Articles de revues sur le sujet « Legislazione nazionale »

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del Federico, Lorenzo. « Osservatorio tributario : legislazione, giurisprudenza e prassi ». RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, no 19 (février 2018) : 168–72. http://dx.doi.org/10.3280/dt2017-019007.

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L'osservatorio tributario nazionale presenta i provvedimenti di legge, le decisioni giurisprudenziali e le prassi maggiormente significativi del periodo di riferimento, riportando un breve commento a corredo dei testi pubblicati
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Chiaromonte, William. « Welfare locale e immigrazione. Il contenzioso sulla legislazione regionale in materia di integrazione degli stranieri ». GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no 132 (novembre 2011) : 657–96. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2011-132005.

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Il saggio, dopo una ricostruzione in chiave storico-evolutiva della disciplina nazionale in materia di immigrazione, illustra le tre stagioni della legislazione regionale che si sono succedute, a partire dagli anni '90 dello scorso secolo, a disciplinare l'integrazione degli stranieri. Viene, quindi, preso in esame il contenzioso insorto fra Stato e Regioni dopo la riforma costituzionale del 2001 ed avente ad oggetto principalmente il riparto di competenze in materia di immigrazione, la progressiva estensione del campo di applicazione soggettivo delle legislazioni regionali - fino a riconoscere alcuni diritti sociali fondamentali anche agli stranieri irregolari ed ai «neocomunitari» - ed il ruolo ritagliatosi dalle Regioni in alcuni ambiti di presunta competenza nazionale. L'Autore conclude constatando da un lato un significativo rafforzamento, sospinto dalla giurisprudenzadella Corte costituzionale, delle competenze regionali in materia di inclusione sociale degli stranieri, persino irregolari, nonostante il tentativo governativo di limitarne il raggio di azione, e paventando dall'altro, quale conseguenza di tale consolidamento di attribuzioni, il rischio concreto di una notevole differenziazione della qualitŕ dell'integrazione a livello territoriale (regionale ma anche infra-regionale), anche a causa della latitanza dello Stato quale soggetto riequilibratore.
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Ferrante, Vincenzo. « Lavoro decente e responsabilità delle imprese multinazionali per le produzioni delocalizzate : Panorama della legislazione italiana ». Lex Social : Revista de Derechos Sociales 10, no 2 (8 juillet 2020) : 224–52. http://dx.doi.org/10.46661/lexsocial.5070.

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Il saggio, che prende spunto dal Convegno organizzato dall’Università di Alcalà nel dicembre del 2019 “Estándares laborales y responsabilidad de las empresas multinacionales. Desafíos en un mundo global”, esamina la legislazione italiana diretta a garantire che le imprese multinazionali aventi sede nello Stato realizzino scambi commerciali su una base equa, vigilando sulle società controllate estere, per assicurare che queste rispettino i core labour standards previsti dall’OIL e dalle altre organizzazioni internazionali. A differenza della legislazione di altri paesi europei, manca in Italia una norma che imponga un obiettivo siffatto, forse a ragione del fatto che la vasta diffusione del lavoro sommerso ha imposto al legislatore di concentrarsi sui fenomeni di sfruttamento che si manifestano nei confini nazionali (anche se si rileva come la trasposizione delle direttive che hanno riguardo a questo obiettivo non sempre è correttamente avvenuta). In attesa che venga a maturare una norma di diritto internazionale universalmente riconosciuta che faccia divieto di commerciare un qualunque bene, quando esso sia stato prodotto attraverso lo sfruttamento schiavistico di altri uomini, l’A. si concentra sulla legislazione relativa alle società commerciali, su quella che regola gli appalti privati e sulla disciplina europea del commercio alimentare, per verificare se le norme già esistenti in materia non consentano al giudice nazionale, opportunamente sollecitato, di reprimere lo sfruttamento che avvenga al di fuori dei confini nazionali, in virtù degli obblighi assunti dalle singole società nei confronti dei propri soci e dei consumatori.
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Guzzo, Pier Giovanni. « Ostacoli per una legislazione nazionale della tutela dell’archeologia dopo l’Unità ». Mélanges de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée 113, no 2 (2001) : 539–47. http://dx.doi.org/10.3406/mefr.2001.9809.

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Canfora, Irene. « La normativa speciale dell’impresa agricola nel quadro di un sistema agroalimentare sostenibile in Europa ». Przegląd Prawa Rolnego, no 1(30) (8 juin 2022) : 45–55. http://dx.doi.org/10.14746/ppr.2022.30.1.4.

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Il saggio analizza l’evoluzione della legislazione italiana dell’impresa agricola in relazione agli sviluppi delle politiche agricole europee. Il saggio evidenzia che, sia la normativa europea che quella nazionale nei più recenti sviluppi confermano la specialità del diritto agrario, finalizzato alla conservazione delle attività agricole e del territorio rurale, così come al funzionamento della filiera agroalimentare al cui interno l’attività produttiva agricola europea rappresenta un anello essenziale.
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Di Natale, Anna. « Aspetti normativi e legislazione fitosanitaria a sostegno della difesa eco-sostenibile delle colture ». Bullettin of the Gioenia Academy of Natural Sciences of Catania 52, no 382/SFE (22 décembre 2019) : DECA5—DECA9. http://dx.doi.org/10.35352/gioenia.v52i382/sfe.79.

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La normativa europea e nazionale in materia fitosanitaria si è inizialmente interessata alla tutela della salute dei consumatori, regolamentando soprattutto la produzione e la commercializzazione dei prodotti fitosanitari e considerando i loro residui negli alimenti. Successivamente, la legislazione europea ha considerato anche l'impatto delle sostanze chimiche contenute nei formulati commerciali nei confronti dell'operatore e dell’ambiente. Inoltre, con l'approvazione della Direttiva 128 del 2009, che "istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi", per la prima volta ne viene regolamentato l'impiego, stabilendo principi comuni per un loro utilizzo razionale e sicuro. Con questa importante direttiva, si definiscono dei Piani di Azione Nazionale (PAN) per promuovere l'utilizzo di prodotti fitosanitari maggiormente sostenibili e fornire indicazioni per ridurre il loro impatto in ambito agricolo, extra agricolo e in aree naturali protette. In tale contesto, vengono illustrati e discussi i criteri di applicazione e il quadro normativo di riferimento più aggiornato.
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de Stefani, Lorenzo. « "Devesi parlare al popolo". Toponomastica risorgimentale e lapidi commemorative nel dibattito in consiglio comunale a Milano, 1859-1878 ». STORIA URBANA, no 132 (février 2012) : 53–81. http://dx.doi.org/10.3280/su2011-132003.

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Il saggio affronta il tema della toponomastica come strumento di rafforzamento del sentimento nazionale dopo l'annessione di Milano al regno di Sardegna e successivamente allo stato italiano. Sono stati presi in considerazione i dibattiti in seno al Consiglio comunale circa il valore evocativo della titolazione delle strade ai principali simboli del Risorgimento nazionale e ai personaggi eccellenti nel campo delle lettere, delle arti, delle scienze, con particolare riferimento a quelli, nati a Milano o qui provvisoriamente residenti in qualche tempo, che hanno influenzato la vita civile, artistica e letteraria della cittŕ. L'operazione di "costruzione della memoria" lega insieme la necessitŕ di razionalizzare e modernizzare la cittŕ che si apprestava a diventare la "capitale morale" dello stato unitario (come confermato nella legislazione comunale e provinciale del 1865) con la preoccupazione di tenere vive le memorie locali, da far convivere in armonia con l'azione di costruzione della nazione dal punto di vista della lingua e delle memorie collettive. Ciň si unisce alla determinazione di celebrare i principali eventi della storia civile affiggendo lapidi come sintesi di un compendio della storia locale da offrire per la costruzione del popolo.
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Howe, Martin. « Reflections on the Italian Law for the Protection of Competition and the Market ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 135–45. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345081.

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Résumé :
Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato è oggetto di grande interesse nel Regno Unito, a motivo dell’intenzione del governo di modificare il sistema britannico di regolamentazione della concorrenza, soprattutto per quanto riguarda i cartelli.La nuova legge deve ancora essere presentata, ma un libro bianco è stato preparato dal governo.La necessità di cambiare la legislazione al riguardo è emersa, in parte, perché essa è piuttosto antica (la prima legge è del 1948) e per vari aspetti inefficace, ed in parte per la difficoltà di conciliarla con la regolamentazione comunitaria.L’industria britannica teme che la diversità tra sistema nazionale e sistema comunitario di tutela della concorrenza possa tradursi in procedure concorrenti e con risultati discordanti, cosa che metterebbe in svantaggio le imprese britanniche rispetto a quelle degli altri partners comunitari.È rimarchevole il fatto che la legge italiana sia non soltanto modellata sulla base della legge comunitaria, ma che essa affermi che la legge nazionale non sarà applicata quando la Comunità europea abbia giurisdizione.Nel Regno Unito, invece, si insiste sulla possibilità di compiere indagini a livello nazionale, pur accettando il primato della legislazione comunitaria, in caso di contrasto. Si ammette che pratiche o accordi vietati dalla Commissione non possono essere consentiti, ma si sostiene che possono essere vietati, a livello nazionale, accordi e pratiche ammessi a livello comunitario.Peraltro, l’apparentemente chiara distinzione contenuta nella legge italiana tra i compiti della legislazione nazionale e quelli della legislazione comunitaria rischia di venir meno tutte le volte che i due ordinamenti interpreteranno le leggi in modo diverso. Questa possibility era stata alla base dell’opposizione del Regno Unito al conferimento alla Commissione europea della giurisdizione esclusiva per le fusioni di «dimensione comunitaria».Il sistema britannico è basato sul concetto di «interesse pubblico», che è per sua natura impreciso, anche se esso viene applicato in modo pragmatico e flessibile, cosa da non sottovalutare se si tiene conto del fatto che in questo campo le opinioni convenzionalmente accolte possono cambiare.Vi sono tuttavia numerosi vantaggi in un sistema che, come quello italiano, è basato su proibizioni, e di essi tiene conto il libro bianco governativo: dà messaggi più chiari alle industrie su cosa sia consentito, conferisce poteri investigativi più precisi all’Autorità della concorrenza e può anche stabilire sanzioni per comportamenti illegali, con possibili effetti deterrenti.L’Autorità italiana dovrebbe dare assoluta priorità alla eliminazione degli accordi decisamente anti-concorrenziali, come quelli diretti alla fissazione dei prezzi, alle domande ed offerte concordate, ed alla suddivisione del mercato. Si tratta di accordi che hanno raramente una giustificazione di carattere efficientistico o di altra natura.I cartelli su cui è necessario concentrarsi sono quelli di carattere orizzontale, mentre i cartelli verticali non sembrano rilevanti, almeno di regola. Pertanto, l’avere inserito anche i cartelli verticali nella legislazione italiana (conformemente a quella europea) complica molto il lavoro dell’Autorità (a motivo dell’intenso lavoro burocratico che ne conseguira) senza effettivamente contribuire alla tutela della concorrenza, che potrebbe in questo caso avvenire attraverso il ricorso alla categoria dell’abuso di posizione dominante.Per quanto riguarda le concentrazioni, sebbene quelle orizzontali siano il modo più semplice mediante cui si può giungere all’abuso di posizione dominante, bisogna riconoscere che esse costituiscono una parte molto controversa della politica della concorrenza. Vi è il problema di stabilire le dimensioni della concentrazione da sottoporre a controllo, nonché quello della prevalenza di altre considerazioni, attinenti, per esempio, alla promozione dello sviluppo regionale, rispetto ai principii della concorrenza.A proposito delle concentrazioni, bisogna distinguere il caso in cui le attività in questione siano esposte alla concorrenza internazionale da quello in cui non lo siano. In quest’ultimo caso, gli effetti delle concentrazioni devono essere esaminati con attenzione maggiore, per verificare se possano aver luogo benefici sotto il profilo di una maggiore efficienza o sotto altri aspetti. Si tratta, comunque, di valutazioni molto complesse, che non possono risolversi con una semplice formula circa il tasso di concentrazione.La repressione dell’abuso di posizione dominante è indubbiamente una parte essenziale della legislazione per la tutela della concorrenza. Tale è quindi anche nel Regno Unito, dove peraltro l’inesistenza di proibizioni rende difficile ottenere effetti deterrenti. Peraltro, un limite all’accoglimento del sistema previsto dall’art. 86 del Trattato CEE (così come del corrispondente articolo 3 della legge italiana) è costituito dalla difficoltà di definire l’«impresa dominante” e, ancor più, l’«abuso», con la conseguenza che si rischia di rendere ancora più difficile la vita delle imprese, che si troverebbero di fronte al divieto di compiere atti «illegali” che non sono precisamente definiti.Sebbene siano state numerose nel Regno Unito le indagini in materia di abuso di posizione dominante, nella maggior parte dei casi esse hanno condotto alla conclusione della loro infondatezza. È probabile che l’Autorità italiana abbia esperienze analoghe.Per quanto possano essere diverse, da Paese a Paese, le leggi sulla concorrenza e gli stessi ordinamenti, nonché i sistemi economici e sociali, è sorprendente la somiglianza tra i problemi che le autorità responsabili della tutela della concorrenza si trovano di fronte.
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Menis, Claudio. « Les rapports entre le droit communautaire et la nouvelle loi italienne relative à la protection de la concurrence ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 79–92. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344974.

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Résumé :
Abstract La nuova legge italiana sulla concorrenza s’inserisce in un contesto economico e giuridico caratterizzato dall’esistenza del diritto comunitario della concorrenza, che è applicable a tutti i comportamenti delle imprese che producono effetti nella Comunità economica europea.Il diritto comunitario non esclude che gli Stati membri introducano leggi nazionali per la protezione della concorrenza, che anzi possono coesistere legittimamente con il diritto comunitario e anche svolgere un ruolo importante in seno alla Comunità.Pertanto, è utile esaminare quale sia l’incidenza del diritto comunitario della concorrenza sulla legge italiana e, inoltre, quale sia il ruolo che la legge italiana può svolgere per contribuire ad assicurare il buon funzionamento del mercato comune.In primo luogo, è necessario esaminare i rapporti tra gli articoli 85 e 86 del Trattato CEE e i diritti nazionali della concorrenza.Tali articoli si applicano esclusivamente ai comportamenti delle imprese che sono suscettibili d’influenzare gli scambi commerciali tra Stati membri. Essi non hanno quindi il compito di sostituirsi ai diversi diritti nazionali della concorrenza ma, al contrario, lasciano aperta agli Stati membri la possibilità di emanare norme specifiche per il controllo delle imprese i cui comportamenti hanno effetto nei rispettivi territori nazionali.Peraltro, secondo quanto ha stabilito nel 1969 la Corte di Giustizia delle Comunità europee, l’applicazione parallela del diritto comunitario e del diritto nazionale non può essere ammessa che nella misura in cui non pregiudichi l’applicazione uniforme, in tutto il mercato comune, delle norme comunitarie.Tra i diversi casi possibili, quelli in cui le autorità nazionali possono agire sono sia il caso in cui la Commissione abbia ritenuto di vietare gli accordi o le pratiche in discussione, ed in cui un divieto a livello nazionale potrebbe contribuire ad elevare le sanzioni nei riguardi dell’impresa incriminata (pur tenendosi conto del fatto che per motivi di equità le sanzioni cumulate non possono superare un certo livello), sia il caso in cui la Commissione abbia dichiarato che un accordo o una pratica non rientrano nel campo d’applicazione degli articoli 85 o 86; in quest’ultimo caso, secondo la dottrina prevalente, un’attestazione negativa non priverebbe le autorità nazionali del diritto di applicare la loro legislazione sulla concorrenza. Un caso analogo è quello in cui la Corte, con una speciale lettera amministrativa (lettre de classement), abbia espresso l’opinione di non dover intervenire in applicazione dell’art. 85, e nel quale le autorità nazionali possono applicare le loro norme più ristrette.Per quanto riguarda, poi, il regolamento comunitario attinente alle concentrazioni nei suoi rapporti con i diritti nazionali di concorrenza, esso non determina il suo campo di applicazione sulla base dell’influenza esercitata sugli scambi tra Stati membri, ma in funzione del criterio della dimensione comunitaria dell’operazione di concentrazione. In questo caso, contrariamente a quanto accade per l’applicazione degli articoli 85 ed 86 del Trattato CEE, viene escluso qualsiasi intervento dei sistemi nazionali nei riguardi delle concentrazioni di dimensione comunitaria (con due eccezioni: quando la concentrazione rischia di determinare una «posizione dominante” all’interno di uno Stato membro e quando uno Stato membro intenda assicurare la protezione di interessi legittimi che non sono tutelati dal regolamento comunitario).Gli Stati membri possono, invece, applicare la loro legislazione alle concentrazioni che non abbiano dimensione comunitaria.Tutto quanto precede riguarda i rapporti tra normative CEE e diritti nazionali degli Stati membri. Vediamo adesso la posizione della legge italiana con riguardo al diritto comunitario della concorrenza.A questo riguardo, vi sono alcune difficoltà interpretative. Infatti, secondo il primo comma dell’art. l della legge, quest’ultima si applicherebbe alle intese, agli abusi di posizione dominante ed alle concentrazioni d’imprese che non ricadono nell’ambito di applicazione delle norme comunitarie. Pertanto, l’Autorità italiana, dopo aver constatato che un caso sottopostole non rientra nell’ambito di applicazione della legge, ne informa la Commissione delle Comunità europee, trasmettendole tutte le informazioni in suo possesso.Se ci si attenesse, quindi, ai due primi’ paragrafi, si potrebbe ritenere che la legge italiana non possa mai essere applicata a casi che rientrano nella competenza del diritto comunitario della concorrenza; tale limitazione del diritto italiano della concorrenza, come si è visto, non è richiesta dal diritto comunitario (salvo per le concentrazioni di dimensione comunitaria).Il terzo paragrafo dell’art. 1, tuttavia, sembra introdurre un’eccezione a questa limitazione, affermando che, per quanto riguarda i casi per i quali la Commissione delle Comunità europee ha gia iniziato una procedura, l’Autorità italiana deve sospendere l’istruttoria, «salvo per gli eventuali aspetti di esclusiva rilevanza nazionale».Due interpretazioni sono possibili: che gli «aspetti di esclusiva rilevanza nazionale” si riferiscano soltanto a comportamenti che non sono suscettibili d’influenzare gli scambi tra Stati, oppure che si riferiscano anche a comportamenti che possono influenzare tali scambi e, di conseguenza, la legge italiana potrebbe applicarsi anche a comportamenti che rientrano nel diritto comunitario della concorrenza. In quest’ultimo caso potrebbe esservi un’applicazione parallela dei due ordinamenti della concorrenza, sempre con il rispetto del primato del diritto comunitario (salvo che per le concentrazioni di dimensione nazionale).Sara compito dell’Autorità scegliere tra queste due possibili interpretazioni.
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Lopez de Gonzalo, Marco. « Navigare nell'emergenza : crociere e COVID-19 ». RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, no 30 (septembre 2020) : 424–34. http://dx.doi.org/10.3280/dt2020-030024.

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Il settore delle crociere è stato duramente colpito dall'epidemia COVID-19. Le conseguenze di tale epidemia devono essere valutate in base alla direttiva (UE) 2015/2302 ed alla legislazione nazionale di emergenza. L'operatore di crociere può essere responsabile nei confronti dei passeggeri che siano stati contagiati a bordo; la responsabilità può essere evitata con la dimostrazione di avere adottato tutte le ragionevoli cautele. Il programma della crociera può essere sostanzialmente modificato; l'operatore di crociere deve predisporre alternative, ma ciò può risultare difficile in pratica. Le crociere possono essere cancellate, dall'operatore o dal passeggero; dovrebbe essere fornito un rimborso integrale ed è dibattuto se tale rimborso possa essere sostituito da un voucher.
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Vegliante, Angela. « Una breve storia dell’adozione ». Mnemosyne, no 8 (15 octobre 2018) : 13. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i8.13933.

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L’adozione, e cioè la pratica che consente di creare un legame giuridico tra soggetti che generalmente non sono legati da vincoli di sangue, è stata conosciuta fin dall’antichità. Molto diffusa in epoca romana, aveva lo scopo di assicurare la succession nel patrimonio e il culto dei Lari. Quasi dimenticata nel Medio Evo, divenne di nuovo popolare nel XVII secolo e fu infine disciplinata nel Codice Napoleonico, che ne influenzò la regolamentazione in diversi Paesi europei. L’adozione ‘moderna’ e cioè l’adozione di minori, ebbe inizio dal punto di vista giuridico molto più tardi, negli Stati Uniti e in Europa fu disciplinata verso la metà del secolo XX. La legislazione in questa materia è attualmente molto vasta e dettagliata, a livello sia nazionale che internazionale. Dal momento che le adozioni, e soprattutto le adozioni internazionali sono diventate sempre più diffuse, diverse convenzioni internazionali sono state adottate per garantire la protezione dei diritti dei minori e per promuovere la cooperazione e la facilitazione delle procedure a livello nazionale e internazionale.
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Costantino, Laura. « Politiche europee e nazionali di contrasto allo spreco alimentare nella produzione primaria : analisi e prospettive future ». Przegląd Prawa Rolnego, no 2(23) (15 décembre 2018) : 141–48. http://dx.doi.org/10.14746/ppr.2018.23.2.10.

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Lo scopo dell’articolo è di presentare la regolamentazione del mercato agricolo in Nicaragua e di indicare soluzioni giuridiche che potrebbero contribuire a superare una distribuzione iniqua delle risorse economiche derivanti dall’attività agricola nazionale all’interno della filiera alimentare. In particolare, si tratta di individuare scappatoie giuridiche che contribuiscono ad una distribuzione iniqua delle risorse nel regime nicaraguense di approvvigionamento per i prodotti agroalimentari e di proporre soluzioni alternative per la loro eliminazione alla luce della scienza del diritto agrario. Secondo l’autore, la principale difficoltà per il produttore agricolo nicaraguense è il processo di commercializzazione dei prodotti sul mercato dei prodotti agricoli dell’America centrale e del Nicaragua nonché carenze normative in questo ambito. Il Sistema dell’integrazione centroamericana (SICA), vincolante nella maggior parte dei paesi della regione, da un lato contiene regolazioni giuridiche complete sull’agricoltura, dall’altro non corrisponde pienamente alla struttura moderna della filiera agroalimentare. In pratica, la legislazione regionale e nazionale è soggetta a frequenti cambiamenti e non protegge in modo sufficiente il produttore agricolo in ogni fase di produzione. Un’alternativa sarebbe quella di introdurre cambiamenti a livello regionale, sotto forma di aree di libero scambio e di attuare la politica agricola comune da parte dei Paesi dell’America centrale.
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Hassemer, Chiara. « Ambiente e territorio in una prospettiva europea e italiana. » Veredas do Direito : Direito Ambiental e Desenvolvimento Sustentável 12, no 23 (30 octobre 2015) : 17. http://dx.doi.org/10.18623/rvd.v12i23.462.

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La produzione normativa in materia di politiche ambientali e territoriali della attuale legislatura italiana è prevalentemente contenuta in decreti legge e decreti legislativi, emanati anche al fine di adeguare l'ordinamento nazionale alla legislazione europea.Le tematiche ambientali sono presenti anche nei documenti di bilancio (eco bilancio ed eco rendiconto) e nell'ambito dei documenti di economia e finanza (DEF), che recano specifiche sezioni dedicate proprio allo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (cd. Allegato "Kyoto").Inoltre nella nuova programmazione dei fondi strutturali per il periodo 2014-2020 è presente una particolare attenzione alla tutela e alla valorizzazione dei beni ambientali, nonché alla promozione di interventi e azioni per favorire l'adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi.
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Poggi, Stefano. « Conflitti d'identità. Pratiche, gestione e controllo delle identità nell'Italia napoleonica ». SOCIETÀ E STORIA, no 172 (juin 2021) : 287–320. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-172003.

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Di fronte allo sviluppo dello Stato amministrativo, i governi delle repubbliche Cisalpine/Italiana e del regno d'Italia elaborarono un sistema identificatorio statale autonomo dal modello francese. Il caso studio della città di Vicenza - capoluogo del dipartimento del Bacchiglione - permette di verificare l'effettiva applicazione di questo progetto politico a livello locale. Attraverso lo studio sistematico dell'archivio del commissariato di polizia di Vicenza emerge così un insieme di pratiche popolari e strategie di controllo distante dal sistema uniforme previsto dalla legislazione nazionale. Un modello duale, in cui i sistemi identificatori tradizionale e statale convivevano intrecciandosi e integrandosi. Un modello che rispecchiava due diverse concezioni di identità: una, promossa dallo Stato, rigida ed esterna alla società; l'altra, radicata nella mentalità degli attori storici, fluida e costantemente ridefinita.
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Di Cuonzo, Flavia Domitilla. « Il reato di riciclaggio ». QUESTIONE GIUSTIZIA, no 2 (juin 2011) : 33–42. http://dx.doi.org/10.3280/qg2011-002004.

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Da qualche tempo gli ordinamenti statuali si sono posti tra le prioritŕ quella di fronteggiare e combattere il duplice fenomeno del riciclaggio e del reimpiego del cd. denaro sporco, cioč di provenienza delittuosa. Il reimpiego nell'economia legale di denaro proveniente da attivitŕ criminali altera infatti il corretto funzionamento dei meccanismi di allocazione delle risorse e mette in pericolo la stabilitŕ e la soliditŕ dei soggetti che operano sui mercati della finanza e il libero sviluppo dell'economia. La presa di coscienza della gravitŕ del fenomeno ha portato a una serie di importanti iniziative a livello internazionale, comunitario e nazionale. Ci si propone qui l'obiettivo di analizzare i mutamenti della legislazione penale italiana in tema di riciclaggio e gli aspetti essenziali di tale delitto.
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Di Bartolo, Francesco. « La riforma del latifondo nella Sicilia del primo dopoguerra ». QA Rivista dell'Associazione Rossi-Doria, no 4 (décembre 2010) : 121–54. http://dx.doi.org/10.3280/qu2010-004005.

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Nel primo dopoguerra in Europa i governi procedevano a riforme redistributive della terra, in Italia si tentava la via delle bonifiche tramite l'Opera nazionale combattenti. In questo contesto la Sicilia fu il principale banco di prova per sovrapporre a ordinamenti latifondistici privi di investimenti un sistema di conduzione economica modellato sulla tradizione del cooperativismo, piů corrispondente alle esigenze di una moderna societŕ capitalista. Il piano di riqualificazione del territorio si poneva l'obiettivo di aggredire il latifondo con una moderna legislazione sugli espropri e i contratti a miglioria. Tuttavia l'esempio siciliano ci consente di concludere brevemente che il progetto basato sulla diffusione della conduzione cooperativistica e sostenuta dall'intervento pubblico naufragň a causa di un ceto politico locale poco attrezzato ad accogliere le sfide dello sviluppo capitalistico.
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Albisinni, Ferdinando. « Il diritto agrario europeo dopo Lisbona fra intervento e regolazione : i codici europei dell'agricoltura ». AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no 2 (octobre 2011) : 29–52. http://dx.doi.org/10.3280/aim2011-002003.

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Il lavoro indaga sugli esiti dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, quanto alla disciplina dell'agricoltura europea. L'esame di una serie di riforme, anteriori e successive al Trattato di Lisbona, induce a concludere che la ri-nazionalizzazione e ri-localizzazione di alcune scelte di governo dell'economia agricola si è accompagnata ad una rinnovata articolazione del rapporto fra economia e diritto nella politica agricola comune. Il diritto in senso proprio, il diritto regolatorio, in contrapposizione con il diritto incentivante, caratterizza in misura crescente la legislazione di fonte europea in materia agricola. Le riforme della Pac di fine ed inizio secolo si sono così tradotte nella posizione di codici europei dell'agricoltura, dal codice dei regimi di sostegno al reddito [con il reg. (CE) n. 1782/2003, e poi con il reg. (CE) n. 73/2009], al codice dello sviluppo rurale [con il reg. (CE) n. 1257/2009, e poi con il reg. (CE) n. 1698/2005], al codice del mercato e della commercializzazione dei prodotti agricoli [reg. (CE) n. 1234/2007, c.d. regolamento unico Ocm]. Queste discipline di fonte europea dialogano con le discipline di fonte nazionale e compongono, che non è unper i 27 Paesi che oggi compongono l'Unione Europea, ma piuttosto un, nel quale bisogni e soggetti, nazionali, regionali e locali, occupano un posto di rilievo accanto a quello proprio delle scelte disciplinari espresse centralmente.
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Scuderi, Gabriella. « Storia della normativa italiana in materia di medicinali fino alle norme più recenti sulla valutazione bioetica della sperimentazione clinica ». Medicina e Morale 50, no 3 (30 juin 2001) : 509–49. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2001.728.

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Résumé :
Dopo un breve excursus storico dei provvedimenti normativi sui medicinali adottati nella Unione Europea e recepiti dall’Italia, vengono descritti gli sviluppi più recenti della normativa sulla valutazione bioetica della sperimentazione clinica (ossia della fase di sperimentazione del farmaco sui soggetti umani che succede alla fase di sperimentazione sull’animale). In particolare, l’Autrice prende in esame le Nuove Norme Europee di Good Clinical Practice (GCP) e le ricadute che hanno portato alla normativa emanata in Italia riguardo il “consenso informato” ed il ruolo dei Comitati Etici. Inoltre, sono illustrati gli ultimi provvedimenti della normativa italiana. Questo lavoro costituisce dunque una rassegna sull’argomento. Certamente, allo stato attuale in Italia sono stati realizzati molti progressi nella trasposizione della legislazione comunitaria in diritto nazionale soprattutto nel campo della sperimentazione sui soggetti umani in particolare ma, probabilmente, altro lavoro deve essere svolto per coprire più vaste necessità in molti altri campi della ricerca scientifica in generale.
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Bettin, Cristina. « Voci della memoria : Un’ebrea italiana nel Novecento italiano ». Forum Italicum : A Journal of Italian Studies 53, no 1 (20 novembre 2018) : 112–38. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818813313.

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Résumé :
La legislazione razziale del 1938 spezzò molte vite, dando inizio a quel processo di discriminazione legalizzata che raggiunse poi il suo culmine nelle deportazioni nazifasciste del 1943. Con l’applicazione delle leggi razziali gli ebrei venivano allontanati da tutti i settori pubblici e privati, cancellando la loro presenza nella vita nazionale italiana. Tra questi emarginati ci furono anche molte donne, scienziate, professoresse, intellettuali, la cui vita e storia rimane ancora poco conosciuta. Un libro pubblicato da Raffaela Simili, Sotto falso nome. Scienziate italiane ebree (1938-1945) nel 2010, è l’unico ad oggi che raccoglie, seppur schematicamente e sinteticamente, le storie di alcune di queste donne ed il contributo che diedero alla scienza, alla medicina e alla cultura italiana. Tra queste donne ancora invisibili figura, come illustrerò in questo scritto, Lucia Bedarida Servadio (1900-2006), prima donna in Italia ad essersi laureata nel 1922 in Medicina a soli 22 anni nonché prima donna ebrea ed italiana a lavorare sin dal 1939 in un Paese musulmano come il Marocco.
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Renzi, Samuele. « La trasparenza dei sistemi algoritmici utilizzati nel contesto lavorativo fra legislazione europea e ordinamento interno ». La Nuova Giuridica 2, no 2 (19 janvier 2023) : 60–77. http://dx.doi.org/10.36253/lng-1976.

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Résumé :
Il contributo sottopone a disamina la legislazione nazionale e unionale intervenuta in materia di opacità algoritmica quanto ai dispositivi utilizzati nel contestolavorativo, al fi ne di verifi care se gli istituti volti a garantire la trasparenza dei sistemi automatizzati siano adeguati allo scopo. L’autore, dopo uno sguardo d’insieme sull’emersione del valore della trasparenza algoritmica, analizza i più rilevanti interventi normativi, approfondendo le novità di cui al d.lgs. n. 104/2022. Secondo l’autore, la proposta di direttiva sul lavoro mediante piattaforme digitali e le previsioni del d.lgs. n. 104/2022 potranno contribuire a ribilanciare le asimmetrie informative esistenti nel rapporto lavorativo e ad aumentare la trasparenza dei sistemi di decisione (e di previsione) automatizzata utilizzati da parte del datore di lavoro. The essay aims to study how the European and national legislation has regulated the risk of opacity of algorithmic technologies used in the workplace and to verify if the transparency tools adopted are sufficient and well-conceived. The author, after a general overview on the signifi cance of the algorithmic transparency value in the workplace, examines the most relevant regulatory instruments, focusing on the novelties introduced in the Italian system by the d.lgs. n. 104/2022. According to the author, the EU Commission proposal to improve the working conditions of people working through digital platforms and the provisions of the d.lgs. n. 104/2022 will contribute to rebalance information asymmetries in the employment relationship and to correct the lack of transparency of the automated decisions making systems used in the workplace.
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Papa, Anna. « La complessa realtŕ della Rete tra "creativitŕ" dei fornitori di servizi Internet ed esigenze regolatorie pubbliche : la sottile linea di demarcazione tra provider di servizi "content" e di "hosting attivo" ». ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no 2 (novembre 2012) : 221–53. http://dx.doi.org/10.3280/ed2012-002004.

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Résumé :
La Rete Internet si presenta come una realtŕ complessa nell'ambito della quale alla funzione di trasmissione di dati si associano, acquisendo sempre maggiore rilevanza, funzioni legate all'utilizzo diffuso degli strumenti propri della societŕ dell'informazione e della comunicazione. In costante crescita sono anche i soggetti che offrono servizi legati alle funzioni ora citate, in particolare fornitori di connettivitŕ e gestori di applicazioni in grado di consentire la comunicazione e la diffusione in Internet di notizie, opinioni e contenuti. A fronte di una cosě complessa realtŕ, la legislazione nazionale, in linea con la normativa europea, in materia si presenta ancora poco sensibile alle differenziazioni dei ruoli ricoperti dai soggetti operanti in Rete, come fornitori di servizi e come utenti. Essa attribuisce centralitŕ, soprattutto sul piano della responsabilitŕ, all'Internet provider, considerato come il soggetto centrale della fruizione dei servizi Internet, pur nella tripartizione ora prevista dalla normativa nazionale (in ossequio a quella comunitaria) che distingue tra access, caching e hosting. In realtŕ, pur certi dell'importanza dei Service per il funzionamento (e il controllo) della Rete, appare ormai evidente che i fornitori di servizi Internet si presentano come un universo ben piů articolato e dinamico, con prestazioni che vanno a collocarsi nello spazio creato dalla Rete e non semplicemente nella funzione di trasmissione o conservazione dei dati immessi o prodotti. Una prima importante conseguenza č la difficoltŕ di distinguere tra "hosting" e "content" provider. Sono soprattutto questi ad essersi molto evoluti negli ultimi anni. Nel saggio ne vengono forniti tre esempi: siti istituzionali, gestori di piattaforma e curatori di luoghi di discussione. In assenza di una regolamentazione normativa, a livello europeo e nazionale, la giurisprudenza sta cercando di individuare un punto di bilanciamento tra i diversi interessi coinvolti che tenga conto delle caratteristiche e del carattere innovativo della Rete rispetto ad esperienze e contesti preesistenti. Appare tuttavia evidente che l'azione giurisprudenziale da sola non č in grado di stabilizzare e di dare affidabilitŕ ad un comparto che necessita invece di regole, frutto di una riflessione condivisa, idonee a garantire una operativitŕ "regolata", rispettosa dei diritti individuali, della concorrenza ma nel contempo capace di assecondare la profonda innovazione dell'informazione e della comunicazione che la Rete sta realizzando
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D'Addezio, Mariarita. « Le attivitĂ di servizi agroambientali nell'ordinamento giuridico sopranazionale italiano e comunitario : questioni di qualificazione ». AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no 2 (août 2009) : 9–34. http://dx.doi.org/10.3280/aim2008-002002.

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Résumé :
- The paper exams the relationship between agriculture and environment that has been implemented by the European Community. The changing of the role of the agriculture in society is functional to the European goal of reinforcement of the economic and social cohesion, increasing the traditional attitude of the prime sector to collect different interests. Nearby the principal activities there are now environmental services, i.e. running and maintenance of woods and forest areas. According to national and European Law, some of those environmental services can be considered public services performed for general interests. For the Author, there are two categories of environmental services. One includes those services that are carried out by agri-businesses "widely identified" (i.e. activities due to articles 9 and 17 of the Italian Law n. 97/1994 and articles 14, par. 3 and 15, par. 2 of the legislative decree n. 228/2001, and due to the European regulation n. 1782/2003); the second category includes environmental services that are foreseen by the European regulation n. 1698/2005, and are performed by farmers only when are useful for environmental goals.Parole chiave: agricoltura, ambiente, servizi ambientali, legislazione nazionale e comunitaria.Key words: Agricultural, Environment, Environmental Services, National and European Law.
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Balber Pérez, Miguel Antonio, et Maritza de la Caridad McCormack Bequer. « Attuali sfide della qualità nel diritto agrario di fronte alla globalizzazione – il caso dell’isola di Cuba ». Przegląd Prawa Rolnego, no 2(23) (15 décembre 2018) : 115–25. http://dx.doi.org/10.14746/ppr.2018.23.2.8.

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Résumé :
La protezione del settore alimentare nazionale attraverso un sistema di prodotti agroalimentari di qualità è una delle forme di contrasto adottata dai cubani di fronte alla globalizzazione. A tal fine Cuba sta perseguendo una politica agricola volta ad aumentare il livello di professionalità nel settore alimentare: tra l’altro organizzando corsi di formazione periodici per i dipendenti che riguardano le tecnologie di produzione utilizzate in agricoltura e insistendo sulla formazione professionale continua; nonché portando ad un graduale miglioramento del sistema statale di certificazione dei prodotti agroalimentari e della qualità dei laboratori accreditati che controllano la qualità alimentare, come anche di certificazione dei sistemi di lavoro, in particolare per quanto riguarda il ricorso alle tecniche di analisi del rischio e di controllo dei punti critici nel processo di produzione alimentare. Per chi non osserva la politica agricola e la legislazione che la sottende, il sistema cubano prevede numerose sanzioni, contenute nel decreto n. 182 del 23 febbraio 1998: “La standardizzazione e la qualità” e nel decreto n. 267 del 3 settembre 1999: “La violazione delle regole stabilite sulla normalizzazione e la qualità”. Secondo l’autore, la regolazione sulla qualità dei prodotti agroalimentari adottata ha contribuito ad aumentare l’attrattività del settore agricolo cubano e ha contribuito a garantire un livello adeguato di qualità e sicurezza alimentare.
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Franco-Cuervo, Beatriz, et Javier Andrés Flórez. « La partecipazione elettorale in America Latina ed il caso dei dipartimenti della Colombia ». Quaderni dell Osservatorio elettorale QOE - IJES 63, no 1 (30 juin 2010) : 77–102. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-9726.

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Résumé :
La partecipazione elettorale in Colombia è sempre stata oggetto di discussione, sia da parte degli esperti che della classe politica, se non altro perché è stata storicamente bassa, tanto più se comparata con quella degli altri sistemi latino-americani. Si è cercato quindi di continuo di trovare spiegazioni a questo fenomeno, anche dando vita ad intense polemiche, per intendere le motivazioni o le cause dello scarso entusiasmo degli elettori colombiani per la democrazia elettorale. Gli studi tuttavia si sono incentrati sulla ricerca di un approccio a livello nazionale, trascurando il livello regionale e quello dipartimentale. Il che ha rappresentato un evidente limite per intendere la partecipazione elettorale in Colombia. Parrebbe ovvio supporre che il comportamento dell’intero paese si ripeta in misura quasi identica al livello delle regioni e dei dipartimenti. Questa supposizione, però, non può reggere, se non viene verificata empiricamente scendendo a livello delle singole realtà territoriali. Perseguendo questo obiettivo, il lavoro che segue si divide in due parti. Nella prima il caso colombiano viene collocato in una prospettiva comparata con riferimento sia alla legislazione elettorale che ai dati statistici degli altri paesi latino-americani. Nella seconda parte si prendono in considerazione gli indici di partecipazione di ciascun dipartimento della Colombia nelle elezioni del Senato dall’anno 1974, il che dovrebbe servire come punto di riferimento per ulteriori analisi e come contributo allo studio delle elezioni e della partecipazione elettorale nel paese.
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Bruun, Niklas. « Sanzioni e rimedi per azioni collettive illegittime negli Stati membri del Nord Europa. Il diritto dell'Unione europea in context ». GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no 131 (août 2011) : 385–403. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2011-131003.

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Résumé :
Il saggio prende le mosse dalla questione, di centrale importanza quando si tratta di determinare la possibile responsabilitŕ economica dei sindacati che abbiano intrapreso un'azione collettiva in violazione del diritto dell'Unione, concernente il grado di effettivitŕ dei rimedi previsti dalle legislazioni nazionali, qualora casi come questi si verifichino a livello interno. Il saggio si propone di esaminare le tipologie di sanzioni comminabili nei diversi tipi di azioni collettive illegittime allo scopo di determinare se esse possano essere applicate anche nei casi in cui l'illegittimitŕ dell'azione č determinata unicamente dalla violazione del diritto dell'Unione, come nei casie. L'Autore descrive ilcomune ai Paesi del Nord Europa, per prendere poi specificamente in esame la situazione in Danimarca, Finlandia e Svezia. Egli conclude sostenendo che, nelle situazioni in cui viene violato il diritto dell'Unione, sembra che a livello nazionale siano previsti rimedi effettivi.
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Bazzo, Eleonora. « La riforma del credito al consumo ». ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no 2 (novembre 2012) : 197–220. http://dx.doi.org/10.3280/ed2012-002003.

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Résumé :
In questi ultimi anni tutti i maggiori paesi industrializzati, non solamente nell'ambito dell'Unione Europea, hanno approvato riforme nel settore del credito al consumo. L'esigenza di favorire la concorrenza tra le imprese e l'allargamento dei mercati ha imposto il coordinamento comunitario o federale delle differenti legislazioni e l'elaborazione di sistemi normativi certi, adeguati ed uniformi, che impediscano comportamenti scorretti e limitino i costi transattivi a carico delle parti, attraverso la standardizzazione delle principali regole di condotta e delle pratiche commerciali. L'Unione Europea, perciň, ha voluto fornire regole non solamente per armonizzare la pluralitŕ delle fonti normative, comunitarie e nazionali, che governavano il settore, ma anche per ottenere la piena realizzazione del mercato interno e per favorire l'intensificazione delle negoziazioni transfrontaliere. In tale ambito, la disciplina italiana, riformata per dare attuazione alla relativa direttiva, si č posta come obiettivi il conseguimento della trasparenza e dell'efficienza del mercato creditizio, favorendo anche il rafforzamento delle istanze di protezione dei consumatori. L'obiettivo di questo articolo č quello di fornire una visione d'insieme della materia, analizzando sia l'importanza che questo settore ha assunto nell'ambito dell'economia europea e nazionale, sia il sistema normativo costituito dalla direttiva 2008/48/CE e dalle relative fonti nazionali di attuazione.
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Válková, Lenka. « The interplay between jurisdictional rules established in the EU legal instruments in the field of family law : testing functionality through simultaneous application with domestic law = L’interazione tra le regole di giurisdizione all’interno degli strumenti giuridici dell’UE nell’ambito del diritto di famiglia : la prova del funzionamento attraverso l’applicazione simultanea del diritto nazionale ». CUADERNOS DE DERECHO TRANSNACIONAL 9, no 2 (5 octobre 2017) : 551. http://dx.doi.org/10.20318/cdt.2017.3886.

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Résumé :
Abstract: The following article aims at testing the interrelations between the rules on: jurisdiction in divorce and parental responsibility laid down in the Brussels IIa Regulation, maintenance laid down in the Maintenance Regulation, and property regime laid down in the Regulation on Matrimonial Property Regimes and on Property Consequences of Registered Partnerships, considering a number of potentially seised Member State courts and their interactions with domestic law. For the testing, the national legal system and case law of Slovakia and Czech Republic, which require hearing of a dispute in unique proceedings (with certain differences), has been selected in order to tackle problems connected with the simultaneous application of rules established by the EU regulations and domestic procedural rules.Keywords: Multiplicity of Regulations in Family Matters, Interplay between Jurisdictional Rules, Divorce, Parental Responsibility, Maintenance, Matrimonial Property Regimes, Czech and Slovak Legislation.Riassunto: Il presente contributo mira a verificare l’interazione tra le norme sulla competenza in materia di divorzio e responsabilità genitoriale stabilite dal Regolamento Bruxelles IIa, in materia di obbligazioni alimentari previste nel Regolamento sulle Obbligazioni Alimentari, e in materia di regimi patrimoniali previsti dai Regolamenti in Materia di Regimi Patrimoniali fra Coniugi e di Effetti Patrimoniali delle Unioni Registrate, prendendo in considerazione le Corti degli Stati Membri potenzialmente adite e la loro interazione con il diritto interno. Al fine di testare il funzionamento e affrontare i problema legati all’applicazione simultanea delle norme stabilite dal diritto dell’UE e delle norme procedurali nazionali, sono stati scelti i sistemi giuridici della Slovacchia e della Repubblica ceca, che richiedono, con alcune differenze, l’audizione di una controversia in un unico processo.Parole chiave: molteplicità dei regolamenti in diritto di familia, interazione tra le norme sulla competenza, divorzio, responsabilità genitoriale, obbligazioni alimentari, regime patrimoniale, legislazione ceca e slovacca.
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Pegoraro, Lucio. « Ruolo della dottrina, comparazione e “legal tourism¨" ». Diálogos de saberes, no 43 (30 juin 2017) : 219–36. http://dx.doi.org/10.18041/0124-0021/dialogos.43.2015.2586.

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Résumé :
Muovendo dai risultati di un’ampia ricerca sull’uso della dottrina da parte delle corti di vertice (costituzionali e supreme), l’articolo denuncia i rischi generati dall’esportazione acritica delle soluzioni “nazionali” e dalla recezione delle stesse, non supportata da un’analisi del contesto in cui si calano. In particolare, si sofferma sulla prassi delle “relazioni nazionali” nei congressi e nell’accettazione supina dei loro risultati da parte di uditori non attrezzati con le categorie della comparazione. Segnala che la rinuncia alla comparazione (in particolare, la mancata considerazione per il milieu dell’ordinamento recettore) riverbera conseguenze anche sui formanti dinamici (legislazione e giurisprudenza). Evidenzia che, ciò nonostante, le corti citano spesso autori (come quelli statunitensi) che assegnano valenza universale a teorie “locali” o “regionali” del diritto costituzionale, contribuendo a un’uniformazione giuridica formale, che non sempre riesce a mascherare profonde fratture tra i formanti.
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Giliberti, Luca, et Davide Filippi. « Fare etnografia delle migrazioni ai tempi della pandemia. Note di ricerca dal confine franco-italiano nel primo lockdown ». REMHU : Revista Interdisciplinar da Mobilidade Humana 29, no 61 (avril 2021) : 67–82. http://dx.doi.org/10.1590/1980-85852503880006105.

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Résumé :
Riassunto L’emergenza Covid-19 e le legislazioni d'urgenza emanate dai governi europei incidono in modo profondo sulla dimensione migratoria contemporanea, così come sulle forme e sui modi di studiarla. Il presente contributo, frutto di una “ricerca in quarantena”, si contestualizza nella prima fase dell’irrompere della pandemia in Italia e in Francia (fine febbraio - inizio giugno 2020), segnata dal lockdown nazionale in entrambi i Paesi. L’articolo propone, in primo luogo, una riflessione metodologica relativa al fare etnografia delle migrazioni in tempi pandemici e, di seguito, un’analisi delle conseguenze del Covid-19 sul confine franco-italiano e sull’azione delle reti solidali ai migranti in transito. Il materiale empirico è basato su venti interviste telefoniche semi-strutturate con interlocutori chiave della solidarietà ai migranti sul confine; è costruito inoltre attraverso tecniche di etnografia digitale, quali l’analisi di pagine Facebook e blog dei gruppi intervistati, e su una ricerca emerografica e documentale di carattere locale, nazionale ed internazionale.
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Menning, Carol Bresnahan. « Book ReviewsLa legislazione medicea sull'ambiente. Volume 1 : 1485–1619. Volume 2 : 1621–1737. Volume 3 : Indici. By Giovanni Cascio Pratilli and Luigi Zangheri. Istituto per la documentazione giuridica del consiglio nazionale delle ricerche. Florence : Leo S. Olschki, 1994. Pp. 955 (vols. 1 and 2), 282 (vol. 3). L 145,000. » Journal of Modern History 71, no 2 (juin 1999) : 482–84. http://dx.doi.org/10.1086/235272.

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da Empoli, Domenico. « The Italian Law for the Protection of Competition and the Market ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 69–78. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344956.

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Résumé :
Abstract Gli studi attinenti alla «politica della concorrenza” sono uno dei settori nei quali da maggior tempo collaborano economisti e giuristi, dato che, in assenza di questa cooperazione, i soli strumenti di cui dispone l’economista, senza quelli del giurista, non sono sufficienti ad interpretare ed applicare le norme antitrust.Soprattutto sulla spinta di queste esigenze si è sviluppato nelle Università americane l’insegnamento di corsi di «Law and Economics», disciplina ormai consolidata.Da un punto di vista intellettuale, pertanto, non vi è dubbio che il tema della concorrenza sia di particolare interesse.Peraltro, già da qualche tempo le opinioni degli studiosi circa gli effetti della politica della concorrenza e, quindi, sull’opportunità di introdurre una specifica legge al riguardo e, poi, di applicarla in modo rigoroso, non sono molto concordi.L’atteggiamento critico nei riguardi dell’intervento pubblico che caratterizza l’epoca attuale e che si può sintetizzare nella nozione di «fallimento dello Stato», non ha risparmiato neppure la politica della concorrenza, sui cui effetti sono state avanzate, e permangono, numerose incertezze.Peraltro, se un atteggiamento critico poteva avere un suo fondamento apprezzabile nei momento in cui si discuteva dell’opportunity o meno di introdurre questa legge, non vi è dubbio che, una volta che questa sia entrata in vigore, essa debba essere oggetto di studio, sempre critico, ma costruttivo.Per questo motivo, è apparsa molto utile la pubblicazione su questo numero di Economia delle Scelte Pubbliche degli atti di un convegno internazionale, organizzato a Reggio Calabria nei dicembre del 1990 dall’Istituto Superiore Europeo di Studi Politici, che ha avuto come oggetto la nuova legge italiana della concorrenza, confrontata con le normative già in vigore presso altri Paesi OCSE, oltre che con la normativa CEE.Assieme ai testi delle relazioni, viene anche pubblicato il testo della legge, sia nella traduzione inglese che in quella francese (ambedue non ufficiali).L’ordine di pubblicazione dei diversi contributi segue il seguente schema: dopo questa presentazione della legge italiana, segue l’articolo di Claudio Menis sulle relazioni tra legislazione CEE e legge italiana. Successivamente, vengono pubblicati (seguendo l’ordine alfabetico per paese) gli scritti che riflettono valutazioni della legge italiana alla luce dell’esperienza nazionale di ciascuno dei Paesi OCSE rappresentati: Belgio (van Meerhaeghe), Francia (Charrier), Germania (Ruppelt), Spagna (Canivell), Svizzera (Baldi) e Regno Unito (Howe).Infine, un articolo di Eric Lacey confronta i lineamenti essenziali della struttura della legge italiana con quelli della media dei Paesi OCSE.La presentazione della legge italiana, non è compito facile per un economista, per la necessità di ricorrere a termini giuridici molto specialistici.La legge considera tre principali fattispecie che sono suscettibili di danneggiare la concorrenza: i cartelli che restringono la libertà di concorrenza, l’abuso di posizione dominante e le concentrazioni.I «cartelli” (o «intese») sono definiti dalla legge come «gli accordi e/o le pratiche concordati tra le imprese, nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari». Esse sono vietate quando «abbiano per oggetto, o per effetto, di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante” (art. 1).L’«abuso di posizione dominante” è vietato dall’art. 3, che include anche una casistica, peraltro non del tutto esauriente, circa situazioni identificabili come abuso di posizione dominante.Le «operazioni di concentrazione», d’altra parte, hanno luogo, secondo l’art. 5, «quando due o più imprese procedono a fusione», «quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno un’impresa ovvero una o più imprese acquisiscono direttamente o indirettamente [...], il controllo dell’insieme o di parti di una o più imprese», e «quando due o più imprese procedono, attraverso la costituzione di una nuova società, alla costituzione di un’impresa comune». Sulla base dell’art. 6, tali operazioni sono vietate quando costituiscono o rafforzino una posizione dominante sul mercato.L’organo che ha il compito di garantire l’appHcazione della legge è l’Autorità, che è stata creata appositamente e che è composta da quattro membri, più il presidente, nominati sulla base di una determinazione adottata d’intesa dai presidenti dei due rami del Parlamento.Una caratteristica fondamentale del nuovo organo per la tutela della concorrenza è la sua indipendenza dal potere politico, che viene attenuata soltanto a proposito delle operazioni di concentrazione. Come afferma, infatti, l’art. 25, il Consiglio dei Ministri può elaborare criteri di carattere generate che autorizzino operazioni che sarebbero vietate ai sensi dell’art. 6 e, inoltre, può anche vietare specifiche operazioni di concentrazione qualora vi partecipino «enti o imprese di Stati che non tutelano l’indipendenza degli enti o delle imprese con norme di effetto equivalente a quello dei precedenti titoli o applicano disposizioni discriminatorie o impongono clausole aventi effetti analoghi nei confronti di acquisizioni da parte di imprese o enti italiani».Oltre ai poteri d’istruttoria e decisione nei riguardi delle tre fattispecie di cui si è detto, con la possibilità d’imporre anche sanzioni pecuniarie, l’Autorità ha anche poteri conoscitivi e consultivi, sulla cui base può esprimere pareri, o di sua iniziativa o su richiesta del presidente del Consiglio dei Ministri.
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INTERGUGLIELMI, ANTONIO. « La privacy nel diritto canonico e i rapporti con le legislazioni nazionali della Comunità Europea ». Prawo Kanoniczne 60, no 4 (7 octobre 2018) : 41. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2017.60.4.03.

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Résumé :
Con il progressivo utilizzo dei sistemi informatici e con l’espansione dell’utilizzo dei media, in modo particolare negli ultimi anni con il crescente diffondersi di internet e dei social media, la questione della tutela dei dati personali ha fatto sorgere nuove esigenze che richiedono un adeguamento della normativa canonica.Le nuove problematiche di tutela, spesso rese molto complesse dalla difficoltà di arginare un fenomeno di “trasmissione di informazioni e quindi anche di dati” in continua espansione tecnologica, hanno reso necessario adeguare la normativa di tutela della privacy sia a livello di norme della Comunità Europea, che dei singoli paesi tenuti a recepirle, di cui ci occuperemo nel nostro studio.La Chiesa, che da sempre è depositaria della memoria e della storia dei popoli, attraverso gli archivi ecclesiastici, delle diocesi, dei monasteri e anche delle singole parrocchie, è dunque tenuta a garantire la tutela dei dati in suo possesso, che rappresentano la vita dei suoi fedeli.Inoltre il diritto della Chiesa da sempre riconosce tra i suoi diritti fondamentali il rispetto della persona, tra cui rientra anche quello del “diritto al rispetto della buona fama e della riservatezza di ogni persona”, che viene sancito nel Codice di diritto canonico del 1983 al canone 220.La tutela dei dati personali coinvolge inoltre il rapporto tra l’ordinamento della Chiesa e le norme giuridiche degli Stati: nella legislazione di molte nazioni sono state promulgate leggi che tutelano il trattamento dei dati personali, norme che vanno tenute presenti dalle Conferenze Episcopali Nazionali per disciplinare e adeguare ad esse la normativa canonica sul trattamento dei dati cosiddetti “sensibili”.
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Puca, Antonio. « Determinazione e accertamento della morte cerebrale. Panorama storico ». Medicina e Morale 40, no 2 (30 juin 1991) : 229–46. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1991.1142.

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Résumé :
Il dibattito sulla determinazione della morte è legato ancora oggi alla questione dei trapianti d'organo. L'excursus storico mostra come, a partire dalla definizione di "coma dèpassé" di Mollaret e Goulon nel1959 e di "irreversible coma" dell"'Ad hoc Committee of the Harvard Medical School" del 1968, si sia introdotta non solo tra le categorie mediche e professionali, ma anche nella quasi totalità delle legislazioni nazionali la concezione della "morte cerebrale" come sufficiente e necessaria per il prelievo degli organi "ex cadavere" per i trapianti. Questa rassegna mostra pure la differenziazione tra la concezione della "whole brain death", sostenuta dalla President's Cormmission e dalla maggioranza delle nazioni europee e di altri contesti geografici e culturali, e la concezione della "brain stem death", codificata nel Regno Unito, in Canada ed in Australia.
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Guarriello, Fausta. « La concertazione : prospettive euro-unitarie ». GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no 172 (février 2022) : 703–18. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2021-172013.

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Résumé :
L'introduzione della procedura di dialogo sociale nel Protocollo sulla Politica sociale e nel Trattato dell'Unione europea ha consacrato il ruolo delle parti sociali nella elaborazione e attuazione delle misure normative di politica sociale e del lavoro. Il modello del dialogo sociale eu-ropeo ha costituito fonte di ispirazione per gli ordinamenti nazionali quale riferimento normativo delle pratiche di concertazione sociale. Dopo una prima intensa stagione di accordi-quadro europei cui è stata attribuita efficacia erga omnes tramite atti legislativi, il modello è entrato in crisi a causa della rarefazione della legislazione comunitaria in campo sociale e dell'affermarsi di meccanismi di soft law, come della crescente difficoltà per le parti sociali di stipulare accordi di natura normativa. Di recente la Commissione, dopo aver attivato la fase di consultazione, ha bloccato la richiesta delle parti sociali di presentare una proposta legislativa sulla base dell'accordo da esse sottoscritto, invocando l'esistenza di un potere discrezionale di valutare l'opportunità del recepimento in una misura legislativa. La Corte di giustizia ha confermato tale interpretazione delle disposizioni del Trattato, aprendo una breccia nel modello europeo di concertazione sociale che appare del tutto dissonante rispetto all'attuale fase politica di ricostruzione della dimensione sociale.
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Colao, Floriana. « La sovranità della Chiesa cattolica e lo Stato sovrano. Un campo di tensione dalla crisi dello Stato liberale ai Patti Lateranensi, con un epilogo nell'articolo 7 primo comma della Costituzione ». Italian Review of Legal History, no 8 (21 décembre 2022) : 257–312. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19255.

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Résumé :
Il saggio ricostruisce la genesi della ‘Premessa’ al Trattato del Laterano del 1929, in cui le Due Alte Parti – governo italiano e Santa Sede, con le firme di Mussolini e del cardinale Gasparri – garantirono alla Chiesa «una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale». Da qui la «necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano […] con giurisdizione sovrana della Santa Sede», e l’art. 2, «l’Italia riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione». Il saggio considera che i giuristi – Vittorio Emanuele Orlando, che, da presidente del Consiglio nel maggio giugno 1919 tentò una trattativa con la Santa Sede per la risoluzione della Questione romana, e Amedeo Giannini, che tra i primi suggerì a Mussolini un «nuovo codice della legislazione ecclesiastica» – legarono la Conciliazione alla crisi dello Stato liberale ed al «regime diverso», insediatosi in Italia il 28 Ottobre 1922. Il saggio considera che già nel 1925 il guardasigilli Alfredo Rocco coglieva nelle ‘due sovranità’ una pietra d’inciampo nella costruzione dello Stato totalitario, anche se dichiarava di dover abbandonare l’«agnostico disinteresse del vecchio dottrinarismo liberale». Il saggio considera che Rocco rimase ai margini delle trattative con la Santa Sede, dal momento che metteva in guardia dal riconoscimento del «Pontefice sovrano, soggetto di diritto internazionale», e da «un altro Stato nello Stato», principio su cui convergevano giuristi quali Ruffini, Scaduto, Schiappoli, Orlando. Le trattative segrete furono affidate a Domenico Barone – consigliere di Stato, fiduciario del Duce – e Francesco Pacelli, avvocato concistoriale e fiduciario del cardinal Gasparri; la sovranità della Chiesa ed un suo ‘Stato’ appariva come la posta in gioco. Il saggio considera che la nascita dello Stato della Città del Vaticano complicava l’‘immagine’ del Regno d’Italia persona giuridica unitaria, ‘costruita’ dalla giuspubblicistica nazionale, difesa anche da Giovanni Gentile sul «Corriere della Sera». Mostra che il fascismo intese riconoscere il cattolicesimo «religione dominante dello Stato» per rafforzare la legge 13 Maggio 1871 n. 214, «sulle guarentigie pontificie e le relazioni fra Stato e Chiesa», che aveva previsto un favor religionis per la Chiesa cattolica. La Conciliazione risalta come l’approdo di un lungo processo storico, che offriva forma giuridica al ruolo che il cattolicesimo aveva e avrebbe rivestito per l’identità italiana; non a caso nel Marzo 1929 Agostino Gemelli celebrava una «nuova Italia riconciliata con la Chiesa e con sè stessa, con la propria storia e la propria bimillenaria civiltà». Il saggio mostra che la sovranità della Chiesa e lo Stato della Città del Vaticano furono molto discusse nel dibattito parlamentare sulla ratifica dei Patti firmati l’11 Febbraio 1929, con i toni duri di Mussolini, che definì la Chiesa «non sovrana e nemmeno libera». Rocco affermò che il «regime fascista» riconosceva «de iure» una sovranità «immutabile de facto»; rispondeva agli «improvvisati e non sinceri zelatori dello Stato sovrano, ma anticlericale», che «lo Stato è fascista, non abbandona parte alcuna della sua sovranità». Jemolo e Del Giudice – estimatori delle « nuove basi del diritto ecclesiastico – colsero il senso di questa «pace armata» tra governo e Santa Sede. Il saggio esamina l’ampio dibattito sulla «natura giuridica» della sovranità della Chiesa e sulla «statualità» dello Stato della Città del Vaticano, tra diritto pubblico, ecclesiastico, internazionale, teoria generale dello Stato. Coglie uno snodo nel pensiero di Santi Romano, indicato da Giuseppe Dossetti alla Costituente come assertore del «principio della pluralità degli ordinamenti giuridici». Il saggio esamina poi il confronto sullo Stato italiano come Stato confessionale, teoria sostenuta da Santi Romano, negata da Francesco Scaduto. Taluni – Calisse, Solmi, Checchini, Schiappoli – guardavano ai Patti Lateranensi come terreno del rafforzamento della sovranità dello Stato; Meacci scriveva di «Stato superconfessionale, cioè al di sopra di tutte le confessioni»; Piola e Del Giudice tematizzavano uno «Stato confessionista». Jemolo – che nel 1927 definiva la «sovranità della Chiesa questione forse insolubile» – affermava che, dopo gli Accordi, «il nostro Stato non sarà classificabile tra i Paesi separatisti, ma tra quelli confessionali». Il saggio esamina poi il dibattito sulla sovranità internazionale della Chiesa – discussa, tra gli altri, da Anzillotti, Diena, Morelli – a proposito della distinzione o unità tra la Santa Sede e lo Stato Città del Vaticano – prosecuzione dello Stato pontificio o «Stato nuovo» – e della titolarità della sovranità. Il saggio si sofferma poi sul dilemma di Ruffini, «ma cos’è precisamente questo Stato», analizzando uno degli ultimi scritti del maestro torinese, il pensiero di Orlando, Jemolo, Giannini, una monografia di Donato Donati e una di Mario Bracci, due dense «Lectures» di Mario Falco sul Vatican city, tenute ad Oxford, Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano di Federico Cammeo, in cui assumeva particolare rilievo la «sovranità, esercitata dal Sommo Pontefice», per l’«importanza speciale» nei «rapporti con l’Italia». Quanto agli ecclesiasticisti, il saggio esamina le prospettive poi sviluppate nell’Assemblea Costituente, uno scritto del giovane Giuseppe Dossetti – docente alla Cattolica – sulla Chiesa come ordinamento giuridico primario, connotato da sovranità ed autonomia assoluta non solo in spiritualibus; le pagine di Jannaccone e D’Avack sulla «convergenza tra potestas ecclesiastica e sovranità dello Stato come coesistenza necessaria della Chiesa e dello Stato e delle relative potestà»; un ‘opuscolo’ di Jemolo «per la pace religiosa in Italia», che nel 1944 poneva la libertà come architrave di nuove relazioni tra Stato e Chiesa. Il saggio conclude il percorso della «parola sovranità» – così Aldo Moro all’Assemblea Costituente – nell’esame del sofferto approdo all’articolo 7 primo comma della Costituzione, con la questione definita da Orlando «zona infiammabile». Sull’‘antico’ statualismo liberale e sul ‘monismo giuridico’ si imponeva il romaniano pluralismo; Dossetti ricordava la «dottrina dell’ultimo trentennio contro la tesi esclusivista della statualità del diritto». Rispondeva alle obiezioni dei Cevolotto, Calamandrei, Croce, Orlando, Nenni, Basso in nome di un «dato storico», «la Chiesa cattolica […] ordinamento originario […] senza alcuna compressione della sovranità dello Stato». Quanto al discusso voto comunista a favore dell’art. 7 in nome della «pace religiosa», Togliatti ricordava anche le Dispense del 1912 di Ruffini – imparate negli anni universitari a Torino – a suo dire ispiratrici della «formulazione Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Tra continuità giuridiche e discontinuità politiche, il campo di tensione tra ‘le due sovranità’ si è rivelato uno degli elementi costitutivi dell’identità italiana, nel segnare la storia nazionale dei rapporti tra Stato e Chiesa dall’Italia liberale a quella fascista a quella repubblicana, in un prisma di temi-problemi, che ancora oggi ci interroga.
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Ruppelt, Hans-Jürgen. « Competition Law and its Application in Germany ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 117–24. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345054.

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Abstract L’economia tedesca è sempre stata caratterizzata da una struttura molto concentrata, in cui le imprese facevano frequente ricorso ai cartelli. Alia fine dell’ultima guerra, gli alleati (ed in particolare gli Stati Uniti) hanno insistito perché la concentrazione fosse ridotta ed i cartelli fossero eliminati, introducendo cosi la libera concorrenza nell’economia.La legge ha introdotto un generale divieto di cartellizzazione, con alcune esenzioni legali che consentono specifiche intese.L’applicazione della legge attraverso un organismo indipendente, l’Ufficio Federale dei Cartelli, si è basata esclusivamente sugli aspetti concorrenziali, con esclusione quindi degli aspetti di «interesse pubblico». L’unica eccezione è costituita dal potere di autorizzazione di cartelli e concentrazioni da parte del Ministro, che tuttavia vi ha fatto ricorso molto raramente.Nell’ambito di applicazione della legge sono rientrate non soltanto le attività dirette a limitare la concorrenza da parte dei privati, ma anche le distorsioni del mercato prodotte da interventi pubblici, come regolamentazione, sussidi e protezionismo. Negli anni più recenti, in particolare, la politica della concorrenza si è ispirata all’idea di modificare l’equilibrio tra settore privato e settore pubblico, riducendo quest’ultimo mediante deregolamentazione e privatizzazione.La legge tedesca riguarda essenzialmente quattro gruppi di limitazioni della concorrenza: accordi orizzontali, restrizioni verticali, abuso del potere di mercato e concentrazioni.Gli accordi orizzontali sono proibiti e, di conseguenza, nulli. Coloro che vi abbiano preso parte sono passibili di una multa che può giungere fino ad un ammontare pari a tre volte il valore degli utili così conseguiti. Si tratta, peraltro, di un criterio di difficile applicazione, essendo molto ardua la determinazione dell’incremento di utili ottenuto con un accordo.Una lacuna del sistema era costituita dal fatto di escludere alcune forme di collusione che a stretto rigore non rientravano nella categoria degli «accordi». È stato necessario emendare la legge, includendovi esplicitamente le «azioni concertate».Un secondo problema riguarda l’inclusione o meno nel concetto di «restrizione della concorrenza” dell’obbligo per le parti dell’accordo di mettere in atto comportamenti contrari alla concorrenza. Secondo l’interpretazione degli organi giudiziari tale obbligo si deve presumere.Per quanto riguarda le deroghe, l’Ufficio Federale dei Cartelli tende ad essere alquanto rigido.Per gli «accordi verticali», la legge tedesca, in contrasto con l’art. 85 del Trattato CEE e con la legge italiana, introduce specifiche regole. Essi sono, in genere, legali, con la sola eccezione degli accordi per la determinazione del prezzo, che sono proibiti di per sé, a meno che non riguardino il settore dell’editoria.Gli interventi per accordi verticali sono stati poco frequenti e, a quanto sembra, nella maggior parte dei casi tali accordi non dovrebbero essere stati influenzati dalla legislazione sulla concorrenza.Per quanto riguarda l’abuso di potere di mercato, il vecchio adagio statunitense vale anche per la Germania: le dimensioni non danno luogo, di per sé, ad un pericolo. Analogamente, una posizione dominante, come tale, non può essere ritenuta dannosa, anche se è ampiamente diffusa l’opinione secondo cui non debba essere consentito l’abuso di posizione dominante.Sotto il profilo applicativo, peraltro, bisogna identificare due fondamentali presupposti: una «posizione dominante” e un «comportamento abusivo».Il controllo del comportamento abusivo persegue, sia in Germania che in Italia, due obiettivi: impedire alle imprese dominanti di stabilire prezzi troppo elevati, realizzando profitti monopolistici (abuso di prezzi), e proteggere la libertà di competere delle altre imprese (pratiche restrittive).Per quanto riguarda l’abuso di prezzi, l’esperienza tedesca non è stata molto incoraggiante, soprattutto per la ben nota difficoltà nella definizione del «giusto prezzo».Hanno avuto maggiore successo, invece, i procedimenti nei riguardi di pratiche restrittive. Anche in questo caso non e facile applicare la normativa concorrenziale, specie per quanto riguarda i casi «marginali», come i casi di collegamenti tra imprese che non sembrano evidenziare comportamenti anti-competitivi.L’introduzione della regolamentazione delle concentrazioni è avvenuta in Germania soprattutto per le difficoltà nel perseguire gli abusi di posizione dominante. Diversamente dalla legge italiana, il sistema tedesco non prevede un minimo fatturato nazionale, ma fa riferimento al valore del fatturato nel suo complesso, dovunque sia stato conseguito.Notevoli difficoltà potranno derivare dalla definizione del concetto di «controllo». Dal punto di vista pratico sembra conveniente combinare le caratteristiche di flessibilità e certezza giuridica con una definizione generale che specifichi il maggior numero possibile di fattispecie.Le caratteristiche più significative dell’attività di controllo delle concentrazioni svolta in Germania sono l’effetto sospensivo della notificazione che precede la concentrazione e un criterio strettamente concorrenziale. L’esperienza dimostra che è molto difficile far venir meno una concentrazione, una volta che sia stata effettuata. Per questo motivo si richiede che le concentrazioni che eccedono una determinata soglia siano comunicate in anticipo.Sebbene l’Ufficio Federale dei Cartelli abbia a disposizione quattro mesi per completare la sua investigazione, circa i tre quarti delle procedure sono completate entro quattro settimane.Vi è una netta distinzione di compiti tra l’Ufficio Federale dei Cartelli e il Ministro dell’Economia. Il primo si occupa degli aspetti strettamente inerenti alla concorrenza, senza tener conto degli altri benefici che possono derivare dalla concentrazione. Il Ministro, invece, per considerazioni d’interesse pubblico, può autorizzare una concentrazione che l’Ufficio Federale dei Cartelli aveva bloccato. Sino ad ora (dal 1973) soltanto sei autorizzazioni sono state concesse dal Ministro e non sembra che esse abbiano dato luogo ai risultati positivi che erano attesi.
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Fiori, Angelo, et Lea Cinzia Caprioli. « La fecondazione artificiale eterologa : un altro ritorno al matrilineare ? » Medicina e Morale 43, no 2 (30 avril 1994) : 213–30. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1994.1019.

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Gli Autori, dopo un breve ricordo storico-antropologico delle primitive società matrilineari, passano in rassegna le principali legislazioni internazionali riguardanti le tecniche di procreazione artificiale, puntando l'attenzione sulle norme circa il riconoscimento di paternità legale al marito o convivente che ha prestato il proprio consenso alla fecondazione artificiale eterologa e circa l'anonimato del donatore di seme. Essi rilevano la contraddizione tra le attuali possibilità della ricerca biologica di paternità che, avvalendosi degli accertamenti genetici basati sull'impiego dei polimorfismi del sangue, consente a chiunque di conoscere il proprio padre biologico, e le norme sull'anonimato che, non consentendo al figlio di conoscere il proprio vero padre, creano notevoli diseguaglianze tra cittadini. La fecondazione artificiale eterologa viene considerata come un altro regresso alla società matrilineare, in cui la struttura protofamiliare era incentrata sulla figura della donna, la quale assumeva un ruolo dominante come strumento di fecondità e il "marito" era "in visita", cosicché padre e figlio erano completamente estranei l'uno all'altro. Viene infine commentata la recente sentenza del Tribunale di Cremona che ha accolto l'istanza di disconoscimento di paternità di un figlio nato a seguito di inseminazione artificiale con sperma eterologo. Il Tribunale, mancando in Italia una legge che regoli la fecondazione artificiale eterologa, ha percorso l'unica strada a disposizione nell'attuale panorama giuridico nazionale, fondando la propria sentenza sugli art t. 231 , 235 c 143 del Codice Civile. L'auspicio è che storie come quelle del piccolo Mattia, oggi "figlio di padre ignoto", inducano tutti a riflettere sui "prodigi" della scienza e del progresso, ma soprattutto non spingano frettolosamente verso leggi che consentano, per la loro permissività, di sconvolgere la reale biologia dell'essere umano.
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van Meerhaeghe, Marcel A. G. « Protection of Competition in Belgium* ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 93–101. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345036.

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Abstract Le recenti leggi sulla concorrenza introdotte in alcuni Paesi europei sono basate sulle norme comunitarie. È questo il caso della legge italiana del 10 ottobre 1990 e del progetto di legge belga del 10 settembre 1990.In Belgio è in vigore la legge 27 maggio 1960 contro l’abuso di posizione dominante, mentre non hanno concluso l’iter parlamentare altri progetti di legge sulla politica della concorrenza elaborati successivamente.Pertanto, il testo da esaminare (confrontandolo con la legge italiana e anche con quella comunitaria) è il progetto di legge del settembre 1990.Un primo problema è dato dal fatto che il Trattato di Roma non definisce il concetto di «concorrenza». Questa lacuna caratterizza anche molte leggi nazionali, inclusa quella belga del 1960, che contiene definizioni alquanto approssimative di «abuso» e di «posizione dominante». Il progetto di legge definisce solo tre concetti: «undertaking», «posizione dominante” e «ministro». Neppure la legge italiana fornisce definizioni.Il progetto di legge propone l’istituzione di un «Consiglio della concorrenza», con compiti sia di decisione circa attività anti-concorrenziali, sia di consultazione, di sua iniziativa o su richiesta del Ministro degli affari economici.Il consiglio è composto di dodici membri, di cui sei (compreso il presidente ed il vice-presidente) appartenenti alla magistratura ed altri sei designati sulla base della loro specifica competenza. Dodici membri supplenti sono designati sulla stessa base. Le nomine durano sei mesi e sono effettuate su deliberazione del Consiglio dei ministri. È facile immaginare che la Commissione sulla concorrenza sarà sottoposta a notevoli pressioni politiche. Inoltre, si prevede una commissione di consiglieri, rappresentanti le parti sociali, la cui consultazione ritarderà certamente le procedure.Il sistema previsto dalla legge italiana sembra preferibile, sia perché assicura una maggiore indipendenza dal potere politico, sia perché è più agile.Per quanto riguarda le operazioni di concentrazione, il progetto belga richiede una percentuale della quota di mercato (il 20%) che è inferiore a quella prevista dalla regolamentazione CEE (il 25%) ed inoltre il fatturato minimo richiesto, pari ad un miliardo di franchi belgi, appare eccessivamente basso, anche confrontato con quello della legge italiana, che è circa 15 volte più elevato e da commisurare ad un prodotto interno lordo cinque volte maggiore.Le procedure previste dal progetto belga (come, peraltro, anche quelle comunitarie) sembrano richiedere un eccessivo lavoro burocratico, anche a danno della riservatezza.Uno dei timori suscitati dalla regolamentazione comunitaria, attraverso le deroghe ai divieti di comportamento anticoncorrenziale, è quello di voler dar luogo a politiche industriali o sociali, piuttosto che ad una politica della concorrenza. In una parola, vi è il rischio che prevalga la «politica” vera e propria.Per quanto riguarda i rapporti tra normativa comunitaria e leggi nazionali, è possibile che ambedue siano applicate, purché non venga pregiudicata l’applicazione uniforme delle norme comunitarie.Le autorità nazionali possono vietare accordi rispetto ai quali la Commissione abbia dichiarato di non intervenire. Oltre a svolgere un ruolo di consulenza nei riguardi della Comunità, gli Stati possono inserirsi nel procedimento comunitario. Di fatto, per gli attori puo essere preferibile ricorrere alla magistratura, la quale può decidere il pagamento dei danni, anziché limitarsi ad imporre multe, come fa la Commissione.Con riferimento al sistema belga, si può dubitare che un Paese con un territorio così limitato possa regolamentare le concentrazioni, le quali sono già oggetto di normative comunitarie.Appare inoltre sorprendente, sia nel rapporto belga che nella legge italiana, l’assenza di norme che sopprimano il controllo dei prezzi.Poiché sia la legge italiana che il progetto belga si basano sulla normativa comunitaria, per fame una valutazione complessiva bisogna fare riferimento a quest’ultima, la quale si fonda sulla legislazione anti-trust statunitense che, tuttavia, negli ultimi anni e stata sottoposta a numerose critiche.Appare sempre piu di frequente che monopoli ed oligopoli non siano cosl preoccupanti come si pensava in passato. In particolare, un sistema oligopolistico può essere nella sua essenza concorrenziale.Non sembra quindi opportuno che, di fronte ad una revisione sostanziale di molte idee tradizionali in tema di funzionamento dei mercati, la Commissione e gli Stati membri accentuino il controllo delle concentrazioni.La politica comunitaria non sembra aver avuto un’evoluzione logica e coerente. In passato le concentrazioni mediante fusione venivano incoraggiate; dopo le si è considerate con diffidenza.Gli stessi concetti di «mercato rilevante», «pratiche concertate» e «posizione dominante” sono cambiati nel corso del tempo.Data l’ispirazione liberale del Trattato di Roma, la determinazione del «valore economico” dovrebbe essere lasciata al mercato, senza porsi il problema di identificare prezzi che siano «eccessivi». Anche per quanto riguarda gli accordi di distribuzione esclusiva, non sono chiari i danni che potrebbero conseguirne.In conclusione, le autorità nazionali farebbero meglio se cercassero d’influire sulla politica comunitaria della concorrenza piuttosto che adottarla senza i necessari approfondimenti.
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Cooper, Camilla G. « From preparing for war to protecting the peace – legal hurdles for effectively dealing with hybrid threats in NATO1 ». Military Law and the Law of War Review 59, no 2 (20 janvier 2022) : 142–64. http://dx.doi.org/10.4337/mllwr.2021.02.01.

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Résumé :
Contemporary challenges to defence and security are increasingly originating from a combination of non-military and military threats, intentionally operating in the grey zone below the threshold of an armed conflict. These threats are commonly referred to as hybrid, and include amongst others cyberattacks, foreign interference with national elections, sabotage and lawfare. This article seeks to set out some of the main legal challenges hybrid threats pose to NATO as an effective defence and security alliance and how both NATO and its Member States need to adapt to deal with such threats. After outlining what is meant by hybrid threats and the approach NATO has taken to these, the article discusses legal challenges related to information gathering and intelligence sharing, the need for vulnerabilities analysis in order to enhance resilience, and the importance of providing a clear framework for military forces deployed to deter both hybrid and conventional threats. The article concludes that in order to effectively protect a State from hybrid threats, States must build resilience in the society in general, reviewing and revising national legislation and making its citizens and officials more aware of their role in protecting their State and society. The role of NATO is therefore expanding, from preparing for war to supporting States in defending their peace. Les défis de notre époque en matière de défense et de sécurité sont, dans une mesure croissante, dus à une combinaison de menaces militaires et non militaires, se situant intentionnellement à la limite du conflit armé. Ces menaces sont communément qualifiées d’hybrides, et incluent entre autres les cyber-attaques, les ingérences étrangères avec les élections nationales, le sabotage et la guerre juridique. Cet article cherche à mettre en lumière les principaux défis juridiques que les menaces hybrides posent à l’OTAN, en sa qualité d’alliance efficace dans les domaines de la défense et de la sécurité, et à expliquer comment l’OTAN et ses États membres doivent s’adapter pour faire face à ces menaces. Après avoir défini les menaces hybrides et l’approche adoptée par l’OTAN pour y répondre, l’article aborde les défis juridiques liés à la collecte d’informations et au partage de renseignements, le besoin d’analyser les vulnérabilités afin d’augmenter la résilience, et l’importance de fournir un cadre clair aux forces armées déployées afin de prévenir les menaces, tant hybrides que conventionnelles. L’article conclut que pour protéger efficacement un État contre les menaces hybrides, les États doivent augmenter la résilience dans la société en général, en révisant la législation nationale et en sensibilisant les citoyens et les responsables au rôle qu’ils jouent dans la protection de leur État et de la société. L’OTAN joue dès lors un rôle de plus en plus important, qui consiste non seulement à préparer à la guerre mais aussi à aider les États à maintenir la paix. Hedendaagse uitdagingen voor defensie en veiligheid vloeien in toenemende mate voort uit een combinatie van niet-militaire en militaire dreigingen, die met opzet opereren in de grijze zone onder de drempel van een gewapend conflict. Deze dreigingen worden gewoonlijk hybride genoemd en omvatten onder meer cyberaanvallen, buitenlandse inmenging in nationale verkiezingen, sabotage en lawfare. Dit artikel wil enkele van de belangrijkste juridische uitdagingen uiteenzetten die hybride dreigingen vormen voor de NAVO als een doeltreffende defensie- en veiligheidsalliantie en hoe zowel de NAVO als haar lidstaten zich moeten aanpassen om dergelijke dreigingen aan te pakken. Na kort te schetsen wat wordt verstaan onder hybride dreigingen en de aanpak die de NAVO daarbij heeft gevolgd, bespreekt het artikel de juridische uitdagingen met betrekking tot het verzamelen van informatie en het delen van inlichtingen, de noodzaak van kwetsbaarheidsanalyse om de veerkracht te vergroten en het belang van een duidelijk kader voor strijdkrachten die worden ingezet tegen zowel hybride als conventionele dreigingen. Het artikel besluit dat om een staat doeltreffend te beschermen tegen hybride dreigingen, staten veerkracht moeten opbouwen in de samenleving in het algemeen, door de nationale wetgeving te herzien en hun burgers en functionarissen bewuster te maken van hun rol in het beschermen van hun staat en samenleving. De rol van de NAVO breidt zich dan ook uit, van het voorbereiden op oorlog tot het ondersteunen van staten bij het verdedigen van hun vrede. Le attuali sfide alla difesa e alla sicurezza sono sempre più originate da una combinazione di minacce militari e non, che operano intenzionalmente nella zona grigia sotto la soglia di un conflitto armato. Queste minacce sono comunemente definite ibride e includono attacchi informatici, interferenze straniere con le elezioni nazionali, sabotaggio e lawfare. Questo articolo mira a far chiarezza su alcune delle principali sfide legali che le minacce ibride pongono alla NATO in quanto efficace alleanza di difesa e sicurezza e come sia la NATO che i suoi Stati membri debbano adattarsi per affrontare tali minacce. Dopo aver delineato il concetto di minacce ibride e l’approccio scelto della NATO per affrontarle, l’articolo discute le sfide legali legate alla raccolta di informazioni e alla condivisione dell'intelligence, la necessità di un'analisi delle vulnerabilità per migliorare la resilienza e l'importanza di fornire un framework chiaro per le forze militari schierate per scoraggiare le minacce sia ibride che convenzionali. L'articolo conclude che per proteggere efficacemente uno Stato dalle minacce ibride, gli Stati devono costruire la resilienza della società in generale, facendo il punto e rivedendo la legislazione nazionale e rendendo i suoi cittadini e funzionari più consapevoli del loro ruolo nella protezione del loro Stato e della società. Il ruolo della NATO si sta quindi espandendo, dalla preparazione alla guerra al sostegno degli Stati nella difesa della pace. Los desafíos contemporáneos a la defensa y la seguridad se originan cada vez más a partir de una combinación de amenazas militares y no militares, que operan intencionalmente en la zona gris por debajo del umbral de un conflicto armado. Estas amenazas se conocen comúnmente como híbridas e incluyen, entre otros, ciberataques, interferencia extranjera en las elecciones nacionales, sabotaje y guerra jurídica. Este artículo busca establecer algunos de los principales desafíos legales que las amenazas híbridas plantean a la OTAN como una alianza de defensa y seguridad eficaz y cómo tanto la OTAN como sus Estados miembros deben adaptarse para hacer frente a tales amenazas. Después de esbozar lo que se entiende por amenazas híbridas y el enfoque que la OTAN ha adoptado ante estas estas, el artículo analiza los desafíos legales relacionados con la recopilación de información y el intercambio de inteligencia, la necesidad de análisis de vulnerabilidades para mejorar la resiliencia y la importancia de proporcionar un marco claro para Fuerzas militares desplegadas a fin de disuadir tanto las amenazas híbridas como las convencionales. El artículo concluye argumentando que para proteger eficazmente a los Estados de las amenazas híbridas, estos deben fortalecer la resiliencia de la sociedad en general, revisando y actualizando la legislación nacional y haciendo que sus ciudadanos y los servidores públicos sean más conscientes de su papel en la protección del Estado y la sociedad. Por esta razón, el papel de la OTAN se está expandiendo desde la preparación para la guerra hasta el apoyo a los Estados en la defensa de su paz. Gegenwärtige Herausforderungen für die Verteidigung und Sicherheit gehen immer mehr von einer Kombination nichtmilitärischer und militärischer Drohungen aus, die absichtlich in der Grauzone unter der Schwelle eines bewaffneten Konfliktes auftreten. Diese Drohungen werden meistens als hybride Drohungen bezeichnet und umfassen unter anderem Cyberangriffe, ausländische Einmischung in nationale Wahlen, Sabotage und “Lawfare”. Ziel dieses Artikels ist es, einige der wichtigsten juristischen Herausforderungen der hybriden Drohungen für die NATO als zweckmäßiges Verteidigungs- und Sicherheitsbündnis darzustellen, und zu erklären wie sich sowohl die NATO als ihre Mitgliedstaaten anpassen sollen, um solchen Drohungen zu begegnen. Zuerst wird beschrieben, was mit hybriden Drohungen gemeint ist und wird das Vorgehen der NATO dagegen knapp dargestellt. Danach erörtert der Artikel juristische Herausforderungen in Bezug auf die Informationsgewinnung und den Informationsaustausch, die Notwendigkeit einer Verletzlichkeitsanalyse zur Verbesserung der Resilienz sowie die wichtige Maßnahme, die darin besteht, den für die Abwehr sowohl hybrider als konventioneller Drohungen eingesetzten Streitkräften einen klaren Rahmen zu bieten. Der Artikel zieht den Schluss, dass Staaten im Hinblick auf den zweckmäßigen Schutz eines Staates gegen hybride Drohungen Resilienz in der Gesellschaft im Allgemeinen entwickeln müssen, indem die nationale Gesetzgebung überarbeitet wird und die Staatsbürger und Amtsinhaber für ihre Rolle beim Schutz ihres Staates und ihrer Gesellschaft sensibilisiert werden. Deswegen erweitert sich die Rolle der NATO, von der Vorbereitung für den Krieg zur Unterstützung von Staaten bei der Friedenssicherung.
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González Fernández, Rafael, et Miguel Pablo Sancho Gómez. « La institución del domicilium (en Derecho romano) y su expresión en la epigrafía latina ». Vínculos de Historia Revista del Departamento de Historia de la Universidad de Castilla-La Mancha, no 11 (22 juin 2022) : 296–310. http://dx.doi.org/10.18239/vdh_2022.11.13.

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La institución romana del domicilium convierte al sujeto en residente. Suele designar el lugar de residencia prolongada del incola o habitante que ha emigrado a una comunidad, por contraposición al municeps; por lo tanto, es un vínculo jurídico entre la ciudad y la persona que ha emigrado a ella. Frente a la expresión de la origo en los textos epigráficos, que es muy abundante, la manifestación del domicilo solo se hace de forma excepcional, en atención al escaso número de referencias conservadas, y su enunciación es muy similar a la que marca el origen. Palabras clave: domicilium, origo, ciudadano, epigrafía, latina.Topónimos: Imperio Romano.Periodo: Principado (27 a. C. – 284 d. C.) ABSTRACTThe Roman institution of the domicilium turns the subject into a resident. It usually designates the place of prolonged residence of the incola or inhabitant who has emigrated to a community, as opposed to the municeps. Therefore, it is a legal link between the city and the person who emigrates there. As opposed to the expression of the origo in epigraphic texts, which is very common, the manifestation of the domicile occurs only exceptionally, in view of the scant number of surviving references, and its enunciation is very similar to that which indicates provenance. Keywords: domicilium, origo, citizen, epigraphy, Latin.Place names: Roman EmpirePeriod: Principate (27 BC - 284 AD) REFERENCIASAncelle, A. (1875), Du Domicile, Paris, these pour le doctorat, Faculte de droit de Paris.Andreu, J., (2008), “Sentimiento y orgullo cívico en Hispania: en torno a las menciones de origo en la Hispania Citerior”, Gerión, 26(1), pp. 349-378.Ayiter, K. (1962),“Einige Bemerkungen zum Domicilium des Filius Familias im römischen Recht“, en Studi in onore di Emilio Betti, vol. II, Milano, pp. 71-84.Baccari, M. P. (1996), Cittadini, popoli e comunione nella legislazione dei secoli IV-VI, Torino, G. 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Manfrellotti, Stefania. « Longevità e capacità di resilienza delle imprese familiari nella provincia di Salerno fra XX e XXI secolo = Longevity and resilience of family firms in the province of Salerno between the 20th and 21st century ». Pecvnia : Revista de la Facultad de Ciencias Económicas y Empresariales, Universidad de León, no 18 (30 juin 2014) : 19. http://dx.doi.org/10.18002/pec.v0i18.1642.

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Résumé :
<p>La provincia di Salerno ha rappresentato, nella seconda metà del Novecento, una delle realtà più rilevanti del Mezzogiorno d’Italia sotto il profilo industriale. Nel secondo dopoguerra l’industria nell’area salernitana visse un’intensa crescita, soprattutto grazie agli aiuti per il Mezzogiorno. Rispetto alle altre aree del Sud Italia, non vi furono grandissimi stabilimenti siderurgici, metalmeccanici e petrolchimici ma vi fu un movimento vivace di piccole e medie industrie soprattutto nel settore manifatturiero. Tra gli anni Settanta e Ottanta le crisi nazionali e internazionali segnarono il passo dell’economia italiana e più in generale di tutte le economie occidentali. Nella provincia di Salerno le fabbriche statali, quelle appartenenti a multinazionali estere o alle grandi imprese del settentrione furono le più colpite dalla crisi. Al contrario molte aziende locali riuscirono, sebbene con momenti di incertezza, ad avere un ciclo di sviluppo ininterrotto. Si tratta principalmente di imprese familiari, create e gestite da imprenditori salernitani, espressione del territorio, della cultura, delle tradizioni, che hanno saputo trarre dal contesto locale le energie e spesso le risorse per puntare all’eccellenza. Ancora oggi, sebbene quarant’anni di legislazione speciale per il Mezzogiorno non siano bastati a mettere in moto uno sviluppo duraturo e soprattutto autonomo delle imprese meridionali, lo sviluppo industriale meridionale è legato alle piccole e medie attività imprenditoriali operanti soprattutto nel settore manifatturiero. Tra le diverse esperienze di capitalismo locale e familiare di quest’area del Mezzogiorno si è scelto di analizzare una delle realtà imprenditoriali più longeve della provincia salernitana: il sistema di imprese della famiglia Di Mauro di Cava de’Tirreni. Dalla fine dell’Ottocento, la famiglia ha saputo affermare, espandere e reinventare la propria attività nel campo della tipografia, dell’editoria, e della cartotecnica, passando indenne per le difficili congiunture del ’900, e giungendo a essere attualmente una realtà di punta nel tessuto imprenditoriale del Mezzogiorno.</p><p>In the second half of the twentieth century, the Salerno province represented one of the most important industrial reality of the southern Italy. After Second World War, the Salerno province industry lived an intense growth, mainly thanks to the aids for the southern Italy. There were not many steelworks, petrochemical and engineering mills, compared to other areas of the southern Italy, but there was a lively movement of small and medium industries, especially in manufacturing. Among the seventies and eighties the national and international crisis damaged the Italian economy and also other Western economies. In the Salerno province, the state enterprises, those belonging to the foreign multinationals or the great enterprises of the northern Italy, were the worst hit by the crisis. On the other hand, although with uncertainty, many local enterprises managed to have a continuous development. They were mainly family businesses, created and managed by the Salerno province entrepreneurs, expression of the territory, the culture, the traditions that have been able to take energy from the local context and the resources to aim at the excellence.</p> <p>To this today, though forty years of special legislation for the southern Italy are not enough to launch a continuous development and in particular an independent development of the southern enterprises, the industrial development of southern Italy is linked to small and medium enterprises, especially in the manufacturing sector. Among the several experiences of local and family capitalism of the southern Italy, I have chosen to analyze one of the entrepreneurial reality more long-running of the Salerno province. It is the system of enterprises of the Di Mauro family from Cava de’Tirreni. Since the end of nineteenth century, the Di Mauro family was able to establish, expand and reinvent its business in the field of printing, publishing, and converting industry, passing unscathed to the difficult junctures of the twentieth century, and now coming to be very important in the business of the southern Italy.</p>
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Butera, Federico, et Fernando Alberti. « Il governo delle reti inter-organizzative per la competitivitŕ ». STUDI ORGANIZZATIVI, no 1 (décembre 2012) : 77–111. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-001004.

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Résumé :
I policy maker sono costantemente alla ricerca delle forme e degli strumenti per contribuire ad aumentare la prosperitŕ economica e sociale del proprio territorio. Gli studi a livello internazionale ci dicono che la prosperitŕ di un territorio č direttamente riconducibile alla sua competitivitŕ, e quindi in primis al livello di produttivitŕ e innovazione del sistema delle imprese. Come verrŕ ampiamente illustrato in questo articolo, le reti inter-organizzative - nella varietŕ di forme che l'evidenza empirica ci suggerisce - attraverso una flessibilitŕ senza precedenti, una piů veloce circolazione delle informazioni, la condivisione di visioni, saperi e conoscenza, l'efficiente e rapido scambio di risorse e competenze per competere, assicurano al tempo stesso specializzazione, efficienza e alti livelli di produttivitŕ. La configurazione e la natura di tali reti č in via di continua ridefinizione ed espansione e l'uso del termine rete č spesso generico o inappropriato. Anche i confini delle reti vanno continuamente ridefiniti, in un continuum che va dalle imprese tradizionali che esternalizzano e delocalizzano parte della loro produzione fino al puro networking di varia natura. Noi ci concentreremo solo su quelle reti interorganizzative che rappresentano forme nuove di impresa, di quasi impresa, di sistemi di imprese che consentono una gestione competitiva e innovativa della catena del valore e dei processi fondamentali, conseguendo risultati economici e sociali, in una parola prosperitŕ. Ci occuperemo in particolare del fenomeno piů nuovo che caratterizza l'Italian way of doing industry, ossia lo sviluppo e i successi delle medie imprese, nodi di reti inter-organizzative che coinvolgono non solo imprese piccole, ma anche imprese grandi, in una proiezione spesso globale. Su queste nuove forme di reti inter-organizzative, si apre uno spazio di intervento straordinario per i policy maker in azioni di attivazione, incentivazione e supporto, capaci di condurre a superiori livelli di competitivitŕ le imprese componenti le reti, le reti stesse e i territori da cui esse muovono, ovvero capaci di favorire una maggiore prosperitŕ. Tali spazi di governo delle reti inter-organizzative possono avere natura infrastrutturale (trasporti, edilizia, tecnologie, credito, servizi, ecc.), relazionale (governo della catena del valore, dei processi, dei flussi, delle architetture d'impresa, dei sistemi informativi e di comunicazione, dei sistemi professionali ecc.) e cognitiva (capitale umano, capitale intellettuale, sistema di valori e norme, ecc.). Tutte e tre queste dimensioni sono importantissime e vanno gestite congiuntamente in nuove forme di management assicurate dalle imprese "pivotali" e nell'ambito di quello che nell'articolo č definito come meta-management, ovvero quelle posizioni di attori pubblici e privati - spesso in raccordo fra loro - che assicurano supporto e guida strategica alle reti. Nuovi modelli di management e di meta-management implicano una conoscenza profonda della rete e, di conseguenza, una visione d'insieme attuale e futura sicura e convincente e una capacitŕ di execution che sappia consolidare o riorientare la rete; valorizzare le risorse, materiali e personali, lě racchiuse e soprattutto perseguire obiettivi e misurare risultati. Meta-management non significa favorire il mero networking tra imprese, ma attivarsi come agenzie strategiche e provvedimenti concreti capaci di disegnare politiche di accompagnamento e sostegno alla creazione e alla valorizzazione di robusti network tra imprese e tra imprese e istituzioni, che trascendano le consuete filiere e agglomerazioni locali. Una economia e una societŕ fatta di reti inter-organizzative non č uguale a quella fatta prevalentemente di singole imprese "castello". Sulle reti di impresa e sull'impresa rete incombono alcune rilevanti questioni a cui il nostro lavoro tenta di dare alcune risposte Vediamole qui di seguito. 1. Diagnosi. L'organizzazione a rete č oggi scarsamente riconoscibile. Come diagnosticarla, come identificarne le caratteristiche strutturali e comprenderne i problemi critici? 2. Sviluppo e progettazione. L'organizzazione a rete si puň supportare con adeguati servizi, sviluppare intenzionalmente o addirittura progettare, come qui si sostiene? E se sě, in che modo? I metodi da adoperare per gestire questo sviluppo sono certo diversi da quelli adottati da strutture accentrate, sono meno top-down e meno razionalistici: ma quali possono essere? 3. Stabilitŕ e mutamento. Ogni nodo o soggetto della rete fa parte di reti diverse, in alcuni casi abbandona in rapida successione le une per legarsi ad altre. Come combinare l'estrema mutevolezza di queste multiple appartenenze con l'esigenza di stabilitŕ e crescita di ogni singolo nodo, come far sě che l'intera rete si comporti come un "attore collettivo" capace di un governo? 4. Risultati. Se e come definire obiettivi o ri-articolarli velocemente nel tempo? Come valutare i risultati delle diverse dimensioni economiche e sociali? 5. Decisioni e misura. L'organizzazione a rete - come e piů dell'impresa tradizionale - cambia per repentine innovazioni, per adattamento, per micro-decisioni, per miglioramento continuo, č il risultato di scelte su cosa fare dentro e cosa comprare, su quali funzioni accentrare e quali decentrare, su quando acquisire o vendere unitŕ aziendali e su quando fare accordi, dove allocare geograficamente le attivitŕ. Vi sono criteri e metodi da adottare, per operare in questi contesti di agilitŕ, velocitŕ e rapiditŕ di processi decisionali? 6. Sistemi. Quali tecniche o sistemi operativi adatti all'impresa rete dovranno essere sviluppati? Quali sistemi di pianificazione e controllo di gestione dell'impresa rete, if any? Č possibile stabilire standard di qualitŕ per la rete? Come sviluppare dimensioni quali linguaggi, culture, politiche di marchio e di visibilitŕ, come potenziare le comunitŕ, come promuovere formazione e apprendimenti? 7. Strutture. Le reti di impresa includono una grande varietŕ di forme, come vedremo. La rete di imprese puň includere una parte di gerarchia: quali modelli di organigrammi sono compatibili? Quali sistemi informativi, di telecomunicazioni, di social network sono adatti per la rete di imprese? Quali sistemi logistici? Quali regole e contratti formali? Quali flussi finanziari? Le risorse umane si possono gestire e sviluppare lungo la rete? E in che modo? E che dire dei sistemi di controllo della qualitŕ? 8. Nascita e morte. La rete di imprese e soprattutto i suoi "nodi" hanno un tasso di natalitŕ/ mortalitŕ piů elevato dell'impresa tradizionale. Gestire la nascita e la morte delle imprese diventerŕ ancora piů importante che gestire le imprese. Chi lo farŕ e come? 9. Vincoli e opportunitŕ. La legislazione, le relazioni industriali, la cultura manageriale sono oggi vincoli e opportunitŕ allo sviluppo di forme di rete di imprese. La globalizzazione dell'economia, lo sviluppo dei servizi, le nuove tecnologie, la cultura dei giovani, invece, sembrano operare piů come fattori facilitanti quando addirittura non cogenti. Come gestire (e non subire) vincoli e opportunitŕ? Cosa puň fare l'impresa, e cosa possono fare le istituzioni pubbliche? Vi sono nuovi programmi e regole nazionali e regionali per la costituzione delle reti di impresa: quale č la loro efficacia e impatto? In tale quadro, un'Agenzia Strategica (una grande impresa, una media impresa, un ente governativo, una Camera di commercio, un'associazione imprenditoriale, un istituto di credito) puň esercitare un ruolo centrale nella promozione e governo delle reti inter-organizzative per la competitivitŕ dei territori, mettendo a fuoco i propri interventi di policy avendo come oggetto prioritario queste nuove forme di impresa, quasi-impresa, sistemi di impresa usando diverse leve: - innanzitutto, fornendo o favorendo l'accesso a risorse chiave, come credito, finanziamenti, sgravi fiscali, servizi per l'internazionalizzazione, conoscenze, marketing ecc.; - agendo da fluidificatore delle reti tra imprese, che sappia rimuovere ostacoli nelle strutture relazionali e irrobustire nodi, processi, strutture di governance laddove necessario; inserendosi direttamente nelle strutture relazionali come ponte per connettere nodi disconnessi; - esercitando a pieno il ruolo di meta-manager di reti inter-organizzative ossia imprimendo al sistema un indirizzo strategico di fondo, governando i processi "politici" interni alla rete ossia la distribuzione di potere e risorse e creando le condizioni culturali, strategiche organizzative e tecnologiche; - facendo leva sull'essere un policy maker cross-settoriale e multi-territoriale. Le reti di impresa hanno successo se si integrano entro "piattaforme industriali" (ad es. IT, Green economy, portualitŕ e logistica), entro cluster territoriali (es. distretti, economie regionali, etc.), sistemi eterogenei interistituzionali (che includono imprese pubbliche, amministrazioni, istituzioni e associazioni). La nostra tesi č che azioni di governo della rete attraverso nuove forme di management e di meta-management sono tanto piů efficaci quanto piů contribuiscono a supportare e strutturare reti organizzative robuste o che tendono a diventare tali, ossia imprese reti e reti di impresa governate; sono tanto meno efficaci o quanto meno misurabili quanto piů supportano solo processi di networking poco definiti destinati a rimanere tali. Nei termini di Axelsson, policy e management hanno effetto su reti che esprimono a) modelli di relazione fra diverse organizzazioni per raggiungere fini comuni. Hanno un effetto minore o nullo quando le reti di cui si parla sono solo b) "connessioni lasche fra organizzazioni legate da relazioni sociali" o c) un insieme di due o piů relazioni di scambio.
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D'Alessio, Gianfranco. « La riforma della pubblica amministrazione nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) italiano ». Revista de Estudios de la Administración Local y Autonómica, 7 avril 2022, 109–22. http://dx.doi.org/10.24965/reala.i17.11055.

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Il PNRR italiano, approvato il 13 luglio 2021 dal Consiglio dell’Unione europea, prevede la realizzazione di 134 investimenti, da finanziare con i fondi massi a disposizione dell’Italia nell’ambito del NGEU, che assommano a ben 235,1 miliardi di euro (compresi 30,6 miliardi di un fondo nazionale). Nel PNRR sono comprese 63 riforme, due delle quali hanno un carattere «orizzontale», in quanto riferite a tutte le missioni nelle quali si articola il Piano: quelle della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario. In particolare, la riforma amministrativa riguarda quattro settori / materie: il reclutamento del personale, la semplificazione dei procedimenti, il miglioramento delle competenze dei dipendenti e la valorizzazione delle stesse; la digitalizzazione. Le previsioni del PNRR sull’aumento della capacità amministrativa hanno già ricevuto una consistente attuazione nella legislazione, specie per quanto riguarda le risorse umane. Il successo degli interventi previsti dal PNRR dovrebbe porre le basi per una più ampia trasformazione e innovazione del sistema amministrativo italiano, superando le carenze attualmente presenti.
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Bernardi, Iara, et Maria José Rocha Lima. « Prima infanzia : la nuova agenda governativa ». Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, 18 septembre 2020, 155–72. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/formazione-it/prima-infanzia.

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La cura istituzionale per i bambini piccoli, in tutta la storia del mondo, dell’America Latina e del Brasile, ha presentato diverse concezioni sulla loro funzione. La maggior parte di queste istituzioni erano destinate a servire solo i bambini poveri. Tuttavia, è molto recente l’istituzione di una politica nazionale per la prima infanzia, come investimento pedagogico, sociale, nella salute materna e infantile, economica ed educativa, che considera i bambini come soggetti di diritti e cittadini nel processo di sviluppo. Così, questo articolo intende ricostituire la traiettoria della nuova legislazione sulla prima infanzia, che obbliga i manager e i professionisti dell’istruzione, dell’assistenza sociale, della salute, della psicologia, della psichiatria in tutto il paese ad adattare le loro attività alle norme stabilite dalla legge. Detto questo, questo studio si basava su prove scientifiche; argomenti pedagogici e giuridici diffusi in Brasile negli ultimi tre decenni, soprattutto dopo la Costituzione dei cittadini del 1988, che ha promosso l’evoluzione della legislazione della prima infanzia. In cui è stato possibile osservare che solo nel 2006, con la creazione di FUNDEB, sono stati istituiti finanziamenti per l’istruzione della prima infanzia; nel 2016, il quadro giuridico della prima infanzia è stato sanzionato. E nel 2020, per la prima volta nella storia, l’infanzia è stata menzionata e inclusa negli allegati di tredici leggi dei piani plennali delle entità federate brasiliane, che es hanno effetto dal 2021 al 2023.
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Sartea, Claudio. « Il trapianto di rene tra viventi estranei : riflessioni biogiuridiche Commento al Parere del Comitato Nazionale per la Bioetica su “La donazione da vivo del rene a persone sconosciute (c.d. donazione samaritana)” del 23 aprile 2010 ». Medicina e Morale 59, no 3 (30 juin 2010). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2010.210.

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Il contributo analizza il recente Parere del Comitato Nazionale per la Bioetica italiano, che si è espresso in senso favorevole sulla donazione di reni tra soggetti viventi non consanguinei né affettivamente legati. Dopo aver passato in rassegna la legislazione italiana in materia ed il precedente più rilevante del medesimo CNB, l’articolo esamina le principali criticità di tale pratica dal punto di vista antropologico, etico e giuridico. ---------- This article analyzes the recent Document of the Italian Committee of Bioethics, which has opened to the donation of kidneys from living persons unrelated, neither emotionally. After the review of Italian law on this matter, and after reading the previous Document of the same Committee on this, the article examines the main critical questions that this practice raises, in terms of anthropological, ethical and legal aspects.
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Stabile, Silvia. « Il diritto di seguito nel mercato dell'arte contemporanea ». ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no 1 (août 2017). http://dx.doi.org/10.3280/edt1-2017oa5148.

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Résumé :
Oggi il mercato dell'arte contemporanea &egrave; sempre pi&ugrave; globale e si assiste ad una crescente delocalizzazione delle vendite verso Paesi in cui il diritto di seguito non &egrave; previsto dalla legislazione nazionale. L'articolo affronta le origini del diritto di seguito (droit de suite) in Francia, alla fine del 1800, la sua introduzione, a livello internazionale, con la Convenzione di Berna e, infine, nei Paesi dell'Unione Europea con la Direttiva 2001/84/CE. L'articolo inoltre descrive, in sintesi, il quadro normativo relativo al diritto di seguito in Italia, distinguendo tra mercato dell'arte primario e secondario, per poi affrontare la proposta di riforma della legge sul diritto d'autore della Repubblica Popolare Cinese e i pi&ugrave; recenti dibattiti all'interno della comunit&agrave; dell'arte degli Stati Uniti d'America. In conclusione, &egrave; presentata una soluzione alternativa per gli artisti di quei Paesi che non riconoscono il diritto di seguito: la previsione contrattuale della royalty nell'accordo con l'artista per ogni rivendita delle sue opere d'arte.
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Franzone, P., L. Berretta, A. Orecchia, G. Pozzi et L. Todisco. « Le nuove tecnologie e la tariffazione delle prestazioni radioterapiche : un problema aperto nelle diverse Regioni. La situazione di Piemonte e Valle D’Aosta ». Working Paper of Public Health 4, no 1 (15 juin 2015). http://dx.doi.org/10.4081/wpph.2015.6717.

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Résumé :
Introduzione: In questo lavoro sono state analizzate le problematiche relative alla tariffazione in Radioterapia, tenendo presente l’incremento degli ultimi anni di prestazioni di alta tecnologia ed alto costo. Metodologia: Dopo una breve storia dell’evoluzione del nomenclatore tariffario nazionale si è passati a valutare la situazione del Piemonte e Valle D’Aosta, con la relativa legislazione che ha introdotto e modificato nel tempo il nomenclatore ed il tariffario. Risultati: Negli anni, solo alcune Regioni hanno adottato modifiche del proprio nomenclatore, con diverse modalità, recependo nuove tecnologie e nuove pratiche cliniche. In Oncologia è stato affermato che con una gestione per patologia, le risorse potrebbero essere meglio destinate secondo specifiche strategie mirando ad ottenere determinati risultati, sia in termini di salute, sia in termini economici. (Paderni, 2014) Conclusione: Si rileva necessario un giudizio complessivo sulla opportunità clinica di impiegare una specifica modalità radioterapica in quel particolare paziente, che tenga conto della efficacia della cura, del confronto con altre disponibili e anche del costo (clinico ed economico). Una revisione delle modalità di tariffazione potrebbe evitare sprechi e semplificarne la procedura.
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Costa, Josécley Dos Santos. « Definizione del concetto di bene immobile nella dottrina e nell’ordinamento giuridico costituzionale – Responsabilità civile brasiliana e internazionale : articolo 1.225, punto I, della legge 10,406 del 10 gennaio 2002, che istituisce il codice civile brasiliano ». Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, 14 décembre 2020, 24–42. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/legge/bene-immobile.

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Résumé :
L’offerta di questo mestiere mira a definire il concetto di immobiliare. Tracciare un panorama evolutivo storico generale, dalla preistoria ai giorni contemporanei, riferendosi al Diritto Reale, su scala globale, riferendo le ragioni storiche, i sistemi sociali ed economici al rapporto della proprietà immobiliare, che ne ha portato l’aspetto e lo sviluppo ai conglomerati che hanno fondato le città. Compresa la creazione del suo concetto a carattere nazionale e internazionale, ordinato da sistemi di governi nei loro regimi governativi, con un focus interdisciplinare, fornendo non solo basi, più comprendendo anche i fattori dell’industria edile, motivo del vettore economico dei carri delle piccole economie, proprietà pubbliche e private attraverso la vita quotidiana, visualizzando la traiettoria dell’osservazione di un ricercatore al risultato di questo lavoro , da cui è stato condotto in una sequenza logica. La metodologia si basava sulla ricerca bibliografica, un approccio al problema, utilizzando i metodi: procedura induttiva, storica, con quella dell’osservazione della vita reale, corrispondente alla delimitazione del tema, portando ad un percorso specifico, cioè a definire il concetto di proprietà immobiliare. Che vanno dai risultati più particolari, alle leggi e alle teorie dottrinali, in una comunicazione ascendente. La domanda e il problema di questo lavoro risiedono nella domanda: cos’è il settore immobiliare? Vale la pena chiarire, il diritto del proprietario e della sua facoltà, presente nel codice civile brasiliano in vigore. L’origine degli immobili nella storia nasce nel Medioevo, nel Medioevo sorge la facoltà del proprietario, tra le altre apparizioni, quali: condominio, dicotomia: terre pubbliche e private, possesso, nomenclatura: Diritto Reale, ecc. In diverse costituzioni, codici e legislazione internazionale, la definizione di questo concetto non è stata trovata.
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Casini, Marina, Emma Traisci et Fabio Persano. « Analisi comparativa delle legislazioni nazionali, comunitarie ed internazionali in materia di utilizzo di cellule staminali ». Medicina e Morale 58, no 5 (30 octobre 2009). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2009.234.

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Da quando ne è stato reso possibile l’isolamento, le cellule staminali umane costituiscono un argomento fortemente dibattuto in bioetica: sullo sfondo delle possibili applicazioni di queste cellule nella medicina rigenerativa, si pone il problema della liceità o meno della produzione e distruzione di embrioni umani per il prelievo delle cellule staminali. Sul punto, il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) italiano ha emesso numerosi pareri, sia precedenti che successivi alla promulgazione della legge italiana 40/2004, che regola la fecondazione assistita. Molto varie sono state le scelte legislative dei vari Paesi, ed anche l’Unione Europea e gli altri organismi internazionali si sono espressi sull’argomento. L’articolo ripercorre i dati più significativi delle decisioni del CNB ed analizza con un taglio comparativo i documenti giuridici nazionali, comunitari ed internazionali in materia di utilizzo di cellule staminali secondo uno schema che considera le diverse sorgenti di prelievo: embrioni prodotti con tecniche di fecondazione artificiale extracorporea, embrioni prodotti mediante clonazione, tessuti embrionali (post-impianto) o fetali, tessuti adulti e cordone ombelicale. La valutazione positiva della ricerca sulle cellule staminali, in quanto finalizzata ad uno scopo terapeutico, trova un limite nella considerazione del mezzo utilizzato: l’embrione umano va trattato come persona, pertanto non potranno essere ritenute lecite le metodiche che ne comportano la distruzione, mentre non solleva obiezioni, fatto salvo il rispetto dell’integrità del soggetto in causa e la rilevazione del consenso informato, il prelievo di cellule staminali da soggetto adulto e da cordone ombelicale. ---------- Since their isolation, human stem cells represent a bioethical subject strongly debated: in the background of the possible applications of these cells within regenerative medicine, the problem of the legality or illegality of production and suppression of human embryos for collecting stem cells is argued. On this matter, the Italian National Committee for Bioethics (CNB) has delivered several judgments, before and after the Law 40/2004 enactment, that regulates the assisted fertilization. The legislative choices of the different Countries have been several, and the European Union and the other international organizations have debated too. The article deals with the most meaningful data of the CNB’s decisions and analyzes in a comparative way, community and international juridical documents on use of stem cells according to a scheme that considers the different sources of collecting: embryos produced by extracorporeal fertilization techniques, embryonic (post-implantation) or fetal tissues, adult tissues and umbilical cord. The positive evaluation of the research on stem cells, as it is for a therapeutic purpose, is limited by the consideration of the mean used: human embryo has to be treated as person, therefore methods that involves his suppression is forbidden, while collecting stem cells from an adult subject or umbilical cord does not raise objections.
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Romano, L., F. Fabbrini, P. D’Agostino et L. Nitsch. « La diagnosi genetica preimpianto : aspetti biomedici con aggiornamenti di letteratura scientifica ». Medicina e Morale 55, no 1 (28 février 2006). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2006.367.

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L’articolo analizza gli aspetti biomedici della diagnosi genetica preimpianto (PGD), in considerazione degli aggiornamenti della letteratura scientifica. La diagnosi genetica preimpianto è definibile, in ambito biomedico, come forma precoce di diagnosi che, mediante diverse tecniche, analizza gli embrioni prodotti con la fecondazione artificiale al fine di poter determinare la presenza di alterazioni genetiche. La PGD viene proposta, poi, anche per massimizzare l’efficacia delle procedure di fecondazione artificiale e viene indicata da alcuni per la selezione di embrioni secondo il sesso e per ragioni non mediche (c.d. bilanciamento familiare o Social Preimplantation Diagnosis). L’articolo analizza i rischi connessi alla tecnica di PGD quali gli errori diagnostici, il danneggiamento e la perdita di embrioni, lo sviluppo della gravidanza. Per poter praticare la PGD si producono embrioni mediante fecondazione artificiale. La diagnosi, attuata con diverse tecniche, è effettuata mediante biopsia e selezione degli embrioni. Una o due cellule sono aspirate attraverso un foro nella zona pellucida dall’embrione allo stato di 6-8 cellule (terzo giorno di sviluppo), mediante una soluzione acidificata di Tyrodes o mediante laser. La rimozione del primo e secondo globulo polare è stata realizzata principalmente per selezionare aneuploidie legate all’età (PGD-AS). L’analisi del globulo polare, però, è limitata alle malattie ereditate per via materna, infatti i cromosomi paterni non possono essere analizzati. La reazione a catena della polimerasi (PCR) è stata usata per la prima volta in PGD per la diagnosi di fibrosi cistica. La PCR è limitata dal rischio di contaminazione e dalla perdita dell’allele (allele droupout). La PGD è stata eseguita per malattie Xlinked (per esempio distrofia muscolare di Duchenne, emofilia, X-fragile), malattie recessive (fibrosi cistica, talassemia, atrofia muscolare spinale) e malattie dominanti (distrofia miotonica, Corea di Huntington, Charcot-Marie- Tooth). L’ibridazione in situ fluorescente (FISH) sui nuclei in interfase è stata usata per analizzare i cromosomi degli embrioni poiché è difficile fare il cariotipo ai singoli bastomeri, La prima applicazione di FISH è stata per determinare il sesso per le malattie X-linked. La PGD viene praticata per i portatori di varie aberrazioni cromosomiche bilanciate, per esempio le traslocazioni, le inversioni, le delezioni, usando sonde specifiche per rilevare l’aberrazione. Nuove tecniche si stanno mettendo a punto: la multiplex PCR, la whole genome amplification la comparative menome hybridisation (CGH) e i DNA “chip”. Le legislazioni che regolano la PGD variano da nazione a nazione: da nessuna alla proibizione. ---------- In this article the authors study biomedical issues of preimplantation genetic diagnosis (PGD), considering the scientific literature. PGD is an early form of diagnosis for patients at risk of transmitting an inherited disease to their offspring. Patients have to go through in vitro fertilization (IVF, ICSI) to produce embryos for PGD. Furthermore, some authors suggest sex selection by PGD for family balancing or social preimplantation diagnosis. The authors analyse the risk of PGD (e.g. diagnostic failure, embryo-survival after biopsy, embryo loss and pregnancy rate). A biopsy of the embryos, removing 1-2 cells, and single cell diagnosis are performed to determine which embryos are free from the genetic disease. 1-2 cells are aspirated through a hole in zona pellucida made by acidified Tyrodes solution or a non-contact laser. Removal of the first and second polar body, either sequentially or simultaneously has also been performed for PGD, mainly for age-related aneuploidy screening (PGD-AS). Polar body analysis is limited to maternally inherited disease as the paternal chromosomes cannot be analyzed. The polymerase chain reaction (PCR) has been used on single cells for PGD since the first report of PGD for cystic fibrosis. PCR is hampered by the risk of contamination and allele dropout. Paternal contamination can be overcome by using intracytoplamatic sperm injection (ICSI) to achieve fertilization. PGD has been performed for X-linked (e.g. Duchenne muscular dystrophy, haemophilia, fragile X syndrome), recessive (e.g. cystic fibrosis, thalassemia, spinal muscular atrophy) and dominant (e.g. myotinic dystrophy, Huntington’s disease, Charcot-Marie-Tooth disorder) diseases. Since it is difficult to karyotype single bastomeres, interphase fluorescent in situ hybridization (FISH) has been used to analyze chromosomes in embryos. FISH for sexing for X-linked disease was the first application, and PGD may be performed for carriers of various balanced chromosome aberrations, e.g. translocations, inversions, deletions, using probes designed to detect the specific aberration. Recent advances in molecular diagnosis technique have included the use of multiplex PC, whole genome amplification, comparative genome hybridisation (CGH) and DNA microarray. The rules and legislation regulating PGD varies from country to country, from no legislation at all to total prohibition.
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