Littérature scientifique sur le sujet « Management di Conflitto »

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Articles de revues sur le sujet "Management di Conflitto"

1

Pacella, Gemma. « Nuove forme di conflitto sindacale. L'esempio dei rider ». SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no 164 (décembre 2022) : 108–21. http://dx.doi.org/10.3280/sl2022-164006.

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Résumé :
Il saggio propone un'analisi sui sindacati nell'ordinamento italiano, al fine di dimo-strare l'infondatezza dell'indifferenza dell'attuale ecosistema digitale nei confronti del ruolo del sindacato tradizionale e delle sue pratiche. L'autrice considera il caso dei sindacati del lavoro su piattaforma digitale come un efficace esempio di con-flitto collettivo, che ci ha mostrato forme di azione anche inedite e che fornisce la prova che, contrariamente alle molte critiche, il sindacato e la sua azione non sono collassati. Infine, l'autrice critica il nuovo modello partecipativo del sindacato nell'impresa e propone di recuperare il ruolo essenziale del conflitto collettivo.
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2

Ruffino, Marco. « Individualizzazione della diseguaglianza sociale e politiche delle capacitazioni ». SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no 120 (février 2011) : 34–49. http://dx.doi.org/10.3280/sl2010-120003.

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Résumé :
L'articolo analizza in modo critico l'approccio dellenelle politiche di welfare attivo, viste in rapporto al "paradigma debole" della. Focalizzando l'attenzione sul rapporto fra capacitazione ed apprendimento, sonoevidenziati due tipi di rischi:) una maggiore individualizzazione della diseguaglianza, se le capacitazioni divengono un terreno di conflitto sociale, che riproduce, invece di correggere, iiniziali;) la riduzione della libertŕ sostantiva, se il diritto ad apprendere si trasforma nell'obbligo di adattamento. L'approccio delle capacitazioni resta indubbiamente essenziale, ma richiede di trovare un equilibrio fra responsabilitŕ personali e responsabilitŕ istituzionali. Alcune evidenze relative all'Europa ed all'Italia mostrano la necessitŕ di andare verso "istituzioni capacitanti", come condizione per utilizzare l'approccio per lo sviluppo di una effettiva libertŕ individuale di scelta.
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3

Quattrociocchi, Bernardino, Irene Fulco, Antonio La Sala, Francesca Iandolo et Mario Calabrese. « La teoria dei tipi psicologici e la consonanza nel processo di selezione delle risorse umane ». ESPERIENZE D'IMPRESA, no 1 (novembre 2020) : 85–107. http://dx.doi.org/10.3280/ei2018-001005.

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Obiettivi. Il presente studio si propone di esplorare ed approfondire un diverso metodo di selezione delle Risorse Umane, basato sul principio di consonanza, che possa ridurre il conflitto ed avere un impatto positivo sulla performance. Metodologia. Dopo aver avviato una review della letteratura esistente sui pilastri già consolidati della gestione strategica delle Risorse Umane (motivazione e composizione di team di lavoro in particolare), l'indagine, tramite la lente interpretativa dell'Approccio Sistemico Vitale, si è indirizzata verso le categorie valoriali, caratterizzanti ogni sistema in modo distintivo e punto di partenza per la generazione di risonanza. Risultati. Il lavoro perviene all'esposizione di una diversa prospettiva d'indagine nell'analisi dei gruppi basata sulla consonanza e volta a realizzare un Person - Organization fit in grado di restituire maggior valore di quello assorbito. Limiti della ricerca. Il principale limite della ricerca risiede nella mancanza di una verifica empirica circa l'effettiva risonanza generata. Implicazioni pratiche. Lo studio fornisce al management una diversa chiave di lettura per la creazione di team composti da individui il cui legame, basato su compatibilità valoriali, risulta essere più profondo, conducendo, così, ad una maggiore creazione di valore. Originalità del lavoro. Il lavoro integra l'approccio manageriale con una prospettiva di indagine di tipo psicologico, consentendo di isolare dinamiche del processo di selezione delle Risorse Umane normalmente "sommerse".
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Murgia, Annalisa, et Giulia Selmi. « Inspira e cospira. Forme di auto-organizzazione del precariato in Italia ». SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no 123 (septembre 2011) : 163–76. http://dx.doi.org/10.3280/sl2011-123010.

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Résumé :
Lo scenario del mercato del lavoro a cui assistiamo oggi in Italia è composto da una progressiva proliferazione di contratti non standard. Ciň comporta in primo luogo un problema di cittadinanza e di welfare, a causa della minore o semi-inesistente possibilitŕ di accesso ai diritti sociali che queste forme di impiego consentono (ai diritti pensionistici, ai congedi retribuiti di malattia, maternitŕ, disoccupazione, ecc.). A fronte di questa situazione di severa precarietŕ ed assenza di accesso alle risorse del welfare, tuttavia, nel corso degli ultimi dieci anni l'Italia ha visto la nascita ed il consolidamento di un articolato movimento sociale di contrasto alla precarietŕ agito in prima persona proprio dalla generazione più duramente colpita dal processo di deregolamentazione del mercato del lavoro: giovani, donne e "cognitari". Questo movimento in prima battuta ha concentrato i propri sforzi nella riscrittura del lessico e dell'immaginario simbolico sul lavoro, nel tentativo di consolidare i precari come soggettivitŕ collettiva oltre le sue tradizionali rappresentazioni. Negli ultimi anni, tuttavia, a questo processo di "autorappresentazione" va affiancandosi un processo di "auto-rappresentanza": una fattiva auto-organizzazione di precari nel gestire le conflittualitŕ sui luoghi di lavoro. In uno scenario di sfiducia nei confronti dei partiti e dei sindacati nell'affrontare la questione della precarietŕ, infatti, questi movimenti dimostrano una scarsa attitudine alla delega del conflitto, promuovendo invece modalitŕ di azione fondate sul modulo organizzativo della rete, sulla condivisione dei saperi e sulla rappresentanza diretta. Obiettivo di questo articolo è esplorare criticamente due esperienze di auto-organizzazione di lavoratori e lavoratrici precari/e, in relazione all'attuale crisi della rappresentanza attraversata dalle tradizionali organizzazioni sindacali, soprattutto per quanto riguarda i giovani lavoratori e i rapporti di lavoro non standard.
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Perra, Sabrina. « Stato, sindacato e impresa tra conflitto e una nuova stagione di accordi. Gli Accordi Fiat 2010 : un'occasione per riflettere sulle relazioni industriali in Italia ». SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no 126 (mai 2012) : 236–47. http://dx.doi.org/10.3280/sl2012-126016.

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Résumé :
Il contributo propone una riflessione sulle trasformazioni delle relazioni industriali in Italia, a partire dalle vicende legate agli Accordi Fiat del 2010. La tesi sostenuta nel contributo č che la concertazione sia oramai uno strumento in declino e lasci un vuoto di metodo nelle relazioni industriali, aggravato da crescenti spinte neo-liberiste.
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Lupoi, Alberto. « Doveri fiduciari e ESG ». Trusts, no 6 (1 décembre 2022) : 1090–101. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.221.

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Tesi Il trustee deve gestire il fondo in trust secondo il duty of care e il duty of loyalty. Quasi tutti gli Stati degli Stati Uniti hanno adottato lo Uniform Prudent Investor Act, che specifica cosa debba intendersi per duty of care nella gestione degli investimenti. In realtà, il classico riferimento allo standard dell’«uomo prudente» si è evoluto in quello dell’uomo che deve conoscere le basi delle teorie finanziarie relative al portafoglio di investimento. Trova così spazio il concetto di portafoglio equilibrato e di diversificazione dei rischi. In questa prospettiva deve essere effettuata la scelta degli investimenti da parte del trustee e non per ragioni o motivi personali seppur non in conflitto con gli interessi dei beneficiari o con le finalità del trust. Un trustee che si orienti su investimenti ESG, per motivazioni sociali o ecologistiche, contravviene il duty of loyalty in quanto privilegia un proprio interesse rispetto alla regola del «sole interest» del beneficiario e contravviene la regola del duty of care se la scelta non è stata motivata dalla gestione equilibrata del rischio. The authors’ view A trustee must manage the trust fund according to duty of care and duty of loyalty. Almost all States of the United States of America have adopted the Uniform Prudent Investor Act, which specifies what is to be understood by duty of care. In fact, the classic reference to the standard of the «prudent man» has evolved into that of the man who must know the basics of financial theories relating to the investment portfolio. Thus, the concept of a balanced portfolio and risk diversification finds its place. It is from this perspective that the trustee must managed the trust fund and not for following his personal reasons or motives even if they do not conflict with the interests of the beneficiaries or the purposes of the trust. A trustee who opts for ESG investments, for social or ecological reasons, contravenes the duty of loyalty as the trustee privileges his or her own interest over the beneficiary's sole interest and contravenes the duty of care and the duty of loyalty if the choice was not motivated by risk management needs.
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7

Latief, Muh Iqbal, Arsyad Genda, Surianto Surianto et Hariashari Rahim. « Pemberdayaan masyarakat desa dalam mengelola konflik sosial di Kabupaten Bone ». Unri Conference Series : Community Engagement 2 (30 décembre 2020) : 514–21. http://dx.doi.org/10.31258/unricsce.2.514-521.

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Résumé :
In general, in Bone District there have been conflicts with the background of various factors such as land issues, politics and even those related to religious values and beliefs. Therefore, the goal to be achieved in this service is to increase the knowledge and understanding of the village community on potential conflicts and conflict resolution efforts undertaken. The method used in this training is the provision of knowledge and understanding through lectures and questions and answers, the practice of mapping potential conflicts so that through conflict management training will produce a conflict management document. This activity was carried out from April to September 2019, starting from the formulation of proposals to the preparation of the final activity report. With the tools prepared and formulating conflict management steps that have the potential to occur in the community, the village community will already know and understand conflict management as well as possible.
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Sinaga, Lestari Victoria. « PELAKSANAAN TUGAS KEPOLISIAN DALAM PENANGGULANGAN KONFLIK SOSIAL DI WILAYAH POLDA SUMUT ». JURNAL RECTUM : Tinjauan Yuridis Penanganan Tindak Pidana 1, no 2 (9 juillet 2019) : 201. http://dx.doi.org/10.46930/jurnalrectum.v1i2.229.

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Résumé :
Aspect of social conflict that needs to be considered is violence arising from social conflict. Conflict management aims at preventing how violence does not occur and conflict parties can handle and resolve their conflicts without using violence. Government Regulation Number 2 Year 2015 concerning Act Implementing Regulation Number 7 2012 concerning Handling Social Conflict was made to protect and provide a more optimal sense of community security. Government regions in preventing conflicts optimize peaceful dispute resolution through deliberation for consensus and can involve participation of the society.
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Suwarto, Suwarto. « Manajemen Konflik Sekolah Regrouping Di SD Negeri Pucangsawit Surakarta ». Jurnal VARIDIKA 28, no 2 (11 janvier 2017) : 116–25. http://dx.doi.org/10.23917/varidika.v28i2.3024.

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Résumé :
The objectives of the research are to describe: 1) the sources and types of conflict; 2) the conflicts’ management; and 3) the supporting and inhibiting factors in conflict management of regrouped school at State Elementary School Pucangsawit Surakarta. The type of the research is qualitative with naturalistic design. The research was undertaken atState Elementary School Pucangsawit Surakarta. The results are 1) the conflict sources at State Elementary School Pucangsawit Surakarta can be classified into two types of sources, namely the teachers and parents. The conflict types emerged at the form of inter-individual conflict among teachers from the regrouped schools, the conflict in school naming, conflict related to professional tasks and teachers’ administration, and conflict related to students’ administration; 2) the conflict management at State Elementary School Pucangsawit Surakarta were done through planning, organizing, actuating, and controlling. The conflict resolution referring to schools’ rivalry is done by applying fair and positive competition; and 3) the supporting factors in conflict management are the government support and schools’ stakeholder’s awareness. The inhibiting factors cover the self ego that remains existed in some teachers and parents from both of the schools regrouped.
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Idris, Jamaluddin, et Herawati Herawati. « Manajemen Konflik Bernuansa Islami di SD Ramah Anak Kota Lhokseumawe ». Palita : Journal of Social-Religion Research 4, no 1 (29 avril 2019) : 73–90. http://dx.doi.org/10.24256/pal.v4i1.711.

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Résumé :
In order to maintain the stability of the quality of Islamic education; Islamic conflict management in Child Friendly Elementry School (CFES) is a necessity; in order to minimize the chance of conflict and bring friendliness evenly to all HR in schools, including teachers; as one of the most critical components in the education process in elementary school. The purpose of this study is to find out; (1) the forms of conflict that occurred, (2) technical and (3) Islamic nuance conflict regulation strategies applied at the Lhokseumawe CFES, and (4) CFES efforts to minimise conflict. This study uses a qualitative approach using techniques: documentation review, direct observation, and in-depth interviews conducted with principals and teachers, to obtain data and information related to the four objectives of this study. The results of the study show that: six forms of conflict occur in CFES, namely conflict: within individuals, between individuals, between individuals and groups/divisions, between groups/groups, between organisations, and between individuals in different organisations. Domination of conflict only occurs in the personal aspects of the teacher, which is motivated by family reasons, limited capacity, heavy workload, etc. However, every conflict that emerges can be implemented well, based on three technical management of conflict, namely: identification of conflicts, evaluation of conflict and resolution of conflicts that are Islamic in nature through a spiritual/religious and family approach (ukhuwah). Islamic nuances of conflict management strategies applied in CFES very prioritising collaboration, accommodation, compromise (deliberation), communication, and negotiations that prioritise the values of ukhuwah Islamiyah. An added benefit of CFES in minimising conflict is to have three specific things, namely: having conflict prevention programs and policies, having a structured conflict management program, and having a climate/culture and teacher friendly social interaction; which is always applied in all aspects of the implementation of education in schools.Manajemen Konflik Bernuansa Islami Di Sd Ramah Anak Kota Lhokseumawe
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Thèses sur le sujet "Management di Conflitto"

1

ENNA, ANTEA. « Riduzione del rischio di conflitto tra teoria e pratica : il caso studio libanese. Una strategia per prevenire una destabilizzazione socio-economica in Medio Oriente ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2020. http://hdl.handle.net/10280/78877.

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Résumé :
Questa ricerca definisce il concetto di riduzione del rischio di conflitto e fornisce una strategia di gestione del rischio di conflitto. Lo scopo è quello di contribuire alla Peace Research e ai Conflict studies costruendo un approccio di prevenzione basato sul rischio. La metodologia utilizzata in questo studio è interdisciplinare. Questo aspetto ha permesso di convalidare il quadro analitico sviluppato attraverso l'analisi di un caso studio che ha incluso un lavoro sul campo con l'impiego di strumenti antropologici. Il caso libanese è stato scelto per la recente storia conflittuale e le odierne condizioni in cui versa il paese, sottoposto a innumerevoli pressioni socioeconomiche. Infatti, la crisi siriana e i massicci flussi di rifugiati hanno avuto un impatto significativo sul Libano, destabilizzando ulteriormente un paese già fragile e scatenando diverse ondate di violenza, la cui manifestazione ha avuto e ha luogo a livello micro e macro in diverse forme. La storia conflittuale e le esperienze di migrazione, le pressioni economiche e sociali e i pregiudizi derivanti dall’errata percezione reciproca tra libanesi e siriani costituiscono la base da una parte per un alto rischio di micro-conflitti, e dall’altra, a livello macro, un possibile input per una destabilizzazione socioeconomica che sfoci in una contrapposizione conflittuale che tenga conto delle dinamiche irrisolte della società libanese. Considerando l'obiettivo pratico di questo lavoro, che si concentra sull’elaborazione di una strategia di gestione dei rischi di conflitto, sarà fornita un'analisi programmatica, tenendo conto delle buone pratiche implementate da Organizzazioni Internazionali e ONG.
This research aims at defining the concept of Conflict Risk Reduction and providing a Conflict Risk Management Strategy. The purpose is to contribute to the Peace research and Conflict Studies field by offering a conflict risk-based prevention approach. The methodology used in this study is of interdisciplinary nature. This, in subsequence allowed me to apply the case study approach to validate the analytical created framework and to perform prolonged fieldwork employing anthropological tools. The Lebanese case represents a rich field for these research purposes due to its recent conflict history that crucially marked the country and its consequences that are still fathomable today in addition to the current pressure circumstances. Indeed, the Syrian crisis and the massive refugee flows have a significant impact on Lebanon leading to several waves of violence. The country’s history of conflict and migration, the economic and social grievances and the misperception among Lebanese and Syrian refugees constitute the base for a high risk of micro conflicts in Lebanon. Considering the practical aim of this work which focuses on Conflict Risk Disaster Management strategy, a programmatic analysis will be provided, taking into account the best practices implemented by International Organisations and NGOs.
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ENNA, ANTEA. « Riduzione del rischio di conflitto tra teoria e pratica : il caso studio libanese. Una strategia per prevenire una destabilizzazione socio-economica in Medio Oriente ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2020. http://hdl.handle.net/10280/78877.

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Résumé :
Questa ricerca definisce il concetto di riduzione del rischio di conflitto e fornisce una strategia di gestione del rischio di conflitto. Lo scopo è quello di contribuire alla Peace Research e ai Conflict studies costruendo un approccio di prevenzione basato sul rischio. La metodologia utilizzata in questo studio è interdisciplinare. Questo aspetto ha permesso di convalidare il quadro analitico sviluppato attraverso l'analisi di un caso studio che ha incluso un lavoro sul campo con l'impiego di strumenti antropologici. Il caso libanese è stato scelto per la recente storia conflittuale e le odierne condizioni in cui versa il paese, sottoposto a innumerevoli pressioni socioeconomiche. Infatti, la crisi siriana e i massicci flussi di rifugiati hanno avuto un impatto significativo sul Libano, destabilizzando ulteriormente un paese già fragile e scatenando diverse ondate di violenza, la cui manifestazione ha avuto e ha luogo a livello micro e macro in diverse forme. La storia conflittuale e le esperienze di migrazione, le pressioni economiche e sociali e i pregiudizi derivanti dall’errata percezione reciproca tra libanesi e siriani costituiscono la base da una parte per un alto rischio di micro-conflitti, e dall’altra, a livello macro, un possibile input per una destabilizzazione socioeconomica che sfoci in una contrapposizione conflittuale che tenga conto delle dinamiche irrisolte della società libanese. Considerando l'obiettivo pratico di questo lavoro, che si concentra sull’elaborazione di una strategia di gestione dei rischi di conflitto, sarà fornita un'analisi programmatica, tenendo conto delle buone pratiche implementate da Organizzazioni Internazionali e ONG.
This research aims at defining the concept of Conflict Risk Reduction and providing a Conflict Risk Management Strategy. The purpose is to contribute to the Peace research and Conflict Studies field by offering a conflict risk-based prevention approach. The methodology used in this study is of interdisciplinary nature. This, in subsequence allowed me to apply the case study approach to validate the analytical created framework and to perform prolonged fieldwork employing anthropological tools. The Lebanese case represents a rich field for these research purposes due to its recent conflict history that crucially marked the country and its consequences that are still fathomable today in addition to the current pressure circumstances. Indeed, the Syrian crisis and the massive refugee flows have a significant impact on Lebanon leading to several waves of violence. The country’s history of conflict and migration, the economic and social grievances and the misperception among Lebanese and Syrian refugees constitute the base for a high risk of micro conflicts in Lebanon. Considering the practical aim of this work which focuses on Conflict Risk Disaster Management strategy, a programmatic analysis will be provided, taking into account the best practices implemented by International Organisations and NGOs.
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De, Conti Manuele. « Il dibattito regolamentato come metodo per acquisire competenze per la gestione di conflitti e disaccordi ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3425276.

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Résumé :
Competitive debate is an argumentative confrontation about controversial issues in which parties try to convince a jury of the validity of their position. Even if its practice is quite a novelty among Italian educational methods it is used by educational institutions around the world to help students acquire skills such as social competence. However, researchers have found that competitive debates often create contradictory effects to those they are supposed to have. These include systematic hostility or competitive behavior, which are expressions of polarization and conflict rather than of empathy and perspective. Therefore, the purpose of this research is to inquire, through three empirical surveys, whether competitive debate is an effective method for acquiring conflicts and disagreements competence. With exploratory research, it will be determined whether (a) defending a believed position leads to polarization, (b) defending a disbelieved position leads to de-polarization, and (c) victory or defeat influences polarization or de-polarization. The second survey, with a quasi-experimental design, aims to verify if and how participants in competitive debate tournaments alter attitudes toward communication strategies in conflict situations. Finally, a pre-experiment aims to consider whether (d) debating improves student ability to identify argumentative fallacies. The results analysis proved that some tournament participants polarized, but that neither victory nor defeat affected this phenomenon. Additionally, the students became less inclined to use controversial communication strategies and more in favor of cooperative communication strategies, even if their ability to identify argumentative fallacies did not improve. These results, therefore, conclude that competitive debate projects promote useful attitudes toward conflict management, and that the didactics of argumentation must be rethought so it can affect the ability to identify major fallacies and thus, become competent in managing disagreements
Il dibattito regolamentato è un confronto argomentativo su temi controversi in cui le parti coinvolte mirano a convincere una giuria della bontà della propria posizione. Presente da appena un decennio nell’orizzonte italiano dei metodi educativi, è proposto dalle istituzioni educative di tutto il mondo per acquisire molteplici competenze tra cui quella sociale. Tuttavia, molti ricercatori attribuiscono al dibattito regolamentato ricadute opposte a quelle per cui viene impiegato quali, ad esempio, la sistematica assunzione di comportamenti ostili, agonistici o competitivi, espressione di polarizzazione e di conflittualità piuttosto che di decentramento ed empatia. Pertanto questa ricerca si propone di rispondere all’interrogativo se il dibattito regolamentato sia uno strumento efficace per acquisire competenze di gestione di conflitti e disaccordi, mediante tre indagini. La prima, un’indagine esplorativa, si chiede se (a) i dibattenti che difendono una posizione in cui credono si polarizzino, se (b) i dibattenti che difendono una posizione in cui non credono si de-polarizzino, ed eventualmente se (c) la vittoria o la sconfitta influisca su polarizzazione o de-polarizzazione. La seconda indagine, con disegno quasi-sperimentale, si propone di verificare se e come i partecipanti ai progetti di dibattito regolamentato modifichino gli atteggiamenti verso le strategie comunicative in situazioni conflittuali. Infine, semplificando, la terza ed ultima indagine, un pre-esperimento, mira a considerare se (d) i dibattenti, grazie alla pratica del dibattito regolamentato, migliorino la loro abilità di individuare alcune fallacie argomentative. L’analisi dei risultati permise di provare che parte dei soggetti partecipanti alla ricerca si polarizzarono, e che la vittoria o la sconfitta non influenzò questo fenomeno, che i soggetti partecipanti ai progetti di dibattito regolamentato diventarono meno favorevoli verso le strategie comunicative controversiali e più favorevoli verso strategie comunicative cooperative, ma che, infine, la loro abilità di individuare le fallacie argomentative non migliorò. Questi risultati, pertanto, riconoscono la partecipazione ai dibattiti regolamentati efficace per acquisire atteggiamenti funzionali alla gestione dei conflitti ma richiedono di ripensare la didattica argomentativa affinché possa avere ricadute anche sull’abilità di individuare alcune importanti fallacie e quindi sull’abilità di gestione dei disaccordi
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BOZZI, FRANCESCO. « LE SPIRE DELLA VIPERA. ADERENTI E ADERENZE DENTRO E FUORI LO STATO VISCONTEO-SFORZESCO FRA TRE E QUATTROCENTO ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2021. http://hdl.handle.net/2434/825485.

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Résumé :
La tesi si propone di mettere in luce gli aspetti più caratteristici e rilevanti dei trattati di aderenza nella loro declinazione visconteo-sforzesca, con l’obiettivo di evidenziare lo sviluppo e, soprattutto, i caratteri innovativi di un legame che, destinato a perdurare nell’età moderna, offre una rinnovata chiave interpretativa dei processi genetici di una “nuova” statualità alla fine dell’età di mezzo. Vincoli elastici, flessibili e ritagliati direttamente sulle base delle contingenze in cui venivano stipulati, i trattati di aderenza (o colleganza, accomandigia, raccomandazione, …) conobbero una vasta diffusione nell’Italia bassomedievale e rinascimentale, in particolar modo dalla metà del XIV secolo, e avevano lo scopo di coordinare i principali poteri degli scacchieri italiani e le realtà minori che allignavano dentro o al di fuori degli stessi, in particolar modo i signori rurali o, in qualche caso, le comunità: riassumendo ai minimi termini, il principalis si vedeva infatti garantito sostegno militare, mentre l’adherens riceveva protezione e legittimazioni di vario tipo. L’utilizzo che i signori – e poi i duchi – di Milano fecero di tale strumento risulta di grande interesse, in quanto Visconti prima e Sforza poi ricorsero con particolare costanza al legame sia per consolidare i processi di state-building interni allo stato, sia i processi di espansione esterni ai confini del principato. Sin dalla metà del Trecento, infatti, i signori di Milano utilizzarono frequentemente i trattati di aderenza per individuare alleati direttamente a ridosso – se non addirittura all’interno – dei territori nemici. Tale meccanismo fu particolarmente sfruttato durante l’età di Gian Galeazzo Visconti, che rese la pressione dei suoi aderenti quantomai efficace contro le potenze avversarie (in particolare Firenze) innervando di sostenitori aree strategiche come la Romagna e la Lunigiana. Con la morte del primo duca di Milano nel 1402 il vincolo attraversò un lungo periodo di crisi, dovuto alla debolezza di Giovanni Maria Visconti, e fu solo in seguito alla sua violenta scomparsa (1412) che Filippo Maria Visconti poté ricostruire, al pari dello stato, anche la rete di aderenti, declinata dal terzo duca in senso difensivo piuttosto che offensivo. Nel momento in cui la dinastia si estinse e il ducato cadde nelle mani degli Sforza, il legame si ritrovò inserito all’interno dei delicati equilibri della Lega italica: l’aderenza divenne così un modo non più per aggredire i nemici o per difendersi, per definire e profilare la propria sfera di influenza, ormai in qualche modo “stabilizzata” e non più sottoposta a eccessivi scossoni. Dal punto di vista nei processi di state-building, invece, il legame mantenne caratteristiche costanti nel corso del tempo: tramite le accomandigie i signori e i duchi di Milano riuscirono infatti a meglio vincolare a sé le animate famiglie signorili che punteggiavano gli spazi dello stato, in particolare in aree come il Piemonte e l’Emilia. Lì i trattati, che pure non persero le loro caratteristiche militari, rivelarono tutto il loro potenziale come elementi di coordinazione e di disciplinamento: la loro fortuna risiede proprio nelle loro caratteristiche elastiche, che se da una parte rendevano il vincolo così costruito instabile, dall’altra ne sostanziano l’effettiva modernità, e che ne garantirono la lunga durata (seppur con alterne fortune) ancora per tutto il ‘500 e oltre.
The research proposes to investigate the most characteristic and relevant aspects of the treatises of adherentia under the Visconti and Sforza, with the aim of highlighting the development and, above all, the innovative characteristics of a bond which, destined to last in the modern age, offers a new interpretative key to the genetic processes of a "new" statehood at the end of the Middle Age. Those treaties were elastic, flexible and tailored directly on the basis of the contingencies in which they were stipulated, and the bonds of adherentia (or collegatio, accomandatio, recomendisia, and so on) knew a wide diffusion in medieval and renaissance Italy, especially from the middle of the 14th century: they had the aim of coordinating the main powers of the Italian chessboards and the minor realities inside or outside them, especially the rural lords or, in some cases, the communities; summing up, the principalis was guaranteed military support, while the adherens received protection and legitimations of various kinds. The use that the lords – and then the dukes – of Milan made of this instrument is of great interest, as Visconti and Sforza resorted with particular constancy to the link both to consolidate the state-building processes inside the state and the expansion processes outside the principality's borders. Since the middle of the fourteenth century, in fact, the lords of Milan frequently used treaties of adherentia to identify allies close to – or even inside – enemy territories. This mechanism was particularly exploited during the age of Gian Galeazzo Visconti, who made the pressure of his adherentes as effective as possible against the opposing powers (in particular Florence) and made strategic areas such as Romagna and Lunigiana a source of supporters. With the death of the first duke of Milan in 1402 the bond went through a long period of crisis, due to the weakness of Giovanni Maria Visconti, and it was only after his violent death (1412) that Filippo Maria Visconti was able to rebuild, like the state, the network of adherentes, which the third duke declined in a defensive rather than offensive way. When the dynasty became extinct and the Duchy fell into the hands of the Sforza, the bond found itself inserted within the delicate equilibrium of the Italic League, thus becoming a way no longer to wage war, but was rather used to define and profile the spheres of influence, now somehow "stabilised" and no longer subject to excessive shocks. From the point of view of the state-building processes, on the other hand, the bond maintained constant characteristics over time: through the accomandigie, the lords and dukes of Milan managed to better bind the restless noble families that dotted the spaces of the state, particularly in areas such as Piedmont and Emilia. There the bonds, which did not lose their military characteristics, revealed all their potential as elements of coordination and discipline: their fortune resides precisely in their elastic characteristics, which, if on the one hand made the bond so constructed unstable, on the other, substantiated its effective modernity, which guaranteed its long duration (albeit with alternating fortunes) throughout the fifteenth century and beyond.
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RECCHI, Simonetta. « THE ROLE OF HUMAN DIGNITY AS A VALUE TO PROMOTE ACTIVE AGEING IN THE ENTERPRISES ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251122.

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Résumé :
Ogni azienda che si riconosca socialmente responsabile deve occuparsi dello sviluppo delle carriere dei propri dipendenti da due punti di vista: quello individuale e personale e quello professionale. La carriera all’interno di un’azienda coinvolge, infatti, la persona in quanto individuo con un proprio carattere e una precisa identità e la persona in quanto lavoratore con un bagaglio specifico di conoscenze e competenze. L’azienda ha, quindi, il compito di promuovere carriere professionalmente stimolanti che si sviluppino in linea con i suoi stessi valori, la sua visione e la sua missione. Nel panorama moderno, aziende che sviluppano la propria idea di business nel rispetto dei lavoratori proponendo loro un percorso di crescita, si mostrano senza dubbio lungimiranti. Un tale approccio, però, non basta a far sì che vengano definite socialmente responsabili. I fattori della Responsabilità Sociale d’Impresa sono infatti numerosi e, ad oggi, uno dei problemi principali da affrontare è quello del progressivo invecchiamento della popolazione. Dal momento che la forza lavoro mondiale sta invecchiando e che si sta rispondendo al problema spostando la linea del pensionamento, tutte le aziende sono obbligate a mantenere le persone il più a lungo possibile attive e motivate a lavoro. L’età è spesso visto come un fattore di diversità e di discriminazione, ma nello sviluppare la mia argomentazione, cercherò di dimostrare che una politica del lavoro che supporti l’idea dell’invecchiamento attivo può trasformare questo fattore da limite in opportunità. Il rispetto degli esseri umani, a prescindere dalle differenze legate all’età, dovrebbe essere uno dei valori fondanti di ogni impresa. Nel primo capitolo della tesi, svilupperò il tema della dignità umana così come è stato concepito a partire dalla filosofia greca fino alla modernità. La dignità intesa come valore ontologico, legato all’essenza dell’uomo, diventerà con Kant il fattore di uguaglianza tra tutti gli esseri viventi, la giustificazione del rispetto reciproco. Il concetto di dignità verrà, poi, definito nel secondo capitolo come il principale valore che deve ispirare l’azione sociale delle imprese, come l’elemento che garantisce il rispetto di ogni dipendente che prima ancora di essere un lavoratore è un essere umano. La dignità è ciò che rende l’essere umano degno di essere considerato un fine in se stesso piuttosto che un mezzo per il raggiungimento di un fine esterno. Nell’era della globalizzazione, dove il denaro è il valore principale, gli esseri umani rischiano di diventare un mezzo al servizio dell’economia. A questo punto, il rispetto della dignità deve divenire il fondamento di un ambiente di lavoro che promuove la crescita e la fioritura dell’essere umano. Nel secondo capitolo cercherò quindi di dimostrare come l’idea di dignità possa promuovere un management “umanistico” centrato sul rispetto dell’essere umano. Un’impresa socialmente responsabile può promuovere il rispetto di ogni lavoratore se fa propri i valori di dignità e uguaglianza. Attraverso la teoria dello Humanistic Management che veicola tali valori, il lavoro diventa un luogo in cui l’uomo può esprimere se stesso, la sua identità, le sue conoscenze e competenze. Inoltre, dal momento che la popolazione sta invecchiando, le aziende devono farsi carico della forza lavoro più anziana, come è emerso sopra. A questo punto, nel terzo capitolo, il concetto della Responsabilità Sociale d’Impresa sarà analizzato nel suo legame con i temi dell’invecchiamento attivo e della diversità sul posto di lavoro. Conosciamo diverse ragioni di differenza a lavoro: genere, cultura, etnia, competenze, ma qui ci concentreremo sul fattore età. È naturale che i lavoratori anziani abbiano un’idea di lavoro diversa da quella dei giovani e che le loro abilità siano differenti. Ma questa diversità non deve essere valutata come migliore o peggiore: essa dipende da fattori che analizzeremo e che l’impresa socialmente responsabile conosce e valorizza per creare un ambiente di lavoro stimolante e collaborativo, eliminando possibili conflitti intergenerazionali. Alcune delle teorie che permettono di raggiungere tali obiettivi sono il Diversity Management e l’Age Management: ogni impresa può promuovere pratiche per valorizzare gli anziani, permettendo loro di rimanere più a lungo attivi e proattivi a lavoro e di condividere le proprie conoscenze e competenze. L’ultimo capitolo della tesi si concentrerà su un caso di azienda italiana che ha sviluppato uno strumento di valorizzazione di collaboratori over 65. Sto parlando della Loccioni, presso cui ho svolto la ricerca applicata e che promuove il progetto Silverzone, un network di persone in pensione che hanno conosciuto l’azienda nel corso della loro carriera e che continuano a collaborare con essa ancora dopo il pensionamento. Per capire l’impatto qualitativo e quantitativo che il progetto ha sull’azienda, ho portato avanti un’analisi qualitativa dei dati ottenuti grazie a due tipi di questionari. Il primo ha visto il coinvolgimento dei 16 managers della Loccioni a cui sono state sottoposte le seguenti domande: 1. Chi sono i silver nella tua area di business? Quali i progetti in cui essi sono coinvolti? 2. Qual è il valore del loro supporto per l’azienda? E, allo stesso tempo, quali sono le difficoltà che possono incontrarsi durante queste collaborazioni? 3. Qual è la frequenza degli incontri con i silver? 4. Perché l’azienda ha bisogno di questo network? Successivamente, ho sottoposto un altro questionario agli 81 silver della rete. Di seguito i dettagli: 1. Qual è il tuo nome? 2. Dove sei nato? 3. Dove vivi? 4. Qual è stato il tuo percorso formativo? 5. Qual è stata la tua carriera professionale? 6. Come e con chi è avvenuto il primo contatto Loccioni? 7. Come sei venuto a conoscenza del progetto Silverzone? 8. Con quali dei collaboratori Loccioni stai lavorando? 9. In quali progetti sei coinvolto? 10. Potresti descrivere il progetto in tre parole? 11. Che significato ha per te fare parte di questa rete? 12. Nella tua opinione, come deve essere il Silver? 13. Che tipo di relazioni hai con i collaboratori Loccioni? 14. Quali dimensioni umane (dono, relazione, comunità, rispetto) e professionali (innovazione, tecnologia, rete) emergono lavorando in questo progetto? Il progetto Silverzone è sicuramente una buona pratica di Age Management per mantenere più a lungo attivi i lavoratori over 65. I progetti in cui i Silver sono coinvolti hanno un importante impatto economico sull’impresa, in termini di investimento ma anche di guadagno. Ad ogni modo, qui la necessità di fare profitto, stando a quanto è emerso dai risultati delle interviste, è subordinata al più alto valore del rispetto dei bisogni umani che diventa garante di un posto di lavoro comfortable, dove si riesce a stringere relazioni piacevoli, collaborative e produttive.
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Livres sur le sujet "Management di Conflitto"

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Nevola, Gaspare. Conflitto e coercizione : Modello di analisi e studio di casi. Bologna : Il Mulino, 1994.

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Ilaria, Buccioni, dir. Benessere, conflitto e organizzazioni : Le esperienze nella provincia di Prato. Roma : Aracne, 2008.

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Ilaria, Buccioni, dir. Benessere, conflitto e organizzazioni : Le esperienze nella provincia di Prato. Roma : Aracne, 2008.

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Il padre di tutte le cose : Appunti per una pedagogia del conflitto. Milano : Mimesis, 2011.

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Segreto, Viviana. Il padre di tutte le cose : Appunti per una pedagogia del conflitto. Milano : Mimesis, 2011.

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6

Tracce di mediazione. Milano : Polimetrica, 2010.

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Turco, Luisa Del. Donne, conflitti e processi di pace. Roma : Società editrice Universo, 2005.

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Ceva, Emanuela. Giustizia e conflitti di valori : Una proposta procedurale. [Milano] : B. Mondadori, 2008.

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9

Haba, John. Konflik di kawasan illegal logging di Kalimantan Tengah. Jakarta : Lembaga Ilmu Pengetahuan Indonesia, Proyek Pengembangan Riset Unggulan/Kompetitif LIPI/Program Isu, 2003.

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10

Soetandyo, Wignjosoebroto, Suyanto Bagong et Jawa Timur (Indonesia). Dewan Pakar., dir. Pengelolaan dan antisipasi ancaman konflik sosial di Jawa Timur. [Surabaya] : Dewan Pakar Provinsi Jawa Timur, 2006.

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Chapitres de livres sur le sujet "Management di Conflitto"

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Wubs-Mrozewicz, Justyna. « Maritime Networks and Premodern Conflict Management on Multiple Levels. The Example of Danzig and the Giese Family ». Dans Atti delle «Settimane di Studi» e altri Convegni, 385–405. Florence : Firenze University Press, 2019. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6453-857-0.20.

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This article argues that a novel way to analyse maritime networks in premodern northern Europe is to trace the activities of people involved in conflict management. These people were traders, magistrates, judges, urban diplomats: sometimes all comprised in one person or a family. Specifically, if we take the Hanseatic city of Danzig and the Giese family as an example, it becomes apparent that these ‘conflict managers’ operated on various levels: the city, the region, the state, the Hanse and on the level of politics and economic policy between states and cities. Economic interests and conflicts were intertwined with political, social and cultural matters, and should be investigated together.
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Acar, William, et Douglas A. Druckenmiller. « Implications and Philosophical Requirements of a Comprehensive Dialectical Inquiry System ». Dans Advances in Business Information Systems and Analytics, 1–15. IGI Global, 2014. http://dx.doi.org/10.4018/978-1-4666-5958-2.ch001.

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Résumé :
For the purpose of aiding upper-level strategic or political decision making and some forms of conflict management, this chapter revisits the concept of dialectical inquiry (DI) from the perspective of collaborative framing or modeling for “collaboration engineering.” It does so by integrating the recent literature with its theoretical and philosophical sources. The connection of DI and the problem-framing paradigm is clarified. The chapter also establishes the general requirements or desired features of an up-to-date DI system and evaluates some current systems and their implications in light of these criteria.
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DEBONO, Marc, et Véronique CASTELLOTTI. « La mort de l’altérité ou le déclin de l’illusion interculturelle ». Dans "L'interculturel" dans l’enseignement supérieur, 41–54. Editions des archives contemporaines, 2022. http://dx.doi.org/10.17184/eac.4995.

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Résumé :
En 1995, R. Galisson développe une utopie séduisante, selon laquelle la démarche interculturelle (DI) pourrait constituer l'avenir de l'approche communicative (AC), en la rendant moins strictement fonctionnelle et en lui apportant des dimensions plus humanistes. Nous proposons dans cette contribution de revenir sur les relations entre AC et DI, en interrogeant dans quelle mesure ce rapprochement, qui s'est selon nous confirmé et accentué, construit une conception de l'interculturel qui se contente de servir des objectifs communicativo-actionnels et ne pense plus la question de l'altérité, voire se développe contre elle. En se cantonnant aux dimensions pragmatiques d'efficacité et de gestion, qui restent en outre le plus souvent très superficielles, le primat de l'efficacité communicative conduit à vider l'interculturel de ses enjeux, en réduisant l'altérité à ses manifestations de surface ou à ses conséquences managériales. Prendre au sérieux l'altérité, à l'inverse, c'est la penser comme constitutive de la relation. Nous exposons en conséquence les bases d'une autre orientation se fondant sur le conflit herméneutique, qui prend la diversité au sérieux en s'appuyant sur une diversité d'interprétations du monde et sur leur confrontation. On peut ainsi esquisser une conception de la didactique des langues où l'enjeu est la rencontre des autres, avec leur expérience, et non la «gestion efficace» de la diversité que promeut le management interculturel, qui selon nous imprègne la didactique actuelle.
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Actes de conférences sur le sujet "Management di Conflitto"

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Mininni, Mariavaleria, Luigi Guastamacchia et Teresa Pagnelli. « Rinaturalizzare/reinventare/riparare : azioni paesaggistiche per il riuso del paesaggio estrattivo : il caso studio della nuova provincia BAT ». Dans International Conference Virtual City and Territory. Roma : Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.8021.

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Résumé :
L’attività estrattiva ha costituito per la Puglia un importante motore di sviluppo economico e produttivo, uso del territorio legato alla sua tradizione storico-costruttiva. In particolare il bacino estrattivo della nuova provincia Barletta – Andria – Trani (BAT), a nord di Bari, in crisi ed in parte dismesso, è stato per la Regione uno dei riferimenti per l’ economia, non sempre sensibile verso le indotte trasformazioni sul paesaggio e territorio. Il presente contributo si propone di indagare quale possa essere il punto d’incontro tra il processo di pianificazione e quello produttivo, al fine di individuare strategie con cui operare il ripristino e la restituzione di usi, significati e valori a siti estrattivi ormai dismessi; attivando proattivamente e propositivamente processi virtuosi capaci di innescare da un lato una migliore gestione del paesaggio e dall’altro la necessaria innovazione nel sistema di gestione del comparto estrattivo risorse per il territorio. Partendo dall’atto di avvio del PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale), attento al recupero di cave esaurite ed abbandonate, si è cercato di definire un percorso metodologico e progettuale, nel quale il presupposto di riacquisire le cave esaurite in un processo di sviluppo sostenibile del territorio trova, attraverso azioni di paesaggio ripensate come le “3R”: Rinaturalizzare, Reinventare, Riparare, proposte strategiche di trasformazione territoriale in grado di delineare scenari futuri per il territorio e per i nuovi contesti di vita. Operativamente attraverso lo strumento delle linee guida sono state messe a sistema le tre azioni di paesaggio in risposta alle criticità che derivano dai processi e conflitti in atto individuati dai progetti territoriali di paesaggio regionale, con l’obiettivo di pensare al riuso delle cave esaurite per consolidare e valorizzare i caratteri di ciascun contesto di vita, e creare nuovi valori e risignificazione dei luoghi. The mining activity has been an important driver of economic and productive development for the Apulia region, representing a land use inextricably linked to its historical and constituting tradition. In particular, the mining basin of the comprehensive province Barletta - Andria - Trani (BAT), north of Bari, is now undergoing a crisis and has been partly dismissed. However, it has always been an important driving force for the local economy of the region. The consequent problems associated with landscape modification and alteration, land use,waste and sludge proper disposal have never been sufficiently taken into account This paper aims to investigate a possible meeting point between the planning and the production processes, in order to identify recovery and recycling strategies, as well as identifying how to return the dismissed extraction sites their former uses, meanings and values by proactively activating virtuous processes capable of triggering a better landscape management on the one hand and, on the other hand, the necessary innovation of the mining management system, allowing it to be a territorial resource again. Starting from the act of initiating the PTCP (Provincial Territorial Coordination Plan), attentive to the recovery of exhausted quarries and abandoned, we have tried to define a methodological and design, in which the assumption of regaining the exhausted quarries in the process of development sustainable land is, through actions of landscape rethought as the "3R" renaturalise, Reinvent, Repairing, policy proposals of territorial transformation can outline future scenarios for the region and for new life contexts. Operationally, through the instrument of the guidelines have been put in the system landscape of three actions in response to the issues that arise from the processes and ongoing conflicts as identified by the local projects of regional landscape, with the aim of thinking about the reuse of exhausted quarries for consolidate and enhance the characteristics of each context of life, and create new values and re-signification of places.
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