Littérature scientifique sur le sujet « Primo emendamento usa »

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Articles de revues sur le sujet "Primo emendamento usa"

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Pagotto, Tania. « Il motto statunitense “In God We Trust” alla luce della storia e della tradizione del Primo emendamento ». Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 13 novembre 2022. http://dx.doi.org/10.54103/1971-8543/19002.

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Résumé :
SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. Il Primo emendamento e le garanzie gemelle dell’Establishment Clause e del Free Exercise Clause: una panoramica ricostruttiva - 2.1. I tre principali test utilizzati dalla Corte in sede di judicial review e basati sul Primo emendamento: il Lemon test, l’Endorsement test e il Coercion test - 2.2. La recente sentenza Kennedy v. Bremerton School Dist. del 27 luglio 2022: l’abbandono (definitivo) del Lemon test in favore del criterio ermeneutico orientato alla “history and tradition” - 3. Le origini e la mobilitazione politica del motto degli Stati Uniti d’America - 3.1. Il XVIII secolo, la Rivoluzione americana e la diffusione del motto “E Pluribus Unum” - 3.2. Il XIX secolo e la Guerra Civile: la giustapposizione di “In God We Trust” accanto a “E Pluribus Unum” - 3.3. Il XX secolo e la Guerra fredda: “In God We Trust” diventa (l’unico) motto nazionale - 3.4. I diversi usi del motto nazionale lungo il dispiegarsi della storia - 4. Le caratteristiche dell’American civil religion e le sue ambivalenze - 5. Il motto nazionale in alcuni significativi obiter della Corte suprema: il deismo cerimoniale e le sue critiche - 5.1. Il deismo cerimoniale in alcune pronunce della Corte suprema - 5.2. Le riflessioni (preoccupate) della dottrina - 6. Riflessioni conclusive e spunti di comparazione - 6.1. L’uso della storia e della cultura nell’ordinamento italiano: cenni di comparazione sull’insegnamento della religione cattolica e sull’esposizione del crocifisso a scuola - 6.2. L’altro verso dell’American civil religion: ideologia e populismo. The U.S. motto "In God We Trust" in light of the history and tradition “of the First Amendment ABSTRACT: This essay reflects upon the U.S. national motto “In God We Trust” and religious liberty. It describes the birth and the life of the U.S. national motto from an historical and a normative perspective, and in relation with three crucial events that forged the United States’ historical conscience: the American Revolution, the Civil War, and the Cold War. It highlights how the motto has embraced different purposes and meanings, as well as attained varying levels of religiosity. After having introduced the main features of American civil religion, the paper pays attention to the various obiter that the Supreme Court has offered about the constitutionality of this symbol. The conclusions focus on two aspects: a brief comparison with the Italian legal system, which underlines the existing similarities between the “history and tradition” argument fostered by the U.S. Supreme Court and the appeal to the “historical heritage” and the “religious culture” that can be found in the Italian legal and political debates on the display of the crucifix in the classroom and the teaching of the Catholic religion. Secondly, they reflect about the ideological and illiberal turn that the American civil religion may take.
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Casini, Carlo. « VII Programma quadro europeo di ricerca : la questione etico-giuridica delle cellule staminali ». Medicina e Morale 55, no 4 (30 août 2006). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2006.347.

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Résumé :
Il contributo esamina la recente e complessa vicenda europea relativa al finanziamento comunitario della ricerca su cellule staminali embrionali. La particolarità della questione è che tale ricerca verrebbe svolta nei Paesi che la consentono anche con gli incentivi economici dei Paesi che la vietano (come per esempio l’Italia). Com’è noto, la questione è legata a due episodi in stretta relazione reciproca: da un lato l’avvio delle procedure per l’approvazione del VII Programma Quadro (VII PQ) di azioni comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007- 2013); dall’altro il ritiro arbitrario da parte del Ministro per l’Università e la Ricerca, on. Fabio Mussi, dell’adesione italiana alla c.d. “dichiarazione etica” contraria all’uso di cellule staminali embrionali. Il VII PQ dell’Unione Europea, rappresenta lo strumento più importante per la realizzazione dello “spazio europeo della ricerca”, processo già avviato con il VI PQ con l’obiettivo di rafforzare la competitività scientifica dell’Europa. Articolato in quattro programmi specifici (cooperazione, idee, persone, capacità), che corrispondono ad altrettanti obiettivi fondamentali della politica europea di ricerca, il VII PQ è frutto dell’azione coordinata di tre grandi organismi: la Commissione europea, il Parlamento Europeo e il Consiglio dei Ministri competenti per materia. Al fine di rendere più comprensibili – nel contesto europeo – i termini in cui si è posta la questione del finanziamento della ricerca utilizzante le cellule staminali embrionali, l’articolo si sofferma sia su alcuni profili di carattere tecnico sia sulla storia del precedente programma quadro, conclusosi con una moratoria circa la ricerca basata sull’impiego di embrioni umani e di cellule staminali embrionali. Questa volta il confronto serrato è avvenuto, in seno al Parlamento europeo, tra tre diverse posizioni: quella espressa dall’“emendamento Gargani” (divieto assoluto di distruzione di embrioni umani); quella espressa dall’“emendamento Niebler” (limitazione della ricerca alle linee di cellule staminali embrionali create prima del 31 dicembre 2003), quella espressa dalla Commissione industria (ITRE) del Parlamento europeo (finanziamento della ricerca sull’uso di cellule staminali umane anche allo stadio embrionale). Nonostante il voto del 15 giugno con cui il Parlamento europeo ha approvato la proposta più permissiva, l’Autore dimostra – numeri alla mano – che in realtà la preferenza del Parlamento europeo è per il diniego dell’incentivo economico per la distruzione di embrioni umani. Di qui una serie di considerazioni che toccano anche il paragrafo 73 dell’Enciclica Evangelium Vitae e la frettolosa e solitaria decisione del Ministro Mussi. Nonostante tutto, resta l’auspicio che l’Italia nell’Unione Europea non si lasci condizionare da un complesso d’inferiorità, ma anzi, avverta la sua funzione di motore nella costruzione di un’Europa cementata dall’idea della dignità umana e dei diritti umani. ---------- This contribute examines the recent European vicissitude of the communitarian financing on stem cells research. Such research would take place in Countries that allow it, also with the economic incentives of Countries that prohibit it (Italy, for example). The issue is tied up to two events closely connected: 1. starting procedures for the approval of the 7th Framework Program (FP7), Building the Europe of Knowledge (2007-2013); 2. the arbitrary withdrawal of the Italian adhesion to the “ethical declaration” against the use of embryo stem cells, by Italian Minister of University and Research, Fabio Mussi. FP7 represents the most important instrument in order to realize “an European space of research” which has been already started with the 6th Framework. The new Program identifies four main objectives (cooperation, ideas, people and capacities), which correspond to the four main specific programmes around which the European research effort is to be structured. In order to make the financing embryo research question more comprehensive, the paper takes into account technical questions and part of the Framework Program’s background, including moratorium on embryonic stem cells-based research. In such issue the comparison took place between three different positions: “Gargani amendment” (absolute prohibition to destroy human embryo); “Niebler amendment” (limiting research to embryo stem cells line created before December 2003); the position of the Committee of Industry, Research and Energy (ITRE) (financing research of human stem cells including the embryonic stage). In spite of the approval, coming from the European Parliament on last June, of the most permissive proposal, the Author demonstrates that in reality the preference of the European Parliament was for the refusal of the economic incentive. In spite of everything, the auspice is that Italy – inside the European Union – doesn’t let itself carry away because of an inferiority complex, but indeed, it perceives its function as mover in the construction of Europe, cemented on the idea of human dignity and human rights.
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Persano, Fabio. « Evoluzione della giurisprudenza costituzionale statunitense in materia d’aborto (II) ». Medicina e Morale 60, no 5 (30 octobre 2011). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2011.157.

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Résumé :
Negli Stati Uniti il dibattito sull’aborto è sempre un tema molto caldo. Questo saggio, diviso in due parti (la prima parte è stata pubblicata sul precedente numero della rivista) prova a ripercorrere l’evoluzione della giurisprudenza costituzionale statunitense in materia d’aborto, evidenziando i cambiamenti che ciascuna decisione ha apportato al quadro giuridico precedente. In questa seconda parte, la dissertazione sui singoli casi giurisprudenziali decisi dalla Suprema Corte prosegue con il caso Planned Parenthood v. Casey. Esso è stato una vera occasione mancata nella storia dell’aborto negli Stati Uniti, perchè venne sfiorata la overrule di Roe v. Wade. Ciononostante, venne sostanzialmente confermato l’impianto delle decisioni precedenti, in considerazione del fatto che una decisione contraria all’aborto avrebbe spiazzato un popolo che per decenni aveva organizzato la propria vita in funzione anche della possibilità di abortire. Con questa decisione si distinse la gravidanza in due periodi: quello della pre-viabilità, in cui la donna era completamente libera di abortire in accordo col medico; quello della post-viabilità, in cui gli Stati avrebbero potuto legiferare, pur dovendo consentire l’aborto nel caso di pericolo per la vita o la salute della madre. Inoltre il diritto d’aborto venne radicato nella libertà riconosciuta nel XIV Emendamento della Costituzione. Nel successivo caso Stenberg v. Carhart fu oggetto di giudizio l’aborto a nascita parziale: una legge del Nebraska aveva bandito questa pratica, ma la legge fu annullata dalla Corte Suprema, nonostante il duro dissenso di ben quattro giudici, fra cui Anthony Kennedy. Successivamente a questa decisione, il Congresso prese l’iniziativa di emanare il Partial Birth Abortion Ban Act. Questa legge fu impugnata in via d’azione davanti alla Corte Suprema e ne scaturì la sentenza Gonzalez v. Carhart. In questa decisione la Corte fece un passo indietro rispetto a Stenberg, affermò la legittimità del bando, sostenne che l’aborto a nascita parziale non è mai necessario per tutelare la vita della donna e che Stenberg era fondato su convinzioni erronee sul punto. Il saggio si conclude con delle interessanti considerazioni in merito ai possibili sviluppi futuri circa il tema dell’aborto negli Stati Uniti, auspica la “liberalizzazione del diritto alla vita” ed avanza una originale proposta, valida per tutti i Paesi in cui l’aborto è legalizzato. ---------- Abortion debate is always a hot subject in the United States. This essay, divided into two parts (the first part has been published on the previous issue of this review) tries to go along the development of U.S. constitutional caselaw about abortion, pointing out the change that each judgement caused to the previous law framework. In this second part, the dissertation about U.S. Supreme Court single case-law goes on by Planned Parenthood v. Casey. It was a real missed occasion in the abortion affair in the United States, because it was on the verge of overruling Roe v. Wade. However, the framework of the previous cases was substantially confirmed, considering that a decision against abortion would place out people who for a long time organized their own life in connection to the right of abortion. By this judgement, pregnancy was divided into two periods: pre-viability, when woman was completely free to have an abortion in agreement with her doctor; post-viability, when States could restrict abortion, except for woman life or health risks. Moreover, abortion right was founded on liberty, acknowledged by XIV Amendement. In the following case Gonzalez v. Carhart, partial-birth abortion was judged: a statute of Nebraska banned this activity, but it was stroked down by Supreme Court, despite of the dissenting opinion of four judges (Anthony Kennedy was one of them). After this judgement, the Congress wanted to issue Partial Birth Abortion Ban Act. This statute was pre-enforcement challenged to the Supreme Court, and Gonzalez v. Carhart was poured. In this judgment, the Court drew back Stenberg, it stated the ban was legitimate, partial-birth abortion never is necessary to safeguard woman health, and Stenberg was founded on wrong beliefs on this matter. This essay concludes with interesting considerations about possible developments about abortion affair in the United States, wishes “liberty of right to life” and proposes a solution for all the countries where abortion is legal.
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Thèses sur le sujet "Primo emendamento usa"

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PALANDRI, LUCREZIA. « Giudicare l'arte. Arte e libertà nella giurisprudenza della Corte Suprema degli Stati Uniti ». Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/2158/989211.

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Résumé :
Il tentativo di conciliare l’indagine sulla libertà di espressione artistica con il metodo costituzionale comparato mi ha portato alla scelta di concentrarmi sullo sviluppo giurisprudenziale di tale diritto nel contesto della Corte Suprema degli Stati Uniti, seguendo in particolare l’evoluzione definitoria del concetto di arte e dei suoi limiti, insieme alla conseguente variazione del livello di tutela della sua libertà. L’annoso dibattito che ruota attorno alla domanda “cosa è arte?” imperversa da secoli tra studiosi di filosofia, estetica, storia e critica dell’arte. Il lavoro di tesi cerca di mettere in luce come questa stessa domanda non resti confinata nei suddetti campi, ma si ritrovi scritta anche in diversi ambiti del diritto, nonostante arte e diritto vengano tradizionalmente ed intuitivamente ritenuti terreni inconciliabili. Il Capitolo I parte da questa considerazione per inquadrare in via generale il problema della definizione di un concetto giuridico di arte, preparando così il terreno per l’analisi giurisprudenziale dei due capitoli successivi. Concentrandomi, infatti, sull’approccio dei giudici alla domanda “cosa è arte”, preliminare alla risoluzione di controversie in materia di libertà artistica, l’intento sarà quello di mostrare quanto questo modus operandi possa essere funzionale ad una indagine non tanto sul fenomeno artistico quanto sul ruolo stesso dei giudici. Usando come parametri di riferimento i metodi di interpretazione giudiziale e le teorie interpretative costituzionali – oltre ad un terzo parametro di tipo trasversale che è l’unicità della materia in esame –, i Capitoli II e III affrontano il problema della definizione di arte ai fini della tutela del Primo Emendamento ed analizzano, rispettivamente, i casi in cui i giudici cercano di dare una risposta alla domanda “cosa è arte?”, ed i casi, molto più frequenti, in cui i giudici decidono “cosa non è arte”, entrambi valutando l’esistenza e la solidità di argomentazioni e criteri decisori forniti dalla Corte nelle sue opinioni. Il proposito, dunque, non è affatto quello di trovare una volta per tutte la definizione di arte o di sostenere l’assurda pretesa che i giudici sarebbero in grado di risolvere eterni dilemmi artistici. Piuttosto il fine vuole essere quello di dimostrare che i casi in cui i giudici devono decidere se un oggetto costituisce o meno un’opera d’arte possono rivelare molto di più sulla natura del giudicare piuttosto che sulla natura dell’arte. Nell’ultimo Capitolo, il IV, accennerò anche ad alcuni elementi di confronto tra l’esperienza della Corte Suprema degli Stati Uniti e quella della Corte europea dei diritti dell’uomo, nel momento in cui si trovano a dover decidere sulla definizione del concetto di arte e della sua libertà.
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Livres sur le sujet "Primo emendamento usa"

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Tassinari, Davide. Nemo tenetur se detegere. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg263.

Texte intégral
Résumé :
Il tema dei profili sostanziali del nemo tenetur se detegere è stato di rado analizzato dalla letteratura penalistica italiana, che se ne è occupata in pochi – ma assai pregevoli – studi. La possibile valenza del principio quale causa di non punibilità, operante al di fuori dell’angusto ambito segnato dall’art. 384 c.p., è stata, a seconda dei diversi punti di vista, tout court esclusa, ovvero ricondotta all’ambito dell’antigiuridicità penale, ovvero ancora al discusso contesto della inesigibilità. La problematica viene affrontata attraverso un’analisi del principio, estesa ai suoi profili storici e filosofici, nei sistemi di common law, ove esso è stato per la prima volta affermato ed ha altresì trovato un espresso riconoscimento nel quinto Emendamento della Costituzione statunitense. Lo studio di diritto comparato assume un ruolo centrale per la ricostruzione della struttura e dei contenuti del se detegere anche nell’ordinamento italiano. In particolare, il principio si rivela connotato da una duplice valenza, oggettiva e soggettiva, al contempo valore dell’ordinamento e prerogativa individuale, e perciò interagisce con i diversi livelli della struttura del reato: tipicità, antigiuridicità e colpevolezza. Nell’ambito dell’antigiuridicità, il suo modus operandi viene ricostruito mediante un’innovativa analisi dei problemi (di fatto lasciati irrisolti dal dibattito dottrinale del nostro Paese) del bilanciamento di interessi e del concorso di persone nel reato; nel contesto della colpevolezza, per contro, emergono i profili umanistici del se detegere, ed esso non viene in considerazione quale diritto, ma assume una fisionomia ribelle e anarchica, dominata dall’impulso del reo alla ricerca dell’impunità.
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