Thèses sur le sujet « Miocardite acuta »
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VARRENTI, MARISA. « PROGNOSTIC PERFORMANCE OF CLINICAL PRESENTATION AND CARDIAC MAGNETIC RESONANCE IMAGING PARAMETERS IN PATIENTS WITH ACUTE MYOCARDITIS ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2022. http://hdl.handle.net/10281/392357.
Texte intégralBACKGROUND: Identifying reliable markers associated with events after acute myocarditis (AM) is clinically relevant to planning a future follow-up. We aimed to clarify the prognostic performance of previously described cardiac magnetic resonance imaging (CMRI) markers including septal late gadolinium enhancement (LGE), versus evidence of left ventricular ejection fraction (LVEF)<50% on baseline CMRI, vs. complicated clinical presentation (CCP) of AM (defined as the presence of sustained ventricular arrhythmias [SVT] or LVEF <50% on the first echocardiogram of fulminant presentation). METHODS: We assessed 248 AM patients with onset of cardiac symptoms <30 days before admission, increased troponin, and CMRI consistent with myocarditis (median time from admission to CMRI of 6 days). The patients were retrospectively collected between February 2006 and April 2019 from 6 hospitals with a median follow-up of 1708 days (first to third quartile [Q1-Q3], 1000-2751). We assessed the prognostic performance of septal LGE vs. LVEF<50% on CMRI vs. CCP. RESULTS: The study population had a median age of 34 years (Q1-Q3: 23-41) with a male prevalence of 87.1% and a median LVEF of 61% (Q1-Q3, 55-66%) on baseline CMRI. Thirteen patients (5.2%) experienced at least one major cardiac event (including cardiac death, heart transplantation (N=1), aborted cardiac death (N=3), SVT (N=5), or heart failure hospitalization (N=5). Among these 13 patients, 10 (76.9%) had septal LGE, 8 (61.5%) had LVEF<50%, on CMRI, and 12 (92.3%) had a CCP. The best performance for these prognostic markers was the negative predictive value (NPV) ranging between 0.98 and 0.99 for CCP, while predictive value was low, ranging between 0.14 and 0.25 for LVEF<50%. CONCLUSIONS: We confirmed that the rate of major cardiac events after an AM is relatively low, and septal LGE, LVEF<50% on CMRI, and CCP are significantly associated with events. The most relevant finding is the high NPV of these markers to identify patients without events after an AM. This observation can help clinicians to monitor the patients after an AM, in fact, patients without these markers had an uneventful follow-up.
COSTA, GEETA GIULIA. « SIGNIFICATO PROGNOSTICO DEL PRECONDIZIONAMENTO NELL'INFARTO MIOCARDICO ACUTO : RUOLO DELL'ANGINA PRE-INFARTUALE ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3421676.
Texte intégralPremessa storica. Già al tempo degli egizi, nel papiro di Ebers (1500 a.C.) è riconoscibile la descrizione dell'angina pectoris da un passo che dice: “.... se esamini un uomo per malattia del cuore, egli si lamenta per dolore al braccio, al petto e ad una parte del cuore....”. Da qui ha inizio il lungo cammino che ci porterà alla descrizione dell’infarto nel 1912 da trombosi coronarica da parte di James Herrick, alla successiva nascita delle prime Unità coronariche nel 1962 per opera di Desmond Julian e le più moderne Chest Pain Unit nel 1981. La ricerca continua a valutare nuovi aspetti che possano portare al rinvenimento di nuove strategie per ridurre la mortalità causata da questa malattia. Background e obiettivi. L’angina preinfartuale (intesa come angina comparsa nelle 24 ore precedenti l’infarto miocardico acuto) conferisce una protezione al miocardio riducendo le dimensioni dell’infarto, e limitando il rimodellamento ventricolare sinistro. Lo scopo di questo studio è valutare i pazienti che si presentano con sindrome coronarica acuta con sopraslivellamento del tratto ST, e in particolare alcuni sottogruppi, confrontando i pazienti con angina pre-infartuale (API+) e quelli senza (API-) per quanto riguarda la funzione ventricolare, il volume telediastolico e gli outcome clinici intraospedalieri e a distanza di un anno, per poter valutare se gli eventuali effetti protettivi presenti durante la degenza si mantengano anche nel tempo. Metodi e risultati. Abbiamo valutato in un arco temporale di due anni 448 pazienti consecutivi ricoverati in Unità Coronarica per sindrome coronarica acuta con ST sopraslivellato (SCA ST sopra) indipendentemente dal trattamento ricevuto. Di questi abbiamo poi analizzato più approfonditamente un sottogruppo omogeneo, che presentava lesione emodinamicamente significativa su ramo discendente anteriore della coronaria sinistra. Di questi pazienti è stato eseguito un follow-up clinico ed ecocardiografico ad un anno. Sono stati esclusi dal presente lavoro pazienti arruolati per altri studi. La nostra popolazione risultava così suddivisa: 112 pazienti, corrispondenti al 25 %, avevano presentato angina pre-infartuale (API+) nelle 24 ore precedenti l’infarto miocardico, i restanti 336 (75 %) non avevano avuto episodi anginosi nelle ultime 24 ore (API-). I due gruppi confrontati ( API+ vs API-) fra di loro non hanno dimostrato differenze significative per quanto riguardava l’età, il sesso, i fattori di rischio (ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, diabete, familiarità per coronaropatia, fumo). I due gruppi sono stati confrontati per quanto riguarda il trattamento ed è risultato che il gruppo API+ era stato trattato più frequentemente con angioplastica primaria rispetto al gruppo API- (88% vs 79% con p=0.025). Per quanto riguarda l’outcome intraospedaliero nel gruppo API+ rispetto a quello API- è risultata significativamente ridotta la durata della degenza (9±4 giorni vs 11±9 giorni con p=0.004), la presenza di aritmie ( 20% vs 32% con p= 0.015), la presenza di scompenso (6% vs 14% con p=0.035) e per quanto riguarda i dati ecocardiografici: la funzione ventricolare era migliore nel gruppo API+ (frazione di eiezione 51±7% vs 48± 9% con p= 0.003) in corrispondenza di un minor volume telediastolico (58 ± 11 ml/m2 vs 62 ± 17 ml/m2 con p = 0.005). Nel follow up ad un anno è risultato significativamente ridotto il numero di ricoveri in altro reparto (15% vs 25% con p=0.04), non vi è significatività statistica per quanto riguarda gli altri parametri valutati tra outcome e angina pre IMA anche se sono suggestivi di una migliore prognosi nel caso di angina pre IMA (sopravvivenza ad un anno API+ 98% vs API- 93%). Considerando i noti vantaggi legati alla rivascolarizzazione con angioplastica primaria e pensando che questi potessero offuscare i vantaggi legati all’angina-preinfartuale, abbiamo valutato un sottogruppo particolarmente omogeneo di 277 pazienti che avevano come caratteristica una lesione critica su discendente anteriore. Di questi il 30% aveva presentato API+, mentre il restante 70% era API-. Anche in questo gruppo non vi erano differenze significative per quanto riguardava età, sesso, fattori di rischio associati (ipertensione arteriosa, diabete, ipercolesterolemia, familiarità per coronaropatia, fumo) e malattie concomitanti (insufficienza renale cronica, broncopneumopatia cronica ostruttiva). Non risultavano differenze significative per quanto riguarda il trattamento ricevuto, mentre si confermavano i dati di miglior prognosi intraospedialiera nel gruppo API+ rispetto a quello API- con ridotta degenza ospedaliera (9±4 giorni vs 13±10 giorni, con p=0.01), la presenza di aritmie ( 20% vs 32% con p= 0.03), la presenza di scompenso (7% vs 17% con p=0.029) e anche per quanto riguarda i dati ecocardiografici: la funzione ventricolare era maggiore nel gruppo API+ (frazione d’eiezione 50± 8% vs 46± 9% con p = 0.00) in corrispondenza di un minor volume telediastolico (59 ± 12 ml/m2 vs 64 ± 18 ml/m2 con p = 0.018). Nel follow up ad un anno la sopravvivenza non presentava differenze statisticamente significative nei due gruppi (API+ 97% vs API- 94%), mentre si manteneva una miglior frazione di eiezione (52± 9 % vs 48± 9 % con p = 0.010) senza differenze significative per quanto riguarda il volume telediastolico (67 ± 16 ml/m2 vs 69 ± 18 ml/m2). All’analisi multivariata l’angina pre-infartuale risultava predittore indipendente di minor presenza di aritmie (OR 0.48 con 95%CI 0.25-0.93, p=0.03), minori episodi di scompenso (OR 0.33 con 95%CI 0.12-0.91, p=0.03) e ridotta degenza (degenza ridotta di -2.62±1.21 giorni con p=0.03). Risultava protettiva anche per quanto riguarda i dati ecocardiografici ottenuti in dimissione con miglior funzione ventricolare (frazione di eiezione aumentata di 3.21±1.14 % con p=0.01), e minor volume telediastolico (volume telediastolico ridotto di -5.20±2.26 ml/m2 con p=0.02). L’analisi multivariata dei dati ottenuti nel follow up ha dimostrato come si mantenga predittore di migliore funzione ventricolare anche nell’ecocardiogramma eseguito ad 1 anno (frazione di eiezione aumentata 2.96±1.44 % con p=0.03). Per quanto riguarda il follow up clinico ad 1 anno abbiamo visto che la presenza di angina pre-infartuale ha svolto un ruolo protettivo per quanto riguarda nuovi episodi di sindrome coronarica acuta (6 casi vs 22, OR 0.27) e per episodi di scompenso cardiaco (0 casi vs 5). Conclusioni. L’angina pre-infartuale risulta avere un effetto protettivo certo per quanto riguarda l’outcome intraospedaliero, in quanto porta ad una minor presenza di aritmie, minori episodi di scompenso e minori giorni di degenza, inoltre i pazienti API+ hanno a parità di trattamento una migliore funzione ventricolare con minor volume telediastolico rispetto ai pazienti API-. Per quanto riguarda il follow up ad un anno la funzione ventricolare risulta migliore nel gruppo API+ e i nostri dati mostrano un ruolo protettivo dell’angina pre-infartuale anche per quanto riguarda nuovi episodi di sindrome coronarica acuta e nuovi episodi di scompenso.
Coelho, Julita Maria Freitas. « Doença periodontal e infarto agudo do miocardio ». Programa de pós-graduação em saúde coletiva, 2010. http://www.repositorio.ufba.br/ri/handle/ri/10393.
Texte intégralSubmitted by Santiago Fabio (fabio.ssantiago@hotmail.com) on 2013-04-29T21:00:40Z No. of bitstreams: 1 77777777777777.pdf: 665283 bytes, checksum: 577f985d772a498c9f7d5bc8a10b4b25 (MD5)
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Dados epidemiológicos, experimentais e clínicos têm sugerido que a doença periodontal, especialmente a periodontite crônica, pode constituir um fator de risco para doenças cardiovasculares isquêmicas. A proposta deste estudo foi investigar a associação entre a doença periodontal e o infarto agudo do miocárdio (IAM) em indivíduos adultos. Uma revisão de literatura de estudos de caso-controle que estudaram essa associação foi sumarizada em uma meta-análise que demonstrou uma chance em dobro para ocorrência de desfechos cardiovasculares isquêmicos em presença da doença periodontal (OR = 2,52; IC 95%: [2.10 3.00], p< 0, 001). Uma estimativa próxima foi obtida por meio de um estudo de caso-controle com uma amostra de 621 indivíduos com 40 anos ou mais, que avaliou a chance de desenvolver o infarto agudo do miocárdio em portadores de doença periodontal do tipo periodontite. As co-variáveis investigadas foram: idade, sexo, raça/cor auto referida, nível de escolaridade, renda per capita, condição marital, prática de atividade física, hábito de fumar presente e passado, consumo de álcool, índice de massa corporal, nível glicêmico, colesterol total e frações, relação cintura-quadril, hipertensão arterial sistêmica. Os resultados encontrados mostraram que os portadores de doença periodontal tiveram uma chance quase em dobro de desenvolver infarto agudo do miocárdio em relação a indivíduos sem doença periodontal, mesmo após ajustar por hábito de fumar, nível de escolaridade, ocupação, diabetes e nível de HDL-colesterol tanto quando comparada a controles comunitários (ORajustada=1,89; IC 95%: [1,11- 3,28], p=0,018), quanto a controles hospitalares (ORajustada=1,92; IC 95% :[1,14-3,23], p=0,015). Ao se estimar a associação de periodontite crônica e níveis plasmáticos de proteína C-reativa em um sub-amostra (n=359), observou-se uma associação positiva e significante (ORajustada= 2,26; IC 95%: [1.30 - 3.93]), considerando também o efeito da idade, nível de escolaridade, sexo, gênero, hábito de fumar, HDL-colesterol e diabetes. Assim, no grupo estudado a exposição à DP aumentou a chance de ocorrência do IAM, bem com da proteína Creativa, independentemente de outros fatores, o que reafirma que a doença periodontal pode ser um marcardor ou um fator de risco para o aparecimento de alterações cardiovasculares isquêmicas, havendo necessidade de estudos adicionais para confirmação da relação causal entre elas.
Salvador
ZERI, Giulia. « LIVELLI CIRCOLANTI DI FXIII : UN NUOVO MARKER PROGNOSTICO NELL’INFARTO ACUTO DEL MIOCARDIO ». Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2014. http://hdl.handle.net/11392/2389409.
Texte intégralSCANZIANI, ELISABETTA. « Ruolo della valutazione della funzione ventricolare sinistra mediante strain miocardico 2D in pazienti affetti da infarto miocardico acuto arruolati nello STEM-AMI outcome ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2016. http://hdl.handle.net/10281/131831.
Texte intégralGran, Ipiña Ferran. « Diagnóstico y tratamiento de la miocarditis aguda en pediatría ». Doctoral thesis, Universitat Autònoma de Barcelona, 2019. http://hdl.handle.net/10803/667914.
Texte intégralIntroduction and objectives: Acute myocarditis is an inflammatory disease of the myocardiumdue to a viral infection in majority ofcases. Diagnosis is performed by obtaining anendomyocardial biopsy (BEM), however it is an invasive technique; its use is not very common in pediatrics. The disease usually resolves itself spontaneously, but some patients may die or have severe ventricular dysfunction, which requires a heart transplant. No treatment has demonstrated to improve the prognosis yet. The aim of this study is to check the characteristics of a series of pediatric patients with acute myocarditis, describe their outcome, the criteria of poor prognosis and the usefulness and risks of different diagnostic techniques, such as BEM. We will describe the usefulness of antiviral and immunosuppressive treatment in a selected population of patients. Material and methods: We reviewed all cases of persons under the age of 18 who had been admitted to Vall d'Hebron Hospital with the diagnosis of acute myocarditis between April 2007 and September 2018. We reviewed clinical and demographic characteristics, diagnostic tests as well as the usefulness of the BEM in this population. Immunohistochemical results of BEM were compared with those observed in a patient population with inheritedcardiomyopathy. The effectiveness of medical treatment was studied by comparing the outcome of treated patients with that of a historical cohort of similar characteristics that did not receive any specific treatment. Results:41 patients (25 men, 16 women, median age 25 months) presented 42 episodes of myocarditis. The diagnosis was performed by BEM in 14/42 cases (33.3%), magnetic resonance in 27/42 (64.3%) and through clinical presentation in 1/42 patient (2.4%). With a median follow-up of 47 months (between 7 and 140 months), a complete resolution of the situation with normalization of left ventricular ejection fraction (LVEF) and left ventricular end diastolic volume (LVEDD) occurred in 33/42 cases (78.5%). The most frequently implicated virus was PVB19 (9/42 cases, 21.4%) followed by enterovirus (5/42 cases, 11.9%). Four patients died (9.7%) and 5/41 (12.2%) required a heart transplant. In the univariate analysis, the factors that were associated with a poor outcome (death or transplant) were the need for ECMO at admission (p = 0.041), LVEF less than 35% (p = 0.02) and right ventricular dysfunction (p = 0.02). In the multivariate analysis, only the LVEF had statistical significance (p = 0.007). Regarding the anatomopathological findings, it was observed that no data were specific for acute myocarditis and that 3/5 patients (60%) with genetic cardiomyopathy met the immunohistological criteria of myocarditis. From February 2015 the patients with the most severe illness were treated with immunosuppression or antiviral treatment based on the anatomopathologicalresults and the viral PCR in the BEM. A total of 9 patients were treated and their outcomewas compared with a historical cohort of 11 patients with similar characteristics. Transplant-free survival at one year was 100% in the treated group vs. 63% (p = 0.042). In the long term, 8/9 treated patients were able to fully recover in comparison to 6/11 patients of the other group who received standard treatment (88.9% vs. 54.5%, p = 0.095) Conclusions: LVEF <35% is the only risk factor associated with a higher mortality or a higher risk of transplantation. BEM is a safe and useful diagnostic tool in the pediatric population with acute myocarditis. The specific treatment based on the results of the BEM improves LVEF and the outcome of patients in the short term.
CILIBERTI, GIUSEPPE. « Characteristics and prognosis of patients with acute myocardial infarction in the absence of obstructive coronary artery disease (MINOCA) ». Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2020. http://hdl.handle.net/11566/273411.
Texte intégralMyocardial infarction and non-obstructed coronary arteries (MINOCA) is defined by the evidence of a spontaneous acute myocardial infarction and angiographic documentation of coronary stenosis <50% in any potential infarct related artery, after having excluded clinically overt causes for the acute presentation. The introduction of this new concept was meant to fill a gap in knowledge and to encourage discovery of putative pathophysiological mechanisms. In recent years, great advances have been made in the fields of epidemiology, pathophysiology, diagnosis, prognosis estimation and therapeutics of this condition. So far, however, the definition of MINOCA is rather heterogeneous as specific cardiac conditions such as myocarditis and Takotsubo syndrome are included thus generating conflicting results. This doctoral dissertation is divided in four sections: part I, Introduction; part II, Characteristics and Prognosis; part III, MINOCA and Sudden Cardiac Death; part IV, MINOCA and Pharmacological Therapy. The aim of this work is to assess some controversial aspect of this condition, in particular with regards to the prognosis and pharmacological therapy for patients affected by MINOCA.
Zodda, Erika. « Characterization of Endothelial Cells dysfunction associated to Acute Myocardial Infarction : modulation of metabolic pathways as a new therapeutic approach ». Doctoral thesis, Universitat de Barcelona, 2019. http://hdl.handle.net/10803/668403.
Texte intégralCacciavillani, Luisa. « Magnetic resonance imaging of acute myocardial infarction : an insight into pathophysiology ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3421767.
Texte intégralI pazienti inclusi nello studio dal dicembre 2005 all’ottobre 2008 sono stati 300. Per ogni paziente sono stati raccolti i dati di MRI insieme a dati clinici, ecocardiografici, elettrocardiografici ed agiografici. 1.Il primo studio, condotto su una serie di pazienti selezionati in base ad un flusso TIMI preprocedurale inferiore a 3, ha dimostrato che la durata dell’ischemia miocardica rappresenta il maggior determinante della transmuralità di necrosi e della presenza di danno microvascolare. In particolare nei 64 pazienti analizzati, con un tempo medio di ischemia di 190±110 min; l’analisi multivariata ha confermato che il ritardo nel trattamento riperfusivo era correlato sia con la transmuralità di necrosi (odds ratio per 30 min, 1.37, p = 0.032), sia con la presenza di severo danno microvascolare (odds ratio per 30 min, 1.21; p = 0.021), entrambi valutati mediate MRI. 2.Nei primi 76 pazienti è stata inoltre valutata l’influenza della transmuralità di necrosi, dell’infarct size e della presenza di zone di ostruzione microvascolare sul rimodellamento ventricolare: analizzando tutti questi parametri è emerso in questa prima serie di pazienti che la transmuralità di necrosi è il maggior determinante del remodeling; l’infarct size e l’ostruzione microvascolare alla MRI presentavano un valore predittivo aggiunto rispetto alla transmuralità stessa. In questa esperienza preliminare i volumi ventricolari sono stati valutati mediante follow-up ecocardiografico con una media di 6±1 mesi dall’evento acuto. In particolare all’analisi univariata la necrosi transmurale, la severa ostruzione microvascolare, l’infarct size ed I livelli di troponina I (valori di picco) risultavano direttamente correlati con il rimodellamento ventricolare ed inversamente associati alla frazione d’eiezione al follow-up (p <0.001). All’analisi mutlivariata, solo la necrosi transmurale ed i livelli di troponina I emergevano come predittori indipendenti di rimodellamento ventricolare. Inoltre la necrosi transmurale si dimostrava un più potente predittore di rimodellamento, sia in termini di volumi ventricolari (R2 = 0.19), sia di funzione sistolica (R2 = 0.16). 3.Raccogliendo i dati clinici dei pazienti anche durante il follow-up è stato possibile anche raccogliere i dati inerenti gli eventi maggiori, in particolare il decesso per cause cardiache: due dei soggetti seguiti nel follow-up sono stati oggetto di una analisi comparativa delle immagini alla MRI nel post-AMI con i reperti autoptici ed istologici, nonché con i dati derivati dalle MRI eseguite ex-vivo in questi stessi pazienti. Dall’analisi delle immagini T1 e T2 pesate è emerso che le aree ipointense identificate come core ipointenso nell’ambito dell’area di necrosi ed attribuite fino ad allora solo a fenomeni di no-reflow intravascolare, in realtà corrispondevano a zone di vera emorragia intramiocardica. In particolare le aree a basso segnale osservate nelle sequenze T2 ex-vivo, correlavano fortemente con l’emorragia quantificata all’istologia (R = 0.93, p = 0.0007). 4.Un analisi successiva si è proposta di valutare il peso delle nuove terapie antiaggreganti sulla genesi di tale fenomeno. I nostri dati indicano come la presenza di aree ipointense dopo gadolinio siano più legate alla presenza di necrosi transmurale piuttosto che all’impiego di farmaci antiaggreganti per via infusiva come l’Abciximab. In particolare suddividendo i pazienti in due gruppi in base all’impiego di Abciximab, i pazienti in cui tale strategia terapeutica è stata messa in atto presentavano una transmuralità di necrosi pari a 3.03±2.8 segmenti rispetto ai 3.09±2.9 (p=0,9) del gruppo controllo; analogamente la presenza di severa ostruzione microvascolare non si associava ad una terapia specifica impiegata (1.05±1.5 versus 1.06±1.8 segmenti). All’analisi multivariata la severa ostruzione microvascolare risultava correlata esclusivamente con la transmuralità di necrosi (O.R. 1.5; p<0,001) e l’età (O.R. 1.1; p=0.02), ma non alla somministrazione di Abciximab. 5.Un successivo sviluppo è stato quindi quello di valutare in vivo l’incidenza, a partire dalle osservazioni desunte dai due casi autoptici, dell’infarto emorragico definito come stria mesoventricolare ipointensa in T2 ed in T1 (all’interno dell’hyperenhancement tardivo della cicatrice post-infartuale): nella nostra casisistica, analizzando solo i casi di AMI transmurale, è emerso che circa il 37% degli IMA presentava fenomeni di emorragia intramiocardica. 6.Infine abbiamo confrontato, indipendentemente dall’estensione della necrosi, i tradizionali parametri angiografici di mancata perfusione miocardica dopo PTCA ( flusso TIMI e Mycardial Blush Grade MBG) con la presenza alla MRI di aree di no- reflow (identificate come aree di hypoenhancment tardivo). E’ emersa una significativa correlazione (p< 0.001) tra scarsa o assente riperfusione all’angiografia e presenza alla MRI di zone di ostruzione del microcircolo. Inoltre all’interno dei pazienti con MBG. pari a 0 è stato possibile identificare i casi con staining angiografico, indicativo di “spandimento” di mezzo di contrasto nel muscolo cardiaco: tale reperto risultava strettamente associato, anche da un punto di vista topografico, con la presenza di hypoenhancement tardivo, e quindi con segni MRI di emorragia intramiocardica. Conclusioni Il nostro lavoro ha permesso di identificare mediante uno studio prospettico, consecutivo, tutti i dati inerenti la caratterizzazione tissutale mediante MRI del miocardio dopo AMI. Successivi studi di follow-up già in corso in una casistica così numerosa forniranno il reale significato prognostico di queste osservazioni.
Ribas, Barquet Núria. « Influència pronòstica del codi infart en els pacients amb infart agut de miocardi amb elevació del segment st anàlisi del control dels factors de risc cardiovascular ». Doctoral thesis, Universitat Autònoma de Barcelona, 2018. http://hdl.handle.net/10803/665722.
Texte intégralIn recent years, the in-hospital mortality of ST-elevation acute myocardial infarction (STEMI) has been decreased, in large part, mostly due to reperfusion therapy, initially fibrinolytic treatment and later, primary percutaneous coronary intervention (PPCI). Recently, the treatment of the acute phase of the STEMI has been significantly invested with the creation of healthcare reperfusion networks that prioritize PPCI, such as codi IAM (STEMI ntework) in Catalonia. The purpose of the STEMI network is to ensure that every patient with STEMI receives the most appropriate reperfusion therapy with the appropriate time intervals through a territorial sectorisation of the flow of patients. STEMI network became operative in June 2009. The implementation of STEMI network was correlated with an increase in the percentage of STEMI patients treated with reperfusion therapy that went from 64% to 89% due to the widespread use of PPCI (99% with respect to 44%, p < 0.001). STEMI network was also associated with a significant decrease in in-hospital mortality (from 7.2% to 2.5%, p < 0.001) although no significant differences were appreciated in long-term mortality. Regarding in-hospital mortality, there was a progressive decrease over the years, this tendency was added to multivariate analysis. The decrease in in-hospital mortality observed after implementation of STEMI network was neutralized when incorporating optimal medical treatment to the model (post STEMI code: OR 1.14, 95% CI 0.32 - 4.08, p = 0.840), suggesting that optimal medical treatment can be as important as reperfusion to decrease in-hospital mortality. After the implementation of STEMI network, only 62% of the patients had blood pressure under control, 29% had LDL cholesterol below the desired levels, 60% of smokers had quitted smoking and 36% of diabetic patients had glycosylated haemoglobin within the therapeutic objective after one-year follow-up. The accumulated mortality of 6-months survivors was 6% and 11% of patients were readmitted by cardiovascular disease at 20 months of clinical follow-up. Additionally, an inadequate assessment of LDL cholesterol and HDL cholesterol levels was associated with less favourable long-term cardiovascular outcome after STEMI. On the other hand, usefulness of an easy clinical applicability tool (like Masana tables) to improve the control of dyslipidaemia after an acute coronary syndrome was assessed. After 4 months of follow-up, 45% of patients achieved the objective of LDL cholesterol, being this percentage highest when treatment was planned according to Masana recommendations (56% with respect to 30%, p < 0,001). In multivariate analysis, male gender (p < 0.001), the absence of previous dyslipidaemia (p < 0.001) and the application of Masana tables (p = 0.007) were independent predictors to achieve LDL cholesterol objective. Our findings should make us reconsider the current therapeutic yield of urgent myocardial reperfusion strategies in the setting of a STEMI: while the implementation of assistance networks (such as the STEMI code program) has improved the acute management of STEMI, the potentially beneficial impact of such strategies may be limited by a suboptimal long-term implementation of the secondary prevention strategies. In this sense, usefulness of an easy clinical applicability tool (like Masana tables) can help clinicians achieve dyslipidaemia control which nowadays is clearly insufficient.
Coll, Fernández Roser. « Eficàcia d’un programa estructurat de rehabilitació cardíaca en pacients afectes de cardiopatia isquèmica ». Doctoral thesis, Universitat Autònoma de Barcelona, 2016. http://hdl.handle.net/10803/368207.
Texte intégralCardiovascular diseases represent the main cause of disability and death in the whole of the Spanish population. High risk of death and new ischemic events affect the survivors of a first episode of acute myocardial infarction. The prognosis for long-term survival after a myocardial infarction has been improved by the use of revascularization procedures, effective pharmacological treatments and secondary prevention such as cardiac rehabilitation. Although cardiac rehabilitation programs are a class I recommendation in clinical practice guidelines, they appear to be vastly underused with poor referral. However, controversy about which program (supervised versus non-supervised exercise training) is better still exists. Therefore, the aim of this work is to analyze the effect of a comprehensive cardiac rehabilitation program on the mortality rate, subsequent ischemic events rate and control of cardiovascular risk factors in patients who have suffered a recent myocardial infarction. The methodology used in both studies is based on the FRENA (Factores de Riesgo y Enfermedad Arterial, Risk Factors and Arterial Disease) registry. This registry reflects usual clinical practice and the real-world clinical situation in patients with an acute myocardial infarction and provides knowledge about the natural history of artery disease with an unselected patient population. In the first study, 1043 patients with recent acute myocardial infarction were recruited. They were divided into two groups according to the participation or not participation in a cardiac rehabilitation program. In the second study, 1124 patients with recent myocardial infarction were recruited. They were classified according to use of supervised or non-supervised exercise. Both papers compared the mortality rate, subsequent ischemic events rate and the control of cardiovascular risk factors. The results of the studies confirm that patients in cardiac rehabilitation had a significantly lower risk of death. There were no differences among subgroups in the control of cardiovascular risk factors. Note that, according to the results of the second study, after using a propensity analysis, the effect of supervised and non-supervised exercise over the control of cardiovascular risk factors was the same. However, patients participating in supervised exercise training had a significant decrease in the composite outcome of subsequent ischemic events and death. These results provide novel information about the role of supervised exercise in patients with coronary artery disease. These results may represent an important contribution in designing cardiac rehabilitation programs based on exercise.
Cediel, Calderón Germán Eduardo. « Papel de la troponina i como biomarcador pronóstico en pacientes atendidos en los servicios de urgencias sin diagnóstico de síndrome coronario agudo ». Doctoral thesis, Universitat Rovira i Virgili, 2017. http://hdl.handle.net/10803/435687.
Texte intégralEn los últimos años, el uso generalizado de la troponina en los servicios de urgencias (SU), ha permitido su detección en pacientes con diagnósticos clínicos diferentes al síndrome coronario agudo (SCA). El objetivo de esta tesis fue establecer el valor pronóstico de una troponina I (cTnI) elevada en el seguimiento de los pacientes atendidos en un SU y que no son diagnosticados de SCA, estudiando a su vez, su valor pronóstico en los pacientes dados de alta directamente desde urgencias. También nos planteamos identificar a aquellos pacientes con diagnóstico de infarto de miocardio (IM) tipo 2 e injuria miocárdica no isquémica y comparar su mortalidad y eventos cardiovasculares adversos en el seguimiento. Para responder a estos objetivos se realizó un estudio de cohortes observacional y retrospectivo en el que se incluyeron pacientes atendidos en el SU del Hospital Universitario Joan XXIII a quienes se solicitó al menos una determinación de cTnI. Se identificaron las variables demográficas, clínicas y analíticas del episodio agudo, así como los hallazgos electrocardiográficos y las principales exploraciones cardiológicas realizadas. Hemos observado que los pacientes con troponina I elevada no diagnosticados de SCA tuvieron peor supervivencia que los pacientes con SCA y los pacientes con cTnI negativa. Además, la cTnI constituye un marcador independiente asociado a mortalidad en el seguimiento de los pacientes que son dados de alta directamente desde urgencias. Finalmente, una alta proporción de pacientes atendidos en los SU con cTnI positiva cumplen criterios diagnósticos de IM tipo 2. Los pacientes con diagnostico de IM tipo 2 e injuria miocárdica no isquémica se caracterizan por tener un perfil clínico similar, una elevada tasa de mortalidad y menor proporción de reingreso por SCA en comparación a los pacientes con diagnóstico de IM tipo 1.
Recently, the widespread use of troponin in emergency services has allowed its detection in patients who are not diagnosed with acute coronary syndrome (ACS). The aim of this thesis was to establish the prognostic value of an elevated troponin I (cTnI) in follow-up of patients admitted to the emergency department and without ACS, also studying, its prognostic value in patients discharged directly from the emergency department. We also aimed to identify patients with diagnosis of type 2 myocardial infarction and non-ischaemic myocardial injury and to compare their mortality and cardiovascular events at follow-up. In order to respond to these objectives, an observational and retrospective cohort study was carried out, including all patients admitted at the emergency department in the Hospital Universitario Joan XXIII, and who underwent at least one cTnI determination. We identified the demographic, clinical and analytical variables of the acute episode, as well as the electrocardiographic findings and the main cardiological explorations performed. We found that patients with high troponin levels and without ACS had higher rates of mortality than patients with ACS and patients with negative troponin. In addition, cTnI is an independent predictor associated with mortality in follow-up of patients discharged directly from the emergency department. Finally, a high percentage of patients admitted in the emergency department with high levels of cTnI meet diagnostic criteria for type 2 IM. Patients with a final diagnosis of type 2 myocardial infarction and non-ischemic myocardial injury have a comparable clinical profile, higher rates of mortality and lower readmission rates for ACS compared with patients with type 1 myocardial infarction.
Favaretto, Enrico. « Effect and Role of Post-conditioning During Coronary Angioplasty in Patients Affected by ST-Elevation Acute Myocardial Infarction ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422482.
Texte intégralRazionale dello studio La terapia riperfusiva è la via principale per il trattamento di pazienti che si presentino con infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (ST-elevation myocardial infarction, STEMI). Tuttavia, la riperfusione di per sé può esacerbare il danno miocardico, un processo denominato “danno da riperfusione”. Il post-conditioning (PostC) é un processo che sembra possa ridurre il danno miocardico da riperfusione durante angioplastica primaria (primary percutaneous coronary intervention, PPCI), ciò nonostante l’esperienza clinical è limitata. Scopo dello studio Presentare e discutere tutte le strategie note in grado di limitare il danno riperfusivo; inoltre, valutare gli effetti cardioprotettivi del postconditioning ischemico meccanico mediante un trial clinico controllato randomizzato arruolante pazienti con STEMI e inviati a PPCI, con endpoint primario le dimensioni dell’infarto (infarct size, IS) finale alla risonanza magnetica cardiaca (cardiac magnetic resonance, CMR). Metodi Un totale di 78 pazienti con primo STEMI (età 59±12 anni) inviati per PPCI, sono stati stratificati per sede dello STEMI e successivamente randomizzati a PPCI convenzionale o PPCI con PostC. Tutti i pazienti, con arteria responsabile dell’infarto occlusa e assenza di circolo collaterale, hanno ricevuto abciximab endovena prima della PPCI. Successivamente alla riperfusione, avvenuta con tecnica direct stenting, i soggetti di controllo non sono stati sottoposti ad ulteriori interventi, mentre i soggetti nel gruppo PostC hanno rivevuto, entro un minuto dalla riperfusione, 4 cicli di 1 minuto di rigonfiaggio e 1 minuto di sgonfiaggio del pallone usato per l’angioplastica. L’endpoint primario oggetto dello studio, la riduzione dell’IS finale, veniva espresso come percentuale della massa ventricolare sinistra affetta, come possibile riconoscere ad una CMR con mezzo di contrasto eseguita a 30±10 giorni di distanza dalla procedura di PPCI indice. Risultati Tutte le caratteristiche di base, ad eccezione del diabete (p=0.06), risultavano ben bilanciate tra i gruppi di trattamento. I pazienti nel gruppo postconditioning tendevano ad avere un IS maggiore quando paragonati a quelli sottoposti a PPCI convenzionale (20±12% vs 14±10%, p=0.054). Dopo esclusione dei pazienti diabetici, il gruppo di pazienti PostC sembrava ancora associato ad IS finali di maggiori dimensioni (p=0.116). Gli eventi avversi cardiovascolari maggiori sono risultati essere più frequenti nel gruppo PostC, indipendentemente dal loro status diabetico (p=0.053 e p=0.080, rispettivamente). Conclusioni Questo trial clinico randomizzato prospettico suggerisce che il PostC non ha l’effetto cardioprotettivo atteso e, invece, potrebbe pure nuocere a pazienti affetti da STEMI e sottoposti a PPCI ed infuzione di abciximab. (Numero identificativo unico di registrazione del trial al sito clinicaltrial.gov: NCT01004289).
Cucchini, Umberto. « Left-ventricular remodeling after first acute myocardial infarction : the predictive role of echocardiographic strain indexes ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3424549.
Texte intégralIntroduzione e obiettivi: Il rimodellamento avverso del ventricolo sinistro (VS) dopo un infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) è un fenomeno complesso caratterizzato da diverse fasi. Dapprima l’espansione infartuale avviene durante il periodo di cicatrizzazione attraverso l’assottigliamento e dilatazione della regione necrotica; successivamente vi è un rimodellamento globale del VS che coinvolge il cosiddetto miocardio remoto tramite ipertrofia eccentrica, apoptosi e deposizione di fibre collagene interstiziali. Diversi studi hanno trovato una stretta correlazione fra entità e transmuralità della necrosi miocardica con il rimodellamento del VS; altri hanno associato il rimodellamento avverso con lo sviluppo di insufficienza cardiaca congestizia, aritmie ventricolari e morte cardiovascolare. La capacità dei nuovi indici di deformazione miocardica (strain) di stimare l’estensione e transmuralità di necrosi dopo uno STEMI suggerisce il loro possibile ruolo predittivo di rimodellamento avverso del VS. In questa tesi, vengono riportati i risultati di uno studio prospettico volto a determinare la capacità dei diversi indici di strain bi- (2D) e tridimensionali (3D) nel predire il rimodellamento avverso del VS e la prognosi clinica in pazienti affetti da infarto miocardico acuto e sottoposti a ricanalizzazione percutanea. Metodi: Abbiamo arruolato 64 pazienti trattati con angioplastica primaria per primo STEMI, in un singolo centro. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad ecocardiogramma 2D e 3D predimissione e dopo un periodo medio di 13 ± 2 mesi, per la stima dei volumi e frazione di eiezione del VS. Sono stati inoltre determinati gli strain globali 2D e 3D del ventricolo sinistro misurati con la tecnica speckle tracking. Il rimodellamento avverso del VS è stato definito come incremento relativo del volume telesistolico >15% rispetto alla misura predimissione. Risultati: In diciassette (27%) pazienti è stato documentato un rimodellamento avverso del VS all’ecocardiogramma di follow-up. Fra i dati clinici analizzati, il picco di troponina I e la classe Killip all’ingresso sono stati significativamente correlati a rimodellamento avverso del VS. Un valore ridotto (meno negativo) degli strain longitudinale 2D e 3D e dell’area strain 3D sono risultati predittori indipendenti di rimodellamento avverso del VS. Dall’analisi delle curve ROC, un valore di strain longitudinale 2D meno negativo di -14.2% ha mostrato una sensibilità ed una specificità del 73% e 61% rispettivamente nel prevedere il rimodellamento avverso del VS (AUC 0.74, 95% CI 0.61-0.87; p=0.005). L’entità dello strain longitudinale 2D predimissione è stata inoltre correlata ad un end-point composito di morte cardiovascolare, scompenso cardiaco ed angina instabile (p=0.057). Conclusioni: Nonostante terapia medica ottimale, il rimodellamento avverso del VS dopo STEMI risulta un evento relativamente frequente ad un follow-up di medio termine. Gli strain longitudinali 2D e 3D ed area strain 3D del VS, valutati predimissione, sono risultati indicatori di rimodellamento avverso del ventricolo sinistro e prognosi clinica sfavorevole in una coorte di pazienti affetti da primo infarto miocardico acuto, sottoposto a ricanalizzazione mediante angioplastica primaria. La misura non invasiva, riproducibile e a basso costo di questi parametri di funzione sistolica del ventricolo sinistro può aiutare nell’individuare una sottopopolazione di soggetti sopravvissuti ad uno STEMI che necessitano di uno stretto monitoraggio clinico ed un trattamento più aggressivo.
Tejedor, Gascón Sandra. « Development of new advanced therapies to mitigate ischemia-reperfusion-induced injury during acute myocardial infarction ». Doctoral thesis, Universitat Politècnica de València, 2023. http://hdl.handle.net/10251/171487.
Texte intégral[CA] Les intervencions actuals utilitzades en l'àmbit clínic durant l'infart agut de miocardi (IAM) se centren en la revascularització de la zona isquèmica. Entre aquestes estratègies, l'angioplàstia coronària, procediment pel qual s'utilitza un catèter per a desobstruir l'artèria oclosa, és el procés més utilitzat. No obstant això, s'ha descrit que aquest procés (conegut com a reperfusió) desencadena un mal addicional en el miocardi. En conseqüència, la combinació d'aquesta intervenció amb molècules cardioprotectores resulta de gran interés per a tractar de reduir la grandària de l'infart. El present treball proposa dues noves molècules amb potencial cardioprotector en el context del IAM. Com a primera estratègia terapèutica, s'ha proposat l'aportació d'un àcid gras (diDHA) a la zona isquèmica del miocardio abans de la reperfusió per a tractar de reduir l'estrés dels cardiomiocitos i el nombre de cèl·lules mortes abans de la reperfusió. A més, s'han sintetitzat nanoconjugats basats en la unió covalent de diDHA a un esquelet polimèric (àcid poli-L-glutàmic, PGA) amb la finalitat d'incrementar l'estabilitat del diDHA i aconseguir un alliberament controlat de la molècula. Els resultats obtinguts van mostrar que la formulació PGA-diDHA6.4 va ser la més efectiva, mostrant un millor efecte en el precondicionament dels cardiomiocitos abans de la reperfusió en termes de reducció d'apoptosi, generació d'espècies reactives d'oxigen i manteniment de la funció mitocondrial in vitro. A més, el nanoconjugat PGA-diDHA6.4 també va mostrar un modest efecte terapèutic quan es va administrar en models in vivo d'isquèmia-reperfusió en rates i porcs, reduint la grandària final d'infart respecte als grups control. La segona estratègia proposada s'ha centrat en potenciar l'efect terapèutic de vesícules extracelul·lars de xicoteta grandària (SEV o exosomes) que son secretades per cèl·lules mare estromales. Nombrosos estudis han descrit el paper terapèutic de factors paracrinos secretats per les MSC, on s'inclouen tant factors solubles com vesícules extracelul·lars (EV) i, especialment, les SEV. Diverses estratègies, com la modificació genètica o el precondicionament de les MSC, s'han estudiat per augmentar el potencial terapèutic d'aquestes cèl·lules. En aquest treball, es va pensar en la modificació genètica de les MSC amb l'objectiu d'enriquir les SEV en proteïnes d'interés que pogueren potenciar l'efecte terapèutic de les SEV natives. Sobre la base d'estudis previs, on s'ha vist que la oncostatina-M (OSM) podria jugar un paper anti-fibròtic en el context del IAM, es va decidir incorporar aquesta proteïna en la superfície de les SEV derivades de MSC mitjançant la seua fusió amb proteïnes presents de manera natural en la superfície de les SEV, amb l'objectiu de desencadenar una resposta en les cèl·lules diana. La modificació de la seqüència de la OSM i la seua fusió amb la tetraspanina CD81 van permetre carregar de manera efectiva la OSM en la superfície de les SEV, i els resultats preliminars en fibroblastos ventriculars cardíacs van mostrar un efecte funcional respecte als SEV control i els enriquits en CD81, reduint la taxa de proliferació de les cèl·lules en condicions de dejuni, i modificant l'expressió i la secreció de la proteïna telo-Col1α1 en les cèl·lules després de ser estimulades amb TGFβ-1, α-dextran i àcid ascòrbic-L-sulfat, simulant una activació dels fibroblastos in vitro. En resum, dues noves estratègies terapèutiques avançades lliures de cèl·lules han sigut proposades en el present treball, on s'han mostrat resultats preliminars prometedors per a reduir el mal en el miocardi després del IAM en termes de reducció d'apoptosi de cardiomiocitos i d'activació de fibroblastos cardíacs.
[EN] Current therapeutic approaches against acute myocardial infarction (AMI) are focused on myocardial ischemic zone revascularization. The most common strategy is called primary angioplasty, in which a catheter is introduced to unblock the affected artery and restore blood flux, in a process called reperfusion. Nevertheless, an additional injury on cardiac tissue is caused after reperfusion, and the combination of primary angioplasty with the use of cardioprotective molecules has emerged as a potential strategy to reduce cardiac tissue injury. Two new cell-free therapeutic strategies to preconditionate myocardial ischemic area before reperfusion have been proposed to reduce cardiac injury after AMI. The first therapeutic strategy proposed consisted on the input of a free fatty acid (di-docosahexaenoic acid, diDHA) covalently bound to a polymeric backbone (poly-L-glutamic acid, PGA) in order to increase diDHA solubility and stability and modulate its effect on target cells. Results showed that PGA-diDHA6.4 conjugate administration during ischemia protected cardiomyocytes from reperfusion-induced injury, as apoptotic number of cells and oxidative stress was reduced, and mitochondrial function was less affected when compared to untreated cells. In addition to this, PGA-diDHA6.4 also showed therapeutic effects when locally administered in an ischemia-reperfusion in vivo model in rats and pigs, where a modest reduction of area at risk was observed compared to control groups. The second cell-free strategy proposed in this work was focused on enhancing the therapeutic potential of small extracellular vesicles (SEV or exosomes) isolated form mesenchymal stromal cells (MSC) conditioned media. Previous studies have described the therapeutic potential of paracrine factors released by MSC, where both soluble factors and vesicular components are included. In particular, SEV have gained special attention. Several stretegies, such as genetic modification or cell preconditioning, have been tested to enhance the MSC therapeutic potential. In this work, it was proposed MSC genetic modification in order to load proteins of interest on SEV and potentiate its native therapeutic potential. Based on previous findings, where it has been described a potential anti-fibrotic role of oncostatin-M (OSM) in AMI context, we decided to incorporate OSM on SEV surface by its fusion to CD81 tetraspanin, a protein naturally loaded on SEV surface, in order to trigger functional effects on target cells. OSM sequence modification was necessary in order to load the protein on SEV surface efficiently, and preliminary data showed that modified OSM-CD81 loaded on SEV had a functional effect on human ventricular cardiac fibroblasts. Concretely, decrease of proliferation rate after starvation and telo-Collagen1α1 location pattern modification was observed after stimulation with a pro-fibrotic cocktail (containing TGFβ-1, α-dextran and ascorbic-L-acid sulphate) in vitro when cells were treated with modified OSM-CD81- SEV compared to ctrl and CD81-loaded SEV treatments. Overall, two new advanced cell-free therapies with preliminary promising results have been proposed in order to reduce myocardial injury after AMI in terms of cardiomyocytes apoptosis reduction and fibrosis mitigation.
Tejedor Gascón, S. (2021). Development of new advanced therapies to mitigate ischemia-reperfusion-induced injury during acute myocardial infarction [Tesis doctoral]. Universitat Politècnica de València. https://doi.org/10.4995/Thesis/10251/171487
TESIS
Soto, Ejarque Jose Maria. « Impacto de la regulación administrativa en la fase prehospitalaria del programa de coordinación “Codigo infarto de miocardio” en Cataluña ». Doctoral thesis, Universitat Autònoma de Barcelona, 2017. http://hdl.handle.net/10803/456181.
Texte intégralThe term acute coronary syndrome (ACS) encompasses those situations where there is a sudden compromise of myocardial perfusion generated by an absolute or relative deficit in the coronary arterial circulation. The 12-lead electrocardiogram (ECG) is the most important initial test, accessible and easy to perform in any scenario that identifies in the first instants those patients who present with Acute Coronary Syndrome with ST segment elevation (STEMI) or new appearance a left bundle branch block. Different studies and authors affirm that the treatment of ACS requires rapid identification since those patients with myocardial infarction (AMI) and with ST segment elevation (STEMI) or emergence of new left bundle branch block benefit from early reestablishment the coronary flow, either through intravenous thrombolysis or primary percutaneous transluminal coronary angioplasty PCI. The idea of initiating an activation code project will basically be given by the need to prioritize care for certain patients with time-dependent pathologies, either in front of situations in which the resolving capacity of medical team resolution is overcomed or because requires specific or specialized action The Myocardial Infarction Code (Code AMI) was started on June 1, 2009 (CatSalut Instruction04/2009) in order to implant the reperfusion treatment in the assistencial net, based on primary percutaneous coronary intervention, to patients with myocardial infarction and Elevation of the ST segment, following the recommendations of the Guidelines of the Cardiology European Society. The objective of the IAM Code is to extend reperfusion treatment (intravenous fibrinolysis, primary angioplasty PCI and rescue) to the maximum number of patients with acute myocardial infarction with ST segment elevation (STEMI) and establish primary angioplasty PCI)( as the treatment of choice during 24 hours a day as a single protocol for all of Catalonia. In this Thesis entitled " ADMINISTRATIVE IMPACT REGULATION IN PRE-PHOSPITAL PHASE OF THE COORDINATION PROGRAM ACUTE CORONARY CODE AMI IN CATALONIA”, 28,933 patients with a diagnosis of STEMI have been recruited (in the period from 1 January 2008 Until October 31, 2016, with an analysis of services provided by the Emergence Medical System EMS in that period). We analyzed whether the implementation of a coordination protocol (Code AMI) between different levels of care (in the prehospital setting and hospital) for the care of patients with acute ST-segment elevation myocardial infarction (STEMI), which includes the administrative regulation of patient flows and health coordination, improves the care process, in the prehospital stage and mainly in the times of activation, performance and transport to the primary PCI reference hospital, as well as if it reduces clinical complications of these patients in both Primary services (public and home) and interhospital services (between hospitals without primary PCI capacity to hospitals with primary PCI capacity) As a results, it should be highlighted that the progressive and consolidated increase of primary services, and consequently a decrease in hospital alerts for interhospital transfers, in patients with STEMI is one of the results of the application of the AMI code. The reason for this improvement was mainly in the direct transfer to the center with primary PCI capacity (useful center versus near center) in 26.5% in primary services and 2.8% in interhospital services. In 2016, 98.6% of the patients assisted in primary services of SEM arrive at the time established by the code IAM to centers with capacity primary PCI from the realization and interpretation of the ECG.
GRECCHI, ILARIA. « “Dietoterapia prescrittiva vs intervento educazionale di gruppo in soggetti sovrappeso/obesi al primo episodio di infarto del miocardio acuto : individuazione di nuovi marcatori periferici in prevenzione secondaria” ». Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2017. http://hdl.handle.net/11571/1215977.
Texte intégralMagalhães, Aline Oliveira Coelho. « Alterações histopatológicas em miocárdio de cães com parvovirose ». Universidade Federal de Uberlândia, 2008. https://repositorio.ufu.br/handle/123456789/12951.
Texte intégralParvovirose é uma enfermidade viral caracterizada por gastroenterite hemorrágica aguda, cujo agente etiológico é parvovírus canino (PVC), vírus estável no ambiente, capaz de suportar variações de pH e temperaturas altas, resistente a vários desinfetantes comuns, podendo sobreviver por muitos meses em áreas contaminadas. Há duas formas clínicas comuns da doença: a miocárdica e a gastroentérica. No Brasil a doença eclodiu subitamente na população canina no ano de 1978. Objetiva-se com este trabalho analisar microscopicamente o miocárdio de cães com teste de detecção de antígenos parvovírus nas fezes. Das 100 amostras do miocárdio ventricular esquerdo, enviadas ao Laboratório de Histopatologia da Universidade de Uberaba, foram observadas as seguintes alterações: miocardite 38%, hemorragia 43%, degeneração hialina 21% hiperemia 79%. Ao realizar o teste Qui-Quadrado com nível de significância de 0,05, concluiu-se que existe associação (p = 0,02) entre animais infectados com o vírus da parvovirose e as alterações histopatológicas observadas no miocárdio ventricular esquerdo.
Mestre em Ciências Veterinárias
Redondo, Noya Ana Belén 1977. « Relación de la práctica de actividad física y la posición socioeconòmoica con los factores de riesgo cardiovascular y el riesgo de infarto agudo de miocardio ». Doctoral thesis, Universitat Pompeu Fabra, 2012. http://hdl.handle.net/10803/97095.
Texte intégralSocioeconomic status and physical activity practice (PA) (as lifestyle) are two major factors in individual and population health. In this thesis, we analyzed the relationship and the trend in the period 1995-2005 of both two determinants with cardiovascular risk factors and myocardial infarction risk. We used data from three independent population-based cross-sectional studies performed in Girona across 1995-2005 period with 9,546 individuals and data from population based age- and sex-matched case-control study with 1,000 cases and 1,000 controls. This thesis shows that the lower social classes have higher prevalence of cardiovascular risk factors, however, differences in awareness, treatment and control of classical cardiovascular risk factors between groups have disappeared and the disparities in healthy lifestyles between groups are widening. The prevalence of sedentary lifestyle has decreased in the period. Age, female gender and lower educational level were associated with a higher prevalence of physical inactivity. Light intensity PA reduced myocardial infarction risk in subjects older than 64 years and moderate-high intensity PA were associated with a better cardiovascular risk factors profile with a maximum benefit around 600-700 MET・min/week and also with a lower myocardial infarction risk with a maximum benefit around 1500-2000 MET・min/week.
Aboal, Viñas Jaime. « Creació i validació d'un model de predicció per al càlcul del temps d'angioplàstia primària en pacients amb infart agut de miocardi que són traslladats a un hospital amb disponibilitat d'hemodinàmica ». Doctoral thesis, Universitat de Girona, 2020. http://hdl.handle.net/10803/669976.
Texte intégralIntroducció: És difícil aconseguir temps òptims d´angioplàstia primària (AP) en un percentatge de pacients amb IAMEST procedents del medi extra-hospitalari o d'hospitals sense programa d'AP. Disposar d'una eina de predicció del temps d'AP desde el diagnòstic podria ser útil. El nostre objectiu va ser crear un model de predicció del temps d'ECG diagnòstic-pas de guia i realitzar una validació d'aquest model. Mètode Estudi de cohorts prospectiu de pacients ingressats a la unitat de cures crítiques cardiològiques (2007-2018) amb IAMEST, tractats amb AP i que van requerir ser traslladats a un centre amb disponibilitat d'hemodinàmica. Es va realitzar un anàlisi per identificar les variables predictores de demora de l'ECG diagnòstic- pas de guia, es va crear un model de predicció d'aquest temps i una validació interna del model. Resultats Es van incloure un total de 1.049 pacients en l'estudi. Les variables incloses en el model de predicció van ser la insuficiència cardíaca greu a l'ingrés (Killip ≥3) (OR 1,100 IC 95% (1,048-1,155) p = 0,0001), la cirurgia cardíaca prèvia de bypass (OR 1,241 IC 95% (1,119-1,377) p <0,001), la mort sobtada extrahospitalària (OR 1,150 IC 95% (1,078-1,228) p <0,001), la localització lateral de l'IAM (OR 1,065 IC 95% (1,030-1,102) p = 0, 0002), el primer contacte amb hospital sense disponibilitat d'hemodinàmica (OR 1,225 IC 95% (1,174-1,279) p <0,001), centre d'atenció primària (OR 1,183 IC 95% (1,131-1,238) p <0,001), domicili ( OR 1,077 IC 95% (1,026-1,131) p = 0,003) i finalment la distància al centre amb hemodinàmica; <40 Km (OR 1,034 IC 95% (1,026-1,043) p <0,001) i> 40 km (OR 1.079 IC 95% (1,066-1,092) p <0,001). La validació interna va mostrar un R quadrat de 0,355 i una correlació de 0,6. L'àrea sota la corba per a temps superiors a 120 minuts va ser de 0,785. Conclusions Identificades les variables predictores del temps ECG diagnòstic-pas de guia es va crear un model de predicció, amb una validació interna satisfactòria, que pot ser útil en la presa de decisions clíniques en el IAMEST
Cubedo, Ràfols Judit. « Identificación de nuevos biomarcadores en los síndromes coronarios agudos ». Doctoral thesis, Universitat de Barcelona, 2012. http://hdl.handle.net/10803/101514.
Texte intégralCardiovascular diseases (CVD) are the leading cause of morbidity and mortality. Atherosclerosis, the underlying mechanism of cardiovascular diseases, progresses gradually until the blood flow is compromissed leading to the precipitaton of an acute ischemic event such as acute coronary syndrome (ACS) or ictus. Identifying subjects at risk of developing an acute ischemic event remains one of the great challenges of cardiovascular medicine. Classical approaches, such as the presence of cardiovascular risk factors, are unable to accurately predict cardiovascular events. During the last years several studies have been focussed on the search for new plasma biomarkers of acute ischemic events. Although many potential molecules have been described, the results have not been consistent enough and most of them are not used in clinical practice. Until now, the only group of accepted biomarkers for the diagnosis of acute myocardial ischemic events are troponins. Nevertheless, these structural proteins are released to the circulation as a consequence of an irreversible injury of the myocardium. Therefore there is still a need for the identification of new biomarkers that will allow the early detection of an ischemic event before the irreversible necrosis of the myocardium occurs. Proteomic technologies allow the identification of molecules related to new pathways that together with traditional markers could act as a multibiomarker for diagnosis, prognosis and treatment, and therefore become a key tool for the development of new approaches in the prevention of cardiovascular diseases. In this study by applying proteomic technologies such as bi-dimensional electrophoresis we have compared the serum proteomic profile of patients with an acute new-onset myocardial infarction (AMI) to that of healthy individuals and found important changes in two main group of proteins: HDL-related proteins (apolipoproteins J and A-I, and TTR) and retinol metabolism associated proteins (TTR and RBP4). In a second part of the work by the study of proteomic changes that occur in the myocardial tissue after an AMI in a swine experimental model we have found, for the first time, an association of the aryl hidrocarbon receptor signalling pathway with the reperfusion injury after an AMI. Moreover, we have found an attenuation of the same pathway in response to a cardioprotective approach such as ischemic post-conditioning.