Thèses sur le sujet « MED/20 CHIRURGIA PEDIATRICA E INFANTILE »
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Ferrara, Francesco. « Creazione di modelli virtuali 3D da immagini TC e RM per la pianificazione degli interventi chirurgici in Chirurgia Pediatrica ». Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2017. http://hdl.handle.net/10556/2603.
Texte intégralBACKGROUND. Lo sviluppo di sistemi medicali sempre più avanzati per l’acquisizione delle immagini finalizzati all’estrazione di informazioni tridimensionali sugli organi del corpo umano tramite metodi non invasivi, hanno portato all’affermazione di una nuova disciplina scientifica nota come medical imaging. L’innovazione degli ultimi anni, dalla quale nasce il mio progetto di ricerca, è lo sviluppo di programmi informatici che creano immagini con risoluzione 3D, avendo come substrato le immagini 2D generate con gli esami TC (Tomografia Computerizzata) e RM (Risonanza Magnetica) in pazienti con patologia tumorale o malformativa. Le ricostruzioni 3D trovano la loro applicazione principale nel supporto della diagnosi, considerando che le immagini possono essere trasmesse ad esperti in tutto il mondo per consultazioni in tempo reale (tele-medicina), e nella pianificazione del trattamento chirurgico in termini di tipo di approccio, scelta del materiale, scelta della tecnica più idonea, salvaguardia di strutture vicine. CASISTICA. Durante i 3 anni di dottorato, sono stati inclusi nello studio 40 pazienti, 13 femmine e 27 maschi, con un’età compresa tra 6 mesi e 17 anni. Sono stati suddivisi in 3 gruppi sulla base della patologia: malformativa (29/40), tumorale (7/40) e altro (4/40). Tutti i pazienti hanno eseguito TC o RM dalle cui immagini è stata eseguita la ricostruzione 3D con il programma Vr Render 0.81. Tutti i 40 bambini sono stati sottoposti ad intervento chirurgico. Per ognuno di loro le immagini ricostruite sono state discusse tra il chirurgo pediatrico e il radiologo-per pianificare al meglio la strategia chirurgica. Non riportiamo complicanze intraoperatorie né discrepanze tra la ricostruzione 3D e la reale anatomia del paziente. CONCLUSIONI. Dall’analisi retrospettiva del nostro studio è emerso che la ricostruzione 3D permette una buona e migliore pianificazione chirurgica delle patologie tumorali e malformative. L’immagine sviluppata dal programma Vr Render garantisce una definizione corretta della dimensione della patologia, della sua localizzazione e i suoi rapporti con le strutture circostanti. Importante e necessaria è stata la collaborazione tra il Chirurgo Pediatra e il Radiologo, emblema della multidisciplinarietà, ormai tipica, del management di patologie complesse. Il futuro della renderizzazione 3D è certamente una sempre maggiore applicazione nella pianificazione chirurgica e nel training e formazione dei giovani chirurghi. [a cura dell'autore]
BACKGROUND. The development of advanced medical imaging systems led to a new scientific discipline known as medical imaging. the main gol of this branch is to obtain three-dimensional information on human body organs through non-invasive methods. In tha last 10 years, many programs, that create images with 3D resolution following 2D images obtained by TC (Computer Tomography) and MRI (Magnetic Resonance) in patients with cancer or congenital malformation, have been developed. The 3D reconstructions find their main application in diagnose and plan surgical treatment in terms of approach type, choice of material, choice of the most suitable technique, safeguarding nearby structures. MATERIALS and METHODS. During the 3-year of study, 40 patients, 13 females and 27 males, aged 6 months to 17, were included in the study. They were subdivided into 3 groups based on the pathology: malformative (29/40), tumor (7/40) and others (4/40). All patients underwent TC or MRI. Based on CT or MRI images, 3D reconstruction was carried out with the Vr Render 0.81 program. All 40 children underwent surgery. All imaging have been discussed between pediatric surgeon and radiologist to plan surgical strategy. We do not report intraoperative complications or discrepancies between the 3D reconstruction and the real anatomy of the patient. CONCLUSION. After retrospective analysis of our study, we can conclude that 3D reconstruction allows to better plan surgery of tumor and malformative pathologies. The Vr Render program guarantees to have a correct definition of the size of the pathology, its location and its relationships with nearby structures. The multidisciplinary team (Pediatric Surgeon and the Radiologist) has been Important for the management of complex pathologies. The future of 3D rendering is certainly a major application in surgical planning and training of young surgeons. [edited by author]
XXIX n.s.
ZAMBAITI, ELISA. « Organoidi gastrointestinali pediatrici e fetali : modello di cultura tridimensionale in vitro ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2022. http://hdl.handle.net/11577/3447317.
Texte intégralAims Adult COVID-19 is mainly respiratory illness, but in children GI symptoms are more frequent. Furthermore, fetuses are rarely affected by COVID-19. Organoids are a relatively new tool to in vitro establish long-living culture that three-dimensionally resemble the tissue of origin and may both maintain the stemness and fully differentiate in all cell types. As a proof of concept, we aimed to develop a culture system for gastrointestinal organoids (GIOs) to investigate SARS-CoV-2 infection in gastric epithelium across the lifespan. Methods GIO were derived from 8-21 week fetuses and from pediatric and adult tissues. They were cultured using chemically-defined medium, to test their ability to maintain stemness and to fully differentiate. GIO were analyzed in correlation to the surrounding ECM. Reverse cellular polarity Organoids (RP-GOs) were induced and incubated with SARS-CoV-2. All experiments were analyzed by qPCR, immunofluorescence and qualitative analysis as appropriate. Results Gastrointestinal organoids can be isolated from all gestational ages, demonstrating normal gastric epithelial morphology and expressing mature gastric cell types including, the niche, secretive, and enteroendocrine cells. These cultures may be maintained indefinitely in vitro and cultured in GMP-compliant conditions. RP-GOs exhibit apical-out polarity, exposing ACE2 on the external surface, optimizing conditions for viral infection. Viral nucleoprotein was demonstrated in cells undergoing apoptosis, with pediatric RP-GOs most susceptible and efficiently infected compared to fetal and adult organoids. Conclusions We have successfully established an efficient gastrointestinal organoid culture systems for all ages, from fetal life to adulthood. Organoid-based technology can be used for in vitro disease modelling, drug testing or cell therapy. The application of GMP compliant rules makes the clinical translation closer.
BERTAMINO, MARTA. « NEXT GENERATION SEQUENCING FOR DIAGNOSIS IN MONOGENIC PEDIATRIC STROKE .. from NGS panel to Whole Exome Sequencing ». Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2019. http://hdl.handle.net/11567/945076.
Texte intégralLa, Pergola Enrico. « L'espressione della Citocheratina 20 (CK20) nell'atresia delle vie biliari : un nuovo possibile marker di prognosi ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2020. http://hdl.handle.net/11577/3425803.
Texte intégralGrandi, Francesca. « Short bowel syndrome in età pediatrica : dall'eziopatogenesi al trattamento ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3422276.
Texte intégralLa sindrome dell'intestino corto o Short Bowel Syndrome (SBS) in età pediatrica è una condizione di malassorbimento e dismotilità intestinali, conseguenza di rare malformazioni congenite o patologie acquisite, che comportino resezioni chirurgiche più o meno estese dell'intestino sino, nei casi più gravi, ad insufficienza intestinale. Allo stato attuale, la gestione dei pazienti affetti da SBS è multidisciplinare; varie le possibili strategie terapeutiche: la nutrizione parenterale totale, la chirurgia di "allungamento intestinale" e, nelle fasi più avanzate della patologia, il trapianto di intestino. L'obiettivo primario di tutti questi approcci è quello di promuovere l'assorbimento intestinale, tuttavia nessuno di essi è scevro da complicanze capaci di inficiare la qualità della vita dei pazienti. Sulla base delle precedenti considerazioni, questo Progetto di Ricerca si propone di identificare nuovi approcci per il management ed il trattamento della SBS. A tal fine, la ricerca si è sviluppata su due versanti: uno clinico e l’altro sperimentale. Come noto, la gestione della SBS necessita di un attento follow-up dei pazienti da parte di un'equipe multispecialistica che sia in grado di monitorare, nel breve e nel lungo termine, le possibili complicanze nonché la svezzabilità del paziente dal supporto parenterale. In tale senso, nella parte di ricerca clinica è stata studiata e valutata l'attendibilità della citrullina come marker sierico della funzionalità intestinale residua; l’obiettivo è di proporne un impiego routinario esattamente come avviene per la creatinina nell'insufficienza renale e per le transaminasi nell'insufficienza epatica. A tale scopo, all’interno del nostro campione di pazienti affetti da SBS e seguiti in follow-up, è stata individuata una sottopopolazione campionaria costituita da 10 pazienti inseriti in un programma di nutrizione parenterale ed enterale domiciliare, con età ≤ 5 anni e lunghezza intestinale residua (dopo chirurgia) ≤ 100 cm, che sono stati sottoposti a dosaggio della citrullinemia ad almeno 6 settimane di distanza dalla chirurgia. I valori della citrullinemia sierica sono risultati essere correlati in maniera statisticamente significativa (p < 0,01) sia con la lunghezza intestinale residua di tali pazienti, che con la durata della loro dipendenza dal supporto parenterale. In parallelo, la Ricerca Sperimentale ha rivolto l’attenzione verso una nuova disciplina medica: l’Ingegneria Tissutale. Quest’ultima è una scienza multidisciplinare che si propone di realizzare in laboratorio sostituti tissutali funzionalmente attivi attraverso l’impiego di scaffold, cellule e fattori di crescita. In particolare, in questa seconda parte del progetto di ricerca è stata investigata la possibilità di sviluppare uno scaffold bio-sintetico per applicazioni di ingegneria tissutale intestinale. Brevemente, sono stati realizzati, secondo un protocollo brevettato dal nostro gruppo di ricerca, dei nuovi idrogeli a base di polivinil alcol con un grado di ossidazione dell’1% e del 2%. L'obiettivo dell’ossidazione chimica è stato quello di conferire al biomateriale caratteristiche di biodegradabilità in confronto alla sua forma non ossidata. Dopo cross-linking fisico mediante freezing-thawing, idrogeli in PVA nativo e PVA ossidato sono stati caratterizzati per le loro proprietà morfo-meccaniche e biologiche, tramite analisi ultrastrutturali di microscopia elettronica a scansione, test di trazione, valutazione dell’indice di rigonfiamento e studio di biodegradazione in vivo. Queste indagini hanno dimostrato che la resistenza meccanica e la rigidità del polimero vengono modulate dalla modifica chimica, diminuendo all’aumentare del grado di ossidazione. Diversamente, l’indice di rigonfiamento e il tasso di biodegradazione sono tanto più elevati quanto più aumenta la percentuale dei gruppi carbonilici derivati dall’ossidazione. I risultati ottenuti hanno consentito di identificare nel PVA ossidato all’1% il polimero con caratteristiche morfo-meccaniche e di biodegradazione congeniali ai nostri scopi. Sulla base di questo, è stato allestito uno scaffold composito, costituito da PVA ossidato all’1% cross-linkato con matrice extracellulare intestinale decellularizzata (intera e omogenizzata): la combinazione del polimero (avente proprietà meccaniche e di biocompatibilità/biodegradazione ottimali) con la matrice bioattiva ha consentito di ottenere un supporto capace di favorire la crescita e la proliferazione cellulare. Brevemente, la realizzazione dello scaffold composito ha previsto l'espianto di intestino tenue da ratto adulto e la successiva decellularizzazione del tessuto con metodo detergente-enzimatico secondo Meezan. Dopo aver valutato l'efficacia della procedura di decellularizzazione (marcatura con DAPI) la matrice acellulare è stata caratterizzata tramite colorazione con ematossilina/eosina. A seguito del cross-linking della matrice extracellulare (intera e liofilizzata) con l’idrogelo in PVA ossidato all’1%, la capacità dello scaffold composito nel sostenere l'adesione e la proliferazione cellulare è stata indagata utilizzando cellule staminali mesenchimali da tessuto adiposo umano. A 7 gg dalla semina è stato possibile riscontrare una crescita cellulare significativa sugli scaffold compositi in confronto al solo supporto polimerico. Infine, sulla scorta del modello TESI (Tissue Engineering Small Intestine), tali scaffold sono stati impiantati in omento di ratti adulti, dimostrando, ad un end-point di 4 settimane, la capacità di generare uno pseudoepitelio composito con caratteristiche di tipo intestinale.
Gasparella, Paolo. « Trapianto di rene in età pediatrica. Effetto della rianimazione del donatore in morte cerebrale sull'outcome dell'organo trapiantato ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423377.
Texte intégralINTRODUZIONE ED OBIETTIVI Da quando è stato introdotto 40 anni fa, il trapianto di rene si è progressivamente affermato come la terapia di scelta dell'insufficienza renale terminale. La progressiva perdita di funzione dell'organo trapiantato rimane, tuttavia, la principale causa di fallimento del trapianto. L'outcome del graft è influenzato da molteplici parametri: uno di questi è la "delayed graft function" (DGF), ovvero la ritardata ripresa funzionale dell'organo trapiantato. C'è crescente evidenza che il grado di danno dell'organo da trapiantare possa essere influenzato da eventi intercorsi in terapia intensiva o durante il periodo di morte cerebrale. Un punto chiave, quindi, per capire la qualità dell'organo da trapiantare, sembrerebbe essere la gestione rianimatoria del donatore in morte cerebrale. Gli studi disponibili in letteratura sull'argomento sono quasi esclusivamente basati su una popolazione adulta oppure prendono in considerazione un numero ristretto di parametri. Non ci risulta che esistano attualmente studi simili condotti su pazienti pediatrici. Partendo quindi dall'ipotesi, dimostrata nell'adulto, che alcune variabili riguardanti la rianimazione del donatore possano influenzare la DGF e quindi l'outcome del trapianto, scopo principale del presente progetto di ricerca è stato capire se esista questa correlazione anche nell'ambito del trapianto renale pediatrico. SCOPI Analisi della prevalenza di DGF e i suoi fattori di rischio in una popolazione selezionata. Valutazione dell'impatto della DGF sulla funzionalità del trapianto e sulla sopravvivenza del paziente e del graft a 24 mesi dopo il trapianto. MATERIALI E METODI Sono stati presi in considerazione i dati di tutti i pazienti con età inferiore ai 15 anni sottoposti a trapianto di rene presso il nostro Dipartimento di Pediatria (Chirurgia Pediatrica e Nefrologia Pediatrica- Azienda Ospedaliera e Università degli Studi di Padova) ed è quindi stato condotto uno studio retrospettivo su tutti i casi di trapianto di rene da donatore non vivente eseguiti dal 26/12/2003 al 18/04/2011. E'stato escluso il periodo antecedente per la sostanziale differenza nella terapia immunosoppressiva, fatto che avrebbe costituito una notevole fonte di errore nell'analisi dei dati. I dati dei donatori sono stati estratti dalle osservazioni delle unità di terapia intensiva dalla diagnosi di morte cerebrale al prelievo dell'organo. Sono state considerate: tipo e volume di Plasma Expander, trasfusioni, utilizzo di inotropi, episodi di shock ipotensivo, episodi di arresto cardiocircolatorio, ermanenza in terapia intensiva, creatininemia, uremia e diuresi. I dati dei riceventi sono stati ottenuti attraverso la revisione sistematica delle cartelle cliniche dei reparti di Chirurgia Pediatrica e Nefrologia Pediatrica del nostro centro. I criteri di inclusione sono stati:età inferiore ai 18 anni, donatore cadavere in morte cerebrale, follow-up di almeno un anno. I pazienti sono stati divisi in gruppo 1 (11 pz.) con Delayed Graft Function (DGF) e gruppo 2 (105 pz.) senza DGF. Gli endpoints dello studio sono stati: DGF, funzione dellâorgano trapiantato a 6-12-24 mesi dal trapianto e sopravvivenza del paziente a 6-12-24 mesi. RISULTATI Nel periodo di tempo considerato sono stati eseguiti un totale di 141 trapianti di rene, 126 da donatore cadavere, dei quali in 116 bambini i dati relativi alla donazione erano completi. L'analisi univariata dei parametri del donatore in morte cerebrale ha mostrato che l'età , la morte da accidente cerebrovascolare e dil sesso del donatore sono fattori di rischio per lo sviluppo di DGF. Il modello di regressione logistica multivariata haconfermato come fattore di rischio indipendente per DGF l'età del donatore. A 6 mesi di follow-up, il gruppo con DGF ha mostrato una funzionalità renale e un quadro istologico bioptico peggiori rispetto al gruppo senza DGF, ma non abbastanza da raggiungere la significatività . CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE L'età del donatore si è rivelata un importante fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di DGF, a sottolineare quanto già presente in letteratura di come reni provenienti da donatori pi๠âanzianiâ siano pi๠suscettibili ad esaurire prima la loro funzionalità . La DGF è risultato inoltre un importante fattore di rischio la perdita di funzione del graft a lungo termine , ma non ha alcun effetto sulla sopravvivenza del paziente
Milan, Anna. « L'ingegneria tissutale e l'uso delle matrici decellularizzate nella terapia sostitutiva ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3424477.
Texte intégralRIASSUNTO INTRODUZIONE: vi sono patologie nelle quali è necessario procedere a sostituzione totale o parziale dell'esofago. Tra di esse vi è l'atresia esofagea, una malattia dello sviluppo esofageo che colpisce 1 ogni 3000-4500 neonati. Tra le terapie emergenti ed innovative per il trattamento delle forme più gravi si propone l'uso di matrici decellularizzate create mediante tecniche di Tissue Engineering. Queste strutture rappresenterebbero la scelta ideale, in quanto esse mantengono le caratteristiche della matrice extracellulare (ECM) dell'esofago nativo, ma sono private della componente cellulare abbattendo il rischio di incompatibilità e di rigetto. Tuttavia va identificata un'adeguata strategia di conservazione delle matrici prodotte in laboratorio per garantirne la preservazione in modo da renderle disponibili e utilizzabili nella pratica clinica. SCOPI: identificare un metodo efficace di produzione e conservazione delle matrici esofagee decellularizzate in un modello di grande animale. MATERIALI E METODI: esofagi di coniglio sono stati prelevati e decellularizzati utilizzando un metodo che combina l'uso di detergenti ed enzimi (DET). Le matrici sono state analizzare dopo 2-4 settimane e 3-6 mesi dopo averle conservate in 4 modi differenti: SCM (congelate lentamente in medium e conservate in azoto liquido); SF (snap-frozen in azoto liquido e conservate a -80°C), FD (freeze-dryed e poi conservate a -20°C); 4C (in PBS a 4°C). Analisi di struttura e meccanica sono state effettuate ad ognuno dei 4 time-points. RISULTATI: abbiamo raggiunto una decellularizzazione efficace con preservazione dell'ECM dopo 2 cicli DET (come mostrato dalla quantificazione del DNA e dall'istologia). Solo il metodo SCM preserva le caratteristiche strutturali e meccaniche della matrice fino all'ultimo time point dei 6 mesi. Gli altri metodi non sono efficaci, in particolar modo SF porta a collasso della micro-architettura tissutale, i campioni in FD non possono essere reidratati dopo 3 o 6 mesi e la conservazione a 4°C porta a progressiva distorsione delle strutture. DISCUSSIONE: è possibile creare matrici esofagee decellularizzate utilizzando la combinazione di detergenti ed agenti enzimatici. Un metodo di conservazione efficace permette di preservare la matrice esofagea decellularizzata rendendola uno strumento concretamente utilizzabile nella terapia sostitutiva dell'esofago. Abbiamo illustrato come il metodo SCM sia il migliore a tale scopo.
Zolpi, Elisa. « Malformazioni anorettali : classificazione e studio morfologico ed immunoistochimico della nostra casistica ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423634.
Texte intégralPRESUPPOSTI DELLO STUDIO L’eziopatogenesi delle malformazioni anorettali è sconoscosiuta e multifattoriale. La classificazione delle MAR dal punto di vista genetico non è semplice per il fatto che tali malformazioni si presentano sotto differenti forme influenzate probabilmente, da fattori diversi come il genere e le anomalie associate. Sono descritte in letteratura sindromi genetiche e cromosomiche associate a tali malformazioni e per tale motivo risulta importante conoscere il fenotipo con le quali si manifestano ed eseguire un analisi citogenetica classica nei pazienti con MAR al fine di per poterle individuare anomalie cromosomiche che potrebbero essere associate ad una certa ereditarietà. Il normale sviluppo dell’intestino posteriore (hindgut) dipende dal corretto sviluppo della cloaca e della membrana cloacale, nonché dalle corrette interazioni epitelio-mesenchimali indispensabili per una morfogenesi corretta. Sonic Hedgehog (Shh) è un eccellente candidato come mediatore nelle interazione tra endoderma e mesoderma , multipli studi su modelli animali hanno evidenziato come la ridotta o mancata presenza di Shh o dei mediatori a valle del suo segnale, siano in grado di causare difetti diversi nello sviluppo della regione anorettale. SCOPO La prima parte dello studio è per la maggior parte retrospettivo, ed ha lo scopo di classificare dal punto di vista genetico e clinico, i pazienti affetti da MAR seguiti presso il reparto di chirurgia pediatrica fino all’anno 2011 (periodo 1991-2011), suddividendoli in forme sindromiche e non, in casi sporadici o familiari. Un ulteriore parte dello studio ha lo scopo di identificare anomalie cromosomiali associate alle MAR. La seconda parte ha lo scopo di effettuare una caratterizzazione morfologica e immunoistochimica del tessuto prelevato dal sito della malformazione per verificare quali alterazione parietali siano presenti, e valutare l’espressione di Shh nel contesto del tessuto normale e patologico. MATERIALI E METODI La prima parte del lavoro retrospettivo è stato ottenuto rivalutando la storia clinica di tutti i pazienti seguiti presso il reparto di chirurgia Pediatrica dall’anno 1991 fino al 2011. Per il conseguimento del secondo obiettivo è stata effettuata l’analisi citogenetica classica e molecolare (mediante FISH: Fuorescence in situ Hybridization o con array-CGH: array based-comparative genomic Hybridization), del sangue periferico dei pazienti seguiti dall’anno 2000, con eventuale estensione ai genitori o altri familiari. Per lo studio morfologico il materiale proveniente dalla sede della malformazione, è stato valutato al microscopio ottico e sottoposto alla colorazione classica Ematossilina-Eosina, con lo scopo di valutare: il tipo di rivestimento, presenza di erosione e/o di ulcerazione, edema della lamina propria, l’architettura strutturale della tonaca muscolare, la presenza della trama connettivale e della sua disposizione. Per lo studio immunoistochimico sono stati utilizzati di alcuni marcatori dei processi di maturazione e differenziazione muscolare (Miogenina), dei marcatori di staminalità (CD34, CD133,) e delle possibili vie patogenetiche coinvolte (Shh). RISULTATI Sono stati individuati nel periodo 1991-2011, 143 pazienti affetti da MAR suddivisi in forme isolate 56, forme associate 82, con 6 forme sindromiche , 4 associazioni cliniche; 5 casi non sono classificabili. Nel maschio sono 50 le forme associate e 32 le forme isolate; nella femmina sono 32 le forme associate e 24 le forme isolate. Le forme sindromiche riscontrate sono: 2 sindromi cromosomiche, 4 sindromi genetiche. Non è stata identificata nessuna forma familiare Le osservazioni più interessanti dello studio istologico riguardano la tonaca muscolare valutata sia nella sua componente circolare interna che longitudinale esterna: nella maggior parte dei difetti si osserva un importante disarrangiamento delle fibre muscolari con rilevante dissociazione da parte della componente fibrosa. L’espressione di CD133 è stata valutata nei diversi livelli della parete intestinale; vi è un’intensa espressione di tale marker ma in misura minore rispetto il CD34 che presenta un’intensa positività in tutti gli strati, soprattutto nella lamina propria direttamente al di sotto dell’epitelio. La miogenina è costantemente negativa. Per quanto riguarda Shh i livelli di intensità del segnale è notevolmente più basso nella tonaca muscolare. CONCLUSIONI I risultati di questo lavoro indicano, in accordo con la letteratura, che il 60% dei pazienti con MAR ha un difetto associato. La fistola rettovescicale nel 80% dei casi si associa ad altre malformazioni seguita da: cloaca (78%), fistola rettouretrale (71%), fistola rettovestibolare (65%), fistola perineale (49%). Dalla ridotta espressione di Shh a livello del tessuto mesodermico del difetto si può ipottizare che o, ad un alterazione che colpisce direttamente Sonic o i suoi mediatori a valle, porti all’assenza di un ottimale gradiente parietale necessario per un corretto modellamento degli strati parietali intestinali, e quindi alle alterazioni in parte osservate in questo studio preliminare. Questa down-regulation può fornire una supporto molecolare all’ipotesi che l’incompleta formazione e divisione della cloaca determina un’ampia varietà di malformazioni dell’intestino posteriore. Per confermare tale ipotesi sono comunque necessari ulteriori studi sull’espressione dei mediatori a valle del segnale Shh quali per esempio Gli2, Bmp-4, Hox geni e le proteine Wnt.
Cesca, Eleonora. « Pediatric Kidney Transplant. Effect of brain-dead donor resuscitation on delayed graft function ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422497.
Texte intégralRIASSUNTO Introduzione e scopo dello studio. In pazienti adulti, danni legati allo stato di morte cerebrale e alle manovre rianimatorie possono influenzare la ”delayed graft function” (DGF) e l‟outcome dell‟organo trapiantato. Scopo dello studio è stato valutare, in trapiantati di rene in età pediatrica, la correlazione tra parametri rianimatori del donatore cadavere e l‟outcome dell‟organo trapiantato. Materiali e Metodi. Il campione casistico è consistito in 116 pazienti (età ≤ 16 anni), sottoposti a trapianto di rene da cadavere dal 2004 al 2011. I pazienti sono stati divisi in gruppo 0 (No. 11) con DGF e gruppo 1 (No. 105) senza DGF. Gli “endpoints” dello studio sono stati: DGF, funzione dell‟organo trapiantato a 6 mesi dal trapianto e sopravvivenza del paziente e del rene trapiantato a 6 mesi. Risultati. L‟analisi monovariata dei parametri del donatore in morte cerebrale ha dimostrato che l‟età superiore a 15 anni, la combinazione donatore femmina/ricevente maschio e morte da accidente cerebrovascolare rappresentano fattori di rischio per lo sviluppo di DGF. Il modello di regressione logistica multivariata ha confermato come fattori di rischio indipendente per DGF l‟età del donatore e la combinazione donatore femmina/ricevente maschio. A 6 mesi di follow-up, il gruppo con DGF ha dimostrato una funzionalità renale e un quadro istologico bioptico significativamente peggiori rispetto al gruppo senza DGF. Conclusioni. Ad eccezione della causa di morte non traumatica, nessuna variabile ha influenzato la DGF nei bambini trapiantati. L'età del donatore (>15 anni) e la combinazione donatore femmina/ricevente maschio si sono rivelati importanti fattori di rischio indipendente per lo sviluppo di DGF. Inoltre, la DGF è risultato un fattore predittivo di funzionalità a breve termine dell‟organo trapiantato.
De, Corti Federica. « Aspetti clinici e terapeutici dei sarcomi delle parti molli, non rabdomiosarcoma, del torace ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422438.
Texte intégralI Sarcomi delle Parti Molli non Rabdomiosarcoma (NRSTS) localizzati al torace rappresentano un’entità rara in età pediatrica, caratterizzata da una prognosi infausta. Il torace, proprio per il fatto di essere una sede raramente colpita da questi tumori, viene raggruppato insieme ad altre sedi infrequenti, seguendo quella che è la classificazione applicata ai Rabdomiosarcomi: al suo interno si possono distinguere la parete toracica, la sede paraspinale e la regione intratoracica. L’istotipo più frequentemente rappresentato è il Sarcoma di Ewing (ES)/pPNET, seguito dal gruppo dei NRSTS “adult-type”, dal Sarcoma Sinoviale e da altri istotipi. Scopo della presente analisi è stato quello di analizzare la popolazione di NRSTS toracici registrati nei tre Protocolli Italiani che si sono susseguiti dal 1979 al 2005, al fine di incrementare le conoscenze su questo raro gruppo di neoplasie. Sono stati presi in considerazione 99 pazienti, 66 localizzati a livello della parete toracica, 18 a localizzazione intratoracica, 15 paraspinali; 58 erano ES/pPNET, 29 “adult-type” NRSTS, 5 Sarcomi Sinoviali e 7 altri istotipi. E’ stato riconosciuto il ruolo prognostico giocato da dimensioni, invasività locale, estensione linfonodale loco-regionale e disseminazione metastatica a distanza; ma anche l’indubbio vantaggio prognostico determinato dall’exeresi iniziale completa, che a sua volta è correlata alle caratteristiche summenzionate. Queste caratteristiche sono trasversali a tutte le sottosedi e a tutti gli istotipi, sebbene i tumori paraspinali dimostrino una prognosi più severa rispetto alle altre sedi ed i ES/pPNET si manifestino più frequentemente in una forma avanzata di malattia con metastasi a distanza. Sicuramente l’eterogeneità del campione preso in esame rende difficili delle conclusioni definitive, tuttavia questa analisi apporta un incremento nelle conoscenze su questo argomento, che rappresenta una sfida particolare per il chirurgo pediatra anche dal punto di vista delle difficoltà legate alla chirurgia, sia nella sua parte demolitiva sia nella sua parte ricostruttiva. Infatti, se è pur vero che il controllo locale è fondamentale per dare delle valide possibilità di guarigione, è altrettanto importante garantire un risultato funzionale ed estetico soddisfacente a questi piccoli pazienti, e la gabbia toracica, con le sue caratteristiche di resistenza ed elasticità, costituisce uno stimolo alla ricerca di strategie operatorie e di tecniche ricostruttive innovative, sempre nel rispetto della radicalità che consente di evitare la radioterapia ed i suoi possibili effetti collaterali.
Virgone, Calogero. « Il ruolo dell'analisi morfologica del reticolo intercellulare (the "reticulin algorithm") nel distinguere le forme benigne dalle forme maligne di tumore adrenocorticale in età pediatrica ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3422270.
Texte intégralABSTRACT Background e obiettivi. La diagnosi istologica dei tumori adrenocorticali (ACT) in età pediatrica è difficoltosa in alcuni casi e non permette sempre agevolmente la distinzione tra forme benigne e forme maligne. Lo score di Wieneke, che permette di classificarli in tumori benigni, tumori indeterminate e tumori maligni, prevede però la valutazione di ben nove parametri istopatologicici. Nei tumori corticosurrenalici dell'adulto, l'algoritmo della reticolino è stato dimostrato essere un metodo affidabile e facilmente riproducibile per la classificazione dei tumori adrenocorticali. Lo scopo di questo studio è di validare retrospettivamente l'applicazione dell'algoritmo della reticolina (RA) ad una casistica di ACT pediatrici. Materiali e metodi. Sono stati analizzati 37 casi di ACT pediatrici trattati da 3 diversi centri europei: questi erano stati classificati come benigni nel 46% (17 casi), indeterminati 22% (8) e maligni 32% (12) secondo lo score di Wieneke. Tutti i casi sono stati riclassificati con il RA (maligni se all'alterazione del reticolo si associava necrosi, invasione vascolare o un'alta conta mitotica). Si è provveduto a considerare sia il cut-off degli adulti (>5/50 HPF; aRA) sia quello pediatrico (>15/20 HPF; pRA). L'alterazione del reticolo considerata era sia qualitativa sia quantitativa. Cinque patologi hanno rivisto le sezioni colorate per il reticolo ed un secondo round di revisione è stato effettuato per raggiungere un consensus sui casi discordanti. Risultati. Il reticolo è risultato intatti in 8 casi (22%) tutti benigni anche secondo il Wieneke index. Gli altri 29 casi (78%) hanno mostrato un'alterazione del network intercellulare (quantitativi in 16 casi, qualitativi in 9 e misti in 4). Sia il Wieneke index (p<0.0001) sia il RA (pRA p=0.0005 e aRA p=0.015) hanno mostrato di associarsi all'outcome clinico. Tutti i casi indeterminati secondo Wieneke sono andati incontro ad un outcome favorevole, tranne 2 casi che risultano vivi con malattia. Il aRA distribuisce questi casi: 4 nel gruppo dei tumori benigni e 4 nel gruppo dei maligni; il pRA li classifica 5 come benigni e 3 come maligni. Conclusioni. Il RA è un valido algoritmo prognostico per diagnosticare e stratificare gli ACT pediatrici sia nella sua versione descritta per i casi dell'adulto sia nella versione, descritta qui per la prima volta, adattata per i casi pedatrici.
Carretto, Elena. « Tumori rari pediatrici come spia di sindromi genetiche : un report dal progetto TREP (Tumori Rari in Età pediatrici) su carcinoma renale e feocromocitoma ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426505.
Texte intégralConsideriamo "tumori rari in età pediatrica" quei tumori con un incidenza inferiore ai 2 casi/1.000.000 bambini/anno e che non sono inclusi in protocolli di trattamento dell'Associazione Italiana di Emato-Oncologia Pediatrica (AIEOP). Questi Tumori sono l'oggetto di un progetto nazionale denominato Progetto TREP che si propone fra gli obiettivi la registrazione dei pazienti con tumore raro e l'avvio di studi a loro dedicati. Questo studio si basa sull'ipotesi che l'insorgenza in un bambino di un tumore tipico dell'età adulta, ma estremamente raro in età pediatrica possa essere l'espressione di una condizione genetica predisponente. Infatti più è precoce l'età di insorgenza di un tumore meno è facile che sia avvenuta un' esposizione a fattori ambientali. Il carcinoma renale (CR) può presentarsi in forma sporadica o come parte del quadro clinico di alcune malattie genetiche, tra cui la malattia di Von Hippel-Lindau. Analogamente feocromocitoma e paraganglioma possono presentarsi sia in forma sporadica che associati ad alcune malattie geneticamente trasmissibili tra cui la malattia di Von Hippel-Lindau, la sindrome del feocromocitoma/paraganglioma ereditario, la sindrome da neoplasie endocrine multiple tipo 2 (MEN 2) e la neurofibromatosi tipo 1. SCOPO Nella tesi riportiamo i dati preliminari di uno studio retrospettivo e prospettico condotto nell'ambito del Progetto TREP, che ha lo scopo di valutare la prevalenza delle principali sindromi genetiche associate a carcinoma renale e a feocromocitoma in età pediatrica. MATERIALI E METODI Sono stati considerati i pazienti con carcinoma renale e con feocromocitoma registrati nel Progetto TREP di età <18 anni, con diagnosi da gennaio 2000 a maggio 2009 e vivi, con o senza evidenza di malattia, al momento dello svolgimento di questo studio. Questi pazienti sono stati registrati da 18 Centri italiani di Chirurgia o Oncologia Pediatrica. I pazienti, sono stati ricontattati dal medico del centro di riferimento e gli è stato proposto di essere sottoposti a prelievo di sangue periferico per ricerca di alterazioni genetiche. In particolare sono state ricercate: VHL (malattia di Von Hippel-Lindau): sia per i carcinomi renali che per i feocromocitomi RET (MEN2), SDHB, SDHC e SDHD (sindrome del feocromocitoma/paraganglioma familiare): solo per i feocromocitomi. Inoltre per i carcinomi renali è stato compilato dal clinico che aveva in cura il paziente un questionario che cercava di identificare sintomi e segni delle possibili sindromi associate. L'analisi delle mutazioni del gene VHL per l'identificazione di mutazioni puntiformi o di piccola taglia è stata condotta sull'intera sequenza codificante e sulle zone di giunzione introne-esone attraverso amplificazione in PCR, DHPLC e sequenziamento diretto. La PCR Real Time quantitativa è stata utilizzata su frammenti di DNA genomico rappresentanti ogni esone del gene VHL per identificare delezioni di parti o dell'intero gene. L'analisi genetica del gene RET e dei geni SDHB, SDHC ed SDHD è stata condotta mediante sequenziamento diretto delle regioni codificanti e delle regioni introniche fiancheggianti. Per il gene RET sono stati sequenziali gli esoni 8, 10, 11, 13, 15 e 16. Per quanto riguarda i geni SDHx sono stati sequenziati interamente gli 8 esoni di SDHB, i 6 di SDHC e i 4 di SDHD; inoltre è stata condotta l'analisi dei riarrangiamenti mediante MLPA (Multiple Ligation Probe Assay). Abbiamo infine analizzato i risultati del trattamento correlandoli alla presenza di una sindrome genetica. RISULTATI Per quanto riguarda i carcinomi renali sono stati identificati 32 pazienti eligibili al nostro studio. La scheda anamnestica è stata somministrata in 11 pazienti, e non ha posto in nessun paziente il sospetto clinico di una sindrome genetica associata. L'analisi genetica per VHL è stata condotta in 13 pazienti ed in tutti i casi ha dato esito negativo. Clinicamente la prognosi è apparsa correlata con lo stadio e quindi con la chirurgia: i pazienti con tumore localizzato asportato completamente hanno mostrato un' ottima sopravvivenza. Per i feocromocitomi l'analisi genetica è stata condotta in 14 pazienti su 20 eligibili ed ha evidenziato una mutazione germinale in 7 (2 VHL, 1 SDHD, 4 SDHB) con una prevalenza totale del 50%. Ove possibile l'analisi genetica è stata estesa anche ai familiari: finora sono stati identificati 9 familiari con mutazione del gene SDHB e uno con mutazione di SDHD. Dal punto di vista clinico i nostri dati confermano l'importanza di una chirurgia completa del tumore. Non è stata riscontrata una differenza significativa nelle manifestazioni cliniche e nella prognosi dei pazienti sindormici quando confrontati a quelli non sindormici. CONCLUSIONI Per quanto riguarda il carcinoma renale, non siamo riusciti ad evidenziare una associazione con la sindrome di VHL, ma la limitata numerosità del campione esaminato ci permette di trarre solo delle conclusioni preliminari. Nei feocromocitomi abbiamo riscontrato un' elevata prevalenza (50%) di sindromi genetiche associate. Tale frequenza è superiore rispetto a quanto riportato in casistiche di pazienti adulti confermando che l'insorgenza di un feocromocitoma in età pediatrica è maggiormente associata ad una sindrome genetica. I nostri dati dimostrano che alcuni tumori rari per l'età pediatrica possono rappresentare la prima manifestazione di una sindrome genetica. Il risultato del trattamento è strettamente correlato all' esito della chirurgia sia per i carcinomi renali che per il feocromocitoma. E' però importante sottolineare che oltre le problematiche inerenti al trattamento vanno considerate quelle di tipo genetico per le implicazioni che una family cancer syndrome può avere per la famiglia e il paziente stesso.
Berrettini, Alfredo. « Long term outcomes in terms of sexual function and relational aspects in primary cases born with Bladder Exstrophy ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3422993.
Texte intégralIntroduzione e scopo dello studio L’Estrofia Vescicale-Epispadia (EV) è una rara patologia congenita caratterizzata da uno sviluppo incompleto della vescica e dell’uretra. La sua prevalenza varia da 1/25.000 a 1/40.000 nati ed in Italia si stima un'incidenza di circa 15 nuovi casi ogni anno. La patologia colpisce maschi e femmine con un rapporto di 2:1. L’etiologia non è nota. La patologia, colpendo l’apparato uro-genitale si riflette su elementi di primaria importanza, vale a dire la continenza urinaria e la vita sessuale. Tali aspetti possono condizionare fortemente la vita di relazione dei soggetti affetti. Scopo dello studio è stato quello di identificare sia gli aspetti psicosessuali e psicosociali che gli aspetti disfunzionali sessuali in soggetti affetti da EV. Materiali e metodi Abbiamo eseguito un’indagine strutturata mediante il questionario SESAMO (Sexuality Evaluation Schedule Assessment Monitoring - Boccadoro, Perillo 1996). Sono stati individuati due gruppi d’indagine: un gruppo di pazienti (casi) e uno di soggetti non portatori della patologia (controlli). Tutti i soggetti sono stati invitati a rispondere alla versione maschile o femminile, single o di coppia del questionario. I questionari sono stati caricati nel programma SESAMO-Win ed elaborati dal software SESAMO-R. Sia i Casi che i controlli sono stati analizzati sia in generale che divisi per sesso e situazione affettiva single/coppia. Sono state indagate le Aree risultate significative nel gruppo dei Casi e non nel corrispettivo gruppo dei Controlli; di tali Aree sono stati analizzati singolarmente i vari Item che le componevano, evidenziando la percentuale di risposte significative. Abbiamo inoltre valutato lo stato di continenza dei pazienti. Risultati Il questionario è stato consegnato a 45 pazienti affetti da EV di cui 30 maschi (M) e 15 femmine (F) e 40 controlli, di cui 20 M e 20 F. Hanno aderito allo studio 26 casi (17 M e 9 F), con un tasso di risposta di 57,7%, e 35 controlli (18 M e 17 F) con un tasso di risposta di 87,5%. In particolare per quanto riguarda i casi, 16 (61,5%) di cui 11 M e 5 F, hanno compilato il questionario come situazione affettiva di “coppia” e 10 (38,5%) di cui 6 M e 4 F come “single”; riguardo i controlli 26 (74,5%) (14 M e 12 F) hanno compilato il questionario come situazione affettiva di “coppia” e 9 (25,5) (4 M e 5 F) come “single”. L’età mediana è stata di 28 anni nel gruppo dei casi e 30,5 nei controlli. Le Aree Relati psicoambientali e Vissuto corporeo sono risultate significative in tutti i gruppi dei Casi (eccetto nei Casi Femmine totali per quanto riguarda il vissuto corporeo) e mai nei gruppi dei Controlli. L’Area Desiderio è significativa solo nei Casi Femmine. Gli Ambiti del piacere sono significativi solo nei gruppi dei Controlli e mai nei Casi. La Masturbazione remota è significativa sia nel gruppo dei Casi che dei Controlli Femmine. L’Esperienziale pregresso e l’ Anamnesi Medica e Sessuale sono significative in tutti i gruppi (eccetto nel gruppo dei Controlli Femmine per quest’ultima Area). I pazienti hanno presentato un tasso di continenza dell’80,7%. Conclusioni I pazienti affetti da estrofia vescicale presentano una spiccata tendenza all’ossessività che si manifesta sia nelle pratiche quotidiane che nei confronti della sessualità. Sono insoddisfatti del loro tempo libero ma circa la metà di essi ha raggiunto una condizione sociale soddisfacente. Presentano un rapporto critico con i propri genitori e in particolar modo con la madre, figura sicuramente più presente nel percorso clinico; specialmente nelle pazienti di sesso femminile si riscontra una carente comunicazione intrafamiliare riguardo alla sessualità. E’ emersa inoltre una difficoltà ad esprimere e raccontare le loro esperienze, in particolare quelle sessuali che definiscono frustranti. L’attenzione rivolta al “se’ corporeo” è risultata molto critica, più nei casi in situazione di coppia che nei single; le zone interessate dalla malattia e di conseguenza coinvolte negli interventi chirurgici sono le più odiate da essi. Le disfunzioni sessuali colpiscono in alta percentuale entrambi i sessi e nel complesso le donne sembrano avere più difficoltà ad avere un rapporto sessuale soddisfacente. La sessualità è vissuta in maniera patologica sia nel gruppo dei pazienti “single” che “coppie”. I pazienti single non sono soddisfatti della loro situazione affettiva e neppure della frequenza dei rapporti sessuali. I pazienti che vivono una situazione di coppia sono spinti ad attuare con maggiore frequenza la masturbazione non per proprio piacere ma come atto sostitutivo al rapporto sessuale completo.
Fascetti, Leon Francesco. « Utilizzo di precursori muscolari scheletrici e precursori derivati da sistema neuroenterico nella correzione di difetti sfinteriali ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3421627.
Texte intégralIl progetto di ricerca nasce dall’ipotesi dell’utilizzo di approcci di terapia cellulare ed ingegneria tissutale nel tratto digerente. L’ambiente clinico da cui nasce lo spunto per questo progetto di ricerca è la Chirurgia Pediatrica. Tuttavia le tematiche affrontate abbracciano trasversalmente ogni fascia di età. Ci si è interessati in particolare alla possibilità di correggere difetti “sfinteriali” tramite l’utilizzo di precursori derivati dal muscolo scheletrico. In tale ottica sono state esplorate le capacità di integrazione nel tessuto contrattile del tubo digerente di precursori cellulari del muscolo scheletrico (cellule staminali committed). Sono stati eseguiti esperimenti in vivo e in vitro. La maggior parte dei dati sono stati ottenuti utilizzando un modello di danno da congelamento a carico della giunzione gastro-esofagea di topo. Sono state esplorate le possibilità di rigenerazione dopo iniezione di cellule satellite coltivate o a fresco ottenute con la tecnica della singola fibra. Il candidato ha personalmente utilizzato diverse tecniche per l’ottenimento di precursori staminali da muscolo scheletrico, colture cellulari primarie, coculture tra vari tipi cellulari, nonché varie tecniche di analisi (istologia convenzionale, analisi d’immunofluorescenza delle criosezioni, western-blotting, citofluorimetria, analisi statistica e d’immagine microscopica). Per gli esperimenti in vivo,inoltre, sono state utilizzate tecniche di microchirurgia sul piccolo animale. Risultati del lavoro svolto sono stati oggetto di presentazioni in congressi nazionali ed internazionali: - Murine Muscle Precursor Cells survived and integrated in a Cryoinjured Gastroesophageal Junction. Fascetti Leon F, Malerba A, Boldrin L, Leone E, Betalli P, Pasut A, Zanon GF, Gamba PG, Vitiello L, DeCoppi P. J Surg Res. Epub 2007 Jun 19 - Muscle precursors injection in the gastroesophageal junction: further experience. Fascetti Leon F, Malerba A, Boldrin L, Zanon GF, Gamba PG, Pierro A, De Coppi P. Oral presentation at the 8th European Congress of Paediatric Surgery (EUPSA) Turin, Italy 2007 In vitro enhancement of muscle precursors cells differentiation enhanced by co-cultures with neurogenic cells. A Malerba, F Fascetti Leon, L Boldrin, C Caldwell, N, Thapar, A Pierro, P De Coppi British Association of Paediatric Surgeons (BAPS) annual meeting Edimburgh, UK 2007 - Further experience with the injection of muscle precursors in the gastroesophageal junction Fascetti Leon F, Malerba A, Boldrin L, Vitello L, Talenti E, Zanon GF, Gamba PG, Pierro A, De Coppi P. presentation at the American Paediatric Surgeons Association (APSA) Orlando, Florida 2007 - Long term integration of muscle precursor cells injected in the lower esophageal sphincter. Fascetti Leon F, Malerba A, Boldrin L, Betalli P, Gamba PG, Vitiello L, A. Pierro, DeCoppi P. submitted. Gli esperimenti “in vivo” e ‘analisi istologica sono stati condotti presso il Centro inter-dipartimentale Vallisneri dell’Unioversità di Padova. Le colture cellulari sono state eseguite presso il Laboratorio di Medicina Rigenerativa Della Città della Speranza (c/o Dipartimento di Pediatria e Istituto VIMM). Parte dell’analisi e delle co-culture sono state eseguite presso l’Institute of Child Health - Great Ormond Street Hospital di Londra. Il lavoro svolto porta alla conclusione che cellule precursori muscolari derivati da tessuto muscolare scheletrico adulto sono potenzialmente utilizzabili nella rigenerazione delle strutture contrattili del tubo digerente. In particolare la buona capacità di integrazione e dati sulla possibile trans-differenziazione verso la linea cellulare muscolare liscia stimolano a proseguire nella direzione di una terapia cellulare dei difetti sfinteriali. Pochi dati sono derivati dagli esperimenti condotti sullo sfintere anale interno, che vanno pertanto considerati preliminari. Inoltre la capacità di integrazione e interazione in vitro tra cellule nervose gangliari e muscolari derivate da muscolo scheletrico fanno pensare ad un più ampio utilizzo nei difetti di contrattilità gastro-intestinali.
Sgrò, Alberto. « Tissue engineering for the surgical tratment of muscle defects : application on animal model of congenital diaphragmatic hernia and skeletal volume muscle loss ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3426684.
Texte intégralPremesse. Il trattamento della perdita di sostanza muscolare dovuta a traumi, resezioni chirurgiche o malformazioni rappresenta ancora una sfida in ambito medico. In passato sono stati creati diversi bioscaffold che potessero sostituire il tessuto muscolare ma i risultati sono stati poco soddisfacenti a causa del mancato stimolo alla rigenerazione tissutale e del mancato recupero funzionale. Alcuni studi hanno hanno esaminato le potenzialità rigenerative di bioscaffold derivati da matrice extracellulare di muscolo scheletrico. In ambito di ingegneria tissutale risulta sempre più importante la specificità tissutale dello scaffold. Questo studio mette a confronto il potenziale rigenerativo di scaffold tessuto-specifici e non in un modello di perdita di sostanza muscolare. In particolare vengono studiati i meccanismi di rigenerazione muscolare e la risposta macrofagica. Materiali e Metodi. Utilizzando un protocollo di decellularizzazione detergente-enzimatico, sono stati ottenuti da modello murino scaffold di matrice extracellulare di cute, intestino, rabdomiosarcoma. Di tali scaffold sono state studiate le caratteristiche intrinseche. Come modello animale è stato utilizzato il topo wild type. Gli scaffold sono stati impiantati chirurgicamente a livello del diaframma e del muscolo tibiale anteriore. I campioni, prelevati a timepoints diversi, sono stati esaminati con istologia, quantificazione del DNA, Immunofluorescenza, Real-Time PCR. Risultati. E' stato possibile ottenere scaffold di matrice extracellulare decellularizzata da ciascun tessuto esaminato. La struttura e la composizione della matrice extracellulare è stata preservata nonostante il trattamento di decellularizzazione. L'applicazione in vivo di scaffold derivati da muscolo ha indotto la rigenerazione di nuove fibre muscolari centro-nucleate. L'applicazione in vivo degli scaffold derivati dagli atri tessuti non ha condotto a rigenerazione tissutale. Una volta applicato lo scaffold derivato dal muscolo la risposta macrofagica è stata significativa e caratterizzata da una distribuzione regolare delle cellule. Conclusioni- Il protocollo di decellularizzazione utilizzato in questo studio è risultato efficace nell'ottenere matrici extracellulari decellularizzate pur preservando le caratteristiche della matrice stessa. Lo stimolo rigenerativo ottenuto solamente mediante impianto di matrice muscolare sottolinea l'importanza della specificità tissutale nell'ottica di ottenere un valido sostituto in caso di danno con perdita di sostanza.
Bollini, Sveva. « Cardiomyogenic Potential of Amniotic Fluid Stem Cells As A New Tool For Cell Based Cardiac Tissue Engineering ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425604.
Texte intégralRUSSO, TIZIANA. « Balanite Xerotica Obliterans in età pediatrica :meccanismi di danno biomolecolare e ricerca di strategie farmacologiche innovative ». Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11570/3104657.
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