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Tatai Baltă, Cornel. « Rappresentazioni diaboliche nei libri romeni antichi (secoli XVI-XIX) ». Studia Universitatis Babeș-Bolyai Theologia Catholica 64, no 1-2 (30 décembre 2019) : 203–25. http://dx.doi.org/10.24193/theol.cath.2019.10.

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Inserra, Simona. « Libri antichi, antichi rimedi : erbari e ‘materia medica' tra gli incunaboli della biblioteca del Monastero dei Benedettini di Catania ». ARCHIVIO STORICO PER LA SICILIA ORIENTALE, no 1 (mai 2021) : 100–106. http://dx.doi.org/10.3280/asso2020-001011.

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Il contributo si propone di analizzare, all'interno della raccolta di incunaboli della Biblioteca del monastero benedettino di San Nicola l'Arena, gli esemplari di edizioni quattrocentesche di argomento medico che appartennero ai monaci; si analizzano inoltre alcune note manoscritte relativi ad antichi rimedi.
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Freni, Giulia. « Gli antichi e la glaukophthalmia : nuovi dati per la storia di un ‘inestetismo’ mediterraneo ». Florentia Iliberritana 31 (15 octobre 2021) : 67–80. http://dx.doi.org/10.30827/floril.v31i.20977.

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Tra gli aspetti più curiosi del mondo antico vi è il disprezzo per gli occhi blu, di certo qualcosa di molto distante dal modo in cui la bellezza viene concepita ai nostri giorni. Il presente contributo si propone di ripercorrere la percezione di questo tratto fisico da parte degli antichi, mostrando come esso fosse associato anche alla capacità di gettare il malocchio. Avere il cosiddetto ὄμμα γλαυκόν era considerato un vero e proprio inestetismo, per cui spesso si cercava di correggerlo con particolari medicamenti, come quelli suggeriti da Galeno nel IV libro del De compositione medicamentorum secundum locos libri X. Il disprezzo per gli occhi blu emerge anche dai trattati fisiognomici e da altri scritti in cui questo tratto fisico è associato a determinate caratteristiche della persona che lo porta: per esempio, Efestione di Tebe nota come l’iride glauca si trovi per lo più in coloro che hanno i capelli biondi o rossi. Di questa credenza si ha un riflesso anche in alcune fonti latine come il De origine et situ Germanorum di Tacito, in cui gli occhi blu e i capelli rossi sono considerati tratti tipici dei Germani. Una certa attenzione è rivolta, in questo contributo, anche ai termini adoperati in greco e latino per indicare l’iride glauca, mettendo in luce il legame con la dea Atena, definita γλαυκῶπις. Dopo aver analizzato le testimonianze antiche si accenna infine ad alcune sopravvivenze di questa credenza, facendo riferimento al mondo arabo e alla Grecia moderna, in cui ricorre nuovamente la percezione dell’occhio glauco come elemento negativo.
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Dondi, Cristina, et Matilde Malaspina. « L'ecosistema digitale del CERL per lo studio del libro antico a stampa : dal progetto 15cBOOKTRADE a oggi ». DigItalia 17, no 1 (juin 2022) : 134–56. http://dx.doi.org/10.36181/digitalia-00044.

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Nel corso dei cinque anni del suo svolgimento, il progetto 15cBOOKTRADE, finanziato con un Consolidator Grant dello European Research Council (2014-2019) ha favorito il consolidamento e l’espansione di una serie di strumenti digitali e di una ampia rete di collaborazione tra individui, istituzioni e progetti di ricerca incentrati sull’utilizzo degli incunaboli, e più in generale del libro antico a stampa, come fonte storica. Dopo la conclusione ufficiale progetto, il lavoro dei membri e della rete di studiosi e bibliotecari costituita durante i cinque anni della durata del finanziamento è continuato. Singoli ricercatori o gruppi di ricerca hanno orientato le proprie indagini verso categorie ben precise di libri antichi a stampa: edizioni di testi di diritto, di materia medica, edizioni illustrate, collezioni di alcuni possessori antichi, biblioteche monastiche, censimenti illustrati, e così via. Vari tra questi progetti hanno esteso il limite cronologico dell’interesse di ricerca oltre il dicembre 1500, assottigliando la convenzionale distinzione tra incunaboli e post-incunaboli. Di fatto però, la metodologia per tutte queste nuove strade di ricerca resta basata sull’utilizzo delle informazioni di provenienza come dati storici; sull’integrazione di fonti bibliografiche e documentarie allo scopo di arricchire ulteriormente il dato materiale; sulla creazione di collaborazioni internazionali di ampio respiro che consentano di raccogliere dati che difficilmente sarebbero accessibili altrimenti (specialmente in questi anni difficili di pandemia); infine, sull’utilizzo di strumenti digitali efficaci per facilitare la raccolta dei dati e l’accesso agli stessi. Il presente contributo fornisce una panoramica sullo stato attuale di questi progetti e propone una serie di riflessioni sui benefici e sulle sfide connessi alla creazione di un ecosistema digitale per lo studio del libro antico a stampa, una necessità di recente condivisa anche dall’ICCU, quale soluzione intelligente e sostenibile.
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Endemann, Klaus. « Giulio Romano und Andrea Palladio Die Landshuter Residenz Herzog Ludwigs X. und ihre Rezeption in den frühen Palastkonzepten Palladios ». Zeitschrift für Kunstgeschichte 80, no 1 (30 décembre 2017) : 35–82. http://dx.doi.org/10.1515/zkg-2017-0002.

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Abstract The palace of Duke Ludwig X in Landshut provides insight into the research concerning the development of Andrea Palladio. The palace is a link that illuminates the relationship between Palladio and Giulio Romano. For the “German wing,” the still unknown architect presented a remarkably innovative design. The duke had a second palace built behind the first after he had seen the Palazzo Te. The form of the “Italian wing,” with its refined combination of palace and villa, supports the authorship of Romano. That Palladio, for his famous project for Iseppo da Porto, took over the site in Landshut designed by Romano confirms the close relationship between the two architects. In I Quattro Libri, Palladio would later name the combination of the palace and the villa Casa degli antichi.
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Carrara, Eliana. « Plinio e l’arte degli Antichi e dei Moderni. Ricezione e fortuna dei libri XXXIV-XXXVI della Naturalis Historia nella Firenze del XVI secolo (dall’ Anonimo Magliabechiano a Vasari) ». Archives Internationales d'Histoire des Sciences 61, no 166-167 (janvier 2011) : 367–81. http://dx.doi.org/10.1484/j.arihs.5.101487.

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Jackson, Steven. « The Aetia I & ; II - G. Massimilla : Callimaco : Aitia : Libri Primo e Secondo : Introduzione, testo critico, traduzione e commento. (Biblioteca di Studi Antichi, 77.) Pp. 502. Pisa : Giardini, 1996. Paper. ISBN : 88-427-0013-4. » Classical Review 47, no 2 (octobre 1997) : 258–60. http://dx.doi.org/10.1017/s0009840x00250555.

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Celentano, Maria Silvana. « Oratorical Exercises from the Rhetoric to Alexander to the Institutio oratoria : Continuity and Change ». Rhetorica 29, no 3 (2011) : 357–65. http://dx.doi.org/10.1525/rh.2011.29.3.357.

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Quintiliano dedica la sua attenzione all'exercitatio in due luoghi distinti dell'Institutio oratoria, rispettivamente nel libro II e nel libro X. La pratica dell'exercitatio si è consolidata dall'età ellenistica in poi nell'insegnamento scolastico di grammatica e retorica sia in Grecia che a Roma, con modalità e sviluppi differenziati. Ma a tempi ben più antichi riconducono le tracce delle prime formulazioni di tale exercitatio: più precisamente si può risalire fino alla Rhetorica ad Alexandrum. Nel sec. I d.C. è in atto un vivace dibattito interno all'ambito tecnico retorico, ma anche un rinnovamento della formazione filosofica dei giovani. Il riferimento ad antichi modelli di exercitatio, opportunamente adattati alla realtà culturale e formativa contemporanea, conferisce una nuova attualità alla Rhetorica ad Alexandrum.
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Conte, Alberto. « Novelle italiane antiche nella tradizione manoscritta : dal libro d'autore alle antologie nei primi secoli ». Carte Romanze. Rivista di Filologia e Linguistica Romanze dalle Origini al Rinascimento 10, no 2 (23 décembre 2022) : 273–315. http://dx.doi.org/10.54103/2282-7447/18750.

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Un ricco corpus di novelle italiane antiche ci è trasmesso in raccolte antologiche, da codici solo parzialmente coincidenti e diversamente ordinati, anche se la varia lectio dei singoli pezzi rivela che la tradizione è piuttosto stabile. L’articolo focalizza il manoscritto Panciatichiano 32 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, importante collettore trecentesco di racconti: delle sue tre sezioni novellistiche si evidenziano qui elementi comuni e peculiarità; se ne ricava che si tratta di tre raccolte di autori diversi, copiate e verosimilmente anche composte in tempi diversi, il cui ‘modello archetipico’ ha continuato a essere la prima, cioè il Libro di novelle e di bel parlar gentile (o Ur-Novellino). Il confronto del ms. con altre raccolte di novelle antiche (cioè con tutti i testimoni del Novellino) fa luce sul laboratorio trecentesco della novella e su alcuni aspetti della sua diffusione: le singole compilazioni risultano sempre fortemente polarizzate dal campo magnetico dell’Ur-Novellino, entro le linee guida tratteggiate nel suo prologo; qualche novità, introdotta da singoli autori o copisti, vi si è innestata a intermittenza, non sistematicamente; anche nella monumentalizzazione cinquecentesca del corpus(suggestivamente presentato come Le ciento novelle antike) la novella antica ha mantenuto una sua spiccata autonomia non permeata, se non misuratamente e a intermittenza, dalle novità e dallo straordinario rinnovamento boccacciano.
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Gómez Jiménez, Silvia. « Andreu Pintado, Javier ; Ozcáriz Gil, Pablo y Mateo Pérez, Txaro : Epigrafía romana de Santa Cruz de Eslava, Faenza, Epigrafia e Antichità, 2019, 187 pp. ISBN : 978-88-7594-140-6. » Documenta & ; Instrumenta - Documenta et Instrumenta 18 (14 avril 2020) : 255–56. http://dx.doi.org/10.5209/docu.68793.

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Cavallo, G. « Libri, lettura e biblioteche nella tarda antichità : Un Panorama e qualche riflessione ». Antiquité Tardive 18 (janvier 2010) : 9–19. http://dx.doi.org/10.1484/j.at.3.55.

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GOLDSTEIN, BERNARD R. « GALILEO'S ACCOUNT OF ASTRONOMICAL MIRACLES IN THE BIBLE : A CONFUSION OF SOURCES ». Nuncius 5, no 1 (1990) : 3–16. http://dx.doi.org/10.1163/182539190x00651.

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Abstract<title> RIASSUNTO </title>Nella sua Lettera alla Granduchessa Cristina Galileo considerava due miracoli astronomici della Bibbia (il sole immobile davanti a Giosuè, e l'ombra solare che si muove a ritroso sui passi [cioè la meridiana] d'Achaz), citando alcune discussioni di questi passi nella letteratura precedente. Dopo aver esaminato le relazioni tra questi testi e altri commenti antichi della Bibbia da cui essi dipendono, l'Autore dimostra che Galileo non ha probabilmente esaminato tutti e sette i testi in prima persona, ma che la sua fonte era in realtà il commento di Magalhaens al libro di Giosuè, pubblicato nel 1612 (il più recente dei sette in cui gli altri sei sono citati); e che, oltre alla confusione già esistente nei testi citati, Galileo ha ulteriormente confuso i riferimenti testuali.
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Rowe, Ignacio Márquez, Massimo Baldacci et Ignacio Marquez Rowe. « Il Libro dei morti dell'antica Ugarit : Le più antiche testimonianze sull'Aldilà prima della Bibbia ». Journal of the American Oriental Society 120, no 4 (octobre 2000) : 666. http://dx.doi.org/10.2307/606646.

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Giannichedda, Enrico. « Costruire storie e raccontare produzioni ». Ex Novo : Journal of Archaeology 5 (24 mai 2021) : 119–43. http://dx.doi.org/10.32028/exnovo.v5i.416.

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Prendendo le mosse dalle recenti acquisizioni dell’archeologia cognitiva, Michele Cometa, uno specialista di storia e teoria della letteratura, affronta in un corposo volume una questione fondamentale: la relazione fra produzione di utensili (i cicli produttivi), evoluzione del linguaggio, sviluppo di capacità narrative finalizzate a raccontare ‘storie’ utili. Una questione che, a mio avviso, non può riguardare soltanto gli specialisti della preistoria antica e dei processi di ominazione, perché ha molto a che vedere, in qualsiasi contesto preindustriale e prescientifico, con la trasmissione dei saperi tecnici (e, difatti, Cometa rinvia alle opere di A. Leroi-Gourhan), l’archeologia della produzione, la capacità di leggere in un manufatto la commistione di ‘funzione’ e ‘bellezza’ (o stile). Scopo del presente lavoro, oltre ad invitare a riflettere sulle tesi di Cometa a partire ovviamente dal libro, vi è ribadire, indipendentemente dai termini utilizzati e dalle partizioni disciplinari, l’utilità di studi archeologici in cui si fa storia della cultura materiale tenendo insieme la ricostruzione dei comportamenti (tecnici) e quella dei significati (sociali) anche grazie allo studio delle scelte ‘narrative’ adottate dagli antichi.
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Schofield, Richard. « A Humanist Description of the Architecture for the Wedding of Gian Galeazzo Sforza and Isabella D'Aragona (1489) ». Papers of the British School at Rome 56 (novembre 1988) : 213–40. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200009624.

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LA DESCRIZIONE DI UN UMANISTA DELLA “ARCHITETTURA” ALLESTITA PER LE NOZZE DI GIAN GALEAZZO SFORZA ED ISABELLA D'ARAGONA (1489)Stefano Dulcino, nel suo libro “Nuptiae Illustrissimi Ducis Mediolani” (Milano 1489), descrisse l'architettura effimera in legno che fu realizzata per le nozze di Gian Galeazzo Sforza ed Isabella d'Aragona. L'architettura comprendeva delle arcate decorate da un'elaborata decorazione fogliata ed un tiburio, di fronte al duomo di Milano. Qui si è ricostruito questo tiburio e si è discussa la problematica relativa si suoi significati ed al suo progettista. Sebbene rappresentazioni di poligoni cupolati avessero un numero vastissimo di usi simbolici nel Quattrocento e nel Cinquecento (come ad esempio per il tempio di Salamone, per quello di Diana e Giunone, etc.), nessuno di questi sembra soddisfacente per spiegare la nostra struttura. Viene per ipotesi suggerito che Bramante, piuttosto che Leonardo o qualche altro architetto lombardo locale, ne sia stato l'autore, e che il tiburio fosse una riproduzione di un tipo di vestibolo che Alberti riteneva fosse assai in voga presso gli antichi.
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Cecalupo, Chiara. « Per una storia del museo sacro cristiano : confronti diacronici dall’antichità ad oggi ». Humanitas, no 77 (28 juin 2021) : 169–89. http://dx.doi.org/10.14195/2183-1718_77_8.

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L'articolo si propone di descrivere alcuni importanti casi di musei sacri cristiani dalla tarda antichità all'età contemporanea, al fine di tracciare la storia di questa istituzione e individuare i concetti chiave che ne stanno alla base. Il confronto diacronico parte dalla donazione di libri e oggetti liturgici da parte di Sant'Agostino alla sua chiesa episcopale (fine del IV secolo), per poi passare al Medioevo - quando l'idea di musei sacri cristiani è pienamente sviluppata - e concentrarsi sul Tesoro di San Denis, istituito dall'abate Suger nel XII secolo. Nella seconda parte del saggio sono esposte le storie relative alle collezioni di oggetti cristiani nei Musei Vaticani e i concetti che li hanno ispirati nel XVIII secolo. Si passa poi alla presentazione finale con l'analisi delle attuali linee guida dei musei sacri cristiani, visti come il prodotto finale del millenario patrimonio della museologia cristiana.
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Ingarao, Giovanni. « Tò Hellenikón, lo stesso sangue e la stessa lingua (VIII, 144). Erodoto e la costruzione dell’identità greca ». Klio 104, no 1 (1 juin 2022) : 1–29. http://dx.doi.org/10.1515/klio-2021-0036.

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Riasssunto Nell’ottavo libro delle Storie, gli Ateniesi danno una celebre definizione di Hellenikón che fornisce molti spunti di riflessione. Di fronte al timore degli Spartani di un loro possibile tradimento a favore dei Persiani, essi rispondono che non farebbero mai una cosa simile perché i Greci hanno lo stesso sangue, parlano la stessa lingua e venerano gli stessi dèi. Siamo di fronte ad una delle più antiche ed efficaci definizioni di comunità dal punto di vista identitario che presenta però al contempo alcune tracce di ambiguità. Erodoto fornisce, infatti, un quadro molto problematico del mondo greco del V secolo in cui spesso le città appaiono interessate maggiormente alla difesa dei loro interessi, piuttosto che al sostegno degli alleati. Lo scopo di questo contributo è comprendere fino a che punto per Erodoto, che visse almeno in parte la violenza fratricida della Guerra del Peloponneso, esistesse la ‘Grecità’ e quanto questa idea fosse rilevante in un periodo di così grave divisione per il mondo ellenico.
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Rajak, Tessa. « Il Terzo Libro delle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe e la Bibbia : Problemi storici e letterari ». Journal of Jewish Studies 56, no 1 (1 avril 2005) : 150–51. http://dx.doi.org/10.18647/2594/jjs-2005.

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Stuart-Smith, Jane. « Two South Picene inscriptions reread — CH.2 and AP.4 ». Papers of the British School at Rome 68 (novembre 2000) : 95–109. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200003883.

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UNA RILETTURA DI DUE ISCRIZIONI MERIDIONALI PICENE — CH.2 E AP.4Il piccolo gruppo di iscrizioni picene meridionali antiche, principalmente rinvenute in Italia centrale ed orientale, rappresentano una fonte importante, sebbene di difficile interpretazione, per la conoscenza della storia delle popolazioni dell'Italia centrale pre-romana. I testi, sebbene per la gran parte oscuri, sembrano contenere riferimenti a strutture etniche e sociali riconosciute per questo periodo storico. Come è sempre il caso per ricostruzioni storiche che dipendano da iscrizioni, è essenziale che l'interpretazione del testo sia basata su una lettura affidabile. L'edizione definitiva del lavoro di Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, pubblicato nel 1985, stabilisce una lettura attentamente annotata di ogni testo, per la maggior parte tramite autopsia. Tuttavia, all'epoca della ricerca per il suo libro, Marinetti non ebbe l'opportunità di esaminare le iscrizioni CH.2, AP.4 e AP.6. Nell'autunno del 1993 queste iscrizioni furono controllate. In questo articolo una nuova lettura delle iscrizioni CH.2 e AP.4, rispettivamente un braccialetto di bronzo ed una stele in pietra, viene presentata. In entrambi i casi il testo differisce leggermente da quello pubblicato da Marinetti. Entrambe le letture risultano nell'aggiunta di nuove parole all'attuale inventario per il Picene meridionale.
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Campanini, Massimo. « The Qurʾān in History : Muhammad’s Message in Late Antiquity ». Doctor Virtualis, no 17 (14 mai 2022) : 15–37. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7362/17820.

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La tarda antichità fu un periodo di profondi cambiamenti che coinvolse l’Europa, il mediterraneo e il cosiddetto Vicino Oriente, dal IV-V al VII-VIII secolo. Questo paradigma è ormai ampiamente utilizzato negli studi islamici, dagli studi coranici, dove Angelika Neuwirth ha ampiamente scritto sul tema delle basi bibliche della rivelazione coranica come manifestazione dello scritturalismo tardo antico, agli studi storici relativi al Corano e all’Arabia preislamica, come nel libro di Aziz al-Azmeh The Emergence of Islam in Late Antiquity, che riprende il filone di studi instaurato da Julius Wellhausen e Toufic Fahd. Sono pienamente d’accordo con la necessità di inserire l’Islam, la sua nascita e il suo sviluppo storico, religioso e filosofico nel contesto della tarda antichità, ma è necessario sottolineare quali temi hanno fatto dell’Islam una nuova religione rispetto al giudaismo e al cristianesimo. Questo è il tema del presente articolo che si articola nei seguenti momenti: 1) una breve rassegna critica della letteratura sulla tarda antichità; 2) il rapporto tra gli imperi – romano, bizantino e sasanide – della tarda antichità e il trionfo del monoteismo; 3) il concetto di hanifiyya. La conclusione è che il messaggio coranico trasmesso da Maometto ha diviso la storia in due parti: prima e dopo la venuta della verità. Late Antiquity describes a period of profound transformations that involved Europe, the Mediterranean world and the so-called Near East, from IV-V to VII-VIII centuries. This paradigm has now become widely used in Islamic studies, from Qurʾānic studies, where Angelika Neuwirth has extensively published in the past on the subject of the biblical underpinnings of the Qurʾānic revelation as a manifestation of late antique scripturalism, to historical studies related to the Qurʾān and pre-Islamic Arabia, as in Aziz al-Azmeh’s book The Emergence of Islam in Late Antiquity, which takes up the trend of scholarship established by Julius Wellhausen and Toufic Fahd. I completely agree with the need to put Islam and its historical, religious, philosophical birth and development in the context of the Late Antiquity, but what is at stake is to emphasize which themes made Islam a new religion with respect to Judaism and Christianity. This is the focus of the present paper which deals with: 1) a brief critical survey of the literature on Late Antiquity; 2) the relationship between the empires – Roman, Byzantine and Sasanid – of Late Antiquity and the triumph of monotheism; 3) the concept of hanifiyya. The conclusion is that the Qurʾānic message conveyed by Muhammad broke the history into two parts: before and after the coming of truth.
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Barker-Benfield, B. C. « Macrobius' Commentary - Mario Regali : Macrobio, Commento al Somnium Scipionis, Libro I : Introduzione, testo, traduzione e commento. (Biblioteca di Studi Antichi, 38.) Pp. 431 ; pi. 1. Pisa : Giardini, 1983. Paper. » Classical Review 37, no 2 (octobre 1987) : 195–97. http://dx.doi.org/10.1017/s0009840x00110339.

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Barker-Benfield, B. C. « Mario Regali (ed., tr.) : Macrobio, Commento al Somnium Scipionis, Libro II : Introduzione, testo, traduzione e commento. (Biblioteca di Studi Antichi, 58.) Pp. 235 ; 1 pl. Pisa : Giardini, 1990. Paper. » Classical Review 43, no 1 (avril 1993) : 178–79. http://dx.doi.org/10.1017/s0009840x00286526.

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Yerkes, Carolyn. « Libri di Diverse Antichità di Roma. Pirro Ligorio. Ed. Ian Campbell. Edizione Nazionale delle Opere di Pirro Ligorio. Rome : De Luca Editori d'Arte, 2016. xvi + 344 pp. €150. » Renaissance Quarterly 73, no 4 (2020) : 1341–42. http://dx.doi.org/10.1017/rqx.2020.229.

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Anderson, Graham. « P. R. Tiberga : Commento storico al libro V dellľ Epistolario di Q. Aurelio Simmaco. Introduzione, commento storico, testo, traduzione, indici. (Biblioteca di studi antichi, 67.) Pp. 298. Pisa, Giardini Editori, 1992. Paper, L. 90,000. » Classical Review 44, no 1 (avril 1994) : 214. http://dx.doi.org/10.1017/s0009840x00291464.

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Knox, Peter E. « Aetia 3–4 - (G.) Massimilla (ed., trans.) Callimaco. Aitia. Libro terzo e quarto. (Biblioteca di Studi Antichi 92.) Pp. 604. Pisa and Rome : Fabrizio Serra Editore, 2010. Paper, €245 (Cased, €490). ISBN : 978-88-6227-282-7 (978-88-6227-283-4 hbk). » Classical Review 62, no 1 (9 mars 2012) : 98–100. http://dx.doi.org/10.1017/s0009840x11003076.

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Mayer i Olivé, Marc. « La Edizione Nazionale delle Opere di Pirro Ligorio : el progreso de una empresa de gran proyección y alcance - PIRRO LIGORIO, a cura di IAN CAMPBELL, LIBRI DI DIVERSE ANTICHITÀ DI ROMA. LIBRI VI, X, XI, XII, XIV, XVI, XXXIV, XXXVI. OXFORD, BODLEIAN LIBRARY, MS. CANONICI ITAL. 138 (Edizione Nazionale delle Opere di Pirro Ligorio ; De Luca Editori d’Arte, Roma 2016). Pp. xv + 343. figs. 161. ISBN 978-88-6557-310-5. EUR 150. » Journal of Roman Archaeology 32 (2019) : 988–90. http://dx.doi.org/10.1017/s1047759419001120.

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Мингазов, Шамиль Рафхатович. « БУЛГАРСКИЕ РЫЦАРИ ЛАНГОБАРДСКОГО КОРОЛЕВСТВА ». Археология Евразийских степей, no 6 (20 décembre 2020) : 132–56. http://dx.doi.org/10.24852/2587-6112.2020.6.132.156.

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Résumé :
Настоящая работа является первым общим описанием на русском языке двух некрополей Кампокиаро (Кампобассо, Италия) – Виченне и Морионе, датируемых последней третью VII в. – началом VIII в. Культурное содержание некрополей показывает прочные связи с населением центральноазиатского происхождения. Важнейшим признаком некрополей являются захоронения с конем, соответствующие евразийскому кочевому погребальному обряду. Автор поддержал выводы европейских исследователей о том, что с большой долей вероятности некрополи оставлены булгарами дукса–гаштальда Алзеко, зафиксированными Павлом Диаконом в VIII в. на территориях Бояно, Сепино и Изернии. Аналогии некрополей Кампокиаро с погребениями Аварского каганата показывают присутствие в аварском обществе булгар со схожим погребальным обрядом. Из тысяч погребений с конем, оставленных аварским населением, булгарам могла принадлежать большая часть. Авары и булгары составляли основу и правящую верхушку каганата. Народ Алзеко являлся той частью булгар, которая в 631 г. боролась за каганский престол, что указывает на высокое положение булгар и их большое количество. После поражения эта группа булгар мигрировала последовательно в Баварию, Карантанию и Италию. Несколько десятков лет проживания в венедской, а затем в лангобардской и романской среде привели к гетерогенности погребального инвентаря, но не изменили сам обряд. Булгары лангобардского королевства составляли новый военный слой, который представлял из себя профессиональную кавалерию, получивший землю. Эта конная дружина является ранним примером европейского феодального воинского и социального сословия, которое станет называться рыцарством. Библиографические ссылки Акимова М.С. Материалы к антропологии ранних болгар // Генинг В.Ф., Халиков А.Х. Ранние болгары на Волге (Больше–Тарханский могильник). М.: Наука, 1964. С. 177–191. Амброз А.К. Кинжалы VI – VIII вв, с двумя выступами на ножнах // СА. 1986. № 4. С. 53–73. 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Résumé :
This essay examines the editorial principles and activity of the Venetian editor Anton Federigo Seghezzi (1706–1743) and investigates especially the construction of his monumental expansion of one of Italy’s earliest and most important anthologies of early lyric poetry, the 1527 Giuntina, in his 1731 and 1740 editions of the Rime di diversi antichi autori toscani in dodici libri raccolti.
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Cauzzi, Chiara. « Sul Fondo Dionisotti : criteri di catalogazione, interventi di conservazione e linee di ricerca future ». Versants. Revista suiza de literaturas románicas 2, no 66 (8 novembre 2019). http://dx.doi.org/10.22015/v.rslr/66.2.3.

Texte intégral
Résumé :
L’articolo descrive la composizione del Fondo Dionisotti della Biblioteca universitaria Lugano e le attività di gestione dei libri antichi, dedicando uno specifico approfondimento agli interventi di conservazione preventivi e ai criteri di catalogazione adottati. La varietà dei temi contenuti nel fondo consente una serie di riflessioni sugli interessi di studio di Dionisotti e, di conseguenza, sulle possibili linee di ricerca future, volte a ricostruire la sua figura di studioso e il suo operato nella prospettiva dei volumi che compongono il fondo. Il confronto tra l’editio princeps delle Prose della volgar lingua di Bembo e l’edizione moderna delle Prose, curata da Dionisotti nel 1931, si pone come caso di studio, che può testimoniare in maniera esemplare il modus operandi dello studioso. Keywords: Carlo Dionisotti, Fondo Dionisotti, Biblioteca universitaria Lugano (BUL), Pietro Bembo, catalogazione.
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Cosentino, Paola. « Apuleio, l’adulterio e la "Milesia" di Donato Giannotti ». Versants. Revista suiza de literaturas románicas 2, no 69 (14 novembre 2022). http://dx.doi.org/10.22015/v.rslr/69.2.4.

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Résumé :
Partendo dalla commedia fiorentina di inizio Cinquecento, il saggio prende in esame la Milesia di Giannotti collocandola a fianco degli analoghi esperimenti teatrali in versi realizzati da Jacopo Nardi e da Lorenzo Strozzi. Insieme ai testi comici antichi, l’opera sembra guardare alle novelle contenute nel IX libro delle Metamorfosi di Apuleio legate al tema dell’adulterio, tenendo altresì conto delle riscritture fornite da Boccaccio nel Decameron (V, 10 e VII, 2) e dal Mantovano nel Formicone. Keywords: Firenze, commedia cinquecentesca, Giannotti, Apuleio, adulterio
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Materni, Marta. « Il maestro del mosaico : voci «antiche e moderne» fra le coplas del Libro de Alexandre ». Atalaya, no 15 (31 décembre 2015). http://dx.doi.org/10.4000/atalaya.1542.

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Lopez, Maria Savi. « Akureyri ». Nordicum-Mediterraneum 1, no 2 (décembre 2006). http://dx.doi.org/10.33112/nm.1.2.6.

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Icelandic translation from the Italian description of the city of Akureyri at the end of the XIX century by an Italian woman, Maria Savi Lopez (Napoli, 1846 - 1940); a musician, writer, literary critic, teacher, translator of folk tales, she wrote also about pedagogy. Amongst her main works are: Leggende delle Alpi (Torino, Loescher 1889), Le donne italiane nel '300 (Firenze, Civelli, 1890), Fra le Ginestre (Napoli, Pierro, 1892), Leggende del mare (Torino, Loescher, 1894), Miti e leggende degli indigeni americani (Milano,1894), La dama bianca (Catania, Giannotta, 1899), Il poema di Gudrun (Roma, Unione Ed., 1913), S. Caterina da Siena (Milano, Alpes, 1924), Nei regni del sole. Antiche civiltà americane (Roma, Treves, 1926), Città morte - dal Messico all'Honduras (Firenze, Rinascimento del Libro, 1931).
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Marconi, Maurizio. « IL LIBRO DELLA CERTEZZA (KITĀB AL-YAQĪN) DI IBN ʿARABĪ. Edizione, traduzione e note a cura di Maurizio Marconi ». El Azufre Rojo, no 7 (20 janvier 2020). http://dx.doi.org/10.6018/azufre.410791.

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Riassunto: Questo testo è la prima traduzione in lingua occidentale del Libro della certezza, redatto da Ibn ʿArabī in una mattina dell’anno 602 H. mentre era in visita alla Moschea della Certezza, ad alcuni chilometri da Hebron. Il tema dell’opera non è la “nostra” certezza, che Ibn ʿArabī assimila alla convinzione, bensì la certezza in se stessa, intesa come una realtà intellegibile che è dotata di scienza, occhio, verità e realtà essenziale, e nell’esporre questa dottrina Ibn ʿArabī fa ampio ricorso alla scienza delle lettere. Data la loro rilevanza sull’argomento è stata annessa anche la traduzione di tre capitoli delle al-Futūḥāt al-Makkiyya. Il testo include inoltre una edizione araba dell’opera basata sui quattro manoscritti più antichi. Abstract: This text is the first translation in Western language of the Book of certainty, written by Ibn ʿArabī during a morning of the year 602 H. while visiting the Mosque of Certainty, some miles afar Hebron. The main subject of the work is not “our” certainty, which Ibn ʿArabī assimilates to conviction, but certainty in itself, considered as an intelligible reality provided with science, eye, truth and essential reality, and in the exposition of this doctrine Ibn ʿArabī has recourse to the science of letters. Due to their relevance to the subject, the translation of three chapters of the al-Futūḥāt al-Makkiyya has been annexed. The text includes also an Arabic edition of the work, based on the four oldest manuscripts.
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Marconi, Maurizio. « IL LIBRO DELLE RISPOSTE ARABE (KITĀB AL-AǦWIBA AL-ʿARABIYYA) DI IBN ʿARABĪ. Edizione, traduzione e note a cura di Maurizio Marconi ». El Azufre Rojo, no 7 (20 janvier 2020). http://dx.doi.org/10.6018/azufre.410911.

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Résumé :
Riassunto: Questo testo è la prima traduzione in lingua occidentale di un’opera poco nota di Ibn ʿArabī, redatta nel primo decennio della sua permanenza a Damasco per un amico che non riusciva a comprendere gli insegnamenti ricevuti dal suo Maestro e che aveva chiesto ad Ibn ʿArabī di spiegarli. Commentando frase per frase gli insegnamenti di quel Maestro Ibn ʿArabī espone le varie fasi della Via, dagli inizi fino a gradi elevati di realizzazione spirituale. La traduzione è accompagnata da copiose note che riportano passi analoghi di altre opere di Ibn ʿArabī, soprattutto delle al-Futūḥāt al-makkiyya. Il testo include inoltre una edizione araba dell’opera basata sui due manoscritti più antichi, confrontati, laddove necessario, con quattro manoscritti più recenti. Data la lunghezza del testo è stato inserito anche un indice analitico. Abstract: This text is the first translation in Western language of a little known work of Ibn ʿArabī, written during the first decade of his stay in Damascus for a friend who did not understand the teachings received from his Master, and who had asked Ibn ʿArabī to explain them. Providing a commentary, sentence by sentence, for the teachings of that Master, Ibn ʿArabī expounds the different stages of the way, from the beginnings up to high degrees of spiritual realization. The translation is provided with copious annotations, quoting similar passages drawn from other works of Ibn ʿArabī, mainly from the al-Futūḥāt al-makkiyya. The text includes also an Arabic edition of the work, based on the two oldest manuscripts, compared, when needed, with four later manuscripts. Due to the length of the work an analytical index has been added.
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Domenella Amadio, Ana Rosa. « Eldorado : Evocación Y Mito En La Narrativa De Inés Arredondo ». Xihmai 9, no 17 (10 août 2014). http://dx.doi.org/10.37646/xihmai.v9i17.232.

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El paisaje es la naturaleza amigada con el hombre. José Lezama Lima Los mapas despiertan las fantasí­as de las fronteras, y crean la ilusión de tener al mundo en un puño. Alejandro Rossi, La fábula de las regiones. A fines de la década de los años noventa, viajé a Culiacán, invitada por Dina Grijalva, por entonces Directora de la Escuela de Letras en la Universidad Autónoma de Sinaloa. El motivo era la inauguración de la Cátedra Inés Arredondo, con el propósito de darla a conocer a cí­rculos más amplios de lectores sinaloenses. Porque como afirma con razón la biógrafa y especialista en su obra, Claudia Albarrán, citada por Dina Grijalva en su Introducción: ”Más aplaudida que leí­da, más adulada que comprendida […] su obra continúa siendo un enigma por descifrar […]”. Sin embargo, en los últimos años han aparecido algunos libros y revistas dedicadas a su obra; y el libro Eldorado: evocación y mito en la narrativa de Inés Arredondo es un excelente pretexto para releer sus cuentos a la luz del acucioso análisis que elabora nuestra crí­tica. En aquella primera visita a la otrora región de los once rí­os, tuve la oportunidad de disfrutar de la cordialidad de la anfitriona quien preparó, con otras dos colegas, una excursión al famoso pueblo que bordea la mí­tica hacienda de Eldorado, espacio que Inés eligió, entre otros posibles, para recrear su infancia y que Dina Grijalva elige, a su vez, para convertirlo en el eje axial de su estudio en torno a nueve de los cuentos de Arredondo que se ambientan en la hacienda azucarera propiedad de la familia Redo-de la Vega, cuya construcción (de casco de hacienda y huertos aledaños) se inicia en 1900; años después, la familia fundadora huye al extranjero en los turbulentos años de la Revolución. Cuando Inés Arredondo visitaba en este lugar a sus abuelos maternos en las vacaciones escolares, ya no tení­a el esplendor de la época del Porfiriato, y cuando me llevaron a conocerlo, el deterioro era absoluto. La construcción de la casa principal, de dos plantas y amplias galerí­as, tení­a ventanas y puertas desvencijadas y con candado. En uno de los patios, un trabajador de rasgos orientales, como el personaje de ”Las palabras silenciosas”, analizado con lucidez por Grijalva, escogí­a entre los rizomas de jengibre. Quedaban en pie grandes árboles con lianas hasta el suelo, cubiertos de hierbas silvestres y hojas secas que contribuí­an al ambiente de abandono entre colores verdes y ocres. El libro que Dina le dedica a Eldorado en la narrativa de Arredondo, inicia con la cita de un poema de Edgar Allan Poe, que a su vez la autora utiliza como marco de su cuento ”Las mariposas nocturnas”. Escribió Poe: ”es celeste Eldorado y Tierra Santa”, pero también lo describe con ”una hechizada bruma” y ”una senda oscura y desolada”. Esa doble connotación de Paraí­so e Infierno remite a La Divina Comedia de Dante y Dina Grijalva lo retoma en la Introducción para anticipar el estudio de los personajes que lo habitan en sus cuentos y que recorren un periplo que inicia en la inocencia y el goce de un sitio edénico, hasta llegar a un estado de horror y locura, y al descubrimiento de un espacio interior, evocador de lo infernal. Para otra de las estudiosas citadas por la autora, Graciela Martí­nez-Zalce, ”Eldorado es el ámbito de la posibilidad infinita”. Para la autora sonorense, aquel espacio mitificado a través de la escritura ”fue creado, construido árbol por árbol, sombra tras sombra” por dos hombres -padre e hijo- en dos generaciones y lo que serí­a más importante: ”inventaron un paisaje, un pueblo y una manera de vivir” y su abuelo Francisco Arredondo contribuyó en ese proyecto. Lo que la escritora resalta es la voluntad y el lujo de ”hacer” por sobre el lujo de ”tener”. De los nueve cuentos trabajados, seleccionados de los tres volúmenes de cuentos de Arredondo, el primero es ”Estí­o”, el que inicia su libro La señal (1965). La crí­tica lo denomina como ”perturbador”, al abordar a una madre deseante de su hijo adolescente (o el descubrimiento de ese oscuro deseo en unas vacaciones del hijo y su amigo entre playa, rí­o, huertas y mucho calor). Dina Grijalva propone leer ”Estí­o” como una especie de secuencia temporal de otro cuento del volumen, ”El árbol”, donde se narra la muerte accidental de Lucano Armenta luego de haber plantado un árbol para celebrar el nacimiento de su hijo y la locura que el dolor desata en la joven viuda, porque la muerte -como escribí­a Simone de Beauvoir- es siempre una ”violencia indebida”. Aquel huérfano serí­a Román, el que despierta la tentación del incesto, ”uno de los polos ideales de todo amor” según las palabras de Tomás Segovia que Grijalva elige como epí­grafe de su ensayo. ”El membrillo” fue el primer cuento que escribió Arredondo en 1955, a raí­z de la muerte de su segundo hijo (tuvo cuatro en su matrimonio con Segovia). ”Yo estaba francamente mal,” recuerda en una entrevista y también reconoce que le costaba mucho escribir y que ”gracias a Dios” no tení­a ninguna facilidad para hacerlo. De allí­ la brevedad de su obra, pero también el moroso trabajo con la escritura, que analiza su crí­tica en una prosa que fluye y convence. En este primer relato sobre amores y desencuentros de adolescentes, la pérdida de la inocencia no conduce a la muerte y la locura; como es el caso de los cuentos siguientes, ”Olga” y ”Mariana”. El estudio se centra en ese amor-pasión que estalla en un supuesto espacio edénico y que nos lleva a recordar una afirmación de Roland Barthes en Fragmentos de un discurso amoroso: ”La carga moral, decidida por la sociedad para todas las transgresiones, golpea todaví­a más hoy a la pasión que al sexo”. Para la propia Inés Arredondo ”la pasión que lo llena todo no obedece a las leyes de la Naturaleza sino a las del espí­ritu”, y Dina Grijalva elige estas palabras como epí­grafe para su análisis. Del segundo libro de Arredondo, Rí­o subterráneo (1979), que ganó el premio Xavier Villaurrutia, la autora analiza un cuento menos conocido, ”Silenciosas palabras”, cuyo protagonista es un inmigrante chino que vive y trabaja en Eldorado, está casado con una mujer del lugar que no lo comprende y tiene tres hijos que solo piensan en heredar sus tierras, que sin embargo pertenecen al hacendado Don Hernán, quien a veces lo llama Confucio o Li Po o le regala un libro de Thomas de Quincey. Con estos referentes y los poemas que Manuel cita para responder a su mujer, se teje un rico tapiz intertextual y multicultural en la escritora sinaloense y un cuidadoso estudio de fuentes por parte de su crí­tica, quien deduce que el libro regalado del culto hacendado a su trabajador oriental serí­a Confesiones de un comedor de opio, ya que Manuel, además de verduras (”velulas”) y flores, cultiva adormideras. Si en este cuento se tiene como trasfondo la injusta campaña antichina en época del Callismo, en ”Rí­o subterráneo” irrumpe la violencia revolucionaria en la vida y en la propiedad de los cuatro hermanos que protagonizan el relato, cercados desde tiempo atrás por la soledad, la locura y el deseo incestuoso. La historia se construye a partir de una carta que la hermana menor escribe a su sobrino para evitar que llegue a la casa de la majestuosa escalera que desciende hacia el rí­o y tratar de salvarlo del trágico destino familiar. Dina Grijalva realiza una lectura lograda y convincente de este famoso cuento de Arredondo, en diálogo intratextual con otros relatos y reconoce la maestrí­a de la autora para abordar oscuras pulsiones, donde la belleza se une al horror a través del discurso artí­stico. Otro cuento de perversiones y voluptuosidades que se incluye es ”Las mariposas nocturnas”, donde según nuestra crí­tica, se ”entretejen diversos géneros narrativos: misterio, suspenso, crónica de viaje y relato de educación” y, a la vez, son parodiados en sus versiones canónicas. El punto de vista elegido para contar la historia de la joven convertida en Lí­a es el del celoso Lótar, sirviente y amante de Don Hernán, que no comprende su decisión final de abandonar la hacienda y a su culto y perverso seductor, despreciando las joyas y las comodidades, pero dueña ya de su vida y con un acervo cultural conseguido a través de viajes, lecturas y museos. Del tercer y último libro de Arredondo, Los espejos (1988), Dina Grijalva estudia el primero y el último, ”Sombra entre sombras”, en el que me detendré brevemente. Elige un epí­grafe de Thomas Mann muy apropiado al tema del relato: ”Tal vez de lo monstruoso florezca lo perfecto”. Temas recurrentes, pero de diversa factura narrativa, incluyen la tensión entre lo bello y lo monstruoso, ”la ética y la estética de la perversión, la búsqueda del amor-pasión como absoluto”. En este terrible relato de Arredondo, afirma nuestra crí­tica, ”lo siniestro y lo perverso lindan con lo bello por ví­a del amor”. La vida de Laura, desde la cual se focaliza el cuento, transcurre desde los 15 años en que se casa (con anuencia de su madre-celestina) con el rico y con fama de perverso don Ermilo Paredes, de 48 años, hasta los 72 años, ya viuda y presa, ahora por ”amor”, de los delirios de su amante Samuel en orgí­as donde ella es la única mujer y la rodean múltiples y sucesivos ”Ermilos” que contrata Samuel para intentar reproducir antiguas bacanales. En sucesivos descensos vitales, Laura se va alejando de la alegrí­a del sol y de la luminosidad de las telas y las joyas y se convierte en una especie de sacerdotisa de ”la luna siniestra y menguante” en una casa saqueada y envilecida. Laura no se queja de ese ”naufragio que es la vejez”, según Montaigne, ni de su boca desdentada y de las heridas de su cuerpo durante las orgí­as, ni de la sordidez de la antigua mansión, sino de no poder retener a su amado Samuel, ahora de 58 años, solo para ella. Finalizo recomendando, ampliamente, la lectura y la consulta del libro de Dina Grijalva que hoy nos convoca y compartiendo esta reflexión de Piglia, quien escribe: ”El crí­tico como el detective, trata de descifrar un enigma. El gran crí­tico es un aventurero que se mueve entre los textos buscando un secreto que a veces no existe.” [1] Doctora en Literatura Hispánica por El Colegio de México. Profesora-investigadora del Área de Literatura Hispanoamericana del Departamento de Filosofí­a de la Universidad Autónoma Metropolitana-Iztapalapa. Autora de numerosos artí­culos sobre literatura mexicana e hispanoamericana y de los libros Jorge Ibargüengoitia: ironí­a, humor y grotesco. ”Los relámpagos desmitificadores” y otros ensayos crí­ticos (2011) y Jorge Ibargüengoitia: la transgresión por la ironí­a (1989); coordinadora de diversos volúmenes de crí­tica literaria, entre los que destacan (Re)escribir la historia desde la novela de fin de siglo: Argentina, Caribe, México (2002), Territorio de leonas: cartografí­a de narradoras mexicanas en los noventa (2001) y Las voces olvidadas. Antologí­a crí­tica de narradoras mexicanas nacidas en el siglo XIX (en colaboración con Nora Pasternac, 1991). ardomenella@gmail.com
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Kitaev, Sergey, Jeffrey Liese, Jeffrey Remmel et Bruce Sagan. « Rationality, irrationality, and Wilf equivalence in generalized factor order ». Discrete Mathematics & ; Theoretical Computer Science DMTCS Proceedings vol. AK,..., Proceedings (1 janvier 2009). http://dx.doi.org/10.46298/dmtcs.2688.

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Résumé :
International audience Let $P$ be a partially ordered set and consider the free monoid $P^{\ast}$ of all words over $P$. If $w,w' \in P^{\ast}$ then $w'$ is a factor of $w$ if there are words $u,v$ with $w=uw'v$. Define generalized factor order on $P^{\ast}$ by letting $u \leq w$ if there is a factor $w'$ of $w$ having the same length as $u$ such that $u \leq w'$, where the comparison of $u$ and $w'$ is done componentwise using the partial order in $P$. One obtains ordinary factor order by insisting that $u=w'$ or, equivalently, by taking $P$ to be an antichain. Given $u \in P^{\ast}$, we prove that the language $\mathcal{F}(u)=\{w : w \geq u\}$ is accepted by a finite state automaton. If $P$ is finite then it follows that the generating function $F(u)=\sum_{w \geq u} w$ is rational. This is an analogue of a theorem of Björner and Sagan for generalized subword order. We also consider $P=\mathbb{P}$, the positive integers with the usual total order, so that $\mathbb{P}^{\ast}$ is the set of compositions. In this case one obtains a weight generating function $F(u;t,x)$ by substituting $tx^n$ each time $n \in \mathbb{P}$ appears in $F(u)$. We show that this generating function is also rational by using the transfer-matrix method. Words $u,v$ are said to be Wilf equivalent if $F(u;t,x)=F(v;t,x)$ and we can prove various Wilf equivalences combinatorially. Björner found a recursive formula for the Möbius function of ordinary factor order on $P^{\ast}$. It follows that one always has $\mu (u,w)=0, \pm 1$. Using the Pumping Lemma we show that the generating function $M(u)= \sum_{w \geq u} | \mu (u,w) | w$ can be irrational. Soit $P$ un ensemble partiellement ordonné. Nous considérons le monoïde libre $P^{\ast}$ de tous les mots utilisant $P$ comme alphabet. Si $w,w' \in P^{\ast}$, on dit que $w'$ est un facteur de $w$ s'il y a des mots $u,v$ avec $w=uw'v$. Nous définissons l'ordre facteur généralisé sur $P^{\ast}$ par: $u \leq w$ s'il y a un facteur $w'$ de $w$ ayant la même longueur que $u$ tel que $u \leq w'$, où la comparaison de $u$ avec $w'$ est faite lettre par lettre utilisant l'ordre en $P$. On obtient l'ordre facteur usuel si on insiste que $u=w'$ ou, ce qui est la même chose, en prenant $P$ comme antichaîne. Pour n'importe quel $u \in P^{\ast}$, nous démontrons que le langage $\mathcal{F}(u)=\{w : w \geq u\}$ est accepté par un automaton avec un nombre fini d'états. Si $P$ est fini, ça implique que la fonction génératrice $F(u)=\sum_{w \geq u} w$ est rationnelle. Björner et Sagan ont démontré le théorème analogue pour l'ordre où, en la définition au-dessus, $w'$ est un sous-mot de $w$. Nous considérons aussi le cas $P=\mathbb{P}$, les entiers positifs avec l'ordre usuel, donc $P^{\ast}$ est l'ensemble des compositions. En ce cas on obtient une fonction génératrice pondéré $F(u;t,x)$ en remplaçant $tx^n$ chaque fois on trouve $n \in \mathbb{P}$ en $F(u)$. Nous démontrons que cette fonction génératrice est aussi rationnelle en utilisant la Méthode Matrice de Tranfert. On dit que let mots $u,v$ sont Wilf-équivalents si $F(u;t,x)=F(v;t,x)$. Nous pouvons démontré quelques équivalences dans une manière combinatoire. Björner a trouvé une formule récursive pour la fonction Möbius de l'ordre facteur usuel sur $P^{\ast}$. Cette formule implique qu'on a toujours $\mu (u,w)=0, \pm 1$. En utilisant le Lemme de Pompage, nous démontrons que la fonction génératrice $M(u)= \sum_{w \geq u} | \mu (u,w) | w$ peut être irrationnelle.
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