Littérature scientifique sur le sujet « Modello distribuzione specie »

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Articles de revues sur le sujet "Modello distribuzione specie"

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De Nicola, C., G. Fanelli, G. Potena, L. Sammarone, M. Posillico et A. Testi. « Distribution model of understory vegetation in beech forests from Central Apennines (Italy) in relation to edaphic parameters ». Forest@ - Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale 4, no 4 (20 décembre 2007) : 439–49. http://dx.doi.org/10.3832/efor0496-0040439.

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Bonavita, Paolo, et Augusto Vigna Taglianti. « Ocydromus subg. Nepha Motschulsky, 1864 : revisione tassonomica, filogenesi e biogeografia (Coleoptera Carabidae) ». Memorie della Società Entomologica Italiana 89, no 1 (30 juin 2010) : 7. http://dx.doi.org/10.4081/memoriesei.2010.7.

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Résumé :
La revisione del subg. <em>Nepha</em> Motschulsky, 1864 (Carabidae, Bembidiina, gen. <em>Ocydromus</em> Clairville, 1806), basata sullo studio di un ricco materiale (oltre 7000 esemplari delle collezioni di 29 istituzioni pubbliche e di 37 privati) ha implicato numerosi cambiamenti nomenclatoriali e tassonomici. Dei 64 nomi di taxa presi in considerazione, riferiti a <em>Nepha</em>, 23 sono validi a livello specifico (di essi 2 sono ridenominazioni per omonimia), e 12 a livello sottospecifico (di essi 3 sono ridenominazioni per omonimia), mentre i rimanenti 24 sono semplici sinonimi. Nel presente lavoro vengono inoltre descritte 3 nuove specie e 3 nuove sottospecie. Sulla base di questa revisione, <em>Ocydromus</em> (<em>Nepha</em>) comprende 26 specie, di cui 22 monotipiche e 4 politipiche (una con 8 sottospecie, una con tre e due con quattro sottospecie). Vengono forniti sia il catalogo delle specie che una chiave dicotomica di identificazione. Ai fini della ricostruzione filogenetica sono stati studiati numerosi caratteri morfologici e la loro possibile evoluzione: 31 caratteri sono stati presi in considerazione per l’analisi cladistica, utilizzando il software Paup 4.0. Come sister group è stato inviduato il subg. <em>Testediolum</em> Ganglbauer, 1891, rappresentato esclusivamente da specie europee. Le specie asiatiche ad esso attribuite da altri autori, vengono considerate appartenenti al subg. <em>Peryphidium</em> Tschitschérine, 1895, che qui viene rivalutato. Dal punto di vista dell’analisi cladistica, <em>Nepha</em> non risulterebbe monofiletico, in quanto il clado <em>armeniacus-pinkeri</em> viene a porsi come sister group sia di Testediolum che delle altre specie di <em>Nepha</em>, che presentano come unica sinapomorfia l’assenza della stria apicale, con conseguente isolamento della setola apicale. La variabilità di questo carattere e l’analisi dei dati di distribuzione di <em>Nepha</em> e di <em>Testediolum</em> ci permette però di includere anche il clado <em>armeniacus-pinkeri</em> nel sottogenere <em>Nepha</em>. Il gruppo caucasicus è formato dalle specie basali di <em>Nepha</em>, mentre i gruppi <em>callosus</em>, <em>ibericus</em> e <em>tetragrammus</em> risultano essere quelli di origine più recente. L’elaborazione dei modelli di distribuzione di <em>Nepha</em> ci fa ritenere che l’area di origine di questo sottogenere sia rappresentata dal Ponto orientale. Quest’area presenta infatti il maggior numero di specie, con maggiore diversità morfologica ed ecologica, appartenenti sia ai gruppi basali (gr. <em>caucasicus</em>) sia a quelli più specializzati (gr. <em>menetriesii</em> e gr. <em>tetragrammus</em>). È possibile ipotizzare la presenza del progenitore del clado <em>Testediolum</em> + <em>Nepha</em> nell’Egeide (Balcani + Anatolia), tra i 13 ed i 14 Myr, quando l’Egeide non era in contatto con il Caucaso e il suo lembo N-occidentale si prolungava nelle Alpi. La presenza di un maggior numero di taxa nel Ponto orientale, e non nel Caucaso, potrebbe essere un indizio dell’origine e presenza di Nepha nella zolla egeica prima della sua connessione con la catena caucasica, avvenuta soltanto 6-5.5 Myr, nel Miocene superiore. In base alle attuali conoscenze non si può risalire agli eventi causali dell’origine delle specie del gr. caucasicus e di rufimacula e retipennis. I due gruppi composti da <em>Ocydromus menetriesii</em>,<em> O. hauserianus, O. syropalaestinus</em> e <em>O. delia</em>e il primo, ed <em>O. ibericus</em>, <em>O. grisvardi </em>e <em>O. fortunatus </em>il secondo, sarebbero invece il risultato di eventi cladogenetici pleistocenici, verificatisi durante uno o più periodi glaciali, a partire da un comune antenato presente in Anatolia per il primo gruppo e in Europa occidentale per il secondo. I progenitori del gruppo callosus sarebbero stati i primi a colonizzare l’Europa, ed i loro attuali discendenti (<em>O. callosus </em>e <em>O. schmidti</em>) presentano un’ampia distribuzione nell’area mediterranea, comunque fortemente rimodellata dagli eventi pleistocenici. Infine, il gruppo <em>tetragrammus</em> si sarebbe insediato in Europa più recentemente, colonizzandola attraverso due differenti strade; a N del mar Nero con <em>O. genei</em> e lungo le coste del Mediterraneo orientale con <em>O. vseteckai.</em>
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Vailati, Dante. « Revisione tassonomica delle «serie filetiche di Dellabeffaella e di Boldoria» con descrizione di quattro nuovi generi (Coleoptera Cholevidae Leptodirinae) ». Bollettino della Società Entomologica Italiana, 30 avril 2017, 3–32. http://dx.doi.org/10.4081/bollettinosei.2017.3.

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Résumé :
Nel presente lavoro l’autore affronta la revisione critica dell’assetto sistematico e tassonomico dei generi Boldoria Jeannel, 1924 e Pseudoboldoria Ghidini, 1937, alla luce di una nuova interpretazione del valore informativo di alcuni caratteri discriminanti, usati in passato, in modo prudenziale, semplicemente per distinguere al loro interno diversi “gruppi di specie”. Alcuni di tali gruppi vengono ora proposti, riconoscendone le profonde differenze, al rango di generi distinti. Al genere Boldoria Jeannel, 1924 viene mantenuta la sola specie aculeata Jeannel, 1924. Viene riabilitato il genere Ghidinia Pavan, 1939 per le specie aguinensis Vailati, 1974, morettii Pavan, 1939 e vailatii Cavadini, 1988. Viene riabilitato, e considerato genere distinto, Hartigiella Müller, 1935 per la specie baldensis Müller, 1928. Vengono inoltre descritti i seguenti nuovi generi: Pavaniola n. gen. per le specie regalini Vailati, 1988, comottii Vailati, 1988, longitarsis Pavan, 1941 e ghidinii Lona, 1937 con relative subspecie; Cacciamalia n. gen. per le specie allegrettii Jeannel, 1930, antonellae Vailati, 1988, viallii Pavan, 1938 e glacialis Vailati, 1975 con relative subspecie; Ragazzonia n. gen. per le specie breviclavata Müller, 1931, trumplina Vailati, 1988 e vestae Ghidini, 1936 con relative subspecie. Al genere Pseudoboldoria Ghidini, 1937 sono assegnate le specie barii Focarile, 1950, bergamasca (Jeannel, 1914), kruegeri (Müller, 1914) con relative subspecie, intermedia Vailati, 1988, longobarda Vailati, 1988, gratiae Monguzzii, 1984 e belluccii Regalin, 1985. Viene inoltre descritto il genere Stoppaniola n. gen. per le specie robiati (Reitter, 1889), personata Vailati, 1988, focarilei Vailati, 1988, malanchinii Pavan & Ronchetti, 1949, bucciarellii Rossi, 1963, schatzmayri Focarile, 1952 e comottiana Vailati, 1988. Viene quindi analizzata la distribuzione dei generi qui trattati e sono discusse le reciproche affinità. Per i generi Boldoria Jeannel, 1924, Pavaniola n. gen., Cacciamalia n. gen., Hartigiella Müller, 1935, Ghidinia Pavan, 1939, Ragazzonia n. gen., Viallia Pavan, 1950, Insubriella Vailati, 1990, Monguzziella Vailati, 1993 cui si aggiunge Miettiella Piva, 2016 di recente descrizione viene confermata la loro appartenenza alla «serie filetica di Boldoria», mentre ne viene considerato estraneo il genere Cryptobathyscia Vailati, 1980, cui in via provvisoria vengono riconosciute affinità che saranno da ricercare all’interno dell’eterogeneo “complesso Bathysciola”, come fino ad oggi inteso, quando finalmente venisse sottoposto ad una necessaria revisione. Per i generi Canavesiella Giachino, 1993, Dellabeffaella Capra, 1924, Archeoboldoria Ghidini, 1937, Pseudoboldoria Ghidini, 1937 e Stoppaniola n. gen. viene confermata l’appartenenza alla «serie filetica di Dellabeffaella». In conclusione vengono discusse le evidenze biogeografiche del complesso trattato sulla base delle attuali conoscenze. Diversi modelli di distribuzione e diffusione di generi e specie nell’area prealpina sarebbero connessi a vicende paleogeografiche e paleoclimatiche di periodi di diversa durata.
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Thèses sur le sujet "Modello distribuzione specie"

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Zucchetta, Matteo <1977&gt. « Modelli di distribuzione dell’habitat per la gestione di specie lagunari di interesse alieutico e conservazionistico ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2010. http://hdl.handle.net/10579/1000.

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Résumé :
La ricerca condotta ha come scopo quello di sviluppare modelli di distribuzione spaziale di specie animali e vegetali in ambienti lagunari del Nord Adriatico (laguna di Venezia e Sacca di Goro), e di valutarne le possibili implicazioni come strumenti per la gestione e la conservazione degli habitat lagunari. Questa tipologia di modelli si basa sulla quantificazione delle relazioni esistenti tra la presenza di una specie e i parametri ambientali che influiscono sulla sua distribuzione. Sono stati sviluppati modelli per alcune specie nectoniche, che utilizzano gli habitat lagunari come aree di nursery, una specie bentonica di grande importanza per la pesca lagunare e alcune specie fitobentoniche di particolare interesse dal punto di vista conservazionistico. L’applicazione dei modelli sviluppati alle mappe dei parametri ambientali ha permesso di ottenere rappresentazioni spazialmente esplicite della distribuzione potenziale delle specie studiate. Tali applicazioni sono proposte come strumento utilizzabile nelle fasi decisionali della gestione dell’ambiente lagunare, della pesca e della tutela di specie di interesse conservazionistico.
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CONSOLE, GIULIA. « Effetti dei cambiamenti climatici sulla distribuzione di specie sensibili dell’erpetofauna europea : modelli di previsione e proposte di conservazione ». Doctoral thesis, Università degli Studi dell'Aquila, 2021. http://hdl.handle.net/11697/169593.

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Résumé :
Il cambiamento climatico conseguente all’attività antropica è una delle principali cause di perdita di biodiversità nel nostro secolo. Gli effetti del climate change sugli ecosistemi e sulle comunità biologiche, animali e vegetali, sono molto diversi tra loro e includono fenomeni come la distruzione e frammentazione dell’habitat, l’alterazione dell’uso del suolo, l’inquinamento, con la conseguente perdita dell’idoneità ambientale e il rischio di estinzione delle specie più sensibili. Negli ultimi decenni, l’applicazione delle conoscenze statistico-informatiche alle Scienze naturali, ha permesso l’elaborazione di modelli di previsione che sono in grado di fornire informazioni riguardati l’attuale e, probabile, futura distribuzione delle specie in base a diversi scenari di emissioni di gas serra. La modellistica ecologica è la metodologia scientifica recentemente proposta con tali finalità e si basa sull’elaborazione statistica degli Habitat Suitability Models (HSM), ovvero i modelli di compatibilità degli habitat. Il presente studio applica la modellistica ecologica a due gruppi animali con rilevante interesse conservazionistico: gli anfibi e i rettili, vertebrati di notevole importanza sia dal punto di vista strettamente biologico, sia per i ruoli che rivestono all’interno dei servizi ecosistemici; entrambi fortemente minacciati dalle conseguenze del cambiamento climatico. In particolare, le specie target del presente lavoro sono la vipera dell’Orsini, Vipera ursinii, e le specie europee del genere Hydromantes, i geotritoni, scelte per le loro preferenze ecologiche e necessità fisiologiche. Si è osservato come tali specie, nonostante le loro differenze, potranno subire nel prossimo futuro una perdita di habitat conseguente alle condizioni climatiche e ambientali non più idonee alla loro sopravvivenza nelle odierne località di presenza. È stato indagato inoltre il grado di tutela fornito dalle aree protette attualmente istituite (ad esempio, Parchi, Riserve e Siti a tutela internazionale), mostrando in alcuni casi l’inefficienza nella tutela delle specie target. L’applicazione della modellistica ecologica alla Biologia della conservazione è una grande risorsa, in quanto rende possibile l’attuazione di piani di gestione mirati alla tutela delle specie maggiormente minacciate.
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Signorini, Manuela. « Analisi ecologica dei flebotomi vettori della leishmaniosi canina in Italia nord-orientale attraverso l'utilizzo di Sistemi Informativi Geografici (GIS) e Modelli di Distribuzione di Specie ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423675.

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Résumé :
Since the 1990s, new foci of Canine Leishmaniosis have being detected in northern Italy, previously regarded as non-endemic. The disease has increased gradually in the regions of the Alps and entomological surveys demonstrated the established presence of two vectors of the disease, P. perniciosus and P. neglectus, in several localities of the area. The changing pattern of the disease is mainly due to movement of infected dogs from endemic areas, to the increase in human and animal travels and goods trade and to climatic changes, critical to the establishment of the vectors. The study describes the results of the 12-years entomological survey in Veneto, Friuli Venezia Giulia and Trentino Alto Adige Regions, analysed through the use of GIS tools and Species Distribution Models (SDMs), based on remote sensing environmental data. Several climatic and environmental features were explored in regard to the entomological data, in order to better understand the ecology of the vectors and the epidemiology of the disease, to create a tool in support of surveillance activities. Sandfly trapping was conducted from 2001 to 2012 in 175 sites, using sticky traps (n=114 sites), CDC light traps (n=53) and CO2 traps (n=66). GPS coordinates were acquired for all sites and potential risk factors (altitude, number and species of domestic bait animals, structural characteristics of site and level of urbanization) were identified and registered. The presence/absence of sandflies were compared with the risk factors considered and environmental variables, such as MODIS data (Normalized Difference Vegetation Index and Land Surface Temperature), a land cover map (Corine Land Cover 2006), a Digital Elevation Model (GTOPO30) and a bioclimatic variable taken from the database WorldClim (BIO 18, precipitation of Warmest Quarter). The environmental features resulted more relevant, were used to built a predictive model of presence of P. perniciosus and sandflies in Veneto, Friuli Venezia Giulia and Trentino Alto Adige Regions, using the software MaxEnt (Maximum Entropy Modeling System). Overall, 6.144 sandflies were collected and identified and P. perniciosus was the most abundant species (3.797, 61,8%), with density values comparable to endemic areas of southern and central Italy. The ecological analyses of risk factors identified the altitudinal range between 100 and 300 m as the optimal environment for sandflies. The analyses of eco-climatic variables showed that the species P. perniciosus and the sandflies prefer hilly areas, characterized by temperate climate, high vegetation cover and moderate rainfall. The SDMs developed showed a high predictive power and demonstrated to be realistic, since areas highly suitable for sandflies overlap with Canine Leishmaniosis foci in the study area. Visualisation of patterns of distribution of vector species in ecological space, using SDMs, was a useful tool for the understanding of the ecological requirements of the sandfly vectors. The used approach may be considered a new resource for the proper identification of the surveillance actions for the control of Canine Leishmaniosis.
A partire dagli anni '90, sono stati evidenziati nuovi focolai autoctoni di leishmaniosi canina in Italia settentrionale, area fino agli anni precedenti considerata indenne. Gradualmente, la malattia si è diffusa nelle Regioni dell’arco alpino e i monitoraggi entomologici condotti, hanno evidenziato la presenza stabile di due vettori della malattia, P. perniciosus e P. neglectus, in diverse aree del Territorio. Il cambiamento della distribuzione della malattia sembra legato principalmente al movimento dei cani infetti dalle aree endemiche, all’aumento degli spostamenti di merci, animali e persone ed ai cambiamenti climatici, determinanti per la sopravvivenza dei vettori. Lo studio descrive i risultati di 12 anni di campionamenti entomologici, condotti in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, analizzati attraverso l’utilizzo di strumenti GIS e modelli di distribuzione di specie (SDMs) basati su dati ambientali ottenuti tramite remote sensing. Sono state analizzate diverse caratteristiche climatiche ed ambientali, relazionandole con i dati relativi ai monitoraggi, con la finalità di comprendere meglio l’ecologia dei vettori e l’epidemiologia della malattia, per creare uno strumento di supporto alle attività di sorveglianza. Il monitoraggio è stato condotto dal 2001 al 2012 in 175 siti, utilizzando sticky traps (n=114 siti), CDC light traps (n=53 siti) e CO2 traps (n=66 siti). I siti sono stati geo-referenziati ed alcuni possibili fattori di rischio (altitudine, numero e specie di animali esca, tipologia di sito e livello di urbanizzazione) sono stati individuati e registrati sul campo. I dati di presenza/assenza dei flebotomi sono stati analizzati in funzione dei fattori di rischio considerati, di due variabili ambientali ottenute dal sensore MODIS (Normalized Difference Vegetation Index e Land Surface Temperature), di una mappa di uso del suolo (Corine Land Cover 2006), di un modello digitale del terreno (GTOPO30) e di una variabile climatica ottenuta dal data set WorldClim (BIO 18), relativa alle precipitazioni medie registrate nei trimestri più caldi. Le variabili risultate più rilevanti sono state utilizzate per elaborare un modello predittivo della presenza di P. perniciosus e dei flebotomi in Triveneto, utilizzando il software MaxEnt (Maximum Entropy Modeling System). In totale sono stati raccolti e identificati 6.144 flebotomi e P. perniciosus si è dimostrato essere la specie più rappresentata nel territorio (3.797 esemplari, 61,8%), con densità paragonabili a quelle registrate nelle aree endemiche del centro-sud Italia. L’analisi ecologica dei fattori di rischio ha individuato la fascia altitudinale tra i 100 e i 300 m s.l.m. come quella più idonea ai flebotomi. L’analisi delle variabili ambientali ha evidenziato che i flebotomi e P. perniciosus prediligono ambienti collinari, caratterizzati da un clima mite, elevata copertura vegetazionale e precipitazioni non abbondanti. Il modello di distribuzione di specie elaborato, ha mostrato un buon potere predittivo e si è dimostrato realistico, in quanto l’area risultata più idonea alla presenza dei flebotomi nel territorio si sovrappone in modo chiaro con le aree interessate da focolai di leishmaniosi canina. La visualizzazione dei pattern di distribuzione dei flebotomi vettori nello spazio ecologico, attraverso l’utilizzo di modelli di distribuzione di specie, si è dimostrata essere un valido strumento per comprendere quali fattori condizionano maggiormente la presenza degli stessi. Gli strumenti utilizzati possono essere considerati una nuova risorsa da integrare alle azioni di sorveglianza per la prevenzione della leishmaniosi canina, con il fine di destinare le risorse correttamente e di sviluppare strategie sempre più appropriate.
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VAJANA, ELIA. « Studio della storia evoluzionistica e conservazione delle specie zootecniche attraverso analisi di genomica del paesaggio e modelli di nicchia ecologica ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/19085.

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Résumé :
Attività antropiche e pressioni di mercato stanno rapidamente riducendo la biodiversità. Per questa ragione, conservare il patrimonio ecosistemico, tassonomico e genetico risulta fondamentale al fine di garantire potenziale adattativo alle specie, e, in ultima analisi, un futuro sostenibile per il pianeta. Al fine di minimizzare la perdita di biodiversità, numerosi metodi sono stati proposti per priorizzare ecosistemi, specie e popolazioni. Il presente lavoro di tesi fornisce in primo luogo una revisione di tali approcci, proponendo un albero decisionale volto a favorirne un corretto utilizzo. Secondariamente, la variabilità genomica neutrale del bufalo d’acqua (Bubalus bubalis L.) è investigata per mezzo di un pannello di marcatori SNP a media densità, rivelando due centri di domesticazione (India Nord-occidentale, Cina-Indocina) e possibili rotte di migrazione per gli ecotipi ‘river’ e ‘swamp’. L’adattamento locale ad East Coast Fever, patologia endemica delle popolazioni bovine in Africa Sub-sahariana, è stato inoltre studiato in bovini autoctoni Ugandesi (Bos taurus L.) combinando tecniche di modellizzazione delle nicchie ecologiche e di genomica del paesaggio. L’approccio ha portato ad indentificare PRKG1 e SLA2 come possibili geni di adattamento. I risultati sono discussi alla luce delle possibili implicazioni nella conservazione del bufalo e nella gestione delle risorse genetiche animali Ugandesi.
Biodiversity is quickly disappearing due to human impact on the biosphere, and to market pressure. Consequently, the protection of both wild and domestic species needs to become a priority in order to preserve their evolutionary potential and, ultimately, guarantee a sustainable future for coming human generations. To date, tens of methods have been proposed to prioritize biodiversity for conservation purposes. Here, an ontology for priority setting in conservation biology is provided with the aim of supporting the selection of the most opportune methodologies given specific conservation goals. Further, two case studies are presented characterizing neutral and adaptive genomic diversity in water buffalo (Bubalus bubalis L.) and indigenous Ugandan cattle (Bos taurus L.), respectively. In particular, two independent domestication centres (North-western India and Indochina) and separate migration routes are suggested for the ‘river’ and ‘swamp’ water buffalo types. In the case of indigenous Ugandan cattle, the integration of species distribution modelling and landscape genomics techniques allowed the identification of PRKG1 and SLA2 as candidate genes for local adaptation to East Coast Fever, a vector-borne disease affecting bovine populations of Sub-Saharan Africa. Results are discussed for their implications in water buffalo conservation and Ugandan cattle adaptive management.
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VAJANA, ELIA. « Studio della storia evoluzionistica e conservazione delle specie zootecniche attraverso analisi di genomica del paesaggio e modelli di nicchia ecologica ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/19085.

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Résumé :
Attività antropiche e pressioni di mercato stanno rapidamente riducendo la biodiversità. Per questa ragione, conservare il patrimonio ecosistemico, tassonomico e genetico risulta fondamentale al fine di garantire potenziale adattativo alle specie, e, in ultima analisi, un futuro sostenibile per il pianeta. Al fine di minimizzare la perdita di biodiversità, numerosi metodi sono stati proposti per priorizzare ecosistemi, specie e popolazioni. Il presente lavoro di tesi fornisce in primo luogo una revisione di tali approcci, proponendo un albero decisionale volto a favorirne un corretto utilizzo. Secondariamente, la variabilità genomica neutrale del bufalo d’acqua (Bubalus bubalis L.) è investigata per mezzo di un pannello di marcatori SNP a media densità, rivelando due centri di domesticazione (India Nord-occidentale, Cina-Indocina) e possibili rotte di migrazione per gli ecotipi ‘river’ e ‘swamp’. L’adattamento locale ad East Coast Fever, patologia endemica delle popolazioni bovine in Africa Sub-sahariana, è stato inoltre studiato in bovini autoctoni Ugandesi (Bos taurus L.) combinando tecniche di modellizzazione delle nicchie ecologiche e di genomica del paesaggio. L’approccio ha portato ad indentificare PRKG1 e SLA2 come possibili geni di adattamento. I risultati sono discussi alla luce delle possibili implicazioni nella conservazione del bufalo e nella gestione delle risorse genetiche animali Ugandesi.
Biodiversity is quickly disappearing due to human impact on the biosphere, and to market pressure. Consequently, the protection of both wild and domestic species needs to become a priority in order to preserve their evolutionary potential and, ultimately, guarantee a sustainable future for coming human generations. To date, tens of methods have been proposed to prioritize biodiversity for conservation purposes. Here, an ontology for priority setting in conservation biology is provided with the aim of supporting the selection of the most opportune methodologies given specific conservation goals. Further, two case studies are presented characterizing neutral and adaptive genomic diversity in water buffalo (Bubalus bubalis L.) and indigenous Ugandan cattle (Bos taurus L.), respectively. In particular, two independent domestication centres (North-western India and Indochina) and separate migration routes are suggested for the ‘river’ and ‘swamp’ water buffalo types. In the case of indigenous Ugandan cattle, the integration of species distribution modelling and landscape genomics techniques allowed the identification of PRKG1 and SLA2 as candidate genes for local adaptation to East Coast Fever, a vector-borne disease affecting bovine populations of Sub-Saharan Africa. Results are discussed for their implications in water buffalo conservation and Ugandan cattle adaptive management.
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FARAONI, LORENZO. « Cambiamenti climatici e idoneità ecologica del territorio per le specie forestali : una indagine sulle pinete di pino nero in Toscana come supporto alla pianificazione ». Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/2158/991606.

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RONDININI, CARLO. « Analisi comparative di Areali geografici e modelli di idoneità ambientale per i vertebrate africani : distribuzione delle specie e sistemi di riserve per la loro conservazione ». Doctoral thesis, 2004. http://hdl.handle.net/11573/182291.

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