Thèses sur le sujet « Malattia Alzheimer »
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Giostra, Sara. « Su alcuni modelli matematici per la malattia di Alzheimer ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/16406/.
Texte intégralGiunta, M. « RUOLO PREDITTIVO DELL'ESPRESSIONE DEL RECETTORE SCAVENGER CD36 NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/150259.
Texte intégralPadula, Anna <1985>. « Ruolo delle alterazioni mitocondriali indotte dall'ipossia nella patogenesi della malattia di alzheimer ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6338/1/padula_anna_tesi.pdf.
Texte intégralMitochondrial dysfunctions play a crucial role in the pathogenesis of Alzheimer’s disease (AD), sustaining the neurodegenerative process through mechanisms such as energy deprivation and ROS overproduction. The etiopathogenesis of AD is still obscure, although several hypothesis have been formulated. Recently the vascular hypothesis has been proposed. In AD patients, the cerebral blood flow is significantly decreased, with a consequent reduction of oxygen tension (neural hypoxia). Several studies have shown that hypoxia has a central role in AD pathogenesis, since it is involved in different pathogenic pathways. However, the role of hypoxia in AD is not fully understood. The aim of this study was further to elucidate the pathological role of hypoxia in AD, mainly analyzing the mitochondrial dysfunction induced by reduction of oxygen tension. In the first part of the study, PC12 cells were cultured in the presence of amyloid-β peptide and hypoxia. In this model, hypoxia and amyloid-β showed a synergistic effect, strongly contributing to ATP depletion and ROS overproduction. In the second part of the study we used, as cellular model, AD patient skin fibroblasts exposed to hypoxia. These fibroblasts are characterized by mutations of APP and PSEN genes that increase the production of amyloid-β peptide. The AD fibroblasts showed an alteration of energy metabolism and a condition of oxidative stress. The bioenergetic alterations found under normoxia were further increased by hypoxia, while the oxidative stress was observed only under hypoxic conditions. In the light of the results, we suggest that one of the pathological consequences of hypoxia in AD is the inhibition of mitochondrial function, which may contribute to the neuronal dysfunction and the impairment of cognitive capacities.
Padula, Anna <1985>. « Ruolo delle alterazioni mitocondriali indotte dall'ipossia nella patogenesi della malattia di alzheimer ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6338/.
Texte intégralMitochondrial dysfunctions play a crucial role in the pathogenesis of Alzheimer’s disease (AD), sustaining the neurodegenerative process through mechanisms such as energy deprivation and ROS overproduction. The etiopathogenesis of AD is still obscure, although several hypothesis have been formulated. Recently the vascular hypothesis has been proposed. In AD patients, the cerebral blood flow is significantly decreased, with a consequent reduction of oxygen tension (neural hypoxia). Several studies have shown that hypoxia has a central role in AD pathogenesis, since it is involved in different pathogenic pathways. However, the role of hypoxia in AD is not fully understood. The aim of this study was further to elucidate the pathological role of hypoxia in AD, mainly analyzing the mitochondrial dysfunction induced by reduction of oxygen tension. In the first part of the study, PC12 cells were cultured in the presence of amyloid-β peptide and hypoxia. In this model, hypoxia and amyloid-β showed a synergistic effect, strongly contributing to ATP depletion and ROS overproduction. In the second part of the study we used, as cellular model, AD patient skin fibroblasts exposed to hypoxia. These fibroblasts are characterized by mutations of APP and PSEN genes that increase the production of amyloid-β peptide. The AD fibroblasts showed an alteration of energy metabolism and a condition of oxidative stress. The bioenergetic alterations found under normoxia were further increased by hypoxia, while the oxidative stress was observed only under hypoxic conditions. In the light of the results, we suggest that one of the pathological consequences of hypoxia in AD is the inhibition of mitochondrial function, which may contribute to the neuronal dysfunction and the impairment of cognitive capacities.
VARLESE, MARIA LAURA. « Studi genetici in pazienti con malattia di Alzheimer e Paraparesi spastica ereditaria ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/208598.
Texte intégralD'EUGENIO, Ottavio. « VALUTAZIONE DI FATTORI DI RISCHIO GENETICI SU BASE POLIMORFICA NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER ». Doctoral thesis, La Sapienza, 2006. http://hdl.handle.net/11573/917163.
Texte intégralAlabiso, Orazio Daniele. « Effetti degli inibitori delle fosfodiesterasi 5 nei modelli animali di malattia di alzheimer ». Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1244.
Texte intégralPASSARELLA, Daniela. « Tau nucleare : un possibile nuovo target per la terapia della malattia di Alzheimer ». Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2013. http://hdl.handle.net/11695/66242.
Texte intégralTau è una proteina stabilizzatrice i microtubuli identificata in entrambi i compartimenti cellulari, quello citosolico/citoscheltrico e quello nucleare, di cellule neuronali e non neuronali; si contraddistingue per la sua fosforilazione altamente regolata in eventi sia fisiologici (per esempio durante mitosi), che patologici (come negli aggregati neurofibrillari). Nella malattia dell’Alzheimer (AD) non è stato ancora stabilito se gli aggregati neurofibrillari rappresentano una causa o una conseguenza della neurodegenerazione; secondo l’ipotesi dell’amiloide, la proteina precursore dell’amiloide (AβPP) svolge un ruolo chiave nella neurodegenerazione, producendo i peptidi tossici Aβ che sono a loro volta responsabili dell’iperfosforilazione di tau. In questo lavoro di ricerca noi dimostriamo che AβPP, quando è overespressa ectopicamente o in cellule con trisomia 21, modula la fosforilazione di tau a livello di fosfo-epitopi patogenetici e mitotici durante il ciclo cellulare e regola la localizzazione intracellulare di fosfo-tau, riducendone la quota nucleare e il rapporto nucleo/citoscheletro; tale regolazione è risultata essere strettamente dipendente dall’attivitá di γ-secretasi. Questa specifica fosforilazione di tau è richiesta durante la mitosi sia in vivo che in vitro ed è modulata dal pathway segnale di ERK1,2; il conseguente fenotipo è una stimolazione della crescita cellulare indotta da AβPP in linee cellulari proliferanti. Anche in cellule neuronali differenziate A1, l’overespressione di AβPP modula la fosforilazione di tau, alterandone il rapporto nucleo/citoscheletro ed è, in questo caso, anche correlata con la morte cellulare. A differenza dei tessuti cerebrali di casi controllo, in quelli AD la localizzazione nucleare di tau è irrilevante e si osserva la predominanza di aggregati neurofibrillari. Abbiamo infine, investigato l’azione protettiva del selenato di sodio sulla fosforilazione e gli aggregati di tau in un modello murino di tauopatia transgenico per la tau umana recante la mutazione P301S. Il trattamento con tale droga mostra ridurre sia la fosforilazione di tau, sia le sue inclusioni, attivando l’attività fosfatasica (PP2A) e la degradazione autofagica degli aggregati di tau. Riassumendo, in questo lavoro noi dimostriamo un diretto contributo di AβPP nell’attivazione di un pathway segnale volto all’attivazione di specifiche chinasi, coinvolte nella fosforilazione e nell’omeostasi dei pools nucleare e citosolico/citoscheletrico di tau, con consegnenze nelle dinamiche del ciclo cellulare che potrebbero indurre la morte cellulare in neuroni post-mitotici. L’uso di tools farmacologici che potrebbero ridurre l’attivazione di chinasi e stimolare la degradazione di inclusioni di tau, come mostrato qui usando il selenato di sodio in topi transegenici, potrebbe revertire questo processo patologico. A nostro avviso, una comprensione piú profonda dei meccanismi molecolari che causano lo squilibrio tra la fosforilazione nucleare vs. quella citoscheletrica di tau è essenziale per l’identificazione di nuovi targets terapeutici per l’AD.
De, Masi Anna. « Tecniche di machine learning in neuroimaging strutturale per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.
Trouver le texte intégrald'ORSI, GIUSEPPE. « Storia naturale dell'epilessia mioclonica senile in pazienti con Sindrome di Down e Malattia di Alzheimer ». Doctoral thesis, Università di Foggia, 2014. http://hdl.handle.net/11369/331865.
Texte intégralIMPERATORI, S. M. FUSARI. « IMPATTO DELLA DEPRESSIONE SUL RISCHIO DI PROGRESSIONE DEL MILD COGNITIVE IMPAIRMENT A MALATTIA DI ALZHEIMER ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2010. http://hdl.handle.net/2434/150196.
Texte intégralVenturelli, E. « Effetto di polimorfismi genetici coinvolti nel processo infiammatorio e nel danno ossidativo nella malattia di Alzheimer ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2007. http://hdl.handle.net/2434/63634.
Texte intégralDitadi, Giulia <1993>. « Malattia di Alzheimer e caregiver : prendersi cura di chi cura. Progetto Sollievo e Progetto IN.TE.SE. a confronto ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11619.
Texte intégralCRISTALDI, Laura. « I centenari, modello di invecchiamento di successo e la malattia di Alzheimer, modello di invecchiamento senza successo ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2020. http://hdl.handle.net/10447/395450.
Texte intégralScarpini, E. A. « RUOLO DELL’INFIAMMAZIONE E DEL DANNO OSSIDATIVO NELLA PATOGENESI DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER E DELLA DEGENERAZIONE LOBARE FRONTOTEMPORALE ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/2434/71140.
Texte intégralZago, S. « VALUTAZIONE DELLA RISPOSTA ALLA TERAPIA CON ANTICOLINESTERASICI NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER MEDIANTE STATISTICA SU CASO SINGOLO (N=1) ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/150552.
Texte intégralRotondo, E. « PROGRESSIONE DA MILD COGNITIVE IMPAIRMENT A MALATTIA DI ALZHEIMER : IDENTIFICAZIONE DI PROFILI NEUROCOGNITIVI PREDITTIVI E CORRELAZIONE CON BIOMARCATORI LIQUORALI ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/173979.
Texte intégralMELIS, TIZIANA. « Marker di Neuroinfiammazione nella malattia di Alzheimer : studio su tessuto cerebrale umano e su ratti transgenici McGill-R-Thy1-APP ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2011. http://hdl.handle.net/11584/265916.
Texte intégralPACE, LORENZO. « Behavioral and neurochemical effects of Palmitoylethanolamide in a murine model of Alzheimer’s Disease ». Doctoral thesis, Università di Foggia, 2016. http://hdl.handle.net/11369/338930.
Texte intégralRIZ, M. A. DE. « FATTORI DI RISCHIO GENETICI NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER E NELLA DEMENZA FRONTOTEMPORALE : STUDIO DI ASSOCIAZIONE DI GENI CANDIDATI POSIZIONALI E FUNZIONALI ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/150554.
Texte intégralD'AGOSTINO, VITTORIA CARLA. « Analisi grafologica in pazienti affetti da malattia di Alzheimer di grado lieve-moderato validazione di uno strumento clinico e peritale ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2014. http://hdl.handle.net/2108/209923.
Texte intégralSerpente, M. « MALATTIA DI ALZHEIMER E DEGENERAZIONE LOBARE FRONTOTEMPORALE : RICERCA DI MUTAZIONI AUTOSOMICHE DOMINANTI E ANALISI GENETICA E FUNZIONALE DI GENI CANDIDATI ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/217469.
Texte intégralSampietro, Simona. « Prevenzione del caregiver burden : effetti di un intervento psicologico di gruppo rivolto ai familiari di pazienti affetti da Malattia di Alzheimer ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2007. http://hdl.handle.net/11577/3425964.
Texte intégralSartorio, E. « VALUTAZIONE DELL'ACCURATEZZA DIAGNOSTICA DI TRE TEST PER LA MALATTIA DI ALZHEIMER : MEMORY BINDING, FREE AND CUED SELECTIVE REMINDING E DUAL TASK ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/264146.
Texte intégralBAZZINI, CHIARA. « STUDY OF MOLECULAR MECHANISMS AND NEW STRATEGIES AGAINST A CYTOTOXICITY AND NEUROINFLAMMATION IN EX VIVO CELLULAR MODELS FROM ALZHEIMER’S DISEASE PATIENTS ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2021. http://hdl.handle.net/10281/306480.
Texte intégralAlzheimer's disease (AD) is a major public health concern and has been identified as a priority for research in Life Science. The two core pathological hallmarks of AD are extracellular amyloid plaques and intracellular neurofibrillary tangles which underlie microglial and neuronal damage, neuroinflammation and cognitive impairment. Soluble oligomers are the most toxic species of β-amyloid (Aβ) and interact with several protein kinases such as Ras/MAPK and PI3K/AKT pathways, which regulate many cellular processes and cognitive functions. These pathways mediate Aβ toxicity, regulating some molecular mechanisms involved in neuronal degeneration such as cytoskeletal impairment, glutamate excitotoxicity and neuroinflammation. In the last years much attention has been focused on the potential role of natural compounds as neuroprotective agents. Hop (Humulus Lupulus) contains flavonoids, aromatic molecules which have antioxidant, anti-inflammatory and anti-atherogenic properties. In fact, hop extract has anti-aggregating effects on Aβ, and it seems to prevent its production in cultured cells. Aβ induces also the activation of the pattern recognition receptor Nod-like receptor protein 3 (NLRP3) inflammasome complex in microglia and the consequent release of proinflammatory cytokines, playing a pivotal role in AD-associated neuroinflammation. NLRP3 activation results in the release of inflammatory mediators, including ASC protein complexes (ASC specks), IL-1β and IL-18, that facilitate Aβ deposition and neuroinflammation in a self-feeding pathogenic loop. Since specific therapeutical strategies are still lacking, the dampening of the inflammasome assembly and activation could be a new strategy for AD. The overall focus of this study is to investigate molecular mechanisms involved in neurodegenerative diseases and in neuroinflammation, using peripheral ex vivo cellular models from AD, to check new potential therapeutical targets. In order to characterize the complex interactions among Aβ, MAPK and AKT signaling, we used fibroblasts from sporadic AD patients with different disease severity. To evaluate any molecular mechanisms that could prevent or modulate Aβ-induced toxicity, the potential cytoprotective effects of Hop extract and related intracellular signaling were also investigated. Fibroblasts provide a useful cellular model for studying AD, since they could be differentiated into patient-specific neural cell lines, using iPSC technologies. Moreover, particular interest was given to NLRP3-inflammasome activation pathway. We investigated the involvement of NLRP3 inflammasome activation on intracellular pathways and their downstream targets, using a combination of in vitro studies and patient-derived samples. In particular, we used macrophage-derived THP-1 human monocytes and peripheral blood mononuclear cells (PBMC)-derived monocytes from healthy control (HC) subjects and AD patients, to analyse phagocytosis, autophagy and apoptosis modulation and the effects of the nucleoside reverse transcriptase inhibitor Stavudine (D4T), that reduces NLRP3 inflammasome activation blocking the purinergic receptor P2X7R. Furthermore, we analyzed the NLRP3 inflammasome pathway and the role of the selective NLRP3 inhibitor CRID3, to compare the effects of inflammasome inhibition through two different mechanisms. At this purpose, HC and AD-derived monocytes were differentiated into microglia-like cells (MDMIs) and characterized for myeloid surface and intracellular proteins expression. Key microglia functions such as inflammatory cytokines release, Aβ phagocytosis and degradation were evaluated upon exposure to NLRP3 inflammasome activators with or without CRID3. MDMIs reflected many features of microglia and, as fibroblasts-derived iPSCs, they are attractive cellular models helpful to understand AD pathogenesis, identify therapeutic targets and allow large-scale drug screening of the novel therapeutic candidates.
Giannuzzi, Sara. « Equazione di Smoluchowski a coefficienti variabili e applicazioni ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/9435/.
Texte intégralCALCAGNO, ELISA. « Il ruolo del cGMP e di Aβ nei processi di formazione della memoria. Caratterizzazione di nuovi HAT attivatori per la terapia della malattia di Alzheimer ». Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2019. http://hdl.handle.net/11567/938046.
Texte intégralCapitanio, Paola. « Effects of familial Alzheimer's disease-linked presenilin 2 mutants on Ca2+ homeostasis of Golgi Apparatus sub-compartments ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423438.
Texte intégralLa malattia di Alzheimer's (AD) è un disordine neurodegenerativo e la forma più comune di demenza senile. La caratteristica istopatologica di AD è la presenza di depositi neurofibrillari intracellulari e di placche amiloidi, costituite da aggregati di peptide amiloide (Aß), che si depositano nella matrice extracellulare del cervello. I peptidi Aß sono il risultato di due tagli sequenziali della Proteina Precursore dell'Amiloide (APP); Aß viene poi rilasciato dall'enzima α-secretasi. Le più abbondanti specie peptidiche di Aß, prodotte anche fisiologicamente per tutta la vita, sono Aß40 e Aß42, quest'ultimo più insolubile e più incline all'aggregazione. Sebbene la maggior parte dei casi di AD siano sporadici, una piccola percentuale di pazienti è affetta dalla forma ereditaria di Alzheimer (malattia familiare di Alzheimer, FAD), causata da mutazioni dominanti in uno dei geni codificanti per APP, presenilina-1 (PS1) e presenilina-2 (PS2); le PSs sono le subunità catalitiche del complesso enzimatico della α-secretasi ma funzionano anche in maniera indipendente da tale attività enzimatica. Le mutazioni in PSs legate a FAD portano ad un aumento nel rapporto Aß42/Aß40, che promuove la deposizione di placche amiloidi. Oltre a questo effetto, è stato ampiamente dimostrato che molte mutazioni in PS1 e PS2 provocano alterazioni della omeostasi del Ca2+ intracellulare, rendendo così i neuroni più sensibili agli stimoli eccitotossici e apoptotici. L'apparato di Golgi (GA) rappresenta, insieme al reticolo endoplasmatico (ER), il principale deposito intracellulare di Ca2+, IP3 sensibile, e la sua funzionalità è fondamentale per il controllo delle risposte citosoliche di Ca2+. Sempre maggiori evidenze suggeriscono che il GA sia un organello eterogeneo in termini di Ca2+ handling, essendo dotato di un diverso toolkit molecolare per il Ca2+ rispetto a quello espresso nell' ER. Ad esempio, come meccanismi di uptake per il Ca2+, il GA esprime la classica pompa SERCA (Sarco-Endoplasmic Reticulum Ca2+ ATPase) ma anche un ulteriore pompa, detta SPCA1 (Secretory Pathway Ca2+ ATPase1). L'utilizzo di uno specifico sensore per il Ca2+ specificatamente indirizzato al trans-Golgi, ci ha precedentemente permesso di dimostrare direttamente la eterogeneità funzionale del GA, mostrando il comportamento distinto di questo sub-compartimento: i meccanismi di uptake di Ca2+ sono mediati esclusivamente dalla SPCA1 (e non dalla SERCA); non rilascia Ca2+ in risposta alla generazione IP3, ma piuttosto si accumula il catione come conseguenza dell'aumento di Ca2+ citoplasmatico. Per quanto riguarda gli altri sub-compartimenti del GA, abbiamo generato un nuovo indicatore per il Ca2+ fuso alla sequenza di indirizzamento dell'enzima 1,6 N-acetylglucosaminyltransferasi (C2gnT) residente del cis/medial-Golgi. La nuova sonda co-localizza con il marcatore di cis/medial-Golgi Giantina e quindi è stata utilizzata per studiare le dinamiche di Ca2+ in questo sub-compartimento a livello di singola cellula. Complessivamente i dati ottenuti suggeriscono che il GA sia unico in termini di omeostasi del Ca2+, con tali sub-compartimenti separati da pochi micron, e in equilibrio molto rapido tra loro, ma comunque in grado di mantenere differenze consistenti in termini di concentrazione dello ione e risposta a stimoli esterni . Le differenze tra i due sub-compartimenti del GA sono confermate dall'effetto specifico sulla omeostasi del Ca2+ dell'espressione della forma mutata di PS2T122R legata alla malattia familiare di Alzheimer. Le cellule che esprimono tale proteina mostrano una diminuzione del contenuto di Ca2+ nel cis/medial-Golgi ma nessun effetto sull'omeostasi del Ca2+ nel trans-Golgi. PS2T122R sembra inibire l'assorbimento di Ca2+ nel cis/medial-Golgi, inibendo l'attività della pompa SERCA, mentre non influenza l'assorbimento di Ca2+, mediato dalla SPCA1, nel trans-Golgi. Il GA sembra quindi giocare un ruolo importante nella patogenesi di AD e comprendere il contributo di tale organello nella patogenesi di AD e la sua base fisiopatologica potrà avere un forte impatto sulla possibilità di sviluppare terapie più efficaci per AD.
BRAMBILLA, ANNA. « Effetti della deprivazione di ossigeno e glucosio (OGD) sulla fluidità di membrana e sulla modulazione dell'attività di bace1 in cellule endoteliali del microcircolo cerebrale di ratto (RBE4) ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2013. http://hdl.handle.net/10281/84854.
Texte intégralRossi, Alice. « Effects of Presenilin 2 mutations associated with Familial Alzheimer's Disease on mitochondrial bioenergetics ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3426795.
Texte intégralLa malattia di Alzheimer è un disturbo neurodegenerativo del sistema nervoso centrale. È, principalmente, una malattia sporadica; tuttavia in una piccola percentuale di casi è ereditata e dovuta a mutazioni autosomiche dominanti in tre diversi geni, che codificano per la Proteina Precursore dell’Amiloide (APP), per Presenilina1 (PS1) e per Presenilina2 (PS2). Le preseniline, principalmente localizzate nella membrana del reticolo endoplasmatico (RE), costituiscono la porzione catalitica del complesso enzimatico della ɣ-secretasi. Le stesse, oltre ad essere fondamentali per l’attività di questo complesso enzimatico, hanno molte funzioni che sono indipendenti dalla ɣ-secretasi; tra queste, la modulazione della crescita dei neuriti, dell’apoptosi, dell’autofagia, delle funzioni sinaptiche e dell’omeostasi del Ca2+. Il Ca2+ è un secondo messaggero intracellulare fondamentale, coinvolto in molteplici funzionalità cellulari; alterazioni dell'omeostasi del Ca2+ sono state proposte come eventi precoci in diverse malattie neurodegenerative, tra cui la malattia di Alzheimer. In particolare, è stato dimostrato che mutazioni in PS2 associate a forme familiari di Alzheimer (FAD) sono direttamente coinvolte in queste alterazioni. Nel nostro laboratorio è stato precedentemente dimostrato che l'espressione di PS2, sia della forma WT ma soprattutto delle forme mutate associate a FAD (come PS2-T122R), ma non di PS1, riduce il contenuto di Ca2 + nel RE principalmente inibendo l'attività della pompa SERCA. PS2, inoltre, aumenta la vicinanza fisica e funzionale di RE e mitocondri, favorendo il processo di trasferimento di Ca2+ tra i due organelli; tuttavia, a causa del suo effetto sulla [Ca2+] nel RE, che ha come conseguenza una minore quantità di Ca2 + disponibile per il rilascio nel citosol, la quantità di Ca2 + che entra nei mitocondri, dopo stimolazione, è ridotta. Sulla base del ruolo fondamentale svolto dal Ca2 + nella regolazione del metabolismo mitocondriale, nel lavoro presentato in questa tesi abbiamo esaminato i possibili effetti sulla funzionalità mitocondriale del complesso equilibrio tra alterazioni del contenuto di Ca2+ nel RE e l’aumento della vicinanza tra RE e mitocondri, indotti dall’espressione di forme mutate di PS2 legate a FAD. Per svolgere questo studio abbiamo utilizzato una linea cellulare di neuroblastoma (SH-SY5Y), cresciuta in un terreno contenente galattosio, invece di glucosio. Infatti, le cellule cresciute in un terreno che contiene galattosio aumentano il metabolismo mitocondriale, rendendo così questo protocollo sperimentale ottimale per evidenziare eventuali difetti mitocondriali. In cellule esprimenti FAD-PS2-T122R, cresciute in un terreno contenente glucosio o galattosio, sono stati misurati livelli totali di ATP cellulare minori rispetto a quelli di cellule di controllo. La riduzione di questo parametro era più evidente in cellule cresciute in terreno contenente galattosio, suggerendo possibili difetti mitocondriali indotti da PS2. Per studiare come la deregolazione del Ca2+, causata dall'espressione di PS2, possa influenzare il metabolismo mitocondriale, abbiamo indotto il rilascio di Ca2+ dal RE, a cui segue un aumento di Ca2+ nei mitocondri che conseguentemente stimola la produzione di ATP mitocondriale. A tal fine abbiamo utilizzato sia bradichinina, come stimolo massimale del recettore IP3, sia siero fetale di vitello (FCS), contenente fattori che inducono una stimolazione più fisiologica dello stesso recettore. In entrambe le condizioni, è stata osservata una riduzione nella produzione di ATP mitocondriale, misurata utilizzando luciferasi (in particolare la sonda mitocondriale), in cellule esprimenti FAD-PS2, ma non in cellule che esprimevano FAD-PS1. I difetti nella sintesi di ATP sono stati osservati in cellule SH-SY5Y, MEF, HT22 e in neuroni corticali di topi FAD-PS2-N141I (Tg, PS2.30H), utilizzando anche sonde per l’ATP basate su FRET (ATeam 1.03), contemporaneamente espresse nella matrice mitocondriale e nel nucleo. Abbiamo anche valutato se l’espressione di FAD-PS2 potesse influenzare la glicolisi; per fare questo, abbiamo espresso in cellule una luciferasi citosolica, per valutare l’ATP prodotta nel citoplasma, e abbiamo misurato l’acidificazione del mezzo extracellulare, come indice di glicolisi. Per entrambe i parametri, non abbiamo osservato alcuna differenza tra cellule esprimenti FAD-PS2 o di controllo. Per comprendere il meccanismo attraverso il quale PS2 causa la disfunzione mitocondriale osservata, data la nota deregolazione dell’omeostasi del Ca2+ indotta da PS2, abbiamo innanzitutto deciso di simulare la deplezione di Ca2+ nel RE causata dall’espressione di PS2 nelle cellule di controllo. Abbiamo usato due approcci diversi: da un lato abbiamo trattato le cellule di controllo con un inibitore della pompa SERCA (acido ciclopiazonico, CPA) per ridurre il contenuto di Ca2+ nel RE, dall’altro abbiamo sovraespresso una forma mutata di MICU1 (MICU1mut). In entrambi i casi abbiamo ottenuto una riduzione nell’entrata di Ca2+ nel mitocondrio, mimando perfettamente il difetto causato dall’espressione di FAD-PS2. Come atteso, il trattamento con CPA e l'overepressione di MICU1mut riducono notevolmente la produzione di ATP rispetto alle cellule di controllo non trattate. Ciononostante, a parità di Ca2+ che entra nel mitocondrio in cellule esprimenti o meno FAD-PS2, abbiamo misurato una minore produzione di ATP mitocondriale in cellule esprimenti forme mutate di PS2, rispetto ai controlli trattati con CPA o esprimenti MICU1mut. Tali risultati suggeriscono che i difetti nel metabolismo mitocondriale indotti dall’espressione di FAD-PS2 solo almeno in parte riconducibili alla riduzione del contenuto di Ca2+ nel RE, e quindi al suo ingresso nei mitocondri. Tuttavia, sono probabilmente coinvolti meccanismi aggiuntivi nelle disfunzioni mitocondriali osservate. Abbiamo, quindi, valutato l'attività della catena respiratoria misurando la velocità nel consumo di ossigeno (OCR). E’ stato così possibile osservare che sia il consumo di ossigeno a basale che il massimo consumo di ossigeno sono ridotti in cellule esprimenti FAD-PS2, ma non FAD-PS1. Inoltre, in cellule esprimenti PS2-T122R è stata misurata una riduzione della respirazione mitocondriale legata alla produzione di ATP. Tuttavia, poiché i livelli di espressione dell’ATP sintasi e dei complessi della catena respiratoria non variano, in seguito all’espressione di PS2, e dato che misure di respirazione in mitocondri isolati da topi WT e PS2-N141I Tg non hanno rivelato differenze sostanziali, la riduzione nella produzione di ATP osservata in cellule intatta non è verosimilmente dovuta ad un’alterazione intrinseca nell'attività della catena respiratoria. Questo suggerisce che i difetti riscontrati possano dipendere dall'ambiente cellulare, piuttosto che da un difetto intrinseco degli stessi mitocondri. Per un corretto metabolismo mitocondriale, la giusta quantità di substrati prodotti nel citoplasma attraverso la glicolisi deve raggiungere la matrice mitocondriale per supportare il ciclo di Krebs e l'attività della catena respiratoria. L’esochinasi 1 (HK1), enzima che catalizza la prima reazione della glicolisi, convertendo il glucosio in glucosio 6-fosfato, sembra anche modulare l’ingresso dei substrati nei mitocondri, poiché l'interazione/distacco di HK1 con/dai mitocondri può modulare la permeabilità mitocondriale ai substrati. Abbiamo misurato una riduzione nella co-localizzazione tra HK1 e mitocondri in cellule SH-SY5Y esprimenti FAD-PS2, in fibroblasti da pazienti FAD con mutazioni in -PS2 e in neuroni corticali da topi transgenici FAD-PS2. Il trattamento di cellule di controllo con clotrimazolo, una sostanza nota per avere la capacità di indurre il distacco di HK1 dai mitocondri, si è rivelato capace di ridurre la colocalizzazione tra HK1 e mitocondri a un livello simile a quello causato da PS2, mimandone così l'effetto. In seguito a questo trattamento, cellule di controllo mostravano una ridotta produzione di ATP mitocondriale, rispetto a cellule non trattate; tuttavia, l'effetto del clotrimazolo sulla produzione di ATP era meno evidente rispetto alla diminuzione causata dall'espressione di FAD-PS2. Questo significa che, anche se il distacco di HK1 dai mitocondri svolge un ruolo importante nel determinare i difetti mitocondriali osservati in seguito a espressione di FAD-PS2, la disfunzione nell’omeostasi del Ca2+, descritta in precedenza, contribuisce anch’essa alla diminuzione complessiva dell’attività mitocondriale. Questi risultati sono stati confermati anche con un approccio genetico. Abbiamo abbattuto l'espressione di HK1 endogena, mediante specifici siRNAs e abbiamo sovra-espresso la forma intera di HK1 (FL-HK1) o la forma tronca di HK1 (Tr-HK1), proteina ques’ultima che manca del dominio di legame mitocondriale ma che presenta ancora l'attività catalitica. Il silenziamento della proteina endogena causa una notevole riduzione nella produzione di ATP mitocondriale; la ri-espressione di FL-HK1 è in grado di recuperare completamente il difetto nella produzione di ATP, mentre quella di Tr-HK1 no. Questi risultati confermano nuovamente che il distacco di HK1 dai mitocondri è coinvolto nella manifestazione dei difetti mitocondriali osservati in seguito all’espressione di FAD-PS2. Relativamente a HK1 e al suo ruolo nella regolazione della permeabilità mitocondriale ai substrati, in cellule esprimenti PS2 è stato misurato un aumento nella quantità di piruvato nel citoplasma . È importante notare come il blocco farmacologico della proteina responsabile del trasporto del piruvato all’interno del mitocondrio (MPC) con due diversi farmaci, UK5099 e Pioglitazone, annulli le differenze tra le cellule esprimenti FAD-PS2 e i controlli, indicando che l'espressione di FAD-PS2 agisce anche su questa via metabolica. In questo lavoro, abbiamo mostrato che forme mutate di PS2 legate a FAD diminuiscono i livelli cellulari di ATP, in particolare la produzione di ATP mitocondriale, con due diversi meccanismi: 1) causando una deregolazione dell’omeostasi del Ca2+, principalmente diminuendo il contenuto di Ca2+ nel RE, e quindi il conseguente ingresso di Ca2+ nel mitocondrio; 2) inducendo il distacco di HK1 dai mitocondri, influenzando così la disponibilità di substrati (per es., piruvato) per i mitocondri. Ulteriori esperimenti saranno finalizzati a: i) valutare l'impatto dell’aumento della vicinanza tra RE e mitocondri causato dall’espressione di PS2 sui difetti mitocondriali riportati; ii) definire il meccanismo molecolare attraverso il quale FAD-PS2 induce il distacco di HK1 dai mitocondri; iii) valutare l’eventuale impatto di queste alterazioni nella progressione del fenotipo AD.
Maggiore, L. « Analisi del metabolismo cerebrale mediante FDG-PET nella malattia di Alzheimer e nei sottotipi di mild cognitive impairment med 26 : dottorato di ricerca in scienze neurologiche e del dolore : tesi di dottorato ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2008. http://hdl.handle.net/2434/61193.
Texte intégralRigotto, Giulia. « Study of mitochondria physiology in transgenic mouse models of Alzheimer's disease ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3421946.
Texte intégralIl morbo di Alzheimer è la malattia neurodegenerativa più diffusa e una delle principali cause di demenza nei paesi occidentali. Questa patologia determina progressivi danni alla memoria e ad altre importanti funzioni cognitive. La maggior parte dei casi di Alzheimer è sporadica, compare in tarda età e i fattori di rischio più conosciuti sono l’invecchiamento e la variante allelica APO-e4 del gene che codifica per la lipoproteina E. Esiste tuttavia una piccola ma significativa percentuale di casi ereditari (forma familiare di Alzheimer, FAD) che è causata da mutazioni autosomiche dominanti in tre geni che codificano per la Proteina Precursore dell’Amiloide (APP), per la Presenilina-1 (PS1) e la Presenilina-2 (PS2). L’APP è una proteina transmembrana espressa principalmente nel cervello. Le preseniline sono proteine omologhe di membrana presenti soprattutto nel reticolo endoplasmatico e nell’apparato di Golgi. Costituiscono ciascuna, indipendentemente, la parte catalitica dell’enzima gamma-secretasi che, insieme all’enzima beta-secretasi, è responsabile del taglio dell’APP e della conseguente formazione di peptidi Abeta, molto dannosi per il cervello. L’identificazione di mutazioni genetiche coinvolte nelle forme familiari di Alzheimer, ha permesso lo sviluppo di modelli di topi transgenici. Dato che i casi sporadici e quelli familiari della malattia sono clinicamente molto simili, questi modelli rappresentano uno strumento essenziale per la ricerca, poiché permettono lo studio di possibili meccanismi molecolari condivisi e danno la possibilità di scoprire/migliorare eventuali terapie. In questo progetto, gli esperimenti sono stati effettuati utilizzando due modelli transgenici di topi disponibili in laboratorio. Il primo è un topo transgenico omozigote per la mutazione PS2-N141 che è stata posta sotto il controllo del promotore prionico e quindi viene espressa in tutti i tessuti. Il secondo modello è omozigote per la stessa mutazione di PS2 e anche per una mutazione dell’APP (APPSwe) che si trova sotto il controllo del promotore Thy.1, ed è quindi espressa solo nel cervello. L’obiettivo di questo studio è quello di trovare possibili danni precoci nei mitocondri di cervello in questi modelli transgenici di Alzheimer. I mitocondri sono organelli citoplasmatici principalmente coinvolti nel fornire energia alla cellula sotto forma di ATP, ma sono in realtà indispensabili per molte altre funzioni, come ad esempio il controllo dell’omeostasi del calcio, la produzione delle specie radicali di ossigeno (ROS) e l’apoptosi. Al giorno d’oggi, è ampiamente accettato che danni a questi organelli non sono solo presenti durante il normale invecchiamento ma anche in molte altre malattie legate ad esso, comprese le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, il morbo di Parkinson, la sclerosi laterale amiotrofica e la corea di Huntington. I primi esperimenti sono stati effettuati in mitocondri isolati dal cervello dei topi WT, PS2 e PS2APP, partendo da quelli di 8 giorni fino a topi di 2 anni, per documentare la possibile presenza e/o progressione di disfunzionalità dei mitocondri. Abbiamo valutato diversi parametri bioenergetici, come la velocità di consumo dell’ossigeno (oxygen consumption rate, OCR), il potenziale di membrana mitocondriale e la capacità dei mitocondri di accumulare calcio nella matrice (calcium retention capacity, CRC). I risultati di questi esperimenti non hanno tuttavia rivelato particolari differenze tra i topi WT e quelli transgenici, né per quanto riguarda l’attività dei complessi della catena respiratoria, né per la sensibilità del poro di transizione della permeabilità mitocondriale (permeability transition pore, PTP) ad un elevato aumento di Ca2+ nella matrice. Tali dati suggeriscono che probabilmente, queste mutazioni FAD non inducono direttamente danni ai mitocondri. I mitocondri isolati sono uno strumento molto utile per studiare le caratteristiche e la funzionalità di questi organelli, ma presentano tuttavia alcuni svantaggi: per esempio, in queste condizioni il mitocondrio è separato dal suo ambiente fisiologico e non è così possibile studiare le sue interazioni con le altre componenti del citoplasma. Per questo motivo, abbiamo deciso di spostare la nostra attenzione sulle colture primarie neuronali di ippocampo, perché quest’area del cervello è una delle regioni maggiormente e precocemente colpite dall’Alzheimer. Per prima cosa, abbiamo comparato la respirazione basale e la respirazione accoppiata alla sintesi di ATP misurate con l’Extracellular Flux Analyzer (Seahorse) senza però trovare differenze significative tra le colture dei tre genotipi. La misura della respirazione massima è invece più alta nei WT rispetto a PS2 e PS2APP, e la differenza è significativa tra WT e PS2APP, suggerendo una possibile alterazione nel rifornimento di substrati ossidabili ai mitocondri. In seguito, le misure effettuate per valutare la capacità dei mitocondri di mantenere il potenziale di membrana dopo l’inibizione selettiva dei complessi della catena respiratoria o dell’ATP sintasi, hanno rivelato un possibile difetto in quest’ultima, che potrebbe limitare la capacità di idrolizzare l’ATP, oppure alla presenza di difetti metabolici sconosciuti che limitano il rifornimento di ATP del citoplasma per sostenere l’attività idrolitica. Visti questi risultati, abbiamo provato a ripetere gli esperimenti in fibroblasti provenienti da pazienti caratterizzati dalla stessa mutazione di PS2 presente nei modelli transgenici di topo. In questo caso però, la differenza tra fibroblasti provenienti da controlli sani e quelli provenienti dai pazienti non è così marcata come quelli emersi dagli studi nelle colture neuronali primarie. Questo può essere spiegato dal fatto che i fibroblasti sono cellule molto diverse dai neuroni, potrebbero ad esempio utilizzare di più la glicolisi, o semplicemente potrebbero risentire meno dell’effetto della mutazione in PS2. Per verificare se effettivamente potesse esserci un difetto a livello dell’attività idrolitica dell’ATP sintasi, abbiamo provato a misurare indirettamente la velocità di idrolisi dell’ATP in mitocondri isolati da cervello di topi dei tre genotipi tramite l’ossidazione del NADH. Al momento, sembra che la velocità di idrolisi sia più veloce nei transgenici, anche se il numero di esperimenti non è ancora sufficiente per stabilire se tale differenza sia significativa o meno. Abbiamo inoltre verificato che bloccando la catena respiratoria o l’ATP sintasi, di fatto diminuendo la quota di ATP prodotto dai mitocondri, i neuroni WT, PS2 e PS2APP sono ugualmente in grado di regolare il calcio citosolico. Questo suggerisce che in queste condizioni sperimentali i neuroni sono in grado di sopperire alla riduzione dell'ATP e che probabilmente per evidenziare delle differenze tra i genotipi bisognerebbe utilizzare uno stimolo più forte o prolungato. Un altro parametro verificato è la produzione di ROS, che in condizioni basali è molto basso e che sembra essere simile tra i genotipi. Dati i risultati ottenuti fino ad adesso, sarebbe interessante studiare nel dettaglio l’attività dell’ATP sintasi che potrebbe essere alterata nei modelli transgenici e soprattutto potrebbe essere interessante studiare le interazioni metaboliche tra i mitocondri e il resto della cellula.
FABBIAN, SIMONE. « CARATTERIZZAZIONE DI NUOVE PROPRIETA’ STRUTTURALI DELLA SUBUNITA' UMANA OSCP DI ATP SINTASI E ANALISI BIOFISICA DELLE SUE INTERAZIONI CON L’INIBITORE MITOCONDRIALE IF1-1 E CON LA CICLOFILINA D, CORRELATE A SITUAZIONI FISIOPATOLOGICHE CONNESSE CON LA REGOLAZIONE DEL m-PTP COME L'INVECCHIAMENTO, IL CANCRO E LA MALATTIA DI ALZHEIMER ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2022. http://hdl.handle.net/11577/3459751.
Texte intégralIn this PhD work, it is provided the first characterization at a molecular level of the C-terminal domain of the human OSCP in solution, by a synergic use of different and advanced structural techniques as NMR, Bio-SAXS and ITC. Thanks to the information collected also for the human N-terminal domain, it has been possible to perform a preliminary investigation of the whole subunit in solution, understanding new and unexpected structural proprieties that will help to elucidate the emerging therapeutic roles of the OSCP, even as a regulatory subunit of the m-PTP. The new information about the OSCP allowed us to study for the first time two protein-protein interaction processes at a molecular level, which are involved in the m-PTP regulation and its related pathologies. The first one is the novel binding event between the OSCP and the first isoform of the ATPase inhibitor IF1-1 that is known for its inhibitory action against the complex V hydrolytic activity in anoxia, through the binding within the F1 catalytic module. The new interaction between the OSCP and IF1-1 was detected in some tumor cell models, where the inhibitor is overexpressed, during mitochondrial respiration and ATP synthesis (oxidative phosphorylation). This novel binding event does not affect the ATP synthase catalysis but it prevents the apoptosis, specifically through the m-PTP desensitization, helping in this way the cancer cell to achieve an apoptosis-resistant phenotype and immortality. The second binding process regards the well known interaction between the OSCP and CypD which has never been studied at a molecular level. Our investigation allowed to elucidate new, despite preliminary, aspects about the structural mechanisms of this protein-protein binding event that remains, nowadays, one of the few molecular processes accepted form the scientific community as directly involved into the m-PTP sensitization. It is also reported, as a side project, the structural characterization of the interaction between human protein kinase CK2α (catalytic subunit) and a novel ruthenium-based polyoxometalate, which provides an interesting inhibition mechanism against the cancer-related CK2, at a molecular level.
CASTELLI, ILARIA. « La teoria della mente in prospettiva life-span ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/145.
Texte intégralTheory of Mind (ToM) the ability to meta-represent self and others' mental states and to refer to them to foresee and explain the behaviour plays a crucial role in social interactions to provide a successful adaptation to the environment. After being extensively studied in developmental psychology, the research on ToM has recently undergone a shifting towards other life-ages (adulthood and elderly) thus opening a new field if research in a life-span perspective. The object of this PhD thesis is to study of ToM in a life-span perspective with three goals: (1) to study ToM evolution in adult age and to discover its possible relations with the ability of decision-making, which has a major adaptive role as well; (2) to study the possible decay of ToM in old age in normal and clinical conditions (mild-Alzheimer's disease); (3) to study the neural circuits of ToM with neuroimaging methods (fMRI) in adults, healthy old subjects and clinical old subjects (Mild Cognitive Impairment, MCI). The three empiric researches carried on for this PhD thesis provided the following major findings: (1) ToM is highly involved in decision-making processes in adult age; (2) ToM undergoes a decay in clinical old subjects with onset from very simple levels of this ability; (3) ToM neural circuits seem to show a partial deactivation in clinical old subjects and not in healthy old and adult controls.
CASTELLI, ILARIA. « La teoria della mente in prospettiva life-span ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/145.
Texte intégralTheory of Mind (ToM) the ability to meta-represent self and others' mental states and to refer to them to foresee and explain the behaviour plays a crucial role in social interactions to provide a successful adaptation to the environment. After being extensively studied in developmental psychology, the research on ToM has recently undergone a shifting towards other life-ages (adulthood and elderly) thus opening a new field if research in a life-span perspective. The object of this PhD thesis is to study of ToM in a life-span perspective with three goals: (1) to study ToM evolution in adult age and to discover its possible relations with the ability of decision-making, which has a major adaptive role as well; (2) to study the possible decay of ToM in old age in normal and clinical conditions (mild-Alzheimer's disease); (3) to study the neural circuits of ToM with neuroimaging methods (fMRI) in adults, healthy old subjects and clinical old subjects (Mild Cognitive Impairment, MCI). The three empiric researches carried on for this PhD thesis provided the following major findings: (1) ToM is highly involved in decision-making processes in adult age; (2) ToM undergoes a decay in clinical old subjects with onset from very simple levels of this ability; (3) ToM neural circuits seem to show a partial deactivation in clinical old subjects and not in healthy old and adult controls.
Micelli, Johanna. « Sistemi microfisiologici per la diagnosi di malattie neurodegenerative ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.
Trouver le texte intégralGranzotto, Alberto. « Role of metal ions dyshomeostasis in neurodegeneration ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423606.
Texte intégralIl presente lavoro di tesi si è suddiviso in due filoni principali che hanno come filo conduttore la disomeostasi di ioni metallici nei processi neurodegenerativi. La prima parte riporta lo studio sul ruolo di alcuni ioni metallici (alluminio, ferro, rame e zinco) nel processo di folding della proteina β-amiloide (Aβ), ritenuta uno dei fattori eziopatogenici del morbo di Alzheimer. I dati ottenuti dimostrano come i complessi Aβ-metallo-ione acquistino una peculiare conformazione dipendente dal metallo legato, conferendo così all’Aβ particolari proprietà citotossiche. Tale citotossicità risulta particolarmente evidente per il complesso Aβ-Al che è in grado di aumentare, in maniera significativa, la tossicità data dalla sola Aβ o dalla stessa Aβ coniugata con metalli diversi dall’Al. All’interno di questo quadro sperimentale si è poi cercato di indagare più nel dettaglio i meccanismi con i quali Aβ, e i suoi complessi metallici, esercitassero la loro citotossicità. A questo scopo sono stati impiegati due composti quali il resveratrolo e il colesterolo, che vanno ad agire su due meccanismi che stanno alla base della tossicità dell’Aβ, come lo stress ossidativo e l’alterata fluidità delle membrane cellulari. Nel primo caso, i dati in vitro hanno permesso di dimostrare come, agendo in maniera selettiva sulla produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) Aβ-mediata, sia possibile ridurre la tossicità di Aβ e dei suoi complessi con metalli redox (rame e ferro) mediante un meccanismo di scavenging dei ROS ad opera del resveratrolo, dalle spiccate proprietà anti-ossidanti e neuro-protettive. A questo punto si è indagata la capacità dei vari complessi Aβ-metalloioni di alterare la struttura di membrane lipidiche attraverso l’uso di modelli di membrane cellulari. In precedenza si era dimostrato come il complesso Aβ-Al fosse l’unico complesso in grado di alterare significativamente la fluidità di layer lipidici. I dati ottenuti ci permettono di affermare che tale capacità è dovuta principalmente alla elevata idrofobicità superficiale del complesso Aβ-Al. Inoltre, agendo sulle membrane cellulari con concentrazioni fisiologiche di colesterolo è stato possibile ridurre l’”irrigidimento” delle membrane (lipidico) conseguente alla presenza di Aβ-Al, e ridurne la citotossicità. Si é quindi approfondito il ruolo geno-tossico dei succitati complessi Aβ-metalloioni andando ad indagare come questi siano in grado di modulare in maniera significativa (e metallo-dipendente) l’espressione genica di numerosi trascritti coinvolti nella patologia di Alzheimer. In particolare, il nostro interesse si è focalizzato sui complessi Aβ-Cu e Aβ-Zn, che si sono rivelati in grado di modulare selettivamente l’espressione di geni coinvolti in processi infiammatori, nello stress ossidativo e nella morte cellulare (apoptosi). Dopo questa serie di studi in vitro si è passati ad indagare l’espressione genica dell’intero genoma umano in un modello in vivo di patologia di Alzheimer. Lo scopo era quello di identificare il network o il pathway d’espressione coinvolti della disomeostasi cationica. I profili d’espressione del modello murino 3xTg-AD sono stati pertanto confrontati con quelli del controllo wild type. In questo contesto, si è scoperta una significativa sovrapposizione dei geni sovra- e sotto-espressi tra topi wild type anziani e topi 3xTg-AD giovani. Questo dato supporta l’idea che il substrato patologico dell’AD possa favorire un processo di invecchiamento precoce. All’interno del gruppo di geni trovati differenzialmente espressi, molti erano coinvolti nell’omeostasi del calcio, ione chiave per la fisiopatologia cellulare. Il secondo filone di ricerca ha riguardato lo studio del ruolo dello ione calcio nell’eccitotossicità dei neuroni dello striato. Tale fenomeno è particolarmente importante in alcune patologie neurodegenerative che hanno come segno caratteristico una progressiva e irreversibile perdita del controllo motorio, come ad esempio il morbo di Huntington. L’interesse si è focalizzato nel determinare il perchè una subpopolazione di neuroni striatali, caratterizzata dalla sovraespressione di nitrico-ossidosintasi, non vada incontro ad apoptosi in seguito a stress eccitotossico. I dati raccolti ci hanno permesso di stabilire che la resistenza di tale sottopopolazione al sovraccarico di calcio è dovuta principalmente ad una potenziata capacità di questi neuroni di detossificarsi rapidamente dalle specie ROS, di origine mitocondriale, specie che si generano durante fenomeni eccitotossici. Conclusione. Nel complesso i dati ottenuti sottolineano una volta di più un ruolo centrale degli ioni metallici nello sviluppo e/o nella progressione di alcune patologie a carattere neurodegenerativo. In particolare è importante notare come, a fianco di alcuni ioni metallici endogeni - che hanno un rilevante ruolo fisiologico (ferro, rame, zinco, calcio) -, anche altri ioni privi (apparentemente) di un ruolo biologico, ma coi quali ci interfacciamo quotidianamente, come ad esempio l’alluminio, sembrino svolgere un ruolo chiave in processi eziopatogenetici legati a fenomeni neurodegenerativi
Galletti, Eleonora. « Il ritmo cerebrale alpha nei processi cognitivi e sue alterazioni nelle malattie neurologiche ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/21810/.
Texte intégralPERRONE, DONNORSO MICHELA. « Analisi quantitativa del 24S-idrossicolesterolo come applicazione clinica della LC-MS/MS alle malattie neurologiche : Alzheimer e demenza vascolare ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/1231.
Texte intégralAccording to a recent WHO report, there is 1 billion of people spread all over the world, living with a neurological diseases, in particular 50 million of cases of epilepsy and 24 cases of dementia, that will increase to 114 million within the 2050, especially for Alzheimer’s disease (AD) and vascular dementia (VD), the two main forms of dementia. Alzheimer’s disease represents 50% and vascular dementia 20% of all dementia cases. In the worrying scenario of this wide diffusion there is also a difficulty of early diagnosis that could have got clear advantages to ensure timely intervention. In the early stage is difficult to distinguish symptoms of dementia from a normal ageing as well to distinguish AD from VD and depression. The current standards for dementia diagnosis refer to some guidelines and follow a diagnostic procedure based on neuropsychological and neuroimaging tests that are however not sufficient for early diagnosis. Try to find diagnostic markers linked to brain damage that happens in this kind of pathologies, that is neuronal death. Between the possible markers, it is of great interest 24s-Hydroxycholesterol, oxysterol, the main cholesterol metabolites in the CNS that goes into systemic circulation through the haematoencephalic barrier. The simple variation of concentration of 24S- Hydroxycholesterol, produced only by the brain, in the blood of pathologic patients compared to healthy people entail an altered cholesterol homeostasis in CNS as a consequence of brain damage. The main purpose of this work is to develop and support an analytic method in LC-MS/MS for the serum 24S- Hydroxycholesterol dosage with following application to the analysis of control and pathologic samples (20 persons suffering from late beginning Alzheimer’s disease, 20 persons suffering from VD and 20 persons with MCI, a preclinical dementia stage). The results prove a significant fall in 24S- Hydroxycholesterol average values between people suffering from AD and VD compared to controls, and an increase between sufferers from MCI. A negligible difference has been picked out between AD and LOAD patients.
DEL, GALLO FEDERICO. « SONNO E MALATTIE NEURODEGENERATIVE IN MODELLI ANIMALI ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/232729.
Texte intégralSleep disturbances represent an important clinical feature in different neurodegenerative disorders. Insomnia, hypersomnia, parasomnia, loss of specific sleep stages and alterations in circadian rhythms characterize synucleinopathies, prionpathies and tauopathies. Recent evidences highlight that, in many instances, sleep alterations could disclose the onset of a neurodegenerative disorder. In particular, it has been shown that the idiopathic form of the REM sleep Behavior Disorder (iRBD) could be a prognostic factor for the development of a future synucleinopathy. The use of animal models is very common in biomedical research and is essential to develop new and more effective methods for diagnosis and treating disease that affecting both humans and animals. The first aim of this thesis is to verify if murine models of neurodegenerative disorders with different aetiology show sleep alterations similar to those observed in humans. Secondly, the availability of a murine model at different stages of the disease’s course allowed us to investigate whether the sleep alterations precede (or not) the development of other features of the disease. To this purpose, the sleep-wake cycle was poligraphically recorded and analyzed in the murine models of three neurodegenerative disorders: i) Fatal Familial Insomnia (FFI), ii) Creutzfeldt-Jakob disease (CJD) and iii) Alzheimer’s disease (AD). In the first experiment we analyzed the sleep-wake cycle of transgenic mice expressing the murine homolog of the D178N/M129 human mutation at the Prnp gene, encoding for prion protein (PrP). This kind of mutation is associated in human with FFI. We compared the sleep-wake cycle of these animals with two control mice strains: i) wild-type mice (C57BL/6J, WT mice) and ii) PrP knock-out mice (KO mice). In the second experiment we analyzed the sleep-wake cycle in mice expressing the murine homolog of the D178N/V129 human mutation, associated with a familial form of Creutzfeldt-Jakob disease (CJD178). We compared the sleep of these mice with WT and KO mice. In order to evaluate the course of sleep alterations and their onset, each mice strain was recorded at three different ages: 6, 12 and 18 months of age. At these ages animals can be considered as young, adult and old, respectively. In the third experiment, we considered an acute mice model of Alzheimer’s disease (AD). C57BL/6J mice were intracerebroventricularly injected with three different solutions: i) synthetic oligomers of amyloid-β (A-β1-42); ii) phosphate buffer saline, PBS (vehicle); iii) synthetic monomers of amyloid-β (A-β1-42). A-β1-42 oligomers are the main elements of A-β plaques, observed in AD patients. The other two solutions were administered as control condition. All mice received all the three injections (within design) at the light onset. Hereafter, the sleep-wake cycle was polygraphically recorded during the next 24 hours in baseline conditions. We compared the sleep-wake cycle of mice following the injection of A-β1-42 oligomers with that followed the administration of the control conditions. In all three experiments the murine models showed marked sleep-wake alterations, in particular a reduction of the amount of REM sleep. The loss of REM sleep was due to a reduction of the number of REM sleep bouts. In other words, the murine models showed a difficulty in entering REM sleep. The reduction of the time spent in REM sleep was combined with a decrease of EEG theta power during REM sleep bouts. Moreover, the EEG activity of murine models was characterized by bursts of polyphasic complexes, peaking at around 7 Hz. At last, analyses of the murine model of CJD at different ages revealed that sleep alterations were already present at 12 months of age, before any other evidence of clinical signs. As well as in humans, sleep alterations are have been described in animal models of neurodegenerative disorders, including those in which sleep disturbance is not considered a main feature. Moreover, in the murine model of CJD, the alteration of the normal sleep-wake cycle seems to precede the onset of other clinical signs of the disease. These data suggest the existence of a relationship between sleep-wake cycle alterations and some neurodegenerative disorders and suggest to pay more attention to sleep disturbances, in clinic and diagnostic field. Sleep alterations seem to represent an important feature of numerous neurodegenerative disorders and could be considered a prognostic factor for the evolution of these disorders and something to be taken into account in the evaluation of the clinical picture. In the future, it would be useful considering the enhancement of sleep quality and/or the normalization of sleep-wake cycle as a new tool to prevent the evolution of neurodegeneration and the onset of several neurodegenerative disorder, or at least represent a palliative care in course of the disorders.
Cejudo, Bolívar Juan Carlos. « Creación, validación, normalización y perfiles cognitivos de una Batería Neuropsicológica Básica para el uso clínico en demencia, versión D (BNB-D) ». Doctoral thesis, Universitat Autònoma de Barcelona, 2017. http://hdl.handle.net/10803/402229.
Texte intégralBackground: Neuropsychological assessment is crucial in the field of dementia and useful for the differential diagnosis with other pathologies. There is an increasing need for standardized assessment of cognition in older patients with normative data adjusted for age and scholarship. The aim of this paper is to present the creation, validation and normalization of a new tool that allows for an evaluation of the cognitive status in subjects at risk of dementia called BNB-D. Methods: We tested BNB-D in 1680 control subjects and 5800 patients between 50 and 93 years of age. This paper reports the psychometric properties of this new tool in cognitive assessment. The effect on BNB-D by age and educational level was established using lineal regression model. Results: The concurrent validity between the BNB-D and MMSE was r= 0,62 (Sig. P= 0,001), with ADAS-Cog was r= 0,814 (Sig. P= 0,001), with R-BANS was r= 0,846 (Sig. P= 0,001) and with Barcelona Test was r= 0,805 (Sig. P= 0,001). Internal consistency showed a Cronbach Alpha of 0.687. The Kappa index used to determine Inter-rater reliability was of K=0.92. Test-retest reliability was r= 0,91 (Sig. P= 0,001) for Intraclass Correlation Index (ICC). Regression analysis showed clear effect on BNB-D by age and educational level (ANOVA F of regression models with P values less than 0,05). Conclusions: The BNB-D fulfills the basic principles of classic psychometrics of construct criterion, validity and reliability. Normalization is due with extended control avoiding the multiple regression direct scores conversion problems and it is described the principal cognitive profiles in dementia.
Bufill, Soler Enric. « Cambios heterocrónicos en la evolución cerebral humana y su implicación en la enfermedad de alzheimer y otras enfermedades neurodegenerativas ». Doctoral thesis, Universitat Rovira i Virgili, 2016. http://hdl.handle.net/10803/399143.
Texte intégralLa enfermedad de Alzheimer es frecuente en los seres humanos y extremadamente infrecuente en otros mamíferos. Por lo tanto, algunos de los cambios ocurridos durante la evolución cerebral humana podrían tener relación con esta enfermedad. Durante la evolución cerebral humana se han producido cambios heterocrónicos, consistentes en la retención de caracteres juveniles en la edad adulta, como una elevada plasticidad sináptica, en algunas áreas cerebrales (neotenia neuronal). Las lesiones propias de la enfermedad de Alzheimer coinciden con las áreas en que se ha producido una neotenia neuronal. Dichas áreas se caracterizan por un elevado turn-over sináptico. Las proteínas que forman parte de la vía de señalización de la reelina intervienen en la plasticidad sináptica. Hemos encontrado tres genes que participan en dicha vía que presentan polimorfismos de nucleótido único que pueden aumentar o disminuir significativamente el riesgo de presentar Alzheimer o deterioro cognitivo leve. Dichos genotipos son RELN (rs 528528 y rs 2299356), PLK2 (rs 15009 y rs 702723) y CAMK2A (rs 3756577 y rs 3822606). Tres de los genotipos encontrados están en la región promotora del gen, lo que sugiere que en la enfermedad de Alzheimer podrían intervenir cambios epigenéticos que alteren la expresión de determinados genes relacionados con la plasticidad sináptica.
Alzheimer's disease is very common in the humans and extremely rare in other mammals. Therefore, some of the changes that have occurred during human brain evolution may be related with this disease. During the human brain evolution heterocronic changes have occurred, consisting in the retention of juvenile characters in adulthood, as a high synaptic plasticity in some brain areas (neuronal neoteniy). The characteristic lesions of Alzheimer's disease coincide with the areas in which there has been a neuronal neoteny. These areas are characterized by a high synaptic turn-over . The proteins that form part of the reelin signaling pathway are involved in the synaptic plasticity.We found three genes that participate in the reelin signaling pathway that present single nucleotide polymorphisms that may increase or decrease significantly the risk of presenting Alzheimer or mild cognitive impairment. These genotypes are RELN (*rs 528528 and *rs 2299356), PLK2 (*rs 15009 and *rs 702723) and CAMK2To (*rs 3756577 and *rs 3822606). Three of the genotypes are found in the promoter region of the gene, which suggests that in Alzheimer's disease could intervene epigenetic changes that alter the expression of certain genes related with the synaptic plasticity.
DA, RE FULVIO. « An MRI-based analysis of the longitudinal progression of atrophy in amnestic and non-amnestic phenotypes of Alzheimer’s disease ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2020. http://hdl.handle.net/10281/261941.
Texte intégralRecent studies of Alzheimer’s disease (AD) spread suggest that pathology may be transmitted from one brain area to another either via local diffusion or long-way transport via white matter pathways. However, this hypothesis requires more confirmations, and it’s even more unclear whether such models are applicable in non-amnestic AD (naAD), a group of AD phenotypes characterized by relative spared episodic memory at onset and domain-specific cognitive impairments. Few studies to date have in fact addressed the longitudinal spread of disease in naAD, and all of them considering no more than two variants. At first we compared 240 T1-weighted anatomical MRIs from 129 AD patients with elderly controls’ scans to assess atrophy in each of 120 regions-of-interest (ROIs); then we computed disease progression models separately for each phenotype: typical amnestic AD (aAD), logopenic variant primary progressive aphasia (lvPPA), posterior cortical atrophy (PCA), corticobasal syndrome (CBS), and frontal-variant AD (fvAD). All patients had autopsy or cerebrospinal fluid (CSF) evidence of AD pathology. Results from the amnestic cohort were used to determine appropriate parameters for the phase assignment algorithm, based on association with Braak pathology staging. For each AD variant, 4 phases of regional atrophy were defined based on decreasing frequency of atrophy across participants. We observed a unique distribution of accumulating atrophy for each phenotype. Phase 1 ROIs in our model represent the anatomical origin for each phenotype, including: medial temporal lobe (MTL) for the aAD group (spared in the other phenotypes), left lateral temporal lobe for lvPPA, occipito-parietal cortex for PCA, temporo-parietal cortex for CBS, and fronto-temporal cortex for fvAD. We subsequently assigned a phase to each patient MRI scan based on the similarity of regional atrophy patterns with atrophy predicted for the corresponding phenotype at each phase. ROI phases were strongly correlated with available pathological factors, while MRI phase was significantly correlated with demographic and clinical measures. Then we decided to investigate grey matter (GM) change over time in MRIs within a cohort of patients partly overlapping with the sample used for the cross-sectional study, with the exception of CBS patients (insufficient longitudinal data): 17 aAD, 25 lvPPA, 20 PCA, and 12 fvAD patients, compared to 37 matched controls. We analyzed GM volume and its longitudinal change in phase 1 ROIs from the cross-sectional study for naAD variants, and in MTL for aAD. We also investigated longitudinal atrophy outside these areas through an accessory whole-brain analysis, and we compared phenotypes between each other. We observed unique regional patterns of initial atrophy and longitudinal neocortical disease spread with different rates in lvPPA, PCA, and fvAD, which correlated with cognitive impairments. Atrophy spread over time included both proximal and distant regions from the hypothesized focus of disease onset, thus suggesting that multiple mechanisms of disease progression may have been involved; for what concerns the second mechanism, in particular, a measurement of structural connectivity predicted the severity of longitudinal atrophy, thus corroborating the hypothesis of long-distance fiber pathways. In MTL regions, naAD patients had less severe atrophy than aAD patients at baseline, but longitudinal rates did not differ between groups; MTL sparing in naAD may be due to later onset of MTL degeneration than in aAD, considering that older age was associated with atrophy in this area, independent of group. The current study corroborated probable areas of early disease for naAD and showed that each phenotype has a different pattern of atrophy progression across the cortex, providing also important data about pathology transmission.
Alcolea, Rodríguez Daniel A. « Cerebrospinal fluid biomarkers for the study of the pathophysiological pathways in Alzheimer’s disease ». Doctoral thesis, Universitat Autònoma de Barcelona, 2015. http://hdl.handle.net/10803/377443.
Texte intégralThis thesis deepens in the knowledge of key aspects of neurodegenerative diseases, and more precisely in AD, both in symptomatic and preclinical stages. This is achieved through the study of CSF biomarkers that reflect in vivo the changes that take place in the brain very early in the disease process, and that are the central line of the thesis. As an introduction, Chapter 1 sets the framework and general context for this thesis by summarizing the current knowledge on the field of AD and biomarkers. In chapter 2, we assessed the feasibility of lumbar puncture, the incidence of complications and their associated factors so as to determine the impact of this procedure in the study of CSF biomarkers of AD. Chapter 3 analyzes the pathophysiological differences between sporadic and autosomal dominant AD. CSF biomarkers allowed us to identify in vivo some characteristics in the processing of the amyloid precursor protein that complement the information found in neuropathological studies. In chapter 4, we study the differences in CSF biomarkers between neurodegenerative diseases that cause dementia in their symptomatic stages. We chose markers related to different pathophysiological processes and studied their relationship. We extended this study to preclinical stages in chapter 5. For this aim, we analyzed the same set of biomarkers in a large cohort of cognitively normal participants. Chapter 6 studies the relationship between one of these biomarkers, YKL-40, and cortical thickness measured by MRI in predementia stages of AD. Lastly, in chapter 7 we provide a general discussion and formulate the concluding remarks and future perspectives. In summary, in this thesis we use CSF biomarkers to study AD from a translational perspective in both clinical and preclinical stages and to identify relationships between distinct pathophysiological pathways. This kind of approach is essential to stablish new accurate diagnostic tools, to learn about the processes in the early stages of the disease, and, potentially, to discover new therapeutic targets.
CORDA, ERICA. « TRANSMISSIBLE SPONGIFORM ENCEPHALOPATHIES (TSES) : EXPERIMENTAL APPROACHES TO PATHOGENESIS, THERAPY AND PREVENTION IN ANIMAL MODELS ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/169556.
Texte intégralNACMIAS, BENEDETTA. « Indagine genetica delle demenze : Complessità genetica della malattia di Alzheimer ». Doctoral thesis, 2004. http://hdl.handle.net/2158/673742.
Texte intégralNotaro, Patrizia, Pietro Pantano, Giuseppe Passarino et Amalia C. Bruni. « Due pesi e due misure : differenze di genere nella Malattia di Alzheimer ». Thesis, 2017. http://hdl.handle.net/10955/1923.
Texte intégralStarting from the particular female exposure to Alzheimer’s disease (AD), the aim of the study was to investigate gender differences in the onset and evolution. 1925 medical records of AD patients, diagnosed with NINCDS-ADRDA criteria, were digitalized in order to extrapolate data. The mean age of the sample was 71 years, 57 years for early onset patients and 75 years for late onset, with duration of the disease around 9 years. Data taken into account and differentiated for gender were: prevalence and onset of the disease; time elapsed between the onset and the first visit, the duration of follow-up and the duration of disease; the educational level, cardiovascular and metabolic risk factors. MMSE score was considered at T0 (first visit), T1 (2yrs>T0) and T2 (4yrs>T0). A checklist of symptoms and signs, extrapolated from the cognitive-behavioral anamnesis, was then analyzed. It was furthermore calculated the genotype frequency and the allele frequency on a sample of 912 patients. IBM SPSS 20 statistics software was used (significance was given by p <0.05). Results highlighted that women were more represented in the cohort (67.1%) and in the early onset group (81.6%, p=0.008). There was no gender differences in the time elapsed from symptoms onset to the first visit (4 years), in the follow-up period (4 years) and in the duration of disease (9 years). Women were more cognitively impaired at T0 with 15.9+5.9 MMSE score vs 17+6.5 male score, while men seemed to decline faster at T2, -3.85+4.66 vs -2.93+4.39. Women had a lower level of education 5.6 years vs 6.51 years of men (p=0.000) and presented a higher comorbidity: dysthyroidism (p=0.000), cholesterol (p=0.000) hypertension (p=0.000) and a higher incidence of depression (p=0.000) while men were more statistically represented for irritability (p=0.000). Signs extrapolated from the cognitive-behavioral anamnesis have revealed a higher percentage of man for language impairment (p=0.000), behavioral symptoms (p=0.009), apraxia (p=0.005), spatial disorientation (p=0.006) and calculus impairment (p=0.035). APOE results were not representative in terms of gender differences but confirmed a possible impact of the allele ε4 on cognitive decline. Results have outlined a female patient highly represented in the sample, less educated, with a worse cognitive impairment and more exposed to comorbidity. Men seemed to impair faster in the first 2 years from onset, presenting a more aggressive picture. Furthermore, the diagnosis of the disease for the entire cohort delays of 3 years compared to the international and national mean of time elapsed from onset to first visit, which is about only 1 year The particular exposure of women to dementia and the different evolutionary impact of neurodegenerative diseases, from a gender point of view, still require ample studies and in-depth observations. In particular, the identification of specific gender aspects may be a valuable aid for a more timely identification of diseases and their better management.
Università della Calabria.
BOMBOI, GIUSEPPE. « Valutazione dei fenomeni neurodegenerativi cerebrali nella Malattia di Alzheimer attraverso metodiche combinate di Risonanza Magnetica Non Convenzionale ». Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/11573/917663.
Texte intégralCAMARDA, Lawrence. « STUDIO DI ASSOCIAZIONE TRA BASSI LIVELLI DI DENSITA' MINERALE OSSEA E MILD COGNITIVE IMPAIRMENT, MALATTIA DI ALZHEIMER E MALATTIA DI PARKINSON. STUDIO SU UN CAMPIONE AMBULATORIALE ». Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10447/95368.
Texte intégralFRATANGELI, CLAUDIA. « Il ruolo della memoria prospettica nelle fasi pre-cliniche e pre-sintomatiche della malattia di Alzheimer ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1097098.
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