Thèses sur le sujet « Poesia degli anni sessanta »

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1

Annovi, Gian Maria <1978&gt. « Altri corpi : temi e figure della corporalità nella poesia degli anni Sessanta ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/32/1/Tesi_di_Dottorato_di_Gian_Maria_Annovi%2C_Italianistica_anno_2.pdf.

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2

Annovi, Gian Maria <1978&gt. « Altri corpi : temi e figure della corporalità nella poesia degli anni Sessanta ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/32/.

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3

Ricci, Laura <1993&gt. « Angura : Avanguardia Teatrale Giapponese degli anni Sessanta ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14846.

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Résumé :
L'oggetto della mia tesi è un movimento teatrale di avanguardia chiamato angura, emerso negli anni sessanta in Giappone. Il termine (wasei eigo di underground) ne sottolinea le origini: sotterranei, piccole sale nascoste, bar, tende, comunque luoghi alternativi, spesso precari e itineranti. Teatro dai forti connotati politici, nasce dai tumulti delle lotte del movimento studentesco e delle violente manifestazioni contro il rinnovo del trattato di sicurezza con gli Stati Uniti (conosciuto con il nome Anpo). Protagonista del movimento anti-Anpo fu lo Zengakuren, federazione nazionale di studenti che si staccherà dal partito comunista, dando vita alla Nuova Sinistra. Da questo humus di contestazione e fermento politico nasce l'angura, teatro irriverente e fuori dagli schemi. Esso si pone in aperta rottura con lo shingeki, teatro di ispirazione occidentale, che dal dopoguerra era andato consolidandosi come istituzione e spettacolo di consumo. La nuova generazione di artisti, tra cui Satō Makoto, Kara Jūrō, Suzuki Tadashi e Terayama Shūji, dà vita ad una vera e propria “rivoluzione teatrale”, mettendo in discussione l'idea stessa di teatro: il modo di concepire le messe in scena, il rapporto con il pubblico e lo spazio scenico. All'insegna di una sperimentazione continua, essi recuperano la tradizione autoctona fondendola sapientemente alle avanguardie occidentali, restituiscono valore assoluto e incondizionato al corpo e sfumano il confine tra vita e teatro.
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4

Colliva, Teresa <1991&gt. « Rappresentazioni e narrazioni dell'Africa nell'Italia degli anni Sessanta ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amsdottorato.unibo.it/9805/1/colliva_teresa_tesi.pdf.

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Résumé :
Attraverso l’analisi di settimanali illustrati, film, programmi televisivi, reportages di viaggio, questa tesi vuole offrire un’ampia panoramica sulle rappresentazioni africane più diffuse nella società italiana degli anni Sessanta. L’indagine considera un decennio di transizione sia per l’Italia che per l’Africa: mentre la prima, dopo aver perso Libia, Eritrea ed Etiopia durante la Seconda guerra mondiale, termina l’amministrazione fiduciaria in Somalia, la seconda è attraversata dalle lotte di liberazione e celebra la nascita dei nuovi Stati indipendenti, finalmente libera di immaginarsi svincolata dalle ingerenze europee. I casi studio presentati fanno emergere i vari aspetti dello sguardo italiano al continente africano: reticente nel riconoscere le potenzialità dei nuovi Stati e ancora viziato da una forte componente esotica e coloniale, fatica a considerare l’Africa parte della Storia mondiale, ritenendola ancora semplice meta per eccellenza delle fughe esotiche occidentali. Per quanto riguarda gli ex territori coloniali italiani, essi fanno molto spesso la loro apparizione sulle pagine delle riviste perché sfondo necessario per i racconti delle gesta eroiche dell’esercito italiano in Libia e in Africa Orientale. A queste rappresentazioni ne vengono affiancate altre, più marginali e militanti, che rivelano altri modi attraverso i quali l’immagine del Continente circolasse nei media del periodo: l’Africa e il suo desiderio di futuro, esempio per i vari soggetti rivoluzionari globali, pienamente inserita nella Storia, e l’Africa come continente in movimento, finalmente liberato dall’immobilità del mito.
Through the analysis of illustrated magazines, films, television programmes, travelogues, this thesis aims to offer a broad overview on the most widespread representations of Africa in 1960s Italian society. The study examines a decade of transition for both Italy and Africa: while the former, after losing Libya, Eritrea and Ethiopia during the Second World War, ends its trusteeship in Somalia, the latter is in the midst of liberation struggles and celebrates the birth of the new independent states, finally free to imagine itself emancipated from European influence. The case studies presented highlight the various aspects of the Italian view on the African continent: reluctant to recognise the potential of the new states and still marked by a strong exotic and colonial component, it struggles to consider Africa as part of world history, still holding it to be a simple destination par excellence for exotic Western escapes. As far as the former Italian colonial territories are concerned, they very often appear in the pages of magazines as a necessary background for the stories of the heroic deeds of the Italian army in Libya and East Africa. Alongside these representations are other, more marginal and militant ones, which reveal other ways in which the image of the Continent circulated in the media of the period: Africa and its desire for the future, an example for the various global revolutionary actors, fully embedded in History, and Africa as a continent in motion, finally freed from the immobility of myth.
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5

Missero, Dalila <1988&gt. « La scalata al sesso. L'erotismo nel cinema italiano degli anni Sessanta ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amsdottorato.unibo.it/8507/1/DalilaMissero_Tesi.pdf.

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Résumé :
Questo lavoro analizza il processo di progressiva sessualizzazione del cinema italiano negli anni Sessanta. Attraverso un ordine cronologico, lo studio propone una metodologia che integra gli strumenti dei film studies con quelli degli studi culturali, della history of sexuality e dei gender studies. L’obiettivo è fornire una lettura del processo di liberalizzazione delle rappresentazioni della sessualità nel cinema italiano come un elemento di un fenomeno socio culturale più ampio. Per questo la tesi integra in maniera consistente la ricostruzione della cultura cinematografica del periodo con i discorsi sulla sessualità veicolati nell’editoria di consumo, nei periodici e nei rotocalchi. Inoltre, si è posta particolare attenzione alle influenze provenienti dall’estero come prova di una crescente tendenza all’espansione transnazionale delle industrie culturali di quegli anni. Le cinque sezioni tematiche della tesi analizzano: la questione dell’emancipazione femminile e le sue rappresentazioni nei film inchiesta; la presenza nella cultura popolare e nelle commedie di argomenti psicanalitici e sessuologici; le rappresentazioni di gender e sessualità nei generi popolari; la “rivoluzione sessuale” in relazione alla nascita delle riviste per soli uomini e del “film sexy”.
The thesis analyzes the process of sexualization of the Italian cinema in the sixties. Following a chronological order, the study employs a methodology which combines film studies with cultural studies, the history of sexuality and gender studies. Its ultimate aim is to read the liberalization of the representations of sex in Italian cinema as part of a wider socio-cultural process. As such, the thesis reconstructs not only the cinematic culture of the time, but moreover consistently analyzes discourses on sexuality in publishing, newspapers and the popular press. Furthermore, it investigates the foreign influences in Italian popular culture, as proof of the increasing transnational character of the cultural industries. In particular, the five main sections of the thesis focus on: the theme of women’s emancipation in the film inchiesta, the dissemination of psychoanalysis and sexology in Italian mass culture and comedy, the representations of gender and sexuality in popular film genres, the “sexual revolution” in relation to the birth of the adult-only magazines and the formation of the “sexy” film genre.
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6

BORRONI, Chiara. « Architetture dell'immaginario. La casa nel cinema italiano degli anni Cinquanta e Sessanta ». Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2010. http://hdl.handle.net/10446/608.

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Résumé :
The migration of cultural and visual forms from a medium to another entails the consideration of media environment as an experimental one. Since the house can be thought over as a media environment – being either constructed in the media or infiltrated by the media – it may be also considered as a space of negotiation structured by images. In this sense the domestic visual environment becomes physical, psychological and imaginary at the same time, and its analysis exacts a specific attention to the processes of re-appropriation, re-mediation and re-location underneath. Therefore the main aim of this essay is to find out, through an interdisciplinary approach of analysis, the cultural patterns on which the visual culture of domesticity was built in Italy during the Fifties and Sixties. In fact, mapping the evolution of all the symbolic patterns allows us to detect the mutation of cultural forms concerning domesticity, including images in the field of structuring element of space. Besides developing the analogies between architectonic and cinematographic experiences of domesticity, the study inquires into the joined influence of architecture and cinema on the popular imaginary of it, basing itself on Le Corbusier’s and Ejzenštein’s remarks about movement and perception.
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7

Marchi, Michele <1977&gt. « Il cattolicesimo politico e il tornante degli anni Sessanta in Italia e Francia ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/607/1/marchi.pdf.

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8

Marchi, Michele <1977&gt. « Il cattolicesimo politico e il tornante degli anni Sessanta in Italia e Francia ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/607/.

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9

Lotta, Daniela <1974&gt. « Arte e design in Italia dalla metà degli anni Sessanta alle ultime tendenze ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7056/1/lotta_daniela_tesi.pdf.

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Résumé :
Il lavoro di ricerca è rivolto ad indagare l’emersione di schemi di variazione comuni all’arte e al design, limitatamente al contesto italiano e in un arco di tempo che va dalla metà degli anni Sessanta del secolo scorso a oggi. L’analisi vuole rintracciare, mediante l’applicazione della metodologia fenomenologica, un sentire condiviso tra le due discipline e, nel pieno rispetto dei relativi linguaggi e con nessuna volontà di sudditanza degli uni rispetto agli altri, individuare i rapporti di corrispondenza omologica capaci di mettere in luce lo spirito del tempo che le ha generate. La ricerca si pone l’obiettivo di estendere gli studi sul contemporaneo attraverso un’impostazione che intende applicare gli strumenti metodologici della critica d’arte all’evoluzione stilistica delle tendenze del design italiano. Non si è voluto redigere una “storia” del design italiano ma, considerata anche l’ampiezza dell’argomento, si è necessariamente proceduto a delimitare il territorio di applicazione scegliendo di prendere in considerazione il solo settore del design dell’arredo. Si è dunque optato per una visione globale delle vicende del design del prodotto, tesa ad indagare gli snodi principali, concentrando pertanto l’analisi su alcuni protagonisti della cultura del progetto, ossia su quelle figure risultate dominanti nel proprio tempo perché capaci con il loro lavoro di dare un contribuito determinante alla comprensione delle fasi evolutive del design italiano. Gli strumenti utili a condurre l’analisi provengono principalmente dalla metodologia binaria individuata dallo storico dell’arte Heinrich Wölfflin e dagli studi di Renato Barilli, il cui impianto culturologico ha fornito un indispensabile contributo al processo di sistematizzazione dei meccanismi di variazione interni alle arti; sia quelli di tipo orizzontale, di convergenza reciproca con gli altri saperi, che di tipo verticale, in rapporto cioè con le scoperte scientifiche e tecnologiche della coeva cultura materiale.
The analysis was designed to track, through the application of a phenomenological method, a feeling that is common to the two disciplines. It also aims to identify relationships of homological correspondence able to highlight the spirit of the time that generated them, while fully respecting the relevant languages and in no way subjecting one to the other. The research therefore intends to extend the studies on contemporary art and design by applying the methodological tools of art criticism to the stylistic evolution of trends in Italian design. The intention was not to draw up a "history" of Italian design but it was necessary to define the area of application by choosing to consider only the field of furniture design. I have therefore opted for a global view of the sequence of events in product design, aimed at investigating major turning points and thus focusing the analysis on some of the leading figures in design culture. The tools used to conduct the analysis come mainly from the binary method identified by the art historian Heinrich Wölfflin and the studies of Renato Barilli, whose culturological system provided an essential contribution to the process of systematization of the mechanisms of variation internal to the arts; both horizontal ones, which mutually converge with other fields of knowledge, and vertical ones, which relate to the scientific and technological discoveries of contemporary material culture.
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Lotta, Daniela <1974&gt. « Arte e design in Italia dalla metà degli anni Sessanta alle ultime tendenze ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7056/.

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Résumé :
Il lavoro di ricerca è rivolto ad indagare l’emersione di schemi di variazione comuni all’arte e al design, limitatamente al contesto italiano e in un arco di tempo che va dalla metà degli anni Sessanta del secolo scorso a oggi. L’analisi vuole rintracciare, mediante l’applicazione della metodologia fenomenologica, un sentire condiviso tra le due discipline e, nel pieno rispetto dei relativi linguaggi e con nessuna volontà di sudditanza degli uni rispetto agli altri, individuare i rapporti di corrispondenza omologica capaci di mettere in luce lo spirito del tempo che le ha generate. La ricerca si pone l’obiettivo di estendere gli studi sul contemporaneo attraverso un’impostazione che intende applicare gli strumenti metodologici della critica d’arte all’evoluzione stilistica delle tendenze del design italiano. Non si è voluto redigere una “storia” del design italiano ma, considerata anche l’ampiezza dell’argomento, si è necessariamente proceduto a delimitare il territorio di applicazione scegliendo di prendere in considerazione il solo settore del design dell’arredo. Si è dunque optato per una visione globale delle vicende del design del prodotto, tesa ad indagare gli snodi principali, concentrando pertanto l’analisi su alcuni protagonisti della cultura del progetto, ossia su quelle figure risultate dominanti nel proprio tempo perché capaci con il loro lavoro di dare un contribuito determinante alla comprensione delle fasi evolutive del design italiano. Gli strumenti utili a condurre l’analisi provengono principalmente dalla metodologia binaria individuata dallo storico dell’arte Heinrich Wölfflin e dagli studi di Renato Barilli, il cui impianto culturologico ha fornito un indispensabile contributo al processo di sistematizzazione dei meccanismi di variazione interni alle arti; sia quelli di tipo orizzontale, di convergenza reciproca con gli altri saperi, che di tipo verticale, in rapporto cioè con le scoperte scientifiche e tecnologiche della coeva cultura materiale.
The analysis was designed to track, through the application of a phenomenological method, a feeling that is common to the two disciplines. It also aims to identify relationships of homological correspondence able to highlight the spirit of the time that generated them, while fully respecting the relevant languages and in no way subjecting one to the other. The research therefore intends to extend the studies on contemporary art and design by applying the methodological tools of art criticism to the stylistic evolution of trends in Italian design. The intention was not to draw up a "history" of Italian design but it was necessary to define the area of application by choosing to consider only the field of furniture design. I have therefore opted for a global view of the sequence of events in product design, aimed at investigating major turning points and thus focusing the analysis on some of the leading figures in design culture. The tools used to conduct the analysis come mainly from the binary method identified by the art historian Heinrich Wölfflin and the studies of Renato Barilli, whose culturological system provided an essential contribution to the process of systematization of the mechanisms of variation internal to the arts; both horizontal ones, which mutually converge with other fields of knowledge, and vertical ones, which relate to the scientific and technological discoveries of contemporary material culture.
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Prete, Elisa <1982&gt. « Incontenibili : nuove avanguardie e gallerie d'arte nel panorama italiano e francese degli anni Sessanta ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3010.

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Résumé :
La presente ricerca propone un’analisi del contesto artistico italiano e francese degli anni Sessanta in cui si sono sviluppate le correnti neoavanguardia (dal Nouveau Réalisme alla Pop Art, dalle ricerche cinetiche e programmate agli sviluppi concettuali, dall’Arte Povera alle esperienze multimediali e alla pratica dell’happening), con particolare riferimento all’attività espositiva delle gallerie private che in questo decennio si dimostrano i luoghi più adatti per accogliere le sperimentazioni e dare voce all’aspetto performativo delle nuove operazioni artistiche. L'analisi è strutturata in tre parti fondamentali: la prima è dedicata all’attività espositiva degli spazi privati nei maggiori centri italiani (Venezia, Roma, Milano, Torino, Genova, Bologna) e alle iniziative legate alla produzione delle neoavanguardie; la seconda riguarda la vicenda del Nouveau Réalisme e i rapporti che si instaurano tra la scena artistica francese e quella italiana, ricostruiti attraverso il profilo delle gallerie parigine maggiormente impegnate nel sostegno e nella promozione dei membri del gruppo; la terza riflette infine sulla trasformazione della tradizionale idea di “oggetto” artistico, che nel corso del decennio modifica in modo significativo tanto le modalità di percezione da parte del pubblico quanto il rapporto dell'opera con lo spazio, portando ad una crisi della stessa sede espositiva.
The following research offers an analysis of the artistic context in Italy and France during the sixties, when important neo-avant-garde trends developed (from Nouveau Réalisme to Pop Art, from Kinetic to Conceptual Art, from Poor Art to multimedia experiences and Happening). In this decade, the private galleries turn out to be the most appropriate and suitable places to host the new artistic experimentations and performances. The research is divided into three parts: the first one is about the private exhibition spaces of some of the most important Italian cities (Venice, Rome, Milan, Turin, Genoa, Bologna) and all the initiatives related to the production of the neo-avant-garde; the second part concerns the history of the Nouveau Réalisme and the relationships developed between France and Italy, recreated throughout the profile of the Parisian galleries more committed for supporting and promoting the members of the group; the third part is focused on the transformation of the traditional idea of artistic "object" in the course of the decade, that significantly changes both the way the public perceives the artwork and the relation between the artwork and the space, leading to a crisis of the gallery and the exposition space.
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BAIONI, PAOLA. « La nascita della poesia ermetica nelle riviste degli anni Trenta ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/186.

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Résumé :
Muovendo da una vasta ricognizione sulle riviste letterarie degli anni Trenta, la ricerca si è concentrata sui principali periodici a cui hanno collaborato poeti e critici ermetici: Interessanti si sono rivelati i rapporti epistolari tra i poeti e i direttori e redattori delle riviste: nella tesi sono state riportate le lettere più significative, con privilegio per quelle inedite. Sono stati riportati diversi documenti di natura critico-teorica, alcuni testi poetici rari di Mario Luzi (mai confluiti in una silloge e mai riproposti da alcuno studioso) e sono state antologizzate (con trascrizione dei testi e apparato in calce) le liriche di alcuni poeti che presentano varianti rispetto all'ultima edizione in volume: si tratta di versi di Mario Luzi, Umberto Saba, Carlo Betocchi, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Alessandro Parronchi. Almeno un terzo della tesi è dedicato a questo.
Starting from a wide investigation in the literary reviews in the '30s, the research has focused on the major magazines, for which hermetic poets and critics worked. The correspondence between poets and editors in chief and members of the editorial staff has proved extremely interesting; the most meaningful letters, especially the unpublished ones, are presented in the thesis. Many critic-theoretic documents and some rare poetries by Mario Luzi (never collected nor published by critics) are also reproduced. Moreover lyrics by various poets, such as Mario Luzi, Umberto Saba, Carlo Betocchi, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Alessandro Parronchi, have been anthologised (with text transcription and apparatus criticus below); all of them present some changes in text compared to the final version, printed in volume. This analysis represents, at least, the third part of the thesis.
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BAIONI, PAOLA. « La nascita della poesia ermetica nelle riviste degli anni Trenta ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/186.

Texte intégral
Résumé :
Muovendo da una vasta ricognizione sulle riviste letterarie degli anni Trenta, la ricerca si è concentrata sui principali periodici a cui hanno collaborato poeti e critici ermetici: Interessanti si sono rivelati i rapporti epistolari tra i poeti e i direttori e redattori delle riviste: nella tesi sono state riportate le lettere più significative, con privilegio per quelle inedite. Sono stati riportati diversi documenti di natura critico-teorica, alcuni testi poetici rari di Mario Luzi (mai confluiti in una silloge e mai riproposti da alcuno studioso) e sono state antologizzate (con trascrizione dei testi e apparato in calce) le liriche di alcuni poeti che presentano varianti rispetto all'ultima edizione in volume: si tratta di versi di Mario Luzi, Umberto Saba, Carlo Betocchi, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Alessandro Parronchi. Almeno un terzo della tesi è dedicato a questo.
Starting from a wide investigation in the literary reviews in the '30s, the research has focused on the major magazines, for which hermetic poets and critics worked. The correspondence between poets and editors in chief and members of the editorial staff has proved extremely interesting; the most meaningful letters, especially the unpublished ones, are presented in the thesis. Many critic-theoretic documents and some rare poetries by Mario Luzi (never collected nor published by critics) are also reproduced. Moreover lyrics by various poets, such as Mario Luzi, Umberto Saba, Carlo Betocchi, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Alessandro Parronchi, have been anthologised (with text transcription and apparatus criticus below); all of them present some changes in text compared to the final version, printed in volume. This analysis represents, at least, the third part of the thesis.
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RIMOLDI, LUCA. « "Rivoluzionari di professione". Pratiche di memoria e idee di lavoro nella Pirelli degli anni sessanta ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2013. http://hdl.handle.net/10281/46161.

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Résumé :
This research is intended as a methodological discussion towards the study of memory within anthropology. It is based on ethnographic and archival research in the post-industrial area of Pirelli-Bicocca in Milan, Italy. I consider here the historical archive of the Pirelli Industries and my conversations with former unionists and workers of the Pirelli; I focus on the accounts of the years 1968-1969, also known as the “Second Red Biennium” or the “Autunno Caldo”, an exceptional phase of two years of intense demonstrations and strikes. I explore both archival sources and personal accounts, in short: the plurality of voices that are part of the site’s memory, past and present.
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Infantolino, Domenico <1943&gt. « Socialità urbana a Tripoli negli anni Cinquanta – Sessanta nelle memorie orali ed iconografiche degli italiani di Libia ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4476.

Texte intégral
Résumé :
Il lavoro si sviluppa dall’interesse personale dell’Autore nato e vissuto in Libia fino all’espulsione degli italiani nel 1969-70 e si propone d’offrire un contributo per una ricostruzione condivisa e partecipata della vita a Tripoli. Proiettandosi all'indietro negli anni Cinquanta - Sessanta raccoglie le storie orali dei giovani di allora, là residenti e attraverso le interviste rappresenta uno spaccato della socialità a Tripoli. Le memorie affondano le loro radici nel passato di nonni e genitori emigrati in epoca coloniale e per alcune casate si sono potute ricostruire nella loro genealogia le migrazioni di più generazioni, provenienti dall’Italia e da altri Paesi mediterranei. Emergono le reti di relazione tra i vari gruppi nazionali e confessionali, i luoghi di residenza e d’incontro, i percorsi urbani sia nel tempo quotidiano che festivo, le occasioni d’aggregazione, di ritrovo e d’affezione, l’articolazione dei rapporti nella scuola, nel lavoro e nel tempo libero. Molte immagini accompagnano la narrazione e ne rafforzano le storie, che sono l’occasione per ripercorrere, con essenziali cenni la storiografia comune, remota e recente, d’Italia e di Libia. La descrizione del territorio e della toponomastica sono lo spazio fisico in cui viene costruito un paesaggio e in cui si trovano, agiscono e si modulano tra loro persone con diversità culturali. L’incontro produce usanze, abitudini alimentari familiari e di strada, modi di relazione, una lingua ufficiale e una parlata comune identificativa del gruppo.
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COLONNA, VALENTINA. « "Voices of Italian Poets". Analisi fonetica e storia della lettura della poesia italiana dagli anni Sessanta a oggi ». Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1041229.

Texte intégral
Résumé :
Questa tesi presenta uno studio pilota sulla lettura della poesia italiana, utilizzando gli strumenti della fonetica sperimentale. Lo scopo principale di questo lavoro è quello di fornire una prima proposta metodologica di indagine, individuando gli elementi più caratterizzanti della voce poetica. La prima parte fornisce un'introduzione teorica dedicata al tema della musica della poesia, presentando anche un primo stato dell’arte degli studi sperimentali su questo tema. La seconda parte introduce il progetto e l’archivio di “VIP-Voice of Italian Poets”, dedicato alla conservazione e allo studio delle registrazioni di poeti italiani. Nella terza parte, infine, viene sviluppato uno specifico sistema di studio, applicato alle letture di autori italiani dagli anni Sessanta a oggi. Si propone una periodizzazione in tre parti, al fine di delineare una prima "Storia della lettura della poesia italiana", impiegando un approccio qualitativo e quantitativo/comparativo. Inoltre, sono indagati i tratti comuni e distintivi tra più letture di una stessa poesia e, infine, viene testata la percezione della poesia su più livelli. Lo studio rivela la preziosità di informazioni che offre quest’area di ricerca ancora poco esplorata e la ricchezza del patrimonio storico della lettura della poesia Italiana degli ultimi decenni.
This dissertation is a pilot study of Italian poetry reading through the use of experimental Phonetics. The main purpose of this study is to provide a first methodological proposal for investigation, identifying the characterizing elements of the poetic voice. The first part offers a theoretical introduction to the music of poetry and presents a literature review of experimental studies on this topic. The second part introduces the project and the archive of VIP-Voice of Italian Poets, which is dedicated to the study of the recordings of Italian poets. Finally, the third part develops a specific system to study the readings of Italian authors from the 1960s to the present. It proposes a periodization in three parts to outline a first “History of Italian poetry reading”, using a qualitative and a quantitative/comparative approach. In addition, common and distinct traits among many readings of the same poem are investigated, as well as the perception of poetry, tested on several levels. This study sheds light on the many, yet relatively unexplored, layers and rich historical heritage of Italian poetry reading of the last decades.
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Marton, Giorgia <1985&gt. « L’ ATTIVITà DELL’ATELIER VENEZIANI NELLA SECONDA METà DEGLI ANNI SESSANTA : IMMAGINI E FOTOGRAFIE NELLO SPECCHIO DI UNA COLLEZIONE ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3610.

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Résumé :
Uno sguardo sull'attività dell'Atelier Veneziani nella seconda metà degli anni Sessanta. Particolare attenzione è data al fondo fotografico presente in Archivio, alle pubblicazioni e al libro di collezione Primavera-Estate 1967 come specchio del periodo.
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TONI, ALBERTO. « Paesaggio e degrado del paesaggio nella poesia di Andrea Zanzotto (echi e ricadute nella poesia degli anni Zero) ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2015. http://hdl.handle.net/2108/201783.

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RENZONI, CRISTINA. « Le proiezioni territoriali del Progetto '80. Il discorso pubblico su città e territorio nella programmazione nazionale degli anni Sessanta ». Doctoral thesis, Università IUAV di Venezia, 2008. http://hdl.handle.net/11578/278592.

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De, Angelis Eugenio <1985&gt. « Nessuno schermo per lo spettatore : intermedialità tra cinema e teatro degli anni sessanta e settanta nell'esempio di Terayama Shūji ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/10309.

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Résumé :
Gli anni sessanta e settanta vedono l'affermarsi in Giappone di un'arte intermediale di cui Terayama Shūji può essere considerato l'epitome. Sebbene di recente si sia iniziato ad analizzare il cinema del periodo in quest'ottica, risulta ancora scarsamente esplorato lo stretto rapporto sviluppatosi tra cinema New Wave e teatro angura. Il movimento studentesco contro l'Anpo e la crescita di Shinjuku come epicentro culturale, entrambi esaminati in quanto “spazi performativi”, hanno contribuito in maniera decisiva alla formazione del clima intermediale che si esplicita nella contingenza tra creazione, fruizione e realtà esterna tipica dei film del periodo. In questo lavoro sono state delineate le caratteristiche principali e le figure più importanti della New Wave e dell'angura collocandole all'interno del contesto politico (i movimenti studenteschi) e culturale (Shinjuku bunka) coevo, per poi individuare le connessioni temporali, spaziali, tematiche ed estetiche esistenti tra i due media, mettendo alla prova i risultati trovati nell'analisi del lungometraggio di Terayama Sho o suteyo machi e deyō. A partire dalla poliedrica carriera artistica di Terayama ci si è concentrati sulla sua opera teatrale e cinematografica per cercare di individuare il “sistema intermediale” che si sviluppa dal ricorso a teorie, tematiche e simbologie ricorrenti. Queste travalicano infatti i confini del singolo medium per andare a formare un linguaggio autonomo e autosufficiente che può rappresentare una nuova chiave di lettura al cinema del periodo, esplicitandone le dinamiche intermediali in atto. Un esempio del funzionamento di questo sistema è rappresentato dal rapporto tra i suoi film e lo spettatore. Partendo dalle teorie sul teatro di Terayama inerenti l'“incontro” con il pubblico, si è analizzata l'applicazione delle stesse al suo cinema, dove è riuscito, in un processo che è stato suddiviso in tre fasi, a rimodellare la concezione dello schermo e dello spazio di fruizione per arrivare a una originale forma di “cinema partecipato”.
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Scopelliti, Simona <1986&gt. « Il design degli anni sessanta e settanta : un nuovo modo di intendere l’utenza, tra progetti di utopia radicale e impegno sociale ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1711.

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Manfe', Ludovica <1994&gt. « La didattica all’Accademia di Belle Arti di Venezia attorno al 1968 : analisi degli insegnamenti accademici durante gli anni Sessanta e Settanta ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/18006.

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Résumé :
L’obiettivo di questa ricerca è lo studio della metodologia e della didattica applicata dai docenti, anche affermati artisti, di Pittura, Scultura, Decorazione e successivamente Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Venezia negli anni ’60 e’70. In particolare oggetto della mia ricerca saranno i cambiamenti inerenti alle discipline proposte dalla riforma Gentile e alle eventuali trasformazioni verificatesi grazie ad essa, assieme alle ripercussioni che successivamente avverranno nel periodo dell’occupazione del ’68, con conseguenti richieste raccolte nei verbali tenuti in archivio dell’Accademia, dove si possono osservare le petizioni degli studenti e le seguenti soluzioni prese dagli insegnanti. L’ identità educativa dell'Accademia di Belle Arti di Venezia ha origine dal proficuo ed inevitabile dialogo tra le forme del fare e la riflessione filosofica che alimentano il percorso storico ed estetico dei suoi docenti e discenti. A seconda degli indirizzi di studio (pittura, scultura, decorazione e scenografia) gli insegnamenti all'interno dell'Accademia dipendevano soprattutto dalla personalità del docente e dalla metodologia che il maestro decideva di adottare. Un capitolo poco noto della didattica degli artisti che in questo periodo vi hanno insegnato riguardò il fatto che essi furono gli esponenti di una parte ragguardevole dell'ambiente artistico veneziano, a livello nazionale e internazionale in anni nei quali la città lagunare conobbe un'articolata e complessa dialettica, legata a posizioni artistiche diverse. In questo lavoro verrà trattata la metodologia di artisti che contribuirono maggiormente alla didattica accademica, come ad esempio Emilio Vedova, nominato professore emerito. Egli fu uno dei primi artisti e docenti a creare una nuova didattica. Gli studenti lamentavano il fatto che nonostante si fosse negli anni Sessanta i piani di studio, gli insegnamenti e la didattica fossero rimasti fermi alla situazione del 1923 anche se erano passati quasi quarant’anni. In quel periodo all'Accademia di Belle Arti di Venezia si iniziò a discutere sulle problematiche relative alla proposta didattica in particolare in merito alla carenza di laboratori e aule per le lezioni sulla metodologia del sistema di valutazione degli insegnati oltre che alla mancanza di attenzioni da parte “del Professore” rivolta ai propri studenti. Verrà dato ampio spazio alle proteste studentesche e alle occupazioni che avvennero dal marzo del 1968, così da distinguere due fasi della rivolta: la prima iniziata durante il periodo primaverile, durante il quale la protesta si concentrava maggiormente sulle richieste scolastiche, il rinnovo degli insegnamenti per portare la didattica al passo con le tecniche artistiche d'avanguardia di quel periodo, tenendo conto che i piani di studio non venivano aggiornati dalla riforma Gentile del 1923; la seconda fase fu costituita da un lungo periodo che iniziò alla fine del '68 e proseguì per almeno altri tre anni, dando vita a un movimento studentesco, cosciente di una realtà complessa e contraddittoria in cui vennero attenuati i tratti politici, lasciando più spazio alle analisi sociali. Inoltre nel 1964, presidenti e direttori delle Accademie italiane si riunirono proprio a Venezia per esaminare la riforma dei vari ordinamenti scolastici; in quell’occasione si stabilirono il riordino dei licei artistici, l'ampliamento dell'assegno universitario e un nuovo piano triennale. Furono concordati numerosi piani di studio, inserendo anche nuove discipline. Si chiedeva l'equipollenza del diploma superiore di Belle Arti al diploma di laurea, con pieni effetti giuridici e validità per l'ammissione agli esami per l'insegnamento di educazione artistica e disegno negli istituti secondari e per le carriere direttive e tecniche nelle Soprintendenze.
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CAMURATI, Francesca Maria Chia. « Romanzi ad alta voce : due esempi di rottura del canone del romanzo nella narrativa ispano-caraibica degli anni Sessanta e Settanta : Tres tristes tigres e La guaracha del macho camacho ». Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2009. http://hdl.handle.net/10446/301.

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CHELLA, ANNA. « Giovanni Raboni poeta e lettore di poesia (1953-1966) ». Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/2158/1044302.

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Résumé :
Poeta, critico, traduttore di altissimo livello, Giovanni Raboni (1932-2004) è una delle voci più importanti del secondo Novecento italiano. Questa tesi è dedicata alla prima fase del suo lungo percorso poetico e critico. Il punto di partenza sono i suoi primi tentativi poetici, risalenti all’inizio degli anni ’50; quello di arrivo il suo esordio ufficiale come poeta in una delle sedi più prestigiose dell’epoca, la collana dello Specchio della casa editrice Mondadori, in cui, nella primavera del ’66, Raboni pubblica «Le case della Vetra», una raccolta dal titolo manzoniano e milanese, che non pochi critici considerano, ancora oggi, il suo libro più bello. Tredici anni prima, nel 1953, un Raboni poco più che ventenne aveva partecipato a un concorso per giovani scrittori indetto a Roma (presidente di giuria era Giuseppe Ungaretti) e si era aggiudicato il primo premio con un corposo dattiloscritto intitolato «Gesta Romanorum» in omaggio a una delle sue letture predilette, il «Doctor Faustus» di Thomas Mann. Quest’opera giovanile, in parte rimasta inedita, rappresenta la prima testimonianza pubblica di una tenace vocazione alla poesia. Tra il 1953 di «Gesta Romanorum» e il 1966 delle «Case della Vetra», si dipana una vicenda delicata e, per molti versi, avvincente: la tenace ricerca della propria voce portata avanti da un giovane poeta con singolare precocità, limpida perseveranza e una mite, ma al tempo stesso fermissima, chiarezza d’intenti. Raboni compie il suo esordio poetico in anni difficili ma straordinariamente fecondi per la poesia italiana, in un periodo di profonde, e talvolta traumatiche, mutazioni sociali ed economiche. «Le case della Vetra» nascono da un confronto coraggioso con le urgenze del proprio tempo, da una lunga e meticolosa ricerca stilistica e formale, da un dialogo appassionato con quella che Raboni ha sempre amato definire la “poesia in carne e ossa”, la “poesia che si fa”. Il presente lavoro di ricerca, che ha potuto giovarsi di preziosi materiali d’archivio in gran parte inediti, muove dal proposito di illuminare l’intreccio, davvero esemplare nel caso di Raboni, tra la critica e la poesia, particolarmente fecondo nei suoi primi anni di attività saggistica e pubblicistica. Nel corso del lavoro, partito dall’idea di una sorta di dualismo tra il “Raboni critico” e il “Raboni poeta”, una terza figura si è affiancata in modo sempre più evidente alle precedenti: quella del “Raboni lettore”, appartenente a quella straordinaria categoria rappresentata dai poeti lettori di poesia. La tesi è diventata così, in gran parte, una storia di lettori e di letture: non solo la storia di Raboni, lettore infaticabile alle prese ora con il modello decisivo degli anglosassoni Eliot e Pound, ora con l’eredità dei grandi “lombardi” (Porta, Parini, Manzoni), ora con ammirati compagni di strada quali Sereni, Giudici, Cattafi ecc.; ma anche la storia di alcuni straordinari lettori di Raboni, tra cui spetta un ruolo di primo piano a Carlo Betocchi, guida paterna, affettuosa e chiarificatrice, cui Raboni dovette i primi, decisivi incoraggiamenti. E, ancora, la tesi mostra un Raboni che, a più riprese, si rilegge e ripensa la propria storia: una storia di incontri rassicuranti con compagni di cammino ma anche di confronti, spesso ancor più fecondi, con percorsi distanti ed estranei. Se certamente, come ha scritto Pier Vincenzo Mengaldo, Raboni va considerato a tutti gli effetti un “critico-critico”, più di una volta, nel caotico magma degli anni ’50 e ’60, la penna del critico, o meglio del “lettore di poesia”, sembra, se non guidare, almeno sorreggere, con la sua mite e severa fermezza, la mano libera e autonoma del poeta.
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BACHERINI, GABRIELE. « "Frammenti di massificazione" : l'influsso delle tecniche narrative sperimentali di William Seward Burroughs sulle neoavanguardie britannica e tedesca occidentale degli anni Sessanta e Settanta ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/2158/1120595.

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Résumé :
La tesi indaga l'influsso della tecnica del cut-up, reintrodotta da William Burroughs partendo da basi dadaiste, sulle neoavanguardie di Gran Bretagna e Germania Federale degli anni Sessanta e Settanta. Un'appendice accenna agli sviluppi successivi di questa tecnica, i quali fecero sì che una pratica eminentemente letteraria e "di rottura" come il cut-up, ormai non più utilizzata, diventasse base per un'arte tra le più massificate in assoluto come quella pop.
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FONTANA, CHIARA. « Un’analisi linguistica, retorica e metrica dell’opera sperimentale di Naǧīb Surūr : La “seconda nahḍa” degli anni ’60 e ’70 e l’evoluzione del testo in ʻāmmiyya e fuṣḥā ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1063151.

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Résumé :
Il progetto di ricerca realizzato ha per oggetto un’analisi linguistica e retorica e formale sull’opera sperimentale di Nağīb Surūr (1932 - 1978) - poeta, critico e drammaturgo egiziano attivo durante la stagione della “seconda nahḍa” (anni ’60 e ‘70) - pressoché ancora sconosciuto al pubblico occidentale. La ricerca è costituita da sei capitoli: il primo è dedicato alla medotologia olistica impiegata, il secondo alla ricostruzione del contesto socio-culturale e storico durante il quale fu attiva Ǧīl as-sittiniyyāt wa as-sab‛īniyyāt e tre ampi capitoli centrali sono interamente dedicati all’analisi testuale dei tratti retorici linguistici e metrici salienti rispettivamente nella poesia, nel teatro e nella prosa di Naǧīb Surūr. Il sesto capitolo, infine, è un corpus della produzione lirica dell’autore, per un totale di 634 versi tradotti e ordinati in ordine cronologico. Ad esso seguono due appendici contenenti alcuni interessanti approfondimenti di studio - propedeutici alla realizzazione della ricerca - quali quelli su ‛ilm al-‛arūḍ wa at-taf‛īlāt e sull’evoluzione del concetto di naẓm al-bayt in poesia come elemento di riflessione essenziale ai fini dell’analisi testuale, nonché un glossario di termini tecnici, prevalentemente attinenti all’ambito de al-balāgha e ‛ilm al-arūḍ wa at-taf‛īlāt. Gli studi sulla retorica e metrica araba e l’applicazione delle nozioni acquisite ai fini dell’analisi testuale, sono fra gli aspetti più innovativi del lavoro all'interno del quale sono stati indagati con precisione argomenti ancora poco osservati, soprattutto in chiave applicativa nelle analisi testuali, rendendo fruttuoso sotto il profilo metodologico quanto acquisito durante i tre anni di studio e approfondimento sui temi della retorica, metrica e letteratura araba contemporanea nonché sulla rivalutazione delle innovazioni letterarie della produzione degli anni '60 e '70 in Egitto formulata sia in ʻāmmiyya sia in fuṣḥā
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BULGINI, Giulia. « Il progetto pedagogico della Rai : la televisione di Stato nei primi vent’anni. Il caso de ‹‹L’Approdo›› ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251123.

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Résumé :
Non c’è dubbio sul fatto che la RAI, dal 1954 a oggi, abbia contribuito in misura considerevole a determinare la fisionomia dell’immaginario collettivo e dell’identità culturale dell’Italia. Si tratta di un assunto che, a distanza di più di sessant’anni, resta sempre di grande attualità, per chi si occupa della questione televisiva (e non solo). Ma a differenza di quanto avveniva nel passato, quando la tv appariva più preoccupata dei reali interessi dei cittadini, oggi essa sembra rispondere prevalentemente a dinamiche di mercato, in grado di alterarne la funzione etica e sociale. E nonostante il livello di istruzione e di benessere economico si siano evidentemente alzati, in questi ultimi anni si è assistito a programmi di sempre più bassa qualità e in controtendenza a un incremento del potere modellante e suggestivo sull’immaginario dei telespettatori. C’è di più: l’interesse verso la tv ha coinvolto anche gli storici dell’epoca contemporanea, i quali hanno iniziato a prendere coscienza che le produzioni audiovisive sono strumenti imprescindibili per la ricerca. Se si pensa ad esempio al ‹‹boom economico›› del Paese, negli anni Cinquanta e Sessanta, non si può non considerare che la tv, insieme agli altri media, abbia contributo a raccontare e allo stesso tempo ad accelerare i progressi economici e sociali di quell’epoca. Partendo, dunque, dal presupposto che la televisione da sempre esercita un potere decisivo sulla collettività, si è scelto di concentrarsi sulla fase meno indagata della sua storia, quella della televisione delle origini: ‹‹migliore›› perché senza competitor, ‹‹autentica›› perché incontestabile e soprattutto ‹‹pedagogica›› perché è di istruzione e di formazione che, quell’Italia appena uscita dalla guerra, aveva più urgenza. La storia della televisione italiana inizia il 3 gennaio 1954, con la nascita del servizio pubblico televisivo e insieme di un mezzo che, di lì a poco, avrebbe completamente rivoluzionato la società italiana, trasformandola in una civiltà di massa. Si accorciano le distanze territoriali e insieme culturali e la società inizia a omologarsi nei gusti, poi nei consumi e infine nel pensiero. Il punto d’arrivo si colloca negli anni Settanta, quando ha termine il monopolio della RAI, che fino a quel momento era stato visto come il garante del pluralismo culturale. La RAI passa dal controllo governativo a quello parlamentare, mentre si assiste al boom delle televisioni private e alla necessità della tv di Stato di stare al passo con la concorrenza, attraverso una produzione diversa da quella degli esordi. Dunque cambia la tv, come pure cambia la sua funzione e la forma mentis di chi ne detiene le redini. Ne risulta un’indagine trasversale, che passa nel mezzo di molteplici discipline che afferiscono alla materia televisiva e che non evita di porsi quelle domande scomode, necessarie tuttavia a comprendere la verità sugli artefici della prima RAI e sui loro obiettivi. E allora: qual era il valore attribuito alla televisione degli esordi? Era davvero uno strumento pedagogico? Sulla base di quali presupposti? Chi scriveva i palinsesti di quegli anni? Chi e perché sceglieva temi e format televisivi? Chi decideva, in ultima analisi, la forma da dare all’identità culturale nazionale attraverso questo nuovo apparecchio? Il metodo di ricerca si è articolato su tre distinte fasi di lavoro. In primis si è puntato a individuare e raccogliere bibliografia, sitografia, studi e materiale bibliografico reperibile a livello nazionale e internazionale sulla storia della televisione italiana e sulla sua programmazione nel primo ventennio. In particolare sono stati presi in esame i programmi scolastici ed educativi (Telescuola, Non è mai troppo tardi), la Tv dei Ragazzi e i programmi divulgativi culturali. Successivamente si è resa necessaria una definizione degli elementi per l’analisi dei programmi presi in esame, operazione resa possibile grazie alla consultazione del Catalogo multimediale della Rai. In questa seconda parte della ricerca si è voluto puntare i riflettori su ‹‹L’Approdo››, la storia, le peculiarità e gli obiettivi di quella che a ragione potrebbe essere definita una vera e propria impresa culturale, declinata in tutte le sue forme: radiofonica, di rivista cartacea e televisiva. In ultimo, sulla base dell’analisi dei materiali d’archivio, sono state realizzate interviste e ricerche all’interno dei palazzi della Rai per constatare la fondatezza e l’attendibilità dell’ipotesi relativa agli obiettivi educativi sottesi ai format televisivi presi in esame. Le conclusioni di questa ricerca hanno portato a sostenere che la tv delle origini, con tutti i suoi limiti, era uno strumento pedagogico e di coesione sociale. E se ciò appare come un aspetto ampiamente verificabile, oltreché evidente, qualora si voglia prendere in esame la televisione scolastica ed educativa di quegli anni, meno scontato risulta invece dimostrarlo se si decide – come si è fatto – di prendere in esame un programma divulgativo culturale come ‹‹L’Approdo››, che rientra nell’esperienza televisiva definita di ‹‹educazione permanente››. Ripercorrere la storia della trasmissione culturale più longeva della tv italiana degli esordi, per avvalorarne la funzione educativa, si è rivelata una strada interessante da battere, per quanto innegabilmente controversa, proprio per il principale intento insito nella trasmissione: diffondere la cultura ‹‹alta›› a milioni di telespettatori che erano praticamente digiuni della materia. Un obiettivo che alla fine della disamina si è rivelato centrato, grazie alla qualità della trasmissione, al suo autorevole e prestigioso groupe d'intellectuels, agli ascolti registrati dal ‹‹Servizio Opinioni›› e alla potenzialità divulgativa e penetrante della tv, nel suo saper trasmettere qualunque tematica, anche quelle artistiche e letterarie. Dunque se la prima conclusione di questo studio induce a considerare che la tv del primo ventennio era pedagogica, la seconda è che ‹‹L’Approdo›› tv di questa televisione fu un’espressione felice. ‹‹L’Approdo›› conserva ancora oggi un fascino innegabile, non foss’altro per la tenacia con la quale i letterati difesero l’idea stessa della cultura classica dal trionfo lento e inesorabile della società mediatica. Come pure appare ammirevole e lungimirante il tentativo, mai azzardato prima, di far incontrare la cultura con i nuovi media. Si potrebbe dire che ‹‹L’Approdo›› oggi rappresenti una rubrica del passato di inimmaginata modernità e, nel contempo, una memoria storica, lunga più di trent’anni, che proietta nel futuro la ricerca storica grazie al suo repertorio eccezionale di immagini e fatti che parlano di arte, di letteratura, di cultura, di editoria e di società e che raccontano il nostro Paese e la sua identità culturale, la stessa che la televisione da sempre contribuisce a riflettere e a delineare. Lo studio è partito da un’accurata analisi delle fonti, focalizzando l’attenzione, in primo luogo, sugli ‹‹Annuari della Rai›› (che contengono le Relazioni del Cda Rai, le Relazioni del Collegio Sindacale, i Bilanci dell’Esercizio e gli Estratti del Verbale dell’Assemblea Ordinaria). Altre fonti prese in esame sono gli stati gli opuscoli di ‹‹Servizio Opinioni››, le pubblicazioni relative a studi e ricerche in materia di televisione e pedagogia e le riviste edite dalla Rai Eri: ‹‹Radiocorriere tv››, ‹‹L’Approdo Letterario››, ‹‹Notizie Rai››, ‹‹La nostra RAI››, ‹‹Video››. Negli ultimi anni la Rai ha messo a disposizione del pubblico una cospicua varietà di video trasmessi dalle origini a oggi (www.techeaperte.it): si tratta del Catalogo Multimediale della Rai, che si è rivelato fondamentale al fine della realizzazione della presente ricerca. Altre sedi indispensabili per la realizzazione di questa ricerca si sono rivelate le due Biblioteche romane della Rai di Viale Mazzini e di via Teulada.
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