Littérature scientifique sur le sujet « Modello animale di iperossia »

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Articles de revues sur le sujet "Modello animale di iperossia"

1

Caleffi, E., A. Bocchi, P. Pallù, M. Ghillani et F. Papadia. « Studio sul comportamento emodinamico dell'Ethibloc nelle malformazioni vascolari ». Rivista di Neuroradiologia 2, no 3 (octobre 1989) : 203–10. http://dx.doi.org/10.1177/197140098900200302.

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Résumé :
Nel trattamento embolizzante delle malformazioni vascolari è stata introdotta recentemente una nuova sostanza embolizzante-occludente (Ethibloc) di cui gli autori si propongono di valutare il comportamento reologico quando introdotta in regimi emodinamici differenti come quelli che caratterizzano i principali tipi di angiomi: arteriosi, vnosi, artero-venosi. A tale scopo si è reso necessario allestire un modello sperimentale microchirurgico di angioma che riproducesse le caratteristiche morfologiche ed emodinamiche delle angiodisplasie tronculari mature, vale a dire un regime circolatorio turbolento e tortuoso. Nell'animale da esperimento (ratto) si è quindi cercato un distretto vascolare dotato di arborizzazioni ricche, ma al contempo sufficentemente consistenti ed ampie da consentire suture microvascolari. Si è selezionato come distretto donatore del «modello» il territorio dell'arco aortico con i suoi tre rami. Il modello viene quindi reimpiantato su un animale ricevente a livello dell'aorta addominale sottorenale (angioma arterioso) o della cava inferiore (angioma venoso) o a cavaliere di entrambi i vasi (angioma artero-venoso). La buona affidabilita delle anastomosi e la notevole somiglianza funzionale con le angiodisplasie, consente di disporre di un modello valido ed utilizzabile per lo studio e l'applicazione del nuovo presidio terapeutico.
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Mordeglia, Caterina. « La rappresentazione del corpo animale nei manoscritti di favole esopiche latine ». Reinardus / Yearbook of the International Reynard Society 25 (31 décembre 2013) : 120–40. http://dx.doi.org/10.1075/rein.25.08mor.

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Résumé :
L’ampia diffusione e la ricca presenza di soggetti zoomorfi hanno favorito per tutta l’Antichità e il Medioevo il proliferare di una ricca tradizione figurativa della favola esopica in ambito artistico, soprattutto scultoreo, ed editoriale, spesso frammentata e non sempre riconducibile a un modello letterario o iconografico specifico. La produzione di manoscritti miniati di favole esopiche latine prende invece campo in maniera consistente solo nel Tardo Medioevo. Prima di questa data i codici caratterizzati da un ciclo figurativo completo e strutturato pervenutici sono pochi. In questo saggio vengono esaminate le raffigurazioni animali contenute in alcuni di essi, molto celebri per la testimonianza iconografica che ci offrono o per la loro raffinatezza stilistica, rapportandole con le eventuali fonti letterarie che possono averle influenzate. Oggetto dell’indagine sono, nell’ordine, i mss.: Paris, Bibliothèque Nationale de France, nouv. acq. lat. 1132 (sec. IX); Leiden, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Voss. lat. 8° 15 (Section XI); Bologna, Biblioteca Universitaria, 1213 (Section XIV); Udine, Biblioteca Arcivescovile, Codice Bartolini 83 (Section XV).
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Pelliccioli, G. P., P. F. Ottaviano, C. Gambelunghe, G. Mariucci, G. Bruschelli, G. Bartoli et M. V. Ambrosini. « Ischemia cerebrale sperimentale nei gerbillo ». Rivista di Neuroradiologia 6, no 3 (août 1993) : 325–30. http://dx.doi.org/10.1177/197140099300600313.

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Résumé :
Il gerbillo (Meriones unguiculatus), avendo il circolo di Willis incompleto per la mancanza delle arterie comunicanti, è considerato il modello animale di elezione per lo studio dell'ischemia cerebrale. L'assenza di connessioni tra circolo carotideo e vertebro-basilare garantisce infatti l'induzione di un'ischemia cerebrale mediante occlusione delle arterie carotidi comuni (ACC). È stata osservata tuttavia una certa variabilità nel sistema vascolare cerebrale del gerbillo, che spiegherebbe la differente risposta individuale alla legatura delle ACC. In letteratura sono stati descritti i deficit funzionali e le modificazioni comportamentali secondari ad un'ischemia cerebrale, correlabili post mortem a definiti quadri istopatologici. Raramente sono stati applicati metodi certi di valutazione in vivo degli esiti di un'ischemia cerebrale sperimentale e/o dell'efficacia di eventuali interventi terapeutici. Un contributo alle indagini in vivo sull'ischemia cerebrale sperimentale potrebbe derivare dallo studio con risonanza magnetica. La nostra indagine ha avuto lo scopo di valutare alla RM, l'evoluzione e la gravità del danno prodotto nel gerbillo: a) dall'occlusione di entrambe le ACC per 5 mine (b) dalla legatura permanente di una ACC. Lo studio parenchimale ed angiografico è stato condotto utilizzando apparecchiature da 1,5 Tesla. Gli animali sono stati esaminati a tempi diversi dall'ischemia. L'iperintensità del segnale rilevata in alcuni casi con le sequenze spin echo a TR lungo a carico dell'ippocampo non era semprecorrelabile al tipo di ischemia indotta. In un 20% dei casi si è apprezzato un aumento di volume del sistema ventricolare, confermato dall'esame anatomo-patologico. Lo studio istologico ha dimostrato che l'aumento di intensità del segnale non era obbligatoriamente associato a severi danni del parenchima. I risultati di questo studio, seppure preliminare, sosterrebbero la validità della tecnica RM nello studio delle ischemie cerebrali sperimentali, poiché essa consente di individuare un edema nel tessuto ischemico anche in assenza di grave sofferenza e/o necrosi cellulare. Le differenti risposte del gerbillo all'ischemia cerebrale potrebbero essere dovute ad una variabilita sia anatomica che biologica.
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Gandolfi, P., M. Luciani, C. M. Caporale, G. Armillotta et A. Uncini. « MODELLO ANIMALE DI SINDROME DI GUILLAIN-BARRE’ DA IMMUNIZZAZIONE CON LIPOPOLISACCARIDE DI CAMPYLOBACTER JEJUNI ». Microbiologia Medica 19, no 2 (30 juin 2004). http://dx.doi.org/10.4081/mm.2004.3858.

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Ponzio, Luciano. « L’arte come struttura pensante e generatrice di nuovi mondi ». RUS (São Paulo) 13, no 23 (19 décembre 2022). http://dx.doi.org/10.11606/issn.2317-4765.rus.2022.202310.

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Résumé :
Da angolature prospettiche diverse, letteraria, poetica, cinematografica, i corpora teorici di Jurij Lotman tracciano una strada comune, rivolta fin dall’inizio allo studio di quei linguaggi che caratterizzano l’essere umano come animale semiotico, ovvero i testi artistici capaci di raffigurazione [izobraženie]. Si tratta della caratterizzazione specifica di un testo che vuole assurgere a testo artistico, modellato in senso semiotico sulla base della funzione che esso svolge in una cultura e del riconoscimento che questa gli assegna come appartenete ad un genere testuale. L’approccio lotmaniano di tipo “culturologico” amplia e specifica la nozione di testo che da struttura sincronica chiusa assurge a “testo culturale” con la sua specifica funzione creativa/estetica/poetica, con il suo valore etico e sociale, con i suoi legami con la realtà nella sua dimensione cronotopica. Tali studi hanno assegnato una speciale centralità ai testi artistici, ai “generi di discorso secondari” (qui nell’accezione bachtiniana riferita ai generi letterari). Ciò ha reso possibile, di riflesso, l’assunzione del testo artistico e dei suoi specifici linguaggi quale modello e strumento essenziali per lo studio/comprensione della Cultura, per sua natura dinamica e eterogenea, tanto da non lasciarsi facilmente descrivere, da non rendersi riducibile a modelli caratterizzati dalla codificazione-decodificazione, a farsi uniformare/unificare, situare dentro un sistema (quale la langue), presentandosi invece, come un insieme di pratiche sociali. Ciò permette di riconoscere/ristabilire l’importanza vitale che ha, per il rinnovamento del “reale”, la visione artistica con le sue rifrazioni estetiche intersemiotiche. E ciò sia come risultato dell’interrelazione tra scrittura e immagini del mondo, sia anche tramite una particolare lente meta-semiosica, con l’assumersi la responsabilità del mantenimento della vita stessa dei segni in una prospettiva semioetica, dimostrandoci come Lotman possa essere considerato attualmente tra gli autori in campo semiotico più creativi e anche specificamente “modellizzatori”, costruttori, innovatori nei confronti del “reale”.
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Thèses sur le sujet "Modello animale di iperossia"

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Villano, Gianmarco. « Caratterizzazione di un modello di topo transgenico per SERPINB3 umana ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3427212.

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Résumé :
the serpins are a family of serine protease inhibitors involved in several biological functions and in the maintenance of cell homeostasis. SERPINB3 (known as SCCA1), a member of the ovalbumin family, is normally expressed in squamous epithelium, and it is over-expressed in tumours of epithelial origin and in hepatocellular carcinoma. The SERPINB3 involvement in the control of proteolytic processes has important implications in neoplastic transformation, whereas the balance between proteases and their inhibitors can affect cell motility, invasiveness, proliferation and apoptosis. Considering the potential role of SERPINB3 and the lack of human biological tissues for clinical research, the possibility to use a transgenic animal model to explore in vivo the role of this serpin in several cell processes could be of great value. The aim of the present study was to assess the SERPINB3 involvement in several pathologies by a transgenic mouse model for human SERPINB3, expressed in different organs as brain, lung and liver.
Le serpine sono una famiglia di inibitori delle proteasi seriniche implicata in molte funzioni biologiche e nei processi di controllo dell’omeostasi cellulare. SERPINB3 (chiamata anche SCCA1), appartenente alle ov-serpine, è espressa normalmente negli epiteli squamosi, ma si trova iper-espressa nelle cellule neoplastiche di origine epiteliale e nell’epatocarcinoma. Il coinvolgimento di SERPINB3 nella regolazione dei processi proteolitici ha importanti implicazioni a livello dei processi neoplastici, dal momento che l’equilibrio tra le proteasi ed i loro inibitori, può influenzare la mobilità, l’invasività, la proliferazione e la morte cellulare stessa. Dato il potenziale ruolo di SERPINB3 ed il limite determinato dalla disponibilità di materiale biologico per la ricerca clinica sull'uomo, risulta importante poter utilizzare un modello animale che permetta di sperimentare in vivo il ruolo che la proteina può rivestire in molteplici processi cellulari. Lo scopo dello studio è quello di sperimentare il coinvolgimento della serpina in diverse patologie utilizzando un modello animale, costituito da un topo transgenico per SERPINB3 umana, caratterizzato dall’espressione della serpina in diversi organi quali il cervello, i polmoni ed il fegato.
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Boldrin, Elisa. « Trapianto di cellule staminali in un modello animale di danno osseo da glucocorticoidi ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3422860.

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Résumé :
Bone, a specialized connective tissue, consists of cells and mineralized extracellular matrix. The main cell types of bone tissue are: the osteoblasts, the osteocytes and the osteoclasts. Osteoblasts produce extracellular matrix, osteoclasts are responsible of its resorption, hence bone physiology is a delicate balance between synthesis of new bone and resorption of the old one. Osteoporosis is a disease in which catabolic activity of osteoclasts overtakes anabolic activity of osteoblasts leading to increased bone resorption and progressive bone fragility. Primary osteoporosis is a common disease among post-menopausal female population. Pathologies as diabetes mellitus, hyperparathyroidism and long-term treatment with glucocorticoids cause secondary osteoporosis. Glucocorticoid-induced osteoporosis is the most common type of secondary osteoporosis. Glucocorticoid treatment is a well known method to induce osteoporosis in animal models, hence it could be an example of “translational model” in which injured bone could be repopulated by stem cells or progenitors in clinical trials. The aim of this thesis is to investigate whether preosteoblasts could repopulate injured bone in an animal model treated with glucocorticoids. Preosteoblasts have been isolated from newborn calvariae of GFP mice. In these cells, expression of the osteogenic marker Runx2 has been assessed by Real time PCR, while osteogenic potential has been analysed by cytochemistry assays to detect alkaline phosphatase and mineralized bone nodules (Alizarin Red and Von Kossa staining). To realize the in vivo model, C57BL/6 three months aged mice have been divided into three groups [group I (n=4): mice not treated with drug and not infused with cells, group II (n=4): mice treated with drug and not infused with cells, group III (n=4): mice treated with drug and infused with cells]. Drug (methylprednisolone) has been administered for one month with a dose of 75 mg/Kg/week. In mice of group III, 5 x 105 GFP preosteoblasts, previously expanded in vitro, have been infused with injection into the tail vein. Mice have been sacrificed, tibial and femoral bones have been harvested, processed and analysed by istomorphometry and immunoistochemistry. Expression of Runx2, osteonectin (SPARC) and alkaline phosphatase (ALP) in these tissues has been detected with Real time PCR. In vitro preosteoblasts produce alkaline phosphatase during early time in culture with normal medium, while the level decreases in differentiating conditions with medium containing ascorbic acid and β-glycerophosphate. Preosteoblasts maintained in differentiation medium for 30 days are positive to Alizarin and Von Kossa staining, hence they are able to produce mineralized extracellular matrix that is a feature of functional mature osteoblasts. Runx2 expression increases during differentiating conditions; in cells maintained in differentiation medium for 30 days there is an increase of 50% compared to cells maintained in normal medium (p<0.05). In mice of group III an increased level of parameters concerning osteoid has been detected (O.Th, OS/BS, OV/BV) and an increased number of active osteoblasts (during synthetic activity) has been observed compared to group II. Between these two groups, significant variations of bone volume (BV/TV), trabecular thickness (Tb.Th), trabecular number (Tb.N) and trabecular separation (Tb.Sp) have not been detected. Microarchitecture parameters (Nd.N/TV, Nd/Tm) have not been affected. Similar results have been obtained from inderect microarchitecture parameters as Marrow Star Volume and Fractal Dimension. Real time PCR analysis revealed a reduction in osteogenic gene expression in group II compared to group I (ALP: -50%, p<0.01; Runx2: -56.75%, p<0.01; SPARC: -44.5%, p<0.05). In group III there is a recovery of expression of osteogenic markers (ALP: +40%, p<0.05; Runx2: +66.28%, p<0.001; SPARC: +55%; p<0.01) compared to group II. Immunoistochemistry is under investigation. In our glucocorticoid-induced osteoporosis model we sacrificed mice only one week after infusion of cells, this preparatory investigation shows that our model induces the engraftment of preosteoblasts in injured bone. However, a longer time, at least of 1-2 months, is needed to investigate if preosteoblasts are able not only to graft onto host tissue, but also to proliferate in vivo and to differentiate in full mature and functional osteoblasts.
L’osso è un tessuto connettivo specializzato costituito da cellule e matrice extracellulare mineralizzata. Le cellule principali sono gli osteoblasti, gli osteociti e gli osteoclasti. Gli osteoblasti depongono la matrice ossea, mentre gli osteoclasti sono i responsabili del suo riassorbimento. La fisiologia dell’osso è quindi il risultato di un delicato equilibrio tra deposizione di matrice ossea e suo riassorbimento. Quando l’azione catabolica degli osteoclasti è maggiore rispetto a quella anabolica degli osteoblasti si produce una progressiva fragilità ossea che porta ad un quadro clinico osteoporotico. L’osteoporosi primaria colpisce soprattutto la popolazione femminile dopo la menopausa. Molte patologie come il diabete mellito, l’iperparatiroidismo ed il trattamento a lungo termine con glucocorticoidi causano l’osteoporosi secondaria. L’osteoporosi indotta da glucocorticoidi è la più comune causa di osteoporosi secondaria. Il trattamento con glucocorticoidi è un noto procedimento di induzione dell’osteoporosi in modelli animali e può dunque rappresentare un primo esempio di modello “traslazionale” potenzialmente applicabile in clinica per indurre un ripopolamento dell’osso con cellule staminali mesenchimali o precursori osteogenici. Lo scopo di questo lavoro è stato pertanto valutare nel modello animale se sia possibile ripopolare l’osso danneggiato con preosteoblasti. I crani di topi neonati transgenici (GFP) sono stati prelevati e messi in coltura per ottenere preosteoblasti. Nelle colture in vitro è stata valutata l’espressione del gene Runx2 con la tecnica di Real time PCR, mentre la capacità osteogenica è stata analizzata con colorazioni citochimiche per la fosfatasi alcalina e per la deposizione di matrice ossea mineralizzata (Alizarin Red e Von Kossa). Per la realizzazione del modello in vivo topi C57BL/6 maschi di 3 mesi sono stati divisi in 3 gruppi [gruppo I (n=4): topi non trattati con farmaco e non infusi con cellule; gruppo II (n=4): topi trattati con farmaco non infusi con cellule; gruppo III (n=4): topi trattati con farmaco ed infusi con cellule]. Il farmaco (metilprednisolone) è stato somministrato per un mese alla dose di 75 mg/Kg/settimana. Negli animali appartenenti al gruppo III sono state infuse, attraverso iniezione nella vena della coda, 5 x 105 preosteoblasti GFP precedentemente espansi in vitro. I topi sono stati sacrificati, le tibie ed i femori sono stati prelevati e processati per l’analisi istomorfometrica e della microarchitettura ossea e per l’ immunoistochimica. In questi tessuti, l’espressione genica di Runx2, osteonectina (SPARC) e fosfatasi alcalina (ALP) è stata valutata tramite Real time PCR. In vitro i preosteoblasti producono fosfatasi alcalina durate i primi giorni di coltura in medium non differenziante, mentre il livello decresce in condizioni differenzianti, cioè in medium contenente acido ascorbico e β-glicerofosfato. I preosteoblasti mantenuti in medium di differenziamento per 30 giorni sono positivi alle colorazioni Alizarin Red e Von Kossa, quindi sono in grado di produrre matrice ossea mineralizzata, caratteristica degli osteoblasti funzionali e maturi. L’espressione del gene Runx2 aumenta durante il differenziamento, si ha un aumento del 50% nelle cellule differenziate per 30 giorni rispetto alle cellule non differenziate (p<0.05). L’inoculazione dei preosteoblasti nei topi del gruppo III ha evidenziato un aumento dei parametri statici di neoformazione ossea relativi all’osteoide (O.Th, OS/BS, OV/BV) ed un aumento del numero di osteoblasti attivi, cioè in corso di deposizione di osteoide, rispetto al gruppo II. Tra questi due gruppi non si sono osservate, invece, variazioni significative in termini di volume osseo (BV/TV), spessore trabecolare (Tb.Th) numero delle trabecole (Tb.N) e separazione fra esse (Tb.Sp). Non sono state rilevate, inoltre, differenze dei parametri di microarchitettura (Nd.N/TV, Nd/Tm). Risultati simili sono emersi dalla valutazione dei parametri indiretti di microarchitettura (Marrow Star Volume e Fractal Dimension). L’espressione genica ha dimostrato che nel gruppo II si ha una riduzione dell’espressione dei geni osteogenici rispetto al gruppo I (ALP: -50%, p<0.01; Runx2: -56.75%, p<0.01; SPARC: -44.5%, p<0.05). Nel gruppo III si è avuto un recupero dell’espressione dei geni osteogenici (ALP: +40%, p<0.05; Runx2: +66.28%, p<0.001; SPARC: +55%, p<0.01) rispetto al gruppo II. I campioni di tessuto per l’ immunoistochimica devono essere processati. Nel nostro modello sperimentale di osteoporosi indotta da glucocorticoidi nel topo, abbiamo sacrificato gli animali solo una settimana dopo l’infusione delle cellule; questi dati preliminari dimostrano che il nostro modello induce l’engraftment dei preosteoblasti nell’osso danneggiato. Tuttavia è richiesto un tempo di osservazione più lungo, di almeno 1-2 mesi per valutare se le cellule trapiantate siano in grado, non solo di integrarsi nel tessuto dell’ospite, ma anche di proliferare in vivo e di differenziare in osteoblasti maturi e funzionali.
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ROSA, ILARIA. « Caratteirizzazione dell'evoluzione comportamentale di un modello animale emiparkinsoniano indotto da 6-OHDA ». Doctoral thesis, Università degli Studi dell'Aquila, 2020. http://hdl.handle.net/11697/144328.

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Résumé :
The establishment of a correlation between behavior and structure changes is essential to understand disorders diagnosed on the bases of “behavioral” disturbances. Among these Parkinson’s Disease (PD) has been traditionally considered as a "pure" movement disorder secondary to focal degeneration of dopaminergic (DAergic) neurons in the Substantia Nigra pars compacta (SNc). However, in recent years the clinical phenotype has been revised, showing that PD is a multisystem neurodegenerative disorder with motor and non-motor features showing different time evolutions. Several animal models have been employed in experimental studies concerning the pathogenetic mechanism of PD and therapeutic strategies. A commonly used animal model of PD is the unilateral injection of 6-hydroxydopamine (6-OHDA) into the SNc of rodents capable of inducing a stable nigrostriatal lesion within 3 weeks. The time-course of the anatomical, metabolic and behavioral changes that occur at the late-phase has been extensively studied. However, despite a large body of evidence has been provided about the 6-OHDA PD model, some crucial questions concerning the early-phase PD lesioned-rat behavior remain unanswered. Indeed, it is very interesting to study the early molecular and functional changes time-course observed in the emergence of the Parkinsonian lesion in the standard 6-OHDA-induced by high-DAergic depletion model and whether they might be predictive of the severity of the lesion. In this PhD thesis we investigated the early-phase time course of behavioral and structural changes in the nigrostriatal pathway during the degeneration of SNc neurons induced by intranigral injection of 6-OHDA (8 μg/4 μL) in the right hemisphere. In particular, we investigated if early (1 to 7 days post-lesion) motor behavioral deficits can be fully characterized and whether they may be predictive of the severity of the DAergic lesion at later time points (14, 21 days post lesion). To determine the time-course of the emergence of potential spontaneous motor deficits, we modified the Tail Suspension Test, here indicated as Tail Suspension Swing Test (TSST).We compared the TSST results to those obtained with the standard rotation test in the Open Field Test (OFT).We recorded spontaneous and apomorphine-induced behavioral asymmetries using a modified implementation of the TSST and the standard OFT, before and following 6-OHDA injection. The accuracy of the 6-OHDA lesion was evaluated by means of ex vivo whole-brain high-resolution Magnetic Resonance Imaging (MRI). The DAergic lesion was then evaluated by immunohistochemical staining for tyrosine hydroxylase (TH) to detect TH-immunoreactive (TH-ir) neurons and fibers in the SNc and the striatum(ST), respectively. Moreover, we studied the behavioral features of the animals after 21 days of 6-OHDA-induced lesion of the DAergic nigrostriatal system, providing a T-Pattern Analysis (TPA) of the sequential organization of the behavior, in terms of sequences detected and features. Our main experimental result is that TSST is more sensitive to reveal the spontaneous motor asymmetries. On the other hand, the results of the TSST and OFT tests after acute and repetitive apomorphine treatment, well correlated with immunohistochemical striatal DA staining and nigral DAergic neuronal loss seen at the different time-points. The TSST can therefore be useful for the selection of those animals to study early pathophysiological mechanisms, that occur from the first day after the 6-OHDA lesion and new neuroprotective strategies without the confounding apomorphine administration. Moreover, our TPA results at 21 days post-lesion show for the first time that the temporal structure and fine characteristics of behavioral sequencing are altered in the late phase of the PD rodent model obtained with a unilateral SNc injection of 6-OHDA.
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Burzo, Antonella <1978&gt. « La compatibilità ambientale nei Piani di Sviluppo Rurale : un modello di analisi per le regioni italiane ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2923/1/burzo_antonella_tesi.pdf.

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Burzo, Antonella <1978&gt. « La compatibilità ambientale nei Piani di Sviluppo Rurale : un modello di analisi per le regioni italiane ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2923/.

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FANNI, SILVIA. « EFFETTO DELL’INIBIZIONE DELLA 5-ALFA REDUTTASI SULLE DISCINESIE IN UN MODELLO ANIMALE DI MALATTIA DI PARKINSON ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2017. http://hdl.handle.net/11584/249589.

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Résumé :
Levodopa-induced dyskinesia (LID) is a disabling motor complication occurring in Parkinson's disease patients (PD) after long-term l-DOPA treatment. Although its etiology remains unclear, there is accumulating evidence that LID relies on an excessive dopamine receptor transmission, particularly at the downstream signaling of D1 receptors. We previously reported that the inhibition of 5-alpha reductase (5AR), the rate limiting enzyme in neurosteroids synthesis, rescued a number of behavioral aberrations induced by D1 receptor-selective and non-selective agonists, without inducing extrapyramidal symptoms. Thus, this study was aimed at investigating whether the pharmacological blockade of 5AR by the two prototypical irreversible inhibitors finasteride (FIN) and dutasteride (DUTA), might elicit antidyskinetic properties in a rodent model of Parkinson's disease. Specifically, we tested the effects of FIN and DUTA on dyskinesias induced by dopaminergic agonists in 6-hydroxydopamine (6-OHDA)-lesioned rats. Acute and chronic effect of different doses of FIN (30-60mg/kg) and DUTA (15-30 mg/Kg), was assessed on LID in male 6-OHDA-lesioned dyskinetic rats. Thereafter, to fully characterize the therapeutic potential of these inhibitors on LID and their impact on l-DOPA efficacy, we tested abnormal involuntary movements and forelimb use in hemiparkinsonian male rats chronically injected with FIN (30-60mg/kg/24days) and DUTA (30-60mg/kg/24days) either prior to- or concomitant with l-DOPA administration. In addition, to investigate whether the antidyskinetic properties on LID may be ascribed to a modulation of the D1- or D2/D3-receptor function, dyskinesias were assessed in l-DOPA-primed 6-OHDA-lesioned rats that received FIN in combination with selective direct dopaminergic agonists. Finally, we set to investigate whether FIN may produce similar effect in female hemiparkinsonian rats, as seen in males. The results indicated that both FIN and DUTA administrations significantly dampened LID in all tested treatment regimens, without interfering with the ability of l-DOPA to ameliorate forelimb use in the stepping test. The antidyskinetic effect appears to be due to modulation of both D1- and D2/D3-receptor function, as FIN also reduced abnormal involuntary movements induced by the selective D1 receptor agonist SKF-82958 and the D2/D3 receptor agonist ropinirole. Significant dampening of LID was also observed in female rats, although only at the higher tested dose. To our knowledge, these findings for the first time highlight 5AR enzyme as a new therapeutic target for the treatment of dyskinesia in PD. Clinical investigations are warranted to assess whether similar protection from dyskinesia might be reproduced also in PD patients.
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PLACIDI, MARTINA. « USO DELLE ACIL-L-CARNITINE IN UN MODELLO ANIMALE DI SINDROME DELL'OVAIO POLICISTICO ». Doctoral thesis, Università degli Studi dell'Aquila, 2020. http://hdl.handle.net/11697/144728.

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Résumé :
La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è un comune disordine endocrinologico e riproduttivo che si riscontra nel 6-10% della popolazione femminile. In generale, è considerata una malattia metabolica multifattoriale caratterizzata da varie manifestazioni cliniche quali iperandrogenismo, ovaie policistiche e disfunzioni ovulatorie, che la rendono la causa più comune di infertilità da anovulazione nelle donne, ma anche da problemi metabolici come obesità, insulino-resistenza, iperinsulinemia e diabete di tipo II, che la associano a complicanze cardiovascolari, neurologiche e psicologiche, come ansia e depressione. Come è emerso recentemente, un aumento di AGE ha un ruolo chiave nelle disfunzioni ovariche e nella riduzione della fertilità associata alla PCOS. I risultati presentati in questa tesi dimostrano, per la prima volta, che una condizione di stress glicativo MG-dipendente si instaura nell’ambiente ovarico di topi PCOS. Questa condizione risulta associata a cambiamenti della funzione di SIRT1 nella regolazione della fisiologia mitocondriale e della sopravvivenza cellulare. Nel nostro studio, ci siamo basati su un modello ben studiato di topo PCOS indotto da DHEA e abbiamo approfondito la caratterizzazione del micro-ambiente ovarico nei topi DHEA. Abbiamo studiato, inoltre, l’efficacia di diverse formulazioni di carnitine (L-Carnitina, Acetil-L-Carnitina e Propionil-L-Carnitina) su un modello in vitro murino, sottoposto a danno ossidativo, noto essere una delle possibili cause della ridotta qualità ovocitaria associata alla PCOS. Infine è stata valutata l’efficacia di queste formulazioni di carnitine sui topi DHEA. Le carnitine sono essenziali nel metabolismo degli acidi grassi e possono agire proteggendo dal danno mitocondriale e da condizioni di bilancio energetico alterato come quelle presenti nella sindrome dell'ovaio policistico (PCOS), evidenziate anche dai ridotti livelli di L-carnitina nel siero delle pazienti affette da questa patologia. Ripristinare l'equilibrio energetico e fornire adeguate riserve di energia all’ovocita durante la follicologenesi e la maturazione può rappresentare un’importante strategia per migliorare l’ambiente intraovarico e aumentare la probabilità di gravidanza. In questo contesto, composti metabolici, come le carnitine, con effetti positivi sull’attività mitocondriale e sullo scavenging dei radicali liberi, possono contribuire a mitigare gli effetti di questa sindrome.
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BONFIGLIO, TOMMASO. « Effetto dell'Ambiente Arricchito in un modello animale di Encefalomielite Autoimmune Sperimentale e nell'Invecchiamento ». Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2018. http://hdl.handle.net/11567/929177.

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Berardi, Giuseppe. « Caratterizzazione neurofisiologica e analisi del segnale neuronale dopaminergico in un modello animale di schizofrenia ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/4687/.

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Maschietto, Nicola. « Impatto emodinamico dopo impianto di stent in regione istmica dell'aorta in un modello animale ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422937.

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Résumé :
Objectives: The isthmic coarctation of the aorta accounts for 5-7% of all congenital heart diseases. Despite a full anatomic correction, almost 20-40% of the patients develop systemic hypertension later in their lives. Long-term follow-up studies demonstrate a reduced life expectancy for the patients born with an aortic coarctation because of increased risk for coronary artery disease and cerebral vascular incidents. The pathogenesis of systemic hypertension following a coarctation repair seems to be related to the inappropriate response of the aortic baroceptors to the increased stiffness of the ascending aorta, which is present in every patient affected by an aortic coarctation. The systemic hypertension, increasing the afterload, determines hypertrophy of the myocytes of the left ventricle. The reduced contractility of the hypertrophied myocytes is responsible for driving new hypertophy which eventually is responsible for heart failure. Besides surgical therapies for relieving of the isthmic coarctation, nowadays the employment of endovascular stents have been successful in treating adolescents and adults affected by an aortic coarctation. Despite the extremely encouraging acute results of these endovascular techniques, no data are available regarding the long term results. Few data are available regarding the hemodynamic effect secondary to the presence of an stent and no data are available regarding the possible endotelial dysfunction secondary to the flow disturbance caused by the stent. Aim of this animal study is to understand the hemodynamic impact of a bare metal stent in the isthmic region and how the disturbance of the normal laminar flow at the level of the stent might by responsible for dysfunction of the endothelium. Materials and methods: Eight female sheep of the same breed have been employed in this animal study. Between three to five months of age all the animals have been catheterized and in four of them a bare metal stent have been implanted in the aortic isthmus. At the time of the first catheterization all the animals underwent a full echocardiographic examination collecting data regarding the systolic and diastolic functionality of the left ventrcle as well as data of its dimension and thickness. All the animals have been followed every three months for a total of twelve months after the first catheterization. Every three months the blood pressure of each animals has been checked as well a new echocardiographic evaluation has been performed. At the time of the follow-up windows blood has been drawn and stored for subsequent analysis of the renin-angiotensin-aldosterone levels and kidney function. At the end of the twelve months a new catheterization was performed collecting two different subsets of hemodynamic data: baseline and under simulated stress condition by continous infusion of Isopenaline titrated up to 10 mcgs/kg/min. After this catheterization each animals were sacrificed in order to collect tissue samples of the ascending and descending aorta and the heart for microscopic and molecular biology evaluations. Results: Since the beginning of the study in June 2008, a total of twelve animals have been catheterized and in eight of them a bare metal stent was successfully implanted. Three of the eight sheep in which a stent was implanted didn't survived: one animal died during the procedure because of aortic dissection, and two animals died in the first week of follow-up because of sepsis. Another animal was excluded form the study because it developed severe aortic insufficiency duirng the follow-up. Eight animals completed the twelve months of follow-up and were sacrificed. At the end of the follow-up there were no statistical differences in the weigh and growth between the sham and the stented animals as no differences were recorded in terms of blood pressure. From an echocardiographic point of view the two groups didn't show any statistical difference in terms of LV hypertrophy and function. The hystological analysis failed to show any difference in terms of hypertrophy and fibrosis of the left ventricle and in the architecture of the ascending and descending aorta between the sham and operated animals. Since the two groups of animals didn't differ in any of the variables analyzed, we decided to not analyze the renin-angiotensin-aldosterone levels since we didn't expect any difference between the two groups. The analysis of the expression of genes involved in the oxydative stress (MMP-9 and Caspase-3) failed to demonstrate any statistical significance between the two groups of animals. Conclusions: In this animal model the presence of a rigid metallic stent doesn't seem to impact the homeostatic regulation of the cardiovascular system and it isn't responsible for the development of systemic arterial hypertension in a growing animal. Despite a trend of significance in the different expression of the MMP-9 in the aorta of the aninals with the stent compared to the sham ones, we cannot conlude the stent is responsible for the development of endothelial dysfunction. The main limitations of this study are the small size of the sample, the limited time of follow-up and the different structure of the aorta of the sheep compared to the aorta of humans affected by coarctation of the aorta. Our results might open new insights into the understanding of the development of the systemic hypertension after a coarctation repair. The increased stiffness of the aorta of these subjects might be secondary to the underline presence of endothelial dysfunction especially in those subjects corrected with implantation of a stent. Further studies are needed to confirm our hypothesis
Obiettivi: La coartazione istmica dell'aorta rappresenta il 5-7% di tutte le cardiopatie congenite. Nonostante un'efficace correzione anatomica, circa il 20-40% dei pazienti sviluppa un'ipertensione tardiva durante il follow-up. Studi di follow-up a lungo termine hanno dimostrato in questi malati una ridotta aspettanza di vita per un'aumentata incidenza di malattia coronarica e incidenti cerebro-vascolari. L'eziopatogenesi dell'ipertensione tardiva sembra essere l'anomala risposta dei brocettori aortici conseguente all'aumentata rigidità dell'aorta ascendente presente sin dalla nascita in tutti i soggetti con coartazione aortica. L'ipertensione arteriosa determinando un incremento dell'afterload del ventricolo sinistro causa ipertrofia dei miociti ventricolari che riducendo la loro capacità contrattile innesca un circolo vizioso che porta a scompenso cardiaco. Al giorno d'oggi l'impianto di stent endovascolari ha sostituito le tradizionali tecniche chirurgiche nella correzione della coartazione aortica degli adolescenti e adulti. Nonostante gli eccellenti risultati immediati, non sono ancora disponibili dati certi del follow-up di questi pazienti a lungo termine. Sebbene sia stato dimostrato che la presenza di uno stent in regione istmica non sia in grado di alterare la compliance aortica, nulla si sa riguardo la possibile induzione di disfunzione endoteliale da alterazione del flusso ematico laminare a livello dell'interfaccia tra stent e aorta nativa. Scopo del presente progetto di ricerca è studiare gli effetti emodinamici conseguenti all'impianto di uno stent sia in termini pressori che in termini di disfunzione endoteliale. Materiali e Metodi: Nel progetto sperimentale sono state impiegate otto pecore femmina di raazza Alpagota. A un'età compresa tra tre e cinque mesi tutti gli animali sono stati sottoposti a un cateterismo cardiaco e in quattro è stato impiantato uno stent in regione istmica. Tutti gli animali sono stati sottoposti a prima dello studio emodinamico a un'ecocardiografia completa per la determinazione della funzionalità sistolica e diastolica del ventricolo di sinistra così come per la determinazione dei volumi e spessori ventricolari. A intervalli di tre mesi e per un totale di dodici mesi ciascun animale è stato sottoposto a regolari controlli ecocardiografici. A ciascun follow-up è stato poi prelevato un campione ematico per una successiva analisi dei livelli plasmatici della renina-angiotensina-aldosterone. Al completamento dei dodici mesi di follow-up è stato ripetuto un nuovo studio emodinamico per la determinazione invasiva della pressione arteriosa di base e dopo stress test mediante infusione di dobutamina sino al dosagggio massimo di 10 mcg/kg/min. Terminato il cateterismo cardiaco ciascun animale è stato sacrificato e sottoposto a studio autoptico per il prelevamento di campioni tissutali dell'aorta ascendente e discendente e del miocardio del ventricolo di sinistra e dei reni per studi istologici e di biologia molecolare. Risultati: Dall'inizio dello studio nel giugno del 2008, un totale di dodici animali sono stati sottoposti a studio emodinamico e in otto è stato impiantato un stent metallic in regione istmica. Delle otto pecore in cui uno stent è stato impiantato, una è deceduta in sede operatoria per dissezione aortica, due sono deceduti nella prima settimane di follow-up per sepsi, una è stata esclusa dallo studio per lo sviluppo di un sevra insufficienza aortica durante il follow-up. Otto animali hanno completato I dodici mesi di follow-up e sono stati sacrificati. I due gruppi di animali non hanno mostrato differenza statisticamente signnificative né in termini del comportamento pressorio né in termini di funzionalità e volumetrica del ventricolo di sinistra. A livello istologico non abbiamo riscontrato differenze in termini di fibrosi e ipertrofia del ventricolo di sinistra e nell'architettura della parete aortica. I livelli plasmatici degli ormoni renina-angiotensina-aldosterone non sono stati determinati vista la mancanza di differenza statisticamente significative delle variabili esplorate. L'analisi dell'espressione genica dei geni attivati in condizioni di stress ossidativo (MMP-9 e Caspasi-3) non ha evidenziato differenze nei due gruppi. Conclusioni: I risultati di questo progetto sperimentale sembrerebbero suggerire l'ininfluenza della presenza di uno stent metallico sull'omeostasi pressoria. Nonostante vi siano delle differenze nei livelli di espressività delle MMP-9 a livello dell'aorta degli animali portatori di stent, queste differenze, verosimilmente a causa della bassa numerosità del campione oggetto di studio, non si sono dimostrate statisticamente significatieve. I limiti maggiori del nostro progetto sperimentale risiedono nella bassa numerosità del campione di studio, nel periodo limitato di follow-up e nelle differenze strutturali esistenti tra l'aorta degli ovini e l'aorta dei soggetti affetti da coartazione aortica. L'irrigidimento aortico caratteristico dei soggetti nati con coartazione aortica potrebbe essere secondario alla presenza di una disfunzione endoteliale e la presenza di uno stent in aorta potrebbe essere motivo di aggravamento di tale alterazione. Ulteriori studi saranno necessari al fine di valutare l'appropriatezza delle nostre ipotesi
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