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1

Bruzzone, Silvia. « Pirotecnica : l'incendio come pratica lavorativa ». STUDI ORGANIZZATIVI, no 2 (mars 2011) : 99–123. http://dx.doi.org/10.3280/so2010-002005.

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Marzano, Antonio, et Mena Beneduce. « L’instabilità lavorativa e la pratica professionale del docente precario ». ECPS - Educational, Cultural and Psychological Studies, no 7 (juin 2013) : 187–218. http://dx.doi.org/10.7358/ecps-2013-007-marz.

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Marino, Leda, et Vincenza Capone. « Risorse personali per contrastare il malessere degli studenti lavoratori : il ruolo di mediatore del Work-Study Conflict nella relazione tra percezioni di autoefficacia e performance ». PSICOLOGIA DELLA SALUTE, no 1 (janvier 2021) : 78–98. http://dx.doi.org/10.3280/pds2021-001006.

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L'obiettivo dello studio è stato quello di indagare il ruolo di mediazione del Work-Study Conflict (WSC), considerato dalla letteratura un rischio psicosociale, nella relazione tra perce-zioni di autoefficacia studentesca e lavorativa e performance accademica (auto-riferita). Sono stati somministrati due questionari self-report all'inizio del semestre accademico (T1, N=134) e dopo sei mesi comprensivi di una sessione d'esame (T2, N=100), a studenti-lavoratori part-time iscritti a differenti corsi di laurea delle università campane. È stato implementato un mo-dello di path analysis con l'ausilio del software Mplus 8.0. In linea con le ipotesi il WSC è risultato mediatore totale della relazione tra autoefficacia lavorativa e performance accademica e mediatore parziale della relazione tra autoefficacia studentesca e performance. In un'ottica di sostegno alla carriera degli studenti l'università è chiamata a mettere in pratica strategie di in-tervento per la promozione del benessere e che facilitino la conciliazione tra i differenti ruoli che gli studenti stessi si trovano a ricoprire. In quest'ottica, lo studio si propone di evidenziare alcune variabili che vanno a facilitare la conciliazione studio-lavoro, migliorando l'efficacia nella prestazione.
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Sicurello, Rossana. « La revisione dell'istruzione professionale : giovani, orientamento, competenze trasversali e occupabilità PDF ». EXCELLENCE AND INNOVATION IN LEARNING AND TEACHING, no 1 (juin 2020) : 5–28. http://dx.doi.org/10.3280/exioa1-2020oa10074.

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Il processo di globalizzazione e il progresso tecnologico alla base della Quarta Rivoluzione Industriale hanno sconvolto il tradizionale modello di organizzazione dell'istruzione e del mercato del lavoro divenuti sempre più dinamici e complessi. La formazione professionale, cercando di rispondere ai bisogni attuali dei singoli e della società della conoscenza e del lavoro 5.0, si sta adoperando per assicurare azioni efficaci di modernizzazione e di innovazione delle pratiche didattiche, formative e valutative, facendo dell'orientamento e della pratica lavorativa gli strumenti principali della loro azione. Lo scopo è quello di verificare la propria capacità di stare al passo con i cambiamenti sociali, nonché di contribuire in maniera significativa alla crescita economica e, quindi, alla promozione della mobilità e dell'employability di cui le soft skills costituiscono una dimensione chiave, soprattutto nell'ambito dell'attuale dibattito politico, sociale, culturale ed economico attorno al mercato del lavoro e al tema della disoccupazione.
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Tirelli, Valentina, Maria Clara Cavallini, Silvia Flauto, Luisa Amato, Anna Meneghelli et Emiliano Monzani. « Abilit&agrave ; di studio nell'intervento precoce per le psicosi : uno studio pilota su tre p ». RICERCHE DI PSICOLOGIA, no 4 (février 2022) : 1–16. http://dx.doi.org/10.3280/rip2021oa13223.

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Résumé :
La ricerca e la pratica clinica più innovative stanno evidenziando un'area di bisogno rappresentata dalle esigenze di persone giovani nelle fasi iniziali delle psicosi schizofreniche, che, in mancanza di un'individuazione tempestiva e di un intervento specifico e mirato, possono scivolare verso un aggravamento della patologia, compromettendo la possibilità di realizzare un soddisfacente progetto esistenziale.Gli interventi di sostegno allo studio nei giovani a rischio psicotico portano ad esiti positivi come il diploma, il titolo di laurea, lo sviluppo di abilità interpersonali e l'occupazione lavorativa, mentre il dropout scolastico in questa fase può portare all'arresto dello sviluppo di competenze interpersonali cruciali in una varietà di ruoli di vita.  Nonostante le evidenze, pochi studi prima d'ora si sono occupati di sistematizzare un intervento di sostegno allo studio efficace per questa popolazione.Questo studio-pilota si propone di analizzare gli esiti di un intervento volto all'implementazione di alcune abilità di studio (Goal Setting, Auto-monitoraggio e componenti di Abilità di Studio) su un campione di studenti definiti a rischio o in fase di esordio psicotico.Le strategie sono state identificate dalla letteratura come importanti componenti dell'autogestione del comportamento che minimizzano il rischio di fallimenti scolastici.
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Caputo, Carmela. « Un piccolo sguardo oltre la scuola di specializzazione : l'esperienza di una giovane nefrologa ». Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no 2 (30 juin 2014) : 202–3. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.891.

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Una giovane nefrologa racconta l'esperienza decennale del suo percorso lavorativo per dare alcuni spunti di riflessione e piccoli aiuti concreti alla nuova classe di giovani professionisti, che potrebbero ritrovarsi a esercitare in realtà diverse dal punto di vista organizzativo, culturale e pratico rispetto a quella della scuola di specializzazione di provenienza. La nefrologia è una branca specialistica della medicina interna che a sua volta racchiude in sé diverse ultraspecializzazioni, come la dialisi peritoneale, l'emodialisi extracorporea, il trapianto renale e così via. È, quindi, concreta la possibilità che i neospecialisti si trovino a lavorare in settori in cui, pur avendo le appropriate conoscenze teoriche, non hanno ancora la dovuta esperienza pratica.
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Romano, Alessandra. « L'inclusione scolastica e lavorativa nella prospettiva della teoria trasformativa. Strumenti e pratiche per il disability management ». EDUCATIONAL REFLECTIVE PRACTICES, no 2 (décembre 2021) : 37–58. http://dx.doi.org/10.3280/erp2-special-2021oa12916.

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Résumé :
Il contributo esplora le pratiche di disability management e le metodologie a supporto dell'inclusione lavorativa di persone in condizione di disabilità, a partire da una ricerca collaborativa triennale che ha visto la partecipazione di un team di ricercatori/rici universitari e un network interistituzionale composto da aziende, cooperative del settore educativo, centri per l'impiego, Ufficio Scolastico Regionale, scuole secondarie e associazioni di familiari di persone con sindromi dello spettro autistico. Nello specifico, si articolano il percorso metodologico e i risultati emergenti della ricerca, che ha intercettato pratiche formative e dispositivi organizzativi in grado di sostenere processi di inserimento (e reinserimento) lavorativo di persone adulte in condizione di disabilità, quali le metodologie del Disability Tool e della Consulenza Collaborativa Organizzativa. Nel paragrafo conclusivo si discutono le implicazioni dei risultati per l'inclusione scolastica e le azioni a sostegno dello sviluppo della professionalità docente
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Boccon, Elena, Domenico Massano, Alessandro Milanesio, Antonio Murtas et Matteo Viberti. « Un processo di produzione vinicola come rottura della prassi normalizzante ». WELFARE E ERGONOMIA, no 1 (septembre 2021) : 149–67. http://dx.doi.org/10.3280/we2021-001013.

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Il lavoro descrive come dal 2015 ad oggi siano state accolte circa quindici persone con fragi-lità all'interno della progettualità 8Pari. I beneficiari sono persone che hanno avuto poca possibilità di sperimentare le proprie capacità e competenze lavorative, in parte a causa delle difficoltà e fragilità presenti (non per tutte legate alla disabilità) ma anche e soprattutto a causa della mancanza di contesti idonei ad accoglierli. In questo lavoro si presenta una ri-flessione sulle dinamiche di inclusione generate dall'azione produttiva nel contesto agricolo, in una prospettiva aperta ed in divenire. Le persone che ogni giorno creano il vino 8Pari so-no state coinvolte direttamente nel processo di raccolta delle informazioni propedeutiche alla scrittura e riflessione critica. In particolare, nel lavoro si illustrano tre dimensioni: storica, riepilogativa di 8Pari nei suoi sviluppi identitari fino ad oggi e come esso si sia intersecato al contesto sociale e lavorativo circostante; fenomenologica, esplorativa dei vissuti emotivi e delle dinamiche relazionali vissute dai lavoratori rispetto alla pratica quotidiana e rispetto al contesto esterno. E "prospettica", ipotizzando come la pratica di 8Pari possa essere miglio-rata e integrata tentando di superare i tradizionali modelli di inclusione, per portare al cen-tro del dibattito una riflessione critica e un'azione trasformativa sulla dicotomia normali-tà/disabilità.
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Orsenigo, Achille. « Obiettivo 2 : I nodi della formazione : questioni di metodo e scelte politiche ». QUESTIONE GIUSTIZIA, no 2 (mai 2009) : 96–104. http://dx.doi.org/10.3280/qg2009-002008.

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- La scelta della metodologia da adottare nella formazione non č solo un fatto tecnico, ma ha anche inevitabilmente un valore, un senso "politico". La formazione mette in scena, configura uno specifico sistema di relazioni, di rapporti con le autoritŕ, di esercizio del potere, quindi un'idea di ambiente lavorativo e di societŕ. Essa, piů o meno consapevolmente, pratica, nel senso che li mette in atto, dei valori. L'optare per un approccio formativo o per un altro č un tassello nella costruzione dei nostri luoghi di lavoro, quindi, in una qualche misura, delle nostre polis.
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Testa, Emanuele, et Giuseppe Scaratti. « Valutare l'apprendere nelle organizzazioni : trasformazioni di pratiche lavorative e identità professionali ». STUDI ORGANIZZATIVI, no 1 (juillet 2018) : 9–39. http://dx.doi.org/10.3280/so2018-001001.

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Tesauro, Tiziana. « Invecchiamento attivo come capacitŕ e pratiche da sperimentare e imparare ». SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no 125 (mars 2012) : 52–60. http://dx.doi.org/10.3280/sl2012-125003.

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Résumé :
L'obiettivo del saggio č contribuire a definire una categoria problematica come quella di invecchiamento attivo, senza eludere la molteplicitŕ degli aspetti in essa compresenti e proponendone una ri-concettualizzazione. Nell'articolo si espone pertanto la tesi che gli anziani attivi rappresentino un gruppo sociale in embrione, non ancora ben identificati e identificabili, non ancora classificati dalla statistica ufficiale e tanto meno destinatari di politiche. E ciň in ragione del fatto che si č arrivati a far coincidere l'invecchiamento attivo col prolungamento dell'attivitŕ lavorativa, ricomprendendo il concetto esclusivamente nell'approccio economicista. Come risultato, nelle esperienze soggettive di vita quotidiana l'anzianitŕ č dunque sempre piů spesso interpretata come autonoma, responsabile, attiva, creativa, sebbene i percorsi individuali raramente siano collettivamente pensati, praticati e tutelati dal sistema di welfare.
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Carbone, Vincenzo, et Roberto Ciccarelli. « Piattaforme digitali, politiche sociali e occupazionali : il case management nel "reddito di cittadinanza" in Italia ». SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no 163 (août 2022) : 207–23. http://dx.doi.org/10.3280/sl2022-163011.

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Résumé :
In questo articolo il "reddito di cittadinanza", istituito in Italia nel 2019, viene analizzato dal punto di vista del case management realizzato attraverso piattaforme digitali dai suoi attori, chiamati "navigator", insieme al personale dei centri per l'impiego. Questa pratica è emersa nel rapporto tra medici, infermieri e pazienti ed è stata progressivamente associata alle politiche di incontro tra domanda e offerta di lavoro in una politica sociale, chiamata welfare-to-work, in cui le indennità di disoccupazione sono legate al reinserimento lavorativo. Sulla base di una ricerca di etnografia sociale che ha raccolto testimonianze qualificate degli attori coinvolti nei processi, l'articolo indaga prospettive e limiti attuali dell'integrazione tra Welfare e l'uso delle piattaforme digitali nel processo di digitalizzazione delle politiche attive del lavoro.
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Gherardi, Silvia. « Tecnologia, lavoro e organizzazione : dallo studio del lavoro a quello delle pratiche lavorative ». SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no 149 (février 2018) : 135–50. http://dx.doi.org/10.3280/sl2018-149s10.

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Santoro, Emilio. « La protezione delle vittime di sfruttamento lavorativo : una pratica sovversiva di alcuni capisaldi della nostra cultura giuridico-politica ». SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no 3 (mai 2021) : 164–89. http://dx.doi.org/10.3280/sd2021-003008.

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Pappadà, Gabriella, et Giovanni Cavaliere. « Scambio di buone pratiche : metodologie didattiche e inserimento lavorativo nel settore delle arti visive ». QUADERNI DI ECONOMIA DEL LAVORO, no 102 (janvier 2015) : 169–73. http://dx.doi.org/10.3280/qua2014-102012.

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Sacchetto, Devi, Francesca Alice Vianello et Rutvica Andrijasevic. « Introduzione. Le migrazioni lavorative intra-UE : modelli, pratiche e traiettorie di mobilità dei cittadini europei ». MONDI MIGRANTI, no 3 (janvier 2017) : 23–31. http://dx.doi.org/10.3280/mm2016-003002.

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Alby, Francesca. « Cognizione-in-interazione, azione pratica e artefatti : il contributo della ricerca psicologica allo studio della relazione fra tecnologie e comunità lavorative ». STUDI ORGANIZZATIVI, no 1 (novembre 2014) : 163–77. http://dx.doi.org/10.3280/so2014-001008.

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Negri, Nicola, et Nicoletta Bosco. « Spazi discorsivi e pratiche decisionali : il corto circuito tra politiche di assistenza e politiche di inserimento lavorativo a Torino ». Quaderni di Sociologia, no 31 (1 avril 2003) : 9–26. http://dx.doi.org/10.4000/qds.1203.

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Argentino, Paola. « 7. Una esperienza di formazione per operatori di SR : il progetto siciliano ». Epidemiologia e psichiatria sociale. Monograph Supplement 13, S7 (septembre 2004) : 85–86. http://dx.doi.org/10.1017/s1827433100000113.

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Résumé :
Il progetto PROGRES prevedeva, laddove vi fossero state le condizioni, una fase successiva alla ricerca in senso stretto, volta a realizzare corsi di formazione per operatori di SR (fase 3), a partire proprio dalle informazioni raccolte nell'ambito della ricerca. Nella Regione Siciliana, grazie all'impegno dell'Assessorato alla Sanità, è stato possibile realizzare la fase 3 (Argentino, 2002, 2003). Il progetto di formazione si è sviluppato in due programmi, di base e avanzato. Il programma di base prevedeva l'addestramento degli operatori all'utilizzo dei principi e delle metodologie di valutazione e pianificazione descritti nel manuale per la ‘Valutazione di Abilità e Definizione di Obiettivi’ (VADO) (Morosini et al., 1998). Il programma avanzato prevedeva, invece, la possibilità per i partecipanti di scegliere tra vari modelli teorici e pratici; è stato quindi deciso, dopo una rilevazione tra gli stessi partecipanti, di orientare il programma di formazione avanzato sull'applicazione nelle SR della psicoterapia della Gestalt (Perls et al. 1951; Spagnuolo Lobb, 2001).I corsi di formazione PROGRES sono stati articolati su due moduli: il 1° modulo di quattro giorni (32 ore didattiche) ha approfondito gli aspetti teorici, clinici e valutativi, sviluppando inoltre gli strumenti di intervento terapeutico e riabilitativo. Il 2° modulo di tre giorni (24 ore didattiche) è stato indirizzato alla verifica dell'applicazione degli strumenti forniti e alla supervisione clinica. Tra il 1° e 2° modulo è stata favorita l'attuazione degli argomenti trattati nella realtà lavorativa dei partecipanti, con la realizzazione dei cosiddetti ‘Progetti Work’. Tutte le unità didattiche, compresi i progetti work, hanno ruotato attorno al nucleo portante costituito dal “Modello Gestaltico Comunitario” (Argentino, 1997, 2001; Spagnuolo Lobb, 1997).
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Monaci, Massimiliano. « L'innovazione sostenibile d'impresa come integrazione di responsabilitŕ e opportunitŕ sociali ». STUDI ORGANIZZATIVI, no 2 (avril 2013) : 26–61. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-002002.

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Résumé :
Le concezioni e le prassi di responsabilitŕ sociale d'impresa (CSR, corporate social responsibility) che si sono affermate sino a tempi molto recenti riflettono prevalentemente una logica reattiva, incentrata sulla necessitŕ delle aziende di rilegittimarsi nei confronti dei loro stakeholder corrispondendo alla richiesta di riduzione e prevenzione dei costi sociali legati all'attivitŕ d'impresa (degrado ecologico, disoccupazione conseguente a ristrutturazioni, ecc.). Tuttavia l'attuale periodo, anche per le incertezze e questioni poste dalla crisi economica, rappresenta una fase singolarmente feconda per andare oltre questo approccio adattivo e raccogliere la sfida di una visione piů avanzata della dimensione sociale dell'agire d'impresa come innovazione sostenibile. Tale modello si basa sulla valorizzazione di beni, risorse ed esigenze di significato sociale ed č indirizzato alla creazione di valore integrato - economico, umano-sociale e ambientale - nel lungo termine. La caratteristica centrale di questo profilo d'impresa č la tendenza a operare in maniera socialmente proattiva, sviluppando un'attitudine a cogliere o persino anticipare le direzioni del cambiamento sociale con i suoi bisogni e problemi emergenti e facendo sě che l'integrazione di obiettivi economici e socio-ambientali nei processi strategico-produttivi si traduca in fattore di differenziazione dell'offerta di mercato e in una reale fonte di vantaggio competitivo. Nel presente lavoro si indica la praticabilitŕ di un simile modello riferendosi ai risultati di una recente indagine condotta su un campione di dieci imprese italiane, eterogenee per dimensioni, collocazione geografica, fase del ciclo di vita e settori di attivitŕ, che si estendono da comparti tradizionali (come quelli alimentare, edilizio, sanitario, dell'arredamento e della finanza) a campi di piů recente definizione e a piů elevato tasso di cambiamento tecnologico (quali l'ingegneria informatica, la comunicazione multimediale, il controllo dei processi industriali e il risanamento ambientale). La logica di azione di queste organizzazioni sembra ruotare intorno a una duplice dinamica di "valorizzazione del contesto": da un lato, l'internalizzazione nella strategia d'impresa di richieste e al contempo di risorse sociali orientate a una maggiore attenzione per l'ambiente naturale, per la qualitŕ della vita collettiva nei territori, per i diritti e lo sviluppo delle persone dentro e fuori gli ambienti di lavoro; dall'altro lato, la capacitŕ, a valle dell'attivitŕ di mercato, di produrre valore economico e profitti generando anche valore per la societŕ. Nei casi analizzati č presente la valorizzazione delle risorse ambientali, che si esprime mediante la riprogettazione di prodotti e processi e politiche di efficienza energetica di rifornimento da fonti di energia rinnovabile, raccordandosi con nuove aspettative sociali rispetto alla questione ecologica. Č coltivato il valore umano nel rapporto spesso personalizzato con i clienti e i partner di business ma anche nella vita interna d'impresa, attraverso dinamiche di ascolto e coinvolgimento che creano spazi per la soddisfazione di svariati bisogni e aspirazioni che gli individui riversano nella sfera lavorativa, aldilŕ di quelli retributivi. C'č empowerment del "capitale sociale" dentro e intorno all'organizzazione, ravvisabile specialmente quando le condotte d'impresa fanno leva su risorse relazionali e culturali del territorio e si legano a meccanismi di valorizzazione dello sviluppo locale. Troviamo inoltre il riconoscimento e la produzione di "valore etico" per il modo in cui una serie di principi morali (quali la trasparenza, il mantenimento degli impegni, il rispetto di diritti delle persone) costituiscono criteri ispiratori dell'attivitŕ di business e ne escono rafforzati come ingredienti primari del fare impresa. E c'č, naturalmente, produzione di valore competitivo, una capacitŕ di stare e avere successo nel mercato che si sostiene sull'intreccio di vari elementi. Uno di essi coincide con l'uso della leva economico-finanziaria come risorsa irrinunciabile per l'investimento in innovazione, piuttosto che in un'ottica di contenimento dei costi relativi a fattori di gestione - come la formazione - che possono anche rivelarsi non immediatamente produttivi. Altrettanto cruciali risultano una serie di componenti intangibili che, oltre alla gestione delle risorse umane, sono essenzialmente riconducibili a due aspetti. Il primo č lo sviluppo di know-how, in cui la conoscenza che confluisce nelle soluzioni di business č insieme tecnica e socio-culturale perché derivante dalla combinazione di cognizioni specializzate di settore, acquisite in virtů di una costante apertura alla sperimentazione, e insieme di mappe di riferimento e criteri di valutazione collegati alla cultura aziendale. L'altro fattore immateriale alla base del valore competitivo consiste nell'accentuato posizionamento di marchio, con la capacitŕ di fornire un'offerta di mercato caratterizzata da: a) forte specificitŕ rispetto ai concorrenti (distintivi contenuti tecnici di qualitŕ e professionalitŕ e soprattutto la corrispondenza alle esigenze dei clienti/consumatori e al loro cambiamento); b) bassa replicabilitŕ da parte di altri operatori, dovuta al fatto che le peculiaritŕ dell'offerta sono strettamente legate alla particolare "miscela" degli altri valori appena considerati (valore umano, risorse relazionali, know-how, ecc.). Ed č significativo notare come nelle imprese osservate questi tratti di marcata differenziazione siano stati prevalentemente costruiti attraverso pratiche di attenzione sociale non modellate su forme di CSR convenzionali o facilmente accessibili ad altri (p.es. quelle che si esauriscono nell'adozione di strumenti pur importanti quali il bilancio sociale e il codice etico); ciň che si tratti - per fare qualche esempio tratto dal campione - di offrire servizi sanitari di qualitŕ a tariffe accessibili, di supportare gli ex-dipendenti che avviano un'attivitŕ autonoma inserendoli nel proprio circuito di business o di promuovere politiche di sostenibilitŕ nel territorio offrendo alle aziende affiliate servizi tecnologici ad alta prestazione ambientale per l'edilizia. Le esperienze indagate confermano il ruolo di alcune condizioni dell'innovazione sostenibile d'impresa in vario modo giŕ indicate dalla ricerca piů recente: la precocitŕ e l'orientamento di lungo periodo degli investimenti in strategie di sostenibilitŕ, entrambi favoriti dal ruolo centrale ricoperto da istanze socio-ambientali nelle fasi iniziali dell'attivitŕ d'impresa; l'anticipazione, ovvero la possibilitŕ di collocarsi in una posizione di avanguardia e spesso di "conformitŕ preventiva" nei confronti di successive regolamentazioni pubbliche in grado di incidere seriamente sulle pratiche di settore; la disseminazione di consapevolezza interna, a partire dai livelli decisionali dell'organizzazione, intorno al significato per le strategie d'impresa di obiettivi e condotte operative riconducibili alla sostenibilitŕ; l'incorporamento strutturale degli strumenti e delle soluzioni di azione sostenibile nei core-processes organizzativi, dalla ricerca e sviluppo di prodotti/ servizi all'approvvigionamento, dall'infrastruttura produttiva al marketing. Inoltre, l'articolo individua e discute tre meccanismi che sembrano determinanti nei percorsi di innovazione sostenibile osservati e che presentano, per certi versi, alcuni aspetti di paradosso. Il primo č dato dalla coesistenza di una forte tradizione d'impresa, spesso orientata sin dall'inizio verso opzioni di significato sociale dai valori e dall'esperienza dell'imprenditore-fondatore, e di apertura alla novitŕ. Tale equilibrio č favorito da processi culturali di condivisione e di sviluppo interni della visione di business, da meccanismi di leadership dispersa, nonché da uno stile di apprendimento "incrementale" mediante cui le nuove esigenze e opportunitŕ proposte dalla concreta gestione d'impresa conducono all'adozione di valori e competenze integrabili con quelli tradizionali o addirittura in grado di potenziarli. In secondo luogo, si riscontra la tendenza a espandersi nel contesto, tipicamente tramite strategie di attraversamento di confini tra settori (p.es., alimentando sinergie pubblico-private) e forme di collaborazione "laterale" con gli interlocutori dell'ambiente di business e sociale; e al contempo la tendenza a includere il contesto, ricavandone stimoli e sollecitazioni, ma anche risorse e contributi, per la propria attivitŕ (p.es., nella co-progettazione dei servizi/prodotti). La terza dinamica, infine, tocca piů direttamente la gestione delle risorse umane. Le "persone dell'organizzazione" rappresentano non soltanto uno dei target destinatari delle azioni di sostenibilitŕ (nelle pratiche di selezione, formazione e sviluppo, welfare aziendale, ecc.) ma anche, piů profondamente, il veicolo fondamentale della realizzazione e del successo di tali azioni. Si tratta, cioč, di realtŕ organizzative in cui la valorizzazione delle persone muove dagli impatti sulle risorse umane, in sé cruciali in una prospettiva di sostenibilitŕ, agli impatti delle risorse umane attraverso il loro ruolo diretto e attivo nella gestione dei processi di business, nella costruzione di partnership con gli stakeholder e nei meccanismi di disseminazione interna di una cultura socialmente orientata. In tal senso, si distingue un rapporto circolare di rinforzo reciproco tra la "cittadinanza nell'impresa" e la "cittadinanza dell'impresa"; vale a dire, tra i processi interni di partecipazione/identificazione del personale nei riguardi delle prioritŕ dell'organizzazione e la capacitŕ di quest'ultima di generare valore molteplice e "condiviso" nel contesto (con i clienti, il tessuto imprenditoriale, le comunitŕ, gli interlocutori pubblici, ecc.). In conclusione, le imprese osservate appaiono innovative primariamente perché in grado di praticare la sostenibilitŕ in termini non solo di responsabilitŕ ma anche di opportunitŕ per la competitivitŕ organizzativa. Questa analisi suggerisce quindi uno sguardo piů ampio sulle implicazioni strategiche della CSR e invita a riflettere su come le questioni e i bisogni di rilievo sociale, a partire da quelli emergenti o acuiti dalla crisi economica (nel campo della salute, dei servizi alle famiglie, della salvaguardia ambientale, ecc.), possano e forse debbano oggi sempre piů situarsi al centro - e non alla periferia - del business e della prestazione di mercato delle imprese.
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Pollis, F., F. Riva, F. M. Dallavalle, D. Inverardi, S. Leoncino, D. Romano et R. Guaschino. « Formazione sul campo : un utile strumento per avviare il percorso di accreditamento previsto dall’accordo Stato – Regioni del 16/12/2010 ». Working Paper of Public Health 1, no 1 (15 juin 2012). http://dx.doi.org/10.4081/wpph.2012.6775.

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Per “Formazione sul campo” si intende una tipologia di formazione che si realizza in concomitanza della pratica lavorativa, quando questa si sostanzia in determinate azioni. Essa si sviluppa e si realizza direttamente mentre si lavora. Nasce interrogando e facendoci interrogare dall’esperienza e si propone di mettere al centro dei processi di apprendimento problemi operativi concreti e reali. Si collega alle esigenze delle organizzazioni che perseguono concretamente lo sviluppo della qualità dei servizi e trova terreno fertile laddove i professionisti lavorano mossi da spirito di ricerca. Il percorso formativo che è stato attivato dalla S.C. di Medicina Trasfusionale dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria nell’ultimo quadrimestre del 2011, è nato dall’esigenza di dotare i medici volontari che operano in nome e per conto dell’Azienda stessa, attraverso le associazioni, delle competenze necessarie per la gestione della corretta selezione del donatore.
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Cunha, Lucas Pereira, et Max Emiliano da Silva Sena. « Riparazione del danno fuori bilancio in ottica costituzionale-lavorativa : un approccio critico ai limiti di valutazione posti dalla riforma del lavoro ». Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, 15 septembre 2020, 60–86. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/legge/danno-fuori-bilancio.

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Résumé :
Questo articolo mira a ricercare la risposta al tema problema coerente nelle seguenti domande: Qual è la prospettiva costituzionale del risarcimento del lavoro fuori equilibrio? Quali sono i possibili aspetti positivi e negativi della limitazione dei valori stabilita dalla riforma del lavoro del 2017 per la determinazione del risarcimento per la pratica dei danni extra-patrimoniali derivanti dal rapporto di lavoro? Il tema è attualmente importante, date le posizioni favorevoli e contrarie alla fissazione dei limiti di risarcimento del danno morale, in modo che sia destinato a contribuire alla discussione attraverso una ricerca critica, che propone di ricercare il tema nelle sue varie possibilità. Alla fine, sarà possibile osservare che vi sono punti positivi e negativi in relazione alla limitazione dei valori di riparazione per danni extra-patrimoniali, e spetta agli interpreti assumere posizioni più in linea con la soluzione dei casi concreti. Abbiamo utilizzato il metodo dell’approccio deduttivo e della ricerca dogmatico-giuridica di natura bibliografica, con la consultazione di opere, giurisprudenza e legislazione.
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Cunha, Lucas Pereira, et Max Emiliano da Silva Sena. « Riparazione del danno fuori bilancio in ottica costituzionale-lavorativa : un approccio critico ai limiti di valutazione posti dalla riforma del lavoro ». Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, 15 septembre 2020, 60–86. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/legge/danno-fuori-bilancio.

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Résumé :
Questo articolo mira a ricercare la risposta al tema problema coerente nelle seguenti domande: Qual è la prospettiva costituzionale del risarcimento del lavoro fuori equilibrio? Quali sono i possibili aspetti positivi e negativi della limitazione dei valori stabilita dalla riforma del lavoro del 2017 per la determinazione del risarcimento per la pratica dei danni extra-patrimoniali derivanti dal rapporto di lavoro? Il tema è attualmente importante, date le posizioni favorevoli e contrarie alla fissazione dei limiti di risarcimento del danno morale, in modo che sia destinato a contribuire alla discussione attraverso una ricerca critica, che propone di ricercare il tema nelle sue varie possibilità. Alla fine, sarà possibile osservare che vi sono punti positivi e negativi in relazione alla limitazione dei valori di riparazione per danni extra-patrimoniali, e spetta agli interpreti assumere posizioni più in linea con la soluzione dei casi concreti. Abbiamo utilizzato il metodo dell’approccio deduttivo e della ricerca dogmatico-giuridica di natura bibliografica, con la consultazione di opere, giurisprudenza e legislazione.
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Fiocco, Claudia, Sara Dionisi, Emanuele Di Simone, Carmen Cappitella, Noemi Giannetta et Marco Di Muzio. « INDAGINE CONOSCITIVA SUL CONCETTO DI COMPETENZA AVANZATA NELLA PROFESSIONE INFERMIERISTICA ». Nsc Nursing, 2020. http://dx.doi.org/10.32549/opi-nsc-42.

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Introduzione: L’evoluzione della formazione infermieristica ha di fatto portato ad un accrescimento di conoscenze e competenze che hanno reso gli infermieri dei veri e propri professionisti. Con l’introduzione del comma 566 della Legge di stabilità del 2015 e della Legge 24 del 2017, è stata posta una maggiore attenzione sull’utilizzo delle Linee Guida e su come esse, insieme alla buona pratica, possano ridurre il ricorso ad una medicina difensiva. Obiettivo: Indagine sulle conoscenze del personale infermieristico riguardanti i concetti di competenza avanzata e responsabilità professionale, in relazione al loro agire quotidiano, e ai nuovi assetti normativi. Materiali e Metodi: Uno studio cross-sectional è stato eseguito su un campione di 60 soggetti fra Giugno 2019 e Settembre 2019, presso l’ospedale Policlinico Umberto I di Roma. È stata condotta una survey, rivolta agli infermieri operanti nel setting dell’area critica e chirurgica, mediante l’utilizzo di un questionario non validato, in forma anonima in cui vengono analizzati e saggiati: a) dati anagrafici; b) analisi dell’attività lavorativa; c) analisi delle conoscenze. Risultati: Sono stati convalidati per lo studio 60 questionari correttamente compilati, con un tasso di risposta del 63.8%. Il 68.3% degli infermieri era di sesso femminile ed il 31.6% di sesso maschile. L’età media del campione è di 35.2 anni. Il 16.7% degli infermieri utilizza sempre le linee guida aziendali/ministeriali nella pratica clinica; il 36.7% le usa raramente; il 41.7% le utilizza abbastanza, mentre il 5% non le utilizza mai. In relazione alla conoscenza della normativa vigente, emerge che il 48.3% non conosce il comma 566 della Legge di stabilità, con il 48.3% del campione che asserisce di conoscere la Legge Gelli. Conclusione: Dai risultati ottenuti emerge la necessità del personale infermieristico di una maggiore formazione circa gli aspetti legali della professione mediante una formazione dedicata. Inoltre emerge l’importanza dell’aggiornamento professionale come mezzo per non incorrere in atti di medicina difensiva.
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Primavera, Emanuele, et Simona Leonelli. « Un’indagine sulla percezione del carico assistenziale tra gli infermieri italiani, nell’era del COVID-19 ». Nsc Nursing, 2020. http://dx.doi.org/10.32549/opi-nsc-43.

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Résumé :
Introduzione: La pandemia, dichiarata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità l’11 marzo 2020, a seguito dell’infezione da COVID-19, ha portato le aziende sanitarie ad affrontare una rapida riorganizzazione dei processi assistenziali. Tale condizione ha determinato cambiamenti sostanziali nella pratica degli operatori sanitari. Obiettivo: L’obiettivo dello studio è analizzare il carico assistenziale percepito dagli infermieri italiani, che a causa del COVID-19, si trovano a rispondere sul campo a nuovi bisogni assistenziali. Materiali e Metodi: È stata condotta un’indagine trasversale attraverso la somministrazione di un questionario online riguardante il carico assistenziale percepito dagli infermieri, attraverso l’Indice di Dipendenza Assistenziale (IDA score). Il questionario è stato somministrato nei mesi di Aprile e Maggio 2020 ed è stato postato in tre gruppi di infermieri su Facebook. I post sono stati visualizzati da 956 persone e 281 questionari completi sono stati restituiti(tasso di risposta 29.4%). Risultati: I risultati mostrano che gli infermieri percepiscono un IDA score medio-alto, cioè in media i pazienti richiedono un’assistenza relativamente elevata. Movimento, igiene,ambiente sicuro e respirazione sono i bisogni maggiormente percepiti ad alta dipendenza. Inoltre, gli infermieri che hanno percepito un carico assistenziale maggiore sono principalmente localizzati nel Sud Italia e Isole, di sesso maschile, con età superiore ai 40 anni e operanti nei reparti di area critica e/o nei reparti COVID-19. Discussione: Volendo fornire una fotografia della situazione lavorativa attuale del nostro campione di infermieri Italiani, i risultati hanno mostrano differenze interessanti tra le percezioni degli infermieri in base al genere, all’età, all’area geografica e al reparto di appartenenza. I risultati del nostro studio mostrano che i bisogni a maggior dipendenza assistenziale in questo periodo pandemico sono: movimento, igiene,ambiente sicuro e respirazione. Questi, nella letteratura internazionale, vengono generalmente tralasciati dagli operatori a causa di carenza di personale nei reparti e numero troppo elevato di pazienti per operatore. Pertanto, nel periodo pandemico, questi bisogni sono riemersi e si è riscoperto da un lato, l’importanza per il paziente e dall’altro l’impegno che essi richiedono all’operatore per essere attuate. Di qui la nostra conclusione: la dipendenza assistenziale del paziente affetto da COVID-19 ha un grande impatto sul lavoro e sul benessere psico-fisico dell’infermiere.
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Mencattelli, F., C. Galletti, E. Cristofori, P. Poddighe et M. L. Rega. « L’importanza del corpo nelle cure infermieristiche : un contributo dalla letteratura ». Medicina e Morale 61, no 1 (28 février 2012). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2012.147.

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Résumé :
Molto è stato detto e scritto sul ruolo del corpo nella pratica infermieristica: il corpo del paziente non è un semplice “oggetto” sul quale mettere in atto pratiche assistenziali, terapeutiche e riabilitative, ma un “soggetto incarnato”, carico di esperienze, idee, vissuti e aspettative. Nella relazione di cura, il professionista infermiere entrando in contatto con il corpo dell’altro, che è un corpo vissuto, denso di significati “attiva” anche il “proprio corpo” che è altrettanto “vivo”, carico di emozioni, affettività, intimità, sessualità. Dall’incontro tra “corporeità” emergono le dimensioni più profonde e latenti del proprio essere donne e uomini. Nella riflessione concettuale sull’assistenza infermieristica grande rilievo ha assunto il tema del prendersi cura e il considerare la persona assistita nella sua multidimensionalità bio-psico-sociale, ma nella realtà lavorativa si fa fatica a vedere professionisti sanitari che concretamente mettano in atto quanto sistematizzato a livello teorico. La motivazione prevalente nel presentare questo lavoro risiede nell’interesse di fornire una chiave di lettura che sia di stimolo sia per l’operare quotidiano sia per la riflessione epistemologica sui principi fondanti l’infermieristica. Il richiamo al corpo, infatti, non è solo al corpo della persona assistita ma anche al proprio corpo e sollecita tutti a revocare la propria esperienza in senso nuovo, più ampio e profondo. ---------- A lot is been said about the role of the human body in the nursing practice: the patient’s body isn’t simply an object to apply care practices, therapeutic and rehabilitation, but it should be seen as an “embodied subject”, full of experiences, ideas and expectations. Throughout the care procedure, the nursing professional comes into contact with the body of the patient, a living person full of emotions creating an interaction between patient and care worker. Reflecting upon the theoretical concept of nursing care, much significance is placed on to the theme of the cure for the patient considering their bio-psycho-social multidimensionality, but in the reality of the working environment it is difficult to witness the systematically application of these theories. The primary motive for presenting this work resides in the interest of providing a key to stimulate, review daily operations and epistemological reflection on the founding principles of nursing. In fact, the concept of the body, not being an object, is equally applicable to that of the nurse and evokes their experience in a new sense, more broad and deep.
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Salerni, Anna. « Il tirocinio universitario come strumento orientativo/formativo. Il modello dei Corsi di laurea pedagogici della Sapienza (Università di Roma) ». Revista Practicum 1, no 1 (8 août 2016). http://dx.doi.org/10.24310/revpracticumrep.v1i1.8258.

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Scienze dell’educazione della “Sapienza”, Università di Roma. Il valore formativo dell’attività di tirocinio nello sviluppo della professionalità non risiede soltanto nella possibilità di favorire un generico raccordo tra formazione e lavoro. Esso è legato anche alle molteplici possibilità di facilitare la scelta professionale degli studenti, di poter realizzare un’esperienza pratico-professionale e, ancora, di acquisire competenze sociali nelle “comunità di pratica” lavorative. L’attività di tirocinio universitario, infatti, se ben progettata e organizzata, permette ai giovani di raggiungere una formazione utile ad affrontare il mondo sociale e produttivo consentendo loro di compiere suelte professionali consapevoli. Inoltre, grazie a un tirocinio ben programmato, le organizzazioni che ospitano gli studenti (imprese, enti pubblici e privati) possono avere una conoscenza diretta degli specifici profili professionali formati attraverso i percorsi universitari e delle possibili risorse umane da impiegare. I Corsi di laurea pedagogici della "Sapienza” hanno realizzato un modello circolare e integrato di tirocinio ovvero un modello che permette di pianificare un percorso formativo adeguato al raggiungimento degli obiettivi di studio e di lavoro, tenendo conto delle competenze, delle conoscenze e degli interessi degli studenti nonché dell’evoluzione del mercato del lavoro. Per rendere il tirocinio uno strumento realmente formativo e orientativo per le scelte anche lavorative, è fondamentale una sistematica attività di riflessione critica sull’intera attività da parte di tutti gli attori coinvolti: riflessione da condursi dalla fase di avvio fino a quella finale. Centrale in tale azione è il monitoraggio dell’attività, avviata fin dall’a.a. 2002-2003, nelle sue diverse fasi e per mezzo di differenti strumenti di rilevazione ora quasi tutti digitalizzati (da strumenti maggiormente strutturati come i questionari a strumenti semi strutturati e aperti, quale il colloquio e la relazione di tirocinio).
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Mattioli, Sara. « Il problem-based learning come metodologia di aggiornamento degli infermieri : esperienza nelle realtà dei gruppi ristretti di una residenza protetta per anziani/Problem-based learning as a training methodology for nurses : experience in small groups in a retirement home ». Italian Journal of Wound Care 3, no 1 (22 mars 2019). http://dx.doi.org/10.4081/ijwc.2019.38.

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Résumé :
L’adulto è visto come un essere che continua ad apprendere. Il modo in cui esso apprende è descritto nell’andragogia, di cui il massimo esponente è Malcom Knowles. Nel modello andragogico risulta centrale il ruolo che riveste l’esperienza dell’adulto nel modo di apprendere e di questo contesto fanno parte gli esercizi del problem solving. Negli anni ’60, il neurologo Barrows inizia a introdurre la metodologia del problem-based learning nelle sue lezioni, proponendo una metodologia di apprendimento basata sulla risoluzione di un problema, reale o realistico, da parte dei discenti che, collaborando tra loro, cercano di dargli una soluzione, in modo che le nozioni apprese possano essere applicate alla realtà lavorativa quotidiana. Questa metodologia è stata applicata a un piccolo gruppo di dieci infermieri di una residenza protetta per anziani, riguardo alla cura delle lesioni che maggiormente si trovano a trattare nella loro realtà, al fine di vedere concretamente se potesse essere uno strumento valido da proporre come corso di aggiornamento, in alternativa agli attuali corsi in plenaria. È stato somministrato loro un questionario di 10 domande, a risposta multipla, relativo alla pratica delle medicazioni di tre tipologie di lesioni: lesioni da pressione, skin tears e lesioni venose. Questo è stato somministrato all’inizio e al termine del lavoro di gruppo, svolto su tre casi reali di lesioni e sono stati messi a confronto i risultati. I risultati ottenuti sono stati soddisfacenti, gli infermieri hanno dimostrato di avere imparato nuove nozioni e corretto quelle errate: si passa da un 61% di risposte corrette nel test iniziale a un 97% in quello finale. Il lavoro è stato apprezzato anche dagli stessi infermieri che lo hanno svolto, si sono sentiti coinvolti e hanno partecipato attivamente e con attenzione al corso. Questi aspetti positivi suggeriscono che si potrebbe adottare maggiormente questa metodologia applicandola ai corsi di diverse figure professionali (infermieri, medici, OSS, ecc.). The adult is seen as being who continues to learn. The way in which it learns is described in andragogy, whose leading exponent is Malcom Knowles. The role played by the adult’s experience in the way of learning is central in the androgical model and problemsolving exercises are part of this context. In the 1960’s the neurologist Barrows begins to introduce the methodology of problem-based learning in his lessons, by proposing a learning methodology based on the resolution of an issue, real or realistic, by learners. Learners had to cooperate with each other trying to find a solution and they would have applied those learned lessons to their working daily reality. This methodology was applied to a small group of ten nurses, who were working in a protected residence for the elderly, in order to verify, in a very concrete way, whether it could be considered as a valid instrument and proposed in the form of an updating course, as a possible alternative to the current plenary courses. The nurses were asked to answer a questionnaire based on ten multiple choice questions, concerning the practice of medication to three types of ulcers: pression ulcers, skin tears and venous ulcers. The questionnaire was administered at the beginning and end of group work carried out on three real cases of ulcers and the results were compared. The results obtained were satisfactory, nurses shown to have learned new knowledge and correct those incorrect: they have increased from 61% of correct answers in the initial test at the 97% by the end. The work was also appreciated by the nurses themselves because they felt involved and participated actively and carefully to the course. These positive aspects suggest that you could adopt this methodology by applying it to the various professional figures (nurses, doctors, socio healthcare workers, etc.).
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Pensieri, C., F. Cavicchi et M. Pennacchini. « La Quinta Disciplina e le 7 incapacità di apprendere nel management sanitario ». Medicina e Morale 65, no 5 (23 novembre 2016). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2016.455.

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Résumé :
Molte grandi aziende consolidate, per stare al passo con i cambiamenti dell’ambiente esterno, cercano di continuo dei modi per incoraggiare il cambiamento e l’innovazione. Oggi il problema è comprendere in che modo le organizzazioni sanitarie siano in grado di apprendere, cioè di cambiare sé stesse. Educare alla riflessività e al pensiero riflessivo di matrice deweyana si rivela molto utile poiché dal punto di vista pratico, gli effetti e gli impieghi della riflessività vanno rintracciati sia a livello individuale sia a livello sistemico, ossia delle organizzazioni, poiché favoriscono l’apprendimento, il cambiamento, l’innovazione e la creatività. La Quinta Disciplina aiuta l’essere umano a comprendere meglio cosa lo ostacola nell’apprendere qualcosa di nuovo e a transagire efficacemente in un ambiente che cambia al pari di lui stesso. Nell’ambito delle scienze economiche e di management la “Quinta Disciplina” rappresenta uno degli studi più avanzati della Sloan School of Management del Massachusetts Institute of Technology (MIT). In questo articolo si analizzano le “7 incapacità di apprendere” tipiche di ogni azienda e organizzazione. La conoscenza delle aree tematiche della Quinta Disciplina è importante per i professionisti sanitari responsabili di altre persone/servizi, poiché i leader stanno sempre più assumendo piena consapevolezza dell’importanza di sostenere e promuovere contesti organizzativi/lavorativi favorevoli e stimolanti, come parte integrante e necessaria della mission aziendale e come obiettivo fondamentale per poter concretizzare azioni di miglioramento.Lots of established companies, in order to keep up with the external environment’s changes, are continuously seeking new ways to encourage change and innovation. Today the problem is to understand how much healthcare organizations (HCO) are able to learn and to change themselves. The reflexivity and reflective thinking of Dewey’s education is very useful because, the effects and right uses of reflexivity are tracked at both individual and systemic level, which may be HCO, fostering learning, change, innovation and creativity. The Fifth Discipline helps the human being to better understand what hinders him to learn something new and to transact effectively in a changing environment like himself. In economic and management sciences, the Fifth Discipline is one of the most advanced studies of the Sloan School of Management of the Massachusetts Institute of Technology (MIT). In this article we analyze the “7 inabilities to learn” typical of every business organization. The knowledge of this thematic areas is important for health professionals responsible for other people or services. As leaders are increasingly assuming full awareness of the importance of supporting and promoting organizational favorable and challenging contexts, the integral and necessary company’s mission and fundamental objective are important to promote concrete actions for improvement.
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Tambone, Vittoradolfo, Gaetano Piccinocchi et Massimiliano Andrea Vitali. « Studio pilota sui problemi etici emergenti fra i medici di base in Italia ». Medicina e Morale 62, no 2 (30 avril 2013). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2013.101.

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Résumé :
Il medico di Medicina Generale, per la natura della sua professione, si trova spesso di fronte a problematiche etiche e bioetiche molto diverse, almeno in termini di applicazione, da quelle in cui si trovano i medici ospedalieri e che sembrano coinvolgere la Pratica Clinica nel suo complesso (tessuto sociale e familiare, la medicina del territorio). Tali dinamiche, a volte, rimangono ignorate e lontane anche dagli obiettivi didattici del sistema universitario italiano. L’obiettivo di questo studio pilota, è quello di raccogliere dati oggettivi sufficienti per poter organizzare un piano formativo specifico che colleghi il mondo universitario e la medicina del territorio. A tal fine è stato predisposto un questionario dall’analisi del quale emerge che i principali problemi etici percepiti dai medici di Medicina Generale sono la comunicazione di cattive notizie, i problemi familiari associati alle dipendenze (alcol, droghe, eccetera) ed il rapporto con i colleghi. Si può affermare, in base ai dati raccolti, che i problemi legati alla comunicazione (che in Letteratura rappresentano circa il 5% rispetto a quelli abitualmente considerati prioritari nel dibattito bioetico – quali aborto, fecondazione in vitro ed eutanasia) e quelli derivanti dalla difficoltà nel relazionarsi con i problemi accessori a quelli strettamente sanitari, come ad esempio i problemi familiari associati alle dipendenze, sono prioritari nella percezione degli intervistati. È emerso, inoltre, che il sentire la necessità di acquisire strumenti formativi in ambito etico è correlato all’esperienza della difficoltà ad interagire con questa tipologia di problematiche che non varia in funzione degli anni lavorativi trascorsi. Infine è emerso che le attività formative preferite (corsi residenziali, ECM e Master) sono quelle che permettono maggiore relazione formativa interpersonale sia con docenti (relazione verticale), sia con colleghi (relazione orizzontale). Tale tendenza suggerisce di dedicare maggiore attenzione alla formazione relazionale, probabilmente inserendo nella didattica formale moduli specifici di Psicologia Sociale e di Antropologia. ---------- The general practitioner, by nature of his profession, is often faced with many different ethical and bioethical issues from those with which other physicians who work in healthcare facilities are faced with. These problems seem to involve the whole social and family structure and primary healthcare, concerning aspects that are sometimes disregarded and distant even from the learning goals of the Italian university system. The aim of this pilot study is to collect objective data enough to organize a specific training plan that links university to general practice medicine. A questionnaire was therefore developed and submitted in an anonymous form to the participants of the 32nd National Congress of the Italian Society of General Medicine, held in Florence in November of 2011. The analysis of the questionnaires has shown that the main ethical problems perceived among general practitioners are communicating bad news, family problems associated with addictions (alcohol, drugs, etc.) and professional relationships with colleagues. According to the data collected, the following matters are most important for the respondents: problems related to communication (which in literature represent about 5% of the priorities usually considered the bioethical debate – such as abortion, in vitro fertilization and euthanasia) and those arising from the difficulty in incidental problems which are not strictly healthcare related, such as family problems associated with addictions. Furthermore feeling the need to acquire tools and training in ethics is related to experiencing the uneasiness with this kind of problem, and the fact that this uneasiness does not change with the years spent working, suggests that it is constantly present in this professional category. However, as many as 27% of respondents affirm they have not encountered ethical issues during their career. Finally it was found that the preferred learning types (residential courses, CME and post graduate diplomas) are those that allow greater interpersonal or educational relationship with teachers (vertical relationship) and with colleagues (horizontal relationship). This trend suggests to put greater emphasis on relational training possibly by introducing specific courses to Psychology and Social Anthropology in frontal teaching.
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