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Articles de revues sur le sujet « Morire »

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1

Lupi, Claudia. « Paura di morire ». PSICOBIETTIVO, no 3 (mai 2010) : 143–50. http://dx.doi.org/10.3280/psob2009-003007.

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Résumé :
In questo articolo si tratta il caso di un paziente che sviluppa un disturbo post-traumatico da stress a seguito di un serio rischio di affogamento corso dal paziente stesso, con una sintomatologia ansiosa (con forte preoccupazione per lo stato di salute). Il paziente presentava, ad inizio terapia, anche marcati deficit metacognitivi che hanno richiesto una impostazione della terapia su due piani paralleli, uno di elaborazione dell'evento traumatico, l'altro di incremento delle capacitŕ di differenziazione delle emozioni e di contestualizzazione. Il tutto all'interno di una situazione di attaccamento disorganizzato.
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2

Scannabue, Aristarco. « Morire di selfie ». HISTORIA MAGISTRA, no 27 (décembre 2018) : 166–69. http://dx.doi.org/10.3280/hm2018-027016.

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3

Motta, Giuseppe. « Morire in monastero ». Hortus Artium Medievalium 23, no 2 (juillet 2017) : 538–44. http://dx.doi.org/10.1484/j.ham.5.113744.

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Marin, Francesca. « Il fine vita e l’attribuzione di responsabilità morale / The end of life and the ascription of responsibility ». Medicina e Morale 66, no 5 (20 décembre 2017) : 617–32. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2017.510.

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Résumé :
L’odierno dibattito bioetico sulle questioni del fine vita sembra ancora caratterizzato da alcuni nodi problematici in merito alla responsabilità morale. Per esempio, certi approcci di stampo utilitaristico conferiscono a un medico che pratica l’eutanasia la medesima responsabilità morale attribuibile a chi non avvia o sospende dei trattamenti di sostegno vitale. Chiamiamo questo come l’argomento della “sempre uguale responsabilità”. La prospettiva opposta alla precedente riguardo all’attribuzione di responsabilità ritiene invece che vi sia una differenza morale assoluta tra uccidere e lasciar morire. Si definisca tale tesi nei seguenti termini: “mai la medesima responsabilità”. Dopo aver sottolineato come l’argomento della “sempre uguale responsabilità” equipari erroneamente all’eutanasia il non avvio o la sospensione dei trattamenti, l’articolo evidenzia le implicazioni sull’attribuzione di responsabilità derivanti sia dal rifiuto sia dalla difesa incondizionata della distinzione uccidere/lasciar morire. Nello specifico, mentre la tesi della “sempre uguale responsabilità” conduce a un’iper-responsabilizzazione del medico, l’altro argomento (“mai la medesima responsabilità”) ottiene l’effetto opposto, cioè de-responsabilizza l’agente morale. Richiamando altre distinzioni morali, il paper suggerisce quindi un approccio intermedio che distingue da un lato la causa dalle condizioni, dall’altro i doveri negativi da quelli positivi. Infine, attraverso la distinzione tra lasciar morire colpevole e lasciar morire per il bene del paziente, si rileva come in alcuni casi il lasciar morire sia moralmente equiparabile all’uccidere. Di conseguenza, affrontare le questioni del fine vita per attribuire la responsabilità significa confrontarsi con la complessità dell’agire morale, ma, per evitare approcci riduttivi, è necessario mantenere tutte le distinzioni appena menzionate. ---------- Nowadays the bioethical debate on end-of-life issues seems to still be characterized by some problematic interpretations of moral responsibility. For example, within certain utilitarian approaches, the same moral responsibility is ascribed to a physician who practices euthanasia and to another who withholds or withdraws life-sustaining treatments. Let’s call this point of view “the always equal argument”. An opposite approach to the ascription of responsibility emerges from the thesis that there is an absolute moral distinction between killing and letting die. Let’s call this thesis “the never equal argument”. After showing that the always equal argument erroneously describes the act of withholding or withdrawing treatments such as euthanasia, the paper addresses the implications that both a rejection and an unconditional defense of the killing/letting distinction could have in the ascription of responsibility. To specify, it is argued that while the always equal argument calls for an over-responsibility of the physician, the never equal argument leads the agent to take less responsibility for his actions. By referring to other moral distinctions, the paper then suggests an intermediate position that addresses the relevance of the distinctions between cause and conditions and between negative and positive duties. Finally, by the distinction between morally culpable letting die and letting die for the patient’s good, it is argued that in some cases letting die is morally equivalent to killing. Ascribing responsibility at the end of life thus means struggling with the complexity of moral acting, but maintaining all these distinctions is necessary to avoid reductive approaches.
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Brantly, Susan, et Lars Norén. « Skuggpojkarna : Morire di classe ». World Literature Today 74, no 4 (2000) : 868. http://dx.doi.org/10.2307/40156237.

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Perugini, Carla. « "Porque tiene hambre canina, que nunca se harta". Narraciones de la muerte en Cervantes. » Monteagudo, no 26 (12 mars 2021) : 247–66. http://dx.doi.org/10.6018/monteagudo.472821.

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Résumé :
A pesar de ser destino común para todos los hombres, las modalidades del morir son infinitas. Las fórmulas estereotipadas de los testamentos, incluidos los de los familiares de Cervantes, ponen de manifiesto una actitud cristianamente resignada de los moribundos, sin aspavientos ni temores. La manera de morir de Alonso Quijano, ya no Don Quijote, es buena prueba de ello. Pero los personajes cervantinos no mueren todos de buena gana: hay quien cae bajo la mano de otro, quien se quita la vida por su propia voluntad, quien pone en escena una muerte de ficción, quien muere heroicamente en la batalla o para salvar vidas ajenas. A veces es la consecuencia mortal de una metáfora: morir de amor, de dolor, de vergüenza… Este trabajo intentará dar cuenta de todo eso. Nonostante sia destino comune a tutti gli uomini, le modalità del morire sono infinite. Le formule stereotipate dei testamenti, compresi quelli dei parenti di Cervantes, mettono in evidenza un atteggiamento cristianamente rassegnato dei moribondi, senza manifestazioni di paura scomposte. La maniera di morire di Alonso Quijano, non più Don Quijote, ne è buona prova. Ma non tutti i personaggi cervantini muoiono di buon grado: c’è chi cade per mano altrui, chi si toglie la vita di sua volontà, chi mette in scena una morte teatrale, chi muore eroicamente in battaglia o per salvare altre vite. A volte è la conseguenza mortale di una metafora: morir d’amore, di dolore, di vergogna… Di tutto questo cercherà di dar conto questo lavoro.
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Ventura, Alessandro. « La pagina gialla ». Medico e Bambino 41, no 4 (20 mai 2022) : 281–82. http://dx.doi.org/10.53126/meb41281.

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Résumé :
A volte ritornano. E questa volta ne siamo felici - Morti di un botto - Morire di autismo, morire di ADHD - Vaccinazione anti-Covid 19 e prevenzione MIS-C: è cosa certa - Streptococco (SBEA): ancora lui - Meglio il chirurgo dell’antibiotico? - Pediatria senza Pediatria
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Verga, Aron. « Giovanni Catelli, Camus deve morire ». Studi Francesi, no 174 (LVIII | III) (1 novembre 2014) : 634. http://dx.doi.org/10.4000/studifrancesi.1617.

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Miccinesi, Guido, et Joseph Raho. « Morire senza coscienza. La giustificazione morale della sedazione palliativa profonda continua ». Medicina e Morale 68, no 4 (20 décembre 2019) : 397–410. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2019.595.

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Résumé :
Un recente disegno di legge sulle cure alla fine della vita ha proposto di estendere l’opzione della sedazione palliativa profonda continua anche a pazienti che non siano in fase terminale di malattia. Questo sviluppo del dibattito sulle cure alla fine della vita richiede un nuovo sforzo per chiarire i termini della questione e risolvere alcune persistenti ambiguità. Il presente articolo sottolinea come la sedazione palliativa profonda continua sia eticamente lecita, e in effetti parte integrante delle cure palliative, solo quando eseguita in modo conforme alle principali linee guida. Daremo argomenti per mostrare come ‘l’imminenza di morte’, generalmente intesa come morte attesa entro poche ore/giorni, sia un importante criterio clinico per decidere della liceità etica di questa pratica medica. Nella nostra argomentazione (1) spiegheremo come la Dottrina del Duplice effetto, cui frequentemente si fa ricorso nei dibattiti etici su questa pratica, non sia invece necessariamente applicabile al caso della sedazione palliativa; (2) identificheremo una giustificazione alternativa, etica e clinica, per il ricorso alla sedazione in situazioni di fine vita; infine (3) discuteremo l’eventuale liceità del ricorso alla sedazione palliativa in casi di sofferenza esistenziale. Contiamo in tal modo di contribuire allo sviluppo del dibattito bioetico in corso su questi temi.
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Barbieri, Alvaro. « Vivere per morire o morire per vivere : l’archetipo della morte precoce nelle tradizioni eroiche ». AOQU (Achilles Orlando Quixote Ulysses). Rivista di epica 2, no II (30 décembre 2021) : 75–91. http://dx.doi.org/10.54103/2724-3346/17258.

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Résumé :
Ponendo in triangolazione le pratiche militari del mondo premoderno, le ideologie delle “società di vergogna” (shame societies) e i plessi simbolici della poesia eroica universale, il presente articolo riattraversa il tema cruciale della morte precoce – subitanea rossa violenta –, momento di densità rivelativa mediante il quale il guerriero d’élite compie sé stesso e modella il finale della propria vita. Onnipresente e pervasiva nell’epica internazionale, l’ossessione della “bella morte” è un portato delle culture marziali fondate sul senso dell’onore e sul faccia a faccia. Morire anzitempo sul campo di battaglia è il modo con cui il combattente sconfigge la mortalità ordinaria, sottraendosi una volta per tutte all’avvizzimento della carne. Il trapasso glorioso e prematuro non soltanto costruisce la fama postuma del campione entro il quadro della memoria tribale, ma fissa perennemente il suo corpo nello splendore della bellezza giovanile, impedendone il decadimento. Vista in tale prospettiva, la morte precoce si pone come una delle prestazioni tramite le quali l’eroe milita contro le forze del preformale e del caos indifferenziato. Nelle società tradizionali il prode è sempre dalla parte dell’or-dine e della luce: le sue imprese personali, eseguite nel punto di massima visibilità, profilano la singol-arità del gesto individuale entro l’anonimo brulichio della mischia amorfa; il suo decesso – unico e grandioso – preserva il fulgore del corpo virile dall’usura dell’età e dall’ombra del disfacimento, agenti della corruzione che consumano gli uomini e li avviano, un giorno dopo l’altro, verso l’abisso del non-essere.
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Herranz, Gonzalo. « Dimensioni culturali e tematiche dei movimenti pro-eutanasia : la situazione fuori dai Paesi Bassi ». Medicina e Morale 50, no 4 (31 août 2001) : 707–27. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2001.731.

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Résumé :
Sorge all’interno del dibattito teologico, da parte di chi maggiormente ha sentito l’influsso del cosiddetto (ma solo cosiddetto…) “cattolicesimo liberale” e soprattutto nell’ambito medico, in cui la linea di pensiero liberista e utilitarista ha un ampio spazio, la riflessione sulla “libertà del morire”. A nostro parere siamo di fronte ad un’inopportuna e falsificata accezione del termine libertà, che viene ad essere invocata per costruire e fondare un altrettanto falso “diritto a morire”. Si tratta di una concezione di libertà non autenticamente tale: il “diritto a morire” secondo noi non può esistere, perché si tratterebbe di una contraddizione in terminis, che va a minacciare il diritto ben più accertato e riconosciuto che è quello “a vivere”: esiste se mai un diritto a vivere qualitativamente bene, e non solo dal punto di vista biologico, ma soprattutto antropologico, anche l’atto supremo della vita umana naturale che è appunto il morire, inteso a tutti gli effetti come atto della vita. Anche la volontà del paziente (living-will) non è il termine ultimo della sua libertà, la quale ha da confrontarsi con altre volontà, come del resto accade in tutte le azioni umane. Saranno poi necessarie delle specificazioni, caso per caso, o per gruppo di casi, atte ad evitare le possibili forme di accanimento terapeutico, laddove si sostituisca un “vitalismo biologico”, il più delle volte artificiale e attuato con mezzi sproporzionati, alla vita propriamente intesa.
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Frassica (book author), Pietro, et Antonio Alessio (review author). « A Marta Abba per non morire ». Quaderni d'italianistica 13, no 2 (1 octobre 1992) : 321–23. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v13i2.10139.

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Carvalho, Richard. « L'ultima sfida : invecchiare, morire e individuarsi ». STUDI JUNGHIANI, no 31 (juillet 2010) : 7–26. http://dx.doi.org/10.3280/jun2010-031002.

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Résumé :
Questo lavoro tratta della psicoterapia di una donna che passava da ciň che Waddel (1998) avrebbe chiamato "l'etŕ piů avanzata" a un'"etŕ successiva", con quest'ultima intendo l'inevitabile declino verso il morire e la morte. Per quanto sgraditi possano essere tali sviluppi per l'individuo, essi sono nondimeno l'attivitŕ del soma, e quindi attivitŕ del sé, deintegrate. Gran parte del lavoro psicoterapeutico fu centrato sul compito di rendere la paziente capace di entrare in relazione e accettare i correlati emotivi di tale processo, che lei tendeva a non riconoscere come proprio e a negare attraverso una scissione tra corpo e mente che comportava una relazione interna depressiva che durava da lungo tempo. L'aiutare il contatto con se stessa le permise un piů forte senso di compagnia interna e di pace, e forse facilitň un piů semplice processo del morire, che comportň un sé riconciliato con se stesso piuttosto che estraneo. Da un punto di vista tecnico, l'approccio implicň una grande concentrazione sulla relazione intrapsichica piuttosto che sulla relazione paziente-analista, e ciň viene brevemente discusso nei termini del lavoro di Armando Ferrari, morto anche lui poco prima che questo lavoro venisse presentato per la prima volta, e al quale viene in parte dedicato.
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Wilkinson, Lynn R., et Lars Norén. « Personkrets 3:1 : Morire di classe ». World Literature Today 72, no 3 (1998) : 642. http://dx.doi.org/10.2307/40154158.

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Larcher, Mauro. « La dignità del morire. L’evoluzione del pensiero ». CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no 4 (22 mars 2022) : 255–57. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-4-6.

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Résumé :
“Meglio la morte” si dice abbia esclamato Luigi XIV°, il Re Sole, ingurgitando l’ennesimo intruglio che i suoi archiatri protomedici gli propinavano, peraltro senza beneficio, per sedare il dolore della gangrena alla gamba che lo avrebbe presto portato alla tomba. Anche se il concetto è un po’ tirato per i capelli, questa esclamazione potrebbe essere considerata una dichiarazione anticipata di trattamento ante litteram.
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Mancewicz, Aneta. « Mercuzio non vuole morire (review) ». Shakespeare Bulletin 30, no 4 (2012) : 548–54. http://dx.doi.org/10.1353/shb.2012.0095.

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Fotion, N., et A. Falek. « Diritto di vivere e diritto di morire ». Global Bioethics 2, no 3 (janvier 1989) : 45–60. http://dx.doi.org/10.1080/11287462.1989.10800515.

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Catoni, Maria Luisa. « Le regole del vivere, le regole del morire ». Revue archéologique 39, no 1 (2005) : 27. http://dx.doi.org/10.3917/arch.051.0027.

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Degli Esposti, Piergiorgio. « Morire su facebook : star, zombie, fantasmi e prosumer digitali ». SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE, no 43 (septembre 2012) : 149–61. http://dx.doi.org/10.3280/sc2012-043010.

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Résumé :
L'ipotesi di questo contributo č che le pratiche degli utenti di Facebook, nei processi di ricordo e celebrazione del lutto possa essere considerata una forma di prosumerismo. L'evoluzione tecnologica e la digitalizzazione hanno introdotto nuovi paradigmi interpretativi che non possono essere ignorati dagli studiosi sociali. I Sns acquisiscono una funzione analoga a quella che nel mondo dei consumi di tipo tradizionale avevano le cattedrali del consumo. Da questo presupposto analizzeremo il processo di razionalizzazione della comunicazione da un lato e dall'altro il processo di de-razionalizzazione della razionalitŕ, attraverso la proposta di quattro modelli interpretativi di defunti on-line.
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Pesenti Rossi, Erik. « Quand les Taviani réécrivent Shakespeare : Cesare deve morire (2012) ». Recherches, no 20 (29 mai 2018) : 79–86. http://dx.doi.org/10.4000/cher.2179.

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Maconi, Ludovica. « Il morire e la morte oggi. Breve riflessione linguistica ». X, 2019/3 (luglio-settembre) 10, no 3 (30 septembre 2019) : 70–73. http://dx.doi.org/10.35948/2532-9006/2020.3175.

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Salazar, Michele. « Recensione a L'Agnese va a morire di Renata Viganò ». Cultura e diritti, no 1 (2020) : 97–98. http://dx.doi.org/10.12871/97888331806949.

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Ventura, Alessandro. « La pagina gialla ». Medico e Bambino 41, no 10 (21 décembre 2022) : 621–22. http://dx.doi.org/10.53126/meb41621.

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Résumé :
Metilfenidato fin da piccolissimi: un gesto d’amore per i bambini con ADHD - Pediatria “in fuga” - Pediatria... ferma lì - Voglia di morire tra i bambini e gli adolescenti: uno screening potrebbe aiutarli? - Peso e costi del ricovero ospedaliero: il caso del morbo di Hirschsprung (MH) - Febbre con PCR elevata e leucociti normali: cosa pensare? - Casi indimenticabili a Vicenza
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Campione, Francesco. « Lettera aperta a chi si occupa di morte e morire ». PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, no 3 (août 2017) : 452–56. http://dx.doi.org/10.3280/pu2017-003009.

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Archetti, Gabriele. « Vivere e morire nel chiostro : temi e prospettive di ricerca ». Hortus Artium Medievalium 23, no 1 (janvier 2017) : 9–29. http://dx.doi.org/10.1484/j.ham.5.113702.

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Benigni, Valentina. « Una festa da paura ! Mi sono divertito da morire ! Gli intensificatori iperbolici dell’italiano e la loro resa in russo ». Annales Universitatis Paedagogicae Cracoviensis. Studia de Cultura 1, no 9 (2017) : 5–18. http://dx.doi.org/10.24917/20837275.9.1.1.

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Résumé :
Abstrakt Il contributo propone una trattazione complessiva di alcuni tipi di locuzioni aggettivali e avverbiali dell’italiano introdotte dalla preposizione da che hanno la funzione di intensificare il significato dell’elemento a cui si riferiscono attraverso un’iperbole: una vacanza da sogno, bella da impazzire, mi annoio da morire. Alcune di queste strutture mostrano un carattere altamente polifunzionale che si manifesta nella capacità di modificare diverse classi di parole (nomi, aggettivi, verbi), nonché di occorrere da sole, indipendente da una testa sintattica, come segnali discorsivi. Nel lavoro verrà proposta una classificazione corpus based dei diversi pattern sintattici e dei formati semantici che vi si associano. L’analisi offre spunti interessanti anche per una descrizione della polisemia della preposizione da e per lo studio delle relazioni concettuali che codificano l’iperbole. Infine, l’ultima parte del lavoro è dedicata a un’analisi contrastiva italiano-russo-inglese e rappresenta un primo tentativo di individuare convergenze e divergenze nell’uso di iperboli intensificative tra lingue appartenenti a gruppi diversi. "Una festa da paura! Mi sono divertito da morire!". Intensyfikatory o znaczeniu nacechowanym dodatnio i ujemnie oraz ich odpowiedniki w języku rosyjskim Celem niniejszego artykułu jest kompleksowa analiza niektórych włoskich wyrażeńfrazeolologicznych przymiotnikowych i przysłówkowych wprowadzonych przez przyimek ‘da’ i pełniących funkcję intensyfikatora znaczenia elementu, do którego się one odnoszą za pomocą hiperboli: ‘vacanza da sogno’, ‘bella da impazzire’, ‘mi annoio da morire’. Niektóre z tych struktur posiadają wielofunkcyjną naturę: mogą modyfikować różne części mowy (rzeczowniki, przymiotniki, czasowniki), mogą też występować samodzielnie, niezależnie od członu określonego w syntagmie, jako sygnały dyskursywne. Artykuł zawiera klasyfikację różnych wzorców syntaktycznych i tak zwanych formatów semantycznych, które się z nimi łączą, opracowaną w oparciu o korpusową (corpus based) analizę porównawczą. Analiza jest punktem wyjścia do opisu polisemii przyimka ‘da’ i do analizy relacji konceptualnych, które kodyfikują hiperbole. Ostatnia część artykułu poświęcona jest analizie kontrastywnej języków włoskiego, rosyjskiego, angielskiego i stanowi pierwszą próbę wyodrębnienia zbieżności i rozbieżności w zastosowaniu hiperboli intensyfikujących w obrębie języków należących do różnych grup.
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PIETRO, NEGLIE. « DOVEVA MORIRE ? L'ATTENTATO DI ZANIBONI A MUSSOLINI : FRA VERITà E MENZOGNE ». History and modern perspectives 3, no 1 (28 février 2020) : 30–37. http://dx.doi.org/10.33693/2658-4654-2021-3-1-30-37.

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Résumé :
The purpose of this work is to demonstrate the political weakness of the socialist party in the face of fascism, its compliance and inability to organize a real opposition, left to individual initiative, easy to control and exploit. To this end, we focus on Zaniboni's attack on Mussolini, an isolated and desperate gesture that highlighted the lack of a true opposition policy. The present essay then analyzes both the pacification pact of 1921 signed by fascists and socialists and the genesis of the attack and its organization are analyzed. This attack was the first of four, all in 1926. From the beginning it appeared so anomalous that the international press spoke of a farce; in fact it was soon learned that the security services knew everything, indeed they had partly facilitated it. Mussolini was very skilled in managing the attack, useful both to demonstrate the need for restrictive measures, and to demonstrate the political irrelevance of the opposition, which even reached terrorism: the same night the unitary socialist party and the invisible Masonic Lodges were dissolved. to Mussolini. In the conclusions, thanks to the documents recovered in the state archive, the figure of the bomber is resized: not a man who lives his detention with pride, without the shadow of a doubt or an afterthought, but a man left alone, grateful to the Duce for the financial help given to his daughter, to make her follow her studies. For this reason he said he was ready to “make himself available”.
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Fabbri, Giulia. « Amoreno Martellini, Morire di pace. L’eccidio di Kindu nell’Italia del « miracolo » ». Transalpina, no 21 (1 octobre 2018) : 247–49. http://dx.doi.org/10.4000/transalpina.380.

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Quirico, Monica. « Morire per la patria ? La commemorazione dei caduti italiani in Afghanistan ». PASSATO E PRESENTE, no 99 (octobre 2016) : 113–32. http://dx.doi.org/10.3280/pass2016-099006.

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Cersosimo, Giuseppina. « Immagini, percezioni e rappresentazioni della scelta dove, come e quando morire ». SALUTE E SOCIETÀ, no 1 (avril 2011) : 125–41. http://dx.doi.org/10.3280/ses2011-001009it.

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Alfano, Giancarlo. « Johnny (non) deve morire. Su filologia e critica del "Partigiano Johnny" ». AOQU (Achilles Orlando Quixote Ulysses). Rivista di epica 2, no II (30 décembre 2021) : 247–63. http://dx.doi.org/10.54103/2724-3346/17270.

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Résumé :
L’intervento ripercorre le vicende redazionali ed editoriali del Partigiano Johnny di Beppe Fenoglio per mostrare il rapporto tra costruzione narrativa ed esito destinale del protagonista e le ragioni che spiegano il contrasto tra chi ha interpretato questo capolavoro della letteratura del Novecento in chiave epico-tragica e chi ne ha invece proposta una interpretazione secondo i moduli formali del romanzo di formazione.
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Sofritti, Federico. « Morire di disorganizzazione : la gestione sanitaria del Covid-19 in Italia ». PRISMA Economia - Società - Lavoro, no 1 (août 2021) : 26–42. http://dx.doi.org/10.3280/pri2020-001003.

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Résumé :
La pandemia sta rendendo evidente come il rapporto tra ospedale e territorio non sia pensabile in termini dicotomici, come enucleatosi storicamente nel sistema sa-nitario italiano. Le riforme sanitarie, dal 1978, hanno infatti consolidato la preesi-stente differenziazione tra sanità ospedaliera e territoriale. All'interno di questa cornice, l'articolo affronta la questione della riorganizzazione delle cure territoriali. In particolare, si sostiene come l'emergenza Covid-19 renda necessario un ripen-samento dell'assistenza territoriale nel quadro delle cure primarie, discutendone alcuni punti chiave: l'implementazione delle tecnologie digitali; il ruolo delle co-munità locali; la questione professionale; il paradigma di salute e malattia sottostante.
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Vattuone, Riccardo. « Morire per Megara : Pericle, Giuliano, Libanio e la maledizione di polemos ». Quaderni di Erga-Logoi 9788879168205 (juillet 2017) : 201–16. http://dx.doi.org/10.7359/802-2017-vatt.

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Biffi, Marco. « Il morire e l’ordinamento giuridico. Riflessioni linguistiche sulle parole della scelta ». X, 2019/3 (luglio-settembre) 10, no 3 (30 septembre 2019) : 86–91. http://dx.doi.org/10.35948/2532-9006/2020.3307.

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Polizzotto, Lorenzo. « Dell'Arte del ben morire : The Piagnone Way of Death 1494-1545 ». I Tatti Studies in the Italian Renaissance 3 (janvier 1989) : 27–87. http://dx.doi.org/10.2307/4603661.

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Lavanco, Gioacchino, Carolina Messina et Laura Clorinda Rinaldi. « "Per non morire prima". Strategie di coping in donne con sclerosi multipla ». PSICOLOGIA DI COMUNITA', no 2 (janvier 2017) : 79–94. http://dx.doi.org/10.3280/psc2016-002008.

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Testoni, Ines. « Psicologia del lutto e del morire : dal lavoro clinico alla death education ». PSICOTERAPIA E SCIENZE UMANE, no 2 (mai 2016) : 229–52. http://dx.doi.org/10.3280/pu2016-002004.

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Kallin, Britta. « Inflicting Wounds and Leaving Scars : Marlene Streeruwitz's Morire in Levitate ». Seminar : A Journal of Germanic Studies 48, no 4 (2012) : 473–89. http://dx.doi.org/10.1353/smr.2012.0033.

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Sforza Tarabochia, Alvise. « Photography, Psychiatry, and Impegno : Morire di classe (1969) between Neorealism and Postmodernism ». Italianist 38, no 1 (2 janvier 2018) : 48–69. http://dx.doi.org/10.1080/02614340.2018.1409923.

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Vannotti, Marco. « Il suicidio nell'anziano malato. Dilemmi etici ». TERAPIA FAMILIARE, no 94 (février 2011) : 203–24. http://dx.doi.org/10.3280/tf2010-094014.

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Résumé :
La depressione č frequente nelle persone anziane e va interpretata nel quadro della trasformazione della cultura contemporanea del morire. In Svizzera questi mutamenti sfociano in una tolleranza nei riguardi dell'assistenza al suicidio. Consentire al soggetto di accedere alla morte per sopprimerne il dolore e la sofferenza, questo č il paradosso dell'assistenza al suicidio come pratica ammessa in Svizzera. L'impatto sulle famiglie e sui curanti di tale facilitŕ di accesso al suicidio puň essere traumatico. Quale posizione assumere, eticamente argomentata, quando, come terapeuti, siamo chiamati ad intervenire in tali casi?
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Atighetchi, Dariusch. « Islam e aborto ». Medicina e Morale 42, no 4 (31 août 1993) : 711–32. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1993.1048.

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Résumé :
La Legge islamica (Shari'a) proibisce l'aborto soprattutto quando il feto ha più di centoventi giorni di vita dall'istante del concepimento, salvo nel caso in cui la madre rischi di morire. L'importanza del centoventesimo giorno deriva da un'espressione del Profeta Muharnmad raccolta da Bukhari, secondo la quale in quel momento Dio infonde l'anima nel nascituro la cui esistenza, da allora, esige una maggior protezione. Circa la liceità dell'aborto prima dei centoventi giorni, sussistono delle differenze tra le posizioni tradizionalmente assunte dalle quattro scuole giuridiche canoniche deli'Islam sunnita. Sostanzialmente restrittive appaiono le leggi che regolano attualmente l'aborto nei paesi arabo-islamici.
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Comelli, Michele. « Rodomonte e Corsamonte devono morire. Erocità, morte e fine del racconto a metà Cinquecento ». AOQU (Achilles Orlando Quixote Ulysses). Rivista di epica 2, no II (30 décembre 2021) : 143–82. http://dx.doi.org/10.54103/2724-3346/17266.

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Résumé :
Il contributo intende indagare il rapporto tra la nozione di eroe, la morte e la fine del racconto nella difficile transizione dal romanzo al poema eroico a metà Cinquecento, prima dell’esperienza tassiana. In particolare, vengono indagati e posti a confronto, al fine di metterne in rilievo gli elementi di continuità e discontinuità, i duelli risolutivi dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto e dell’Italia liberata dai Goti di Gian Giorgio Tissino, che rappresentano due poli opposti ma interdipendenti della suddetta transizione. Nei duelli tra Ruggiero e Rodomonte, e nella disfida di Lipadusa, nel poema ariostesco, e nella parabola di Corsamonte e nello scontro finale narrati da Trissino, si concretizza, attraverso la dialettica epos/romanzo, un nuovo modello eroico, in grado di rispondere alle esigenze della modernità.
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Chu, Mark. « “Non voglio morire cinese” : crisi e conflitto in La seconda mezzanotte di Antonio Scurati ». Narrativa, no 35-36 (1 septembre 2014) : 129–41. http://dx.doi.org/10.4000/narrativa.1158.

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Klopp, Charles, et Pietro Frassica. « A Marta Abba per non morire : Sull'epistolario inedito tra Pirandello e la sua attrice ». Italica 70, no 1 (1993) : 107. http://dx.doi.org/10.2307/479997.

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Caffarena, Fabio. « Testimonianze di soldati in trincea tra fiumi di parole e silenzi. » Mnemosyne, no 2 (11 octobre 2018) : 15. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i2.11953.

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Résumé :
I soldati che hanno combattuto la Grande Guerra hanno lasciato un immenso patrimonio di testimonianze in grado di raccontare la guerra dall’interno e ‘dal basso’. Si tratta spesso di scritture disseminate di contenuti ‘non detti’ per l’incapacità di esprimersi, per timori di censura, per non preoccupare i parenti o per pudore. Nel suo diario di guerra, compilato nel 1915 prima di morire in combattimento, il giovane tenente Flavio Gioia descrive invece le sue avventure sessuali al fronte, le azioni belliche, non risparmia critiche ai superiori e parla dei suoi soldati con uno stile narrativo, ‘pittorico’, in grado di far vedere al lettore ciò che sta leggendo. Chi è Flavio Gioia e cosa ‘non dice’ il suo diario?
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Palazzani, Laura. « Tra autonomia e responsabilità. La filosofia del diritto e la legislazione sul “diritto di morire” ». Medicina e Morale 71, no 4 (22 décembre 2022) : 469–80. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2022.1222.

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Résumé :
L’articolo analizza le problematiche del fine vita in bioetica dal punto di vista della filosofia del diritto, analizzando criticamente i percorsi della legislazione e della giurisprudenza italiani più recenti. In particolare, la Legge 219/2017 viene analizzata con riferimento al rifiuto e alla rinuncia alle cure salvavita, all’ostinazione terapeutica, alla sedazione profonda, alle direttive anticipate di cura e la pianificazione anticipata dei trattamenti. L’autore analizza i problemi bioetici e biogiuridici sul tema del “lasciar morire” e “uccidere”, con riferimento alla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale che ammette il suicidio medicalmente assistito in deroga all’art. 580 cp, a determinate condizioni. La sentenza 50/2022 della Corte Costituzionale sull’inammissibilità del cosiddetto referendum sull’eutanasia consente di individuare altre riflessioni bioetiche sui temi con riferimento alla tutela minima della vita e alla vulnerabilità.
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D’Arcangeli, Luciana, et Laura Lori. « Il giallo in colonia : Italian Post-Imperial Crime Novels ». Quaderni d'italianistica 37, no 1 (9 juin 2017) : 73–88. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v37i1.28279.

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Résumé :
This article analyzes several crime stories set during Italian imperial history, in particular Andrea Camilleri’s La presa di Macallè (2003) and Il nipote del Negus (2010); Carlo Lucarelli’s L’ottava vibrazione (2008) and Albergo Italia (2014); and Giorgio Ballario’s Morire è un attimo (2008) and Una donna di troppo (2009). It focuses on the representation of Italian and local characters, placing particular attention on the portrayal of the detective and his sidekick, as well as female characters. It also analyzes how the relationship between Italy and its colonies is generally portrayed in these crime novels. It shows how crime fiction can be an effective instrument with which to explore a controversial topic such as the colonial era, also by linking it to present practices.
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Palidda, Salvatore. « Il cambiamento radicale delle politiche migratorie : dal lasciar vivere al lasciare morire (dalla biopolitica a sempre più tanatopolitica) ». REMHU : Revista Interdisciplinar da Mobilidade Humana 29, no 61 (avril 2021) : 33–48. http://dx.doi.org/10.1590/1980-85852503880006103.

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Résumé :
Riassunto Il testo descrive gli aspetti salienti dell’attuale congiuntura mondiale. Attraverso una sintetica analisi del processo che ha portato al trionfo del liberismo globalizzato, si mostra come a cominciare dal 1990 la guerra alle migrazioni si inscriva in una vera e propria tanatopolitica (il lasciar morire). Infatti, i dominanti designano le migrazioni come il nemico del XXI° secolo perché temono che l’aumento della popolazione mondiale sia incontrollabile e che si sovrapponga ai cambiamenti climatici provocando - secondo loro - destabilizzanti invasioni di migranti nei paesi ricchi. In realtà temono che si imponga la necessità di una redistribuzione egualitaria della ricchezza mondiale che potrebbe permettere la sopravvivenza decente anche di oltre 10 miliardi di umani a condizione anche di eliminare tutte le fonti di distruzione del pianeta e innanzitutto l’estrattivismo di carbone, petroli, gas, uranio e terre rare.
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Matos, Kevin. « «Non m’è grave il morire». Sobre la muerte dichosa del amante en algunos textos del Renacimiento ». 1616 Anuario de Literatura Comparada 10 (18 décembre 2020) : 191–212. http://dx.doi.org/10.14201/1616202010191212.

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Résumé :
No todos los amantes suplican piedad a sus amados a fin de evitar la muerte que los amenaza si no ven correspondido su amor. Algunos vislumbran una muerte dichosa si se produce una piedad póstuma. Estas páginas intentan explorar distintas manifestaciones del motivo de la muerte dichosa del amante para evaluar las posibilidades interpretativas de un poema de Bartolomeo Gottifredi.
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Rodríguez Vargas, Hernán. « Francesco Benigno y Daniele Di Bartolomeo. Napoleone deve morire : L’idea di ripetizione storica nella Rivoluzione francese. » Anuario Colombiano de Historia Social y de la Cultura 50, no 1 (20 décembre 2022) : 438–41. http://dx.doi.org/10.15446/achsc.v50n1.100521.

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Résumé :
Así, cuando en el alba de aquel ominoso 18 brumario de 1799, Napoleón en su discurso hiciera una invitación a desconfiar de la repetición histórica —“no se busquen en el pasado casos que puedan dilatar vuestra marcha”—, estaba al mismo tiempo afirmando su presencia y confirmando su importancia. El mismo general, en quien muchos habían visto la repetición de un nuevo César o un nuevo Cromwell, buscaba a través de estas palabras exorcizar los efectos de lo que él mismo reconocía, siguiendo a la historiadora Annie Jourdan, como “la magie du passé”, a saber, ese “misterioso encanto que parecía obligar a los protagonistas a recorrer los caminos ya escritos de la historia” (p. 7). El libro se abre, entonces, estableciendo la importancia de la idea de la repetición histórica como un gran dispositivo capaz de vehicular las acciones humanas en el tiempo.
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