Littérature scientifique sur le sujet « Performance amministrativa »

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Articles de revues sur le sujet "Performance amministrativa"

1

Melloni, Erica, et Maria Stella Righettini. « Durante e dopo l'emergenza : il ruolo della valutazione di performance per rafforzare la capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni ». RIV Rassegna Italiana di Valutazione, no 75 (juin 2021) : 42–59. http://dx.doi.org/10.3280/riv2019-075004.

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Bevilacqua, Emiliano, Davide Borrelli et Marialuisa Stazio. « Giochi di verità, cultura manageriale e soggettività. Per una microfisica delle resistenze in ambito accademico ». SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no 160 (août 2021) : 134–56. http://dx.doi.org/10.3280/sl2021-160007.

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Résumé :
Quando si parla di trasformazione in senso manageriale dell'istruzione superiore si fa riferimento a un complesso di innovazioni normative e organizzative - dalla diversificazione competitiva fra strutture accademiche all'uso di indicatori di performance; dalla valutazione amministrativa e standardizzata della ricerca al ricorso a sistemi di premialità - miranti a gestire l'università secondo criteri di efficienza aziendale e di accountability. Con il presente lavoro abbiamo inteso indagare le implicazioni che la managerializzazione dell'ambiente universitario genera nell'ethos del ricercatore, le pressioni cui sottopone la sua deontologia professionale e le reazioni che suscita. In particolare, la nostra ricerca ha inteso esplorare quei focolai di esperienze, di pratiche del sé, di contro-condotte e resistenze che si sono espresse in appelli, iniziative editoriali, movimenti che, a partire da una base locale, hanno conquistato per brevi periodi un rilievo nazionale. Seguendo una metodologia di tipo qualitativo e attraverso il ricorso alle interviste abbiamo individuato tre nuclei discorsivi: la critica del dispositivo centralizzato della valutazione e del management accademico, la resistenza attraverso la forma movimento e i processi di soggettivazione e, infine, la salienza di un punto di vista di genere trasversale ad entrambe queste dimensioni.
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3

Migliaretti, Giuseppe, Salvatore Bozzaro, Roberta Siliquini, Ilaria Stura, Giuseppe Costa et Franco Cavallo. « Is the admission test for a course in medicine a good predictor of academic performance ? A case−control experience at the school of medicine of Turin ». BMJ Open 7, no 11 (novembre 2017) : e017417. http://dx.doi.org/10.1136/bmjopen-2017-017417.

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Résumé :
ObjectivesThe usefulness of university admission tests to medical schools has been discussed in recent years. In the academic year 2014–15 in Italy, several students who failed the admission test appealed to the regional administrative court (‘Tribunale Amministrativo Regionale’—TAR) requesting to be included, despite their test results, and all were admitted to their respective courses. The existence of this population of students generated a control group, in order to evaluate the predictive capacity of the admission test. The aim of the present work is to discuss the ability of university admission tests to predict subsequent academic success.Setting and participantsThe study involved 683 students who enrolled onto the first year of the degree course in medicine in the academic year 2014–15 at the University of Turin (Molinette and San Luigi Gonzaga colleges). The students were separated into two categories: those who passed the admission test (n1=531) and those who did not pass the admission test but won their appeal in the TAR (n2=152).OutcomesThe validity of the admission test was analysed using specificity, sensitivity, positive and negative likelihood ratios (LH+, LH−), receiver operating characteristic (ROC) curves, area under the ROC curve (AUC), and relative (95% CI).ResultsThe results showed that the admission test appeared to be a good tool for predicting the academic performances in the first year of the course (AUC=0.70, 95% CI 0.64 to 0.76). Moreover, some subject areas seemed to have a greater discriminating capacity than others. In general, students who obtained a high score in scientific questions were more likely to obtain the required standards during the first year (LH+ 1.22, 95% CI 1.14 to 1.25).ConclusionsBased on a consistent statistical approach, our study seems to confirm the ability of the admission test to predict academic success in the first year at the school of medicine of Turin.
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4

Comoretto, Nunziata, et Antonio G. Spagnolo. « Il nuovo Codice deontologico dell’infermiere : una lettura etico-deontologica ». Medicina e Morale 58, no 4 (30 août 2009). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2009.238.

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Résumé :
Le crescenti capacità scientifiche e tecniche della medicina contemporanea, in grado di esercitare una forte pressione sugli obblighi professionali e morali dei medici, insieme con i profondi mutamenti socio-culturali che negli ultimi decenni hanno caratterizzato tutti Paesi occidentali, rendono necessaria una riflessione etica costante e continuamente aggiornata nell’ambito della professione infermieristica. La recente emanazione del nuovo Codice deontologico degli infermieri stimola una attenta riflessione su gli aspetti etico- deontologici alla base della professione infermieristica. Tali aspetti risultano fortemente minacciati, nel corso degli ultimi decenni, da una prevalente attenzione a favore della prestazione tecnica e dell’efficienza della produzione, che rischia di porre al centro dell’attività dell’infermiere non più il fine della professione e i valori ad essa correlati, ma unicamente gli aspetti burocratico- amministrativi ed economici, in un’ottica di produzione-mercato. Il Codice Deontologico, in quanto espressione della professione che riflette sui propri scopi e valori, diviene, dunque, lo strumento più idoneo a guidare l’infermiere nella riflessione sul tipo di impegno che egli, in quanto professionista, ha assunto nei confronti della società tutta. Il nuovo Codice presenta numerosi spunti di riflessione, importanti per la pratica etica dell’infermiere. Il presente articolo intende offrire una lettura etico-deontologica del nuovo Codice, soffermandosi soprattutto sull’importanza della riflessione etica nell’umanizzazione dell’assistenza alla persona malata. ---------- Both the increasing scientifical and technical abilities of the contemporary medicine, exerting a strong pressure on the professional and moral obligations of physicians, and the deep social-cultural changes that have characterized all western Countries in the last decades, require a constant and continually updated ethical reflection upon nursing. The recent issuing of the new Deontological Code of Nursing stimulates a careful reflection on the ethicaldeontological aspects of nursing. During the last decades, such aspects result strongly threatened by a prevailing attention to technical performance and productive efficiency, that risks to centre nursing only on the bureaucraticadministrative and economic aspects, according to a production-market point of view, more than on the aim of the profession and the values related to it. The Deontological Code, being expression of the profession that reflects upon its own purposes and values, becomes, therefore, the most suitable tool for guiding nurse to reflect upon the commitment that has assumed as professional towards the overall society. The new Code introduces numerous cues, that are important for the ethical practice of nurses. The present article intends to offer a ethical-deontological reading of the new Code, studying in depth the importance of the ethical reflection for humanized patient care.
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Thèses sur le sujet "Performance amministrativa"

1

Bisterzo, Terry <1991&gt. « LA MISURAZIONE E LA VALUTAZIONE DELLE PERFORMANCE NEL PERCORSO DELLE RIFORME : ANALISI DEL RUOLO DEI NUCLEI E DEGLI ORGANISMI INDIPENDENTI DI VALUTAZIONE ALL'INTERNO DEGLI ENTI LOCALI ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15093.

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Résumé :
Nell’ambito del sistema di performance management, i Nuclei e gli Organismi Indipendenti di Valutazione assumono un ruolo fondamentale all’interno di ogni amministrazione pubblica sia nel processo di misurazione e valutazione delle strutture e dei dirigenti sia riguardo gli adempimenti relativi al sistema di trasparenza ed integrità. L’elaborato si propone come obiettivo lo studio di questi organi nel mondo degli enti locali e l’analisi del sistema delle performance. Nel primo capitolo viene trattata la parte storica riguardante l’introduzione dei NdV ad opera del D.lgs. 29/93 e delle competenze ad essi assegnate. Con il secondo capitolo vengono affrontate le novità introdotte a seguito della Riforma Brunetta e della Riforma Madia. In particolare, con la prima vengono istituiti gli OIV e mappata tutta la disciplina riguardante il ciclo di gestione delle performance nonché stabilite una serie di regole relative alla trasparenza dei risultati dell’attività pubblica, sia nei confronti dei cittadini sia al fine di evitare fenomeni corruttivi. La seconda rafforza e mette nero su bianco alcune delle misure previste dal Decreto Brunetta, a cui però non si era riusciti a dar completamente attuazione. Si è data attenzione inoltre alle funzioni svolte dall’ex CIVIT, ora Autorità Nazionale Anticorruzione, e dal Dipartimento della Funzione Pubblica. Negli ultimi capitoli viene infine compiuta un’analisi empirica che parte dall’esame delle sezioni di “amministrazione trasparente” contenute nei siti web degli enti pubblici per arrivare a confrontare l'organizzazione del sistema delle performance, soprattutto in termini valutativi, in varie tipologie di enti locali.
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2

MORANDO, VERDIANA. « Evaluating the performance of policy networks : connecting theories to organizational praxis. A case study analysis in Lombardy Region to evaluate the performance of the integrated care network managing the patway of persons with Spinal Cord Injury ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1512.

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Résumé :
Ricerca sperimentale sulla valutazione della performance nei servizi pubblici. Il lavoro è articolato in due parti: nella prima, dopo una ricognizione internazionale della letteratura e delle principali esperienze della misurazione, gestione e valutazione della performance, viene costruito e argomentato un framework sperimentale per la valutazione della performance dei network pubblici. La seconda sezione presenta uno studio di caso sperimentale per validare il framework. Lo studio di caso ha in oggetto il policy network per la gestione del PTDAR dei pazienti con lesione midollare. Viene considerato come network il territorio regionale e unità di analisi è collocata a livello micro in un unità dipartimentale: Unità Spinale Unipolare. Il framework risulta consistente e promettente per la valutazione dei policy network per le cure integrate.
Experimental case study design for the performance evaluation of health care public services. The thesis is broken down into two main parts: the first part deals with the performance framework construction wherein the international theoretical literature and experiences realized are retrieved and discussed. The second part deliveries an experimental case study design to validate the framework proposed. The case studies focuses on the integrated care pathway for persons whit spinal cord injury/dysfunction. The policy network sets out the Regional policy making and the unity of analysis is a Spinal Unit specialized centre. The framework proved to be consistent and adapted for evaluating policy network for integrated care.
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3

SBRANA, ALESSANDRO. « Faculty Development Centri di Professionalità Accademica (CPA) ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251175.

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Résumé :
mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi; dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994); il secondo, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento; i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016); il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al., 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessità degli ambienti accademici, le attese e le responsabilità istituzionali, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese.
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