012) : 39–62. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2012-002003.

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Résumé :
La formazione scientifica di Levi, col suo linguaggio chiaro e lontano "dal linguaggio del cuore", la tensione morale dei suoi scritti, hanno offerto una combinazione unica di elementi psicologici, stilistici e formali nel dare corpo a una delle opere piů significative di testimonianza che sia mai stata scritta sull'esperienza dei Lager. Per dare fondamento alla testimonianza, Primo Levi fa ricorso a un modello dantesco. Il suo attraversamento di un inferno reale č descritto attraverso una discesa dove l'internamento di Fossoli funge da limbo. Quando le parole di Dante non son in grado ad assolvere il compito, egli ricorre al linguaggio della Bibbia da cui fa sprigionare scintille. La lingua "marmorea" di Levi, la sua prosa asciutta e chiara, hanno una funzione allo stesso tempo etica e letteraria. Collocare Levi in una zona limite posta tra la letteratura vera e propria e l'attivitŕ di testimone, ha contribuito a occultare e rimuovere il problema della responsabilitŕ degli scrittori di fronte ai problemi piů inquietanti del nostro piů recente passato Per molti anni č sfuggito ai piů che "Se questo č un uomo" č un testo letterario oltre che un trattato filosofico antropologico su un'esperienza estrema che l'autore non ha smesso di rivisitare. Sotto questo aspetto il concetto di zona grigia, che nell'ultima sua opera occupa uno spazio dilatato rispetto alla sua prima opera, ha per Levi un valore euristico che oltrepassa la descrizione del comportamento umano in situazioni limite. La zona grigia di Levi assume nell'ultima opera di Levi il significato di un potente strumento conoscitivo che in un duplice gioco di specchi collega la ricerca di Levi alla monumentale ricerca storica di Hilberg alle riflessioni della Arendt e agli esperimenti di Stanley Milgram sull'obbedienza all'autoritŕ.
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De Paula, Ignacio Carrasco. « Il concetto di persona e la sua rilevanza assiologica : i principi della bioetica personalista ». Medicina e Morale 53, no 2 (30 avril 2004) : 265–78. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.643.

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Résumé :
La Bioetica personalista è una riflessione che affronta le questioni etiche riguardanti la vita umana da una prospettiva che riconosce l’essere e la dignità della persona come valori assoluti, e, di conseguenza, pone come primum principium il rispetto incondizionato della loro inviolabilità e la tutela della loro libera espressione, in primis sul versante dei diritti umani. Nella prospettiva personalista il bonum, cioè il valore ultimo che misura l’agire morale, viene inteso come promozione dell’essere e della preziosità o dignità della persona in quanto persona. Il credente, sia esso un moralista, un filosofo, un bioeticista, o quant’altro, si trova a suo agio quando la sua mente percorre le vie della persona; egli, in altre parole, si sente particolarmente agevolato, similmente al pellegrino che dopo aver battuto sentieri impervi e sconosciuti, ritrova le strade familiari della sua casa. Nella dimora della persona, fede e ragione verificano la propria identità e forza, libere da patteggiamenti o da innaturali rinunce ai propri doveri e diritti; una morale personalista intesa come una sintesi organica e rigorosa è un desiderio che ancora si deve realizzare. Una Bioetica personalista dovrebbe, ad esempio, concedere maggiore spazio alla domanda propriamente etica, cioè se e perché l’embrione deve essere trattato come un qualsiasi essere umano, anche senza esplicitare il problema ontologico. Tre fondamentali ragioni possiamo addurre a fondamento della dimostrazione del primato valoriale della persona. La prima ragione è contenuta nella nota affermazione di S. Tommaso: “persona significat id quod est perfectissimum in tota natura, scilicet subsistens in rationali natura”. La dignità della persona trova qui un sostegno fortemente ontologico: chi è massimamente perfetto non può non essere riconosciuto e rispettato semper et pro semper, in ogni circostanza di tempo e di luogo, cioè in modo assoluto. Nessun valore creato - neanche il superamento di tutte le malattie e sofferenze - può reggere al confronto del valore di ogni singola persona. La seconda ragione fondativa è merito di I. Kant ed in fondo può essere interpretata come una applicazione della tesi di Tommaso d’Aquino: l’essere perfettissimum in tota natura resiste a qualsiasi tentativo di abbassarlo alla condizione di semplice strumento. Come dice il filosofo tedesco nel famoso paragrafo dei Fondamenti della metafisica dei costumi, la persona impone l’imperativo categorico di agire in modo da trattare l’umanità, in te e negli altri, sempre come fine e mai soltanto come mezzo. Infine, la terza ragione proviene da un brano molto noto, come i due precedenti, anche se poco utilizzato in ambito bioetico, forse per l’evidente contenuto teologico. Ci si riferisce alla definizione antropologica del documento conciliare Gaudium et spes che indica l’uomo come “la sola creatura in terra che Iddio abbia voluto per se stessa”.
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Binetti, Paola. « Etica della relazione terapeutica in psichiatria ». Medicina e Morale 49, no 1 (28 février 2000) : 85–102. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2000.751.

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Résumé :
L’etica pone alla psichiatria una serie di interrogativi molto precisi, che possono essere sintetizzati in una triade così strutturata definizione del quadro antropologico di riferimento: identificazione dei criteri di qualità della relazione terapeutica; consapevolezza che il contesto in cui il paziente inserito è contestualmente fattore di sofferenza e risorsa irrinunciabile. Le tre domande rispondono ad un’ottica multifocale che assume di volta in volta come punto di vista privilegiato Chi è il paziente; il Chi siamo del rapporto medico paziente; il Chi sono del contesto socio-familiare. Dalla conoscenza e dal rispetto reciproco scaturiscono modelli decisionali eticamente accettabili perché centrati su di una comune tensione verso il bene reciproco. Il rischio della manipolazione nella relazione terapeutica in psichiatria è però costantemente in agguato e scaturisce dalla sostanziale diffidenza nelle capacità dell’altro, sia sul piano della comprensione degli eventi che su quello della loro corretta gestione. Verità ed errore in psichiatria vanno analizzati nella concretezza delle situazioni individuali e vanno collocati nell’ottica della gradualità e della progressività con cui l’uomo si accosta alla conoscenza, sempre attraverso tentativi ed errori. Un aspetto etico irrinunciabile nella relazione in psichiatria è quello che permette al soggetto malato di potersi esprimere con piena autenticità, evitando sostituzioni indebite si da parte dei familiari che del personale sanitario. L’autenticità come espressione singolare della propria identità, accettata da sé stesso e sa chi prede incarico la sua sofferenza è un fattore terapeutico dei più importanti ed efficaci. Una decisione per essere eticamente valida deve essere presa in piena libertà e nel pieno rispetto della coscienza soggettiva, per questo è essenziale l’aiuto offerto al paziente perché esprima le sue scelte e gradatamente ne comprenda la rilevanza attraverso le conseguenze operative. La libertà nella relazione con il paziente psichiatrico va sempre intesa come una conquista continua, che lo psichiatra presidia senza manipolazioni falsificazionistiche. Il problema del rapporto tra eticità come responsabilità personale ed oggettività come referente normativo universale si chiarisce solo se ci si pone nell’ottica dei diritti umani: diritto a conoscere la verità, diritto a formulare scelte coerenti, diritto a ricevere l’aiuto necessario a riscattare la propria libertà da condizionamenti di vario tipo e genere. Ossia assumendo il principio della autonomia personale come fondamento della relazione di aiuto psico-terapeutico, anche quando l’autonomia presente come diritto va sostenuta fino al punto di acquisizione come altro nome quello della responsabilità verso sé stesso e verso gli altri.
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Decker, Frank. « Democrazia dei partiti in Germania. Fondamenti e problemi ». DEMOCRAZIA E DIRITTO, no 3 (novembre 2010) : 177–200. http://dx.doi.org/10.3280/ded2009-003009.

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Binetti, Paola. « La dimensione etica nella formazione infermieristica : un problema di stile di vita, di contenuti specifici e di integrazione culturale ». Medicina e Morale 46, no 5 (31 octobre 1997) : 939–62. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1997.869.

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La recente entrata in vigore della nuova Tabella XVIII ter, che contiene l’ordinamento didattico di tutti i diplomi universitari afferenti alla Facoltà di medicina offre, rispetto alla precedente, maggiori spazi per lo studio della Bioetica, sia come disciplina a sè stante sia come disciplina trasversale, punto di riferimento essenziale anche per gli altri corsi. La Bioetica, collocata al termine del corso di studi nel cuore del corso di Diritto sanitario, deontologia e Bioetica applicata, può trovare i suoi fondamenti culturali nello studio della Antropologia, - parte integrante delle Scienze umane previste nel II anno di Corso, e della Storia e Filosofia della Medicina, corso previsto nel III anno. La proposta formativa del LIU è quella di anticipare una serie di crediti del corso di Filosofia della Medicina al I anno, in modo da aumentare l’esposizione dello studente alle problematiche di tipo etico, inserendole fn dal primo momento nel suo progetto educativo. Obiettivo di fondo è quello di fare della Bioetica e delle sue implicazioni culturali la rete concettuale di riferimento, vera struttura portante, di tutto l’edificio formativo dello studente del DUI, dal momento che una vera innovazione oggi è possibile solo nel quadro di valori etici con cui l’infermiere si relaziona con il malato e la sua famiglia, elabora risposte coerenti per le nuove esigenze emergenti sul territorio e si dispone ad affrontare una linea di ricerca di alto profilo scientifico.
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De Battisti, Simone. « L'influenza dei fattori normativi e istituzionali sulla partecipazione elettorale. Un riscontro empirico su 19 paesi ». Quaderni dell'Osservatorio elettorale QOE - IJES 45, no 2 (30 septembre 2001) : 77–110. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-12790.

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Partecipazione elettorale: definizione e presentazione dei dati. Fondamenti teorici, obiettivi e significato della ricerca. Il contesto istituzionale: misure e significati dei singoli fattori istituzionali. Fattori istituzionali: presentazione dei dati, gli outliers e le analisi bivariate. Test di modelli multivariati. Un problema aperto.
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Mammana, Maria Flavia, et Mario Pennisi. « Ricordo di Biagio Micale ». Bullettin of the Gioenia Academy of Natural Sciences of Catania 52, no 382 (22 décembre 2019) : O7—O16. http://dx.doi.org/10.35352/gioenia.v52i382.85.

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Il 20 febbraio 2018, a Catania, è mancato improvvisamente Biagio Micale, Professore ordinario di Matematiche complementari all’Università di Catania. Avrebbe compiuto 72 anni il 16 novembre 2018. È stato membro della Commissione Italiana per l’Insegnamento della Matematica e presidente della sezione Mathesis di Catania. Ha coordinato il Nucleo di Ricerca Didattica che opera presso il Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Università di Catania. L’attività scientifica ha riguardato vari aspetti della matematica. In particolare nel periodo che va dagli studi post-laurea al 1986 ha indirizzato la ricerca principalmente verso questioni di fondamenti della matematica riguardanti soprattutto le algebre universali, in particolare gli \( \Omega \)-gruppi di Higgins, e i sistemi algebrici. A partire dal 1987 ha arontato temi di ricerca riguardati la Combinatorica, in modo particolare i \( t \)-design (sistemi di quadruple di Steiner, sistemi di terne e di quaterne orientate). Dal 1978 ha sviluppato un’ampia attività di ricerca riguardante tematiche di fondamenti della matematica e di didattica della matematica, con particolare riguardo per la geometria. Relativamente alla didattica della matematica, sviluppa una organica ricerca prevalentemente indirizzata su problemi riguardanti la didattica della geometria nelle scuole secondarie in relazione alle innovazioni contenute nei programmi di insegnamento in vigore o in via di sperimentazione. In modo particolare dà vita ad una serie di ricerche su problematiche didattiche legate allo sviluppo del tema sulle trasformazioni geometriche, avendo come obiettivo unitario quello di innestare e amalgamare tale tema con la tradizione “euclidea” dell’insegnamento della geometria nella nostra scuola.
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Stradella, Elettra. « Il potere di ordinanza dei sindaci e l'"amministrazione emergenziale" ». RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, no 3 (novembre 2010) : 101–21. http://dx.doi.org/10.3280/sa2010-003011.

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L'articolo, prendendo le mosse da un inquadramento di carattere generale sul potere di ordinanza e i suoi fondamenti teorici, affronta il problema della amministrazione dell'emergenza e delle sue possibili degenerazioni. L'autrice si sofferma sulla disciplina normativa del potere di ordinanza prima e dopo l'approvazione della legge n. 125/2008 e del c.d. "decreto Maroni", mettendo in rilievo gli effetti prodotti in termini di esercizio effettivo, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, del relativo potere, nonché il rapporto tra diritto emergenziale e utilizzo in chiave performativa del diritto penale. Sottolinea in particolare la tendenza ad un impiego abnorme delle ordinanze, sia per sopperire a carenze politico-amministrative superabili attraverso una "ordinaria efficienza", sia soprattutto per rafforzare processi di stigmatizzazione simbolica nei confronti di determinate condotte, evidenziando come la modifica normativa del 2008 si stia rivelando causa di ulteriore stabilizzazione della stessa.
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Von Preuschen, Henriette. « Ideologia e conservazione dei beni culturali : le chiese distrutte dalla guerra nella Repubblica democratica tedesca ». STORIA URBANA, no 129 (avril 2011) : 121–54. http://dx.doi.org/10.3280/su2010-129005.

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Dopo il secondo conflitto bellico e fino al crollo del muro di Berlino, nella repubblica democratica tedesca la ricostruzione delle chiese distrutte durante la guerra, luoghi carichi di memorie storiche e religiose, ben lungi dal porsi come un problema culturale si rivelň sostanzialmente come fatto politico. La scelta se ricostruire o meno gli edifici bombardati era infatti legata alla potenzialitŕ che quel determinato edificio potesse o no rinvigorire l'ideologia socialista e giovare all'immagine che il regime voleva dare di sé. In linea generale, il governo tendeva a far saltare i resti delle chiese con esplosivo, minando metaforicamente le fondamenta del messaggio religioso, ma anche simbolico e artistico, che esse custodivano. La ricostruzione era ammessa solo in quei casi in cui l'edificio potesse in qualche modo partecipare all'immagine urbana che del socialismo si voleva divulgare anche al di fuori dei confini statali. In questi casi, tuttavia, il processo di riedificazione era sottratto agli organismi religiosi e gestito interamente dallo stato, che in qualche modo si impegnava a trasmettere un messaggio antireligioso. Altre volte, come nel caso delladi Dresda, furono proprio le rovine a veicolare un messaggio politico ben preciso, in questo caso una condanna dell'imperialismo americano.
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de Girolamo, Giovanni. « Classificazione, diagnosi ed ICD-10. I - Principi generali e considerazioni critiche ». Epidemiologia e Psichiatria Sociale 2, no 2 (août 1993) : 83–103. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00006850.

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RiassuntoScopo- Discutere i principali problemi teorico-pratici connessi alia classificazione in campo medico e psichiatrico, e presentare la struttura generale della decima revisione della Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-10), entrata ufficialmente in vigore dal gennaio del 1993.Risultati- Sono dapprima discussi i fondamenti epistemologici della classificazione, le varie strategic classificatorie adottate in campo medico e psichiatrico ed i principali modelli classificatori esistenti. Sono quindi analizzati i problemi relativi alia attendibilità ed alia validità delle diagnosi psichiatriche, e vengono descritte le strategic che possono essere impiegate per migliorarle. Infine sono discussi i principi che hanno informato ia stesura dell' ICD-10 ed ifield trialseffettuati al fine di preparare il testo finale delle direttive diagnostiche.Conclusioni- La classificazione in psichiatria rappresenta un passaggio obbligato e necessario per rendere possibile la sistematizzazione delle nuove conoscenze e la comunicazione tra operatori, ricercatori ed utenti. La decima revisione dell' ICD rappresenta lo sforzo più ampio sinora compiuto in campo psichiatrico al fine di predisporre un sistema classificatorio rigoroso che, nel contempo, sintetizzi approcci e culture psichiatriche differenziate.
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Timio, Mario. « Nefrologia clinica : dalla stretta di mano all'EBM attraverso la bioetica ». Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no 3 (30 septembre 2014) : 278–80. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.920.

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La stretta di mano è un gesto essenziale nell'approccio al binomio medico-malato. Sociologi, psicologi medici e bioeticisti ne sottolineano l'importanza nella gestione iniziale della malattia: piccolo gesto per il medico, grande per il malato. Apparentemente controcorrente in un mondo in cui tutto è fast, la stretta di mano viene considerata la chiave giusta per aprire la porta della bioetica in medicina coniugata alla comunicazione medico-malato. Come testimonianza viene riportata la storia clinica di tre pazienti con problemi nefrologici, che fanno emergere la valenza della bioetica nella loro risoluzione ed il significato umano della sua assenza. Viene sottolineato il valore della comunicazione, come il disvalore del silenzio e del non-ascolto nel rapporto medico-paziente. Il non-ascolto mina dalle fondamenta la comunicazione tra uomini sani e malati. Al contrario l'ascolto del dializzato è il presupposto di un vero dialogo, di ogni piena comunicazione. Sono presentate le categorie della medicina narrativa ed il loro utilizzo nella bioetica nefrologica. (Bioethics)
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Lattes, Gianfranco Bettin. « Sul concetto di generazione politica ». Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 29, no 1 (avril 1999) : 23–53. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200026484.

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Résumé :
IntroduzioneL'interrogativo principale cui ci si propone di dare una risposta in queste pagine è: perché (e come) riflettere sul concetto di generazione politica? L'interrogativo è apparentemente confinato ad un tema dai contorni piuttosto limitati. Il nodo da sciogliere, in realtà, è assai più complicato ed è da rintracciare nella palese insufficienza dell'armamentario sociologico tradizionalmente adottato per lo studio del mutamento politico. Un esempio di come si pone il problema è forse utile anche ai fini analitici. Nella storia europea uno dei dati ricorrenti è quello di una duplice forma di conflitto che ha sempre agito come motore di mutamento politico: da un lato il conflitto tra le nazioni e dall'altro lato il conflitto tra le classi. Il conflitto tra la coscienza nazionale e la coscienza di classe è stato in generale risolto a vantaggio del valore della nazione; tuttavia oggi questi due tipi di conflitto non hanno molto spazio perché sono mutati – forse in modo irreversibile – i loro fondamenti sociali, culturali e politici.
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Poma, Andrea. « Commento a Colpa e sensi di colpa di Martin Buber ». QUADERNI DI GESTALT, no 1 (octobre 2010) : 79–87. http://dx.doi.org/10.3280/gest2010-001005.

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Résumé :
L'autore prende le mosse dall'edizione italiana del testo Colpa e sensi di colpa di Martin Buber per sottolineare il rapporto fra il pensiero del filosofo e la svolta umanistica in psicoterapia, mettendone in risalto non solo la nota vicinanza, ma anche alcuni punti di distanza e differenza che le caratterizza. In particolare si sofferma su due problemi aperti che ancora interrogano la psicoterapia: la dimensione etica della colpa e il rapporto fra terapeuta e paziente. In primo luogo, la colpa, considerata in senso etico e non solo come sentimento di colpa, č interamente riconducibile all'ambito psicologico o trascende questa sfera radicandosi in un orizzonte esistenziale e quindi irraggiungibile dalla psicoterapia? In secondo luogo, come č possibile incontrare il paziente su un piano esistenziale (il che significa rinunciare a una posizione io-esso per sostare nell'autentico io-tu) senza perdere il proprio metodo, ruolo e infine se stessi? Questi interrogativi sono proposti come stimoli di riflessione per la psicoterapia e per lo sviluppo dei suoi fondamenti.
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Carrasco de Paula, Ignazio. « L'enciclica "Veritatis Splendor" : prospettive per l'etica medica ». Medicina e Morale 43, no 3 (30 juin 1994) : 431–41. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1994.1012.

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L'articolo intende mettere di rilievo il doppio rapporto esistente tra l'enciclica Veritatis Splendor e l'Etica Medica. Da una parte, il recente documento pontificio si presenta come una riflessione sui fondamenti della morale cattolica, motivata dalla necessità di superare alcune interpretazioni errate (principalmente il consequenzialismo e il proporzionalismo ), le quali vorrebbero "calcolare" il bene e il male morale in base alle conseguenze o alla proporzione tra gli effetti buoni e cattivi che risultano da un determinato comportamento umano. Non è affatto un caso che queste ipotesi - che usano parametri vicini al modello utilitaristico dei "costi-benefici" - siano sorte in parte per tentare di risolvere problemi sollevati nell'ambito bioetico. Dall'altra parte, l'enciclica, riproponendo i concetti fondamentali dell'insegnamento etico cristiano, quali il rapporto fra legge e libertà, fra coscienza e verità, fra morale e fede, indica le basi teoretiche per una bioetica degna dell'uomo: il riaggancio alla metafisica e all'antropologia, il riconoscimento della legge naturale come criterio normativo razionale valido per tutti, il superamento del relativismo inerente all'etica del consenso o dell'interesse soggettivo mediante la comprensione del ruolo degli "assoluti" morali e della centralità della dignità della persona. L'Etica Medica, proponendosi il bene del paziente, deve fare attenzione a che esso corrisponda al bene della persona, altrimenti non consentirà un vero progresso morale.
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Striano, Maura. « La pedagogia nell'Inquiry in John Dewey ». PARADIGMI, no 3 (décembre 2010) : 117–29. http://dx.doi.org/10.3280/para2010-003009.

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L'articolo si basa sull'idea, diffusamente presente nell'opera di John Dewey, che ogni processo di indagine, dal piů semplice al piů complesso, sia generatore di crescita e di sviluppo per gli individui, le comunitŕ, le societŕ. Ciň si verifica nella misura in cui si realizza una sempre piů allargata padronanza dei metodi, degli strumenti e dei prodotti dell'indagine in funzione di una sempre maggiore consapevolezza e comprensione dei problemi che emergono dall'esperienza umana. Appare chiaro che l'indagine viene a sviluppare un processo educativo e puň quindi essere considerata, di per se stessa, un dispositivo educativo. Č dunque importante e significativo poter riflettere su quelli che - in una prospettiva deweyana - potrebbero essere i fondamenti di una teoria educativa dell'indagine all'interno degli scenari contemporanei.
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Masina, Filippo. « Wutausbrüche und Bittgesuche ». Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 97, no 1 (20 décembre 2017) : 24–43. http://dx.doi.org/10.1515/qfiab-2017-0004.

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Résumé :
Riassunto L’articolo tratta delle misure assistenziali in pro dei sinistrati di guerra nell’Italia repubblicana, ma nell’ottica di inquadrare tali provvedimenti nel piu ampio contesto dei nuovi diritti di cittadinanza sanciti con la Carta costituzionale del 1947. Andando oltre il gia noto nesso tra warfare e welfare, l’articolo ricostruisce l’esercizio di tali nuovi diritti (un vero e proprio „diritto al benessere“ che, preso a „fondamento della nuova cittadinanza“, e stato giudicato come uno dei punti cardine della transizione tra guerra e dopoguerra) da parte di una categoria sovente giudicata dallo Stato meritevole delle piu ampie attenzioni, ma che lamento molto spesso la trascuratezza da parte delle istituzioni nel garantirle quanto stabilito dalla legge. L’ipotesi di partenza e, pertanto, che tali difficolta abbiano contribuito a minare l’affezione di una porzione non piccola della cittadinanza rispetto alle nuove istituzioni democratiche, molto fragili nei primi anni del dopoguerra. L’articolo analizza nello specifico alcuni casi di pratiche pensionistiche, relative a diverse categorie di beneficiari, afflitte pero dai medesimi problemi: in particolare, la lentezza talvolta sconcertante con cui il Dipartimento Generale delle Pensioni di Guerra - che pure era, in effetti, letteralmente inondata di domande di pensione - gestiva l’iter delle pratiche, tanto che alcune si sono trascinate sino agli anni ’90. Il cittadino che faceva richiesta di pensione di guerra (che spettava agli invalidi per cause di guerra con almeno il 30 per cento di capacita lavorativa perduta) doveva spesso attendere anni anche soltanto per avere una prima risposta. Cio provocava un fenomeno ricorrente, cioe quello di rivolgersi alle piu diverse personalita ed autorita politiche auspicando la loro intercessione: non percependo la forza del diritto, ci si rifugiava nella speranza di una generosita paternalistica. Talvolta, queste lettere - di rabbia, e di supplica - addirittura precedevano i gravi ritardi dell’espletamento delle pratiche, segnalando dunque l’esistenza di una consuetudine predemocratica nei suoi stessi presupposti. Uno dei segnali di una condizione di cittadinanza rimasta incompiuta.
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Masina, Filippo. « Wutausbrüche und Bittgesuche ». Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 97, no 1 (5 mars 2018) : 24–43. http://dx.doi.org/10.1515/qufiab-2017-0004.

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Résumé :
Riassunto L’articolo tratta delle misure assistenziali in pro dei sinistrati di guerra nell’Italia repubblicana, ma nell’ottica di inquadrare tali provvedimenti nel più ampio contesto dei nuovi diritti di cittadinanza sanciti con la Carta costituzionale del 1947. Andando oltre il già noto nesso tra warfare e welfare, l’articolo ricostruisce l’esercizio di tali nuovi diritti (un vero e proprio „diritto al benessere“ che, preso a „fondamento della nuova cittadinanza“, è stato giudicato come uno dei punti cardine della transizione tra guerra e dopoguerra) da parte di una categoria sovente giudicata dallo Stato meritevole delle più ampie attenzioni, ma che lamentò molto spesso la trascuratezza da parte delle istituzioni nel garantirle quanto stabilito dalla legge. L’ipotesi di partenza è, pertanto, che tali difficoltà abbiano contribuito a minare l’affezione di una porzione non piccola della cittadinanza rispetto alle nuove istituzioni democratiche, molto fragili nei primi anni del dopoguerra. L’articolo analizza nello specifico alcuni casi di pratiche pensionistiche, relative a diverse categorie di beneficiari, afflitte però dai medesimi problemi: in particolare, la lentezza talvolta sconcertante con cui il Dipartimento Generale delle Pensioni di Guerra – che pure era, in effetti, letteralmente inondata di domande di pensione – gestiva l’iter delle pratiche, tanto che alcune si sono trascinate sino agli anni ’90. Il cittadino che faceva richiesta di pensione di guerra (che spettava agli invalidi per cause di guerra con almeno il 30 per cento di capacità lavorativa perduta) doveva spesso attendere anni anche soltanto per avere una prima risposta. Ciò provocava un fenomeno ricorrente, cioè quello di rivolgersi alle più diverse personalità ed autorità politiche auspicando la loro intercessione: non percependo la forza del diritto, ci si rifugiava nella speranza di una generosità paternalistica. Talvolta, queste lettere – di rabbia, e di supplica – addirittura precedevano i gravi ritardi dell’espletamento delle pratiche, segnalando dunque l’esistenza di una consuetudine predemocratica nei suoi stessi presupposti. Uno dei segnali di una condizione di cittadinanza rimasta incompiuta.
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Bescos, A., et A. M. Camarasa. « Caracterización hidrológica del rio Arga (Navarra) : el agua como recurso y como riesgo ». Estudios Geográficos 59, no 232 (6 juillet 2018) : 389. http://dx.doi.org/10.3989/egeogr.1998.i232.609.

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Résumé :
El agua constituye un elemento vital para el desarrollo de los ecosistemas naturales, así como de los enclaves humanos. La creciente ocupación antrópica de los valles aluviales está creando conflictos, cada vez más patentes, entre el uso del recurso y la prevención del riesgo. Estos problemas adquieren una dimensión considerable en el caso del río Arga, afluente del Ebro. Se trata de una cuenca de régimen pluvio-nival que presenta importantes reservas de agua. La población y las actividades económicas que en ella se asientan vienen experimentando una importante expansión desde los años 60, vinculada, sobre todo, al desarrollo industrial (Cuenca de Pamplona) y agrícola (llano aluvial). En los últimos treinta años este crecimiento ha supuesto un aumento considerable de las demandas hídricas, a la vez que del riesgo de inundación. El presente trabajo analiza los aspectos físicos que determinan el funcionamiento hidrológico de la cuenca del Arga, así como la presión antrópica sobre el llano aluvial. Se analiza la demanda hídrica y la ocupación de las zonas inundables, en un intento de caracterizar ambas facetas del agua: recurso y riesgo. [fr] L'eau constitue im élément fondamental pour le déroulement des écosystèmes naturels autant que des enclaves humains. La croisant occupation anthropique des vallées alluviales est en train de produire des conflits, de plus en plus évidents, entre l'usage du ressource et la prévention du risque. On a trouvé ces problèmes, au bassin versant du fleuve Arga, un affluent de la rivière Ebro. Il s'agit d'un bassin de régime pluvio-nival qui présente des importants ressources d'eau. La population et les activités économiques que y sont installées ont expérimenté une puissante expansion, lié surtout, au développement industriel (Pamplona) et agricole (plaine alluvial). Dans les dernières trente années, cet accroissement a supposé un considérable augmentation des demandes hydriques, au même temps que le risque d'inondation. Le présente travail analyse les aspects physiques qui déterminent le fonctionement hydrologique du bassin versant du Arga autant que la pression humaine sur la plaine alluvial. On analyse la demande hydrique et l'occupation des zones inondables, en prétendant de caractériser la double facette de l'eau: ressource et risque.
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Jaquet, Chantal. « O acordo afetivo da multidão : O desejo (desiderium) de vingança como princípio do corpo político ». Discurso 45, no 2 (17 mars 2016) : 41–62. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2318-8863.discurso.2015.112507.

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No Tratado político, VI, 1, Espinosa sustenta que o acordo da multidão que preside a constituição do corpo político não se funda sobre a razão, mas sobre um afeto comum: medo, esperança ou desejo de vingar um dano sofrido em comum (vel desiderio commune aliquod damnum ulciscendi). O objetivo deste artigo é analisar a possibilidade, a viabilidade e a legitimidade de uma união paradoxal e problemática da multidão com base em uma aspiração à vingança. A hipótese de um motor vingativo na origem do corpo político jamais foi objeto de um exame por parte dos comentadores, que se interessaram mais pelo temor, esperança ou indignação, negligenciando o desejo de vingança, embora expressamente mencionado por Espinosa. A reflexão visa então a destacar a originalidade desta tese, que tira o Estado do modelo contratualista para revelar sua natureza conspiratória, operando notadamente uma confrontação com Locke e distinguindo justiça e vingança. Trata-se, em seguida, de analisar os problemas que ela levanta, como a ausência de perenidade ou o risco de tirania ligados ao excesso de violência, e de interrogar-se sobre sua legitimidade e seu bom fondamento. Trata-se, enfim, de definir um bom uso da vingança, tomando o cuidado de distinguir, como o faz Espinosa, o desiderium de vingança e a cupiditas, e explicando a natureza exata do afeto vingativo sobre o qual o acordo da multidão pode legitimamente apoiar-se para definir um direito soberano e uma justiça comum.[1] Uma versão mais breve deste texto foi publicada em espanhol com o título de “El deseo (desiderium) de venganza como fundamento del cuerpo político”, Spinoza séptimo coloquio, Diego Tatián (org.), Cordoba, Editorial Brujas, pp. 281-294, 2011.<
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Maraghini, Maria Pia. « Il fenomeno abachistico a supporto dei cambiamenti socio-economici : Arezzo tra il XIII ed il XVI secolo = The role of the abacus tradition for the economic and social development of the society : evidence from Tuscany (Italy) between XIII and XVI century ». Pecvnia : Revista de la Facultad de Ciencias Económicas y Empresariales, Universidad de León, no 13 (1 décembre 2011) : 25. http://dx.doi.org/10.18002/pec.v0i13.602.

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Résumé :
Este artículo indaga sobre los orígenes de la contabilidad con el objetivo de analizar el comportamiento económico. En particular, se examinan los primeros lugares específica-mente dispuestos y organizados para la enseñanza del conocimiento contable así como los medios de estudio para su transmisión: las escuelas y los libros de ábaco. Ampliamente extendidos en Italia entre los siglos XIII y XVI tenían la finalidad de transmitir, por un lado, el conocimiento generalmente difundido como matemática práctica y, por otro, las técnicas para realizar operaciones aritméticas y las reglas prácticas para la resolución de problemas comerciales y financieros.<br />El objetivo de esta investigación es profundizar en el estudio de las escuelas y de los libros de ábaco evidenciando el papel desempeñado en el origen de la contabilidad y en el desarrollo económico y social en la época medieval y los primeros siglos del Renacimiento.<br />Con este fin, el estudio se basa en algunas evidencias sobre la evolución de los estudios y las escuelas de ábaco en Arezzo (Toscana, Italia) entre los siglos XIII y XVI. Combinando evidencias similares con el análisis teórico el estudio revela la contribución de la tradición del ábaco en el mejor desarrollo de la vida pública en época medieval y renacentista. La constatación de esta contribución ha sido la base del creciente interés mostrado hacia la cultura del ábaco por las autoridades locales de la época.<br /><br /><br />This paper focuses on the “origins” of the book-keeping art which aims to record economic behaviour. In particular, this research investigates the early specific “places” arranged and organized to teach the accounting knowledge and the primitive “means” of study with which it could be handed over: the abacus schools and books. They prevalently spread in Italy between XIII and XVI century with the aim of transferring the knowledge generally defined as “practical maths”, such as the techniques to do arithmetic operations and practical rules to solve commercial and financial questions. <br />The objective of this research is to further investigate the study of abacus schools and books, in order to recover and highlight the role held by the abacus phenomenon in the origins of the “accounting art” and, in general, the role of the “abacus tradition” for the economic and social development of the society during the medieval and renaissance period. <br />To achieve this goal, the study relies upon some evidences from Tuscany (Italy) between XIII and XVI century. By combining theoretical and empirical insights, the analysis points out the contribution the abacus tradition has given to the better development of public life in the city-republic during the medieval and renaissance period, that is to say to the best and most effective exercise of duty and civic right. This contribution has been the basis to the growing interest shown towards the abacus culture by the then city-republic authorities.<br /><br /><br />La presente ricerca indaga sulle “origini” dell’arte contabile tendente a memorizzare i comportamenti economici. In particolare, essa esamina i primi “ambienti” specifici predisposti e organizzati per l’insegnamento delle conoscenze contabili e i “mezzi” di studio per il loro trasferimento: le scuole e i libri d’abaco. Diffusisi prevalentemente in Italia tra il XIII ed il XVI secolo, essi avevano il principale scopo di trasmettere quelle conoscenze generalmente definite di “matematica pratica”, quali le tecniche per eseguire le operazioni aritmetiche e le regole pratiche per la risoluzione di problemi commerciali e finanziari.<br />L’obiettivo della ricerca è quello di approfondire lo studio delle scuole e dei libri d’abaco, evidenziandone il ruolo rivestito nella “genesi” della contabilità per le aziende e, quindi, nel più generale sviluppo socio-economico in epoca medioevale e nei primi secoli del Rinascimento.<br />A tal fine, la ricerca si avvale anche di alcune evidenze inerenti il processo evolutivo subito dallo studio e dalle scuole d’abaco in Arezzo (Toscana, Italia) dal XIII al XVI secolo. Combinando simili evidenze con l’analisi teorica, la ricerca rileva, in particolare, il contributo offerto dal fenomeno abachistico al migliore svolgimento delle funzioni degli attori della vita pubblica nei comuni in età medioevale e rinascimentale. L’effettiva consapevolezza di tale contributo ha costituito il fondamento del considerevole e crescente interesse mostrato nei confronti della cultura dell’abaco dalle allora autorità comunali.<br />
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Cristin, Renato. « Verità e libertà come fundamenti del circolo fenomenologico ». Investigaciones Fenomenológicas, no 4-I (15 janvier 2014) : 93. http://dx.doi.org/10.5944/rif.4-i.2013.29740.

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Résumé :
Il tema principale del saggio è un’interpretazione del metodo fenomenologico che, focalizzando la questione dell’identità, ne mette in evidenza il lato trascendentale ed egologico. L’obiettivo è il recupero dell’idea di filosofia come scienza rigorosa e il conseguente ritorno alla centralità del soggetto fenomenologico-trascendentale.Viene introdotto il concetto di circolo fenome-nologico, con il quale si intende indicare la ricorsività della riduzione e la necessità di restare in essa, per mantenere il livello fenomenologico dell’esperienza e della conoscenza. Si tratta di una circolarità virtuosa, non solo perché è produttiva, ma anche perché procede attraverso una costante messa fra parentesi dei risultati e una continua riapertura degli orizzonti. Il circolo fenomenologico è un continuo campo di rimandi, caratteristico anche della correlazione noetico-noematica, tra l’io e il mondo, tra la libertà de-ll’atteggiamento e la verità dell’evidenza, un campo polarizzato i cui elementi si relazionano incessantemente e dal quale l’io esce con l’obiettivo però di farvi ritorno. L’io trascendentale dev’essere libero di compiere questo ritorno a se stesso, perché dentro di sé risiede la verità. Questa circolarità è dunque generatrice di libertà per quanto riguarda l’esercizio del metodo del “vedere fenomenologico”, e portatrice di verità per quanto riguarda l’esito del metodo stesso.Viene sottolineato come l’aspirazione fenomenologica a “vivere nella verità” sia uno sforzo per ricostituire quella verità fluente rappresentata dalla vita della soggettività nel terreno del mondo-della-vita. L’epoché, in quanto “totale rivolgimento esistenziale”, diventa il perno di uno stile di vita rivolto alla verità. Per la fenomenologia, vivere nella verità vuol dire vivere nella libertà, perché se la verità scaturisce dall’epoché, e se quest ’ultima si realizza come “sguardo veramente libero”, allora la verità non è solo legata alla libertà, ma ne è anche dipendente.Si sostiene qui che la soggettività fenomenologico-trascendentale rappresenta la chiave per una svolta rispetto alla situazione culturale attuale, nella quale il concetto di “io” è diventato uno dei principali bersagli critici. Viene mostrato come la soggettività sia collegata al metodo: infatti, annota Husserl in un manoscritto del 1924, “la soggettività è il mio tema, ed è un tema puro e in sé conchiuso, indipendente. Mos-trare che e come ciò sia possibile è il compito della descrizione del metodo della riduzione fenomenologica. Il “tema” di Husserl è dunque il suo compito filosofico e la sua missione esistenziale.Da qui si può interpretare anche la fenomenologia dell’intersoggettività sul piano storico-fattuale: la teoria fenomenologica dell’esperienza dell’estraneo non va confusa con i problemi della multiculturalità né tanto meno con le retoriche dell’alterità, ma è un’istanza che ripropone oggi l’antica questione della filosofia che si determina come ethos della theoria e quindi come “ragione pratica”, un’istanza che rimette al centro dell’attenzione quel fondamento che rischia di andare perduto nell’anonimato della tecnoscienza e nell’indistinto di una forma culturale globalizzata e globalizzante, un’istanza che richiama tutti noi a ritornare a ciò che Husserl chiamerebbe la costituzione originaria di senso della civiltà europea.El tema principal del paper es una interpretación del método fenomenológico que, enfocando la cuestión de la identidad, pone en evidencia su dimensión trascendental y egológica. El objetivo es el rescate de la idea husserliana de filosofía como ciencia rigurosa o estricta y el consiguiente regreso a la centralidad del sujeto fenomenológico-trascendental.Se introduce el concepto de círculo fenomenológico, que alude a la recursividad de la reducción y la necesidad de permanecer en ella, para mantener el nivel fenomenológico de la experiencia y del conocimiento. Se trata de una circularidad virtuosa, no sólo porque es productiva, sino porque avanza a través de una constante puesta entre paréntesis de los resultados y una continua reapertura de los horizontes. El círculo fenomenológico es un infinito campo de rebotes referenciales –propio en primer lugar de la correlación noético-noemática– entre el ego y el mundo, entre la libertad de la actitud y la verdad de la evidencia, un campo polarizado cuyas partes se relacionan incesantemente y del cual el ego sale (o se expone) pero con el objetivo de volver a entrar. El ego trascendental debe ser libre de cumplir este retorno a sí mismo, porque dentro de sí reside la verdad. Esta circularidad es entonces generadora de libertad por lo que se refiere al ejercicio del método del “mirar fenomenológico”, y portadora de verdad por lo que se refiere al resultado del método mismo.Se subraya la aspiración fenomenológica a “vivir en la verdad” como esfuerzo que se propone reconstruir esa verdad fluyente constituida por la vida de la subjetividad en el terreno del mundo de la vida. La epoché, en tanto “total transformación existencial”, se vuelve el perno de un estilo de vida orientado hacia a la verdad. Para la fenomenología, vivir en la verdad quiere decir vivir en la libertad, porque si la verdad surge de la epoché, y si esta última se realiza como “mirada verdaderamente libre”, entonces la verdad no está sólo ligada a la libertad, sino que resulta dependiente de ella.Se sostiene que la subjetividad fenomenológico-trascendental representa la clave para un viraje respecto de la situación cultural que prevalece en la actualidad, en la cual el concepto de “yo” se ha vuelto uno de los principales blancos de crítica. Se muestra aquí la radicalidad del nexo entre la subjetividad y el método. En un manuscrito de 1924 Husserl efectivamente anota: “la subjetividad es mi tema, y es un tema puro y en sí completo, independiente. Mostrar que ello es posible y de qué manera, es el cometido de la descripción del método de la reducción fenomenológica”. El “tema” de Husserl es por lo tanto su cometido filosófico y su misión existencial.A partir de aquí es posible interpretar también la fenomenología de la intersubjetividad a nivel histórico-fáctico: la teoría fenomenológica de la experiencia del extraño no debe ser confundida con los problemas de la multiculturalidad ni, menos aún, con las retóricas de la alteridad, sino que es una instancia que vuelve nuevamente actual la antigua cuestión de la filosofía que se determina como ethos de la theoria y por ende como “razón práctica”, una instancia que vuelve a poner al centro de nuestra atención ese fundamento que corría el riesgo de perderse en el anonimato de la tecnociencia y en lo indistinto de una forma cultural globalizada y globalizante, una instancia que reclama un retorno, de parte de todos nosotros, a lo que Husserl llamaría la constitu-ción originaria de sentido de la civilización europea.
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Redaelli, Arianna. « PER UN’INTERPRETAZIONE COMUNICATIVA DELLA PUNTEGGIATURA NELLE GRAMMATICHE FRANCESI DEL SECOLO XVIII : ESEMPI DI LETTURA MANZONIANA ». Italiano LinguaDue 13, no 2 (26 janvier 2022) : 573–88. http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/17149.

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L’articolo intende fornire una breve disamina delle riflessioni riservate alla punteggiatura da parte di alcune tra le principali grammatiche del Settecento francese, allo scopo di segnalarne la modernità, la profondità d’analisi e l’influenza che esercitarono sulla sintassi moderna, non solo d’oltralpe. Una prima sezione è destinata a osservare come, di fronte alla storia recente dell’interpunzione, i grammatici illuministi si scostino sensibilmente dalle tendenze imperanti in Italia. Essi, infatti, non riservano all’argomento spazio esiguo e liminare, né si limitano a fornire semplici regole d’uso oscillanti tra un’interpretazione pausativa e un’interpretazione sintattica dei segni, e non di rado ridotte a vaghezze sul libero arbitrio degli scriventi. Al contrario, propongono osservazioni ampie e acute, poco o per nulla connesse alla mera prassi (dunque scarsamente fruibili a livello didattico), e perlopiù relate al problematico rapporto tra oralità e scrittura, ai cambiamenti verificatisi nel tempo entro il sistema scrittorio e ai fondamenti logici e semantici che presiedono all’organizzazione del discorso, cui la punteggiatura prende attivamente parte. Si procede poi con l’osservazione diretta di alcuni scritti, in particolare dei notevoli esempi forniti dalle opere di Claude Buffier, dell’abate Girard e di Nicolas Beauzée. Pur nella difformità delle trattazioni, tali grammatici condividono un approccio ragionativo al problema, che prende avvio da un’analisi minuziosa del testo e che offre altresì i presupposti per un fertile dialogo tra indirizzi interpretativi talora divergenti. Le loro proposte giungono, tra Settecento e Ottocento, anche in Italia, al punto che uno scrittore quale il Manzoni dei Promessi Sposi sembra venirne influenzato. Di qui, una casistica che lo dimostri. Si pensi, ad esempio, all’impiego della virgola tra soggetto e predicato – che i grammatici italiani teorizzano solo a partire dal Novecento, con il Malagòli – quando il primo sia espanso o da tematizzare; e all’uso del corsivo – ancora considerato, in ambiente peninsulare, appannaggio del tipografo – per segnalare la citazione, nel testo, di un altro testo scritto: riflessioni riscontrabili, almeno sino a Ottocento inoltrato, nella sola grammatica del Beauzée. Qualche considerazione conclusiva, infine, inserisce questi lavori nel complesso degli studi sull’interpunzione e chiarisce il legame sussistente tra essi e il testo manzoniano, anche in relazione alla diffusione del paradigma comunicativo-testuale nel panorama grammaticografico italiano. A communicative interpretation of punctuation in the French grammar books of the XVIII century: manzonian examples The article provides a brief examination of the reflections on punctuation in some of the main eighteenth century French grammar books, in order to point out their modernity, depth of their analysis and the influence they exerted on modern syntax, not only in France. The first section observes how, in the face of the recent history of punctuation, the grammarians of the Enlightenment deviated considerably from the prevailing trends in Italy. In fact, they dedicated ample space to the subject, going beyond providing simple rules for use that oscillated between a pausative interpretation and a syntactic interpretation of the signs, which not infrequently were reduced to vagueness regarding the free will of the writers. The ample and acute observations, barely connected to mere practice (therefore scarcely usable at a didactic level), were mostly related to the problematic relationship between orality and writing, changes that occurred over time within the writing system and to the logical and semantic foundations that presided over the organization of discourse, where punctuation took an active part. We then proceed with the direct observation of some writings, in particular remarkable examples provided by the works of Claude Buffier, Abbot Girard and Nicolas Beauzée. Despite the differences in their treatments, these grammarians shared a reasoned approach to the problem, which began with a detailed analysis of the text and which also offered the basis for a fertile dialogue between interpretative, sometimes divergent, approaches. Between the eighteenth and nineteenth centuries, their proposals reached Italy, where Manzoni, in Promessi Sposi, seemed to have been influenced by them. Hence, a series of cases demonstrate this. Think, for example, of the use of the comma between subject and predicate – that Italian grammarians theorized only from the twentieth century with Malagòli – when the first was expanded or thematized; or the use of italics – still considered, in a peninsular environment, the prerogative of the typographer – to signal a citation, in the text, of another written text: reflections that can be found, at least until the late nineteenth century, only in the grammar book by Beauzée. Finally, a few concluding considerations place these works within studies on punctuation and clarify the link between them and Manzoni’s text, also in relation to the diffusion of the communicative-textual paradigm in the Italian grammatical panorama.
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Lucas Lucas, Ramón. « L’identità sessuale della persona a cinquant’anni dall’Humanae Vitae / The sexual identity of the person 50 years after Humanae Vitae ». Medicina e Morale 67, no 5 (11 décembre 2018) : 545–62. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2018.556.

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Résumé :
Da un primo sguardo a Humanae Vitae sembra emergere che la questione centrale sia la morale sessuale coniugale. Non voglio insistere su questo punto. Altre questioni antropologiche meritano attenzione e concentrerò la riflessione su questa: la distinzione tra uomo e donna, ovvero l’identità sessuale della persona umana e i problemi antropologici ad essa legati. Se già allora Paolo VI aveva colto l’importanza, tuttavia la natura dell’Enciclica e l’ambiente culturale di allora non richiedevano un approfondimento esplicito. Oggi l’orientamento culturale si è polarizzato attorno al gender per indicare un’identità personale svincolata dal sesso. Seguendo l’orientamento del Concilio Vaticano II appena concluso, Humanae Vitae adotta un approccio personalista dell’amore coniugale e dei rapporti tra gli sposi. Per Paolo VI «gli sposi» sono marito e moglie, e «l’amore coniugale» si dà tra uomo e donna. Oggi la coniugalità si è allargata, gli «sposi» possono essere «partner» dello stesso sesso, «l’amore coniugale» può separarsi in radice dalla procreazione, la generazione di nuove vite può avvenire in laboratorio. Le nuove proposte vengono presentate come un «nuovo umanesimo», come il «transumano» che va al di là dell’umanesimo finora vissuto e divenuto ormai inadeguato. Una delle prime insidie che dovettero superare i primi cristiani fu lo gnosticismo; sembra che sia tornato con apparenza di originalità. Che ne dice Humanae Vitae di tutto ciò? Al di là gli aspetti morali, ancora oggi in discussione, prendo in considerazione il fondo antropologico che sta a fondamento degli aspetti morali proposti. ---------- At first glance, the morality of conjugal sexuality seems to emerge as the central question of Humanae Vitae. I dont want to insist on this point. Other themes merit attention and I will focus this reflection on one such theme: the distinction between man and woman, which is to say sexual difference and the anthropological issues linked to such difference. While Paul VI had already taken into account the importance of sexual difference, the culture was not yet strongly impregnated with alternative views. Today, the cultural climate is polarized around the concept of «gender» as personal identity detached from sex. Following the orientation of the recently concluded Vatican Council II, Humanae Vitae adopts a personalist approach to conjugal love and relations between spouses. For Paul VI «spouses» are husband and wife, and «conjugal love» is between man and woman. Today, conjugality is expanded. The «spouses » can be «partners» of the same sex. «Conjugal love» can be separated from procreation and the generation of new life can come about in the laboratory. New proposals are presented as a «new humanism», such as «transhumanism » that goes beyond the inadequate humanism lived until now. Gnosticism was one of the first dangers that the first Christians needed to overcome, yet seems that Gnosticism has returned with the appearance of originality. What does Humanae Vitae have to say about this situation? Beyond the moral aspects still debated today, I take into consideration the anthropological foundation that grounds the moral aspects proposed.
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Lepore, Amedeo. « Dal divario Nord-Sud alla convergenza : il modelo dell'intervento straordinario a l'azione della Cassa per in Mezzogiorno, durante e oltre la golden age = From the North-South gap to the convergence : The model of the extraordinary intervention and the... » Pecvnia : Revista de la Facultad de Ciencias Económicas y Empresariales, Universidad de León, no 15 (10 juillet 2012) : 79. http://dx.doi.org/10.18002/pec.v0i15.805.

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Résumé :
<p>La storiografia incentrata sul tema della Cassa per il Mezzogiorno è molto ampia e si sviluppa in relazione non solo alle questioni generali riguardanti l’intervento straordinario, ma anche alle molteplici forme di articolazione settoriale e territoriale dell’iniziativa pubblica per la ripresa e lo sviluppo del Sud. Una ricostruzione puntuale delle vicende della Cassa, che per oltre un quarantennio– anche se con diversità di impostazione nelle varie fasi –ha operato come strumento delle strategie per lo sviluppo del Mezzogiorno, richiede un impegno molto approfondito. Tuttavia, anche senza effettuare una dettagliata cronistoria dell’attività dell’Ente, si può ricomporre una visione d’insieme, attraverso l’interpretazione di un modello di intervento pubblico collegato strettamente agli eventi economici concreti e all’andamento dei processi di industrializzazione che hanno interessato i territori meridionali.</p><p>La scelta di una prospettiva di lungo periodo, imperniata sull’analisi dell’intervento straordinario nel suo complesso, ha permesso un giudizio più equilibrato su tutta l’epoca dell’azione “aggiuntiva” dello Stato per il recupero del divario meridionale, superando eccessive semplificazioni nella valutazione di quell’esperienza e confutando pareri sommari sui suoi risultati, spesso privi di fondamento. Al tempo stesso, una visione ampia ha fatto emergere un percorso in grado di associare il caso della Cassa per il Mezzogiorno, controverso e difficile, ma considerato anche un modello tra i più avanzati a livello internazionale, a un tema di grande importanza, come quello delle politiche di sviluppo adottate per affrontare i problemi dell’arretratezza economica e per avviare a soluzione i dilemmi del dualismo.</p><p>L’analisi effettuata ha provato l’esistenza di un indiscutibile progresso economico nel periodo della <em>golden age</em>. Durante quell’epoca di prosperità non solo si realizzò un notevole avanzamento delle aree del Paese che già possedevano un’armatura industriale, ma si ottenne, contemporaneamente, il risultato, per nulla scontato, di una modernizzazione della struttura economica del Mezzogiorno –attraverso la politica delle opere pubbliche, prima, e dell’industrializzazione vera e propria, poi– nonché, di un recupero del divario accumulato con le regioni settentrionali. In questo modo, l’intervento straordinario, indirizzato verso obiettivi macroeconomici e guidato da una tecnostruttura come quella della Cassa, al tempo stesso autonoma e reattiva alle scelte strategiche del governo, si dimostrò lo strumento più efficace e innovativo per fare dell’Italia intera una potenza industriale. L’allontanamento da questi esiti, nella fase successiva dominata dalla crisi petrolifera e dalle politiche di ristrutturazione industriale, pur determinando una netta inversione di tendenza, non ha messo in discussione il valore dell’esperienza iniziale della Cassa per il Mezzogiorno, capace di aprire la strada alla crescita economica italiana negli anni del <em>boom</em>.</p><p>Historiography focusing on the Cassa per il Mezzogiorno is indeed vast and developed not only in regard to the main issues concerning the extraordinary intervention, but also to the various sectorial and territorial articulations public interventions for the recovery of Southern Italy undertook. Achieving a punctual reconstruction of the goings-on of the Cassa, an istitution that, for more than forty years –despite some differences in planning during its various phases– operated as an instrument to implement the strategies focusing on developing Southern Italy, requires a very deep commitment. However, an effective overall view can be reconstructed by interpreting a public intervention model strictly linked to the concrete economic events and to the trends of those industrial processes implemented in Southern Italy, even without going through a detailed chronicle of this entity.</p><p>The choice of a long-term perspective, focused on the analysis of the extraordinary intervention in its entirety, allowed for a more balanced evaluation of all the era regarding the “supplementary” actions the Italian State carried out to bridge the gap of its Southern regions, going beyond the exaggerated simplifications plaguing the evaluations of such an experience and confuting those hasty, often baseless, judgments on the results it achieved. At the same time, a wide viewpoint on the matter let a research path emerge, able to link the specific case of the Cassa per il Mezzogiorno, itself difficult and controversial, while being considered one of the most advanced models internationally, with a very significant theme, such as the development policies implemented to tackle the problems of economic backwardness and to begin solving the dilemmas brought by the dualism.</p><p>The analysis which was carried out proved the existence of an unquestionable economic progress during the <em>golden age</em>. In that era of prosperity, not only did the areas in Italy already possessing a significant industrial presence experience significant advancement, all the while, the result, by no means granted, of a modernized economic structure in Southern Italy was achieved –first through a policy focused on public works and then by true forms of industrialization– and of a significant recovery of the gap the area had towards the Northern regions of Italy. Thus, the extraordinary intervention, focused on macroeconomic goals and driven by a technical structure such as the Cassa, itself autonomous and reacting towards governmental choices at the same time, revealed itself to be the most effective and innovative tool in turning the whole of Italy into an industrial power. The departure from such results in the following phase, dominated by the oil crisis and by the policies of industrial reconstruction, despite triggering a significant trend inversion, never questioned the value of the Cassa per il Mezzogiorno’s initial experience, which was able to open and show the way to economical growth, during the Italian <em>boom </em>years.</p>
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Lombaert, Erik. « Vulneración de derechos de niños y niñas en prácticas discursivas de profesionales ». Clivajes. Revista de Ciencias Sociales, no 14 (3 avril 2021) : 140. http://dx.doi.org/10.25009/clivajes-rcs.v0i14.2668.

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Résumé :
Este artículo da cuenta de hallazgos de investigación basada en el análisis crítico de discursos de equipos de profesionales de los sectores de Justicia, Salud y Educación en la Región Metropolitana y La Araucanía de Chile, que atienden a niños, niñas y adolescentes en condiciones de vulnerabilidad, con el propósito de explorar prácticas discursivas relativas a la judicialización de problemáticas que les afectan. Se develan diversas formaciones discursivas, de las cuales se describe el uso transversal y estratégico del enunciado “vulneración de derechos” en los espacios intersticiales, el cual caracteriza el campo de la protección especial y el reducido margen de discrecionalidad profesional, que permite y obliga la tensión entre el derecho fundamental de acceso a la justicia y la institución de la obligatoriedad legal y administrativa de denunciar situaciones meritorias de medidas judiciales de protección.Palabras clave: Derechos del niño, Protección de la infancia, Agenciamiento, Discurso Violation of the rights of boys and girls in discursive practices of professionalsSummaryThis article reports on research findings based on the critical analysis of speeches by teams of professionals from the Justice, Health and Education sectors in the Metropolitan Region and La Araucanía of Chile, who care for children and adolescents in vulnerable conditions, with the purpose of exploring discursive practices related to the prosecution of problems that affect them. Various discursive formations are revealed, of which the transversal and strategic use of the statement "violation of rights" in interstitial spaces is described, which characterizes the field of special protection and the reduced margin of professional discretion, which allows and obliges the tension between the fundamental right of access to justice and the institution of the legal and administrative obligation to report situations worthy of judicial protection measures.Keywords: Children's rights, Child protection, Agency, Speech Vulnérabilité des droits des garçons et des filles dans des pratiques discursives des professionnelsRésuméDans cet article on rend compte des trouvailles de recherche basée dans l’analyse critique des discours d’équipes de professionnels des secteurs de Justice, Santé et Éducation dans la Région Métropolitaine et La Araucanía au Chile, qui s’occupent des garçons et des filles en conditions de vulnérabilité, au but d’explorer de pratiques discursives relatives à la judiciarisation des problématiques qui leur concernent. On dévoile diverses formations discursives, desquelles on décrit l’utilisation transversale et stratégique de la phrase « vulnérabilité des droits » dans les espaces interstitiels, laquelle caractérise le champ de la protection spéciale et la marge réduite de discrétion professionnelle qui permet et oblige la tension entre le droit fondamental d’accès à la justice et l’institution de l’obligation légale et administrative de dénoncer des situations méritoires des mesures judiciaires de protection.Mots clés : Droits de l’enfant, Protection de l’enfance, Appropriation, Discours
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De Andrade, Luiz Antônio Evangelista. « O PRINCÍPIO DA FUNÇÃO SOCIAL DA PROPRIEDADE NA ZONA DE CONFLITO JURÍDICO-POLÍTICO : UMA CONTRIBUIÇÃO AO DEBATE ACERCA DA PROBLEMÁTICA URBANA CONTEMPORÂNEA ». GEOgraphia 19, no 41 (25 janvier 2018) : 54. http://dx.doi.org/10.22409/geographia.v19i41.919.

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Résumé :
Há uma renitente negativa, de boa parte Judiciário brasileiro, em aplicar o postulado contido no princípio constitucional da função social da propriedade. A observância do mérito das contendas em torno das utilizações da propriedade fundiária vem privilegiando a sua dimensão civilista, em detrimento da sua natureza social. Em face daquela negativa, nas metrópoles brasileiras têm sido intensas as reivindicações dos movimentos sociais de luta pela moradia, cujo fito é o de fazer cumprir tal princípio constitucional, bem como de seus dispositivos, regulamentados no Estatuto da Cidade. Uma das chaves de interpretação dessas decisões do judiciário é que a função social da propriedade é uma categoria jurídica e política que expressa teórica e idealmente os pilares da economia política. Atendo-se a esse pressuposto, assim como ao fato de que a propriedade fundiária, nos últimos 30 ou 40 anos, assumiu uma importância renovada na dinâmica da acumulação e da urbanização brasileira, há diversas implicações sobre a reflexão e as reivindicações em torno do cumprimento daquele mesmo princípio. E a historicidade da formação da moderna propriedade e dos debates sobre sua função social, dentro e fora do Brasil, são cruciais no entendimento daquelas implicações. THE PRINCIPLE OF SOCIAL FUNCTION OF PROPERTY ON THE LEGAL-POLITICAL RING: A CONTRIBUTION TO DISCUSSIONS ABOUT CONTEMPORARY URBAN PROBLEMS. Abstract: There is an intransigent refusal, from a good part of Brazilian Judiciary, to apply the postulate from the constitutional principle of social function of property. The observance of the merit of strivings about the uses of land properties has been focusing on their civil rights dimension, rather than the social one. On the other hand, in Brazilian major cities, the demands of the Housing Policy social movements, whose the main order is to enforce this constitutional principle, as well as its provisions, regulated in the Statue of the City. One of the keys to interpret those judicial decisions is that the social function of property is a legal and political category which represents theoretically and ideally the pillars of political economy. Based on this premise likewise on the fact that, in the last 30 or 40 years, land properties renewed their importance in the accumulation dynamics and in Brazilian urbanization, there are several implications for reflection about and claims around the implementation of that same principle. And both the historicity of the modern property formation and the debates about its social function, inside and outside Brazil, are crucial to understand those implications. Keywords: land property; social function of property; land rent; built urban environment. EL PRINCIPIO DE LA FUNCIÓN SOCIAL DE LA PROPRIEDAD EN LA ZONA DE CONFLICTO JURIDICO-POLITICO: UNA CONTRIBUCIÓN AL DEBATE SOBRE LA PROBLEMÁTICA URBANA CONTEMPORÁNEA Resumen: Hay un obstinado rechazo, de buena parte del Poder Judicial brasileño, en aplicar el postulado contenido en el principio constitucional de la función social de la propiedad. La observancia del fondamento de las disensiones en torno a los usos de la propiedad de la tierra viene privilegiando su aspecto civilista, en detrimento de su naturaleza social. Por otro lado, en las metrópolis brasileñas han sido intensas las reivindicaciones de los movimientos sociales de lucha por la vivenda, cuya finalidad es el de hacer cumplir dicho principio constitucional, así como de sus prescripciones juridicas, reguladas en el Estatuto de la Ciudad. Una de las claves de interpretación de estas decisiones judiciales es que la función social de la propiedad es una categoría jurídica y política que expresa teórica e idealmente los pilares de la economía política. Teniendo e cueta a este presupuesto, así como al hecho de que la propiedad territorial, en los últimos 30 o 40 años, ha ganado una importancia renovada en la dinámica de la acumulación y de la urbanización brasileña, hay varias implicaciones sobre la reflexión y las reivindicaciones en torno al cumplimiento de aquel mismo principio. Y la historicidad de la formación de la moderna propiedad y de los debates sobre su función social, dentro y fuera de Brasil, son fundamentales en el entendimiento de aquellas implicaciones. Palabras-clave: Propiedad territorial; Función social de la propiedad; Renta del suelo; Espacio urbano construido.
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De Andrade, Luiz Antônio Evangelista. « O PRINCÍPIO DA FUNÇÃO SOCIAL DA PROPRIEDADE NA ZONA DE CONFLITO JURÍDICO-POLÍTICO : UMA CONTRIBUIÇÃO AO DEBATE ACERCA DA PROBLEMÁTICA URBANA CONTEMPORÂNEA ». GEOgraphia 19, no 41 (25 janvier 2018) : 54. http://dx.doi.org/10.22409/geographia2017.1941.a13818.

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Résumé :
Há uma renitente negativa, de boa parte Judiciário brasileiro, em aplicar o postulado contido no princípio constitucional da função social da propriedade. A observância do mérito das contendas em torno das utilizações da propriedade fundiária vem privilegiando a sua dimensão civilista, em detrimento da sua natureza social. Em face daquela negativa, nas metrópoles brasileiras têm sido intensas as reivindicações dos movimentos sociais de luta pela moradia, cujo fito é o de fazer cumprir tal princípio constitucional, bem como de seus dispositivos, regulamentados no Estatuto da Cidade. Uma das chaves de interpretação dessas decisões do judiciário é que a função social da propriedade é uma categoria jurídica e política que expressa teórica e idealmente os pilares da economia política. Atendo-se a esse pressuposto, assim como ao fato de que a propriedade fundiária, nos últimos 30 ou 40 anos, assumiu uma importância renovada na dinâmica da acumulação e da urbanização brasileira, há diversas implicações sobre a reflexão e as reivindicações em torno do cumprimento daquele mesmo princípio. E a historicidade da formação da moderna propriedade e dos debates sobre sua função social, dentro e fora do Brasil, são cruciais no entendimento daquelas implicações. THE PRINCIPLE OF SOCIAL FUNCTION OF PROPERTY ON THE LEGAL-POLITICAL RING: A CONTRIBUTION TO DISCUSSIONS ABOUT CONTEMPORARY URBAN PROBLEMS. Abstract: There is an intransigent refusal, from a good part of Brazilian Judiciary, to apply the postulate from the constitutional principle of social function of property. The observance of the merit of strivings about the uses of land properties has been focusing on their civil rights dimension, rather than the social one. On the other hand, in Brazilian major cities, the demands of the Housing Policy social movements, whose the main order is to enforce this constitutional principle, as well as its provisions, regulated in the Statue of the City. One of the keys to interpret those judicial decisions is that the social function of property is a legal and political category which represents theoretically and ideally the pillars of political economy. Based on this premise likewise on the fact that, in the last 30 or 40 years, land properties renewed their importance in the accumulation dynamics and in Brazilian urbanization, there are several implications for reflection about and claims around the implementation of that same principle. And both the historicity of the modern property formation and the debates about its social function, inside and outside Brazil, are crucial to understand those implications. Keywords: land property; social function of property; land rent; built urban environment. EL PRINCIPIO DE LA FUNCIÓN SOCIAL DE LA PROPRIEDAD EN LA ZONA DE CONFLICTO JURIDICO-POLITICO: UNA CONTRIBUCIÓN AL DEBATE SOBRE LA PROBLEMÁTICA URBANA CONTEMPORÁNEA Resumen: Hay un obstinado rechazo, de buena parte del Poder Judicial brasileño, en aplicar el postulado contenido en el principio constitucional de la función social de la propiedad. La observancia del fondamento de las disensiones en torno a los usos de la propiedad de la tierra viene privilegiando su aspecto civilista, en detrimento de su naturaleza social. Por otro lado, en las metrópolis brasileñas han sido intensas las reivindicaciones de los movimientos sociales de lucha por la vivenda, cuya finalidad es el de hacer cumplir dicho principio constitucional, así como de sus prescripciones juridicas, reguladas en el Estatuto de la Ciudad. Una de las claves de interpretación de estas decisiones judiciales es que la función social de la propiedad es una categoría jurídica y política que expresa teórica e idealmente los pilares de la economía política. Teniendo e cueta a este presupuesto, así como al hecho de que la propiedad territorial, en los últimos 30 o 40 años, ha ganado una importancia renovada en la dinámica de la acumulación y de la urbanización brasileña, hay varias implicaciones sobre la reflexión y las reivindicaciones en torno al cumplimiento de aquel mismo principio. Y la historicidad de la formación de la moderna propiedad y de los debates sobre su función social, dentro y fuera de Brasil, son fundamentales en el entendimiento de aquellas implicaciones. Palabras-clave: Propiedad territorial; Función social de la propiedad; Renta del suelo; Espacio urbano construido.
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De Andrade, Luiz Antônio Evangelista. « O PRINCÍPIO DA FUNÇÃO SOCIAL DA PROPRIEDADE NA ZONA DE CONFLITO JURÍDICO-POLÍTICO : UMA CONTRIBUIÇÃO AO DEBATE ACERCA DA PROBLEMÁTICA URBANA CONTEMPORÂNEA ». GEOgraphia 19, no 41 (25 janvier 2018) : 54. http://dx.doi.org/10.22409/geographia2017.v19i41.a13818.

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Résumé :
Há uma renitente negativa, de boa parte Judiciário brasileiro, em aplicar o postulado contido no princípio constitucional da função social da propriedade. A observância do mérito das contendas em torno das utilizações da propriedade fundiária vem privilegiando a sua dimensão civilista, em detrimento da sua natureza social. Em face daquela negativa, nas metrópoles brasileiras têm sido intensas as reivindicações dos movimentos sociais de luta pela moradia, cujo fito é o de fazer cumprir tal princípio constitucional, bem como de seus dispositivos, regulamentados no Estatuto da Cidade. Uma das chaves de interpretação dessas decisões do judiciário é que a função social da propriedade é uma categoria jurídica e política que expressa teórica e idealmente os pilares da economia política. Atendo-se a esse pressuposto, assim como ao fato de que a propriedade fundiária, nos últimos 30 ou 40 anos, assumiu uma importância renovada na dinâmica da acumulação e da urbanização brasileira, há diversas implicações sobre a reflexão e as reivindicações em torno do cumprimento daquele mesmo princípio. E a historicidade da formação da moderna propriedade e dos debates sobre sua função social, dentro e fora do Brasil, são cruciais no entendimento daquelas implicações. THE PRINCIPLE OF SOCIAL FUNCTION OF PROPERTY ON THE LEGAL-POLITICAL RING: A CONTRIBUTION TO DISCUSSIONS ABOUT CONTEMPORARY URBAN PROBLEMS. Abstract: There is an intransigent refusal, from a good part of Brazilian Judiciary, to apply the postulate from the constitutional principle of social function of property. The observance of the merit of strivings about the uses of land properties has been focusing on their civil rights dimension, rather than the social one. On the other hand, in Brazilian major cities, the demands of the Housing Policy social movements, whose the main order is to enforce this constitutional principle, as well as its provisions, regulated in the Statue of the City. One of the keys to interpret those judicial decisions is that the social function of property is a legal and political category which represents theoretically and ideally the pillars of political economy. Based on this premise likewise on the fact that, in the last 30 or 40 years, land properties renewed their importance in the accumulation dynamics and in Brazilian urbanization, there are several implications for reflection about and claims around the implementation of that same principle. And both the historicity of the modern property formation and the debates about its social function, inside and outside Brazil, are crucial to understand those implications. Keywords: land property; social function of property; land rent; built urban environment. EL PRINCIPIO DE LA FUNCIÓN SOCIAL DE LA PROPRIEDAD EN LA ZONA DE CONFLICTO JURIDICO-POLITICO: UNA CONTRIBUCIÓN AL DEBATE SOBRE LA PROBLEMÁTICA URBANA CONTEMPORÁNEA Resumen: Hay un obstinado rechazo, de buena parte del Poder Judicial brasileño, en aplicar el postulado contenido en el principio constitucional de la función social de la propiedad. La observancia del fondamento de las disensiones en torno a los usos de la propiedad de la tierra viene privilegiando su aspecto civilista, en detrimento de su naturaleza social. Por otro lado, en las metrópolis brasileñas han sido intensas las reivindicaciones de los movimientos sociales de lucha por la vivenda, cuya finalidad es el de hacer cumplir dicho principio constitucional, así como de sus prescripciones juridicas, reguladas en el Estatuto de la Ciudad. Una de las claves de interpretación de estas decisiones judiciales es que la función social de la propiedad es una categoría jurídica y política que expresa teórica e idealmente los pilares de la economía política. Teniendo e cueta a este presupuesto, así como al hecho de que la propiedad territorial, en los últimos 30 o 40 años, ha ganado una importancia renovada en la dinámica de la acumulación y de la urbanización brasileña, hay varias implicaciones sobre la reflexión y las reivindicaciones en torno al cumplimiento de aquel mismo principio. Y la historicidad de la formación de la moderna propiedad y de los debates sobre su función social, dentro y fuera de Brasil, son fundamentales en el entendimiento de aquellas implicaciones. Palabras-clave: Propiedad territorial; Función social de la propiedad; Renta del suelo; Espacio urbano construido.
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GORIA, Giulio. « Kant e il Fondamento Cercato del Sapere. A Partire Dalla Polemica con Eberhard ». Estudos Kantianos [EK] 3, no 01 (8 juillet 2015). http://dx.doi.org/10.36311/2318-0501/2015.v3n01.5125.

Texte intégral
Résumé :
Nel saggio del 1790 Su una scoperta secondo la quale ogni nuova critica della ragione pura sarebbe resa superflua da una più antica Kant rispondeno agli attacchi mossigli da Eberhard torna sul problema decisivo della Critica della ragion pura intorno alla possibilità di giudizi sintetici a priori, per rivelarne il carattere preliminare rispetto alla possibilità di proposizioni a priori metafisiche. In questo articolo mi propongo di seguire la controversia misurando in particolare la compatibilità di quelleche sono state dette – da Gram e, seppur non senza riserve, da Allison – due teorie della predicazione, operanti nella Critica. Oltre ai testi dell’articolo del 1790 prendo in considerazione la formulazione del supremo principio di tutti i giudizi sintetici offerta nell’Analitica dei princìpi.
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