Thèses sur le sujet « Principi generali del diritto penale »
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Bonon, Camilla. « La tipicità del fatto colposo nel diritto penale del lavoro. Tra principi generali in tema di colpa e nuove esigenze di tutela ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423943.
Texte intégralIl tema oggetto del progetto di ricerca assegnato alla scrivente concerne “La tipicità del fatto colposo nel diritto penale del lavoro. Tra principi generali in tema di colpa e nuove esigenze di tutela”. Il lavoro è sostanzialmente suddiviso in tre parti: una prima parte avente ad oggetto il concetto classico di colpa nei suoi profili filosofici, dogmatici ed esistenziali; una seconda, che concerne l’introduzione nel nostro ordinamento del principio c.d. precauzionistico ed i suoi riflessi sul concetto classico di colpa; una terza parte, infine, che concerne i riflessi di detto principio nel settore specifico del diritto penale del lavoro attraverso un excursus sia normativo sia giurisprudenziale. Il presente lavoro costituisce, quindi, l’approfondimento dello specifico tema costituito dalla rilevanza del principio di precauzione in contesti che involgono a vario titolo la sicurezza e dai riflessi dello stesso nel settore specifico del diritto penale del lavoro con riferimento all’evoluzione del concetto classico di colpa penale. L’attività di ricerca svolta, quindi, nella prima fase ha avuto ad oggetto lo studio del concetto classico di colpa. Si sono, pertanto, analizzate le diverse concezioni di colpevolezza sviluppatesi in dottrina e gli elementi fondanti il giudizio di responsabilità colposa, ossia la non volontà del fatto, le regole cautelari, la c.d. concretizzazione del rischio, la prevedibilità ed evitabilità dell’evento lesivo ed, infine, l’esigibilità da parte del soggetto agente del comportamento alternativo lecito. In una seconda fase si è proceduto, poi, allo studio del c.d. principio precauzionistico quale criterio di gestione del rischio in condizioni di incertezza scientifica. Sul tema, sono stati analizzati in primo luogo, le fonti, i presupposti e i campi di applicazione di detto principio, in secondo luogo la legittimazione dello stesso nell’ambito del diritto penale, individuando le differenze tra diritto penale della prevenzione e della precauzione, ed infine, le deformazioni che a seguito dell’ingresso di tale principio nel nostro ordinamento stanno subendo il nesso di causalità e la colpa penale con particolare riferimento all’evoluzione del concetto di prevedibilità dell’evento. Sulla base dell’approfondimento effettuato, si è giunti alla conclusione che tale principio, attesa la genericità precettiva che lo caratterizza, rischia di confliggere con il carattere di determinatezza della norma penale e si presta a giocare un ruolo di potenziale fattore di espansione delle categorie classiche del diritto penale. Esso potrebbe, infatti, incidere su due fattori fondamentali per la configurazione del fatto tipico: innanzitutto, sul piano oggettivo del nesso di causalità, sfruttandone la struttura probabilistica e trasformandolo in un “ nesso di rischio”; in secondo luogo sul piano soggettivo della colpa deformandone gli aspetti propriamente cognitivi di riconoscibilità del rischio e prevedibilità del risultato. Infine, la terza parte del progetto di ricerca concerne lo studio dei riflessi che il principio precauzionistico ha avuto nell’ambito specifico del diritto penale del lavoro attraverso un excursus sia normativo sia giurisprudenziale. La materia della sicurezza sul lavoro, attesi i beni giuridici tutelati di grado primario, si sta, invero, caratterizzando da un passaggio dalla regola cautelare alla regola precauzionale: tale circostanza segna lo sganciamento della prevenzione dell’evento dalla condotta conforme alla regola previamente individuata ponendo, conseguentemente, in crisi la stessa funzione garantistica della regola cautelare. In tale settore, quindi, si potrebbe giungere ad affermare la responsabilità colposa di un soggetto a prescindere da una concreta verifica circa l’effettiva efficacia predittiva della regola cautelare in relazione alla specifica offesa al bene giuridico tutelato dalla norma, così da imputare l’evento anche ove sussista soltanto la possibilità che le conseguenze dannose si verifichino, con diretti ed evidenti riflessi sul piano soggettivo della prevedibilità ed evitabilità, che non hanno più ad oggetto un evento specifico, bensì una classe o genere di eventi. Emblematiche sul tema, ed oggetto di studio, alcune sentenze relative all’esposizione dei lavoratori all’amianto o a sostanze nocive quali il cloruro di vinile monomero. A fronte, infatti, della tutela delle vittime e di esigenze di giustizia sostanziale, si assiste ad un’evidente flessibilizzazione del paradigma della colpa e la responsabilità penale da amianto, offrendo una ricca casistica giurisprudenziale, costituisce un particolare campo di riflessione per quel che concerne l’evoluzione delle categorie dogmatiche classiche del diritto penale ai fini dell’imputazione dell’evento lesivo. Dall’analisi giurisprudenziale effettuata, sembra, invero, prendere il largo un micro-sistema penale da esposizioni professionali, in cui la destrutturazione della colpa, per il tramite dello snaturamento della valenza regolamentare della regola cautelare, determina un’istanza di tutela assoluta della vittima, con un corrispondente carico di iperdeterrenza per l’autore, chiamato a sopportare rischi penali che gravitano al di fuori della sua sfera di riconoscibilità.
DONATI, GAIA. « LA «VERITA'» DEL DIRITTO PENALE NELLA «CHIARA LUCE» DEI PRINCIPI. PROVE DI RESISTENZA AL POPULISMO PUNITIVO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2022. http://hdl.handle.net/10280/117009.
Texte intégralIn the wounded late-modern consciousness, the general feeling of impotence and anthropological depression finds an unprecedented projection in the penal field, linking the sense of unease to criminality. In a generalized climate of hybris, the criminal law is called to compensate for the inadequacies of bonds of trust, with distorting consequences on production of legislation, interpretation of jurisprudence and social relations. This analysis aims to examine the current tendency to react, with respect to the most heterogeneous individual and social problems, with an «accusatory ‘response’» and to understand that worrying securitarian strategy called ‘penal populism’. An elective terrain for an evaluation of the solicitations that distort the fundamental principles is the articulated ‘archipelago’ of crimes against the public administration, with specific reference to those designed to combat corruption. The purpose of this research is to provide answers to the question of how to proceed to avoid that the criminal justice sector perpetuates its own nature of «factory of illusions». To promote a virtuous change of paradigm, it is emphasized the need of not only a critical rethinking of their role by the legislature and the judiciary but also the promotion of a cultural growth of all components of the community.
Bigi, G. « I principi generali di diritto e il diritto internazionale penale ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/2434/61733.
Texte intégralSPRICIGO, BIANCAMARIA. « La "riflessione critica" sull'illecito commesso alla luce dei principi costituzionali e della teoria generale del reato : problemi e prospettive ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1797.
Texte intégralThe dissertation examines how offenders deal with “critical rethinking” on their crimes. According to art. 27 d.P.R. 30 June 2000, n. 230, it consists in a dialogical reflection on the wrongdoings they committed, their motivations, the consequences that follow on for the offenders themselves, and the possible reparations during the post-sentencing phase. The study is divided into five chapters. The first chapter focuses on the research for a constitutional basis of the “critical rethinking” and for a renewed understanding of the “finalismo rieducativo” (equivalent to the rehabilitative goal). The second chapter highlights the points of intersection between the “critical rethinking” and the “general theory of crime”. The third chapter summarizes the obstacles and the operative problems that hamper the implementation of this dialogical reflection and describes hints for a possible reform of the criminal justice system, particularly with regard to the post-sentencing phase. The fourth chapter proposes an in-depth analysis of some of the basic key-concepts for the introduction of a dialogical-restorative model of justice. Finally, the fifth chapter investigates the relationship between “rehabilitation” and “restorative justice” and takes into consideration a justice model that is inspired by “responsivity” [John Braithwaite] and “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. By means of that, the study aims at providing a framework for an active assumption of responsibility in a more dialogical and inclusive culture.
SPRICIGO, BIANCAMARIA. « La "riflessione critica" sull'illecito commesso alla luce dei principi costituzionali e della teoria generale del reato : problemi e prospettive ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1797.
Texte intégralThe dissertation examines how offenders deal with “critical rethinking” on their crimes. According to art. 27 d.P.R. 30 June 2000, n. 230, it consists in a dialogical reflection on the wrongdoings they committed, their motivations, the consequences that follow on for the offenders themselves, and the possible reparations during the post-sentencing phase. The study is divided into five chapters. The first chapter focuses on the research for a constitutional basis of the “critical rethinking” and for a renewed understanding of the “finalismo rieducativo” (equivalent to the rehabilitative goal). The second chapter highlights the points of intersection between the “critical rethinking” and the “general theory of crime”. The third chapter summarizes the obstacles and the operative problems that hamper the implementation of this dialogical reflection and describes hints for a possible reform of the criminal justice system, particularly with regard to the post-sentencing phase. The fourth chapter proposes an in-depth analysis of some of the basic key-concepts for the introduction of a dialogical-restorative model of justice. Finally, the fifth chapter investigates the relationship between “rehabilitation” and “restorative justice” and takes into consideration a justice model that is inspired by “responsivity” [John Braithwaite] and “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. By means of that, the study aims at providing a framework for an active assumption of responsibility in a more dialogical and inclusive culture.
GUARDAMAGNA, CHIARA. « I principi generali nell'esperienza giuridica. Prospettive di diritto pubblico dell'economia ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2013. http://hdl.handle.net/10281/42375.
Texte intégralMagnani, Rino. « Nuove prospettive sui principi generali nel sistema delle fonti del diritto internazionale / ». [Milano] : Mursia, 1997. http://www.gbv.de/dms/spk/sbb/recht/toc/280262140.pdf.
Texte intégralMessina, Cecilia <1993>. « "Tradizione romanistica" e principi generali del diritto : Il dibattito italiano tra Otto e Novecento ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022. http://amsdottorato.unibo.it/10186/1/Tesi.dottorato.di.ricerca.2022..pdf.
Texte intégralThe research deals with some aspects of the reuse of Roman sources, and of their modern tradition, within the national legal system after the civil codification. The attention is directed mainly to art. 3, Preliminary provisions of the Code of 1865 with its reference to the ‘general principles of law’ in order to the analogia iuris. Based on this research approach, the study focuses on the analysis of some specific voices of Italian legal science from both nineteenth and twentieth centuries. The second part of the study is devoted to an examination of judicial practice and, more specifically, of the Supreme Courts. At this stage we pursue a twofold objective: on the one hand, to ascertain whether, and if so to what extent, Roman law could still play a role in the (modern) jurisprudence of legitimacy; on the other hand, to assess the concrete possibility, envisaged by a part of legal science, of appealing to the Supreme Court to challenge a judgment allegedly contrary to the general principles of law laid down in Art. 3 par. 2 of the Prelaws. The analysis thus starts from the content of the individual decisions of the Supreme Court, then moves on to the exegesis of the fragments referred to each time; finally, we will conclude with a summary operation aimed at assessing, for each case, the (legal) consistency of the analogical reasoning.
Piratti, Marianella. « SUL CONTRIBUTO DEL DIRITTO DI MATRICE ISLAMICA ALLA COSTRUZIONE DEI PRINCIPI GENERALI DI DIRITTO NELL'ORDINAMENTO INTERNAZIONALE ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3424807.
Texte intégralabstract Italiano Il diritto internazionale trae origine dalla storia e dalla cultura giuridica occidentale. Se questo è un dato assodato, una ricerca sul contributo del diritto di matrice islamica alla costruzione dei principi generali di diritto in diritto internazionale, richiede la considerazione di una tradizione culturale e giuridica altra da quella occidentale e quindi per estensione, altra da quella che ha informato il fenomeno giuridico internazionale. L’esigenza di una tale considerazione è svolta quindi sotto diversi profili: innanzitutto sotto un profilo metodologico, per appurare se la metodologia giuridica in diritto internazionale sia anch’essa nel complesso da ascriversi alla tradizione giuridica occidentale o se sia dato rinvenire un approccio metodologico di matrice islamica allo studio del diritto internazionale. Di qui sono quindi tratteggiati i principali tratti distintivi della teoria politica e del sistema giuridico della tradizione islamica. Un secondo piano d’analisi, è svolto sull’elaborazione dottrinale tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo, per inquadrare quale fosse la concezione della comunità internazionale dell’epoca, in rapporto all’allora recente fenomeno dell’affacciarsi nella comunità delle Nazioni, di Stati con un sostrato culturale, giuridico e religioso, diverso da quello in cui si riconoscevano gli Stati di tradizione occidentale. Se il principio della sovrana uguaglianza degli Stati non è formalmente messo in discussione, le tradizioni giuridiche di diritto interno diverse da quelle improntate alla tradizione giuridica europea, vengono considerate un ostacolo al pieno riconoscimento degli Stati in diritto internazionale. Ne conseguiva che l’adeguamento del diritto interno a degli standard europei, fosse considerato dalla dottrina una condizione necessaria al fine del pieno riconoscimento della soggettività internazionale. Tali considerazioni dottrinali sono svolte con particolare riferimento all’Impero ottomano, uno Stato quindi di tradizione islamica. Le diverse tradizioni giuridiche, culturali e religiose di cui sono portatori gli Stati, paiono essere assorbite in diritto internazionale in quello che può essere definito come un “ordine neutro”, vale a dire la tradizione giuridica, culturale e religiosa occidentale. Un tentativo di superamento di tale impostazione, si affermerà in dottrina solo nella seconda metà del XX secolo. Il discorso sul contributo del diritto di matrice islamica alla costruzione dei principi generali di diritto in diritto internazionale, è dunque incardinato in questo contesto. Dal momento della formalizzazione prima dei principi generali di diritto nell’articolo 38. 1 c) dello Statuto della Corte permanente di giustizia internazionale, secondo cui la Corte applica “i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili”, la rilevazione dei principi generali è avvenuta per lo più seguendo una tecnica di rilevazione assiomatica, ossia senza una verifica dell’operatività dei principi richiamati nei diversi sistemi giuridici del mondo. Una simile modalità di rilevazione era plausibile in una comunità internazionale sostanzialmente omogenea quanto ai sistemi di riferimento di diritto interno. Quando la base della società internazionale si è allargata a partire dalla seconda metà del XX secolo, includendo quindi Stati con tradizioni giuridiche diverse da quella occidentale, una rilevazione assiomatica dei principi generali non si sarebbe più dovuta considerare plausibile e i principi generali di diritto si sarebbero dovuti rilevare a partire da un’indagine di diritto comparato. Se tale esigenza è avvertita dalla dottrina a partire dagli anni sessanta del secolo scorso, va rilevato che il diritto interno degli Stati di tradizione islamica è escluso dall’analisi comparatistica. Se sono pochi gli esempi della prassi in cui si rinvengono in termini generali dei riferimenti alla tradizione giuridica dell’Islam, un maggior interesse della dottrina internazionalistica verso il sistema di diritto islamico, si è potuto osservare, per una serie di fattori convergenti, all’indomani della fine della politica dei blocchi. Sotto un profilo teorico la rilevazione dei principi di diritto interno degli Stati di tradizione islamica rivela una particolare complessità dovuta al fatto che si tratta di sistemi misti, in cui cioè coesistono sia elementi di diritto di derivazione europea che elementi di diritto islamico. Una preliminare sintesi tra questi due fattori dovrebbe essere la condizione necessaria per la rilevazione dei principi generali di diritto in diritto internazionale, che consideri anche gli ordinamenti degli Stati di tradizione islamica, non potendo assumere che i principi di diritto islamico debbano rilevarsi a partire dal diritto musulmano classico che è solo una delle componenti degli ordinamenti degli Stati di tradizione islamica contemporanei. Ulteriori considerazioni sono svolte su quella che si ritiene essere la natura dei principi generali di diritto, nella fase precedente e nella fase successiva all’adozione della Carta delle Nazioni Unite. La parte conclusiva, dedicata alla ricognizione dei diversi strumenti di diritto internazionale in cui sono formalizzati i principi generali, approfondisce alcuni aspetti dello Statuto di Roma, rilevanti ai fini della rilevazione dei principi generali anche a partire dal sistema di diritto islamico.
Lobba, Paolo <1983>. « Il volto europeo del reato di negazionismo tra richieste di incriminazione UE e principi fondamentali CEDU ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5980/1/Lobba_Paolo_tesi.PDF.
Texte intégralThe present study aims to analyse the legal treatment of the crime of denialism by the two main European actors, namely the European Union (‘EU’) and the European Court of Human Rights (‘ECtHR’). These two systems find themselves in a delicate position that raises a need for deep investigation. They have to cherish and protect the memory of a historical event that is central to their own identity, whereas at the same time promoting the respect of fundamental rights such as freedom of speech. The first section seeks to identify the obligations stemming from the EU legal system, the institutional mandate of which is to harmonise criminal legislation of Member States by setting some basic common elements. Notably, the impact on domestic systems of the Framework Decision 2008/913/JHA on racism and xenophobia shall be assessed. The second part of the present research shall turn to the jurisprudence of the ECtHR to examine the relationship between Holocaust denial as a crime and the right to freedom of expression, with a view to deducing the principles with which States have to comply in the criminalisation of this kind of utterance. The overall goals shall be to identify: a) the interactions between these two systems; b) whether their policies on denialism may be better portrayed in terms of contrast or mutual support; c) the legal nature and content of the obligations originating for the Member States; d) whether a Europe-wide criminal prohibition on denialism appears likely to occur, whether it would be desirable and, if so, under which conditions.
Lobba, Paolo <1983>. « Il volto europeo del reato di negazionismo tra richieste di incriminazione UE e principi fondamentali CEDU ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5980/.
Texte intégralThe present study aims to analyse the legal treatment of the crime of denialism by the two main European actors, namely the European Union (‘EU’) and the European Court of Human Rights (‘ECtHR’). These two systems find themselves in a delicate position that raises a need for deep investigation. They have to cherish and protect the memory of a historical event that is central to their own identity, whereas at the same time promoting the respect of fundamental rights such as freedom of speech. The first section seeks to identify the obligations stemming from the EU legal system, the institutional mandate of which is to harmonise criminal legislation of Member States by setting some basic common elements. Notably, the impact on domestic systems of the Framework Decision 2008/913/JHA on racism and xenophobia shall be assessed. The second part of the present research shall turn to the jurisprudence of the ECtHR to examine the relationship between Holocaust denial as a crime and the right to freedom of expression, with a view to deducing the principles with which States have to comply in the criminalisation of this kind of utterance. The overall goals shall be to identify: a) the interactions between these two systems; b) whether their policies on denialism may be better portrayed in terms of contrast or mutual support; c) the legal nature and content of the obligations originating for the Member States; d) whether a Europe-wide criminal prohibition on denialism appears likely to occur, whether it would be desirable and, if so, under which conditions.
TROMBETTI, OLGA. « L'UNIFORMAZIONE DEL DIRITTO PRIVATO EUROPEO : IL PROBLEMA DEI PRINCIPI GENERALI, CON PARTICOLARE RIGUARDO AL SISTEMA GIURIDICO ARGENTINO ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/217945.
Texte intégralThe thesis analyzes the general principles of European private law elaborated in the uniformization projects of European contract law such as the Proposal for a Regulation on a Common European Sales Law, the Draft Common Frame of Reference, the Code Européen des Contrats. The purpose of the analysis is to check if these principles, as common values of European legal systems, are in compliance with the policies and structural choices adopted by UE Institutions. The analysis is carried out comparing: - the Proposal for a Regulation on a Common European Sales Law - (hereinafter CESL), presented by the European Commission to the European Parliament and the Council with the Communication of 11th October 2011 n. 635; - the Draft Common Frame of Reference, presented between 2008 and 2009 by a networks of experts appointed by the European Commission to draw up a toolbox and a frame of reference containing principles, definitions and model rules of European contract law; - the Code Européen des Contrats, presented by the Academy of European Private Lawyers. The project should to be applied to B2B contracts, to C2C contracts and to B2C contracts. The Code’s peculiarity is that the harmonization is not based on vague and undetermined principles, but rather on the use of a legislative type technique which allows for proposing clear, determined rules. Specific principles, such as freedom of contract, good faith and fairness, cooperation are analyzed. The freedom of contract, strictly connected with the optional nature of Proposal of the CESL, is the basic principle of the parties choice to determine the regulatory instrument of their contract. The same principle is also laid down in the Code Européen des Contrats art. 2 and in art. II.-1: 102 DCFR. The parties can determine the content of the contract, or exercise their freedom to allow a third party to determine the content or they can choose to direct the effects of the contract to a person not involved in it. Between general principles of European contract law detects the good faith, and its corollary the transparency of the contractual content, fundamental rule of the acquis communautaire. In the Code Europèen des Contrats, the general principles of fairness is established by the art. 6, on the precontractual duties. The duty to disclose, governed by art. 7, is applied during the negotiations but even after the conclusion of the contract. The same principles is established by art. I.-1:103, Book I, DCFR, where good faith and fairness are conduct standard characterized by honesty, clarity and consideration of the interests of the other party in the contractual relationship. The duty of good faith is established by the DCFR, in Chapter 3, Book II, "Marketing and pre-contractual duties" with regard to individual negotiations, and in Section 4 of Chapter 9, Book II, with regard to the unfair terms. The CESL introduces the general principle of good faith with its art. 2, setting specific application in precontractual duties in Part II, Chapter 2, about «Precontractual information». Particular attention should have the cooperation, established by art. 3 of the CESL and by art. III.-1104 of the DCFR. The check of effectiveness of general principles is aimed to allow a teleological interpretation of the set of rules, in which they are incorporated. It’s necessary clarify if, in addition to the purpose of improving the conditions for the establishment of the internal market, is possible to comply - on the basis of a solidarity inspired by a social justice criteria - also the needs of protect for the weak subjects of internal market. In this sense, the concept of the general principle is associated, in European contract law, to the concept of fundamental right, as well as in the Draft Common Frame of Reference, where is possible to find a specific chapter of Book II on right / principle of non-discrimination. Finally, the thesis examines the central question of the current legislature, that is how to create a direct link between the principles of contract law and fundamental rights, as referred to by the European Charter of Fundamental Rights. The academics highlight three possibilities: a) a direct reference, without the explicit reproduction of them; b) interpretation / application of the texts of European private law in the light of these principles as laid down in the European Charter of Fundamental Rights; c) qualification of fundamental principles as mandatory rules, necessarily to be applied.The analysis will be deepened by reflection on the recent project of argentine civil and commercial code, presented in March 2012. The idea offered by the mentioned project is of particular interest in view of the unification process currently in South America, only in some respects similar to the European one.
Vitale, Simona. « L’armonizzazione europea nella lotta al riciclaggio : un’indagine sullo spazio riservato ai diritti e ai principi del diritto penale ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2019. http://hdl.handle.net/10447/374691.
Texte intégralFACCO, JAVIER HUMBERTO. « Modulaciones operativas de la buena fe en el sistema jurídico romanista ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/201921.
Texte intégralThis research, in the first place, aims to describe critically the developments of good faith, in some contractual functions, sometimes as a simple fides in a the archaic Roman Law, sometimes as bona fides (after the procedural and technical specification of the notion). The investigation also includes the most significant manifestations of good faith during the medieval and modern law until the great codifications in Latin American and Europe (XIX-XX centuries). Also, it examines current trends of the principle of good faith, from the analysis of projects of harmonization in the contract law field (so-called Lando, Pavia, UNIDROIT, etc.). The perspective that guides the research seeks to highlight the roles that the good faith has played during the different periods. So, from a functional point of view, it is possible to distinguish two main roles of good faith: a) as the limit and corrective standard of negotiation actions, when the parties breach the duties of loyalty which is the basic principle in the contract law; b) as a principle that serves to integration of the contract leant to enrich its effects, filling in gaps that may impede the full realization of the objective pursued by the parties. The comparative-historical methodology used does not drain away in diachronic and synchronic study of good faith, but it allows to take into effect the most appropriate solutions and suitable to meet the needs of justice. Moreover, as all of these solutions are present, explicitly or implicitly, in the whole experience of Roman Law System, the work of the jurists is to study and select them with attention. In this sense, after evaluating the final conclusions of this research, it includes by an executive summary prepared with the intention of making a small contribution to the current harmonization in the contract law field in Latin America.
PUGLISI, GIUSEPPE. « Legalità convenzionale e crimini internazionali. Contributo allo studio della clausola di Norimberga ». Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11570/3146768.
Texte intégralFACHIN, STEFANO. « Il diritto nella prospettiva della Scuola di Marburgo. Principi, relazione, atti ». Doctoral thesis, 2022. https://hdl.handle.net/11573/1662732.
Texte intégralGUIDI, Arianna. « Il reato a concorso necessario improprio ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251080.
Texte intégral