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Thèses sur le sujet « Narrazioni sociali »

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1

DOMANESCHI, LORENZO. « Una cucina originale. Un’indagine qualitativa sulla “cucina di territorio” nel caso di una città del Nord Italia ». Doctoral thesis, Università di Milano Statale, 2007. http://hdl.handle.net/10281/48973.

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Résumé :
This study invites not to reduce food as either an object of consumption or an industrial commodity: in order to bridge this gap, it moves away from the classical theory of commodification or from any kind of network theory, drawing on the idea of food quality as a new cultural practice. Following the practice turn in contemporary social science, especially in the case of consumption theory, the paper goes on analyzing some culinary practices of a bunch of cooks working in a North Italian urban area, drawing critically on the concept of "new cultural intermediaries", in order to explain the empirical process of social empowerment which make those subject more and more able to fix a specific definition of "quality food". Using the empirical material taken from a broader research work and focusing mainly on in-depth interviews to those mundane chefs, this study intend to present the sort of symbolic "governance" they could play in the cultural process of food qualification when, as it happens in our empirical case, it is equalize or sometimes reduce to territorial features.
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2

FANTOLI, Maria Giovanna. « Intercultura a scuola. Dall'epica classica alle nuove narrazioni familiari ». Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2011. http://hdl.handle.net/10446/851.

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3

Cento, Michele <1984&gt. « Una grande narrazione del capitalismo : potere e scienze sociali nel pensiero politico di Daniel Bell ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5473/1/Cento_Michele_Tesi.pdf.

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Résumé :
Questa tesi punta a ricostruire il pensiero politico di Bell tra il secondo dopoguerra e la metà degli anni Settanta. In tale arco cronologico, la riflessione politica di Bell si profila, per usare una formula di Jean-François Lyotard, come una «grande narrazione» del capitalismo. Nel complesso, cioè, l’opera di Bell appare come una storia sociologica del capitalismo, che nella fine delle ideologie registra l’apogeo del fordismo e, in seguito, ne mette in luce le trasformazioni in senso post-industriale, indagando le ricadute che tali mutamenti implicano sul piano dei rapporti di potere e della legittimazione del sistema. Nell’ottica di Bell, pertanto, il capitalismo non costituisce soltanto un sistema economico, ma la forma specifica attraverso cui si dispiega la società nel suo complesso, attivando una serie di rapporti di potere mediante i quali gli individui vengono coordinati e subordinati. Una siffatta concezione del capitalismo agisce immediatamente la questione del potere e solleva un interrogativo a esso connesso: «che cosa tiene insieme una società?». Una domanda che attraversa la traiettoria intellettuale di Bell e, sia pure declinata mediante una terminologia sociologica, riflette in realtà l’ambizione delle scienze sociali di farsi teoria politica. Esse si presentano quindi come teoria politica della modernità, nella misura in cui distinguono il potere sociale dal potere politico e, al tempo stesso, instaurano tra i due poli una tensione dialettica produttiva. Mettendo a fuoco la concettualizzazione del potere nell’opera di Bell si analizzeranno le mutazioni nel rapporto tra Stato e società negli Stati Uniti durante la Golden Age del capitalismo. In particolare, si metterà in luce nella grande narrazione di Bell l’ascesa e il declino di un ordine istituzionale che, alla metà degli anni Settanta, appare percorso da molteplici tensioni politiche e sociali che preannunciano l’avvento dell’età globale e il bisogno di una nuova “scala” di governo.
This dissertations deals with Daniel Bell’s political thought between the post-war era and the Seventies. During these years, Bell’s political reflection appears to be, to say it in the words of Jean-François Lyotard, a «grand narrative» of capitalism. Overall, Bell’s work is a sociological history of capitalism. It points out the height of fordism by assuming the end of ideology, and then sheds light on the post-industrial transformations, looking at the effects produced on power relations and the legitimacy of the socio-political system. In Bell’s view, capitalism is not only an economic system, but a complex social system which places individuals in the power structure by means of subordination and coordination. «What holds a society together?» is the question that go trough the whole trajectory of his reflection. It looks a sociological question, but actually it is a political question, because the order of society depends on the legitimacy of obligation relationships. The link between politics and sociology marks Bell’s thought and shows how social sciences are assumed to be the political theory of modernity: they analyze the political side of social relations as well as the social element inherent to the workings of political institutions. In other words, I look at the way in which Bell, «the sociologist of capitalism» as «The Economist» put it, distinguishes between social power and political power and then makes them interact. Focusing on Bell’s view of power I analyze the transformations occurred in the relationship between State and society in the US during the so-called Golden Age of Capitalism. Particularly, drawing the trajectory of this «grand narrative» of capitalism up to mid-seventies, I highlight that Bell recognizes the coming of a global age, full of political and social strains, and the need of a new institutional scale to cope with them.
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4

Cento, Michele <1984&gt. « Una grande narrazione del capitalismo : potere e scienze sociali nel pensiero politico di Daniel Bell ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5473/.

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Résumé :
Questa tesi punta a ricostruire il pensiero politico di Bell tra il secondo dopoguerra e la metà degli anni Settanta. In tale arco cronologico, la riflessione politica di Bell si profila, per usare una formula di Jean-François Lyotard, come una «grande narrazione» del capitalismo. Nel complesso, cioè, l’opera di Bell appare come una storia sociologica del capitalismo, che nella fine delle ideologie registra l’apogeo del fordismo e, in seguito, ne mette in luce le trasformazioni in senso post-industriale, indagando le ricadute che tali mutamenti implicano sul piano dei rapporti di potere e della legittimazione del sistema. Nell’ottica di Bell, pertanto, il capitalismo non costituisce soltanto un sistema economico, ma la forma specifica attraverso cui si dispiega la società nel suo complesso, attivando una serie di rapporti di potere mediante i quali gli individui vengono coordinati e subordinati. Una siffatta concezione del capitalismo agisce immediatamente la questione del potere e solleva un interrogativo a esso connesso: «che cosa tiene insieme una società?». Una domanda che attraversa la traiettoria intellettuale di Bell e, sia pure declinata mediante una terminologia sociologica, riflette in realtà l’ambizione delle scienze sociali di farsi teoria politica. Esse si presentano quindi come teoria politica della modernità, nella misura in cui distinguono il potere sociale dal potere politico e, al tempo stesso, instaurano tra i due poli una tensione dialettica produttiva. Mettendo a fuoco la concettualizzazione del potere nell’opera di Bell si analizzeranno le mutazioni nel rapporto tra Stato e società negli Stati Uniti durante la Golden Age del capitalismo. In particolare, si metterà in luce nella grande narrazione di Bell l’ascesa e il declino di un ordine istituzionale che, alla metà degli anni Settanta, appare percorso da molteplici tensioni politiche e sociali che preannunciano l’avvento dell’età globale e il bisogno di una nuova “scala” di governo.
This dissertations deals with Daniel Bell’s political thought between the post-war era and the Seventies. During these years, Bell’s political reflection appears to be, to say it in the words of Jean-François Lyotard, a «grand narrative» of capitalism. Overall, Bell’s work is a sociological history of capitalism. It points out the height of fordism by assuming the end of ideology, and then sheds light on the post-industrial transformations, looking at the effects produced on power relations and the legitimacy of the socio-political system. In Bell’s view, capitalism is not only an economic system, but a complex social system which places individuals in the power structure by means of subordination and coordination. «What holds a society together?» is the question that go trough the whole trajectory of his reflection. It looks a sociological question, but actually it is a political question, because the order of society depends on the legitimacy of obligation relationships. The link between politics and sociology marks Bell’s thought and shows how social sciences are assumed to be the political theory of modernity: they analyze the political side of social relations as well as the social element inherent to the workings of political institutions. In other words, I look at the way in which Bell, «the sociologist of capitalism» as «The Economist» put it, distinguishes between social power and political power and then makes them interact. Focusing on Bell’s view of power I analyze the transformations occurred in the relationship between State and society in the US during the so-called Golden Age of Capitalism. Particularly, drawing the trajectory of this «grand narrative» of capitalism up to mid-seventies, I highlight that Bell recognizes the coming of a global age, full of political and social strains, and the need of a new institutional scale to cope with them.
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5

Piscitella, Serena. « La narrazione elettronico-digitale-multimediale e l’educazione. Umanizzare la tecnologia : scommessa o utopia pedagogica ? » Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2014. http://hdl.handle.net/10556/1482.

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Résumé :
2012 - 2013
The research analyzes the methods of use of new technologies by younger generations , highlighting how today , next to the wall of the neighborhood , moving into new narrative spaces where kids are told , tell of events experienced , build their own identity , exchange thoughts and share emotions. Therefore it was necessary to start from the definition of the pedagogical value of the narrative that through reference to several authors , it is clear : - As a tool of the mind that creates meaning and allows everyone to build their own identity , which therefore powerful tool to scroll through a phenomenological analysis of the history of man and the changing forms of culture and thought. - As a product of culture , highlighting the need for each man , according to portray the manners and customs of the time in which he lives . Following the identification of the pedagogical problem, the path continues with an epistemological analysis , scientific and multidisciplinary making it possible to analyze the intrinsic characteristics of the new narratives, in order to identify, in hermeneutical key, reading the New Humanism, and key training, the complex of educational strategies to address the educational community. The course ends with a path of pedagogical- didactic along with the theoretical framework , have the dual objective of: - Supporting educators, teachers and trainers in their work of guiding and sustaining the younger generation; - Create a dock sharing knowledge on the effects related to the use of new media, ensure that such use does not result only in technique but that it represents a cultural support that contributes to quell'autorealizzarsi of the subject - person , socially and culturally oriented. [edited by author]
XII n.s.
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6

Castaldi, Maria Chiara. « Personalismo e pragmatismo pedagogico : due forme di narrazione pedagogica a confronto. Ipotesi di un incontro possibile ». Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2014. http://hdl.handle.net/10556/1436.

Texte intégral
Résumé :
2012 - 2013
The main aim of theoretical research in education is twofold: on the one hand, the study of practice in order to improve the educational function on the field, on the other hand the development of a theoretical research that constructs a pedagogical thinking speculatively pure around education/ human educability. Along a continuum and in a complementary relationship ranks applied research which tends to check possible solutions to concrete problems. The close link between theory and practice is realized in the passage that implements the pedagogy of subjecting the theoretical models of hypothetical deductive to empirical verification. In pedagogy we can talk about scientific theory when it has to do with articulated systems of ideas that form the skeleton of the discipline. The aim of such systems is to shed light on the realities of practice, investigated through hypothesis that can become practice both experimentally as well as by speculative. The systems of knowledge of pedagogy that make it a theoretical science, practice, metatheoretical and theoretical, study education as a process, route, relationship, instrument and order, system, and freedom, materiality and spirituality, nature and culture... [edited by author]
XII n.s.
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7

Guariento, Serena. « Il teatro come pratica narrativa per l'orientamento formativo : una ricerca sul campo ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426617.

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Résumé :
The contemporary world is characterized by social, cultural and economic complexities which make the transition from secondary school to university (and subsequently from university to the labour market) quite difficult to face for many students. This scenario contributes to enhance the need for genuine actions of vocational guidance, in particular towards secondary school students. As already known in the literature, the aim of all actions should be particularly focused toward enhancing students’ self-awareness and ability to choose the appropriate university curriculum, by weighting their strengths and weaknesses and also dealing with the world’s growing complexity. Furthermore, indications coming from the European Commission have already pointed out the urgency for pure vocational guidance and life-long learning, in order to support students and prevent dropouts. Quite surprisingly, however, in the last years we saw many initiatives of pure marketing actions organized by the Italian universities that seemed mainly devoted to purely attract new freshmen instead of offering a critic support to student’s self-awareness. Consequently, the purpose of this work is to propose and offer a preliminary test of an innovative and interactive theatre-based methodology for vocational guidance, that has never been used in Italy, at least to our knowledge. The use of theatre performance could be seen as an useful tool thanks to its educational and psychological implications and may be considered as a form of storytelling, capable of supporting the process of self-directed vocational guidance. A particular form of stage performance, called theatrical-lesson, has been designed and performed to an audience made up of 300 secondary school students coming from Belluno (Veneto, Italy). Before every performance a questionnaire was individually administered which aimed at capturing the participant’s needs, expectancies and beliefs. The results derived both from the questionnaires and from individual interviews after the performance revealed the value of all the basic elements of the project, such as the importance of emotional and cognitive involvement in the process of vocational guidance; the need for every student to make clear his/her knowledge and establish a dialectical relationship with it; the need for a network between institutions (schools, universities, colleges, etc.); the positive impact of the storyteller's performance in order to stimulate self-awareness and, finally, the importance of the storyteller's ability to combine educational and theatrical action.
Il contesto attuale, caratterizzato da mobilità e flessibilità della società, contribuisce ad accrescere l'importanza e il bisogno di orientamento, in particolare per le scuole superiori. Considerata l'attività di orientamento per gli studenti delle classi V degli istituti superiori, si ravvisa la moltiplicazione di iniziative informative e di azioni di marketing. Se la normativa italiana ed europea pone l’attenzione sul processo di scelta e sui metodi della decisione consapevole in una prospettiva di formazione continua, nella realtà l'orientamento informativo prevale su quello formativo, ed in rari casi si tenta il superamento dei metodi basati sulla lezione frontale. La ricerca di una metodologia didattica attiva innovativa per l'orientamento formativo ai giovani di classe V superiore ha costituito lo stimolo di partenza di questo lavoro. Il teatro è parso uno strumento utile a questo fine, per le sue implicazioni pedagogiche e psicologiche: dall’analisi della letteratura sull’argomento e dalle conseguenti riflessioni è emersa l’ipotesi che esso possa proporsi come possibile forma di narrazione in grado di favorire i processi di auto-orientamento. Il percorso presentato in questo lavoro ha avuto pertanto una funzione prevalentemente esplorativa, ai fini di analizzare come possa essere definito e articolato il contributo del teatro negli interventi di orientamento formativo. In particolare si è giunti alla progettazione di una modalità d’azione basata su una tecnica che è stata definita lezione-teatro, qui intendendo il teatro in tutta la pregnanza della sua originale vocazione relazionale, e alla successiva messa alla prova dell’intervento-tipo proposto, attraverso una ricerca sul campo che ha coinvolto, fin dall’indagine preliminare di analisi dei bisogni effettivamente sentiti, gli studenti di classe V superiore del territorio di Feltre-Belluno (Veneto, Italia) nell’ottica di un percorso che valorizzi una verifica ricorsiva ai fini di un continuo affinamento della tecnica e dei suoi contenuti. La ricerca, che ha coinvolto in totale 390 studenti, dopo un’ indagine preliminare esplorativa dei vissuti degli studenti in fase di scelta e la conseguente elaborazione di un testo teatrale finalizzato all’orientamento, ha visto l’erogazione dell’intervento presso il teatro comunale di Belluno in prima istanza e, in seguito all’analisi dei risultati e alle conseguenti modifiche, la sua ri-proposizione presso la Fiera Orient@ di Longarone (Bl), con due interventi. Lo studio ha evidenziato alcuni elementi irrinunciabili del progetto, quali il coinvolgimento emotivo e cognitivo nei processi di orientamento; l'attenzione da dover prestare nel cogliere, esplicitare e favorire la condivisione dei punti di vista degli studenti in fase di scelta, e nell’entrare in rapporto dialettico con essi; il lavoro di rete tra i soggetti istituzionali che si occupano di orientamento scolastico e professionale nel territorio, per un coordinamento e una condivisione di obiettivi e di risorse, finalizzati ad azioni di orientamento più efficaci; la centralità, all’interno dell’azione teatrale, della funzione di “risveglio delle coscienze” del Narratore; l’importanza di una figura in grado di condensare le competenze formative e quelle teatrali, definita in questa sede form-aut-attore.
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8

JORIO, FEDERICA. « Immaginarrare (attraverso) la formazione. Esplorazioni auto/biografiche per comporre visioni dell'educazione ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/87288.

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Résumé :
L’elaborato intende indagare il complesso tema della formazione, nelle declinazioni e connotazioni che di essa si danno a partire da una ricognizione di tipo teorico e pedagogico, per poi giungere ad una sezione di tipo pratico in cui viene illustrata un’esplorazione di ricerca che ha visto come partecipanti alcuni studenti iscritti al corso di laurea triennale di Scienze dell’Educazione presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Si è scelta la forma della narrative inquiry mediata e sostenuta da un approccio visuale alla costruzione e alla presentazione dei contenuti narrativi (arts-based e arts-informed) con l’intenzione di attraversare una realtà così densa e ricca come quella della formazione arricchendone le possibilità di conoscenza, di apprendimento e di analisi, grazie all’assunzione di un linguaggio ulteriore, che offre una prospettiva altra di ricerca e di indagine. La formazione, pensata come epistemologia della conoscenza del singolo, è forma e teoria che nasce da una visione delle prassi educative con cui si è entrati in relazione nei diversi contesti di formazione, appunto, e di cui si è portatori. A partire da questo presupposto di indagine, a livello metodologico, si è scelto di fondare su un innesco ricognitivo come quello rappresentato dal contributo dell’approccio auto/biografico, sull’approccio riflessivo di marca fenomenologica, e sulle suggestioni della clinica della formazione, la progettazione di un’esperienza laboratoriale, che, a partire dalla metafora della mappa come metodo per la costruzione della conoscenza relativa al tema d’indagine, ha coinvolto i partecipanti in una ricerca-formazione, cammino di scoperta, di indagine, di riflessione, di ricognizione e infine di narrazione della propria idea di formazione. Mediato da immagini, mappe, montaggi di sequenze tratte da pellicole cinematografiche, ogni partecipante ha potuto costruire il suo personale portfolio, un quaderno di lavoro con cui tenere traccia del proprio percorso, per ricostruire i sensi della propria formazione e i modi dell’educazione di cui è interprete. Nel tessuto delle narrazioni presentate in questo elaborato si potrà quindi prendere visione del processo di esplorazione laboratoriale e approfondire, tramite un’analisi di casi, di storie di formazione, il prisma educativo che informa e mostra la complessità dell’oggetto-formazione indagato. Poiché l’indagine è stata progettata come una ricerca-formazione, la parte conclusiva dell’elaborato è dedicata all’approfondimento degli apprendimenti trasformativi, relativi alle dimensioni epistemologiche, metodologiche, più inclusivamente epistemiche, che mettono a confronto la prospettiva di tutti i partecipanti, studenti e conduttore del laboratorio, per offrire una valutazione dell’esperienza e avanzare ipotesi di spendibilità del suo metodo per la formazione di futuri professionisti dell’educazione e della formazione.
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9

LURASCHI, SILVIA. « Per/mettere le storie in movimento. Il posizionamento dinamico del ricercatore e la riflessività embodied in pedagogia ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2017. http://hdl.handle.net/10281/158203.

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Résumé :
La tesi sostiene il posizionamento dinamico del ricercatore come via per riflettere sulla natura incorporata dei processi conoscitivi. Il corpo è visto come centro attraverso cui il ricercatore dà forma al proprio sentire e sapere; conoscere attraverso i sensi porta a un posizionamento estetico che ridefinisce sia la riflessività, sia l’incontro con i soggetti e contesti della ricerca. Il metodo scelto è autoetnografico, centrato sul racconto in prima persona dell’esperienza estetica del ricercare, incorporata e generata dall’azione e dal movimento del ricercatore, che permette un superamento di saperi e metodi tradizionali, centrati sulla scientificità oggettivante e sul pensiero astratto, attraverso pratiche che valorizzano identità e integrità. Il primo capitolo definisce la Embodied Cognition, paradigma emergente, come cornice epistemologica del lavoro, agganciandola a un’esperienza estetica vissuta, e integrando tra loro testi narrativi e argomenti teorici che fanno riferimento a un ventaglio di discipline e autori. Nel secondo capitolo viene proposta una teoria embodied ed enacted della riflessività pedagogica; nello specifico, sono ricostruite e ridisegnate cinque vie alla riflessività emergenti dalla letteratura, ed è esplicitato il posizionamento riflessivo e meta-riflessivo, etico e auto-etico, della ricercatrice. L’esperienza estetica raccontata all’inizio del capitolo porta a proporre la metafora della deriva come immagine capace di restituire la complessità e l’incertezza delle inter-relazioni corporee tra ricercatore, partecipanti e contesto nel processo di ricerca. L’immagine della deriva diventa la traccia, nel capitolo successivo, per costruire una metodologia innovativa, attraverso il primo studio di caso della tesi, che mostra la trasformazione della domanda di ricerca, inizialmente tesa a comprendere l’esperienza del dis/orientamento, nell’incontro emozionante della ricercatrice con un testo, scritto da una donna adulta rientrata in formazione. L’analisi di questo testo diventerà l’occasione per costruire un metodo originale, estetico, incorporato, che compone creativamente il modello metodologico della cooperative inquiry con l’inter-vista auto/biografica e la postura di “curiosità” di matrice sistemica. L’ultimo capitolo restituisce la ricerca sul campo, un’indagine collaborativa con 4 gruppi di donne e operatici di due comunità mamma-bambino, dagli esiti imprevedibili. Anche qui, come nel precedente studio di caso, l’iniziale domanda di ricerca, finalizzata a comprendere il presunto dis/orientamento esistenziale delle donne, si trasforma nell’inter-azione: la negoziazione del codice etico e l’attivazione di esperienze di consapevolezza corporea porteranno infatti le donne, co-ricercatrici attive e riflessive, a scegliere autonomamente di modificare in modo non anticipabile i tempi e gli esiti della ricerca. L’imprevisto chiede alla ricercatrice di riposizionarsi, porta la sua attenzione sulla dimensione corporea dell’incontro, la invita ad agire la riflessività come presenza, per produrre infine un ripensamento critico dell’intero processo di ricerca.
The thesis proposes the dynamic positioning of the researcher as a way to reflect on the embodied nature of cognition. The body is seen as a center for the researcher to give a shape to her own knowing and feeling. Knowing through sense brings to an aesthetic positioning, redefining both reflexivity and encounter, in searching with subjects and in contexts. The chosen method is autoethnographic, centered on first person narration of searching as an embodied experience generated by action and movement. This goes beyond traditional knowledge and methods, centered on objectivation and abstraction, to pratice identity and integrity. The first chapter takes Embodied Cognition, an emerging paradigm, as the epistemological framework of the study, starting from an aesthetic lived experience and integrating narrative parts and theoretical arguments, that refer to several disciplines and authors. In the second chapter, an embodied and enacted theory of pedagogical reflexivity is proposed, namely five ways to reflexivity, emerging from literature, are reviewed and redefined; moreover, the reflexive and meta-reflexive, ethical and self-ethical positioning of the researcher is exposed. The aesthetic experience that opens the second chapter gives birth to the metaphor of drift, a powerful image used to grasp complexity and uncertainty of bodily inter-relations between researchers, participants and context, as they happen in the process of searching. The drift becomes a track, then, in the following chapter, to build an innovative methodology, through the first case study, where a transformation of the initial research question aimed at understanding the experience of dis/orientation is documented through the soulful encounter of the researcher with a text written by an adult woman who re-entered education. The analysis of this text will be the occasion to build an original, aesthetical, embodied method, creatively composing the methodological model of cooperative inquiry with auto/biographic inter-view and “curiosity” as a systemic posture. The last chapter presents field research, a collaborative inquiry involving 4 groups of women and professionals in two residential mother-and-child care centers, and whose outcomes were unforeseeable. Here again, as with the previous case study, the earlier research question, aiming at understanding presumed existential dis/orientation of these women, was transformed during inter-action: the negotiation of the ethical code and activation of embodied self-awareness brought these women, as active and reflexive co-researchers, to choose autonomously to modify in un-anticipated ways the research timing and results. The unexpected pushed the researcher to re-position herself, brought her attention to the bodily dimension of the encounter, invited her to act reflexivity-as-presence, and produced a critical re-thinking of the whole research process.
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Castro, Aurelio. « Narrare le maschilità : la costruzione dell'orientamento sessuale in uomini Bi+ ed eterosessuali ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3425425.

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Résumé :
The research project inquired the intersections between masculinity and sexual orientation in the narratives of bisexual and heterosexual men living in central and northern Italy. By challenging the assumption that male sexuality its more simple and biologically driven, the research focuses on the socially constructed meanings within the participant's stories regarding their identities and practices as “sexually oriented men”. Bisexuality and heterosexuality were chosen as relevant groups to compare since they share one target of desire (other-gender attraction to women) but represent different paths of attractions: an exclusive and normative pattern of attractions for straight men (that “should be attracted only to women) non-exclusive (attraction to more than one gender) and deviant, whereas the latter consist of the normative group and “should” be exclusively attracted only to women. Exploring how men of different sexual orientation construct and adhere to diverse models of masculinity and how they frame it within hegemonic discourses (Connel, 2005; Kimmel, 2005). Lastly, since bisexuality has been recognized as an invisible and erased sexuality (in scientific literature, media, policies and LGT associations) comparing these two groups provides useful insights for sexual research because the pervasive heteronormativity of being male and straight is often “invisible” to the normative group.
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MUSTACCHI, CLAUDIO LUIGI ANGELO. « Il luogo della poesia. Indagine fenomenologica sulla poesia nell'educazione in età adulta ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2017. http://hdl.handle.net/10281/148204.

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Résumé :
L'indagine prende le mosse dalla diffusione del paradigma narrativo nel campo dell'educazione degli adulti, allo scopo di approfondire le implicazioni della parola poetica. Dopo una ricostruzione delle principali ragioni per le quali le pratiche narrative e biografiche sono diventate oggetto d’interesse negli studi sull’educazione degli adulti, si sofferma su quei contributi ritenuti fecondi per la riflessione sulla poesia e, in seguito, esplora processi educativi ricostruiti tramite i vissuti di soggetti adulti dotati di intenzionalità riconoscibile verso l’esperienza della lettura e della scrittura di poesie. L'intento è indicare le implicazioni e le declinazioni pedagogiche della capacità di "innovazione semantica" (Ricœur 1975) presente nel linguaggio umano, tensione metaforica e polisemica che agisce in senso vitale per allargare gli orizzonti del significato: le possibilità linguistiche come quelle esistenziali. Prendendo in considerazione quella che è stata definita la "svolta narrativa" (West et al. 2007) nell'educazione degli adulti, si mostra come questa sia da mettere in relazione a una condizione adulta caratterizzata dalla dissoluzione dei riferimenti identitari (Alheit et al. 1995), dalla precarietà e dalla fragilità (Castiglioni 2011), dal venir meno degli habitus convenzionali (Demetrio e Alberici 2002); condizione esistenziale immersa nei più generali cambiamenti di un’epoca definita, a seconda dello sguardo, ora “tarda modernità”, ora “surmodernità”, ora “modernità liquida”, ora “postmodernità”. In seguito, si delineano gli elementi nodali del paradigma narrativo approfondendo il concetto di “identità narrativa” nella cornice proposta da Paul Ricœur (1950, 1970, 1975, 1983) – mostrandone anche le ricadute sugli studi psicologici (Bruner 1990, 2002), politici (Nussbaum 1997, 2012, ), antropologici (Geertz 1973, Clifford 1988) – per evidenziare come il percorso che porta alla teoresi dell’identità narrativa trovi origine nell’attenzione rivolta al simbolo e in un proposito generale di costruzione di una “poetica della volontà”. Vista la qualità fondamentale che il pensiero poetico assume per il paradigma narrativo, sono state ulteriormente approfondite le caratteristiche del linguaggio poetico, con il contributo di studi semiologici (in particolare Lotman 1970, 1984 e Corti 1976), per ritrovare aspetti centrali evidenziati da Ricœur, ma anche per mostrare aspetti meno considerati, come ad esempio il tema del suono. Parallelamente è stata svolta un'indagine empirica che ha voluto osservare e interrogare soggetti in età adulta che sono stati individuati come attori di processi educativi legati alla poesia che si è articolata in una serie di azioni: raccolta di autobiografie relative al rapporto con la poesia; interviste a promotori della cultura poetica (Marcos y Marcos, Casa della Cultura, Spazio/Poesia); interviste a poeti (Butcovan, Capalbi, Corona, De Angelis, Loi, Pusterla, Rossi); osservazione partecipante di un gruppo di lettori di poesia; partecipazione a un progetto europeo sulla poesia nell’educazione degli adulti; sperimentazione di un percorso di formazione alla scrittura creativa e poetica nell’ambito di un corso universitario per educatori e assistenti sociali. Dentro la cornice fenomenologica è stato possibile collocare pedagogicamente la poesia come una manifestazione particolare di trascendenza della coscienza intenzionale, una forma attraverso cui il soggetto fa esperienza del mondo collocandosi nella propria interiorità e nel linguaggio. Pedagogicamente la poesia assume un doppio interesse per il suo statuto di processo che cerca tramite il linguaggio di dare una forma al flusso di pensiero mantenendosi in un contatto con l’interiorità e per la capacità di sintonizzarsi, risvegliare, sensibilizzare, risuonare con le altrui interiorità e creare tramite il suo linguaggio un ponte empatico, che si fa anche sensibilità collettiva.
This research takes its cue from the spread of the narrative paradigm in the field of adult education, with the intention of exploring the implications of poetic language. After outlining the main reasons why narrative and biographical practices have become a focus point in adult education theory, works considered useful for a reflection upon poetry shall be examined, before exploring educational processes reconstructed through the life experiences of adult individuals who possess a recognizable interest in the experience of reading and writing poetry. The intention is to indicate the educational implications and varieties of the capacity for “semantic innovation” (Ricoeur 1975) present in human language; namely, a metaphorical and polysemic tendency, which acts vitally to expand the horizons of meaning, with both linguistic and existential possibilities. Taking into account what has been defined the “narrative turn” (West et al. 2007) in adult education, it is demonstrated how this should be linked to an adult condition featuring the loss of identity-related references (Alheit et al. 1995), precariousness and fragility (Castiglioni 2011), the decline of conventional habitus (Demetrio and Alberici 2002); an existential condition that is immersed in the more general changes of an era which has been variously defined, depending on viewpoints as “late modernity” (Giddens 1994), “surmodernity” (Augé 2009), “liquid modernity” (Bauman 2011), and “post-modernity” (Lyotard 1981). The central elements of the narrative paradigm shall then be outlined, by exploring the concept of narrative identity within the framework proposed by Paul Ricoeur (1950, 1970, 1975, 1983) – also demonstrating its impacts on research in psychology (Bruner 1990, 2002), politics (Nussbaum 1997, 2012), and anthropology (Geertz 1973, Clifford 1988) –to highlight how the theories on narrative identity originally developed from an interest in the symbol, and as part of a general idea of constructing a “poetics of will”. Given the fundamental quality that poetic theory holds for the narrative paradigm, further analyses have been made of the characteristics of poetic language, with the contribution of semiology research (specifically Lotman 1970, 1984 and Corti 1976), in order to pinpoint central aspects highlighted by Ricoeur, as well as showing less noted aspects, such as the theme of sound, for example. In parallel, an empirical survey was conducted in order to observe and question adult-age individuals who were identified as actors in poetry-related educational processes; this survey comprised a series of actions: gathering autobiographies concerning their relationship with poetry; interviews with promoters of poetic culture (Casa della Cultura, Spazio Poesia, Marcos y Marcos); interviews with poets (Loi, De Angelis, Pusterla, Butcovan, Corona, Rossi, Capalbi); participatory observation in a group of poetry readers; participation in a European project on poetry in adult education; experimentation with training sessions on creative writing and poetry as part of a university course for educators and social workers. Within the phenomenological framework, it was possible to situate poetry, pedagogically, as a specific manifestation of the transcendence of intentional consciousness, a form through which the individual experiences the world, located within his or her own interior sphere and language. In educational terms, poetry has a dual relevance: for its status as a process which seeks, through language, to give shape to the flow of thoughts, maintaining contact with inner life; and for its ability to tune in, reawaken, raise awareness, resound with other people’s inner beings, and to create through its language an empathic bridge, also acting as a collective sensibility.
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Baschiera, Barbara <1972&gt. « Oltre le età : prospettive di sviluppo del potenziale formativo degli anziani ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2010. http://hdl.handle.net/10579/1015.

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Résumé :
Il progetto di ricerca, di natura sia quantitativa che qualitativa, si colloca nell’ambito delle Scienze della Formazione ed indaga la formatività delle azioni di cura, reciprocità e dono, messe in atto da anziani e adolescenti, all’interno di un paradigma relazionale intergenerazionale. Dopo aver analizzato la percezione della vecchiaia (stereotipi) attraverso un percorso storico e antropologico nella letteratura, nella filosofia, nell’arte e nella pubblicità, si è indagata la letteratura di ambito neuroscientifico e psico-pedagogico per porre in risalto i talenti degli anziani. Considerato lo stato dell’arte della ricerca sulle pratiche intergenerazionali in contesti europei e mondiali, si è messa in atto una sperimentazione di contatto tra le generazioni, utilizzando la narrazione come dispositivo ermeneutico, epistemico e relazionale. Lo scambio intergenerazionale qui configurato, che può divenire una pratica generalizzabile anche in altri contesti, ha portato a modificare significativamente gli stereotipi relativi alle diverse età della vita dei 200 partecipanti; a sviluppare e valorizzare il potenziale formativo e generativo degli anziani e a potenziare la competenza relazionale tra soggetti di età diversa.
The research project, which is quantitative and qualitative in nature, belongs to the field of Educational Sciences and explores the effects of intergenerational experiences, like care, reciprocity and gift on adolescents and older adults. After an historical and anthropological analysis of Literature, Philosophy, History of Art and Advertising about stereotypes on aging, Neurosciences and Psychopedagogy have been applied to underline elderly people talents. Taking into consideration the “state of the art” of researches on intergenerational practices, policies, programmes and initiatives in Europe and Worldwide, an experiment of intergenerational relationship has been accomplished by adopting narration as an hermeneutical, epistemical and relational approach. Such an experiment, which can be applied to different contexts, has modified a lot of stereotypes on aging, moreover it has developed educational and generative potential of older adults and relational skills of adolescents.
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RACCAGNI, DALILA. « GENITORI SENZA PATRIA : COME CAMBIA LA FUNZIONE EDUCATIVA GENITORIALE NEI PROCESSI MIGRATORI. L'ESPERIENZA DELLA RELAZIONE TRA GENITORI E FIGLI NELLA COMUNITA' GHANESE DELLA PROVINCIA DI BRESCIA E BERGAMO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/93125.

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Résumé :
Il contesto contemporaneo pare attraversato da una grande sfida umana, che chiama in causa ognuno di noi ad interrogarsi circa il significato di educare nel tempo della pluralità. L’epoca attuale è caratterizzata dal fenomeno migratorio, dalla presenza stabile di cittadini di origine straniera residenti nel territorio italiano e da una globalizzazione della persona umana. È in questo contesto che il presente lavoro prende in esame, nel quadro della ricerca qualitativa qui condotta, le narrazioni di storie di vita di genitori di origine ghanese residenti nella provincia di Bergamo e Brescia al fine di problematizzare alcune categorie pedagogiche legate al ruolo genitoriale. Ne emerge uno spaccato interessante che mostra l’importanza per questi genitori di mantenere un legame con la terra di origine, la necessità di aprirsi al contesto in cui vivono e la sfida nel rapporto con i figli nati e/o cresciuti nel paese di residenza. La ricerca ha dimostrato come la pedagogia, accogliendo questi vissuti, sia in grado di promuovere riflessioni e spazi di interesse in cui le differenze reciproche sono occasione di crescita comune, nella molteplicità delle culture.
The contemporary context seems to be marked by a great human challenge which calls each of us into question about the meaning of educating in this time of plurality. The time we live in is characterized by the migration phenomenon , the stable presence of citizens of foreign origin living in the Italian territory and by a globalization of the human person. The present work has examined, within the framework of qualitative research and the current social context, the life stories of Ghanaian-born parents living in the province of Bergamo and Brescia. This was carried out in an attempt to problematize multiple pedagogical categories related to the parenting function. The result is an interesting cross- section that shows the importance for these parents to maintain a bond with the country of origin, the need to open up to the context in which they live, and the challenge found in the relationship with their children born and/or raised in their country of residence. The research has shown how pedagogy, by accepting these experiences, is able to promote reflections and spaces of interest in which mutual differences are an opportunity for common growth within the multiplicity of cultures.
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RACCAGNI, DALILA. « GENITORI SENZA PATRIA : COME CAMBIA LA FUNZIONE EDUCATIVA GENITORIALE NEI PROCESSI MIGRATORI. L'ESPERIENZA DELLA RELAZIONE TRA GENITORI E FIGLI NELLA COMUNITA' GHANESE DELLA PROVINCIA DI BRESCIA E BERGAMO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/93125.

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Résumé :
Il contesto contemporaneo pare attraversato da una grande sfida umana, che chiama in causa ognuno di noi ad interrogarsi circa il significato di educare nel tempo della pluralità. L’epoca attuale è caratterizzata dal fenomeno migratorio, dalla presenza stabile di cittadini di origine straniera residenti nel territorio italiano e da una globalizzazione della persona umana. È in questo contesto che il presente lavoro prende in esame, nel quadro della ricerca qualitativa qui condotta, le narrazioni di storie di vita di genitori di origine ghanese residenti nella provincia di Bergamo e Brescia al fine di problematizzare alcune categorie pedagogiche legate al ruolo genitoriale. Ne emerge uno spaccato interessante che mostra l’importanza per questi genitori di mantenere un legame con la terra di origine, la necessità di aprirsi al contesto in cui vivono e la sfida nel rapporto con i figli nati e/o cresciuti nel paese di residenza. La ricerca ha dimostrato come la pedagogia, accogliendo questi vissuti, sia in grado di promuovere riflessioni e spazi di interesse in cui le differenze reciproche sono occasione di crescita comune, nella molteplicità delle culture.
The contemporary context seems to be marked by a great human challenge which calls each of us into question about the meaning of educating in this time of plurality. The time we live in is characterized by the migration phenomenon , the stable presence of citizens of foreign origin living in the Italian territory and by a globalization of the human person. The present work has examined, within the framework of qualitative research and the current social context, the life stories of Ghanaian-born parents living in the province of Bergamo and Brescia. This was carried out in an attempt to problematize multiple pedagogical categories related to the parenting function. The result is an interesting cross- section that shows the importance for these parents to maintain a bond with the country of origin, the need to open up to the context in which they live, and the challenge found in the relationship with their children born and/or raised in their country of residence. The research has shown how pedagogy, by accepting these experiences, is able to promote reflections and spaces of interest in which mutual differences are an opportunity for common growth within the multiplicity of cultures.
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Cappelletti, R. « ANTROPOLOGIE DEI DIRITTI UMANI. PERCORSI AFRICANI ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/150178.

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Résumé :
The Human Rights topic is increasing its relevance in the field of legal studies and in the agenda of inter/transnational actors. The Sociology of Law is deeply engaged in this dialogue, but some of its contributions seem to share a common lack of concern about the dimensions of cultural legitimacy and politics of imagination. Refusing the “simplistic” vision of «legal transplants», the approach in term of regionalization and the genealogical theories (i.e. the so called generations of human rights), the thesis aims to outline a multidisciplinary frame, trying to merge the anthropological and the socio-legal knowledge to shed light on the «anthropologies of human rights». The use of the plural suggests several orders of realities: firstly, it reflects the high fragmentation which characterizes the epistemological and methodological debate of contemporary anthropology, as a disciplinary field. An “internal” multiplication of points of view which becomes even more striking in its interactions whit the HR subject and its own kind of internal dissemination. Secondly (and consequently), it enlightens that the “pluralisation” of human rights discourse could be better understood as a proliferation of world-visions and axiologies. In this second meaning, the summoned «anthropologies» have to be intended in term of theories on human beings, on social reality and social order, shaped by cultural assumptions, taken-for-granted and (shared) symbolical repertoires. Deeply merged within every manifestation of the «humanitarian transnational narration», these world-versions need to be studied as sources of influence and inspiration for legal claims, texts and declarations that build the corpus of international humanitarian law. Lastly, this plurality which stems from the relationship between the macro-narrative of the International Bill of Human Rights and its situated appropriations points out the potentiality of a cultural analysis of the social life of (human) rights in avoiding the dichotomist models (universalism versus relativism, global versus local and so on) in favor of a representation in term of narrative encounters between different conceptions of human dignity, human beings, normative orders and social realities. To grasp this mutual and multilayered overlapping, the first part of the thesis builds an analytical framework destined to be applied, in the second part, to the specific context of the «African system of human rights». This choice was dictated by the peculiarities which seem to distinguish it from others regional systems: amongst these features, the African Charter on Human and Peoples’ Rights deserves a special place, considered its aspects of relevant innovation and creativity as well its signs of criticism and its lack of real efficacy. In the first chapter we start from the general liaison between Law and Culture, looking for a «relational paradigm» which rejects determinist or reductionist presentations of this organic link. Adopting a pluralist point of view (centered on the idea of «normative pluralism» preferred to the classical one in term of «legal pluralism»), we borrow some insights from early anthropological researches on «primitive law» and on the co-existence of plural normative orders in colonial settings. The second chapter deals with the concept of «legal culture», trying to discuss a cardinal notion of sociology of law that often pretend to exhaustively grasp the complexity of law/culture nexus. We explore the richness and the pitfalls of influent theorizations about this topic, sorting out three dimensions which seem to require a deeper engagement: the power, the (construction of the) collective identities and the pluralism. In strict dialogue with the studies on «legal consciousness» and «legal socialization», we move towards a textual description of culture. The third chapter sketches a theory of culture in term of cognitive and normative interface between men and the meaningful world they try to create (and to live in). Borrowing from Clifford Geertz the fundamental ideas about the «social traffic of meanings», the textual dimension of cultures and the law as a way of world-making – or better, of imaging the reality –, we keep developing our model in a more comprehensive perspective which dismisses the “literary” constraints entrenched in the idea of «text». The forth chapter deals with some assumptions of the so-called «narrative paradigm», trying to “dissolve” the persisting rigidities of the textual frame into a larger and (more) universal human ability: the narrative competence. We examine the coalescence between narrative attitude and normative attitude, stressing the similarities and the constitutive power of both of them. Starting from narration as a meta-model for the social construction of reality, we move towards the specificities of «legal narration» as expression of the legal construction of social reality. This narrative standpoint can be synthesized as follow: the human skill to produce, to understand and to manipulate tales (and other sources of narrative production) is the key that ensures the transmission and the socializations of cultural meanings, representations and symbols. Trough the narrativization of culture it becomes easier to conceive the narrativization of legal cultures as shared, contested, polyphonic repertories of legal and social ideas. In the fifth chapter we start applying our theoretical framework to the human rights topic. We begin with a preliminary set of issues regrouped under the label of «spatial problematic». It underlines the paradox of the Universalist project, with its claims of cultural independence and planetary applicability on the one hand, and the need of cultural resonance and local relevance on the other. We explore critical contributions about the «globalization talk», which stress some traps of this overriding way of representing social and socio-legal phenomena in the contemporary world. Aiming to reject monodimensional explanations, we merge the «rhetoric of flaws» with the sensibility for «friction events» generated by and trough the encounters between transnational narratives and specific local (and cultural) settings. The concept of «vernacularization» helps us to conceive these interactions/intersections between global flows and punctual frictions. The sixth chapter introduces the main elements of the African context, starting from a sketched portrait of what we define its «radical normative pluralism». In order to cope with the complex reality of the African human rights system, we outline a historical (and political) description of the events that preceded the creation of the Organization for the African Unity, the institutional body which had the main responsibility in the consolidation of the system itself. We also examine various “legal” precedents (the so-called Lagos Law, the Universal Declaration of the Rights of Peoples and so on) which influenced the elaboration of the African Charter with their moral and political authority. Whit the seventh chapter we finally land the heart of our topic: the narrative analysis of the African Charter of Human and Peoples’ Rights. After a quick identification of the focal features of the document, we approach the meaningful core of the Charter: the organic/holistic relationship between individual human rights and collective dimension of peoples’ (human) rights. We split our investigation in two different but related paths: the individual/people pole and the rights/duties pole, assuming they are two dissimilar strategies to arrange this underlying “cohabitation”. We also draw to several pronunciations of the African Commission of human and peoples’ rights exploring the potential meanings of people and peoples’ rights to clarify the official/institutional position on the subject. Anthropological and sociological studies on the ongoing modifications of collective frames of reference (the family, the ethnic group and other strategies of kinship allegiance) in contemporary Africa are employed to complete our inquiry. In the eighth chapter we (temporary) leave the African Charter in favor of other documents and protocols produced by the African system, strictly related to the «culture variable»: the Pan-African Cultural Manifesto, the Cultural Charter for Africa and the Charter for African Cultural Renaissance. After that, we approach three other texts more engaged on the promotion and protection of human rights for specific categories of people: the African Charter on the rights and welfare of the child, the Protocol to the African Charter on human and peoples’ rights on the rights of women in Africa and the African Youth Charter. Our aim is to show how cultural assumptions about the subjects concerned shape or influence the normative prescriptions designed to protect them. The ninth chapter, finally, outlines a general evaluation of our analytical model trough the exploration of its weakness and its points of strength. It shows the hermeneutical advantages provided by the «gius-narrative» key, which enabled us to trace and emphasize the links between myths and foundational narratives of social groups and theirs normative constructions. It also stresses the need for a cultural study of social life of human rights, to (try to) grasp the many faces that the struggle for human rights is showing in its continuous spread around the world.
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Caliandro, A. « IL LAVORO AFFETTIVO DEI CONSUMATORI VOLTO ALLA CO-CREAZIONE DI VALORE SUI SOCIAL MEDIA : UN' INDAGINE NETNOGRAFICA ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/172622.

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Résumé :
The affective labor of consumers in regards to the co-creation of value onto social media: a netnographic enquiry This work is, ideally, divided in two part. In the first one I address some theoretical issues, basically reflecting upon the concept of affective labor featured by Autonomist Marxism and Elisabeth Wissinger. In the second one I address some methodological issues, basically re-elaborating the netnographic method of Robert Kozinets. The aim of my thesis has been to study and understand in a systematic way the affective labor performed by consumers onto the social media, intended as a leading practice of co-creation of value. On one hand I define ‘affective labor’ as the ability of a social group, situated in a contingent social context, to arouse an affective flow and to fix it in transient shapes (emotions), in order to channel it toward a productive purpose. On the other hand I considered the ‘co-creation of value’ onto social media as an activity which pertains to the discourse of consumers rather than to the consumers per se. Therefore my guiding hypothesis: ‘Since the Internet is a discourse-created phenomena, it is hypnotizable that it would be a certain dynamic of consumer discourse at creating value, rather than the bodies of consumers’. Following this hypothesis I actually discovered that online co-creation of value not only depends on the discourse but also on a specific discursive dynamic hinged on as system of communicative frictions. As it is well-known online consumers create value since their communicative interactions are systematically monitored by companies, which (by means of techniques and devices for Sentiment Analysis) transform them in product innovation and brand reputation. Therefore my cognitive question: How do online consumers perform affective labor? Or, thorough which kind of practices online consumers do manage their affective investment in order to create that flux of information that companies harness and capitalize? In order to answer this qualitative question a drew on the netnographic method, basically developing a personal declination of it rather than just applying it. In order to do so I elaborated a ‘practice-based netnographic approach’, mainly drawing on Richard Rogers’ epistemological motto: ‘Follow the medium’. My empirical research has produced two key heuristics: the concepts of web tribe and narrations of self. On one hand, differently from classical tribal marketing, I conceive of a web tribe as a social space rather than a social group made out of people ‘in love with’ a particular brand. Specifically I define a web tribe as a flux of communication that: a) flows through and springs from specific ‘places’ of the 2.0 web (forums, blogs, social networks, etc); b) converges on specific brands or products; c) converges on specific topics of conversation. On the other hand I conceived of ‘narrations of self’ as common discursive practices through which the members of a web tribe valorise the brand and themselves. In this way online consumers interacting within a ‘tribal space’ come to converge on some shared practices by which defining the brand value and their identities, rather than on a specific brand value and on common definition of identity per se. Thus, I finally came out to the conclusion that the web tribe is a dispositif that catalyses and formalizes the affective flow of consumer; in this way the ‘tribal dispositive’ governs the affective labor of consumers organizing it in a form that is suitable to be harnessed and exploited by companies and brands.
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CIAMMELLA, FABIO. « Transmedia Activism e pratiche comunicative. Analisi del processo di worldbuilding partecipativo e di co-creazione per le narrazioni dei movimenti sociali ». Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/11573/1583112.

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Résumé :
L’elaborato nasce da una riflessione che si fonda sugli studi del transmedia e l’applicazione che questi possono avere in ambito culturale e sociale. Infatti, il transmedia è stato spesso associato a narrazioni di tipo pop, franchise mainstream o a dinamiche partecipative e creative riconducibili al fandom. Tale impostazione deriva dagli studi degli autori che per primi hanno utilizzato questo approccio con lo scopo di spiegare fenomeni comunicativi nel panorama mediale convergente (Jenkins 2003, Scolari 2009, Gomez 2010). In particolare, il transmedia è stato usato come aggettivo per descrivere le modalità di diffusione, attraverso diversi canali mediali, di contenuti appartenenti a un campo specifico, partendo dal classico transmedia storytelling fino all’informazione (transmedia journalism) o il marketing (transmedia branding). In questo caso, anche se si ritiene un’applicazione valida e puntuale, non sono mai emersi in modo coerente gli elementi peculiari del transmedia: la cultura partecipativa e la co-creazione di universi narrativi. Oppure, sempre con la stessa accezione, viene definita l’evoluzione di uno specifico medium nel sistema ibrido e digitale (transmedia television, transmedia cinema, etc.). Tali modalità di applicazione pongono, in parte, un limite stesso alla parola transmedia, non riuscendo a riflettere sugli elementi base di questo processo culturale e comunicativo che, non solo è uscito dalle dinamiche esclusive di produzione dei player e di fruizione dei fan, ma si è andato a integrare in modo evidente nelle routine quotidiane degli attori sociali. Partendo da questa riflessione, il lavoro vuole approfondire quei meccanismi attraverso cui si strutturano narrazioni transmediali endogene grassroots, non pensate strategicamente a monte. In particolare, si vuole indagare come il transmedia possa essere una risorsa importante per l’attivismo sociale, culturale e politico nella comunicazione dei movimenti sociali. Il lavoro si divide in tre parti, la prima è una riflessione teorica sul transmedia e la sua applicazione, primo capitolo; nello specifico viene proposta una ricostruzione critica della letteratura allo scopo di ricostruire l’evoluzione del campo di studi e osservare nuove possibili applicazioni. In particolare, viene avanzato un approccio socialmente orientato al transmedia (Couldry 2012). Quindi, nel secondo capitolo, sono presentate le teorie alla base dell’elaborato, in particolare la cultura partecipativa, nella sua evoluzione fino al participatory turn (Jenkins, Ito, boyd 2016), e la teoria delle pratiche (Shatzki1996, 2001; Reckwitz 2002), nella sua declinazione di pratiche mediali e comunicative, attivate in repertori mediali e figurazioni comunicative (Couldry, Hepp 2016). Lo scopo è stato quello di definire uno frame elastico di pratiche transmediali composto dagli schemi della spreadability (Jenkins et al 2013), della creatività distribuita e partecipativa (Literat, Glaveanu 2018) e, infine, del worldbuilding partecipativo. Nella seconda parte, terzo capitolo, viene presentata una ricostruzione della letteratura sugli studi della comunicazione dei movimenti sociali (Della Porta, Diani 2006) e le pratiche di attivismo mediale (Mattoni 2012) in funzione di un sistema comunicativo ibrido (Treré 2019). È presentata una definizione di transmedia activism e sintetizzate le caratteristiche che connotano questa dimensione. Il fine è quello di applicare gli schemi delle pratiche transmediali nell’analisi di un caso di studio specifico. La terza parte, quarto e quinto capitolo, è l’analisi del caso di studio La Casa delle Donne Lucha y Siesta di Roma, in particolare la campagna comunicativa #luchaallacittà. Ricorrendo a un approccio etnografico, anche di natura digitale (Pink et al 2016), grazie alla caratteristica del pluralismo metodologico (Ronzon 2008), si sono potute approfondire le pratiche comunicative e mediali, impiegate dalle attiviste, in funzione di una narrazione coerente disseminata su più piattaforme mediali. Quello che si è voluto restituire è un aggiornamento per ogni parte dell’elaborato, quindi sia teorico che di ricerca. Rispetto al caso di studio sono state discusse le evidenze emerse dall’analisi, in particolare sull’efficacia comunicativa offerta dal transmedia rispetto alla mobilitazione e al civic engagement. Al tempo stesso, grazie alla centralità assunta dalla narrazione, questo frame permette di rafforzare i valori simbolici fondanti del movimento. In relazione alla seconda parte, è emerso come il transmedia opera in modo complementare con le teorie dell’azione collettiva, e connettiva (Bennett, Segerberg 2012), il contropotere in rete (Castells 2009), l’identità multipla (Melucci 1996; Gerbaudo 2012) e le campagne comunicative per i movimenti sociali (Dutta 2011). In definitiva, anche rispetto alla prima parte, è emerso come il transmedia sia un frame elastico e fluido capace di genera un approccio di analisi replicabile per spiegare fenomeni comunicativi complessi.
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SBARBATI, Claudia. « LE STRAGI E LO STATO. NARRAZIONI SU CARTA DELLO STRAGISMO ITALIANO:CRONACA, MEMORIA E STORIA ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251127.

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Résumé :
Oggetto del presente studio è la narrazione pubblica delle stragi degli anni Settanta, realizzata attraverso il filtro della carta stampata di ieri e di oggi. In particolare, le stragi delle quali è stato ricostruito il pubblico racconto sono quelle di Milano (12 dicembre 1969), di Brescia (28 maggio 1974) e di Bologna (2 agosto 1980). L’interesse di ricerca è nato dalla percezione di un vuoto storiografico rispetto all’“impressione di realtà” - quindi all’immaginario - che nel corso dei decenni quotidiani e periodici nazionali hanno edificato riguardo allo stragismo neofascista. In generale, l’eversione di destra – seppur oggetto di preziosi studi - è stata meno analizzata rispetto a quella di sinistra e quello che è divenuto il cosiddetto “caso Moro”, perché sovente stigmatizzata come subalterna allo Stato e quindi priva di una sua dimensione particolare. È esattamente in questo spazio che la ricerca s’inserisce, guardando alla storia d’Italia attraverso l’interpretazione dello stragismo offerta dall’informazione a stampa. La scelta della fonte giornalistica come fonte storica per analizzare le categorie interpretative e i quadri di riferimento messi a disposizione dell’opinione pubblica, ha richiesto di tenere in considerazione gli elementi distintivi del giornalismo italiano e i suoi rapporti con il contesto politico nazionale coevo alle stragi, con attenzione anche per i cambiamenti occorsi nel tempo nel mondo dell’informazione e nel panorama internazionale, definendo un arco temporale che dal 1969 giunge sino al 2017. Inoltre, gli scenari politici sovranazionali della Guerra Fredda sono costantemente richiamati in virtù dell’intima connessione fra eversione di destra, forze dell’ordine e servizi di sicurezza italiani da un lato, ed equilibri geopolitici internazionali dall’altro. Si è scelto di attingere a numerose testate nazionali per dare conto delle diverse linee editoriali, delle molteplici caratterizzazioni politiche delle stesse, dei differenti stili comunicativi e della pluralità di lettori cui ogni quotidiano o periodico è destinato. Fra gli archivi storici più attenzionati emergono quelli del “Corriere della Sera”, “La Stampa”,“la Repubblica”, “L’Unità”, “Il Giorno”, “La Notte”, “La Nazione”, “L’Avanti!”, “il Manifesto”, “Lotta Continua”, “Umanità Nova”, “Il Popolo”, “il Secolo d’Italia”, “Candido” e “il Borghese”. A ogni strage è stato dedicato uno specifico capitolo in cui sono introdotti i fatti e gli esiti giudiziari, analizzate le prime reazioni della stampa, ricostruiti gli anni dei processi e la ricezione delle sentenze, sino a riproporre l’eco pubblica delle opere che nel corso dei decenni sono intervenute sul tema. Gli articoli di cronaca e gli editoriali di approfondimento analizzati permettono di vagliare la riproposizione su carta delle versioni ufficiali delle forze dell’ordine, della magistratura e della politica; le memorie dei protagonisti degli eventi e l’analisi offerta dagli opinion makers che di volta in volta hanno raccontato le stragi dell’Italia repubblicana (giornalisti, storici, magistrati, scienziati sociali). L’ultimo capitolo è stato invece dedicato al problema della Memoria e dei suoi rapporti con la Storia, analizzando la produzione memorialistica degli ex terroristi, delle vittime di prima, seconda e terza generazione, sino al tema della riconciliazione e della pacificazione. Si è dunque ricostruito il dibattito sviluppatosi “a caldo” ed “ex post”, nella consapevolezza che l’informazione e la comunicazione pubblica della Storia sono fondamentali per la storicizzazione del passato traumatico della Nazione.
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SMALDONE, ALBERTO. « La narrazione politica tra i media : il contratto sociale nella società della comunicazione ». Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1247583.

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Résumé :
La narrazione politica nella società della comunicazione assume un ruolo rilevante nella costituzione simbolica della sfera pubblica. Tale performance narrativa sviluppa potenzialità infinite attraverso metodi di affabulazione sempre più pervasivi. L’habitat mediale contemporaneo abilita un discorso politico che agisce su due piani strettamente complementari: forma e contenuto. Nel primo caso la messa in scena politica compone un’enunciazione sia a livello di canale mainstream classico (Stampa, televisione), sia avventurandosi nella dimensione del web e nei social network sites creando uno spazio di mediazione con l’elettorato in grado di costruire e decostruire determinati significati. La liquefazione dei sistemi esperti e la compresenza di infinite narrazioni costituiscono un campo di azione ermeneutica dove la politica deve necessariamente adattarsi enunciando meta-narrazioni in grado di raffigurare un tema specifico per costruire la propria identità ed agire nello spazio simbolico dell’immaginario per la creazione di un percorso politico pertinente. Nel secondo caso, la narrazione politica diventa un progetto definitivo di storytelling: la realizzazione di un’architettura narrativa, una storia potenzialmente infinita e serializzata che presenta per l’elettorato di riferimento un ambiente di mediazione simbolico-culturale accessibile attraverso molteplici punti di ancoraggio narrativo. La narrazione della classe dirigente rappresenta un’esperienza proiettata nell’effervescenza dell’immaginario, dalla forte vocazione simbolica; la messa in scena dello spazio politico consolida un political drama basato su un principio di spettacolarizzazione dei temi politici. Le modalità del racconto dirigenziale dipingono il Paese orientato al presente presentando un conflitto serializzato tra i protagonisti politici che diventano personaggi carismatici, tesi a duellare all’interno dell’arena mediatica in base al topic della puntata quotidiana di riferimento, ridistribuendo un capitale simbolico in grado di orientare il dibattito pubblico all’interno di frames definiti. Obiettivo del lavoro è indagare le modalità di rappresentazione della classe politica nella postmodernità delineando una separazione tra rappresentazione ed essere della classe dirigente. Il lavoro opera un’analisi dello storyelling delle rappresentazioni politiche dell’Italia contemporanea partendo dal referendum costituzionale del 2016 e approdando alle elezioni del 4 marzo del 2018. Scopo della ricerca è condurre un’analisi delle rappresentazioni dei gruppi di potere partecipanti al conflitto elettorale per elaborare determinate strutture universali in grado di decodificare l’immaginario del populismo composto dall’archetipo élite- popolo. Tale struttura narrativa diventa volano portante del lavoro in grado di suggerire le stereo tipizzazioni dei protagonisti del viaggio antro politico, mettendo in scena un conflitto tra i rappresentanti di un potere consolidato e parassitario (“casta”) contro un tragitto antropologico costituito da promesse di ricostituzione retro topiche basate sul superamento di minoranze di potere, accusate d’impedire al “popolo sovrano” di generare un comando attivo su determinate attività politiche. In tale scenario mediatico la politica rappresenta se stessa come un genere ben definito in grado di concettualizzare il viaggio di un eroe, leader delle masse per tratteggiare una riformulazione del contratto sociale con l’elettorato all’interno di una cornice intepretativa che espande il proprio valore nella produzione immaginale. L’immaginario politico diventa il corpo della ricerca da interrogare, vivisezionare e osservare per evidenziare strutture narrative performanti dell’azione politica in grado di generare una relazione con l’elettorato attraverso un’immagine specifica. Il patto finzionale diventa la relazione della maschera politica da stabilire con l’elettorato di riferimento in grado di modellare un ponte narrativo da attraversare per la realizzazione del consenso. Il lavoro espone mediante un approccio ermeneutico le modalità di narrazione delle élite governative all’interno di un contesto di destrutturazione dei sistemi esperti, di meta narrazioni e di post-partiti politici che ricorrono ad una serie di immaginari predefiniti per riformulare una connessione con il proprio elettorato seguendo dinamiche post-fattuali. Lo storytelling diventa metodo di affabulazione e chiave intepretativa in grado di analizzare le forme della funzione politica come struttura narrativa dedita alla creazione di comunità immaginate all’interno di un percorso postfattuale.
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ALIBERTI, FRANCESCO. « Raccontare per ritrovarsi. Pratiche di narrazione online come uso del territorio ». Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1246164.

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Résumé :
La tesi vuole verificare che spazio possa avere nella pianificazione e negli studi urbani l’analisi dell’uso delle moderne tecnologie digitali di comunicazione e interazione nei processi di costruzione del “senso del luogo” e quindi nei modi di abitare il territorio di individui e gruppi, attraverso un approccio metodologico e teorico derivato dall’antropologia culturale. Il territorio fisico e l’ambiente costituito dall’assemblaggio socio-materiale costituito tramite le nuove tecnologie emergono dal lavoro di ricerca come media analoghi e tra loro connessi. Tale conclusione viene raggiunta osservando in che modo i media digitali modifichino le modalità di produzione (sociale non) dello spazio, concentrandosi in particolare su come ciò avvenga attraverso le pratiche di narrazione online. Queste sono state osservate all’interno del quartiere Montesacro di Roma, dove i media digitali vengono coinvolti nei processi di “ri-domesticazione” di un territorio diventato negli anni più difficile da vivere e da rappresentare e identificare chiaramente. Metodologicamente, data la mancanza di significative esperienze di ricerca su questi temi, sono state proposte strade innovative. Alla classica etnografia largamente adottata negli studi antropologici si è cercato di unire alcune sperimentazioni che guardassero, pur non rientrandovi a pieno, a modi d’esplorazione quali lo shadowing e la netnografia. Questa metodologia è quindi risultata in una costruzione tripartita del campo di ricerca, osservato in tre diversi contesti, attraversati dalla stessa ipotesi: rilevata la presenza di una forma di spaesamento (De Martino, 2002, 2007), cioè di difficoltà a orientare il proprio agire all’interno del sempre più complesso sistema urbano, si osserva come i media digitali vengano utilizzati per mettere in atto performance di “narrazione incidentale”, ovvero di uso apparentemente casuale e frammentario di immagini, frasi e altre forme di comunicazione multimediale che confluiscono in meta-narrazioni e strutture retoriche che compartecipano alla costruzione sociale del luogo come un contesto dotato di senso per l’azione degli individui. In particolare, questo uso si fonda sulla recente possibilità di utilizzare i media digitali in modalità non “eccezionali” ma fortemente “routinarie” e innestate nella “quotidianità”. I tre contesti sono di ricerca sono: 1. Quello dei giovani-adulti alle prese con la loro prima occasione di abitare all’interno del quartiere separati dalla famiglia. Da loro, queste forme di narrazione incidentale vengono utilizzate per ambientarsi all’interno del territorio e per gestire tutti i contesti significativi con cui vogliono relazionarsi. I percorsi tracciati da queste pratiche di narrazione producono diverse forme di località qui definite “località-network”, che possono trovarsi totalmente sul web oppure spargersi (e quindi confondersi) tra spazi digitali e fisici. Attraverso i media digitali poi, gli individui costruiscono un “internet personale”, cioè la rete interconnessa di tutte le proprie relazioni e interessi; 2. quello dei gruppi Facebook di quartiere, frequentati soprattutto dagli abitanti più adulti dello stesso e all’interno dei quali vengono proposte rappresentazioni del territorio e si svolgono intensi conflitti riguardo la dimensione simbolica (e non solo) dello stesso. Attraverso l’analisi della retorica del degrado, questi gruppi vengono individuati come i luoghi più frequentati con lo scopo di un dibattito rispetto al territorio, ma anche come luoghi dove esso viene patrimonializzato e sacralizzato; 3. quello di studenti di scuola superiore (un liceo classico) alle prese col complesso compito di farsi individui e cittadini all’interno di un’istituzione, quella scolastica, in forte difficoltà a gestire proprio l’introduzione di queste nuove tecnologie al suo interno. In particolare viene criticata la nozione di “nativo digitale”, mettendo in luce invece le criticità connesse al dover imparare, senza un adeguato aiuto didattico, a usare i media digitali nel vivere lo spazio urbano. Dal racconto dell’esperienza di campo emerge chiaramente come gli spazi digitali frequentati e percorsi dagli abitanti del quartiere di Montesacro finiscano per divenire essi stessi spazi strappati ai grandi provider internazionali per venire invece integrati nello spazio-quartiere e divenire quindi luoghi fondamentali dove, in modalità informali, conflittuali e spesso polarizzate, viene a prodursi il senso del luogo. La narrazione incidentale (Bausinger, 2008) del sé, del territorio e del sé nel territorio si presenta quindi come una routine culturale, come un lavorio di bricolage che ricostruisce nuovi significati in base al materiale già esistente e, nel caso analizzato, sembra agire proprio contro le forme di spaesamento, poiché permette di trovare tatticamente (de Certeau, 2001) lo spazio per produrre immaginazioni e rappresentazioni collettive del territorio. Attraverso queste narrazioni i cittadini mettono informalmente (e a volte inconsapevolmente) in moto pratiche di produzione della località (Appadurai, 2012, 2014) e di cittadinanza partecipativa. Soprattutto in questo senso, le narrazioni incidentali multimediali che vediamo proliferare nel nostro “oggi” risultano capaci di costruire e produrre il territorio e si configurano quindi come un uso dello stesso. Questo inevitabilmente porta a osservare anche come, per innestare pratiche fertili di ricerca-azione, non sia possibile rifiutarsi di “sporcarsi le mani” con quanto avviene sui social network, in discussioni spesso violente e polarizzanti, pena rinunciare definitivamente alla possibilità di un lavoro di ricerca capace di avere un effetto sulla quotidianità delle persone e sul tessuto urbano.
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ALESSANDRA, Campanari. « “IDENTITY ON THE MOVE” FOOD, SYMBOLISM AND AUTHENTICITY IN THE ITALIAN-AMERICAN MIGRATION PROCESS ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251264.

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Résumé :
Il mio lavoro di ricerca rappresenta un contributo allo studio dell'esperienza umana dello “spazio alimentare” come costruzione sociale che comprende sia i modelli del comportamento umano, e la loro relazione sensoriale con uno specifico luogo, sia l'imprenditoria etnica. Il nucleo di questo progetto di ricerca è rappresentato da un’indagine multi-generazionale del multiforme processo della migrazione italiana in America, laddove la cultura alimentare viene utilizzata come veicolo per esaminare come gli immigrati abbiano prima perso e poi negoziato una nuova identità in terra straniera. Lo scopo generale della tesi è quello di esaminare come il cibo rappresenti un collegamento nostalgico con la patria per la prima generazione, un compromesso culturale per la seconda e un modo per rinegoziare un'etnia ibrida per le generazioni successive. La lente del cibo è anche utilizzata per esplorare lo sviluppo dei ristoranti italiani durante il Proibizionismo e il loro ruolo nel processo di omogeneizzazione culinaria e di invenzione della tradizione nel mondo contemporaneo. Per spiegare come la cucina regionale in America sia diventata un simbolo collettivo di etnia e abbia potuto creare un'identità Italo-Americana nazionale distinta da quella italiana, ho adottato il modello creato da Werner Sollors e Kathleen Neils Cozen e sintetizzato con l'espressione di “invenzione dell'etnia”. Il capitolo di apertura esplora la migrazione su larga scala che ha colpito l'Italia e la storia economica italiana per oltre un secolo e prosegue con un’analisi storica sullo sviluppo dei prodotti alimentari nel tempo. La prima sezione evidenzia il significato culturale dell'alimento e il suo ruolo nella costruzione di un'identità nazionale oltre i confini italiani e prosegue con un’analisi sulla successiva variazione delle abitudini alimentari durante l'immigrazione di massa. Il capitolo conclude illustrando il quadro teorico utilizzato per teorizzare le diverse dimensioni dell'etnia. Partendo dall'ipotesi che l'identità sia un elemento socialmente costruito e in continua evoluzione, il secondo capitolo è dedicato all'analisi della natura mutevole del cibo, esplorata attraverso tre distinti ma spesso sovrapposti tipi di spazio: spazio della "memoria individuale"; spazio della "memoria collettiva"; spazio della "tradizione inventata". Lo spazio della “memoria individuale” esplora come i primi immigrati italiani tendevano a conservare le loro tradizioni regionali. Al contrario lo spazio della memoria collettiva osserva il conflitto ideologico emerso tra la prima e la seconda generazione di immigrati italiani, in risposta alle pressioni sociali del paese ospitante. L'analisi termina con la rappresentazione di generazioni successive impegnate a ricreare una cultura separata di cibo come simbolo dell'identità creolata. Il capitolo tre, il primo capitolo empirico della dissertazione, attraverso l'analisi della letteratura migrante mostra l'importanza del cibo italiano nella formazione dell'identità italo- americana. Questa letteratura ibrida esamina il ruolo degli alimenti nelle opere letterarie italo-americane di seconda, terza e della generazione contemporanea di scrittori. Il quarto capitolo completa la discussione seguendo la saga del cibo italiano dai primi ristoranti etnici a buon mercato, frutto della tradizione casalinga italiana, fino allo sviluppo di un riconoscibile stile di cucina italo-americano. A questo proposito, i ristoranti rappresentano una "narrazione" etnica significativa che riunisce aspetti economici, sociali e culturali della diaspora italiana in America e fa luce sull'invenzione del concetto di tradizione culinaria italiana dietro le cucine americane. La sezione termina con un'esplorazione del problema moderno relativo al fenomeno dell’Italian "Sounding" negli Stati Uniti, basato sulla creazione di immagini, colori e nomi di prodotti molto simili agli equivalenti italiani, ma senza collegamenti diretti con le tradizioni e la cultura italiana. Il capitolo finale fornisce una visione etnografica su ciò che significa essere italo-americani oggi e come i ristoranti italiani negli Stati Uniti soddisfano la tradizione culinaria Italiana nel mondo contemporaneo americano. Per concludere, considerando le teorie dell'invenzione della tradizione, due casi di studio esplorativi a Naples, in Florida, vengono presentati sia per analizzare come gli italo-americani contemporanei manifestano la loro etnia attraverso il cibo etnico sia per esaminare come il cibo italiano viene commercializzato nei ristoranti etnici degli Stati Uniti, alla luce della del processo di globalizzazione.
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