Littérature scientifique sur le sujet « Malattia Alzheimer »

Créez une référence correcte selon les styles APA, MLA, Chicago, Harvard et plusieurs autres

Choisissez une source :

Consultez les listes thématiques d’articles de revues, de livres, de thèses, de rapports de conférences et d’autres sources académiques sur le sujet « Malattia Alzheimer ».

À côté de chaque source dans la liste de références il y a un bouton « Ajouter à la bibliographie ». Cliquez sur ce bouton, et nous générerons automatiquement la référence bibliographique pour la source choisie selon votre style de citation préféré : APA, MLA, Harvard, Vancouver, Chicago, etc.

Vous pouvez aussi télécharger le texte intégral de la publication scolaire au format pdf et consulter son résumé en ligne lorsque ces informations sont inclues dans les métadonnées.

Articles de revues sur le sujet "Malattia Alzheimer"

1

Corsico, Alejandro, et Peter McGuffin. « Psychiatric genetics : recent advances and clinical implications ». Epidemiology and Psychiatric Sciences 10, no 4 (décembre 2001) : 253–59. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x0000542x.

Texte intégral
Résumé :
RIASSUNTOScopo – Presentare una rassegna sui progressi attuali e sulle prospettive future della psichiatria genetica. Metodi – Revisione degli studi che hanno dimostrato una influenza genetica su un'ampia gamma di disturbi psicopatologici, utilizzando ricerche sulle famiglie, sui gemelli e sulle adozioni, ed approfondimento dei metodi e dei limiti degli studi di genetica molecolare. Risultati – I disturbi relativi ad un singolo gene hanno costituito il settore più semplice per ottenere significativi progressi nelle conoscenze su disturbi quali la malattia di Huntington e la malattia familiare di Alzheimer in fase iniziale. Fenotipi complessi, quali la schizofrenia e il disturbo affettivo, hanno invece presentato maggiori difficolta, ma la malattia di Alzheimer e la dislessia sono esempi nei quali scoperte replicate di genetica molecolare suggeriscono ora che l'identificazione genetica e realizzabile anche per disturbi multifattoriali. Conclusioni – La combinazione della disponibilita di un maggior numero di informazioni sui genoma, insieme all'accessibilita ad esse attraverso Internet, fornisce gli strumenti essenziali per le ricerche sulla predisposizione genetica. Un altro requisito fondamentale per tentare di identificare i geni che provocano piccoli effetti e una ben caratterizzata raccolta, su larga scala, di casi. Cid richiede l'interazione tra epidemiologi e clinici. I progressi negli studi di genetica consentiranno anche di individualizzare la terapia farmacologica, tenendo conto della risposta terapeutica e degli effetti collaterali. Si spera che l'insieme di queste prospettive migliorera le nostre conoscenze sulla patogenesi neurobiologica di malattie come la schizofrenia, la depressione ed il disturbo bipolare, ‘legittimando’ queste malattie agli occhi del grande pubblico.
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
2

Sarazin, M., L. Hamelin, F. Lamari et M. Bottlaender. « Diagnosticare la malattia di Alzheimer ». EMC - Neurologia 14, no 2 (avril 2014) : 1–14. http://dx.doi.org/10.1016/s1634-7072(14)67223-8.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
3

Braun, B., M. Stadlober-Degwerth et H. H. Klünemann. « La malattia di Alzheimer-Perusini ». Der Nervenarzt 82, no 3 (24 juin 2010) : 363–70. http://dx.doi.org/10.1007/s00115-010-2984-x.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
4

Wallon, D., et G. Nicolas. « Genetica della malattia di Alzheimer ». EMC - Neurologia 22, no 4 (décembre 2022) : 1–8. http://dx.doi.org/10.1016/s1634-7072(22)47093-0.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
5

Lagarde, J., P. Olivieri, M. Bottlaender et M. Sarazin. « Diagnosi clinicolaboratoristica della malattia di Alzheimer ». EMC - Neurologia 21, no 3 (août 2021) : 1–15. http://dx.doi.org/10.1016/s1634-7072(21)45320-1.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
6

Piovan, E., G. Puppini, F. Alessandrini, F. Pizzini, P. Zampieri, R. Foroni, G. Gambina et A. Beltramello. « La Xenon-TC nella malattia di Alzheimer ». Rivista di Neuroradiologia 12, no 2 (avril 1999) : 247–50. http://dx.doi.org/10.1177/197140099901200202.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
7

Parnetti, L., F. Corea, V. Gallai, R. Tarducci, O. Presciutti, G. Gobbi, E. Leone, P. Floridi et G. P. Pelliccioli. « Ruolo della spettroscopia protonica nella malattia di Alzheimer ». Rivista di Neuroradiologia 13, no 1 (février 2000) : 57–60. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300110.

Texte intégral
Résumé :
La spettroscopia protonica è un metodo di studio neuroradiologico non invasivo che ottiene informazioni sulla funzione cerebrale identificando diversi metaboliti, sulla base del loro contenuto protonico. Questo articolo paragona i profili dei rilievi su sostanza bianca a grigia in pazienti affetti da malattia di Alzheimer (AD), a diverso livello di gravità. Si ritrova una significativa riduzione dell'N-Acetil-Aspartato (NAA) nel cervello dei pazienti AD a confronto con i casi controllo con un orientamento opposto per il mio-inositolo (ml). La spettroscopia protonica si è dimostrata mezzo diagnostico utile addizionale nello studio della fisiopatologia dell'Alzheimer e del risultato terapeutico.
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
8

Frisoni, G. B. « Cosa si richiede all'Imaging nella Malattia di Alzheimer ». Rivista di Neuroradiologia 16, no 1_suppl (mai 2003) : 68–73. http://dx.doi.org/10.1177/19714009030160s124.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
9

Gabrielli, Giampietro. « La triade sanitaria riabilitativa nella malattia di Parkinson : fi sioterapia, logopedia, neuropsicologia ». PNEI REVIEW, no 2 (novembre 2022) : 20–30. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2022-002003.

Texte intégral
Résumé :
La malattia di Parkinson (MdP) è la più diffusa malattia neurodege- nerativa dopo la malattia Alzheimer, con un numero di casi destinati ad aumentare in futuro. È una malattia che presenta un quadro di sintomi complesso, che comprende aspetti motori e non motori, che possono influire molto negativamente sulla qualità di vita. Gli studi scientifici degli ultimi anni dimostrano che l'approccio multidisciplinare sia essenziale per il mantenimento ed il miglioramento delle funzioni più colpite dalla malattia. L'approccio multidisciplinare prevede la presenza di un team composto da neurologi, cardiologi, urologi, fisioterapisti, logopedisti, neuropsicologi, infermieri; il team necessita di un coordinatore che abbia conoscenze cliniche interdisciplinari per riuscire ad avere una visione globale del livello di salute del paziente e del suo intero nucleo familiare, il cui coinvolgimento è importante per il buon livello di recupero. Il coordinatore deve riuscire, inoltre, a distinguere sintomi strettamente legati alla malattia e sintomi causati da altre situazioni patologiche o disfunzionali, al fine di ottimizzare gli interventi terapeutici. La riabilitazione nella MdP si occupa della rieducazione neuromotoria, della terapia della voce e della deglutizione, delle funzioni cognitive e degli aspetti emotivi del paziente e dei familiari. Queste discipline non intervengono separatamente ma ne cessitano di un continuo interscambio, dando spazio alla componente riabilitativa più urgente rispetto ad altre.
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
10

Colagrande, Paola, Annalisa Ghiglia et Pierluigia Verga. « Malattia di Alzheimer : una storia antica in ottica moderna ». PNEI REVIEW, no 1 (juin 2020) : 61–69. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2020-001008.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.

Thèses sur le sujet "Malattia Alzheimer"

1

Giostra, Sara. « Su alcuni modelli matematici per la malattia di Alzheimer ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/16406/.

Texte intégral
Résumé :
In questa tesi sono stati studiati in dettaglio due modelli matematici per la malattia di Alzheimer. Il primo modello, incentrato sull'esordio della patologia, riguarda l'aggregazione e la diffusione della beta-amiloide, il peptide che costituisce le placche senili e la cui forma oligomerica è strettamente connessa alle disfunzioni cognitive tipiche della malattia. L'aggregazione è stata modellizzata mediante l'equazione di Smoluchowski. Sono stati utilizzati tre problemi di Cauchy-Neumann per descrivere il comportamento di monomeri, oligomeri solubili e placche. Per il problema costituito da questi tre sistemi è stata dimostrata l'esistenza di una soluzione per tutti i tempi positivi, la sua unicità e positività, utilizzando in particolare il principio di massimo parabolico e il teorema del confronto che ne deriva. Si è così garantito che il modello è ben posto. Tramite strumenti classici, come il teorema della divergenza e il lemma di Gronwall, sono state provate stime asintotiche per la massa totale di monomeri, oligomeri e placche. Il secondo modello studia l'evoluzione della malattia, concentrandosi sull'interazione tra beta-amiloide e proteina prionica, che da numerosi studi sembra essere un recettore del peptide. Con tecniche classiche di teoria delle equazioni differenziali ordinarie è stato provato che il sistema costituito dalle equazioni di evoluzione per le quattro quantità d'interesse (densità delle placche e concentrazioni di oligomeri, di proteina prionica e del complesso formato da un oligomero che si lega alla proteina prionica) ha un'unica soluzione globale non negativa. È stato poi dimostrato che il sistema ha un unico stato stazionario e, mediante il criterio di Routh-Hurwitz, ne è stata dedotta la stabilità asintotica locale. Sotto una determinata condizione sui parametri e considerando la velocità di nucleazione nulla, si è infine ottenuto un risultato di stabilità asintotica globale, desunto da criteri di stabilità di Liapunov e Lasalle.
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
2

Giunta, M. « RUOLO PREDITTIVO DELL'ESPRESSIONE DEL RECETTORE SCAVENGER CD36 NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/150259.

Texte intégral
Résumé :
Among pathologies of the old people, dementia represent one of the main sanitary problems. Approximately 70% of the dementia cases it is represented by the Alzheimer’s Disease, a neurodegenerative cerebral pathology, whose prevalence is supposed to be increased in the next years. One pathological hallmark is represented by amyloid-beta (Aβ) plaques, which represent the key element to oxidative and pro-inflammatory mechanisms by the activated microglia. The interaction, in fact, between activated microglia and plaques of Aβ induces the release of pro-inflammatory citokynes, like interleukin-6 (IL-6), or neurotoxic factors, like the tumor necrosis factor-α, and stimulates the expression by the microglia of some scavengers receptors, deputies to remove the Aβ plaques: among them the multifunctional protein of class B type I (SRBI) CD36. Currently an effective diagnosis of AD is possible only post mortem: for this reason during the last few years has been intensified the search for biological and hormonal markers that could be useful in the early diagnosis of AD. These markers are expressed also from the peripheral leucocytes, cells easily obtainable, which express virtually all hormones and hormone receptors, which are under the same regulatory mechanisms that control their expression in the brain. So the leucocytes may be profitably used as tools to investigated the changes occurring in brain areas reportedly inaccessible in humans. In particular, it has been recently demonstrated that the leukocyte expression of CD36 is significantly reduced in patients with AD and in patients with mild cognitive impairment (MCI), a prodromic phase of AD. CD36 could represent an earlier marker of increased neurodegenerative risk. Epidemiologic studies have shown a greater incidence of AD in the individuals of female sex. A possible cause of this is represented by the modifications of the endocrine functions, that occur during the menopausal transition and that develop an unfavorable hormonal milieu predisposing to the neurodegeneration. It is demonstrated that estrogens have a neuroprotective and neurotrophic role by the binding to specific receptors, present in two isoformes (ER-α and ER-β), and that in course of AD they prevent the formation of the Aβ-fibrils, inhibit the inflammatory reaction due to the plaque deposition, and protect the cells from their cytotoxic action. The diminished estrogen secretion in postmenopausal age, in fact, is correlated inversely with the “cerebral health” and directly with the entity of the cognitive deterioration. An other female sexual hormone, the progesterone, seems to carry out multiple functions centers different from the riproduction function: the regulation of the cognitive processes, the mitochondrial function of the neuronal cell, the neurogenesis and the repair of the damaged nervous tissue. The neuronal response regulated from the progesterone are mediated by the receptors PR-A and PR-B, included some forms derived from alternative splicing. At the level of the central nervous system them (CNS), therefore, the estrogens and the progesterone cooperate in regulating some neuronal functions, such as the neuroprotection and various cognitive processes. The PR gene contains promoter sequences able to bind ER; therefore, the gene expression of PR supposes the existence of one (efficient) estrogenic stimulation. Moreover, it has been demonstrated the existence of points of convergence between intracellular signaling of estrogens and the factor of insulin-like growth factor type 1 (IGF-1), a neuromodulator that regulates the synaptic plasticity and has been involved in the tissue regeneration, guaranteeing protection during the neurodegenerative processes. Based on this, in the present thesis we evaluated the leukocyte expression of some biological parameters, in order to clearly understand the balance between the neuroprotective and proneurotoxic hormonal factors in during the life, focusing the interest on the phase of menopausal transition, a critical period of the women life during which conditions predisposing to the neurodegeneration occur. We recruited, health male and female subjects as control, of age between 20 and 91 years, and AD patients, both male and female. Fasting blood samples were drawn from all the subjects to isolated the leucocytes and the plasma. With RT-PCR we analyzed the CD36 expression, ER-α, ER-β, PR-A/B, IGF-R1 and IL-6 on the leucocytes and, by RIA or ELISA, the levels of estradiol, progesterone, IGF-1 and IL-6 in the plasma, with the following results: • as aspected, the leukocyte expression of CD36 was significantly reduced in the AD patients than the controls, young and old. Moreover, while in the healthy males the expression was not modified with the age, in the women it endured a remarkable reduction in the period correspondent to the menopausal transition (decade of age between 51 and 60 years), in order then to return to normal levels in the older subjects; interesting was that in women with AD the values were similar to those found in the women in peri-menopause; • the leukocyte expression of ER-α and ER-β in the women of 51 and 60 years of age was significantly increased, while in the men was quitly constant in the course of the life and in the AD patients of both sexes it wasn’t different by the healthy subjects of comparable age; • the leukocyte expression of PR-A/B in the healthy men was lower than the women of the same age and progressively it increased until a peak in the decade of age between 41 and 50 years, after that it was reduced in the successive decades in order then to remain stable with increasing of the age. In the women, instead, there was two-phase pathway with a minimum in the subjects 41-50 years old and higher values in older and younger. In the patients with AD of both sexes the PR-A/B expression was similar to that observed in control subjects; • the leukocyte expression of IGF-1R in the male controls diminished with increasing of the age, while in the women this decrease was less evident. In the AD patients of male sex the IGF-1R expression was significantly higher of that of the healthy subjects of the same sex; • the leukocyte expression of IL-6 in the male control population was constant while in the female population occurs an abrupt increase in the decade between 51 and 60 years. In the AD patients of both sexes the IL-6 expression was lower than the healthy controls of comparable age; • the plasmatic levels of estradiol and progesterone in the healthy men did not vary according to the age. On the contrary, in the women starting with the menopause the both hormones levels were significantly reduced. In the AD men the levels of estradiol0 were lower than the controls, while in the AD women they were similar to those found in the controls of comparable age; • the plasmatic levels of IGF-1 progressively diminished in the healthy subjects of both sexes. This reduction was not only more evident, but also more precocious in women than men. The levels of IGF-1 were significantly higher in the AD patients of both sexes than the control subjects of equal age; • none of the biological parameters investigated was related to age, except for the estradiol and progesterone levels in women and IGF-1 in both sexes; • in the healthy population of both sexes a direct correlation between the expression of ER-α or ER-β and IL-6 and between the concentrations of IGF-1 and the expression of IGF-1R was observed. In order to estimate the role of IGF-1 in the menopausal transition, the female pre- and post- menopausal population has been subdivided in the groups with normal or reduced levels of IGF-1 based on a predefined cut-off: in the group of pre-menopause women with normal levels of IGF-1 the plasma concentrations of estradiol were positively related to the leukocyte expression of PR-A/B, but this association was less evident when the group with reduced levels of IGF-1 was considered. On the contrary, in post-menopause women with normal or reduced levels of IGF-1 any statistically significative correlation between the two parameters was observed. On the base of these data it can be asserted that the phase of menopausal transition represents a “critical temporal window” in which an hormonal milieu characterized by a strong loss of balance of various hormonal factors and by the evident prevalence of pro-neurotoxic infuences is developed (in particular, the reduction of the estrogen protection, which in presence of normal levels of IGF-1, is not able to stimulating the PR-A/B expression and to reduce the production of IL-6). This could be a favoring element to develop neurodegeneration. In the second part of this thesis we decided to investigated the effectiveness of estrogens in modifying, in favorable sense, the balance between neuroprotective vs. pro-neurotoxic infuences (for eg., reduction of microglial expression of CD36 by citokynes stimulation) in vitro For this study we treated murine microglial immortalized N9 cells with 17--estradiol and TNF- in a time-dependent way: estradiol before, after or simultaneously to TNF-, in order to analize the effect of a precocious, late or simultaneous 17--estradiol administration on the CD36 expression. As previously said, the CD36 reduction is a phenomenon predisposing to the disease; in fact TNF-α, one of the citochine mainly expressed in course of AD, induce a significative reduction of CD36. Only a precocious treatment with 17-β-estradiolo was able to revert the effect of the pro-inflammatory citokyne, demonstrating the effective existence of a temporal window in which the estrogen carries out its protecting role. Moreover, since is increased the tendency to the prescription of isoflavones derived from soy (phytoestrogens) in order to contrast the hot flushes, which plague many women in the precocious menopause phases, could be useful to investigate the possiblel neuroprotective ability to these compounds, evaluating the effects of hormonal replacement therapy (HRT) or of a therapy with phytoestrogens on the expression of CD36, as precocious biochemical marker of increased dementia risk by Real-Time PCR, or by mmunostaining For this study we used females rats, subdivided into 4 groups: intact + vehicle, ovariectomized + vehicle, ovariectomized + 17-β-estradiol and ovariectomied + phytoestrogen and we investigated some parameters of correct estrogenic replacement, with the following result: • analysis of the body weight: it was higher in the ovariectomied animals, and in the animals in phytoestrogen therapy, while the intact animals and those in therapy with estrogen were less fat, although the weights of the two groups of animals were not exactly the same; • analysis of the uterus weight: the ovariectomy and the phytoestrogen therapy induced the uterus atrophy, while the intact animals or in therapy with estrogens showed trophic uteri, although with a discrepancy between the two groups; • analysis of the femoral bone denity: the ovariectomy and the phytoestrogen therapy reduced the femoral mineral bone density (diaphisis and metaphisis included), while the intact animals and those in therapy with estrogen, the bone density was not affected and the values of bone density of the two groups were very similar, except about diaphisis; • plasma levels of 17-β-estradiol: the levels were lower in the ovariectomized group and in the phytoestrogen therapy group, while they were higher, but always different, in the intact animals and those in therapy with estrogen; • cerebral gene expression of CD36 (PCR): CD36 expression in the ippocampus and in the cortex of ovariectomized animals was low and the therapy with 17-β-estradiol was able to revert this effect, bringing back it to the levels of the intact group; • peripheral gene expression of CD36: it did not vary between the 4 groups; • CNS protein expression of CD36 (immunostaining): it did not changes in the various groups and tended to form some clusters; • CNS protein expression of GFAP (immunostaining): the animals shown a state of gliosis age-related, but no any difference occurred between the several groups; • CNS protein expression of Ferritina (immunostaining): the staining was similar to that for CD36, except for the endoteliali cells. Analyzing the result about the body weight, the uterus, the bone and the plasma concentrations of 17-β-estradiol in these animals we can conclude that the estrogen exogen administration was efficient to contrast the ipoestrogenic assessment. Moreover, in considering the data obtained in human subjects, we can maintain a loss of balance during menopause towards unfavorable factors, as CD36 reduction. The discrepancy between gene and protein CD36 expression probably is due to a different method sensibility. At last, considering the role wide demonstrated in literature of CD36 in the pathogeneses of AD and to test the possibility to use CD36 as precocious biochemical marker of disease, we investigated the CD36 expression in APP23 mice, valid model of AD, by Real-Time PCR and immunostaining. To We used animals of 1,3,6,9 and 12 months of age, in which the deposition of plaques begins around the sixth month of age; at the same time we assist at the maximum gene and protein expression of CD36, in order then to return to lower levels. Moreover, a staining with tioflavina S, which stains for Aβ plaques, showed an inverse relation between plaque and CD36, determining for this receptor a role in the acute phase of disease. In conclusion, the protecting effect of estrogens in contrasting the CD36 reduction, is showed to be time and dose-dependent. Moreover, would seem to have a precocious in the diagnosis of this disease.
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
3

Padula, Anna <1985&gt. « Ruolo delle alterazioni mitocondriali indotte dall'ipossia nella patogenesi della malattia di alzheimer ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6338/1/padula_anna_tesi.pdf.

Texte intégral
Résumé :
Le alterazioni della funzionalità mitocondriale detengono un ruolo cruciale nella patogenesi della malattia di Alzheimer (AD), sostenendo il processo neurodegenerativo attraverso meccanismi quali la riduzione della disponibilità energetica e la iperproduzione di ROS. Alle numerose ipotesi di patogenesi dell’AD, si è recentemente affiancata la cosiddetta ipotesi vascolare. Nei soggetti AD è stata riscontrata una significativa riduzione della disponibilità di ossigeno a livello neuronale (ipossia neuronale). Da numerosi studi è poi emerso che l’ipossia gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’AD contribuendo a più vie patogenetiche contemporaneamente. Tuttavia, non sono stati ancora chiariti tutti i meccanismi attraverso cui l’ipossia esplica la sua azione di danno. Lo scopo di questo studio è stato quello di contribuire a chiarire il ruolo patologico dell’ipossia nell’AD, analizzando principalmente le alterazioni della funzionalità mitocondriale indotte dalla riduzione della disponibilità di ossigeno. Nella prima fase dello studio cellule PC12 sono state coltivate in presenza di β-amiloide e ipossia. In questo modello abbiamo osservato un potenziamento dei fenomeni di deplezione dell’ATP e di generazione delle ROS indotti dalla Aβ quando anche l’ipossia era presente come fonte di danno cellulare, ipotizzando per i due fattori un effetto congiunto di tipo additivo. Nella seconda fase abbiamo esposto all’ipossia fibroblasti prelevati da pazienti AD portatori di mutazioni a carico dei geni APP e PSEN. La presenza di mutazioni predisponenti ad un fenotipo AD era in grado di determinare un danno bioenergetico e ossidativo. Le alterazioni bioenergetiche riscontrate in normossia risultavano ulteriormente potenziate quando i fibroblasti erano coltivati in ipossia, mentre lo stato di stress ossidativo veniva evidenziato solo in condizioni ipossiche. Sulla base dei risultati finora conseguiti si può ipotizzare che uno dei meccanismi attraverso cui l’ipossia esplica la sua azione di danno nella AD, possa essere dovuto alla capacità di potenziare ulteriormente le alterazioni della funzionalità mitocondriale.
Mitochondrial dysfunctions play a crucial role in the pathogenesis of Alzheimer’s disease (AD), sustaining the neurodegenerative process through mechanisms such as energy deprivation and ROS overproduction. The etiopathogenesis of AD is still obscure, although several hypothesis have been formulated. Recently the vascular hypothesis has been proposed. In AD patients, the cerebral blood flow is significantly decreased, with a consequent reduction of oxygen tension (neural hypoxia). Several studies have shown that hypoxia has a central role in AD pathogenesis, since it is involved in different pathogenic pathways. However, the role of hypoxia in AD is not fully understood. The aim of this study was further to elucidate the pathological role of hypoxia in AD, mainly analyzing the mitochondrial dysfunction induced by reduction of oxygen tension. In the first part of the study, PC12 cells were cultured in the presence of amyloid-β peptide and hypoxia. In this model, hypoxia and amyloid-β showed a synergistic effect, strongly contributing to ATP depletion and ROS overproduction. In the second part of the study we used, as cellular model, AD patient skin fibroblasts exposed to hypoxia. These fibroblasts are characterized by mutations of APP and PSEN genes that increase the production of amyloid-β peptide. The AD fibroblasts showed an alteration of energy metabolism and a condition of oxidative stress. The bioenergetic alterations found under normoxia were further increased by hypoxia, while the oxidative stress was observed only under hypoxic conditions. In the light of the results, we suggest that one of the pathological consequences of hypoxia in AD is the inhibition of mitochondrial function, which may contribute to the neuronal dysfunction and the impairment of cognitive capacities.
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
4

Padula, Anna <1985&gt. « Ruolo delle alterazioni mitocondriali indotte dall'ipossia nella patogenesi della malattia di alzheimer ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6338/.

Texte intégral
Résumé :
Le alterazioni della funzionalità mitocondriale detengono un ruolo cruciale nella patogenesi della malattia di Alzheimer (AD), sostenendo il processo neurodegenerativo attraverso meccanismi quali la riduzione della disponibilità energetica e la iperproduzione di ROS. Alle numerose ipotesi di patogenesi dell’AD, si è recentemente affiancata la cosiddetta ipotesi vascolare. Nei soggetti AD è stata riscontrata una significativa riduzione della disponibilità di ossigeno a livello neuronale (ipossia neuronale). Da numerosi studi è poi emerso che l’ipossia gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’AD contribuendo a più vie patogenetiche contemporaneamente. Tuttavia, non sono stati ancora chiariti tutti i meccanismi attraverso cui l’ipossia esplica la sua azione di danno. Lo scopo di questo studio è stato quello di contribuire a chiarire il ruolo patologico dell’ipossia nell’AD, analizzando principalmente le alterazioni della funzionalità mitocondriale indotte dalla riduzione della disponibilità di ossigeno. Nella prima fase dello studio cellule PC12 sono state coltivate in presenza di β-amiloide e ipossia. In questo modello abbiamo osservato un potenziamento dei fenomeni di deplezione dell’ATP e di generazione delle ROS indotti dalla Aβ quando anche l’ipossia era presente come fonte di danno cellulare, ipotizzando per i due fattori un effetto congiunto di tipo additivo. Nella seconda fase abbiamo esposto all’ipossia fibroblasti prelevati da pazienti AD portatori di mutazioni a carico dei geni APP e PSEN. La presenza di mutazioni predisponenti ad un fenotipo AD era in grado di determinare un danno bioenergetico e ossidativo. Le alterazioni bioenergetiche riscontrate in normossia risultavano ulteriormente potenziate quando i fibroblasti erano coltivati in ipossia, mentre lo stato di stress ossidativo veniva evidenziato solo in condizioni ipossiche. Sulla base dei risultati finora conseguiti si può ipotizzare che uno dei meccanismi attraverso cui l’ipossia esplica la sua azione di danno nella AD, possa essere dovuto alla capacità di potenziare ulteriormente le alterazioni della funzionalità mitocondriale.
Mitochondrial dysfunctions play a crucial role in the pathogenesis of Alzheimer’s disease (AD), sustaining the neurodegenerative process through mechanisms such as energy deprivation and ROS overproduction. The etiopathogenesis of AD is still obscure, although several hypothesis have been formulated. Recently the vascular hypothesis has been proposed. In AD patients, the cerebral blood flow is significantly decreased, with a consequent reduction of oxygen tension (neural hypoxia). Several studies have shown that hypoxia has a central role in AD pathogenesis, since it is involved in different pathogenic pathways. However, the role of hypoxia in AD is not fully understood. The aim of this study was further to elucidate the pathological role of hypoxia in AD, mainly analyzing the mitochondrial dysfunction induced by reduction of oxygen tension. In the first part of the study, PC12 cells were cultured in the presence of amyloid-β peptide and hypoxia. In this model, hypoxia and amyloid-β showed a synergistic effect, strongly contributing to ATP depletion and ROS overproduction. In the second part of the study we used, as cellular model, AD patient skin fibroblasts exposed to hypoxia. These fibroblasts are characterized by mutations of APP and PSEN genes that increase the production of amyloid-β peptide. The AD fibroblasts showed an alteration of energy metabolism and a condition of oxidative stress. The bioenergetic alterations found under normoxia were further increased by hypoxia, while the oxidative stress was observed only under hypoxic conditions. In the light of the results, we suggest that one of the pathological consequences of hypoxia in AD is the inhibition of mitochondrial function, which may contribute to the neuronal dysfunction and the impairment of cognitive capacities.
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
5

VARLESE, MARIA LAURA. « Studi genetici in pazienti con malattia di Alzheimer e Paraparesi spastica ereditaria ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/208598.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
6

D'EUGENIO, Ottavio. « VALUTAZIONE DI FATTORI DI RISCHIO GENETICI SU BASE POLIMORFICA NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER ». Doctoral thesis, La Sapienza, 2006. http://hdl.handle.net/11573/917163.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
7

Alabiso, Orazio Daniele. « Effetti degli inibitori delle fosfodiesterasi 5 nei modelli animali di malattia di alzheimer ». Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1244.

Texte intégral
Résumé :
Questo lavoro nasce dall osservazione che il peptide beta-amiloide (Abeta), fondamentale nella patogenesi della Malattia di Alzheimer (Alzheimer s disease - AD), agisce sul sistema ossido nitrico/GMPc inducendo una diminuzione della plasticità sinaptica, dei livelli di GMPc e della fosforilazione del fattore di trascrizione e molecola della memoria CREB. Considerato che gli inibitori delle fosfodiesterasi 5 (PDE5) aumentano i livelli di GMPc e la fosforilazione di CREB, abbiamo studiato se tali molecole possano avere un effetto benefico nel fenogtipo dell AD su modelli murini di deposizione di amiloide, detti APP/PS1. Abbiamo dimonstrato che l inibitore delle PDE5 sildenafil, scelto poichè già ampiamente studiato nelle sue proprietà farmacologiche, effetti collaterali e follow-up sugli esseri umani, determina un miglioramento della funzione sinaptica, della fosforilazione di CREB e della memoria nei topi APP/PS1. Quindi, l inibizione delle PDE5 potrebbe rappresentare un nuovo target nella terapia dell AD. Inoltre, l effetto a lungo termine potrebbe essere molto utile per migliorare la compliance nei pazienti affetti da AD.
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
8

PASSARELLA, Daniela. « Tau nucleare : un possibile nuovo target per la terapia della malattia di Alzheimer ». Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2013. http://hdl.handle.net/11695/66242.

Texte intégral
Résumé :
Tau is a microtubule-stabilizing protein detected in both cytosolic/cytoskeletal and nuclear cellular compartments of neuronal and non-neuronal cells, with a tightly regulated phosphorylation, in physiology (mitosis for example) and pathology (neurofibrillary tangles). In Alzheimer’s disease (AD) it is not yet established whether entangled tau represents a cause or a consequence of neurodegeneration. The amyloid β-precursor protein (AβPP) is considered pivotal in the genesis of AD, and the “amyloid hypothesis” states that amyloid β-peptides (Aβ), derived from aberrant AβPP processing, cause neurodegeneration and tau hyperphosphorylation. Here we provide evidence that AβPP, when ectopically overexpressed or in cells bearing trisomy 21, modulates the phosphorylation of tau in mitotic and pathogenic phosphoepitopes during cell cycle and regulates the intracellular localization of phospho-tau, reducing the nuclear pool and the overall ratio nuclear/cytoskeletal. We show that the modulation of tau phosphorylation mediated by AβPP is strictly dependent on β-secretase activity as well. This specific phosphorylation of tau is required during mitosis in vitro and in vivo, likely via an ERK1/2 signaling cascade; the consequent phenotype is an upregulation of cell growth kinetic induced by AβPP in proliferating cell lines. Also in differentiated neuronal A1 cells, the overexpression of AβPP modulates tau phosphorylation, altering the ratio between cytoskeletal and nuclear pools, but in this case AβPP induces cell death. The nuclear localization of phospho-tau is significantly underrepresented in neurons of AD patients, in which predominate neurofibrillary tangles, in comparison to non-AD patients. Finally we investigate the potential protective effect of sodium selenate on tau phosphorylation and tau inclusions in a transgenic mouse model of human tauopathy. Treatment with sodium selenate in these transgenic mice reduces both phospho-tau and tau inclusions, likely by activating phosphatase activity (PP2A) and increasing the autophagic degradation of tau aggregates. In summary, in this work we provide evidence for a direct contribution of APP in a signaling activity targeted to the activation of specific kinases, with a role in the phosphorylation and homeostasis of the nuclear and the cytoskeletal pool of tau, with consequences in cell cycle dynamics that may lead to cell death in postmitotic neurons. The use of pharmacological tools that may reduce kinases’ activation and stimulate the autophagic degradation of tau inclusions, as shown here using Na Selenate in transgenic mice, may revert this pathological process. In our opinion a deeper comprehension of molecular mechanisms that cause the disequilibrium between nuclear vs cytoskeletal phosphorylation of tau is essential for the identification of novel targets for AD therapy.
Tau è una proteina stabilizzatrice i microtubuli identificata in entrambi i compartimenti cellulari, quello citosolico/citoscheltrico e quello nucleare, di cellule neuronali e non neuronali; si contraddistingue per la sua fosforilazione altamente regolata in eventi sia fisiologici (per esempio durante mitosi), che patologici (come negli aggregati neurofibrillari). Nella malattia dell’Alzheimer (AD) non è stato ancora stabilito se gli aggregati neurofibrillari rappresentano una causa o una conseguenza della neurodegenerazione; secondo l’ipotesi dell’amiloide, la proteina precursore dell’amiloide (AβPP) svolge un ruolo chiave nella neurodegenerazione, producendo i peptidi tossici Aβ che sono a loro volta responsabili dell’iperfosforilazione di tau. In questo lavoro di ricerca noi dimostriamo che AβPP, quando è overespressa ectopicamente o in cellule con trisomia 21, modula la fosforilazione di tau a livello di fosfo-epitopi patogenetici e mitotici durante il ciclo cellulare e regola la localizzazione intracellulare di fosfo-tau, riducendone la quota nucleare e il rapporto nucleo/citoscheletro; tale regolazione è risultata essere strettamente dipendente dall’attivitá di γ-secretasi. Questa specifica fosforilazione di tau è richiesta durante la mitosi sia in vivo che in vitro ed è modulata dal pathway segnale di ERK1,2; il conseguente fenotipo è una stimolazione della crescita cellulare indotta da AβPP in linee cellulari proliferanti. Anche in cellule neuronali differenziate A1, l’overespressione di AβPP modula la fosforilazione di tau, alterandone il rapporto nucleo/citoscheletro ed è, in questo caso, anche correlata con la morte cellulare. A differenza dei tessuti cerebrali di casi controllo, in quelli AD la localizzazione nucleare di tau è irrilevante e si osserva la predominanza di aggregati neurofibrillari. Abbiamo infine, investigato l’azione protettiva del selenato di sodio sulla fosforilazione e gli aggregati di tau in un modello murino di tauopatia transgenico per la tau umana recante la mutazione P301S. Il trattamento con tale droga mostra ridurre sia la fosforilazione di tau, sia le sue inclusioni, attivando l’attività fosfatasica (PP2A) e la degradazione autofagica degli aggregati di tau. Riassumendo, in questo lavoro noi dimostriamo un diretto contributo di AβPP nell’attivazione di un pathway segnale volto all’attivazione di specifiche chinasi, coinvolte nella fosforilazione e nell’omeostasi dei pools nucleare e citosolico/citoscheletrico di tau, con consegnenze nelle dinamiche del ciclo cellulare che potrebbero indurre la morte cellulare in neuroni post-mitotici. L’uso di tools farmacologici che potrebbero ridurre l’attivazione di chinasi e stimolare la degradazione di inclusioni di tau, come mostrato qui usando il selenato di sodio in topi transegenici, potrebbe revertire questo processo patologico. A nostro avviso, una comprensione piú profonda dei meccanismi molecolari che causano lo squilibrio tra la fosforilazione nucleare vs. quella citoscheletrica di tau è essenziale per l’identificazione di nuovi targets terapeutici per l’AD.
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
9

De, Masi Anna. « Tecniche di machine learning in neuroimaging strutturale per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

Trouver le texte intégral
Résumé :
La malattia di Alzheimer è un disordine neurodegenerativo progressivo e rappresenta la forma di demenza più diffusa: si stima che nel 2050 una persona su 85 ne sarà affetta. È caratterizzata da un accumulo di proteine fluide, di placche amiloidi e grovigli neurofibrillari all’interno della struttura cerebrale responsabili della perdita neuronale, comportando nel paziente un progressivo declino cognitivo con perdita della memoria e quindi dell’autonomia. Tuttavia, è stato scoperto che la maggior parte dell’accumulo avviene circa 10-15 anni prima rispetto alla comparsa dei sintomi. In questo elaborato di tesi si è proceduto all’analisi di tecniche di machine learning in neuroimaging strutturale per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer. In particolare, è stato scelto di utilizzare un modello di apprendimento automatico supervisionato, come quello delle macchine vettoriali di supporto per valutare l’accuratezza nella classificazione tra soggetti sani e malati all’interno del dataset OASIS2. Dalle neuroimmagini pesate in T1 di risonanza magnetica sono state estratte delle features che saranno poi utilizzate come input dell’algoritmo. Dopo avere effettuato il pre-processing dei dati, sono stati ottimizzati i valori dei parametri, attraverso valutazione della curva ROC. Dalle analisi è emerso come il machine learning possa aiutare in ambito clinico, riuscendo spesso ad individuare pattern specifici, oppure correlazioni tra le variabili che sfuggono all’occhio medico, nella prospettiva futura di riuscire ad effettuare una diagnosi precoce.
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
10

d'ORSI, GIUSEPPE. « Storia naturale dell'epilessia mioclonica senile in pazienti con Sindrome di Down e Malattia di Alzheimer ». Doctoral thesis, Università di Foggia, 2014. http://hdl.handle.net/11369/331865.

Texte intégral
Résumé :
ABSTRACT IN ENGLISH Objectives: to elucidate the natural history of senile myoclonic epilepsy, a type of myoclonic epilepsy associated with Alzheimer’s disease in adult Down syndrome patients. Methods: Twelve Down syndrome patients over the age of 40 years with myoclonic epilepsy and Alzheimer’s disease underwent clinical, neuropsychological, neurophysiological and neuroradiological study. The kariotypes, APOE polymorphisms, all exons in the PSEN1 and PSEN2 genes and exons 16 and 17 in the APP gene were determined for all patients. CSF Aβ42, p-tau181, and t-tauAg were determined for two patients. Results: Three main stages appeared during the course of the syndrome. The first stage was characterized by dementia onset (mean age: 51±6.63 years), diffuse EEG abnormalities during sleep, and cerebral atrophy determined using neuroimaging. During the second stage, myoclonic epilepsy manifested (mean age: 51.4±7.29 years) with myoclonic jerks time-locked to diffuse epileptiform abnormalities upon awakening, which was controlled with antiepileptic drugs. During the third stage (mean age: 54.8±7.61 years), myoclonic seizures were replaced with myoclonus beyond seizure events, and cerebellar signs, severe dementia and photosensitivity developed. All patients showed complete trisomy 21. Mutations were ruled out on the APP, PSEN1 and PSEN2 genes, and APOE analysis revealed ε3/ε3 homozygosity. CSF biomarkers showed a decrease in Aβ42 and an increase in p-tau181. Conclusions: The natural history of senile myoclonic epilepsy is consistent with progressive myoclonus epilepsy. Chromosome 21 is implicated in its pathophysiology; however, other genetic and/or environmental risk factors cannot be excluded. The absence of the APOE type 4 allele may predict its progression. Key-words: Down syndrome, video-EEG/polygraphy, senile myoclonic epilepsy, Alzheimer’s disease, progressive myoclonus epilepsy, APOE, CSF biomarkers, PSEN 1 gene, PSEN2 gene, APP gene. ABSTRACT IN ITALIANO Obiettivi: definire la storia naturale dell’Epilessia Mioclonica Senile, un forma di epilessia mioclonica associata alla Malattia di Alzheimer in soggetti adulti con Sindrome di Down. Materiali e Metodi: 12 pazienti con sindrome di Down di età > 40 anni con epilessia mioclonica e malattia di Alzheimer sono stati sottoposti ad un completo studio clinico, neuropsicologico, neurofisiologico e neuroradiologico. Il cariotipo, lo studio dei polimorfismi dell’APOE, di tutti gli esoni dei geni della presenilina 1 e 2 e degli esoni 16 e 17 del gene della proteina precursore dell’amiloide sono stati determinati in tutti i pazienti. Sono stati anche valutati in due pazienti i livelli liquorali di Aβ42, p-tau181, e t-tauAg.. Risultati: tre principali stadi compaiono durante il decorso del quadro sindromico. La prima fase si caratterizza per la comparsa della demenza (età media di insorgenza: 51±6.63 anni), con anomalie diffuse nel corso del sonno e l’evidenza di atrofia cerebrale alle neuroimmagini. Durante la seconda fase, si apprezza l’insorgenza della epilessia mioclonica (età media di insorgenza: 51.4±7.29 anni), con scosse miocloniche, di solito al risveglio e controllate dal trattamento con farmaci anti-epilettici, correlate a diffuse anomalie epilettiformi. La terza fase (età media di insorgenza 54.8±7.61 anni) si caratterizza per la comparsa di mioclono associato ad una sindrome cerebellare con demenza di grado severo e fotosensibilità. Tutti i pazienti mostravano una trisomia completa del cromosoma 21 e un genotipo ε3/ε3 dell’APOE. Non sono state documentate mutazioni a carico dei geni della presenilina 1 e 2 e della proteina precursore dell’amiloide. I biomarcatori liquorali hanno documentato un decremento della Aβ42 e un incremento della p-tau181, suggestivi per una patologia neurodegenerativa di tipo alzhemeriana. Conclusioni: la storia naturale dell’epilessia mioclonica senile è compatibile con una epilessia mioclonica progressiva. Il cromosoma 21 è implicato nella sua fisiopatologia, sebbene non si possa escludere il ruolo di altri fattori di rischio genetici e/o ambientali. La mancata documentazione dell’allele di tipo 4 dell’APOE potrebbe rappresentare un fattore predittivo di progressione della malattia.
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.

Livres sur le sujet "Malattia Alzheimer"

1

Storia della malattia di Alzheimer. Bologna : Il mulino, 2012.

Trouver le texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
2

Gerardo, Manarolo, Villani Daniele et Raglio Alfredo, dir. Musicoterapia e malattia di Alzheimer : Proposte applicative e ipotesi di ricerca. Torino : Cosmopolis, 2001.

Trouver le texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
3

Gerardo, Manarolo, Villani Daniele et Raglio Alfredo, dir. Musicoterapia e malattia di Alzheimer : Proposte applicative e ipotesi di ricerca. Torino : Cosmopolis, 2001.

Trouver le texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
4

Virgilio, Margherita Di. La malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza : Linee guida per l'assistenza. Milano : FrancoAngeli, 2000.

Trouver le texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
5

Gaspa, Francesco Nicola. Il corpo, la vecchiaia, la malattia : Uno sguardo antropologico sull'Alzheimer. Roma : Carocci, 2011.

Trouver le texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
6

Caprio, Lorenzo De. La morte della mente ed i limiti della ragione : Dilemmi etici nella malattia d'Alzheimer. Napoli : Edizioni scientifiche italiane, 1998.

Trouver le texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.

Chapitres de livres sur le sujet "Malattia Alzheimer"

1

Cappa, Stefano F., Elisabetta Farina et Giuseppe Foderaro. « Malattia di Alzheimer ». Dans La riabilitazione neuropsicologica, 247–54. Milano : Springer Milan, 2012. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-2349-9_14.

Texte intégral
Styles APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
Nous offrons des réductions sur tous les plans premium pour les auteurs dont les œuvres sont incluses dans des sélections littéraires thématiques. Contactez-nous pour obtenir un code promo unique!

Vers la bibliographie