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Thèses sur le sujet « Prima metà del XIV secolo »

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Mazzocchi, Eleonora. « Territori della Riforma : pittura a Roma nella prima metà del XII secolo ». Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2006. http://hdl.handle.net/11384/85761.

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Résumé :
From the introduction: Il cuore della tesi [...] è il tentativo di offrire una rilettura della cosiddetta seconda età della Riforma Gregoriana, attraverso il riesame di alcune testimonianze pittoriche meno indagate. Fra queste si collocano in primo piano le pitture del sacella della basilica dei Ss. Bonifacio ed Alessio [...]. Partendo da un'analisi storica della città di Roma nel XII secolo, attraversata dai continui conflitti tra il Papato e l'Impero approdati ad una prima soluzione con il Concordato di Worms del 1122, ho indagato, alla luce dei nuovi contributi storici, il ruolo dei monasteri, evidenziandone le particolarità rispetto alle altre città italiane e la presenza attiva nella vita politica e culturale [...]. A ciò ha fatto seguito una'analisi della basilica di San Benedetto in Piscinula, con una ricostruzione della sua storia attraverso la documentazione rintracciata in archivi romani, per giungere al cuore del discorso, le pitture del ciclo testamentario [...].
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Malagnini, Francesca. « Mondo narrato e mondo commentato : studi sul Decameron e la prosa toscana tra la seconda metà del XIII secolo e la prima metà del XIV ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2001. http://hdl.handle.net/10579/194.

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3

Trevisan, Eugenio <1971&gt. « Criminalità e giustizia nel Padovano sud occidentale nella prima metà del secolo XIX ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/20751.

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Résumé :
Il presente lavoro di ricerca prende in esame alcuni momenti emergenziali sul versante della criminalità e della relativa risposta giudiziaria che interessarono il basso Padovano sud occidentale nella prima metà del secolo XIX. La caduta della Repubblica di Venezia e le successive conseguenze determinatesi a seguito del conflitto tra Francia ed Austria ebbero riflessi significativi sul versante socio economico e sulle condizioni di vita di larghi strati della popolazione. Ciò determinò un primo “momento” emergenziale sul versante giudiziario con le cosiddette “insorgenze” del 1809, alle quali le autorità francesi risposero con estrema risolutezza. Un secondo “momento” emergenziale si concretizzò tra la fine degli anni ’40 e i primi anni ’50 del secolo con il proliferare di bande armate dedite a rapine e violenze alle quali le autorità austriache risposero con l’istituzione di una Commissione militare con sede in Este e con l’applicazione di una procedura straordinaria per la punizione di tali crimini, così come indicato nel proclama del feldmaresciallo Radetzky del marzo 1849. Il presente lavoro analizza inoltre una serie di denunce coeve relative a furti notturni e campestri presentate alle congregazioni municipali di Este e di Montagnana per i quali non vennero identificati gli autori che rappresentano tuttavia un ulteriore elemento di analisi della diffusione della macro e micro criminalità per questo periodo. A conclusione verranno posti in relazione questi fenomeni emergenziali con il movimento della Boje, che interessò anche il basso Padovano nella seconda metà del secolo, individuandone similitudini o discrepanze.
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Fabris, N'Ai' <1987&gt. « "Le esposizioni d’arte a Udine tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo" ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14605.

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Résumé :
L’elaborato prevede lo studio delle attività espositive a Udine a cavallo tra il XIX e il XX secolo e precisamente dal 1853 al 1951, prendendo in considerazione una trentina di mostre d’arte analizzate attraverso i relativi cataloghi e periodici dell’epoca. L’indagine coinvolge gli artisti più importanti di questo periodo di passaggio ed ha lo scopo di tracciare una storia dell’arte contemporanea a Udine. A partire quindi dalla Prima esposizione delle belle arti in Udine svoltasi nel 1853 in cui si nota una forte restrizione ai temi ed agli stili accademici espressi dagli artisti Michelangelo Grigoletti, Filippo Giuseppini e Giuseppe Malignani, si passa gradualmente ad una apertura verso nuove forme artistiche, anche grazie al collegamento della realtà udinese verso i maggiori avvenimenti artistici italiani quali la Biennale d’Arte di Venezia e la Quadriennale Nazionale di Roma. Le nuove tendenze trovano la loro affermazione alla I Mostra della Scuola Friulana d’Avanguardia del 1928, organizzata dal giovane gruppo composto da Dino, Mirko e Afro Basaldella, accompagnati da Angilotto Ermacora Modotto e Alessandro Filipponi. Il percorso attraversa gli anni tra le due guerre con le prolifiche mostre promosse dal Sindacato fascista artisti e professionisti, per concludersi con le mostre organizzate dal Circolo artistico friulano sostenitore del movimento neorealista conosciuto con il nome di Vicolo Florio e capeggiato da Giuseppe Zigaina.
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Cavalazzi, Marco <1981&gt. « La creazione del distretto comunale : Il caso di Reggio Emilia (XII-prima metà XIII secolo) ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7004/1/Cavalazzi_Marco_tesi.pdf.

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Résumé :
L’oggetto della ricerca è stato il processo di creazione del distretto del Comune di Reggio Emilia tra il XII e l’inizio del XIII secolo, di cui sono stati analizzati diversi aspetti salienti, così come emergono in primo luogo dall’analisi del liber iurium reggiano, il Liber grossus antiquus. L’elaborato è suddiviso in due parti. Nella prima parte si è cercato di ricostruire le vicende, i legami e il patrimonio delle famiglie rurali reggiane nel corso del XII secolo in particolare e gli aspetti caratteristici del Comune cittadino nella sua fase iniziale. Nella seconda parte ci si è concentrati sull’analisi dei caratteri più rilevanti del processo di creazione del distretto comunale reggiano: il rapporto tra i signori del contado, i Comuni rurali e il Comune urbano; la difesa e l’incremento dei Communia cittadini; la fondazione di borghi franchi e nuovi. Il Comune di Reggio Emilia tentò di annettere l’intero territorio diocesano al distretto cittadino, non riuscendoci completamente e adottando una politica territoriale diversificata a seconda dei caratteri delle zone controllate.
The object of the research has been the process of creation of the Reggio Emilia Commune district between the twelfth and early thirteenth century, of which several important aspects have been analyzed, as they emerged in particular from the analysis of the Reggio liber iurium, the Liber grossus antiquus. The study is divided into two parts. The first, in which we tried to reconstruct the events, the feudal links and the possessions of rural families of Reggiano (in particular during the twelfth century) and the characteristic aspects of the urban Commune in its first phase. The second, in which the focus was the analysis of the most important characters of the process of creation of Reggio Emilia Commune district: the relationship between the lords of the contado, the rural Communes and the urban one; the defense and the increase of city Communia; the creation of “borghi franchi” and “borghi nuovi”. The Commune of Reggio Emilia tried to annex the entire diocesan territory to the city district, adopting a different territorial policy in base of the characters of the controlled areas.
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Cavalazzi, Marco <1981&gt. « La creazione del distretto comunale : Il caso di Reggio Emilia (XII-prima metà XIII secolo) ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7004/.

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Résumé :
L’oggetto della ricerca è stato il processo di creazione del distretto del Comune di Reggio Emilia tra il XII e l’inizio del XIII secolo, di cui sono stati analizzati diversi aspetti salienti, così come emergono in primo luogo dall’analisi del liber iurium reggiano, il Liber grossus antiquus. L’elaborato è suddiviso in due parti. Nella prima parte si è cercato di ricostruire le vicende, i legami e il patrimonio delle famiglie rurali reggiane nel corso del XII secolo in particolare e gli aspetti caratteristici del Comune cittadino nella sua fase iniziale. Nella seconda parte ci si è concentrati sull’analisi dei caratteri più rilevanti del processo di creazione del distretto comunale reggiano: il rapporto tra i signori del contado, i Comuni rurali e il Comune urbano; la difesa e l’incremento dei Communia cittadini; la fondazione di borghi franchi e nuovi. Il Comune di Reggio Emilia tentò di annettere l’intero territorio diocesano al distretto cittadino, non riuscendoci completamente e adottando una politica territoriale diversificata a seconda dei caratteri delle zone controllate.
The object of the research has been the process of creation of the Reggio Emilia Commune district between the twelfth and early thirteenth century, of which several important aspects have been analyzed, as they emerged in particular from the analysis of the Reggio liber iurium, the Liber grossus antiquus. The study is divided into two parts. The first, in which we tried to reconstruct the events, the feudal links and the possessions of rural families of Reggiano (in particular during the twelfth century) and the characteristic aspects of the urban Commune in its first phase. The second, in which the focus was the analysis of the most important characters of the process of creation of Reggio Emilia Commune district: the relationship between the lords of the contado, the rural Communes and the urban one; the defense and the increase of city Communia; the creation of “borghi franchi” and “borghi nuovi”. The Commune of Reggio Emilia tried to annex the entire diocesan territory to the city district, adopting a different territorial policy in base of the characters of the controlled areas.
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Rapisarda, Emanuele. « Vincenzo Tedeschi Paternò Castello (1786-1858). Un cieco nella Sicilia della prima metà del XIX secolo ». Doctoral thesis, Università di Catania, 2014. http://hdl.handle.net/10761/1617.

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Résumé :
Con il presente lavoro abbiamo cercato di ricostruire e contestualizzare, attraverso anche il reperimento di materiale archivistico e bibliografico inedito, la figura dell intellettuale siciliano non vedente Vincenzo Tedeschi Paternò Castello (1786-1858). La tesi è articolata in tre capitoli. Il primo è dedicato a una presentazione generale della vita e delle opere di Vincenzo Tedeschi Paternò Castello, come pure del contesto storico italiano ed europeo nel quale il nostro visse ed operò. Il secondo capitolo ripercorre le tappe della travagliata carriera universitaria e il percorso scientifico di uno studioso aperto a quasi tutte le branche del sapere (dal diritto naturale alla filosofia, dall anatomia alla fisica e alla matematica). Nel terzo capitolo, infine, si ricostruisce il coinvolgimento di Tedeschi nell attività politica e amministrativa catanese. Conclude il lavoro una Bibliografia ragionata nella quale sono riportate le fonti a stampa e i manoscritti (per lo più inediti, reperiti soprattutto presso l Archivio di Stato di Catania e l Archivio Storico dell Università di Catania); gli scritti di Vincenzo Tedeschi Paternò Castello e, infine, l elenco dei testi di carattere generale e metodologico.
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8

CANDIANI, STEFANO. « IL MAESTRO DEL 'PANTHEON' E LA SUA BOTTEGA A MILANO NELLA CULTURA FIGURATIVA LOMBARDA DELLA PRIMA META' DEL XIV SECOLO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2019. http://hdl.handle.net/10280/119345.

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Résumé :
La tesi è articolata in quattro capitoli. Nel primo si è ripercorso lo status questionis e la fortuna critica del Maestro del "Pantheon" e della sua bottega: tale artista, infatti, è noto agli studi già da un secolo. Si sono pertanto enumerati i diversi interventi degli studiosi, soffermandosi sui principali, esponendoli criticarmene e provvedendo a sfrondare le ipotesi oggigiorno meno praticabili. Nel secondo capitolo si è data voce ad un’analisi del codice Lat. 4895 (Parigi, Bibliothèque nationale de France), mostrando le specificità sia del miniatore bolognese, attivo nei primi fogli, sia del Maestro del "Pantheon", attivo nella restante parte delle carte. Nel terzo capitolo si sono analizzati i codici attribuibili alla bottega del Maestro del "Pantheon", collocati cronologicamente nel quarto decennio del XIV secolo, nonché sono stati presi in considerazione i volumi commissionati da Bruzio Visconti, il quale fu prolifico mecenate di manoscritti miniati tra quarto e quinto decennio del XIV secolo. Nel quarto capitolo, infine, si sono voluti mostrare i collegamenti fra il Maestro del "Pantheon" e la cultura figurativa lombarda della prima metà del secolo; facendo anche emergere la figura di Giovami Visconti, arcivescovo di Milano, quale committente e possessore di codici.
The thesis is divided into four chapters. The first traces the status questionis and the critical fortune of the Master of the "Pantheon" and of his workshop: this artist, in fact, has been known for a century. Therefore, the various interventions of the scholars have been enumerated, focusing on the main ones, exposing them, criticize them and removing the hypotheses that are less probable today. In the second chapter, was provided an analysis of the ms. Lat. 4895 (Paris, Bibliothèque nationale de France), showing the specific characteristics firstly of the Bolognese illuminator, active in the first leaves, and secondly of the Master of the "Pantheon", active in the remaining leaves. The third chapter analyzes the codes attributable to the workshop of the Master of the "Pantheon", placed chronologically in the fourth decade of the fourteenth century, as well as the volumes commissioned by Bruzio Visconti, who was a prolific patron of illuminated manuscripts between the fourth and fifth decade of the fourteenth century. Finally, in the fourth chapter, is showed the connections between the Master of the "Pantheon" and the Lombard figurative culture of the first half of the century; also bringing out the figure of Giovami Visconti, archbishop of Milan, as patron and owner of manuscripts.
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Rapisarda, Emanuele. « Vincenzo Tedeschi Paternò Castello (1786-1858) : un aveugle dans la Sicile de la première moitié du XIX siècle : n cieco nella Sicilia della prima metà del XIX secolo ». Paris, EHESS, 2014. http://www.theses.fr/2014EHES0026.

Texte intégral
Résumé :
La thèse essaye de reconstruire, aussi à travers du matériel archivistique et bibliographique inédite, la figure de l’intellectuel aveugle sicilien Vincenzo Tedeschi Paternò Castello (1786-1858), philosophe et professeur de l’Université de Catane. La structure de la thèse est divisé en trois chapitres. Le premier est dédié à une présentation générale de la vie et des oeuvres de Vincenzo Tedeschi Paternò Castello, et aussi du contexte historique où il vécut et opéra. Les tristes vicissitudes personnelles (de la maladie aux yeux jusqu’au massacre de sa famille dans le 1849), les « batailles » (des “peinés” concours universitaires jusqu’aux actions de défense du port de Catane), les études et les recherches d’un seul homme sont ainsi insérés dans un plus vaste cadre historique caractérisé par le difficile passage de l’Ancien Régime au monde contemporaine. Le deuxième chapitre déroule les étapes de la carrière universitaire commencée avec un concours universitaire tourmenté pour la chaire de Physique et finie avec la nomination comme professeur de Métaphysique (un événement où la cécité eut un rôle déterminant) et le parcours scientifique d’un érudit ouvert à presque toutes les branches de la connaissance. Dans le troisième chapitre, enfin, on revit l’implication de Tedeschi Paternò Castello dans l’activité politique et administrative de Catane. La thèse termine avec une Bibliographie raisonnée dans laquelle on a indiqué aussi les sources et les manuscrits (surtout inédits, trouvés dans l’Archive d’Etat de Catane et l’Archive historique de l’Université de Catane ) et les écrits de Vincenzo Tedeschi Paternò Castello
The thesis tries to reconstruct, also through archival and bibliographical unpublished material, the figure of the blind sicilian intellectual Vincenzo Tedeschi Paternò Castello (1786-1858), philosopher and professor at the University of Catania. The structure of the thesis is divided into three chapters. The first is dedicated to an overview of the life and works of Vincenzo Tedeschi Paternò Castello Tedeschi, and also of the historical context in which he lived and worked. The second chapter analyzes the troubleds steps of his academic career, from the participation tu the Call for Chair of Physics, to the nomination as Professor of Metaphysics (an event in which blindness had an important role). In the third chapter, finally, we reconstruct the involvement of Tedeschi Paternò Castello in the political and administrative activity. The thesis ends with a reasoned Bibliography in which are also indicated sources and manuscripts (mostly unpublished, found in the State Archive of Catania and the Historical Archive of the University of Catania) and books and articles of Vincenzo Tedeschi Paternò Castello
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Luppino, Angela. « Raffaele Gargiulo e la sua collezione di vasi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli : ricerche sul restauro dei vasi antichi nella prima metà del XIX secolo a Napoli : tecniche e materiali ». Thesis, Paris 10, 2017. http://www.theses.fr/2017PA100020.

Texte intégral
Résumé :
La recherche a analysé la figure éclectique de Raffaele Gargiulo, marchand d'antiquités célèbre en Europe, collectionneur, personnage complexe et controversé de l'histoire du Musée de Naples, dans le monde des Antiquités napolitaines de la première moitié du XIXème siècle. À partir de sa collection d’objets provenant de la Grande-Grèce; l'une des plus riches du Musée de Naples, et en examinant en particulier les vases peints, nous avons analysé ses méthodes de travail ainsi que ses techniques de restauration, les matériaux qu’il a utilisés et les choix qu’il a faits pour reconstruire et comprendre les critères qui ont guidé la pratique de la restauration des vases du musée Royal Bourbon dans la première moitié du XIXème siècle. La recherche a analysé les événements historiques qui ont conduit le Musée Royal à acheter l’intégralité de la collection de Raffaele Gargiulo et, en particulier, sa collection de vases. Le travail effectué est accompagné de documents d'archives qui illustrent les longues négociations concernant l'achat des matériaux, commencé en 1852 et achevé en 1855 et renseignent sur les tendances et les choix effectués par le Musée Royal de Naples en étroite collaboration avec la Commission des Antiquités et des Beaux-Arts. L’enquête a permis d’en savoir plus sur le restaurateur-marchand qu’était R. Gargiulo et sur les relations qu’il entretenait avec les personnes impliquées dans ces affaires. En partant des sources bibliographiques, des anciens inventaires et des documents d’archives, nous avons identifié les vases de la collection Gargiulo (environ 481 vases) et tous les “vases Gargiulo" achetés par le Musée de Naples. Nous avons compilé le catalogue des vases, en les classant par type de céramique et en rédigeant une fiche pour chacun d’eux. À travers le catalogage des vases, qui a permis la reconstruction de la collection, nous avons cherché à identifier et à mettre en évidence les goûts du collectionneur R. Gargiulo mais aussi des personnes impliquées dans les choix (ministre, directeur du Musée, experts), qui ont déterminé un certain style pour les collections du Musée de Naples
The research focuses on the eclectic figure of Raffaele Gargiulo, who was a dealer, an expert, a restorer, a collector, a controversial figure in the history of the Naples Museum and Neapolitan antiques market in the first half of the nineteenth century. Starting from his collection of antiquites, one of the richest coming from Magna Graecia and which arrived in the Naples Museum, we have primarily examined the vases and have tried to analyze the restoration methods, the materials used and the choices made to reconstruct the criteria that guided the practice of the vases restoration in the Royal Bourbon Museum in the first half of the nineteenth century. The research analyzes the historical events that led to the purchase, by the Museum, of Raffaele Gargiulo’s collection, focusing mainly on the study of the vases collection. The research, enriched by archival documentation aimed at illustrating the long negotiation in the acquisition of the objects, which began in 1852 and ended in 1855, has shown the judgements and the choices made by the Neapolitan Museum in cooperation with the Commissione di Antichità e Belle Arti. Furthermore, it has contributed to define the figure of the restorer-dealer Gargiulo and his relationship with the people interested in the deal. A combination of archival documentation, old inventories and surveys in the Museum’s stores has allowed us to identify the Gargiulo’s vases collection (about 481 vases) and all the "Gargiulo’s vases" in the Museum. The vases catalogue has been created, in order to classify them according to type of ceramic, with an individual file for each vase. Thanks to the catalogue, which has aimed to the reconstruction of the collection, we have been able to highlight the aspects related to the criteria and to the taste of the collector Gargiulo and of the figures involved (Minister, Director of the Museum, experts, etc.). They have all contributed to the enrichment of the collections of the Naples Museum through the variety of artifacts and provenance from different locations in the Naples Kingdom.The research has also investigated the figure of the restorer Gargiulo, his "career" and his activities at the «Officina dei Vasi Italo-greci» of the Naples Museum. The restoration methods have been analyzed on some vases that still preserve the ancient interventions, focusing on a comparative study between old photos and archival documentation
La ricerca ha analizzato l'eclettica figura di Raffaele Gargiulo, commerciante, abile restauratore, collezionista, figura controversa nella storia del Museo di Napoli e dell’antiquaria napoletana nella prima metà del XIX secolo. Partendo dalla sua collezione, una delle raccolte più ricche di materiali di provenienza magnogreca mai giunte nel Museo di Napoli, esaminando in particolare i vasi, si è cercato poi di analizzare i metodi di restauro, i materiali adoperati e le scelte attuate per ricostruire e comprendere i criteri che guidarono la pratica del restauro dei vasi del Museo Borbonico nella prima metà dell'Ottocento. La ricerca ha analizzato le vicende che hanno portato all’acquisizione da parte del Museo Borbonico della collezione di Gargiulo nella sua totalità e, in particolare, della collezione vascolare. Il lavoro, corredato da documenti archivistici volti ad illustrare la lunga trattativa nell'acquisizione dei materiali, iniziata nel 1852 e conclusa nel 1855, ha messo in evidenza le valutazioni, le tendenze e le scelte operate a Napoli presso il Museo in stretto rapporto con la Commissione di Antichità e Belle Arti e ha contribuito a delineare la figura del restauratore-commerciante Gargiulo e il suo rapporto con le figure che, più o meno appassionatamente, si interessarono alla vicenda.Sono stati individuati, sulla base delle fonti, degli antichi inventari e dei documenti archivistici, i vasi della collezione Gargiulo (481 vasi ca.) e tutti i “vasi Gargiulo” immessi nel Museo. Si è redatto il catalogo dei vasi, diviso per classi ceramiche e con la redazione di singole schede per ogni vaso. Attraverso il catalogo e quindi la ricostituzione della collezione, si sono potute individuare, nella sua varietà di classi ceramiche e di provenienze, gli aspetti relativi ai criteri e al gusto di Gargiulo e delle figure coinvolte (Ministro, Direttore del Museo, esperti, etc.) che hanno determinato anche una scelta di gusto e di rappresentatività per le collezioni del Museo di Napoli. La ricerca ha anche preso in esame la figura del restauratore Gargiulo, la sua “carriera” e la sua attività presso «l’Officina dei Vasi Italo-greci» del Museo di Napoli. Si sono esaminati i metodi di restauro su alcuni vasi che ancora conservano gli interventi antichi, anche attraverso uno studio comparativo tra le foto antiche e i documenti di archivio
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RICCOBONO, FEDERICO. « La pittura murale a Milano tra la seconda metà del XIII secolo e l'inizio del XIV secolo ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1352.

Texte intégral
Résumé :
Si tratta di studio sulla pittura murale milanese dalla seconda metà del Duecento all’inizio del Trecento; partendo dalle considerazioni di Pietro Toesca (1912), si analizzano i singoli affreschi cercando di inserirli all’interno di un omogeneo percorso cronologico e stilistico; per comprendere meglio quale aspetto avesse la pittura milanese prima dell’arrivo di Giotto a Milano, evidenziando somiglianze e differenze tra le varie cadenze stilistiche presenti in Milano. A questo scopo i singoli dipinti, presenti nei vari edifici religiosi, vengono studiati nel loro contesto architettonico per comprendere meglio la loro rilevanza artistica nella città.
This study on the mural painting in Milan in the second half of the thirteenth century at the beginning of the fourteenth century, starting from the considerations of PietroToesca (1912); we analyze the individual frescoes trying to put them in a consistent chronological and stylistic; to understand better what the painting looked like before the arrival of Giotto in Milan , highlighting similarities and differences between the many stylistic variations present in Milan. For this purpose the individual paintings in the various religious buildings, are studied in their architectural context to better understand their importance in the artistic city.
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RICCOBONO, FEDERICO. « La pittura murale a Milano tra la seconda metà del XIII secolo e l'inizio del XIV secolo ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1352.

Texte intégral
Résumé :
Si tratta di studio sulla pittura murale milanese dalla seconda metà del Duecento all’inizio del Trecento; partendo dalle considerazioni di Pietro Toesca (1912), si analizzano i singoli affreschi cercando di inserirli all’interno di un omogeneo percorso cronologico e stilistico; per comprendere meglio quale aspetto avesse la pittura milanese prima dell’arrivo di Giotto a Milano, evidenziando somiglianze e differenze tra le varie cadenze stilistiche presenti in Milano. A questo scopo i singoli dipinti, presenti nei vari edifici religiosi, vengono studiati nel loro contesto architettonico per comprendere meglio la loro rilevanza artistica nella città.
This study on the mural painting in Milan in the second half of the thirteenth century at the beginning of the fourteenth century, starting from the considerations of PietroToesca (1912); we analyze the individual frescoes trying to put them in a consistent chronological and stylistic; to understand better what the painting looked like before the arrival of Giotto in Milan , highlighting similarities and differences between the many stylistic variations present in Milan. For this purpose the individual paintings in the various religious buildings, are studied in their architectural context to better understand their importance in the artistic city.
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Bottaro, Marica. « Il saxofono nell’orchestra italiana e francese della prima metà del secolo XX ». Thesis, Paris 8, 2017. http://www.theses.fr/2017PA080023.

Texte intégral
Résumé :
La thèse se propose de vérifier la présence du saxophone dans le répertoire français et italien pour orchestre de la première moitié du XXème siècle, avec le but de confirmer la possibilité d’intégrer le saxophone à l’orchestre de façon permanente.Le choix d’étudier le répertoire pour saxophone dans l’orchestre en France et en Italie des premières décennies du XXème siècle a été fait car cet instrument, créé par Adolphe Sax, facteur d’instrument d’origine belge, a sa première diffusion sur le territoire français pendant la seconde moitié du XIXème siècle, avant de « s’expatrier » dans d’autres pays. C’est à la France donc de vanter les premières compositions pour le saxophone, et c’est au XXème siècle que cette production augmente considérablement. La France, avec son goût pour la couleur du timbre des instruments, influence l’Italie d’une façon particulière, pays où cet instrument est déjà présent au milieu du XIXème siècle, aussi grâce aux appréciations de Gioachino Rossini (qui à l’époque est à Paris), qui poussent le Lycée Musical de Bologna à acheter les produits de la maison Sax. La thèse est subdivisée en trois parties : la première, d’empreinte théorique, dédiée à la présence du saxophone dans les traités d’instrumentation et d’orchestration français et italiens, ainsi que d’autres pays des XIXe et XXe siècle ; la seconde, de caractère illustratif, dans laquelle on analyse les partitions de trois compositeurs français (Ravel, Honegger et Ibert) ; la troisième, toujours de nature illustratif, dédiée à l’étude des compositions de deux auteurs italiens (Marinuzzi et Zandonai)
The thesis’ purpose is to examine the presence of the saxophone in the French and Italian repertoire for orchestra in the first half of the 20th century, and aims at confirming its possible, permanent inclusion in the orchestra. The decision of investigating the repertory of the saxophone in the orchestra in France and Italy in the first decades of the 20th century was made because this instrument, created by the inventor of plenty of other musical instruments, Adolphe Sax (born in Belgium), spreads out for the first time in France during the second half of the 19th century and then ‘expatriates’ to other countries. It is France that can boast the first compositions for this instrument and it is in the 20th century that its production grows excessively. France, with its taste for the color of the instruments’ timbre, influences especially Italy, where the instrument is already present in the first half of the 19th century, thanks to Gioachino Rossini’s appreciations (who was in Paris at that time), pushing the Liceo Musicale in Bologna to buy the maison Sax’s products. My thesis is divided into three parts: the first, with a theoretical purpose, is dedicated to the presence of the saxophone in instrumentation and orchestration treatises published in France, Italy and other countries in the 19th and in the 20th century. In the second part, of explicative kind, the scores of three French composers (Ravel, Honegger and Ibert) are analyzed. Finally, the third section, of explicative kind as well, is dedicated to the study of some compositions by two Italian authors (Marinuzzi and Zandonai)
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Bottaro, Marica <1987&gt. « Il saxofono nell’orchestra italiana e francese della prima metà del secolo XX ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10353.

Texte intégral
Résumé :
L’elaborato si propone di sondare la presenza del saxofono all’interno delle partiture orchestrali francesi e italiane della prima metà del secolo XX, con lo scopo di confermare la legittimità della sua inclusione in pianta stabile fra le fila dell’orchestra. La scelta di indagare il repertorio saxofonistico orchestrale delle nazioni Francia e Italia e dei primi decenni del secolo XX è stata fatta poiché lo strumento, nato per mano di Adolphe Sax, costruttore di strumenti musicali di origine belga, ha la sua prima diffusione in terra francese durante la seconda metà dell’Ottocento, per poi “espatriare” anche negli altri paesi. È la Francia, dunque, a vantare il primato compositivo per lo strumento, ed è nel Novecento che questa produzione aumenta a dismisura. La Francia, con il suo gusto per il colore timbrico degli strumenti, contagia in particolar modo l’Italia in cui lo strumento è già presente a metà Ottocento, grazie anche alla sollecitazione di Gioachino Rossini, che da Parigi consiglia al Liceo Musicale di Bologna di adottare quanto prima il nuovo strumento di Sax. La prima parte della tesi, intitolata Teoria. I trattati di strumentazione e di orchestrazione, ha come obiettivo quello di fornire una vera e propria ricognizione mai effettuata prima d’ora della presenza del saxofono all’interno dei trattati di strumentazione e di orchestrazione sia francesi sia italiani, ma anche del Belgio, dell’Inghilterra, della Svizzera e degli Stati Uniti per dimostrare la diffusione dello strumento al di fuori dei due paesi che se ne sono occupati maggiormente. La seconda parte (Composizioni francesi) e la terza (Composizioni italiane) contemplano la presenza di alcune indagini su compositori che hanno incluso il saxofono all’interno delle loro partiture per orchestra. La scelta dei musicisti e delle composizioni da analizzare è stata fatta sulla base della portata e della rilevanza della parte dedicata al saxofono, nonché del peso della singola partitura e del compositore presi in esame, selezionando i titoli prescelti dall’elenco delle partiture che prevedono il saxofono allegato nella tesi.
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RONCELLI, ANGELITA. « Chiesa, Comune e frati Predicatori a Bergamo nella prima metà del secolo XIII ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1394.

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Résumé :
La tesi tratta delle circostanze della fondazione del convento dei frati Predicatori di Bergamo, che ebbe inizio attorno al 1220. Tale fondazione si inserisce in un ampio progetto di diffusione dell’Ordine dei Predicatori concepito dal cardinale Ugo d’Ostia in collaborazione con il fondatore Domenico di Caleruega. Ugo stesso nella sua seconda legazione apostolica in Lombardia pose le basi per la realizzazione di questo progetto. Il convento di Bergamo fu il primo ad essere fondato grazie alle relazioni che vi erano tra il vescovo locale Giovanni Tornielli e la sede apostolica e grazie anche alla presenza di Guala de Roniis, un frate Predicatore di origini bergamasche, anch’egli conosciuto dagli ambienti della curia papale.
This dissertation deals with the foundation of the convent of the Preacher Friars in Bergamo, which started around 1220. This foundation was part of an ample project to spread the Order of Preachers, drawn by Cardinal Hugh of Ostia in a joint effort with the founder Dominic of Caleruega. Hugh of Ostia himself laid the foundations of this project during his second apostolic legation in Lombardy. The convent of Bergamo was the first to be founded probably because of the friendship between the local bishop, Giovanni Tornielli and the Holy See, and also thanks to the presence of Guala de Roniis, a bergamask Preacher, who was known by the Roman Curia.
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RONCELLI, ANGELITA. « Chiesa, Comune e frati Predicatori a Bergamo nella prima metà del secolo XIII ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1394.

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La tesi tratta delle circostanze della fondazione del convento dei frati Predicatori di Bergamo, che ebbe inizio attorno al 1220. Tale fondazione si inserisce in un ampio progetto di diffusione dell’Ordine dei Predicatori concepito dal cardinale Ugo d’Ostia in collaborazione con il fondatore Domenico di Caleruega. Ugo stesso nella sua seconda legazione apostolica in Lombardia pose le basi per la realizzazione di questo progetto. Il convento di Bergamo fu il primo ad essere fondato grazie alle relazioni che vi erano tra il vescovo locale Giovanni Tornielli e la sede apostolica e grazie anche alla presenza di Guala de Roniis, un frate Predicatore di origini bergamasche, anch’egli conosciuto dagli ambienti della curia papale.
This dissertation deals with the foundation of the convent of the Preacher Friars in Bergamo, which started around 1220. This foundation was part of an ample project to spread the Order of Preachers, drawn by Cardinal Hugh of Ostia in a joint effort with the founder Dominic of Caleruega. Hugh of Ostia himself laid the foundations of this project during his second apostolic legation in Lombardy. The convent of Bergamo was the first to be founded probably because of the friendship between the local bishop, Giovanni Tornielli and the Holy See, and also thanks to the presence of Guala de Roniis, a bergamask Preacher, who was known by the Roman Curia.
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Peretto, Monica <1977&gt. « Raoulet d'Orléans e la copia di manoscritti a Parigi nella seconda metà del XIV secolo ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5648.

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Pacifico, Marcello. « Federico II e il regno di Gerusalemme : Oriente e Occidente a confronto durante la prima metà del XIII secolo ». Paris 10, 2006. http://www.theses.fr/2006PA100015.

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Cette thèse tend à analyser les rapports entre Frédéric II, et les institutions, la société et le royaume de Jérusalem dans le bassin de la Méditerranée à partir du vœu de croisade du 1215 jusqu'à la mort de l'empereur en 1250. L'analyse de la croisade de Frédéric II et de son voyage en Terre Sainte de 1228/9 est le point central de cette recherche parce qu'elle restitue pacifiquement à la Chrétienté la ville de Jérusalem avec l'accord d'un prince musulman, et parce qu'elle confronte l'empereur aux réalités économiques, sociales et politiques du royaume de Jérusalem, du Proche Orient et du bassin de la Méditerranée. Frédéric II montre son intérêt envers la Palestine dès 1215 avec le voeu de croisade, puis en envoyant une flotte à Damiette pendant la Ve croisade et en épousant l'héritière du royaume de Jérusalem, Isabelle de Brienne. En 1228, Frédéric II s'embarque pour la Terre Sainte en passant par le royaume de Chypre où il reçoit l'hommage féodal des barons d'Outremer et à son arrivée dans le royaume de Jérusalem il continue les négociations avec le sultan d'Égypte qui amènent à la restitution de la ville de Jérusalem et à la coexistence des deux cultes, chrétien et musulman, selon des perspectives prophétiques autant que politiques. L'influence politique de Frédéric en Palestine s'exerce encore après son retour dans le royaume sicilien, pendant la VIIe croisade de Thibaud de Navarre et Richard de Cornouaille et le traité d'Ascalon en 1241, et pendant la VIIIe croisade de Saint Louis, aidé par Frédéric II
The main aim of this these is the analysis of relations among the emperor Frederick II and the institutions, the society and the kingdom of Jerusalem in the Mediterranean basin from the vow of crusade in 1215 to the death of the emperor in 1250. The study of Frederick II's crusade and his voyage in Holy Land in 1228/9 represents the central point of this these: it gives back the city of Jerusalem to the Christendom with the agreement of a muslim prince, and it pots in evidence the relations among the emperor and the economic, social and political realities of Jerusalem's kingdom, the Middle East and the Mediterranean basin. Frederick II shows his interest to Palestine in 1215, pronouncing the vow of crusade then sending a fleet to Damietta during the Vth Crusade and getting married with the heir of the kingdom of Jerusalem, Isabel of Brienne. Frederick II in 1228 embarks towards the Holy Land, through the kingdom of Cyprus where lie receives the feudal homage of barons of Outremer. When he arrives in the kingdom of Jerusalem, lie continues with the Sultan of Egypt the negotiations that lead to the restitution of the city of Jerusalem and the coexistence of two cults, Christian and Moslim, according to a prophetical view rather than political. Frederick II exercises a political influence in Palestine, even alter his return in Sicilian Kingdom, during the VIIth crusade of Thibaud of Navarrea and Richard of Cornwall and the treaty of Ascalona, and during the VIIIth crusade of S. Louis who was assisted by Frederick II
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Paglioli, Simona <1977&gt. « Il modello della Santa Casa di Loreto : tipologie architettoniche e devozionali fra Lombardia e Veneto nella prima metà del XVII secolo ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/8298.

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Résumé :
Il lavoro presenta una sintesi storica e critica sul culto della Madonna di Loreto, con particolare riferimento alla diffusione delle repliche architettoniche della Santa Casa in epoca postridentina. L'intento è quello di fare chiarezza sulla complessa fenomenologia lauretana, avanzando una proposta di lettura metodologica alternativa basata sul confronto fra alcuni sacelli-copia realizzati nella prima metà del XVII secolo a Cremona e diocesi, Mantova, Brescia e Verona. Più che un inventario di casi, il lavoro presenta una classificazione tipologica degli aspetti fondanti del culto: attraverso l’analisi comparata dei contesti sociali e dei sistemi costruttivi, l'obiettivo è quello di comprendere se, e in quale misura, i sacelli individuati come oggetto della ricerca si siano effettivamente ispirati a un unico modello, al fine di approntare una sorta di albero genealogico dei prototipi lauretani riconducendo edifici e opere in seno a una determinata tradizione devozionale o ramo iconografico di riferimento
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Morizio, Adolfo. « Eremitismo e monachesimo in Italia tra XIII e XIV secolo : i "Celestini" di fra Pietro del Morrone. Storia e documenti (metà sec. XIII-1320) ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425067.

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The thesis is divided into two parts. In the first part is analyzed the history of Celestini from its origins to 1320. In the second part lists the churches and monasteries, with bibliography and sources, and all documents of the period 1249-1320
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Mazzurana, Michela <1994&gt. « Per una ricostruzione del contesto delle donazioni e dei legati testamentari a favore della GAM Achille Forti di Verona : le opere della prima metà del XX secolo ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14556.

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Dopo aver delineato la storia della Galleria d'Arte Moderna Achille Forti di Verona, si è voluto ricostruire il percorso attraverso il quale le opere della prima metà del Novecento sono entrate nella collezione permanente, dagli inizi del XX secolo fino ad oggi, ponendo il focus su quelle che sono pervenute tramite donazioni e legati testamentari. A tale scopo, è stata effettuata una ricerca d'archivio presso le principali istituzioni cittadine, dalla quale sono emersi documenti di varia natura, quali delibere della Giunta comunale, lettere e carteggi, che hanno permesso d'indagare il contesto e le motivazioni che hanno spinto gli artisti o i singoli collezionisti a destinare quanto in loro possesso. Infine, tutto ciò è stato posto in relazione alla politica intrapresa dal direttore in carica in ogni periodo storico, verificando la presenza di correlazioni che abbiano contribuito alla costituzione di tali donazioni o legati.
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TOSCANO, VINCENZO. « LO STATO DELLA CHIESA TRA DIRITTO INTERNO E INTERNAZIONALE NELLA PRIMA METÀ DELL'OTTOCENTO. LA FIGURA E IL PENSIERO POLITICO DI PELLEGRINO ROSSI ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/926213.

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Résumé :
La prima parte dell’Ottocento ha rappresentato un momento cruciale per il contesto europeo, costretto in un primo momento a fare i conti con le ultime conseguenze della grande ventata rivoluzionaria, e poi – direttamente – con il figlio più spregiudicato di quest’ultima; quel petit diable arrivato dalla Corsica e divenuto imperatore. Anni in cui lo Stato della Chiesa vive alcuni dei momenti più delicati della sua esistenza (basti pensare all’annessione diretta all’impero francese o alla deportazione di Pio VII), senza avere la forza materiale per opporsi a tali vicissitudini. Il lavoro compiuto dai rappresentanti europei a Vienna, durante l’omonimo Congresso, tenta di attuare un “forzato” e precario ritorno al passato, che si rivelerà incapace di resistere allo spirito dei nuovi tempi. Lo Stato pontificio – questa la nuova denominazione adottata dopo la grande adunanza del 1814-1815 (quasi a voler eliminare quell’aura di sacralità destinata a diventare sempre più scomoda nei decenni successivi) – si trova dinanzi all’impellente bisogno di riorganizzare il proprio apparato istituzionale, consapevole di non poter cancellare definitivamente la parentesi degli anni appena trascorsi. In un secolo che vedrà la definitiva scomparsa del dominio temporale dei papi, quanto appena detto è soltanto una delle sfide con cui lo Stato dell’Italia centrale è chiamato a confrontarsi. Tali eventi infatti, si susseguono in uno scenario internazionale in continua evoluzione, dove anche le grandi potenze sono spesso chiamate a confrontarsi con eventi inattesi, ma sempre attente alle dinamiche dell’equilibrio e al bilanciamento degli interessi in gioco. Per una realtà che non è semplicemente un’entità statale, ma anche centro dell’orbe cattolico e sede del successore di Pietro, accettare di stravolgere la propria “natura” non è affatto semplice. Consentire l’accesso dei laici ai vertici della burocrazia, istituire organismi “realmente” rappresentativi, o pensare di promulgare una Carta fondamentale, continua ad essere per anni un ricorrente miraggio. Anche se da più fronti riecheggia la necessità di portare un ammodernamento all’amministrazione interna dello Stato, sul versante amministrativo, economico, e soprattutto giudiziario, sembra trionfare – quasi sempre – la linea dell’intransigenza e dell’immobilità. A volte si interviene, è vero, ma più per compiacenza che per reale convinzione, dovendo tener conto di pressioni interne ed esterne. Spinte talvolta provenienti dal malcontento sempre più diffuso, talvolta dall'ingerenza dei grandi Stati europei. Il presente lavoro di ricerca, si è posto dunque l’obiettivo di analizzare le principali vicende (specialmente giuridiche) – interne ed esterne – che hanno coinvolto lo Stato della Chiesa nella prima metà dell’Ottocento. Un percorso sviluppato lungo molteplici direttrici, partito dallo sfondo dei grandi eventi storici di questi anni, e intrecciatosi con le vicende di alcuni grandi protagonisti: pontefici, segretari di Stato, capi di governo, monarchi. Uno sguardo gettato non solo sul fronte interno, ma anche su quello internazionale. Capire come Roma provi a gestire le proprie relazioni estere in un contesto sovranazionale che in questi decenni vede sorgere nuovi Stati (si prenda l’esempio rappresentato dal Belgio), assiste a mutamenti rilevanti (si pensi alla Francia del 1830, con l’inizio della monarchia orleanista, o all’indipendenza raggiunta dai Paesi del sud America), o a forti dispute dinastiche (come avviene nella Penisola iberica), è importante per capire come essa debba confrontarsi anche con governi che, a seconda dei casi, assumono caratteri marcatamente conservatori o con forti tendenze liberali. E per quanto sia naturale l’inclinazione, o se vogliamo la “vicinanza” della Curia romana verso posizioni reazionarie, ciò non significa che i rapporti con potenze come Russia o Austria, rimangono sempre idilliaci. Tuttavia, quella appena descritta, non è stata l’unica linea seguita nello sviluppo della presente ricerca. Quasi a voler procedere su due binari paralleli, ci si è soffermati anche sulla figura e sul pensiero politico di uno dei giuristi più rilevanti della prima metà del secolo: Pellegrino Rossi. Giurista certo, anche se tale espressione non basta per racchiudere la grandezza di un “figlio italiano”, nato e vissuto quando l’Italia unita ancora non esisteva. Molto è stato già detto, o meglio scritto, su questo poliedrico personaggio, e sulla sua vita spesa tra l’Italia, la Svizzera, la Francia e poi nuovamente nella Penisola, impegnato presso la corte romana come rappresentante francese, e poi come ministro di sua santità. Eppure, proprio tali aspetti sono stati utili per lo svolgimento del presente lavoro, guardando a sfumature meno indagate, ma di assoluto rilievo. Tali sono stati ad esempio i momenti più rilevanti trascorsi dal Rossi in terra elvetica (in quanto membro del Consiglio rappresentativo di Ginevra e inviato alla Dieta di Lucerna del 1832), o i maggiori interventi tenuti presso la camera dei Pari a Parigi, tra il 1840 e il 1844. Lo stesso dicasi per le delicate vicende che coinvolsero il giurista durante il suo incarico presso la corte papale, o la particolare congiuntura storica in cui assunse l’incarico di ministro dell’interno di Pio IX. Proprio qui, prima nei panni di ambasciatore, e poi come perno del nuovo governo nato nel settembre 1848, il poliedrico italiano avrebbe cercato di scuotere lo Stato romano dal suo torpore, per trainarlo verso un assetto più moderno e realmente costituzionale.
The first part of the nineteenth century was a crucial moment for the European context, which was first forced to reckon with the last consequences of the great revolutionary wave, and then - directly - with France's most unscrupulous son; that petit diable arrived from Corsica and become emperor. In these years the Papal States experienced some of the most delicate moments of their existence (suffice it to think of the direct annexation to the French Empire or the deportation of Pius VII), without having the material strength to oppose such vicissitudes. The work carried out by the European representatives in Vienna, during the famous Congress, attempts to implement a “forced” and precarious return to the past, which will prove to be incapable of withstanding the spirit of the new times. The Papal State - this was the new denomination adopted after the great meeting of 1814-1815 (as if to eliminate the aura of sacredness destined to become increasingly uncomfortable in the following decades) - was faced with the urgent need to reorganise its institutional apparatus, aware that it could not definitively cancel the parenthesis of the years that had just passed. In a century that will see the disappearance of the temporal dominion of the popes, it was only one of the challenges with which the State of central Italy was called to confront. In fact, these events took place in a constantly evolving international scenario, where even the great powers were often called upon to deal with unexpected events, but were always attentive to the dynamics of balance and the balancing of interests at stake. For a reality that is not only a state entity, but also the centre of the Catholic world and the seat of the successor of Peter, accepting to change its “nature” is not easy. Allowing lay people access to the upper echelons of the bureaucracy, setting up “truly” representative bodies, or thinking of promulgating a fundamental charter, has been a recurring mirage for years. Although the need to modernise the internal administration of the State is echoed on many fronts, on the administrative, economic and, above all, judicial fronts, the line of intransigence and immobility seems to triumph almost always. It is true that action is sometimes taken, but more out of complacency than real conviction, having to take account of internal and external pressures. Pressure that sometimes comes from increasingly widespread discontent, sometimes from the interference of the large European states. The aim of this research work was therefore to analyse the main (especially legal) events - internal and external - that involved the Church State in the first half of the nineteenth century. A path developed along multiple lines, starting from the background of the great historical events of recent years, and intertwined with the vicissitudes of some great protagonists: popes, secretaries of state, heads of government, monarchs. A look not only at the domestic front, but also at the international one. Understanding how Rome tries to manage its foreign relations in a supranational context that in recent decades has seen the emergence of new states (e.g. Belgium), significant changes (e.g. France in 1830, with the beginning of the Orleanist monarchy, or the independence achieved by the countries of South America), or strong dynastic disputes (e.g. the Iberian Peninsula), is important to understand how it must also deal with governments that, depending on the case, take on markedly conservative characteristics or with strong liberal tendencies. Despite the Roman Curia's natural inclination, “closeness” to reactionary positions, relations with powers such as Russia or Austria don’t remain idyllic. However, the line just described was not the only one followed in the development of this research. As if wishing to proceed on two parallel tracks, we have also focused on the figure and political thought of one of the most important jurists of the first half of the century: Pellegrino Rossi. A jurist of course, although this expression is not enough to encapsulate the greatness of an “Italian son”, born and raised when united Italy did not yet exist. Much has already been said, or rather written, about this multifaceted character, and about his life spent between Italy, Switzerland, France and then back on the peninsula, working at the Roman court as a French representative, and then as a minister of His Holiness. And yet these aspects have been precisely useful in this work, looking at lesser-known but absolutely important aspects. These were, for example, the most important moments Rossi spent in Switzerland (as a member of the Geneva Representative Council and as an envoy to the Diet of Lucerne in 1832), or the major speeches he made at the Chamber of Peers in Paris between 1840 and 1844. The same can be said about the delicate events that involved the jurist during his tenure at the papal court. It was here, first as ambassador, and then as the pivot of the new government formed in September 1848, that the multifaceted Italian tried to shake the Roman State out of its torpor and pull it towards a more modern and truly constitutional order.
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Alaimo, Cristina <1975&gt. « Mariano Fortuny y Madrazo scenografo wagneriano Il contributo di Fortuny nella fase di rinnovamento dei Teatri d'Opera, nella prima metà del XX secolo : testimonianze e considerazioni Analisi dei progetti scenografici wagneriani di Fortuny : Tristano e Isotta, I Maestri Cantori di Norimberga e L'anello del Nibelungo, per il Teatro alla Scala di Milano e per il Teatro Reale dell'Opera di Roma ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/20676.

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Résumé :
Attraverso un'indagine e una rilettura delle fonti in materia teatrale, il presente studio propone un'analisi dell'attività creativa di Mariano Fortuny y Madrazo, relativa ai drammi musicali di Richard Wagner, nel contesto del rinnovamento dei Teatri d'Opera, nella prima metà del XX secolo. Vengono analizzate le vicende riguardanti l'ideazione del Sistema Fortuny, il dispositivo d'illuminazione nato come soluzione per le peculiari esigenze sceniche dei drammi wagneriani, e sviluppato in collaborazione con l'ingegnere aeronautico Enrico Forlanini e la Società Leonardo Da Vinci di Milano, negli anni Venti. L'attenzione è posta sui progetti scenografici wagneriani di Fortuny: Tristano e Isotta, per il Teatro alla Scala di Milano, nella stagione teatrale 1900-1901 e I Maestri Cantori di Norimberga, per il Teatro Reale dell'Opera di Roma, nella stagione 1931-1932, rimasto in repertorio fino al 1947, per il quale si propone un approfondimento in relazione al contesto storico d'appartenenza e un'analisi iconografica. Viene inoltre affrontato il progetto per L'anello del Nibelungo, commissionato per la stagione 1949-1950 dal Teatro alla Scala e rimasto incompiuto a causa della morte dello scenografo. Le scelte estetiche e tecniche delle creazioni di Fortuny sono prese in esame alla luce del vivace dibattito sostenuto in ambito teatrale dagli intellettuali e tecnici dell'epoca, tra cui Adolphe Appia e Gino Gori e Pericle Ansaldo. Le collaborazioni con i professionisti coinvolti con Fortuny nelle diverse produzioni, documentate da lettere private e articoli in quotidiani e riviste, vengono investigate allo scopo di comprenderne la relazione con Arturo Toscanini, Caramba, Gino Marinuzzi e in particolare Giovacchino Forzano.
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TAIANI, Rodolfo. « Un tesoro da salvaguardare : Organizzazione sanitaria e tutela della salute pubblicata in Trentino nella prima meta del XIX secolo ». Doctoral thesis, 1992. http://hdl.handle.net/1814/5990.

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Résumé :
Defence date: 30 November 1992
Examining board: Prof. Pietro Corsi, Università di Firenze ; Prof. Luisa Mangoni, Università di Trento ; Prof. Brigitte Mazohl-Wallnig, Università di Strasburgo ; Prof. Giuseppe Olmi, Università di Trento (supervisore esterno) ; Prof. Stuart Woolf, IUE (supervisore)
First made available online: 13 June 2016
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VALENTE, LAURA. « GREGORIO NAZIANZENO Eij" ejpiskovpou" [carm. II,1,13. II,1,10] Introduzione, testo critico, commento e appendici ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251619.

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Invitato a Costantinopoli da una delegazione nicena, che ne chiedeva l’intervento a sostegno della comunità ortodossa locale, Gregorio di Nazianzo accantonò il desiderio di dedicarsi alla vita contemplativa e si recò nella Neja ÔRwvmh: non poteva certo immaginare che negli anni trascorsi nella capitale (dagli inizi del 379 al luglio del 381) avrebbe conosciuto, a distanza di breve tempo, l’apice e il fallimento della sua attività politico-ecclestiastica. Alla guida di un piccolo gruppo di fedeli, radunati in una sala udienze privata ribattezzata Anastasia, Gregorio esercitò con impegno i suoi doveri pastorali, spendendosi soprattutto nella lotta dottrinale contro l’eresia ariana. L’elezione come vescovo della città, avvenuta per volere dell’imperatore Teodosio, rappresentò il riconoscimento dei meriti del Cappadoce nella restaurazione e nel consolidamento dell’ortodossia nicena, ma, allo stesso tempo, aprì la strada a una stagione tutt’altro che scevra di asprezze, destinata a lasciare amari ricordi nel cuore dell’autore. Chiamato a presiedere il concilio episcopale del 381, indetto con l’obiettivo di risolvere lo scisma antiocheno e condannare le eresie del tempo, il Nazianzeno sperimentò sulla propria i conflitti interni ed i giochi di potere cui si era ridotto l’episcopato. Alla malattia, che debilitò il fisico dell’autore e ne ostacolò la partecipazione a svariate attività pubbliche, si aggiunse l’ostilità dei colleghi, in particolare di alcuni vescovi egiziani, che contestarono la legittimità della sua elezione sul seggio di Costantinopoli, in quanto già vescovo nella sede di Sasima. Stanco e malato, amareggiato dai continui scontri e dall’ennesimo attacco subito dagli avversari, Gregorio decise di farsi da parte e, rassegnate le dimissioni dalla cattedra episcopale, lasciò Costantinopoli, senza neppure aspettare la conclusione del sinodo. Nella natia Cappadocia, lontano fisicamente dal clima tumultuoso e dai dispiaceri della capitale, ma turbato dalle calunnie e dalle ingiustizie subite da coloro che riteneva amici, il Nazianzeno sfogò le proprie delusioni nella scrittura poetica. All’esperienza costantinopolitana e in particolare al contesto delle dimissioni dalla cattedra vescovile fanno riferimento i carmi oggetto di questa tesi di dottorato: II,1,10 (Ai sacerdoti di Costantinopoli e alla città stessa) e II,1,13 (Ai vescovi), rispettivamente di 18 distici elegiaci e 217 esametri. In essi si intrecciano più suggestioni: la meditazione e il riecheggiamento interiore degli eventi che hanno coinvolto l’autore, la difesa del suo operato, ma soprattutto la violenta invettiva contro i vescovi, scaturita non solo dal risentimento per le vicende personali, ma dallo sdegno dell’autore per la corruzione morale e l’impreparazione della gerarchia ecclesiastica. La tesi di dottorato si apre con una bibliografia ricca e aggiornata degli studi concernenti il Cappadoce; in essa sono indicati i diversi contributi, cui si fa riferimento nel mio lavoro. Segue un’ampia introduzione che presenta i carmi sotto molteplici aspetti. Dal momento che l’invettiva contro i vescovi costituisce l’argomento principale di entrambi i componimenti, ho approfondito innanzitutto questo aspetto, ripercorrendone le testimonianze nell’esperienza biografica e nell’opera letteraria dell’autore: da quanto emerso, la polemica contro la gerarchia ecclesiastica raggiunge certamente il suo apice negli eventi costantinopolitani, ma non va ad essi circoscritta, dal momento che se ne ha traccia anche negli scritti gregoriani riconducibili ai primi anni del sacerdozio e al periodo successivo al ritorno a Nazianzo. Si è cercato poi di stabilire la data di composizione dei carmi in analisi, che, dati i contenuti, furono sicuramente scritti dall’autore nel periodo di ritorno in patria, fase in cui gli studiosi collocano buona parte della produzione poetica del Cappadoce. Più precisamente ho individuato il terminus post quem nel luglio del 381, mese in cui la cattedra costantinopolitana lasciata vacante dal Nazianzeno fu affidata a Nettario: in entrambi i testi, infatti, si fa riferimento a questo personaggio, sebbene non sia menzionato esplicitamente. Segue un’analisi dettagliata della struttura compositiva e delle tematiche dei carmi, nella quale si mostra come, pur nella loro diversità, le due poesie presentino moltissime consonanze e parallelismi a livello strutturale, in particolare nella parte incipitaria, in cui si registra la condivisione dello stesso verso iniziale, e nella sezione conclusiva. Sempre nell’introduzione è affrontato lo studio della tradizione manoscritta e dei rapporti tra i codici: i carmi in oggetto risultano attestati in 34 manoscritti (di cui 17 fondamentali per la costituzione del testo) databili dall’XI al XVI secolo e riconducibili alle raccolte antiche Σ e Δ, nei quali sono traditi sempre uno di seguito all’altro: nello specifico II,1,13 precede immediatamente II,1,10. La parte centrale della tesi è costituita dal testo critico di ciascun carme, seguito da traduzione e commento. La tesi costituisce il primo lavoro di questo tipo per il carme II,1,13; II,1,10 è stato invece oggetto di studio di due recenti edizioni: quella dei primi undici poemata de seipso del Nazianzeno curata da Tuilier - Bady - Bernardi per LesBL ed edita nel 2004 e un’edizione commentata di Simelidis, pubblicata nel 2009. Suddetti lavori non hanno rappresentato un ostacolo al progetto. Nessuno di essi infatti ha previsto lo studio simultaneo dei due testi poetici, che, a mio giudizio, non possono essere compresi a fondo se svincolati l’uno dall’altro; non sono risultati immuni da pecche sotto il profilo della critica testuale; il commento è assente nell’edizione francese, scarno e non sempre condivisibile in quella del Simelidis. La tesi è infine corredata da tre appendici che permettono di seguire la fortuna dei componimenti poetici. La prima di esse è dedicata al Commentario di Cosma di Gerusalemme ai Carmi del Nazianzeno, collocato tra la fine del VII e inizio l’VIII secolo. Il commentario, tradito da un unico manoscritto, il Vaticanus graecus 1260 del XII secolo, ha visto la sua editio princeps nel 1839 a cura del cardinale Angelo Mai nel secondo volume del suo Spicilegium Romanum, ristampata con lievi modifiche nel volume 38 della Patrologia Graeca. Una più recente edizione è stata curata da Lozza nel 2000. Nell’opera di Cosma vengono analizzati trentaquattro versi di carme II,1,13 e due di carme II,1,10; l’ampiezza delle citazioni va da un minimo di un verso a un massimo di 5. Segue un’appendice dedicata alle parafrasi bizantine, che in alcuni manoscritti contenenti i carmi, accompagnano il testo poetico. Tali spiegazioni in prosa, composte in un momento non precisabile della trasmissione dell’opera gregoriana, sono anonime, di diverso livello letterario e da intendere come un testo in continua evoluzione, oggetto di modifiche da parte di ciascun copista. Nel caso dei testi in oggetto le parafrasi trasmesse sono tre, chiamate, sulla scia di studi precedenti, Paraphr. 1, Paraphr. 2, Paraphr. 3 e delle quali la tesi fornisce l’editio princeps. L’ultima appendice è costituita dalla traduzione latina dei carmi di Giacomo Oliva da Cremona, redatta nella seconda metà del XVI secolo per incarico del Cardinal Guglielmo Sirleto e testimonianza del grande interesse per il Cappadoce in questo periodo storico. Il lavoro dell’Oliva, rimasta inedito per la morte del committente e probabilmente anche per il suo scarso valore letterario, è trasmesso da due manoscritti autografi, il Vaticanus Barberinianus lat. 636 (B) e il Vaticanus lat. 6170 (V) e trova nella tesi la sua editio princeps.
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CINGOLANI, Sofia. « IL TEATRO ROMANO DI POLLENTIA-URBS SALVIA ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251615.

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Résumé :
Il presente lavoro nasce con l’obiettivo primario dello studio organico del teatro romano della città di Pollentia-Urbs Salvia. Sebbene infatti sulla città e sui suoi principali monumenti esista un’ampia letteratura e rilevanti contributi recenti, ancora sostanzialmente inedito sin dalle prime indagini scientifiche condottevi a partire dalla metà del secolo scorso, rimaneva proprio l’edificio teatrale. Questo, quale monumento chiave nell’ambito dell’urbanistica della città tardo-repubblicana e augustea ed è oggetto infatti, nel corso degli anni, di brevi cenni e di contributi parziali ma mai esclusivi. Un nuovo rilievo del monumento ha consentito di chiarirne la genesi e l’esistenza di diverse fasi architettoniche giungendo alla precisazione cronologica di quattro diverse fasi edilizie. Una prima fase relativa all’impianto dell’edificio originario inquadrabile tra la fine dell’età tardo-repubblicana, contestualmente alla fondazione della colonia e il 23 d.C., anno entro il quale, come documentata dall’epigrafe di C. Fufius Geminus, il primo teatro dovette essere completato. Una seconda fase inquadrabile orientativamente tra l’età tiberiana e l’età claudia che, in concomitanza con la costruzione dell’imponente complesso del tempio-criptoportico - conclusione monumentale della risistemazione urbanistica della città avviatasi in età augustea -, vede il massiccio intervento di ampliamento strutturale e planimetrico dell’edificio; una terza ed ultima fase in età domizianea che, come documentato anche dall’epigrafe di C. Salvius Liberalis e C. Salvius Vitellianus, è contrassegnata da una serie di interventi di ornamento e restauro e, soprattutto, dalla costruzione del piazzale porticato restrospiciente l’edificio stesso. Sulla base dell’inquadramento cronologico di una parte delle sculture provenienti dal teatro a tale fase pare verosimile ipotizzare sia seguita, in età adrianea-antonina, un’ulteriore fase forse dedita all’abbellimento della ornamentazione dell’edificio. Con l’obiettivo di una comprensione organica del monumento si è infine proceduto all’esame dei materiali architettonici, scultorei ed epigrafici da esso provenienti. Il lavoro di raccolta e censimento svolto sui materiali provenienti dai vecchi scavi effettuati ha messo in evidenza la dispersione, per alterne vicende, di gran parte del materiale e l’inevitabile decontestualizzazione del restante e reso necessaria un’analisi di tipo essenzialmente archivistico e bibliografico, focalizzata soprattutto sul consistente apparato scultoreo ritenuto appartenente all’edificio, finalizzata ad istituire nuovamente la connessione tra contesto di provenienza e documentazione d’archivio. Sebbene solo in casi isolati, ed esclusivamente per le sculture, sia stato possibile giungere ad ipotizzare la collocazione precisa di taluni elementi nell’ambito dell’edificio stesso, l’indagine effettuata sugli elementi ornamentali ed epigrafici è risultata di fondamentale importanza per meglio definire e sostanziare le diverse fasi edilizie e di ristrutturazione individuate ed all’interno delle quali gli stessi materiali sembrano trovare oggi una più adeguata collocazione cronologica e stilistica
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