Littérature scientifique sur le sujet « Neoruralismo »

RESUMO Para compreender a perspectiva de formação proposta pelo Estado nas políticas de Educação do Campo do período neodesenvolvimentista (2001–2016), analisamos a relação dessas políticas com o projeto de desenvolvimento. Com base no referencial teórico metodológico do Materialismo Histórico-dialético, realizamos análise documental, investigação de dados estatísticos sobre a questão agrária e revisão de bibliografia. Como principal resultado da pesquisa, constatamos que a formação dos trabalhadores do campo, proposta pelo Estado no período neodesenvolvimentista, configurou o que denominamos de neoruralismo pedagógico, uma perspectiva de formação que tem por objetivo central a adequação da força de trabalho do campo às novas demandas da reestruturação produtiva, no contexto da acumulação flexível. Para isso, promove a reconfiguração da proposta de adaptação psicofísica dos trabalhadores, transmutando-a para a educação socioprofissional.

ABSTRACT To understand the training perspective proposed by the State in the education policies of the neo-developmental period (2001–2016), we analyzed the relationship of these policies with the development project. Based on the theoretical and methodological framework of Dialectical and Historical Materialism, we carry out a document analysis, an investigation of statistical data on the agrarian issue and a literature review. As the main result, we found that the training of field workers, proposed by the State in the neo-developmental period, consisted of what we call “pedagogical neo-ruralism,” a training perspective whose major objective is the adaptation of the rural workforce to the new demands of productive restructuring, in the context of flexible accumulation. To this end, it promotes the reconfiguration of the proposal for psychophysical adaptation of workers, turning it into socio-professional education.

Il neoruralismo come paradigma generale si configura come un movimento di persone dalla città e dalle aree urbanizzate alle aree rurali. Nel corso dello studio è risultato interessante indagare se il neoruralismo montano sia più accostabile ad una opposizione e resistenza rispetto ai modelli di vita e organizzazione dei contesti urbanizzati, praticata da “nuovi montanari” consapevoli di una nuova sensibilità ecologica, economica, socio-culturale che conduca ad una migliore qualità di vita e ad un benefico sviluppo territoriale locale o se invece il neoruralismo montano sia di fondo riconoscibile come “moda” urbana, desiderio edonistico di soggetti “rurbani” bucolicamente sospesi tra vita urbana e vita rurale e che in ultima analisi legittimano la loro matrice urbana anziché opporsi ad essa. Da ciò scaturisce la domanda centrale da cui ha preso avvio la ricerca: è possibile considerare il neo-ruralismo montano come movimento culturale in opposizione all’urbanesimo (inteso come stile di vita)? La scelta di ripensare il proprio stile di vita in chiave neorurale si riconosce come risposta a motivazioni esistenziali che prevedono un’uscita dalla dimensione urbana in cui non ci si sente più a proprio agio. I fini esistenziali di tale scelta, in quanto messaggio simbolico, possono essere efficacemente interpretati come una voce di protesta. Infatti, la scelta di un ripensamento per uno stile di vita neorurale è stata interpretata proprio come movimento culturale di resistenza, reazione ad uno status quo percepito nei contesti urbani. Osservandone i mestieri, si è evidenziata la condizione del “neorurale contadino” - osservata nelle pratiche attivamente costruite in Val Maira - come fondamentalmente volta a creare maggiori spazi di autonomia. Si è dunque propeso per una interpretazione del fenomeno neorurale conosciuto in Val Maira come più aderente alla visione di neoruralismo quale fenomeno antitetico rispetto all’urbanesimo occidentale, resistenza rispetto agli esiti ecologicamente e socialmente patologici della città moderna, che può essere riconosciuto come una contro-urbanizzazione espressa nei termini di «fuga dalla città».
Neoruralism as a general paradigm is configured as a movement of people from the city and from urbanized areas to rural areas. During the study it was interesting to investigate whether mountain neoruralism is more comparable to an opposition and resistance with respect to the life models and organization of urbanized contexts, practiced by "new mountain dwellers" aware of a new ecological, economic, socio-cultural sensibility that leads to a better quality of life and to a beneficial local territorial development or if instead mountain neoruralism is fundamentally recognizable as urban “fashion”, hedonistic desire of bucolic and “urban” subjects suspended between urban life and rural life and that ultimately they legitimize their urban matrix instead of opposing it. From this springs the central question from which the research started: is it possible to consider mountain neo-ruralism as a cultural movement in opposition to urbanism (understood as a lifestyle)? The choice to rethink one's lifestyle in a neorural key is recognized as a response to existential motivations that provide for an exit from the urban dimension in which one no longer feels at ease. The existential ends of this choice, as a symbolic message, can be effectively interpreted as a voice of protest. In fact, the choice of a rethinking for a neorural lifestyle was interpreted precisely as a cultural movement of resistance, reaction to a perceived status quo in urban contexts. Observing the trades, the condition of the "neorural peasant" - observed in the practices actively built in Val Maira - was highlighted as fundamentally aimed at creating more spaces of autonomy. It is therefore inclined towards an interpretation of the neorural phenomenon known in Val Maira as more adherent to the vision of neoruralism as an antithetical phenomenon with respect to western urbanism, resistance to the ecologically and socially pathological outcomes of the modern city, which can be recognized as a counter urbanization expressed in terms of "escape from the city".

The research, in coherence with the objectives of the European Social Fund which supported it, dealt with the territorial changes presently undergoing in a prealpine valley which historically hosted a tobacco culture on terraces but in the last half century has been subject to depopulation and abandonment, where only in the recent years new production experiences have been spotted in the terraced areas. The study of territorial dynamics in these marginal areas has been undertaken with an interdisciplinary approach, combining quantitative survey of the reuse processes of terraced areas (ArcGIS data processing) with a qualitative socio-anthropological interpretation to consider the social trajectories related to land recovery. Developing this perspective the research has supported a number of valorization activities for terraced areas: consultation and monitoring for accessing the Rural Development Funds, scientific support to a documentary (Little Earth), management of a land entrusting project, which are all elements of operative research that explore the possible future developments of the study area
La ricerca, in linea con gli obiettivi del Fondo Sociale Europeo che l’ha finanziata, si è confrontata con i fenomeni di trasformazione del territorio attualmente in corso in una valle prealpina che storicamente ospitava una monocultura del tabacco su terrazzamenti ma nell’ultimo mezzo secolo è stata soggetta a un tendenziale spopolamento e abbandono, dove solo negli ultimi anni si è assistito a esperienze isolate di ritorno all’uso attivo delle zone di versante. Il lavoro si è applicato allo studio delle dinamiche evolutive riguardanti questi territori marginali con un approccio interdisciplinare, affiancando strumenti d’indagine quantitativa dei processi di riuso dei terrazzamenti (elaborazione dati in ambiente ArcGIS) ad una lettura qualitativa di tipo antropologico-culturale, al fine di considerare le traiettorie sociali di recupero degli spazi abbandonati. Sviluppando questa prospettiva la ricerca ha sostenuto una serie di attività di valorizzazione delle aree terrazzate: la concertazione e il monitoraggio per l’accesso a contributi previsti dal Piano di Sviluppo Rurale, il supporto scientifico alla realizzazione di un documentario (Piccola Terra), il progetto di affidamento di terreni in abbandono per la coltivazione a orto, sono elementi di ricerca operativa che hanno esplorato i possibili sviluppi futuri di una situazione territoriale caratterizzata da un’evoluzione storica complessa

Negli ultimi cinquant'anni la montagna bellunese ha vissuto una forte emigrazione data da cambiamenti economici, sociali, politici e ambientali, che ne hanno impoverito sia il tessuto sociale che economico. Mentre la montagna delle alte quote dolomitiche ha saputo in parte reinventarsi puntando al turismo di massa, estivo e invernale, la montagna di mezzo ha continuato a soffrire dell'emigrazione delle sue genti. Nel presente studio si cerca di mostrare, attraverso l'importanza che ha avuto l'agricoltura di sussistenza e soprattutto della viticoltura di sussistenza, il legame che unisce ancora molte persone a questo territorio e alla sua storia. Persone che risiedono qui stabilmente, ma anche migranti che tornano d'estate, o nuove presenze attratte dalla bellezza e dalla tranquillità di queste valli, situate nella zona del lago del Corlo. Valli che diventano così laboratorio per reinventarsi, in parte, una nuova vita in uno stile neorurale. Si cercherà infine di dimostrare che l'uscita da una posizione di marginalità di questi luoghi, potrebbe avvenire proprio attraverso il recupero, in chiave moderna, dell'agricoltura di sussistenza e del territorio trasformato dai contadini nei secoli, collegandoli a un turismo sostenibile che ne sappia apprezzare l'unicità e le particolarità, pur nella modestia delle quote altimetriche.