Articles de revues sur le sujet « Principio di non discriminazione »

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Zaccardi, Glauco. « Il principio di non discriminazione nel rapporto di lavoro ». QUESTIONE GIUSTIZIA, no 1 (juillet 2014) : 173–85. http://dx.doi.org/10.3280/qg2014-001015.

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Staiano, Fulvia. « Diritto dei minori rom all'istruzione in condizioni di non discriminazione : il caso Orsus e altri c. Croazia ». DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no 1 (mai 2011) : 93–103. http://dx.doi.org/10.3280/diri2011-001006.

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Résumé :
1. Il diritto all'istruzione in condizioni di non discriminazione nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo: centralitŕ del popolo Rom - 2. La tutela dei diritti fondamentali del popolo Rom nell'ambito del Consiglio d'Europa - 3. Il caso Orsus c. Croazia - 4. I Rom come "vera minoranza europea": problemi teorici e pratici relativi all'inquadramento dei Rom nel concetto di minoranza - 5. Tutela delle minoranze o principio di non discriminazione? La scelta pragmatica della Corte europea - 6. La tutela delle minoranze nell'ambito della giurisprudenza della Corte di Strasburgo: limiti e punti di forza - Conclusione.
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3

Loy, Gianni. « LA DISABILITA’ NELLE FONTI INTERNAZIONALI DISABILITY IN INTERNATIONAL SOURCES ». Revista Direito das Relações Sociais e Trabalhistas 4, no 1 (10 octobre 2019) : 16–41. http://dx.doi.org/10.26843/mestradodireito.v4i1.157.

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Résumé :
La disabilità: una storia tragica nascosta nell’inconscio collettivo; 2. La palingenesi nei più recenti orientamenti legislativi: una tardiva riparazione? 3. La non omogenea nozione di disabilità nelle fonti internazionali; 4. Ma serve veramente una nozione rigida di disabilità? 5. Posto che tutti, in una certa misura, possiamo essere considerati dei disabili; 6. Ma, quindi, le persone affette da minorazioni esistono in quanto categoria? 7. La problematica distinzione tra discriminazione diretta e discriminazione indiretta; 8. Le cause di giustificazione e le deroghe; 9. Il diverso trattamento riservato ai disabili non costituisce discriminazione positiva ma è espressione del principio di uguaglianza; 10. Rimane da capire quando si possa ritenere che le cause di giustificazione siano ragionevoli; 11. Interpretazioni ed omissioni del legislatore italiano; 12. Ma le azioni volte a garantire l’uguaglianza dei lavoratori disabili non si limitano alla disciplina antidiscriminatoria.
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4

Fattori, Gilberto. « La cessazione del rapporto di lavoro per ragioni di età nella recente giurisprudenza della Corte di Giustizia ». PRISMA Economia - Società - Lavoro, no 2 (octobre 2020) : 94–104. http://dx.doi.org/10.3280/pri2019-002007.

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Résumé :
In materia di cessazione del rapporto di lavoro per ragioni di età la Corte di Giustizia dell'Unione Europea sta svolgendo un ruolo propulsivo nell'implementazione del diritto antidiscriminatorio. Tuttavia, come emerge dalle recenti sentenze su questo tema, le problematiche che emergono dal bilanciamento tra diritti sociali fondamentali dei lavoratori e scelte di politica economica ed occupazionale dei governi degli Stati membri dell'UE sono questioni che rimangono centrali nella giurisprudenza della Corte. In questa trattazione si analizzano due recenti sentenze particolarmente significative su questo tema: nella sentenza Rasmussen si mette in luce come la Corte riaffermi una volta di più la propria giurisprudenza sull'esistenza di un principio generale di non discriminazione per età nell'ordinamento europeo, sottolineando la forza delle conseguenze giuridiche che ciò comporta per gli ordinamenti degli Stati membri. Nell'analisi della causa Aber-crombie si mettono invece in luce aspetti problematici relativi al bilanciamento tra diritto alla non discriminazione per età e scelte di politica occupazionale dei gover-ni nazionali, e di come ciò abbia creato un notevole dibattito in dottrina.
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Brunelli, Giuditta. « Minori immigrati, integrazione scolastica, divieto di discriminazione ». DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no 1 (avril 2010) : 58–77. http://dx.doi.org/10.3280/diri2010-001004.

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Résumé :
Il saggio si sofferma sull'accesso all'istruzione obbligatoria e sulle condizioni di esercizio del diritto fondamentale all'istruzione dei minori stranieri. Su tali posizione soggettive incidono in modo significativo ipotesi di intervento quali le "classi-ponte" (o classi di inserimento) e recenti provvedimenti ministeriali (il limite massimo del 30% di alunni stranieri nelle classi previsto dalla circolare del Ministero dell'istruzione n. 2 del 2010). Dopo aver argomentato la dimensione antidiscriminatoria assunta dal principio di eguaglianza nella giurisprudenza costituzionale sulla condizione dello straniero, l'A. mette in luce i profili problematici di proposte che tendono a superare il modello di integrazione scolastica piena affermatosi in Italia negli ultimi vent'anni. L'opzione politica in favore delle classi-ponte, oltre ad apparire culturalmente arretrata e tecnicamente inadeguata, si rivela soprattutto costituzionalmente discriminatoria. A sua volta, il provvedimento sul "tetto" del 30% presenta margini non irrilevanti di ambiguitŕ (proprio in relazione alla possibile creazione "mascherata" di classi di inserimento) e dŕ luogo a numerose difficoltŕ applicative, alcune delle quali suscettibili di configurare vere e proprie discriminazioni. Si propongono pertanto, anche sulla base di indicazioni provenienti dall'Unione europea, altre modalitŕ di intervento, piů efficaci e rispettose dell'autonomia scolastica.
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Di Donato, Giulio. « TRAME DEL RICONOSCIMENTO : DA HEGEL ALL’IDENTITÀ DI GENERE ». Il Politico 256, no 1 (28 juin 2022) : 179–89. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2022.690.

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Résumé :
La prevenzione e il contrasto alle discriminazioni e alla violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere e sull’orientamento sessuale rappresentano un’esigenza sentita in maniera ormai trasversale e allo stesso tempo un tema oggetto di polemiche infuocate nel momento in cui si passa dal piano della petizione di principio al piano della traduzione normativa (se ad esempio si tratta di modificare gli articoli 604 bis e ter del Codice penale e la successiva legislazione in materia di istigazione a delinquere, equiparando la discriminazione per i motivi di cui sopra a quella su base razziale, etnica o religiosa). Polemiche che hanno reso e rendono assai difficile intavolare una discussione laica e ragionata sul merito, al di là degli opposti isterismi e delle opposte strumentalizzazioni. In questa sede, lontani dalla concitazione del dibattito più acceso e fanatico, proveremo a riflettere sulle implicazioni di carattere filosofico-giuridico che l’eventualità di un intervento normativo in materia solleva: dalle definizioni di sesso e di genere all’equilibrio fra salvaguardia della libertà di opinione e lotta alle discriminazioni, per soffermarci infine sulla contraddizione fra le istanze soggettivistiche e contingenti alla base del concetto di identità di genere (comunemente definita l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione) e i criteri di oggettività e stabilità che sono propri della dimensione giuridica e in particolar modo della norma penale.
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Sgreccia, Elio. « Quando la fede si confronta con la legge nell’ambito delle biotecnologie umane ». Medicina e Morale 51, no 3 (30 juin 2002) : 407–27. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.691.

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Résumé :
L’articolo analizza il rapporto tra istanze religiose e la legge civile, tenendo presente i possibili interventi della legge nel campo della genetica e della procreazione. Dopo aver argomentato che il dialogo tra fedi religiose e regimi democratici stia diventando sempre più urgente per evitare sia i fondamentalismi religiosi sia presunte neutralità morali delle democrazie liberali, l’autore afferma che il fatto religioso cristiano-cattolico ponga tre esigenze fondamentali per un corretto rapporto tra fede e legge: l’esigenza antropologica, cioè di una concezione dell’uomo esigitiva del rispetto della dignità di ogni persona umana; l’esigenza epistemologica, per cui la fede non deve opporsi alla ricerca scientifica e razionale, ma deve indicare il senso della ricerca stessa, nel quadro dei fini dell’uomo; il principio dell’accettazione del sistema democratico nel quale deve essere garantito per ogni uomo il diritto alla libertà-responsabilità in un clima di dialogo e persuasione. Infine, l’articolo si sofferma sugli orientamenti di carattere normativogiuridico sulla genetica e sulla procreazione artificiale che una visione centrata sulla dignità della persona umana richiede: 1. la protezione di individuo umano, cioè la tutela del diritto alla vita di ogni essere umano innocente; 2. il Principio di non discriminazione; 3. il divieto di ogni intervento genetico non terapeutico alterativo; 4. il divieto di brevettazione del genoma umano; 5. la promozione della ricerca in tema di terapia genetica; 6. la protezione degli individui che operano e sperimentano nei laboratori di biotecnologie sul DNA.
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Palazzani, Laura. « Il concetto di persona tra bioetica e biogiuridica ». Medicina e Morale 53, no 2 (30 avril 2004) : 301–16. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.645.

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Résumé :
L’Autore riflette a lungo sul concetto di persona, notando la centralità che tale nozione ha nelle questioni di natura bioetica, specie negli ultimi anni. In realtà, i modi in cui è possibile interpretare il concetto sono diversi; nel contesto della discussione attuale, è possibile, in particolare, individuare due tendenze opposte sul modo di concepire la persona: una tendenza “riduzionista” (per la quale l’essere umano non è sempre persona, anzi, a volte persona è anche chi non è essere umano) e una tendenza “personalista” (in cui si sostiene l’identità tra persona ed essere umano). L’Autore si sofferma sull’analisi critica della tendenza riduzionista, a sua volta costituita da diverse teorie bioetiche e biogiuridiche, concludendo che la nozione di persona, elaborata in principio dalla filosofia per caratterizzare l’essere umano, rischia di venire usata contro l’uomo stesso creando pericolose forme di “discriminazione”. L’articolo si conclude con alcune riflessioni che intendono avallare la scelta teoretica del riconoscimento di una dignità intrinseca (etica) e di diritti forti (diritto) ad ogni essere umano che, dunque, possiede uno statuto personale dal suo concepimento fino alla sua morte naturale. In tal senso, una biogiuridica per l’uomo è chiamata a non essere “neutrale”, ma a prendere posizione per proteggere e tutelare l’essere umano che non è ancora (come l’embrione) o non è più (ad es.: il malato in stato vegetativo persistente) in grado di rivendicare i propri diritti.
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Herranz, Julián. « Il rapporto tra Etica e Diritto nella Enciclica Evangelium vitae ». Medicina e Morale 48, no 3 (30 juin 1999) : 445–67. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.798.

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Résumé :
In questo articolo l’Autore ha voluto sottolineare l’importanza dell’Enciclica Evangelium Vitae nel risvegliare le coscienze contro uno dei più gravi capovolgimenti etici e giuridici della storia umana. L’intento è quello di esaminare tre questioni: 1) risalire alle basi sulle quali si fondava e si fonda il postulato giuridico e morale dell’inalienabilità del diritto alla vita dell’uomo innocente e, soprattutto, del concepito; 2) stabilire le cause che hanno portato ad una legislazione permissiva dell’aborto ed ad altri attentati contro la dignità dell’uomo e della vita umana (eutanasia, manipolazioni di geni ed embrioni…); 3) valutare quali siano i motivi filosofici e biologici la cui presa di coscienza sembri più necessaria per la tutela del diritto alla vita. Intento dell’Autore è, per ciò che riguarda il diritto alla vita, sottolineare l’importanza che il principio di non discriminazione, basato su quello dell’uguaglianza, venga applicato all’“essere umano”, all’“individuo umano” e non soltanto alla “persona giuridicamente riconosciuta”. L’articolo si sofferma, inoltre, ad illustrare la grande tradizione del diritto alla vita, il preoccupante regresso della civiltà giuridica, la necessità di un più stretto rapporto tra Diritto e Morale e Biologia e Morale (come campi di ricerca e di impegno intellettuale a difesa della vita).
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Carrasco de Paula, Ignacio. « Etica e Salute : due quesiti, due compiti ». Medicina e Morale 51, no 6 (31 décembre 2002) : 1039–46. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.679.

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Etica e salute pur essendo due componenti di ogni singolo uomo sono lette spesso come realtà inconciliabili. Il diritto alla salute occupa un posto di rilievo tra le conquiste della modernità. Tuttavia, nonostante la ben nota definizione di salute che ha dato l’OMS, definizione tendente a precisare, più che una realtà, un potere d’intervento da parte dell’istituzione stessa, è ancora necessario chiarire con che cosa si identifichi, nella pratica, tale diritto: non si tratta di mera sopravvivenza, ma neppure del godimento della pienezza somatica e funzionale del proprio corpo, e comunque non si può prescindere dal considerare in questo contesto anche il benessere spirituale della persona. Il centro dell’attenzione va posto sull’uomo sofferente. Diviene inoltre prioritario affrontare la minaccia della discriminazione nell’accesso ai servizi indispensabili per la difesa della salute stessa. Quest’ultimo aspetto si pone come una questione di giustizia e si gioca a due livelli: quello della giustizia commutativa, nel contesto di un rapporto medico-paziente ridotto a prestazione professionale meramente contrattuale, fondata sull’informazione più che su una reale comunicazione. C’è poi la questione della giustizia distributiva che prevede che a ciascuno venga dato quanto gli spetta. Questa deve essere guidata dal principio di sussidiarietà, dove il sussidio non deve divenire un surrogato pena l’impossibilità da parte dello Stato di farsi carico dei bisogni di tutti. Nell’allocazione delle risorse il rispetto della giustizia distributiva si gioca a tre livelli di responsabilità molto precisi: quello delle politiche sanitarie, quello della professione medica e quello gestione locale delle risorse e dei servizi. Il perseguimento del bene comune trova però un limite nella centralità e preziosità di ogni singola persona, sana o malata che sia, la cui dignità rappresenta un limite invalicabile, neppure nel nome della giustizia.
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Bamoshmoosh, Nadia. « Perchè la parità retributiva nell'Unione europea è ancora un sogno ? » La Nuova Giuridica 2, no 2 (19 janvier 2023) : 163–78. http://dx.doi.org/10.36253/lng-1985.

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Nonostante le pari opportunità in ambito lavorativo siano state oggetto di attenzione già nel Trattato di Roma istitutivo della Comunità Economica Europea, ancora oggi la parità salariale in Europa è un traguardo lontano. Dopo aver dato una panoramica generale delle più importanti tappe nel contesto UE che hanno portato all’inserimento della parità di retribuzione nella Carta di Nizza, questo articolo riflette su come il diritto unionale oggi affronta la questione della parità salariale. Verranno evidenziati i progressi, ma anche le mancanze e i possibili margini di miglioramento che potenzialmente tutelano le donne nel mercato del lavoro. La piena implementazione del principio “equal pay for equal work” non solo dovrebbe essere vista come garanzia dei diritti delle donne e dei soggetti che potrebbero subire una discriminazione salariale, ma come uno strumento di miglioramento della loro società che, attraverso una retribuzione equa di tutti i lavoratori, progredisce e si arricchisce.Despite the fact that equal opportunities in the workplace were already taken into account in the Treaty of Rome establishing the European Economic Community, today equal pay is still a distant dream. After giving a general overview of the most important legal steps in EU law which led to the inclusion of wage parity in the Charter of Fundamental Rights of the European Union, this article debates around the attitude of EU law towards the issue of equal pay. The main progresses, flaws and the potential scope for improvement in order to safeguard women in the work market will be highlighted. The full implementation of the principle “equal pay for equal work” should be seen not only as a guarantee to the rights of women and of subjects vulnerable to salary discrimination, but as a tool to improve their society which, by granting equal retribution to all workers, advances and develops.
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Webster, Ted. « Prefazione ». Epidemiologia e psichiatria sociale. Monograph Supplement 11, S4 (mars 2002) : 17–19. http://dx.doi.org/10.1017/s1827433100000472.

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Résumé :
L'esame generale sulla salute mentale delle popolazioni indigene effettuato dal dr. Alex Cohen si inserisce a pieno titolo tra gli sforzi dell'Organizzazione Mondiale della Sanità nel promuovere la salute mentale, prevenire i principali disturbi mentali e neurologici, assicurare l'offerta di cure appropriate particolarmente ai soggetti più vulnerabili e bisognosi di servizi sanitari.Presentando questo lavoro in un contesto più ampio può essere utile richiamare uno dei principi costitutivi dell'OMS, che “il godimento del più elevato standard di salute raggiungibile è uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano senza distinzione di razza, religione, fede politica, condizione economica o sociale”. L'Organizzazione Mondiale della Sanità considera la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non meramente l'assenza di malattia o infermità”.Inoltre questo resoconto giunge a noi nel punto centrale dello svolgimento del programma International Decade of the World's Indigenuos People. Tale programma è patrocinato dall'Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite e dal Gruppo di Lavoro sulle Popolazioni Indigene (Working Group on Indigenous Populations-WGIP) che riferiscono i risultati raggiunti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite attraverso la ECOSOC, la Commissione sui Diritti Umani e la sub-Commissione sulla Prevenzione della Discriminazione e Protezione dei Minori. Al WGIP è assegnato il compito di analizzare gli sviluppi riguardanti le attività di promozione e protezione dei diritti umani e fondamentalmente la libertà delle popolazioni indigene, ponendo particolare attenzione all'evoluzione degli standard relativi ai diritti di queste popolazioni. Al WGIP è stata richiesta la stesura della Dichiarazione sui diritti delle Popolazioni Indigene del mondo che al momento è in discussione e la cui conclusione è attesa nel corso del programma decennale.
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Charrier, Guy. « Parallèle entre la loi italienne pour la protection de la concurrence et le système français ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 103–15. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345045.

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Résumé :
Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato presenta una notevole analogia, sia nei concetti che nei principali meccanismi applicativi, con le principali legislazioni dei Paesi membri della CEE e soprattutto con quelle che sono state introdotte negli anni più recenti.Il campo d’applicazione riguarda, almeno in principio, tutti i settori di attività, sia nel sistema italiano che in quello francese, poiché nessuna deroga è prevista, salvo per alcune particolari attività, come gli audio-visivi, la stampa, le banche e le assicurazioni.Questa estensione del campo di applicazione della legislazione si spiega con il fatto che essa riguarda tutte le pratiche anti-concorrenziali che vadano a detrimento del buon funzionamento del mercato e che tali pratiche siano suscettibili di provenire da tutti gli operatori economici.In Francia, peraltro, vige una distinzione tra comportamenti diretti a falsare il mercato, e che ricadono sotto le categorie di cartelli e di abuso di posizione dominante, di cui si occupa il Consiglio della concorrenza, e le pratiche restrittive, come il rifiuto di vendere, la subordinazione delle vendite, le discriminazioni e l’imposizione di prezzi, che sono di competenza dei tribunali perché in principio riguardano soltanto i rapporti tra imprese.Un secondo aspetto riguarda l’applicazione delle regole della concorrenza alle persone pubbliche. In principio, le disposizioni della legge italiana circa le imprese pubbliche (art. 8) e quelle della legge francese (art. 53) rispondono soltanto in parte alla questione. Nel diritto francese, quando una persona pubblica agisce da privato, è sottoposta alle leggi che riguardano il comportamento dei privati. Una difficoltà sorge, invece, quando questa persona pubblica, agendo nell’ambito dei suoi poteri, genera sul mercato effetti che danneggiano la concorrenza. Una recente sentenza del Tribunale dei conflitti ha concluso che le regole della concorrenza non si applicano alle persone pubbliche se non nella misura in cui esse diano luogo ad attività di produzione (di distribuzione o di servizi).La legge italiana non dà alcuna definizione del concetto di concorrenza nè dà alcun elemento che ne consenta la giustificazione economica. Altrettanto avviene con la legge vigente in Francia, ove sono i testi delle decisioni che forniscono indicazioni al riguardo.Il principio generate del divieto dei cartelli, come anche l’elenco dei casi suscettibili di costituire intese di carattere anti-concorrenziale, sono presentati in modo molto simile sia nella legge italiana che in quella francese. Ambedue riprendono, d’altronde, la formulazione dell’art. 85 del Trattato di Roma.Tutto fa pensare che l’Autorità italiana si troverà di fronte a casi analoghi a quelli di cui si è in varie occasioni occupato il Consiglio della concorrenza francese: cartelli orizzontali (accordi sui prezzi, sulla ripartizione dei mercati, sull’esclusione di un’impresa del mercato, ecc.); intese verticali (risultanti da accordi tra un produttore ed i suoi distributori nell’ambito di contratti di distribuzione selettiva o esclusiva); imprese comuni (la cui creazione può rientrare nel campo della proibizione di cartelli o costituire un’operazione di concentrazione); intese tra imprese appartenenti allo stesso gruppo (nel quadro dei mercati pubblici, il Consiglio ha ritenuto che non sia contrario alle norme concorrenziali, per imprese con legami giuridici o finanziari, rinunciare alla loro autonomia commerciale e concertarsi per rispondere a delle offerte pubbliche).Sull’abuso di posizione dominante, così come per i cartelli, i due sistemi italiano e francese presentano molte somiglianze. Tuttavia, contrariamente al diritto francese ed a quello tedesco, nella legislazione italiana non si fa alcun riferimento alle situazioni di «dipendenza economica». Peraltro, l’identificazione di questo caso è alquanto complessa e, sinora, il Consiglio non ha rilevato alcun caso che rientri nello sfruttamento abusivo di una situazione di dipendenza economica. Pertanto, si può forse concludere che il legislatore italiano sia stato, a questo riguardo, più saggio di quello francese. Più in generale, per quanto riguarda i casi di abuso di posizione dominante, il Consiglio deBa concorrenza ha seguito un’impostazione piuttosto tradizionalista.Anche sul controllo delle concentrazioni, il testo della legge italiana richiama quello francese e anche quello della normativa comunitaria, pur se è diversa la ripartizione delle competenze tra Autorità incaricata della concorrenza e Governo. Nella legge italiana, d’altra parte, vi sono delle norme relative alla partecipazione al capitale bancario che fanno pensare ad un dibattito molto vivo su questo tema.I livelli «soglia” per l’obbligo di notifica delle concentrazioni sono più elevati in Francia. Bisognerà poi vedere con quale frequenza il Governo italiano farà ricorso all’art. 25, che gli conferisce il potere di fissare criteri di carattere generale che consentono di autorizzare operazioni di concentrazione per ragioni d’interesse generale, nel quadro dell’integrazione europea.L’interesse delle autorità amministrative francesi nei riguardi delle concentrazioni, che un tempo era molto limitato, è divenuto più intenso negli anni più recenti, anche se i casi di divieto di concentrazioni sono stati sinora molto limitati.In conclusione, si può ricordare che un organismo competente in materia di protezione della concorrenza ha un triplice compito: pedagogico (attraverso la pubblicazione delle decisioni, delle motivazioni e delle ordinanze su questioni di carattere generale e sui rapporti attinenti al funzionamento del mercato), correttivo (per distogliere gli operatori economici da comportamenti anti-concorrenziali) e, infine, dissuasivo (poiché l’esperienza di applicazione delle leggi relative alla concorrenza dimostra che la loro efficacia dipende in modo decisivo dalla comminazione di sanzioni).
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Corvaja, Fabio. « L'accesso dello straniero extracomunitario all'edilizia residenziale pubblica ». DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no 3 (septembre 2009) : 89–112. http://dx.doi.org/10.3280/diri2009-003005.

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1. Le premesse costituzionali: il diritto all'abitazione come diritto fondamentale e le garanzie dell'eguaglianza per gli stranieri (tra eguaglianza in senso stretto, ragionevolezza dei trattamenti differenziati, divieto di discriminazione)2. Il principio di paritŕ di accesso all'edilizia residenziale pubblica nella legislazione ordinaria dello Stato3. I requisiti di accesso all'ERP nella legislazione regionale, tra discriminazioni dirette e discriminazione indirette4. I dubbi sulla costituzionalitŕ delle discipline regionali che limitano (direttamente o indirettamente) l'accesso agli alloggi ERP da parte degli stranieri extracomunitari5. Una considerazione finale (con un po' di ottimismo volontaristico)
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Zanichelli, Maria. « Il valore dell'uguaglianza nella prospettiva del diritto ». SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no 42 (janvier 2012) : 33–45. http://dx.doi.org/10.3280/las2011-042003.

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L'uguaglianza, ideale filosofico centrale nel pensiero occidentale moderno, č divenuta un principio fondamentale degli ordinamenti giuridici attuali. La filosofia del diritto offre dunque un'angolatura privilegiata per esaminare alcuni interrogativi teorici posti da questo concetto. L'uguaglianza tra le persone č un presupposto morale o un obiettivo politico? Quale relazione intercorre fra uguaglianza e diversitÀ? Sono fatti o valori? Quali disuguaglianze sono ingiuste? Che cosa significa giuridicamente trattare le persone ‘come uguali'? Il divieto di discriminazione puň essere giustificato sulla base del principio di uguaglianza quale fondamento dei diritti individuali o quale fondamento della comunitÀ politica.
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Canè, Daniele. « Prospettive della discriminazione qualitativa tra redditi di lavoro ». ECONOMIA E SOCIETÀ REGIONALE, no 2 (octobre 2021) : 58–81. http://dx.doi.org/10.3280/es2021-002005.

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Résumé :
La discriminazione qualitativa consiste nel trattamento differenziato di redditi, il cui possesso manifesta diversa capacità contributiva in ragione della fonte patrimoniale. Concorre dunque ad assicurare, più che derogare, all'uguaglianza tributaria. Poiché l'apprezzamento delle situazioni che esprimono capacità contributiva spetta al legislatore, nel limite della ragionevolezza della differenziazione e della coerenza della relativa disciplina, i vincoli più stringenti alla discriminazione qualitativa non sono di ordine costituzionale, bensì dipendono dalla struttura dell'imposta sul reddito. Le possibilità di discriminazione qualitativa tra redditi di lavoro sono dunque limitate nell'Irpef.
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Costantini, Dino. « Metamorfosi dell'integrazione. Dalla non-discriminazione al razzismo ». SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no 41 (septembre 2011) : 39–56. http://dx.doi.org/10.3280/las2011-041004.

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Résumé :
Il termineha cominciato a essere impiegato nel nostro paese con riferimento all'integrazione sociale di gruppi minoritari solo a partire dagli anni sessanta, per sostituire il concetto ormai logoro di. Prendendo in esame le piů recenti normative italiane ed europee l'articolo mostra come le nuove politiche disegnino un ritorno, al di sotto di una terminologia rimasta immutata, alla concettualitÀ assimilazionista. Questo ritorno, in controtendenza rispetto alla progressiva giuridificazione e proceduralizzazione dell'appartenenza messa in moto dall'emergere nel secondo dopoguerra della politica dei diritti umani, sembra spingere le nostre societÀ politiche indietro verso una pericolosa ri-sostanzializzazione del concetto di cittadinanza in un processo che, lungi dall'aprire spazi di convivenza culturalmente plurali, sembra condurre concretamente verso una sempre piů spregiudicata e discriminante selezione migratoria funzionale a perpetuare quella sistematica inferiorizzazione economica e simbolica degli immigrati in cui consiste e di cui si nutre il razzismo istituzionale europeo.
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Mannarini, Terri. « Il genere della sfera pubblica. Asimmetria o dialogo ? » PSICOLOGIA DI COMUNITA', no 2 (février 2011) : 55–64. http://dx.doi.org/10.3280/psc2010-002006.

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Résumé :
Lo studio mira ad acquisire elementi di conoscenza empirici utili a comprendere se i contesti della deliberazione pubblica rappresentano uno spazio di voce non penalizzante per le donne, oppure se, al contrario, riproducono meccanismi di esclusione e discriminazione, come sostenuto da alcune studiose femministe (Young, 1996; Benhabib, 1996). Attraverso l'analisi di dodici interviste a partecipanti (metà uomini e metà donne) a tre esperienze di deliberazione, l'autrice giunge alla conclusione che i modelli di partecipazione sono qualitativamente diversi per uomini e donne, e che i setting deliberativi, pur configurandosi come contesti tendenzialmente favorevoli alla partecipazione femminile, non possono aprioristicamente essere considerati immuni ai processi di discriminazione. In prospettiva di un approfondimento, l'autrice sottolinea come questo aspetto possa essere meglio indagato attraverso l'analisi dell'interazione tra i soggetti deliberanti.
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Colombo, Maddalena, Ciro Tarantino et Paolo Boccagni. « Introduzione. Disabilità e migrazione. Gli studi in Italia ». MONDI MIGRANTI, no 3 (novembre 2022) : 9–25. http://dx.doi.org/10.3280/mm2022-003001.

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Résumé :
Nei processi migratori le persone con disabilità sono pressoché invisibili per quanto esposte a rischi crescenti di discriminazione negativa; riconoscere tale discriminazione multipla non e` semplice perché spesso e` implicita, nascosta dentro le prassi istituzionali e giuridiche, e non percepita come tale dalla stessa persona che ne è vittima. La conoscenza di questo fenomeno è parziale a tutti i livelli: la letteratura internazionale è limitata e specialistica (prevale l'ambito medico); gli studi sul campo - anche in Italia - sono rari. L'articolo, che introduce il dossier Disabilità e migrazione. Gli studi in Italia nel quale si traccia una prima mappa di come e dove gli svantaggi si vanno a cumulare nello spazio sociale, vuole delineare l'orizzonte di un campo di studi interdisciplinari che merita di essere approfondito sia per migliorare la conoscenza dei processi intersezionali di "disabilitazione" sia per rendere più efficace l'intervento nei contesti di care.
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Mantione, Marta. « La finta neutralità del congedo parentale ». MINORIGIUSTIZIA, no 3 (janvier 2021) : 125–33. http://dx.doi.org/10.3280/mg2020-003013.

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Résumé :
Il contributo è volto ad analizzare l'istituto giuridico del congedo parentale ponendo in evidenza l'esistenza di caratteristiche che rendono tale strumento di conciliazione non neutro dal punto di vista del genere, ma fonte di discriminazione verso le donne. Tale conclusione è corroborata dall'analisi del congedo parentale straordinario e delle altre misure introdotte durante l'emergenza sanitaria "Covid-19", le quali hanno contribuito a rimarcare le disuguaglianze già esistenti.
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Baj, Giulia. « IL PRINCIPIO DI NON-REFOULEMENT : CRITICITÀ APPLICATIVE ». Il Politico 84, no 1 (25 juin 2019) : 25–46. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.49.

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Résumé :
The principle of non-refoulement is one of the most relevant instruments of international law for the protection of migrants. This principle prohibits the transfer of migrants to their country of origin in case these persons are afraid of being tortured or persecuted there.To understand the width of its application and the problems linked to the principle of non-refoulement, though, it is appropriate to analyze the various categories of migrants, in order to understand who can receive this protection. This process of analysis of the categories, moreover, highlights the presence of other difficulties in the generalized implementation of the guarantees for migrants. In fact, not all treaties apply to all types of migrants. Even the Geneva Convention to the Status of Refugees, as the name says, only refers to refugees. Specifically, article 1 of the Convention defines as “refugee” the person who “owing to well-founded fear of being persecuted for reasons of race, religion, nationality, membership of a particular social group or political opinion, is outside the country of his nationality and is unable or, owing to such fear, is unwilling to avail himself of the protection of that country”; therefore, its protections – including the one given by the principle of non-refoulement, established in article 33 – only guarantee this specific category of migrants; category linked to – as already mentioned - a closed list of possible causes of persecution. Other obstacles towards a harmonized implementation of the principle of non-refoulement can be found also in the differences among the treaties which define the principle. In its first definition, in the Geneva Convention to the Status of Refugees of 1951, the principle forbids the member States to “expel or return (“refouler”) a refugee in any manner whatsoever to the frontiers of territories where his life or freedom would be threatened on account of race, religion, nationality, membership of a particular social group or political opinion” (Geneva Convention to the Status of Refugees, art. 33). The existence of various definitions and their inadequacy to actual migration patterns create difficulties in the implementation of the principle itself. In this sense, one of the biggest problems in the current scenario is the one given by the application of the principle to mass influxes. This term refers to those migrations characterized by the arrival over an international border of a large number of persons with a rapid rate and by the incapacity of the receiving State to respond adequately to the arrival of migrants (in particular, individual asylum procedures are not sufficient to deal with the high number of migrants). Different international instruments provide a different width of the range of application of the principle; the monitoring organs controlling the implementation of the principle have different levels of efficacy. The uncertainty is even wider in consideration of new migratory movements, such as the mass influxes; hence, States take advantage of this situation in order not to apply the principle of non-refoulement and the other protection for migrants. Having said that, it is impellent to reach a more shared doctrinal view on this topic, in order to cooperate with jurisprudence in order to stimulate the States towards a stronger protection of migrants.
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Allegretti, Giovanni. « Riflessioni sul principio di trasparenza : ». Conhecer : debate entre o público e o privado 10, no 25 (3 août 2020) : 76–111. http://dx.doi.org/10.32335/2238-0426.2020.10.25.3823.

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Résumé :
L’articolo parte dalla decisione del governo Brasiliano di silenziare parte della produzione di dati sui danni causati dalla pandemia COVID-19, per proporre una riflessione sulla trasformazione del principio di trasparenza e della sua relazione con le politiche pubbliche. Nel ripercorrerne la complessa natura di mito e di spazio produttore di miti, attraverso la disamina di alcuni testi costituzionali e di pratiche partecipative formalizzate, il testo s’interroga su come strutturare piú solidamente le relazioni tra due ambiti importanti dell’azione pubblica: la promozione della trasparenza e quella della partecipazione civica all’azione di governo. I due campi appaiono avere molte convergenze strutturali, persino nello svuotamento graduale di significati proposto dalla retorica politica, e il loro crescente dialogo in molti paesi evidenzia la mutua capacitá di apprendimento e fertilizzazione, se pensati da subito nella loro interazione reciproca. L’analisi di come ha teso a strutturarsi negli ultimi anni il rapporto tra trasparenza e innovazioni democratiche mostra che queste ultime sono necessarie ma non sufficienti a garantire un’elevato livello di trasparenza, che richiede di affrontare problemi strutturali che riguardano l’organizzazione politico-amministrativa, le risorse, la mentalitá diffusa e la comunicazione pubblica in un determinato contesto. Per lo meno, non sono sufficienti, quando il contesto non si pone obiettivi sfidanti di ripensamento radicale della partecipazione, attraverso movimenti “a rete” che possano – incrociando sperimentazioni diverse – riflettere in forma collettiva su nuovi modi di mettere in dialogo azioni partecipative promosse “dall’alto” e “dal basso”.
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Tropea, Giuseppe. « Aree di non sindacabilità e principio di giustiziabilità dell'azione amministrativa ». DIRITTO COSTITUZIONALE, no 3 (octobre 2018) : 129–56. http://dx.doi.org/10.3280/dc2018-003006.

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Favalli, Silvia. « MISURE DI AUSTERITÀ E DISCRIMINAZIONE SULLA BASE DELLA DISABILITÀ : UNA RECENTE DECISIONE DELLA CORTE DI STRASBURGO ». Il Politico 252, no 2 (15 janvier 2021) : 168–83. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2020.514.

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Résumé :
Le misure di austerità messe in campo da molti paesi europei a seguitodella ben nota crisi economica del 2008 sono state, negli ultimianni, non solo oggetto di critica politica, ma anche sottoposte allo scrutiniodella Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU) per violazionedei diritti fondamentali dell’individuo. In particolare, in più diun’occasione, i giudici di Strasburgo sono stati chiamati a giudicare lacompatibilità di tali restrizioni con i diritti sanciti all’interno della Convenzioneeuropea dei diritti dell’uomo (CEDU)1.
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Wołodkiewicz, Witold. « LEX RETRO NON AGIT. SFORMUŁOWANIE W POLSKIEJ DOKTRYNIE PRAWNICZEJ ». Zeszyty Prawnicze 1 (27 janvier 2017) : 103. http://dx.doi.org/10.21697/zp.2001.1.06.

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Résumé :
LEX RETRO NON AGIT. UN BROCARDO NELLA GIURISPRUDENZA POLACCAII problema della irretroattività della norma giuridica è stato trattato molto spesso nella dottrina giuridica generale e in quella romanistica. La regola lex retro non agit (che nella giurisprudenza e dottrina giuridica polacca esprime il principio délia irretroattività del diritto) è il brocardo latino il più spesso usato nella giurisprudenza polacca.Considerazioni a proposito del vigore délia norma giuridica nel tempo si incontrano nelle fond del diritto romano nelle varie epoche del suo sviluppo. Il problema délla retroattività délia legge fu affrontato già dai giuristi repubblicani. Fu toccato anche dai giuristi classici. La generalizzazione del principio secondo il quale la legge non deve retroagire, si trova peraltro in diverse costituzioni imperiali del Basso Impero. Il principio délia irretroattività del diritto compare più volte nella storia giuridica postgiustinianea.Nelle visioni dello Stato di diritto, sviluppate dai filosofi del Secolo dei Lumi il principio dell’irretroattività délia legge è stato trattato come un dogma fondamentale ed assoluto.II principio d’irretroattività è molto spesso enunciato nei codici contemporanei. E un elemento fondamentale della definizione classica del delitto penale, peró la dottrina e la pratica penale e costituzionale dopo la seconda guerra mondiale hanno cominciato, almeno in certa misura, ad allontanarsi dal principio d’irretroattività nel diritto penale. Questa tendenza fu stata già notata, a proposito del processo di Norimberga, dal Berger in un articolo del 1949. Le dichiarazioni e convenzioni internazionali sui crimini di guerra e contro l’umanità , hanno poi introdotto diverse eccezioni al principio dell’irretroattività della legge penale. Questi atti di diritto internazionale hanno tendenzialmente influenzato i sistemi nazionali di diritto costituzionale e penale (come esempio si puô citare l’art. 42 punto 1 della Costituzione polacca del 2 aprile 1997).II brocardo lex retro non agit non fu mai esplicitamente individuato eon queste parole, né ai tempi romani, né nella storia posteriore del diritto. Questa formulazione è infatti sconosciuta ai dizionari ed alle enciclopedie giuridiche in quasi tutta Europa al di fuori della Polonia.Nella romanistica polacca, l’autore che cita il brocardo lex retro non agit fu Stanisław Wróblewski (nel suo manuale di diritto romano, pubblicato nel 1916). E probabile che l’autorità del Wróblewski (a lungo professore di diritto romano a Cracovia, ed influente membro della Commissione di Codificazione polacca, chiamato spesso il „Papiniano polacco”) abbia influenzato la divulgazione del brocardo lex retro non agit nella dottrina e nella giurisprudenza polacca e radicato per conseguenza la persuasione della derivazione romanistica del concetto d’irretroattività del diritto, letteralmente cosi individuato, nell’odierna pratica giurisprudenziale polacca.
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Timio, Mario. « Malato e medico in dialisi : un approccio alla bioetica ». Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no 4 (28 octobre 2013) : 329–31. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1068.

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Résumé :
Secondo la “legge di Hume” non esiste una goccia di etica che può derivare da una regola scientifica. Tale legge è applicabile ad ogni ambito della scienza, compresa la scienza nefrologica. In dialisi i problemi di bioetica sono molteplici, non ultimi l'inizio della terapia sostitutiva, la scelta del tipo di dialisi, l'autonomia del paziente, il costo della pratica e la sospensione del trattamento. Spesso i problemi clinici e bioetici possono comunque embricarsi. Per favorire la convergenza delle due componenti si fa riferimento ad alcuni punti nodali: 1) principio di verità; 2) principio del valore e della dignità dell'uomo; 3) principio della libertà; 4) problema del consenso informato, 5) principio di giustizia; 5) modelli bioetici che influenzano la pratica clinica. (Bioethics)
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Colapietro, Carlo. « Diritto al lavoro dei disabili e Costituzione ». GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no 124 (mars 2010) : 607–32. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2009-124002.

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Résumé :
La posizione delle persone disabili, pur non essendo espressamente contemplata in Costituzione, trova comunque una protezione costituzionale adeguata nell'ambito del programma di giustizia sociale delineato dalla nostra Carta costituzionale in favore dei soggetti deboli e rivolto a perseguire l'effettiva inclusione sociale del disabile ed, in particolare, un suo proficuo inserimento nel mondo del lavoro. In tal senso, l'evoluzione normativa della disciplina sul diritto al lavoro dei disabili si inserisce nell'ambito di una logica di multilevel governance piů generale delle politiche pubbliche in materia di disabilitŕ, ed č contrassegnata: da un lato da politiche antidiscriminatorie volte a contrastare con apposite tutele qualsiasi forma di discriminazione diretta in ambito lavorativo fondata sulla disabilitŕ; e, dall'altro, da misure di politica attiva del lavoro dirette ad assicurare alle persone disabili, attraverso forme di collocamento mirato ed incentivato, non un semplice mantenimento caritativo, ma la conclusione di un regolare contratto di lavoro, in presenza non di persone inabili al lavoro, bensě di persone disabili, che hanno pieno diritto di inserirsi nel mondo del lavoro.
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Pepino, Livio. « Ancora sulla obbligatorietŕ dell'azione penale. Qualche spunto per una riflessione realistica ». QUESTIONE GIUSTIZIA, no 2 (juin 2011) : 102–10. http://dx.doi.org/10.3280/qg2011-002010.

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Résumé :
Non amo i dogmi di nessun genere. Anche per questo non credo che l'obbligatorietŕ dell'azione penale sia una veritŕ di fede, insuscettibile di discussione. E, tuttavia, sono convinto che si tratti, oggi piů che mai, di un principio irrinunciabile nel contesto italiano. Un principio irrinunciabile che, proprio per questo, non va celebrato ma governato in modo intelligente e razionale. Le pagine che seguono si propongono di esporre le ragioni che sostengono la mia convinzione e di indicare alcune linee utili a perseguire l'obbligatorietŕ possibile e necessaria.
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Fontana, Dario, et Giovanni Solinas. « Qualità del lavoro nell'industria digitalizzata : risultati di una ricerca empirica ». SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no 158 (novembre 2020) : 74–95. http://dx.doi.org/10.3280/sl2020-158004.

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Résumé :
In questo saggio si discutono i risultati di una ricerca sulle condizioni di lavoro in imprese "digitalizzate". Sono stati intervistati oltre mille lavoratori occupati in imprese manifatturiere e nel settore bancario nella provincia di Modena. L'indagine ha riguardato le diverse dimensioni della qualità del lavoro privilegiando il confronto tra i lavoratori "digitalizzati" e "classici". Lo sfondo teorico dello studio è, in larga parte, quello originariamente proposto da Gallino. Per le imprese prese a riferimento, le trasformazioni in atto determinano una forte intensificazione dei carichi di lavoro e una standardizzazione di procedure e compiti. Questo fenomeno coinvolge una larga maggioranza dei lavoratori. L'assetto digitale ha lasciato invariati (se non peggiorati) i gradi di autonomia e di controllo senza rafforzare i meccanismi partecipativi e di condivisione dei destini e della mission aziendale. Per tutte le dimensioni emergono segni marcati di discriminazione di genere.
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Beni, Paolo. « Crisi e politicitŕ della cittadinanza ». QUESTIONE GIUSTIZIA, no 3 (septembre 2011) : 7–18. http://dx.doi.org/10.3280/qg2011-003002.

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Résumé :
I profondi processi di trasformazione economica, sociale e culturale che negli ultimi decenni hanno investito il nostro Paese stanno producendo negli individui una crescente difficoltŕ a riconoscersi nelle relazioni sociali e nella dimensione pubblica del vivere civile. Cambia la percezione di sé dei cittadini e delle cittadine, fino a provocare disaffezione e alienazione. Č in atto una sfida: fra la cittadinanza come pura iscrizione anagrafica che sopravvive come strumento di discriminazione dei non cittadini, e la cittadinanza come insieme dei diritti delle persone, con la loro dignitŕ e autonomia, con il loro sentimento di solidarietŕ e appartenenza a una comunitŕ politica. L'urgenza della storia marcia nella seconda direzione, verso un'evoluzione che corregga le discriminazioni prodotte dall'economia di mercato e ripristini la piena eguaglianza dei diritti civili, politici e sociali.
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Casadonte, Annamaria. « Il danno non patrimoniale da discriminazione fondata sulla razza : spunti di riflessione sui possibili rimedi civili ». DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no 3 (février 2013) : 91–98. http://dx.doi.org/10.3280/diri2012-003006.

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Scacchi, Luca, Francesca Cristini, Alessia Vieno et Massimo Santinello. « Benessere psicologico degli adolescenti immigrati : quando il contesto fa la differenza ». PSICOLOGIA DI COMUNITA', no 1 (septembre 2010) : 73–85. http://dx.doi.org/10.3280/psc2010-001007.

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Résumé :
Obiettivo del presente studio č stato quello di confrontare due diversi contesti socioculturali rispetto all'integrazione ed al benessere psicologico degli adolescenti immigrati. I due contesti (Padova ed Aosta) presentano caratteristiche diverse nell'atteggiamento verso l'immigrazione e nell'inserimento sociale e lavorativo degli immigrati. Hanno partecipato allo studio, svolto tramite questionario, 2533 studenti (66.7% maschi; etŕ media: 17.26; D.S.=1.63), di cui il 14.2% sono immigrati di 1a o 2a generazione. I risultati mostrano che gli adolescenti immigrati di Aosta riportano minori livelli di discriminazione percepita e maggiori livelli di identitŕ nazionale, rispetto agli adolescenti immigrati a Padova. Inoltre si evidenziano maggiori disparitŕ tra immigrati e non immigrati a Padova, rispetto ad Aosta. Tali disparitŕ riguardano agiatezza economica, benessere psicologico e sostegno dei compagni. Tali risultati vengono discussi rispetto alle loro implicazioni circa l'adattamento e l'integrazione degli adolescenti immigrati.
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Sanavio, Ezio. « Una Consensus Conference sulle terapie psicologiche per ansia e depressione ». PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, no 1 (février 2022) : 11–20. http://dx.doi.org/10.3280/pu2022-001002.

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Résumé :
È appena terminato il lavoro di una Consensus Conference sulle terapie psicologiche per ansia e depressione rivolta ai pazienti e ai loro famigliari, al mondo dell'istruzione universitaria, alle isti-tuzioni preposte all'aggiornamento professionale, al Sistema Sanitario Nazionale, al mondo della ricerca scientifica e degli enti finanziatori. Gruppi di esperti hanno analizzato la letteratura e steso un'ampia relazione che è stata sottoposta al giudizio di una Giuria, presieduta da Silvio Garattini, composta da esponenti della società civile. Queste sono alcune delle conclusioni: (1) non tutte le terapie sono da considerare di prima scelta, (2) alcune psicoterapie sono cost-effective e più effica-ci dei farmaci, e (3) sono raccomandate dalle più autorevoli Linee-Guida internazionali. Le psico-terapie sono sottoutilizzate nel Sistema Sanitario Nazionale, e i pazienti devono ricorrere al merca-to privato con una discriminazione di censo intollerabile in tema di salute. Spesso vengono utiliz-zati metodi terapeutici di non provata efficacia, e manca una adeguata informazione sui progressi recenti. Vi è bisogno di interventi informativi, formativi, organizzativi e di trasparenza, con impli-cazioni anche deontologiche.
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Balibar, Etienne. « Lo schema genealogico : razza o cultura ? » SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no 41 (septembre 2011) : 11–21. http://dx.doi.org/10.3280/las2011-041002.

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Résumé :
Il saggio affronta la relazione tra nazionalismo e razzismo ruotando attorno alle nozioni die di, che insieme rinviano all'idea che la nazione debba trovare un meccanismo, istituzionale e immaginario, per trasferire e riprodurre al livello politico la funzione simbolica che lega il susseguirsi delle generazioni sotto il segno del ‘retaggio culturale' e della ‘identitÀ ereditaria'. Da un'analisi attenta risulta come tali nozioni siano ildell'idea di ‘razza' dopo che la sua applicazione alla violenta discriminazione dei soggetti coloniali, o dei discendenti degli schiavi, o dell'alteritÀ etnica, č stata delegittimata. Dunque, si puň comprendere come la nozione di razza, qualunque sia la giustificazione biologica adottata, non sia mai stata altro che una costruzione mitologica volta ad autorizzare il pensiero che riproduzione, trasmissione, educazione, memoria, tradizione ecc., avvenganodotata di una identitÀ riconoscibile.
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Casini, M., et M. L. Di Pietro. « Clonazione : il dibattito biogiuridico in Francia e il contesto internazionale ». Medicina e Morale 52, no 4 (31 août 2003) : 667–701. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2003.665.

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Résumé :
Nel gennaio scorso il Senato francese – nell’ambito dell’intenso dibattito sulla revisione delle Lois Bioéthiques del 1994 – ha approvato un disegno di legge che vieta ogni forma di clonazione, vale a dire non solo la clonazione c.d. “riproduttiva”, ma anche la clonazione c.d. “terapeutica”. Si tratta di un risultato importante, ma non ancora definitivo perché su di esso pende la decisione dell’Assemblea Nazionale. Tuttavia merita di essere segnalato, perché controcorrente rispetto al generale atteggiamento favorevole alla “clonazione terapeutica” e contrario alla “clonazione riproduttiva” ed in linea, dunque, con le indicazioni del Parlamento Europeo secondo cui “una nuova strategia semantica cerca di indebolire il significato morale della clonazione umana” poiché “non vi è alcuna differenza tra clonazione a fini terapeutici e clonazione a fini di riproduzione”. Nell’articolo la decisione del Senato viene inserita in un duplice contesto: quello del dibattito biogiuridico in Francia e quello che, più o meno contemporaneamente, è andato e va svolgendosi nel panorama internazionale. I numerosi documenti passati in rassegna mettono in evidenza come, ancora una volta, l’embrione umano sia al centro della discussione: se l’embrione è un oggetto, può essere utilizzato per raggiungere gli obiettivi della medicina rigenerativa, ma se è un soggetto non può essere strumentalizzato per nessun fine. Il principio di relazionalità, il principio di uguaglianza, il principio di solidarietà, il principio cautelativo sono le indicazioni che la moderna concezione del diritto offre per dire che ogni soggetto umano è sempre un soggetto giuridico.
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Ronchini, Beatrice. « Le asimmetrie regolamentari nell'industria dei fondi comuni aperti ». ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no 3 (septembre 2011) : 423–44. http://dx.doi.org/10.3280/ed2010-003003.

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Résumé :
L'obiettivo di livellare il terreno competitivo tra gli operatori europei del risparmio gestito non sembra ancora pienamente raggiunto. Nei diversi paesi permangono infatti alcune residue divergenze - nelle modalitŕ di recepimento e di interpretazione delle normative comunitarie, nelle prassi di vigilanza, nei regimi sanzionatori, nella regolamentazione settoriale - tali da penalizzare potenzialmente gli operatori e i prodotti sottoposti alla disciplina piů stringente. Il presente contributo si focalizza sul comparto dei fondi comuni aperti italiani e intende arricchire la letteratura sul tema passando in rassegna in ottica comparata le principali norme e prassi di vigilanza "competition sensitive" suscettibili di limitare l'attrattivitŕ di tali prodotti rispetto a quelli esteri commercializzati in Italia o rispetto a prodotti finanziari alternativi. Come noto, le asimmetrie regolamentari sono considerate una delle cause del declino attraversato nel passato recente dall'industria italiana dei fondi comuni d'investimento mobiliare. L'individuazione dei residui spazi di discriminazione competitiva di matrice normativa rappresenta la necessaria premessa per prefigurare un possibile percorso di ottimizzazione della regolamentazione.
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De Michele, Grazia. « Un antirazzismo mancato ? Classe e razza nel dibattito di area comunista su bambini meridionali e classi differenziali negli anni Settanta ». ITALIA CONTEMPORANEA, no 297 (mars 2022) : 100–123. http://dx.doi.org/10.3280/ic2021-297-s1oa-005.

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Uno degli elementi caratterizzanti le migrazioni interne verso le città del triangolo industriale negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento è stato il razzismo antimeridionale. Nelle scuole elementari molti tra i figli dei nuovi arrivati vennero immessi nelle cosiddette classi differenziali anche grazie al supporto scientifico offerto da psichiatri, psicologi e assistenti sociali che, nello stesso periodo, definirono i bambini di origine meridionale come disadattati, in ragione di una supposta incapacità di adattarsi a un ambiente più progredito. Negli anni Settanta, il fenomeno venne sottoposto ad aspre critiche, ma il razzismo che l'aveva alimentato non fu riconosciuto come tale. L'articolo analizza i limiti del dibattito sviluppatosi tra educatori e intellettuali di area comunista, che lessero la discriminazione nei confronti degli alunni meridionali esclusivamente in termini di classe sociale secondo i dettami di un marxismo tipicamente eurocentrico. 
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Zatti, Mario. « Libertà e dolore alla luce del "Principio Antropico" ». Medicina e Morale 43, no 3 (30 juin 1994) : 469–74. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1994.1015.

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Il principio antropico afferma che l'Universo ha le caratteristiche che osserviamo perché noi siamo qui. Al di fuori di tutti i possibili universi, noi siamo in grado di sperimentare solamente la ristretta serie permessa agli osservatori. Il Principio può essere applicato allo studio delle connessioni tra alcune condizioni come la contingenza e l'indeterminatezza della materia da un lato e dall'altro la possibilità di esistenza dei soggetti liberi. Possedere la libertà sotto forma del controllo della realtà fisica da parte della volontà ed una Natura con relazioni causa-effetto puramente meccanicistiche potrebbe non essere adeguato. Ciò che è certamente necessario (sebbene non sufficiente) è che lo strumento materiale della libera volontà non dovrebbe essere rigorosamente deterministico. E' stata avanzata l'ipotesi (Eccles) che gli eventi mentali agiscono sugli eventi sinaptici probabilistici in maniera analoga ai campi di probabilità della meccanica quantistica. Anzi, l'attività caotica può essere parte della normale funzionalità del sistema nervoso. L'"hardware" mentale umano è così rappresentato da una struttura che in virtù della sua indeterminatezza (grossolanamente parlando) lascia libertà d'azione alla libertà. L'incompletezza, l'indeterminazione e la imprevedibilità algoritmica che garantisce la libertà e la creatività implica un mondo di relativa instabilità, precarietà ed errore, cioè dal punto di vista biologico la corruzione delle forme, il dolore e la morte. La radice del dolore è in tal modo correlata a quella della libertà, poiché il dolore rappresenta l'alto prezzo che la materia dell'Universo deve pagare in ordine alla predisposizione all'esistenza di esseri liberi. In virtù del Principio antropico, possiamo dire che l'Universo compatibile con la libera volontà deve essere un luogo di dolore e di morte.
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Cattorini, P., E. Bertoli, F. Buzzi, R. Gornati, A. Lazzarin, D. Morelli, A. G. Spagnolo et M. Zanchetti. « Indagine sul grado di conoscenza e di valutazione della normativa italiana in materia di prevenzione dell'AIDS ». Medicina e Morale 43, no 2 (30 avril 1994) : 273–317. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1994.1021.

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L'articolo illustra i risultati derivanti dalla somministrazione di 451 questionari a pazienti affetti da Human Immunodeficiency Virus (HIV) ricoverati in reparti di malattie infettive appositamente attrezzati per la cura dell'AIDS o afferenti ai relativi ambulatori o day-hospital. In particolare, l'indagine ha inteso verificare tra le persone intervistate l'effettiva conoscenza, comprensione, valutazione ed applicazione degli articoli 5 e 6 della legge italiana n°135 del 1990 su "Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS". Tali articoli, infatti, riguardano le normative sull'accertamento dell'infezione (art. 5) e il divieto per i datori di lavoro di svolgere indagini volte ad accertare la sieropositività dei propri dipendenti (art.6). L'indagine è stata condotta in tre ospedali: Centro S. Luigi dell'Istituto Scientifico Ospedale S. Raffaele di Milano (150 questionari), Policlinico S. Matteo di Pavia (150 questionari) e Policlinico Universitario "A. Gemelli" di Roma (150 questionari). Il questionario è stato strutturato sulla base di doppie domande: una su ciò che il paziente personalmente pensa riguardo ai suoi "diritti", l'altra su ciò che il paziente pensa che la legge preveda. In generale sembra emergere che i soggetti intervistati sono coscienti di essere persone "infette", però in una comunità che tende a discriminarli. Non sembrano attendersi, inoltre, una piena tutela da parte dello Stato anche se rimangono propensi a collaborare perché la situazione cambi e sono, comunque, disposti ad accettare interventi normativi su se stessi a condizione della non discriminazione e che il loro sacrificio risulti veramente utile per la prevenzione della diffusione del contagio. Risalta, infine, l'esigenza di mantenere riservato lo stato di malattia nel luogo di lavoro.
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Vallauri, Maria Luisa. « L'argomento della "dignitŕ umana" nella giurisprudenza in materia di danno alla persona del lavoratore ». GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no 128 (décembre 2010) : 659–87. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2010-128004.

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Résumé :
L'A., muovendo dal rinnovato assetto della materia del danno non patrimoniale, ed in particolare dalla lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., e premessi alcuni passaggi del dibattito sul principio della dignitŕ umana e sul ruolo che esso svolge in particolare nella nostra Costituzione, propone una rilettura della giurisprudenza in materia di danni alla persona del lavoratore, nell'intento di verificare in che termini sia fatto ricorso a tale principio in sede di argomentazione.
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Augenti, Antonio. « Il principio di solidarietŕ e le politiche sociali europee ». CITTADINANZA EUROPEA (LA), no 1 (mars 2011) : 15–32. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2011-001002.

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Résumé :
Il contributo affronta in via preliminare il significato e il valore della solidarietŕ nel suo evolversi nel tempo, per capire come essa si incarna nelle coscienze individuali e nelle responsabilitŕ collettive. La solidarietŕ non ha modo d'essere senza la sussidiarietŕ: č la linea ideologica che orienta le moderne politiche di welfare. Queste politiche sono attente ad un nuovo concetto di povertŕ non legato a bisogni di sopravvivenza, ma a nuovi indicatori sociali. Tutelare i diritti sociali della persona significa prendere atto che occorre investire nella conoscenza, oggi strumento principe dell'emancipazione della persona. L'ultima parte del lavoro č dedicata all'analisi di come l'Unione europea ha guardato alle questioni sociali, conformandosi al principio di solidarietŕ e orientando in tal senso la propria normativa. Sull'operato comunitario vengono da ultimo avanzate riserve e sollevate censure di ritardo con il quale l'Unione č intervenuta nelle politiche sociali.
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Giacchetti Ludovisi, Stefano. « La decostruzione della soggettivitÀ in Adorno e Nietzsche ». SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no 39 (janvier 2011) : 118–24. http://dx.doi.org/10.3280/las2010-039009.

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Résumé :
L'articolo presenta un'analisi comparativa tra le posizioni di Adorno e Nietzsche riguardo al ruolo della soggettivitÀ. Se da un lato č possibile rilevare l'affinitÀ di percorso dei due autori nel criticare la soggettivitÀ ‘costitutiva' quale risultato di un processo storico di identificazione operato dalla razionalitÀ, allo stesso tempo si evidenziano le differenze delle due prospettive in merito alle conclusioni raggiunte da tale critica. Il processo di dissoluzione della soggettivitÀ sostenuto da Nietzsche č in parte respinto da Adorno sulla base del rifiuto di identificare un principio formato sulle passioni. La critica sociale di Adorno lo porta a rifiutare l'affermazione di un principio di piacere ormai ridotto alla sua versione reificata. La critica della soggettivitÀ borghese conduce Adorno all'affermazione di quello che puň essere definito un ‘oltre-borghese': una forma di soggettivitÀ non costitutiva che rispetti il non-identico.
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Fernandez Sanchez, Francisco Cristobal. « Principio de legitima defensa y anticoncepcion quirurgica ». Medicina e Morale 43, no 6 (31 décembre 1994) : 1115–42. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1994.1001.

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L'Autore affronta nell'articolo la questione della sterilizzazione contraccettiva del minorato mentale a fini di prevenzione dello stupro e delle sue conseguenze. L'articolo distingue anzitutto tra sterilizzazione contraccettiva (SC) e sterilizzazione terapeutica (ST). Benché simili dal punto di vista procedurale, le due tecniche chirurgiche differiscono essenzialmente dal punto di vista etico, secondo la visione personalista della persona. La SC, infatti, prevede come fine primario la distruzione o l'ostacolo (permanente o temporaneo che sia) della funzione riproduttiva, essendo perciò sempre eticamente illecita. La ST, invece, ha la precipua finalità della preservazione/restaurazione della salute dell'individuo e, come tale, si può giustificare moralmente. L'Autore ascrive alla generalizzata caduta di attenzione nei confronti della struttura antologica della scelta dell'individuo lo scivolamento verso una concezione biologista dell'atto contraccettivo, il che impedisce di ben comprendere la motivazione dell'intrinseca illiceità morale della SC. Così, la mancanza del consenso informato da parte del minorato mentale per dare il via alla procedura di SC non può certamente essere supplita da una normativa di legge. Né il principio di totalità conclude l'Autore né quello di legittima difesa, quindi, possono giustificare in alcun modo la sterilizzazione chirurgica sull'handicappato mentale.
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van Meerhaeghe, Marcel A. G. « The Regional Policy of the European Communities and the Subsidiarity Principle* ». Journal of Public Finance and Public Choice 15, no 2 (1 octobre 1997) : 147–63. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907782897.

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Résumé :
Abstract Il principio di «sussidiarietà» è stato utilizzato nell’ambito europeo per indicare che le decisioni non devono essere prese al livello più alto (Comunità), quando è possibile prenderle a livelli minori (Stati membri).Dopo essersi soffermato sul principio di sussidiarietà, evidenziandone il carattere dinamico, questo scritto approfondisce la politica regionale della Comunità Europea, dapprima delineando le principali norme del Trattato di Roma che riguardano la politica regionale e poi considerando la corrispondente politica.Vengono particolarmente approfonditi i problemi delle regioni prioritarie e i principali strumenti della politica in loro sostegno, i cosiddetti «fondi strutturali», giungendo alia conclusione che sino ad oggi tali strumenti non hanno dato luogo a risultati conformi alle aspettative.
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Persiani, Mattia. « Ancora un tentativo non riuscito di individuare il principio costituzionale di sistema in materia previdenziale ». GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no 157 (mars 2018) : 169–73. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2018-157005.

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Furnari, Marianna Gensabella. « Dall’autonomia alla responsabilità : il desiderio di maternità e la possibilità della FIVET ». Medicina e Morale 49, no 5 (31 octobre 2000) : 879–907. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2000.769.

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Résumé :
Fino a che punto il desiderio di maternità, frustrato dalla sterilità, può servirsi delle nuove possibilità offerte dalla FIVET? Quale criterio ci consente di distinguere tra un dominio ragionevole ed uno irragionevole sulla natura? Il ripensamento dell’indissolubilità del nesso corpo-persona, e dell’imperativo kantiano, che impone di non considerare mai l’umanità solo come messo, aiutano a trovare una misura che appare smarrita. Ma è possibile applicare l’imperativo kantiano a tutti i soggetti coinvolti nella FIVET? Attraverso una discussione con le tesi della bioetica laica, si evidenzia come quell’imperativo vada inteso, non solo a tutela del diritto dei genitori al consenso libero e informato, ma anche a tutela dell’embrione. Al di là delle distinzioni strumentali tra pre-embrione ed embrione, e al di là della diversità di opinioni se l’embrione si o no persona, sta la certezza che l’embrione è un essere umano, certezza che impone di rispettarlo “come uno di noi”. Nel confronto con tale imperativo il desiderio di maternità trova un limite che è spesso dimenticato. Iscritto nella sfera intima, inviolabile della corporeità, il desiderio di maternità sembra regolato solo dal principio di autonomia, che su quella sfera domina. Occorre però ripensare il principio di autonomia e il modio in cui intendiamo la nostra corporeità. Rifletto come nomos che si dà un autos che è corpo/persona, il principio di autonomia trova il limite della mia indipendenza non solo nella non interferenza con gli altri, ma nella legge iscritta nella stessa corporeità, cioè nella difesa della vita, mia e altrui. È lo stesso desiderio di maternità a guidarci in questa rilettura del principio di autonomia: iscritto nel corpo, tale desiderio va oltre il corpo proprio, aprendosi alla corporeità dell’altro perché un terzo abbia vita. Di fronte alla rivendicazione dell’autonomia del procreare si leva la voce della responsabilità, da sempre insita nell’esser-madre: una voce che invita a tutelare la vita che chiamiamo al mondo sin dal suo primo apparire, e a vigilare perché le siano assicurati i diritti fondamentali dell’identità parentale e della famiglia. Inteso nella sua verità, non come desiderio di avere un figlio ma come desiderio di essere madre, il desiderio di maternità, trova in se stesso la propria regola, il correttivo a quel dilatarsi indefinito dei fini, quasi una “festa del desiderio” a cui la FIVET eterologa apre. Ciò significa imparare a cadenzare, o addirittura a fermare, il passo del desiderio, seguendo le voci antiche di Logos e Cura.
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Tatti, Veronica, et Luciano Giromini. « Malingering : diagnosi differenziale e valutazione testistica nel contesto forense penale ». QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA, no 50 (août 2022) : 166–80. http://dx.doi.org/10.3280/qpc50-2022oa14086.

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Résumé :
Il "malingering" è la simulazione o l'esagerazione intenzionale di una patologia fisica o mentale, messa in atto allo scopo di ottenere benefici tangibili quali il ricevimento di un risarcimento economico o la mitigazione di una sentenza criminale. In questo articolo si prende in esame il fenomeno con un'enfasi particolare sulla diagnosi differenziale e sulle sue implicazioni all'interno del contesto forense penale. Si evidenziano inoltre le ripercussioni che il malingering può avere sulla valutazione della capacità d'intendere e di volere. Non è raro, infatti, che nei contesti peritali alcuni rei cerchino di avvalersi di determinati articoli del Codice penale e tentino di simulare una perdita dell'esame di realtà. Conoscere una cospicua batteria di test sull'argomento è ormai fondamentale per il perito, al fine di rispondere al quesito giuridico. Si è dunque posto uno sguardo sul panorama testistico e sugli strumenti innovativi introdotti in letteratura negli ultimi anni. L'inclusione dell'Inventory of Problems-29 (IOP-29), un symptom-validity test (SVT), e dell'Inventory of Problems-Memory (IOP-M), un performance-validity test (PVT), nell'assesment psicologico risulta essere un potente ausilio nella discriminazione dei simulatori dai soggetti effettivamente affetti da una psicopatologia, come evidenziato nei vari studi presentati in questo articolo.
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Cocuccio, Mariafrancesca. « Contratto di viaggio e non risarcibilità del danno per lievi disservizi ». RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, no 19 (février 2018) : 73–96. http://dx.doi.org/10.3280/dt2017-019004.

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Résumé :
Con la sentenza in commento, la Corte d'Appello di Bologna ha affrontato la questione della responsabilità del tour operator e del danno da vacanza rovinata, stabilendo che il relativo risarcimento implica la necessità di superare un certo grado di offensività, dimostrato dalla gravità del lesione. La gravità del danno e il rigore del filtro del danno riducono l'equilibrio tra il principio di solidarietà nei confronti della vittima e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno morale è dovuto solo se il livello di tolleranza è superato e il danno non è di poco conto
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Dolfi, Anna. « Sul principio di non contraddizione. Qualche nota aggiunta su una dialettica improgressiva ». Italies, no 7 (1 octobre 2003) : 23–32. http://dx.doi.org/10.4000/italies.866.

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Barcellona, Giandomenico. « Il principio di non aggressione quale grundnorm dell'esistenza e regola della coesistenza ». RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, no 4 (janvier 2016) : 121–39. http://dx.doi.org/10.3280/sa2015-004005.

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