Thèses sur le sujet « MED/41 - ANESTESIOLOGIA »
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BAZURRO, SIMONE. « La formazione in Anestesia e Rianimazione : Progettazione e sviluppo di un simulatore per emergenza e soccorso ». Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1005432.
Texte intégralThe world of simulation, in the last decade, has seen a new spring especially in the medical field. Thanks to the flourishing of new technologies, capable of making simulators ever more performing, simulation plays a fundamental role in the training of healthcare professionals. The simulators defined with high fidelity, are able to faithfully recreate human pathophysiology but with a visual and tactile reality that is not as high. The high-fidelity simulation is carried out either in ad-hoc recreated environments that reproduce hospital wards, or they are physically transported to the wards to simulate the working environment in the most faithful way. All this contributes to the development of mechanisms capable of testing both health and team work preparation in the healthcare staff. The real environment in which the simulation is recreated, unfortunately, is sometimes affected by the low reality from the visual point of view of the manikin. Despite being highly technological, it appears poor from a "visual and tactile" point of view. Using a Mixed reality show could be a good solution to remedy the problem highlighted above. Thanks to this technology it is possible to increase the level of fidelity of the manikin by recreating a human ad hoc mask for this and therefore making the simulation as close as possible to reality. The goal of this work is to create dedicated software that can implement simulation in the medical field.
FLORIO, GAETANO. « CRITICALLY ILL PATIENTS WITH COVID-19 PNEUMONIA : PATHOPHYSIOLOGY, IMPACT OF VACCINE, AND CLINICAL OUTCOME ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2023. https://hdl.handle.net/2434/950590.
Texte intégralVIVONA, LUIGI. « NOVEL STRATEGIES TO IMPLEMENT EXTRACORPOREAL LIFE SUPPORT TECHNIQUES ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/920022.
Texte intégralBoscolo, Annalisa. « Studio sperimentale di fase IV monocentrico randomizzato in doppio cieco di confronto tra ketamina e remifentanil per l'analgosedazione di pazienti ventilati invasivamente in terapia intensiva ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3424340.
Texte intégralSebbene in letteratura ci siano molti studi di confronto tra l'efficacia di differenti regimi analgosedativi in ambito intensivistico e durante procedure chirurgiche in parte complesse, al momento non c'è alcun lavoro focalizzato sul paragone diretto tra ketamina e remifentanil, somministrate in infusione continua e in associazione a propofol, in termini di abilità nel garantire un'efficace sedazione e controllo del dolore in pazienti critici, ricoverati in TI e ventilati meccanicamente per più di 24h. Quando la ketamina viene utilizzata in ICU, la somministrazione è in genere a boli e nulli sono i lavori basati sul suo impiego a "lungo-termine" in associazione a propofol. Alcuni studi preliminari hanno dimostrato che la ketamina gioca anche un ruolo importante nella riduzione dell'incidenza di delirio e depressione dopo lunghi periodi di ricovero in ambito ospedaliero, o se somministrata prima dell'inizio di un intervento di chirurgia maggiore negli adulti, soprattutto di età > 65 anni, e durante chirurgia pediatrica. Abbiamo proposto quindi uno studio clinico sperimentale, monocentrico, randomizzato, basato sull'arruolamento di pazienti ricoverati in ISTAR 1 e 2, due rianimazioni polivalenti (direttore: Prof. C. Ori) dell'Azienda Ospedaliera di Padova. L'attività di ricerca si è basa su un confronto diretto tra due protocolli analgo-sedativi differenti (ketamina+propofol in infusione continua vs remifentanil+propofol) in pazienti critici ventilati meccanicamente per un periodo massimo di 7 giorni e minimo di 36 ore. Nello specifico gli obiettivi di studio sono stati di indagare ed approfondire: - l'abilità del farmaco in infusione continua di raggiungere e mantenere un valore target di RASS tra -2 and 0 durante i primi 7 gg (valore atteso: stesso livello di efficacia di ketamina vs remifentanil o di non inferiorità); - l'incidenza di delirio nei 7 gg e a lungo termine (valore atteso: superiorità di ketamina); - monitoraggio comfort o sofferenza del paziente durante ventilazione meccanica (tramite Critical Care Pain Observational Tool, CCPOT) - incidenza di delirium a breve termine (nei primi 3 gg dopo l'estubazione) (ICU-Confusion Assessment Method, ICU-CAM) - incidenza di deficit cognitivo/delirium alla dimissione dalla TI (Mini Mental Status Exam-test, MMSE) - incidenza di tolleranza/iperalgesia durante i primi 7 gg o sindrome astinenziale - incidenza di depressione cardiovascolare durante i primi 7 gg - durata della ventilazione meccanica - durata della degenza in ICU e mortalità in ICU - tollerabilità della NE ed effetti avversi durante l'analgosedazione - incidenza depressione a 3mesi (Hospital Anxiety Depression Scale,HADS). I pazienti arruolati in questi anni di dottorato, rappresentanti il campione preliminare di uno studio assai più complesso e con una numerosità campionaria presunta molto superiore, sono stati 50 (33M e 17F) così suddivisi: - 23 (46%) pazienti arruolati nel braccio ketamina+propofol - 27 (54%) nel braccio remifentanil+propofol. A sua volta ciascun paziente è stato poi distinto in MEDICO, CHIRURGICO, TRAUMA, USTIONATO. Dall'analisi dei dati preliminari, è emerso che l'infusione continua di ketamina rappresenta una valida alternativa ai più comuni protocolli analgosedativi utilizzati nelle rianimazioni di tutto il mondo. La ketamina sembra avere capacità di mantenere un RASS target tra 0 e -2 (nei pazienti critici) sovrapponibile a remifentanil, con probabilità di eventi avversi pressoché identiche (circa 13% in entrambi i gruppi). Idem per quanto riguarda i dati che riguardano il dolore e il comfort paziente-ventilazione (valutazione realizzata tramite CCPOT). Buoni risultati sono stati ottenuti dall'uso dell'antagonista-NMDA nei pazienti con iniziale sostegno inotropo. Minor utilizzo di catecolamine ed instabilità emodinamica nei pazienti chirurgici, traumatizzati ed ustionati se trattati con ketamina vs remifentanil. Dati ancora incompleti sulle eventuali differenze di canalizzazione o tollerabilità alla nutrizione enterale tra i due protocolli. Per quanto riguarda i risultati sull'incidenza di delirium nei primi 3 giorni dopo l'estubazione, trend a favore dei pazienti trattati con ketamina (34% vs 44%) ma necessario approfondimento delle eventuali correlazioni con storia clinica, gravità, età, deficit cognitivo alla dimissione (MMSE) ed incidenza di ansia/depressione a lungo termine (HADS). Nello specifico per quanto riguarda il riscontro di delirium a breve termine, cioè entro i primi 3 giorni dopo l'estubazione, e alla dimissione dalla TI, ben 4 pazienti sono risultati positivi ad entrambi i test (2 per ketamina e 2 per remifentanil) ed avevano più di 65 anni. Per concludere tale risultato lascia presupporre una possibile correlazione tra insorgenza di delirium, età e declino cognitivo/funzionale nell'adulto.
Boraso, Sabrina. « Patologia emocoagulativa e suo trattamento in corso di sepsi ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425985.
Texte intégralBiviano, Eleonora. « GERMI GRAM NEGATIVI MULTI RESISTENTI : pressione di selezione e pressione di colonizzazione ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3424475.
Texte intégralPresupposti dello studio: Le infezioni sono una delle principali cause di morbilità e mortalità nei reparti di terapia intensiva di tutto il mondo. L’abuso e l’uso spesso inappropriato degli antibiotici ha portato nel corso degli anni allo sviluppo di specie antibiotico-resistenti. Negli ultimi anni c’è stata grande diffusione della Klebsiella Pneumoniae produttrice di carbapenemasi (KPC) multiresistente agli antibiotici che, proprio per le ridotte opzioni terapeutiche e la rapida capacità di colonizzazione ed infezione, desta sempre maggiore preoccupazione. Scopo dello studio: Obiettivo primario del nostro studio è stato capire se l’infezione da KPC sia effettivamente in grado da sola di peggiorare l'outcome dei nostri pazienti fino a determinarne il decesso. Obiettivi secondari: valutare se nelle terapie intensive in esame vengono messe in atto le strategie di prevenzione raccomandate, indagare se esiste una tipologia di pazienti più suscettibili all'infezione, capire se la terapia antibiotica messa in atto sia realmente efficace. Materiali e metodi Studio osservazione prospettico che ha incluso tutti i pazienti che all'ingresso presso le unità di terapia intensiva prese in esame o durante il ricovero nelle stesse abbiano avuto almeno un campione biologico positivo per KPC, nel periodo di tempo da Gennaio 2013 a Ottobre 2015. Di questi pazienti sono state registrate variabili individuali, esami ematochimici, indicatori di flogosi e condotta terapeutica. E’ stato inoltre calcolato il rischio relativo di mortalità in base alla presenza di 3 o più comorbidità, in base all'infezione confermata all'emocoltura da KPC e il rischio relativo di morte delle due precedenti variabili aggregate. Risultati Dei 109 casi analizzati, il 64% dei pazienti erano provenienti da reparti chirurgici. In seguito al riscontro di positività per KPC al tampone, non si evidenzia un aumento significativo dei globuli bianchi né degli indici di flogosi nei nostri pazienti. Anche dopo lo sviluppo di una emocultura positiva per KPC, non è stato osservato un aumento significativo dei globuli bianchi né degli indici di flogosi. Quindici (17%) Pazienti presentavano 3 o più comorbidità, e di questi il 9 (60%) sono deceduti, con un rischio relativo di decesso di 4.6. Ventidue (25%) Pazienti hanno sviluppato un'emocoltura positiva per KPC, e di questi 12 (54.5%) sono deceduti, con un rischio relativo di decesso di 4.1. Nel caso di pazienti con comorbidità maggiori o uguali a 3 e emocoltura positiva il rischio relativo di decesso è 13.6. Conclusione/discussione Dei Pazienti che afferiscono alle terapie intensive, quelli più suscettibili di infezione da KPC sembrano essere quelli provenienti dai reparti chirurgici. La colonizzazione da sola non sembra in grado di peggiorare l’outcome mentre l’infezione clinicamente documentata da emocoltura positiva appare aumentare il rischio di decesso, tato più se associata a un numero di comorbidità maggiore o uguale a tre.
Lunardi, Nadia. « La tossicità degli anestetici generali sul cervello di topo in via di sviluppo ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3421750.
Texte intégralNumerosi studi hanno dimostrato che l’esposizione di varie specie animali ad anestesia generale durante il periodo di massimo sviluppo del cervello causa la morte per apoptosi di un gran numero di neuroni, che si traduce in deficit di memoria e di apprendimento in questi stessi animali durante la vita adulta. Il subicolo, che fa parte dell’ippocampo e del circuito di Papez, e’ fondamentale per un corretto sviluppo cognitivo ed e’ tra le aree del cervello piu’ vulnerabili al danno indotto da anestesia. Dal momento che la sinaptogenesi e’ una componente fondamentale dello sviluppo del cervello, abbiamo studiato gli effetti di una comune combinazione di anestetici (isofluorano, protossido d’azoto e midazolam) sullo sviluppo ultrastrutturale delle sinapsi del subicolo di ratto. Abbiamo dimostrato che, quando somministrata al picco della sinaptogenesi, questa anestesia causa un danno permanente al neuropilo subicolare. Tale danno e’ caratterizzato da una scarsita’ di profili cellulari, da degenerazione mitocondriale, da una riduzione del numero di bottoni sinaptici multipli e dalla diminuzione delle densita’ sinaptiche volumetriche. Ipotizziamo che tali alterazioni morfologiche contribuiscano almeno in parte a spiegare i deficit di memoria e di apprendimento che si osservano durante la vita adulta in topi esposti ad una anestesia generale al picco della sinaptogenesi
Rizzi, Sabina. « L'anestesia generale causa degenerazione apoptotica nel cervello in via di sviluppo di Guinea pig e piglet ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3426730.
Texte intégralABATE, MARIA GIULIA. « TGF beta expression in plasma and cerebral spinal fluid following subarachnoid hemorrhage (SAH). The potential of the discriminative power associated to early delayed ischemic injury ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2017. http://hdl.handle.net/10281/176760.
Texte intégralDamiani, Elisa. « Microvascular perfusion and tissue oxygenation during critical illness ». Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2016. http://hdl.handle.net/11566/243141.
Texte intégralCardiac output, haemoglobin levels and arterial oxygen levels (SaO2 and PaO2) are generally considered as the main determinants of systemic O2 delivery. However, during critical illness tissue hypoxia may persist despite normalization of systemic haemodynamics and oxygenation, due to an impairment in microvascular perfusion. During systemic inflammation such as sepsis, endothelial damage and microcirculatory dysfunction may occur due to oxidative stress and inflammatory mediators, leading to hypoperfusion and organ failure. It is thus important to monitor the microcirculation and its response to interventions. In the studies included in this thesis, two non-invasive techniques were applied to evaluate microvascular perfusion and tissue oxygenation: sublingual sidestream dark field (SDF) videomicroscopy and near infrared spectroscopy (NIRS) on the skeletal muscle (thenar eminence) with a vascular occlusion test. This thesis confirms the prognostic value of the microcirculation during critical states. Alterations in tissue O2 extraction capacity during an ischemic challenge and a reduced microvascular reactivity during reperfusion were able to predict mortality in a heterogeneous population of 89 critically ill patients. Using SDF videomicroscopy, we found significant alterations in the sublingual microvascular glycocalyx in critically ill patients as compared to healthy volunteers, which were more pronounced in presence of sepsis. Microvascular monitoring may be a useful tool to guide therapy. In septic patients, the transfusion of leukodepleted red blood cells (RBCs) seemed to produce a more favourable effect on microvascular convective flow in comparison to non-leukodepleted RBCs. The transfusion of old RBCs (storage >15 days) was associated with an increase in plasma free haemoglobin, possibly leading to a reduction in microvascular density due to a nitric oxide-scavenger activity. Since tissue perfusion and oxygenation mainly depend on microvascular function, it is important to consider the microvascular effects of commonly applied interventions, such as O2 therapy. A meta-analysis of observational studies showed that exposure to arterial hyperoxia was associated with higher mortality in several subsets of critically ill patients. In a prospective observational study on 40 patients, hyperoxia induced an early reduction in microvascular density, suggesting a vasoconstrictive response, which however normalized upon returning to baseline levels of inspired O2. A 2-hour exposure to hyperoxia caused a rise in O2 free radicals, inducing an increased glutathione production: this mechanism may have been able to stimulate erythropoietin production, according to the “normobaric oxygen paradox”. Finally, this thesis highlighted the technical challenges of sublingual SDF monitoring and underlined the importance of microcirculatory image quality for a reliable evaluation of the microcirculation.
Persona, Paolo. « Indagine sieroproteomica in pazienti con sepsi grave e shock settico ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3422251.
Texte intégralObiettivo di questo studio è identificare, attraverso l’analisi sieroproteomica, eventuali nuovi marcatori in pazienti affetti da sepsi, sepsi grave e shock settico; mettere in luce differenze nel pattern proteomico tra pazienti che sopravvivono o meno alla sepsi; cercare nel pattern proteomico eventuali cause di fallimento della terapia standard del paziente settico. Per fare ciò è stato necessario prima analizzare i pazienti secondo le caratteristiche cliniche e bioumorali, classificarli e identificare i migliori markers prognostici e indici di gravità. Si è proceduto poi ad analizzare i pattern sieroproteomici, cercando una relazione tra i dati clinici e bioumorali. L'indagine ha riguardato 61 pazienti affetti da sepsi, sepsi grave e shock settico. I dati bioumorali hanno rivelato una forte correlazione tra aumento di Procalcitonina e gravità del paziente, con buona correlazione con il SOFA score (Pearson's correlation 0,477; p=0,0001); Procalcitonina si è rivelata anche il miglior indice prognostico con p<0.026 in 6°giornata. Alterazioni della coagulazione con diminuzione di piastrine, aumento di D-dimero e variazione del PT hanno mostrato correlazioni significative con gravità e outcome non costanti però durante il periodo di osservazione. L'analisi sieroproteomica dei dati ha evidenziato nei pazienti settici una significativa alterazione nei confronti dei soggetti controllo di Platelet Activating Factor 4, Cytokine A18 precursor, di una serie di proteine della famiglia delle Apolipoproteine e di fattori del Complemento; solo Complement factor 3 è risultato essere correlato significativamente anche con la gravità del quadro clinico.
Eleftheriou, Georgios. « Uso di farmaci Antidepressivi Inbitori del Reuptake della Serotonina, di farmaci Antiepilettici e di Retinoidi in Gravidanza ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425534.
Texte intégralDi, Gregorio Guido. « Tossicità sistemica degli anestetici locali. Trattamento con emulsione lipidica ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3421527.
Texte intégralE’ stato precedentemente dimostrato il recupero di attività cardiaca spontanea dopo l’infusione di una emulsione lipidica (30% soy oil emulsion) in seguito ad arresto cardiaco bupivacaina-indotto sia in vivo sia in modelli sperimentali di cuore isolato. Numerosi case reports sono stati pubblicati sull’utilizzo clinico dell’emulsione lipidica nella rianimazione di pazienti in arresto cardiaco in seguito ad overdose di anestetico locale. Le linee guida 2005 dell’American Heart Association (AHA/ACLS resucitation protocol) prevedono l’utilizzo di una dose di 40 U di vasopressina, al posto della prima o seconda dose di epinefrina, come farmaco di prima linea nel trattamento dell’arresto cardiaco. Abbiamo studiato l’efficacia dell’emulsione lipidica versus i farmaci suggeriti dai protocolli ACLS in un modello sperimentale di arresto cardiaco bupivacaina-indotto in ratti. Sono stati analizzati parametri emodinamici, metabolici ed elettrocardiografici. L’emulsione lipidica è risultata superiore, in termini di sopravvivenza, parametri emodinamici e metabolici, all’adrenalina, alla vasopressina e alla loro associazione nel trattamento dell’arresto cardiaco indotto da un’overdose di bupivacaina. Ulteriori studi sono necessari per confermare queste osservazioni e soprattutto per determinare eventuali implicazioni sul piano clinico.
Facchin, Francesca. « ULTRAPEEP : Lung ultrasound for the assessment of lung recruitment during esophageal pressure-guided PEEP in ARDS ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2020. http://hdl.handle.net/11577/3422336.
Texte intégralParotto, Matteo. « Studio dei meccanismi coinvolti nel "ventilator-induced lung injury" ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422171.
Texte intégralIntroduzione. La ventilazione meccanica (MV) ha rappresentato un fondamentale passo avanti nell’assistenza dei pazienti sia in terapia intensiva sia in anestesia. Purtroppo però essa può esacerbare, o addirittura iniziare, un danno polmonare acuto. Molti pazienti con Acute Respiratory Distress Sindrome (ARDS) ventilati meccanicamente sviluppano fibrosi polmonare. Abbiamo ipotizzato che la MV possa contribuire mediante diversi meccanismi allo sviluppo di tale fibrosi. Materiali e metodi. In vitro. Cellule epiteliali alveolari umane BEAS-2B sono state sottoposte ad allungamento meccanico ciclico per 24 o 48 ore, e quindi si è analizzata l’espressione di marcatori epiteliali e mesenchimali in esse. In vivo. Topi C57 Bl/6 sono stati randomizzati verso 4 trattamenti: controlli sani; inalazione di acido cloridrico (HCl); inalazione di soluzione di controllo seguita dopo 24 ore da MV; inalazione di HCl seguita dopo 24 ore da MV. Gli animali trattati sono stati quindi seguiti per periodi di 3, 8 e 15 giorni dopo l’inalazione. Si sono analizzate le meccaniche polmonari, l’istologia polmonare, i fibrociti circolanti, i quantitativi di idrossiprolina così come l’espressione di marcatori epiteliali e mesenchimali nei polmoni. Risultati. In vitro. L’allungamento meccanico ciclico ha determinato nelle cellule BEAS-2B una riduzione nell’espressione dei marcatori epiteliali citocheratina 8, E-caderina e pro-proteina del surfattante B (proSPB), ed un aumento dell’espressione di TGF-β1 e β-catenina e dei marcatori mesenchimali α-SMA e vimentina A. In vivo. La MV, da sola o in associazione all’inalazione di HCl, ha determinato alterate meccaniche polmonari, un aumento del contenuto di idrossiprolina e dell’espressione di TGF-β1 e β-catenina e dei marcatori mesenchimali α-SMA e vimentina A, ed una diminuita espressione dei marcatori epiteliali citocheratina 8, E-caderina e proSPB. I fibrociti circolanti non sono stati influenzati dalla MV. L’istologia polmonare ha mostrato aumentata fibrosi negli animali trattati e potenziale transizione epitelio-mesenchimale dopo inalazione di HCl seguita da MV. Conclusioni. Lo stress meccanico determina fibrosi polmonare, e il fenomeno della transizione epitelio-mesenchimale potrebbe giocare un ruolo in questo processo. Se i risultati del nostro lavoro saranno confermati, la modulazione della risposta fibrotica nei pazienti che necessitano di MV potrebbe rappresentare un nuovo, importante bersaglio terapeutico da investigare.
Saraceni, Elisabetta. « Monitoraggio emodinamico mini-invasivo in terapia intensiva : approccio metodologico ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423997.
Texte intégralMonitoraggio emodinamico mini-invasivo in terapia intensiva: approccio metodologico Negli ultimi anni sono stati proposti diversi sistemi di monitoraggio emodinamico che promettono una buona affidabilità a fronte di una minima invasività. Scopo dello studio è stato quello di validarne alcuni, in particolare il sistema Nexfin (BMEYE BV, Amsterdam, Paesi Bassi) nuovo e totalmente non invasivo, e il Pressure-Recording Analytical Method (PRAM/Mostcare, Vygon, Italia), mini-invasivo e che non necessita di calibrazione né esterna, né interna. MATERIALI E METODI Abbiamo studiato i due sistemi testandoli su pazienti ricoverati in due terapie intensive polivalenti dell’Azienda Ospedaliera di Padova. Per il sistema Nexfin abbiamo arruolato 40 pazienti, per ognuno abbiamo rilevato per 30 minuti in continuo la pressione arteriosa sistolica (SBP) e diastolica (DBP), sia con il metodo standard della cannulazione intra-arteriosa (IBP) che con il sistema Nexfin (tecnologia finger cuff) e abbiamo confrontato un totale 79263 coppie di valori pressori. Su 9 pazienti abbiamo confrontato anche il valore di cardiac output (CO) con quello misurato mediante ecografia transtoracica con tecnica Doppler (TTE). Per quanto riguarda il sistema PRAM lo abbiamo collegato mediante cavo ad un monitor Siemens sc7000 connesso ad un sofisticatissimo simulatore HPS/METI®, in grado di riprodurre valori di CO diversi in base alle condizioni cliniche impostate. Abbiamo simulato 6 scenari clinici differenti per ottenere un totale di 168 misurazioni di CO che abbiamo confrontato con quelli noti risultanti dalle impostazioni del simulatore. Successivamente abbiamo testato il sistema su 38 pazienti emodinamicamente stabili confrontando i valori di CO con quelli misurati mediante TTE con tecnica Doppler. Infine abbiamo confrontato i dati di CO su 21 pazienti emodinamicamente instabili e sostenuti da Noradrenalina in infusione continua, confrontando i valori di CO con quelli misurati tramite termodiluizione transpolmonare con sistema PiCCO2 (Pulse Contour Cardiac Output, Pulsion Medical System, Munich, Germany). Abbiamo confrontato i dati prima (T1) e dopo (T2) la riduzione di 0,05 mcg/Kg/min del farmaco. I risultati ottenuti sono stati analizzati statisticamente secondo il metodo di Bland e Altman; sono state calcolate le differenze medie, i livelli di concordanza e le percentuali d’errore. RISULTATI NEXFIN. Su un totale 158525 punti pressione, 79263 per dispositivo, abbiamo ottenuto per la SBP una mean difference di -4,89 mmHg, dei limits of agreement di +18,11mmHg e -27,91 mmHg ed un errore percentuale del 18% e per la DBP una mean difference di +6,07 mmHg, dei limits of agreement di +23,60 mmHg e -11,45 mmHg, con una percentuale d’errore del 26%. Per i valori di CO abbiamo calcolato una mean difference -0,5 L/min, con dei limits of agreement rispettivamente di +2,24 e -3,38 L/min. PRAM/Mostcare. Il confronto di 168 valori di CO con quelli impostati su HPS/METI® ha mostrato una mean difference di -0,32 L/min e dei limits of agreement rispettivamente di +0,88 e -1,53 L/min. L’errore percentuale calcolato era del 23%. con un R2 = 78,1%. Il confronto dei valori di CO con quelli misurati con TTE su 38 pazienti stabili ha mostrato una mean difference di -0,03 L/min (SD 0,66) e dei limits of agreement rispettivamente compresi tra + 1,28 e -1,35 L/min. Il confronto dei valori di CO con quelli misurati con termodiluizione transpolmonare su 21 pazienti emodinamicamente instabili ha evidenziato una mean diffenrence di 0,13 L/min al T1 e di 0,1 L/min al T2, con dei limits of agreement rispettivamente compresi tra -1,41 e 1,69 L/min e tra -1,67 e 1,87 L/min. L’errore percentuale al T1 è risultato essere pari al 28,27%, al T2 era pari al 32%. Nel sottogruppo di pazienti affetti da fibrillazione atriale la mean difference era di 0,28 L/min a T1, con dei limits of agreement di -0,79 e +1,37 L/min e con un errore percentuale del 22%; al T2 la mean difference era di 0,55 L/min, i limits of agreement erano compresi tra -1.82 e 2,93 L/min e la percentuale d’errore era del 49%. CONCLUSIONI Per quanto riguarda il sistema Nexfin possiamo concludere che i valori di SBP, DBP e CO misurati da questo device completamente non invasivo non possono essere considerati affidabili nei pazienti critici; la tecnologia finger-cuff può trovare probabilmente una più appropriata applicazione in sala operatoria o in ambito più prettamente medico. La metodica rimane fortemente vincolata da una corretta lettura del dato pressorio che ci è parso fortemente suscettibile a una serie di variabili fisiopatologiche e ambientali. Per quanto riguarda il sistema PRAM, in relazione alla misura del CO confrontata sia con la TTE che con il metodo della termodiluizione transpolmonare, la sua applicazione ci sembra possa trovare spazio nel paziente critico, fornendo all’intensivista informazioni fondamentali sull’assetto emodinamico senza rischi aggiunti. Resta la necessità di ampliare le popolazioni di studio relative ai pazienti emodinamicamente più instabili e a quelli affetti da fibrillazione atriale per poter confermare i nostri risultati. Il sistema PRAM è operatore-dipendente: richiede di essere utilizzato da personale esperto, in grado di valutare la corretta lettura dell’onda di pressione.
REZOAGLI, EMANUELE. « Optimization of the Therapeutic Potential of Umbilical Cord-Mesenchymal Stem Cells for Staphylococcus Aureus Induced Pneumonia ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2020. http://hdl.handle.net/10281/263058.
Texte intégralIntroduction: Acute respiratory distress syndrome accounts for 10% of all ICU admissions and 23% of all mechanically ventilated patients. The most common causes of ARDS include pneumonia and sepsis. There remains currently no specific treatment for ARDS. Mesenchymal stem cells (MSCs) are emerging as a promising strategy for the treatment of ARDS for three main reasons: immune-modulatory properties, anti-microbial effects and tissue regeneration capabilities. With all of these listed qualities, why aren’t MSCs a current therapy in patients with ARDS? One reason for this, is that MSCs present a strong biological variability in-vivo. A possible approach to overcoming this in-consistency in the potential of MSCs is to prime them before administration. No information is available on the role of MSCs in the treatment of pulmonary ARDS induced by Gram positive bacteria. Staphylococcus aureus Newman is a clinically relevant Gram positive bacterium which is associated with >40% health care pneumonia cases and with mortality rates of >50%. Objectives 1. To characterize the cytokine expression of umbilical cord (UC) MSCs and the role of conditioned media on a human monocytic cell line; 2. to establish a new model of gram positive bacterial pneumonia using a clinically relevant strain of S. Aureus from a human isolate; to evaluate 3. the potential therapeutic role of naïve and preactivated UC-MSCs (Series 1) and 4. of low dose preactivated UC-MSCs (Series 2) freshly harvested from culture in the treatment of acute lung injury in a new model of Rodent S. aureus–induced ARDS. Methods: Cellular assays involved cytokine expression of naïve and preactivated UC-MSCs with cytomix (TNF-α; IL-1β; and IFN- γ [50 ng/mL each]) was measured using ELISA. In-vitro chemical and inflammatory injury assays were carried out. THP-1 cells were treated with conditioned media from primed and naïve MSCs to determine cytokine expression and effect on percentage phagocytosis. Adult male Sprague Dawley rats were used for in-vivo experiments. Animals underwent intratracheal instillation of S. aureus Newman to induce pulmonary ARDS. In series 1, animals were randomized, within 2 hours post infection, to intravenous administration of: (1) vehicle (phosphate buffered saline (PBS)); (2) 1x107/kg fresh UC-MSCs; and (3) 1x107/kg fresh UC-MSCs preactivated for 24 hours. In series 2, we randomized animals, within 2 hours post infection, to intravenous administration of: (1) vehicle (phosphate buffered saline (PBS)); (2) 2x106/kg and (3) 5x106/kg fresh UC-MSCs preactivated for 24 hours with cytomix (TNF-α; IL-1β; and IFN- γ [50 ng/mL each]). Comparisons among the groups were tested for differences in bacterial load and white blood cell count in the bronchoalveolar lavage (BAL), and arterial oxygenation after 48 hours. Results: Primed UC-MSCs variably expressed a different pro/anti-inflammatory profile compared to naïve UC-MSCs in vitro. Endotracheal instillation of S. aureus Newman induced the first model of ARDS in rats using such a bacterium strain. Fresh naïve UC-MSCs did not treat the lung injury. In contrast, the preactivation of fresh UC-MSCs with cytomix for 24 hours allowed to significantly increase the pulmonary bacterial clearance, reduce the lung cell infiltrates and to improve oxygenation with an average PaO2/FiO2 ratio above 300 at an FiO2 of 1.0 (series 1). These results were confirmed in series 2, where preactivated UC-MSCs demonstrated their therapeutic role in the decrease of ALI even at the low dose of 2x106/kg. Conclusions: Fresh preactivated UC-MSCs therapy decreased the severity of S. aureus induced ARDS even at the low dose of 2x106/kg by the reduction of bacterial load and white blood cell infiltrates into the lungs, and leading to the increase of arterial oxygenation. The use of preactivated UC-MSCs may represent a potential clinically relevant treatment of acute lung injury in patients with gram positive induced ARDS.
DELVECCHIO, PAOLO. « Angiotensin-(1-7) and Prone position : important strategies for the management of injury induced by mechanical ventilation ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2021. http://hdl.handle.net/10281/309594.
Texte intégralThe two topics covered in this work are strictly correlated to the professional experiences. Particularly, I spent the first period at the University of Milan-Bicocca in the preclinical ICU laboratory directed by Prof. Giacomo Bellani, where my work has been focused on the diaphragm dysfunction during a mechanical ventilation (VIDD); in particular, in the effectiveness study of a therapeutical treatment with Angiotensin-(1-7) in a rat model of VIDD. In the second part of my PhD course, I had a chance to rotate at the University of Pennsylvania to conduct a similar research but in the progression of lung injury. In the anesthesia laboratory of Prof. Maurizio Cereda, the main purpose has been investigating and evaluating the effects of pronation in a large model of ARDS. Diaphragmatic dysfunction and pulmonary stress during mechanical ventilation are serious conditions that reducing positive outcomes and weaning successful in ICU patients. Ventilator-induced diaphragmatic dysfunction (VIDD) is a common event during mechanical ventilation (MV) leading to rapid muscular atrophy and contractile dysfunction. The first study in my thesis was designed to evaluate the effects of the treatment with Ang-(1-7) in a rat model of VIDD. MV resulted in a significant reduction of diaphragmatic contractility in all groups of treatment. Ang-(1-7)-treated rats showed higher muscular fibers cross sectional area and lower Atrogin-1 and Myogenin mRNA levels, compared to Vehicle treatment. Treatment with the antagonists of Mas and AT2R caused a significant reduction of muscular contractility and an increase of Atrogin-1 and MuRF-1 mRNA levels, not affecting the cross sectional fiber area and Myogenin mRNA levels. Systemic Ang-(1-7) administration during MV exerts a protective role on the muscular fibers of the diaphragm preserving muscular fibers anatomy and reducing atrophy. The involvement of Mas and AT2R in the mechanism of action of Ang-(1-7) still remains controversial. It is not known how lung injury progression during mechanical ventilation modifies pulmonary responses to prone positioning. The aim of the second work of my thesis was compared the efficacy of prone positioning on regional lung aeration in late vs. early stages of lung injury using a pig model of ARDS. The main findings reported that gas exchange and respiratory mechanics worsened over 24 hours, indicating ventilator-induced injury progression. On Day 1, prone positioning reinflated 18.9 ± 5.2% of lung mass in the posterior-caudal lung regions. On Day 2, position-associated dorsal reinflation was reduced to 7.3 ± 1.5% (P<0.05). Prone positioning decreased aeration in the anterior lungs on both days. In the early ARDS patients, prone positioning improved posterior lung compliance, but it had no effect in late ARDS subjects. Overall, the effects of prone positioning on lung aeration may depend on the stage of lung injury and duration of ventilation; this may limit the clinical efficacy of this treatment if applied late.
Violi, Paola. « Perioperative blood loss and transfusions in liver transplant : risk factors and impact on transplant outcome - a single european centre experience ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422559.
Texte intégralIntroduzione Trasfusioni intraoperatorie di derivati del sangue sono associate ad un peggiore esito del trapianto epatico e a una ridotta sopravvivenza dei pazienti. In assenza di raccomandazioni standard e di linee guida riguardanti le trasfusioni di derivati del sangue in corso di trapianto epatico, una gran parte della letteratura ha cercato di identificare i fattori di rischio di perdite ematiche e sanguinamento intraoperatorio. Nel presente studio è stata eseguita una analisi retrospettiva dei fattori correlati al sanguinamento intraoperatorio e alla richiesta transfusionale in corso di trapianto epatico. Materiali e Metodi Variabili pre, intra e post operatorie relative al ricevente e variabili relative al donatore sono state raccolte e analizzate in relazione alle perdite ematiche intraoperatorie e alle trasfusioni di derivati del sangue in 227 trapianti epatici eseguiti tra il 2005 e il 2009 in pazienti adulti presso l’Ospedale Universitario Karolinska, Huddinge, Stoccolma. Risultati La principale indicazione per il trapianto epatico è stata la cirrosi epatica (35%), seguita dai tumori (27%) e dalle patologie colestatiche (15%). I trapianti a causa della Polineuropatia Familiare Amiloidotica (FAP) sono stati eseguiti nel 13% dei casi. Non sono state osservate differenze in relazione alle perdite ematiche intraoperatorie e alla necessità di trasfusioni ematiche. La percentuale dei trapianti epatici eseguiti con la tecnica di preservazione cavale (tecnica piggyback) è aumentata significativamente nel corso degli anni. Di riflesso, l’utilizzo del by-pass venoso intraoperatorio si è progressivamente ridotto nel tempo. Nessuna di queste variabili è tuttavia correlata all’entità delle perdite ematiche intraoperatorie né alle necessità trasfusionali. Il tempo di ischemia calda (WIT) (mediana, complessiva, 55 ± 44 minuti; intervallo 20-605 minuti, n=200) ha registrato una significativa riduzione nel tempo. Una significativa riduzione è stata inoltre identificata nella diagnosi di diabete mellito post-trapianto e nella trasfusione di emazie concentrate nel post-operatorio. Nell’analisi univariata sono stati trovati essere correlati all’entità delle perdite ematiche intraoperatorie e delle trasfusioni ematiche un ridotto tempo di attesa in lista per il trapianto epatico, il punteggio Child-Pugh, il punteggio MELD (Model for End Stage Liver Disease), la durata dell’ intervento chirurgico, il tempo di ischemia fredda (CIT), un ridotto livello pre-operatorio di emoglobina, una ridotta conta piastrinica preoperatoria, un livello preoperatorio di INR più alto, un valore preoperatorio di bilirubina più alto, un maggiore valore preoperatorio di urea e creatinina e un ridotto valore preoperatorio di albumina. Le perdite ematiche intraoperatorie e le trasfusioni di emazie concentrate e di plasma sono associate ad un prolungato ricovero post-operatorio in rianimazione e ad una più prolungata ospedalizzazione post-trapianto, alla necessità di trasfusioni ematiche post-operatorie e ad episodi di sanguinamento del tratto gastrointestinale. Le perdite ematiche intraoperatorie e le necessità trasfusionali sono correlate alla trasfusione post-operatoria di concentrati piastrinici nelle 24 ore e durante i primi 30 giorni post-trapianto. Nell’analisi multivariata, solo il tempo di ischemia fredda, un basso livello preoperatorio di emoglobina, una ridotta conta piastrinica preoperatoria, un basso livello preoperatorio di albumina, un elevato INR e un alto valore preoperatorio di creatinina sono correlati alle perdite ematiche intraoperatorie e alle necessità trasfusionali. I punteggi di Child-Pugh e MELD non sono fattori predittivi di sanguinamento intraoperatorio e delle trasfusioni intraoperatorie. Un’anamnesi positiva per un precedente sanguinamento, come pure l’ospedalizzazione pre-trapianto, sono buoni fattori predittivi di maggiori perdite ematiche e della conseguente necessità di trasfusioni ematiche intraoperatorie. Nessuna correlazione è stata trovata tra pregressa chirurgia addominale e perdite ematiche intraoperatorie. Tra le caratteristiche pre-operatorie dei riceventi, solo la presenza di sindrome epatorenale è associata al sanguinamento intraoperatorio e alla necessità di trasfusioni ematiche. Pazienti con un sanguinamento intraoperatorio maggiore di 5 litri hanno una sopravvivenza del 70% a 7 anni post-trapianto, mentre pazienti con un sanguinamento inferiore ai 5 litri hanno una sopravvivenza dell’84%. Pazienti trasfusi con più di 12 unità di emazie concentrate hanno una sopravvivenza del 67% a 7 anni dal trapianto, mentre pazienti che siano stati trasfusi con meno di 12 unità di emazie concentrate hanno una sopravvivenza dell’81%. Conclusioni Un basso valore di emoglobina pre-trapianto è il fattore predittivo più forte del sanguinamento intraoperatorio e della necessità di trasfusioni ematiche intraoperatorie. Un’anamnesi di pregressi episodi di sanguinamento, sindrome epatorenale, ospedalizzazione pretrapianto, il tempo di ischemia fredda, una ridotta conta piastrinica preoperatoria, un elevato valore di INR preoperatorio come pure alti livelli di bilirubina, creatinina e urea e bassi valori di albumina sono buoni fattori predittivi delle perdite ematiche intraoperatorie e della necessità di trasfusioni ematiche intraoperatorie. Solo le perdite ematiche intraoperatorie hanno un impatto sulla sopravvivenza dei pazienti e un limite di 5 litri e 12 unità di emazie concentrate transfuse ha dimostrato di avere un impatto sulla sopravvivenza dei pazienti. Come risultato dello studio, all’ Ospedale Universitario Karolinska saranno discusse linee guida locali riguardanti le trasfusioni ematiche in corso di trapianto epatico.
SCORCELLA, CLAUDIA. « Microcirculatory Perfusion-Based Approach to the Critically Ill Patient : Bringing a Research Tool Technology to the Bedside ». Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2019. http://hdl.handle.net/11566/263407.
Texte intégralFocusing microcirculation in critically ill patients offers a physiologic approach to their management: an impaired microcirculation, as the “motor” of tissues hypoperfusion and organ dysfunction, should represent the target of interventions, especially when the restoring of the standard macrohemodynamic variables appears to be insufficient to improve the patient outcome. Despite this huge potential, microcirculatory monitoring still remains a research tool. The present work, a collection of diverse research articles, was conducted trying to build a bridge between the research setting and the clinical practice. It includes the validation study of the third-generation technology for microcirculatory imaging, the Incident Dark Field illumination (IDF), providing a comparison with the gold standard. Moreover, it gives a deep insight on the technical issues in collecting appropriate imaging and on their impact on the data interpretation, focusing the attention on the operator experience and patient’s cooperation. The core of the project is represented by the MicroDAIMON, a prospective observational study with one of the largest databases of microcirculatory data in critically ill patients to date: it shows the association between microcirculatory abnormalities at the baseline and mortality. Daily monitoring was also performed with Near InfraRed Spectroscopy of skeletal muscle associated to a vascular occlusion test in order to evaluate the dynamic response and reserve capacity of the microcirculation to an ischemic disturbance. A subgroup analysis, focuses the attention on trauma patients, showing that the persistence of microcirculatory abnormalities in presence of normalized macro-hemodynamic variables could predict a major risk of development of organ dysfunction. Finally, with an open label pilot study, the effect of ketanserin in recruiting a dysfunctional microcirculation was investigate, trying to propose a pharmacologic approach to microcirculatory abnormalities.
DOMIZI, ROBERTA. « Steps towards “Patient-Tailored therapy” in intensive care : the role of microvascular monitoring ». Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2020. http://hdl.handle.net/11566/275119.
Texte intégralThis manuscript describes the new concept of "Patient-tailored therapy" and the possible and doable role of microvascular monitoring in critical care patients. The patient-tailored approach combines the EBM (Evidence Base Medicine) provided by international guidelines with a more single-patient-focused attitude. In critical care patients microcirculation can be severely impaired, and if this derangement is not corrected, microcirculatory dysfunction can lead to respiratory distress in tissue cells and to subsequent organ injury. Therefore, bedside microvascular monitoring should be part of the careful characterization of our patients and of the patient-tailored approach in critical care.
MAGLIOCCA, AURORA. « Improving Outcome of Cardiac Arrest : from Cardiopulmonary Resuscitation Interventions to Post Resuscitation Care ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2021. http://hdl.handle.net/10281/304802.
Texte intégralThe present thesis focuses on different strategies targeting the two main aspects of cardiac arrest (CA) treatment, namely: cardiopulmonary resuscitation interventions and post-resuscitation care. It includes both experimental and translational studies directed to improve hemodynamic support during CPR, to define pulmonary dysfunction related to CPR, and to improve post-resuscitation outcomes. 1. In this experimental study, we sought to investigate the hemodynamic support generated by a mechanical piston device or manual chest compression (CC) in a moving ambulance. The hypothesis on whether mechanical CC would improve systemic perfusion compared with manual CC was tested in a preclinical porcine model of out-of-hospital cardiac arrest. 2. The aim of this study was to systematically assess the presence of lung abnormalities associated with cardiopulmonary resuscitation- and to evaluate whether mechanical and manual chest compression could play a different role in their development. The hypothesis was tested in a translational study including 1) a porcine model of CA, and 2) a retrospective multicenter observational cohort study of non-traumatic out-of-hospital CA patients with a lung CT scan at hospital admission. 3. This study aimed to investigate the specific pathophysiological role of kynurenine pathway (KP) activation on brain injury and outcomes after CA. We evaluated the effects of genetic deletion of the rate-limiting enzyme of the KP, indoleamine-2,3-dyoxygenase (IDO) on survival and neurological outcome after CA.
DOFFINI, ANNA. « A cell-based NIPD (Non-invasive prenatal diagnosis) procedure to select fetal cells from pregnant women maternal blood ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2022. http://hdl.handle.net/10281/365173.
Texte intégralCurrent methods of prenatal diagnosis require fetal cells to be obtained through invasive procedures, risky for mother and fetus. The discovery of circulating fetal cells in 1979 and the possibility that these cells could be isolated from maternal blood during pregnancy was key to the development of alternative noninvasive approaches for identifying most fetal genetic abnormalities. All these methods result in a laborious, operator depending, time-consuming approach which until now it has not allowed to achieve a high and consistent purification of fetal cells. This project aims to develop a non-invasive method for the isolation of single fetal cells from maternal blood, for direct analysis of fetal chromosomes. The first part was dedicated to the research and testing of different specific markers for fetal cells enrichment and identification. Once optimized, the enrichment step was implemented to be automatic and integrated in a full workflow consisting of: pregnant women blood collection, positive magnetic enrichment, cell staining, single cell isolation and genetic analysis. As soon as the full workflow was standardized we started a clinical evaluation. To determine the success rate and number of trophoblast per sample, a total of 372 women were enrolled and stratified by gestational age at the time of blood collection. At least one fetal cell was isolated in 90.7% of the women sampled between 10-11 gestational weeks with an overall mean number of 3.5 recovered trophoblasts per patient. Furthermore, preliminary data from 131 women, showed a high concordance rate between isolated single trophoblastic cells and fetal karyotype for common trisomies and normal results deriving from gold standard invasive procedure. Overall, the results coming out from this study support the clinical feasibility of an automated and reproducible isolation of fetal cells for non-invasive prenatal genetic testing, well suited to the routine clinical practice. For this reason a clinical performance evaluation study will start soon, on 1500 patients, enrolled from five different Italian Hospital. Primary endpoints of the study will be the performance evaluation, in terms of sensitivity and specificity, of the developed workflow for fetal aneuploidies and segmental imbalances detection in a high-risk pregnancies population. Results will be compared with data resulting from invasive prenatal diagnosis for chromosomal abnormalities obtained on the same women presenting for hospital invasive procedure because classified from the physician as high risk pregnancy. The comparative analysis will determine the false positive, false negative, true positive, and true negative rates of the developed technology.
BRIGUGLIO, MATTEO. « INTEGRATION OF NUTRITIONAL SUPPORT IN ORTHOPEDICS : DIETARY AND NUTRITIONAL ASPECTS OF SURGICAL PATIENTS ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. https://hdl.handle.net/2434/945376.
Texte intégralCARDIA, Luigi. « FARMACOLOGIA PRECLINICA E CLINICA DELLA CANNABIS E DEI CANNABINOIDI NEL TRATTAMENTO DEL DOLORE CRONICO DI TIPO NEUROPATICO - REVISIONE SISTEMATICA DELLA LETTERATURA E ANALISI RETROSPETTIVA DI UN CAMPIONE DI PAZIENTI AFFETTI DA DOLORE NEUROPATICO CRONICO REFRATTARIO CAUSATO DA FAILED BACK SURGERY SYNDROME ». Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/11570/3216078.
Texte intégralSPINELLI, DOMENICO. « Evolving paradigms in aortic dissection from morphological predictors to computer-aided diagnosis ». Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11570/3117526.
Texte intégralNOVO, Alessandra. « Effetti dell'esposizione a tracce di anestetici volatili sulle diverse professionalità operanti in sala operatoria a prevalente indirizzo pediatrico ». Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10447/102369.
Texte intégral