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Articles de revues sur le sujet « L'attesa »

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1

Ciaglia, Antonio, et Marco Mazzoni. « Quando il risultato elettorale è scontato… Il ruolo dei quotidiani locali durante le elezioni regionali del 2010 in Umbria ». Quaderni dell'Osservatorio elettorale QOE - IJES 65, no 1 (30 juin 2011) : 41–64. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-9774.

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Résumé :
Gli scontri nel PD umbro e il ruolo della stampa locale Il ruolo delle primarie nella selezione del candidato del PD Modalità di conduzione della ricerca I temi trattati dalla stampa locale Gli attori protagonisti nella stampa locale umbra Come è andata a finire: l'attesa vittoria della Marini Le conclusioni: i tre risultati della ricerca
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2

Fincardi, Marco. « Gli italiani e l'attesa di un bombardamento della capitale 1940-1943 ». ITALIA CONTEMPORANEA, no 263 (décembre 2011) : 183–206. http://dx.doi.org/10.3280/ic2011-263001.

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Résumé :
Fin dai suoi primi anni, la dittatura fascista esalta le strategie elaborate da Giulio Douhet, che prevedono la distruzione delle capitali nemiche con incursioni aeree a sorpresa. Ma, all'inizio della seconda guerra mondiale, l'Italia fascista manca della grande quantitŕ di velivoli necessari a sostenere la guerra aerea. Le cittŕ italiane subiscono bombardamenti sempre piů gravi, senza che la Regia aeronautica riesca a difendere i propri cieli o a compiere rappresaglie su quelle nemiche. Solo le cittŕ d'arte piů famose vengono risparmiate dai bombardamenti britannici, poi statunitensi. La diplomazia vaticana č decisiva per salvaguardare Roma, cittŕ santa della cattolicitŕ ma anche centro di tutti gli apparati politici e militari del regime. I ripetuti bombardamenti delle cittŕ industriali del Nord e delle cittŕ portuali del Sud rendono assurda agli occhi degli italiani l'immunitŕ concessa alla capitale e molti di loro sperano che essa venga bombardata, nella convinzione che ciň porrŕ fine alla guerra; accolgono poi con soddisfazione il primo bombardamento di Roma, a cui segue, pochi giorni dopo, l'arresto di Mussolini.
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Cortelazzo, Manlio. « Postille Triestine ». Linguistica 28, no 1 (1 décembre 1988) : 125–31. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.28.1.125-131.

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Résumé :
Il Grande dizionario del dialetto triestino di Mario Doria (Trieste, Edizioni "Il Meridiano", 1987) rappresenta il frutto più maturo della lessicografia dialettale italiana. Conosciuto da tempo, ma per i più indirettamente, perché pubblicato a puntate su periodici locali; descritto metodologicamente dall'autore in occasione del XII Convegno per gli Studi Dialettali Italiani (Macerata, 10-13 aprile 1979: cfr. Etimologia e lessico dialettale, Pisa 1981, pp. 171-196); era lungamente atteso, come esempio di un vocabolario dialettale moderno, insieme descrittivo, fraseologico ed etimologico. E l'attesa non è andata delusa.
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Gleason, Elisabeth G., et Francesco Gui. « L'attesa del concilio : Vittoria Colonna e Reginald Pole nel movimento degli "spirituali" ». American Historical Review 106, no 1 (février 2001) : 286. http://dx.doi.org/10.2307/2652405.

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5

Borgna, Eugenio, et Aniello Castaldo. « La speranza nell'incontro terapeutico ». SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), no 44 (septembre 2012) : 39–49. http://dx.doi.org/10.3280/las2012-044003.

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Résumé :
Il saggio ha come oggetto di riflessione quella struttura portante della vita, dell'esperienza umana che č la speranza. Come l'angoscia e l'attesa, essa vive nel futuro e qui viene esplorata nel campo delle relazioni umane, d'aiuto, di cura, in psichiatria, con connotazioni tipiche che si aggiungono a quelle filosofiche e teologiche sull'argomento. Quando la speranza rinasce dalle secche del mal di vivere, quando il medico stesso si č confrontato con le debolezze proprie e attraverso l'empatia si č messo anche in ascolto del silenzio del paziente, del dialogare in silenzio, allora la speranza č come un ponte che ci fa uscire dalla nostra solitudine e diventa speranza creatrice.
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6

Zilio, Francesca. « Le relazioni fra Roma e Bonn durante il primo governo Brandt fra Ostpolitik e Csce ». MONDO CONTEMPORANEO, no 2 (décembre 2012) : 5–34. http://dx.doi.org/10.3280/mon2012-002001.

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Résumé :
Sulla base di fonti primarie italiane e tedesche e di documenti pubblicati, l'articolo analizza le opinioni italiane sulla Ostpolitik e le posizioni di entrambi i paesi sulla progettata Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (Csce), discusse negli incontri bilaterali fra capi di governo e ministri degli Esteri. L'autrice evidenzia le paure italiane causate in particolare dalla velocitŕ dei primi negoziati della Ostpolitik e poi dalla lentezza delle trattative su Berlino che ritardarono l'apertura dei negoziati preliminari sulla Csce. All'inizio Roma temeva che la fretta dei tedeschi di ottenere risultati per la loro questione nazionale, insieme alla pericolosa politica europea di Mosca, portasse ad eccessive concessioni da parte di Bonn che avrebbero potuto danneggiare gli interessi occidentali. In seguito l'Italia si preoccupň che l'attesa per la conclusione degli accordi su Berlino, che era stata posta dall'Ovest come precondizione per la convocazione dei preliminari sulla Csce, potesse causare una perdita del momentum per prendere le redini della distensione e combattere gli obiettivi e la propaganda orientali. Al contrario, Bonn intendeva approfittare dell'impazienza orientale per l'apertura della Csce, in opposizione alla disponibilitŕ occidentale a prendersi il suo tempo, per ottenere migliori risultati nella Ostpolitik e garanzie sulla Csce.
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Davis, Charles T., et Roberto Rusconi. « L'Attesa della fine : Crisi della societa, profezia ed Apocalisse in Itaia al tempo del grande scisma d'Occidente, 1378-1417 ». American Historical Review 90, no 1 (février 1985) : 121. http://dx.doi.org/10.2307/1860774.

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D'Alimonte, Roberto, et Stefano Bartolini. « COME PERDERE UNA MAGGIORANZA. LA COMPETIZIONE NEI COLLEGI UNINOMINALI ». Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 26, no 3 (décembre 1996) : 655–701. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200024539.

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Résumé :
IntroduzioneA dispetto delle attese e dei pronostici di molti, non c'è stato pareggio. Il voto ha prodotto un vincente: la coalizione di centro-sinistra formata dai partiti dell'Ulivo e da Rifondazione Comunista. Nelle elezioni del '94 il risultato non era stato così chiaro. Allora, emerse un «Parlamento diviso»: i Poli di Berlusconi vinsero nettamente alla Camera, ma sfiorarono solo la maggioranza assoluta dei seggi al Senato. Anche questa volta si rileva una differenza significativa tra Camera e Senato: al Senato i partiti dell'Ulivo da soli hanno quasi la maggioranza assoluta dei seggi mentre alla Camera non possono in ogni caso prescindere dal sostegno di Rc. Si può dire però che il sistema elettorale ha funzionato. Nonostante le sue imperfezioni la componente maggioritaria è riuscita a trasformare una maggioranza relativa di voti in una maggioranza assoluta di seggi consentendo così la formazione di un governo come diretta emanazione del verdetto elettorale. Si è inoltre realizzata l'attesa alternanza. Una alternanza atipica, visto che il governo entrante non sostituisce il governo installato dopo le elezioni del '94, ma un governo (quasi) tecnico già sostenuto in Parlamento dalla maggior parte dei partiti che hanno vinto le elezioni e che ora sostengono il governo Prodi. Questo articolo tratta delle cause della vittoria del centro-sinistra. Prima di mettere mano alla spiegazione, facciamo il punto sui risultati delle ultime elezioni mettendoli a confronto con quelli delle precedenti.
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Boatti, Leonardo. « Dalla mentalitŕ talebana alla democrazia degli affetti in un gruppo di bambini ». GRUPPI, no 1 (octobre 2010) : 63–73. http://dx.doi.org/10.3280/gru2010-001006.

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Résumé :
La psicoterapia analitica dell'etŕ evolutiva viene a trovarsi in questi ultimi anni in una fase di profondo rinnovamento dal punto di vista metodologico e operativo. Viviamo in una societŕ "narcisistica", improntata sulla soddisfazione immediata del bisogno e delle mete pulsionali. Ciň comporta un'ipotrofia dell'area preconscia-transizionale, dello sviluppo della capacitŕ di pensiero e del mantenimento dei legami. Kaës sottolinea l'importanza di un buon sviluppo dell'area transizionale o preconscia, indispensabile per tollerare l'attesa, la frustrazione, necessaria per lo sviluppo della capacitŕ riflessiva. Lebovici afferma che «molti adolescenti della generazione attuale non sanno che agire e sono condannati a non elaborare le loro emozioni, che non sanno rappresentare». In parallelo sempre piů bambini non sanno giocare: "presentano" piů che rappresentano i propri vissuti. Il terapeuta dell'etŕ evolutiva si trova ad affrontare gruppi di bambini la cui modalitŕ di comunicare le proprie emozioni č prevalentemente sensoriale-corporea. Viene messa a dura prova la capacitŕ contenitiva e conservativa il pensare. Il faticoso lavoro del terapeuta consiste nel permanere in una situazione bioniana di K- e nel tradurre in parole e pensieri, attraverso rappresentazioni e gioco (play), espressione di ciň che sta avvenendo in quel momento nel gruppo, le comunicazioni affettive ed emotive espresse con la sensorialitŕ e il corpo. Ciň permette nel tempo la creazione di una membrana preconscia (membrana di contatto bioniana) capace, come la membrana cellulare, di favorire lo scambio fra dentro e fuori, fra conscio e inconscio. Nell'abstract la esemplificazione clinica tratta un gruppo di bambini il cui cambiamento della composizione ha determinato lo scontro anche violento fra i rappresentanti delle due modalitŕ di comunicazione degli affetti. In particolare l'arrivo di due femmine favorisce il faticoso e doloroso cambiamento della struttura e soprattutto della mentalitŕ del gruppo: da una mentalitŕ talebana a una mentalitŕ democratica degli affetti. Si assiste a un conflitto fra una modalitŕ maschile improntata sull'azione e sul gioco (game) come veicolo delle emozioni e una modalitŕ femminile improntata sulla parola e sul pensiero.
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Chadwick, Henry. « A History of Gnosticis. By Giovanni Filoramo. Filoramo. (Trans. Anthony Alcock of L'attesa delta fine. Storia della gnosi. Rome : Laterza.) Pp. xxii + 269. Oxford : Basil Blackwell, 1990. £ 29·95. 0631157565 7 ». Journal of Ecclesiastical History 42, no 4 (octobre 1991) : 660–61. http://dx.doi.org/10.1017/s0022046900000725.

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Lerner, Robert E. « L'attesa della fine dei tempi nel Medioevo. Edited by Ovido Capitani and J¨rgen Miethke. (Annali dell'Istituto Storico Italo–Germanico, 28.) Pp. 279. Bologna : Mulino, 1990. L. 30,000. 88 15 02488 3 ». Journal of Ecclesiastical History 42, no 3 (juillet 1991) : 512. http://dx.doi.org/10.1017/s0022046900003729.

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Levati, Stefano. « Riforma dell'esercito e progettualitÀ politica nel "Mémoire sur la force militaire de la République cisalpine" di Andrea Milossevitz ». SOCIETÀ E STORIA, no 135 (juillet 2012) : 65–88. http://dx.doi.org/10.3280/ss2012-135004.

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Tramite l'analisi delle vicende che generarono la Mémorie (Parigi, 1801) di Andrea Millosevitz e le conseguenze che il testo produsse, tanto negli ambienti militari che in quelli politici, l'articolo indaga e ricostruisce un momento rilevante della battaglia politica scatenatasi nella Repubblica cisalpina tra Marengo e i Comizi di Lione. Dall'analisi escono ribadite sia la centralitÀ politica delle questioni belliche sia la vivacitÀ e l'attiva partecipazione alla vita politica dei militari.
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Moulinier, Laurence. « Quand le Malin Fait de L'Esprit Le rire au Moyen Age vu depuis l'hagiographie ». Annales. Histoire, Sciences Sociales 52, no 3 (juin 1997) : 457–75. http://dx.doi.org/10.3406/ahess.1997.279580.

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Aux prises avec la question du rire au Moyen Age, labile comme le sourire du chat du Cheshire, nous avons choisi de le traquer là où on l'attend a priori le moins, dans les récits hagiographiques et en particulier dans deux Vies du 12e siècle, où un même comique s'exerce aux dépens du saint, Bernard de Clairvaux (1090-1153) dans un cas et Hildegarde de Bingen (1098-1179) dans l'autre.Le maître d'oeuvre de la Vita prima sancti Bernardi est Geoffroy d'Auxerre, qui avait été son secrétaire et qui prit dès 1145, en raison sans doute de la mauvaise santé de l'abbé, l'initiative de faire écrire sa Vie.
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Benkheira, Mohammed H. « Le visage de la femme. Entre la sharî'a et la coutume ». Anthropologie et Sociétés 20, no 2 (10 septembre 2003) : 15–36. http://dx.doi.org/10.7202/015413ar.

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Résumé Le visage de la femme. Entre la shari'a et la coutume En Algérie comme dans les autres sociétés islamisées, le conflit entre modernistes et fondamentalistes en cache un autre aussi important, sinon plus, entre le fondamentalisme et les coutumes locales. La discussion au sujet du vêtement et de l'apparence des femmes l'atteste. On essaie de montrer ici que la propagation du voile fondamentaliste recouvre une offensive contre les usages maghrébins et contre la doctrine mâlikite, qui a concilié pendant des siècles la lettre de la loi religieuse avec les usages locaux, la religion écrite et la religion orale. Mots clés : Benkheira, islam, rapport homme-femme, tradition, honneur, fondamentalisme, corps
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Gabory, Olivier. « La vie là où on ne l'attend pas... Biodiversité et sites d'extraction de matériaux ». Pour 223, no 3 (2014) : 247. http://dx.doi.org/10.3917/pour.223.0247.

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Miklič, Tjaša. « Il discorso indiretto libero nel romanzo di Giorgio Bassani Il Giardino dei Finzi-Contini : funzioni testuali e caratteristiche linguistiche ». Linguistica 43, no 1 (1 décembre 2003) : 93–108. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.43.1.93-108.

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Quando la sezione letteraria della commissione statale per l'italiano aveva scelto il romanzo II giardino dei Finzi Contini (GFC) come testo su cui preparare le cono­ scenze letterarie per l'esame di maturita in italiano lingua straniera nei licei sloveni non si aspettava particolari difficolta di comprensione da parte degli studenti. La fruizione pero si e rivelata meno soddisfacente del previsto. L'attenta analisi lin­guistica delle sue caratteristiche strutturali svolta in seguito allo scopo di offrire poi agli insegnanti suggerimenti concreti per la presentazione dei punti problematici in classe ha portato alla scoperta di una insospettata complessita, soprattutto di natu­ ra narrativa e sintattica. Questo compito apparentemente pratico ha spronato una ricerca di respiro piu ampio, che ha implicato analisi sistematiche della prima e del­ l'ultima versione del romanzo, 1 nonche di una serie di traduzioni in varie lingue.2
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Cintas, Caroline. « « Quand la violence au travail ne se trouve pas là où on l'attend... » : le cas d'un hôpital psychiatrique ». Nouvelle revue de psychosociologie 4, no 2 (2007) : 213. http://dx.doi.org/10.3917/nrp.004.0213.

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Biorcio, Roberto, et Paolo Natale. « LA MOBILITÀ ELETTORALE DEGLI ANNI OTTANTA ». Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, no 3 (décembre 1989) : 385–430. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008649.

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Résumé :
IntroduzioneLo studio della mobilità elettorale si ricollega per diversi aspetti al dibattito sulle tendenze generali del mercato elettorale in Italia e alla problematica legata ai tipi di voto. Lo studio delle forme che può assumere la mobilità elettorale costituisce però, a nostro avviso, un tema dotato comunque di una sua autonoma specificità. Le forme che assume il passaggio da una scelta di voto ad un'altra dipendono sia dalle modifiche di posizionamento dei partiti nell'ambito della competizione elettorale, sia dalle modalità secondo cui i cittadini-elettori si rapportano ad essi e, più in generale, vivono il proprio rapporto con la sfera politica e le istituzioni.Si possono individuare nella scelta dell'elettore diverse componenti analitiche (cfr. Parisi e Pasquino 1977; Pizzorno 1983 e 1986, Mannheimer e Sani 1987), riconducibili, a nostro avviso, ad alcune peculiari logiche motivazionali. Si può cogliere anzitutto unalogica dell'identificazione,secondo cui l'elettore esprime adesione e solidarietà rispetto a qualche tipo di identità collettiva che ritiene rappresentata in una delle proposte di voto in competizione. Le identità collettive che costituiscono il referente necessario per questo tipo di logica motivazionale possono essere già presenti nella società — e semplicemente trascritte o trascrivibili in una delle possibili opzioni di voto — oppure essere costituite dal «discorso identificante» dei politici (Pizzorno 1983). Oppure ancora essere una combinazione di entrambe queste possibilità. Si può poi riconoscere nell'elettore l'esistenza di unalogica dell'utilità(o della razionalità strumentale rispetto allo scopo), quando il voto appare finalizzato a favorire (oppure ad ostacolare) tendenze politiche e/o provvedimenti specifici, in base ad un proprio calcolo degli interessi. Insieme a queste due, si può considerare una terza componente analitica nel comportamento elettorale — definibile comelogica della protesta— che esprime motivazioni prevalentemente «in negativo» rispetto al voto o rispetto al tradizionale sistema dei partiti; questa logica emerge quando i partiti esistenti non riescono a suscitare sufficiente identificazione nell'elettore, né a rappresentarne le domande sociali. La logica della protesta si può esprimere non solo con l'astensionismo (attivo o passivo), ma anche con il voto per alcuni dei «nuovi partiti» formatisi negli anni settanta e ottanta come espressione di diverse forme di protesta politica o sociale.È evidente che queste diverse logiche motivazionali possono coesistere nello stesso atto di scelta, con un peso che può variare in base alle caratteristiche dell'elettore, alla congiuntura politico-sociale e al tipo di elezione. Quello che interessa al nostro studio è la relazione fra queste logiche di voto ed i processi di mobilità elettorale: come il peso specifico delle diverse logiche motivazionali può fare variare siale probabilitàdi mutamento delle precedenti scelte di voto, siale formeed ilsensoche questo mutamento può assumere.La logica della identificazione — declinata nelle forme più diverse — costituisce ovviamente la base della fedeltà elettorale di partito o, almeno, di «area politica». Per gli elettori che nel voto esprimono soprattutto una esigenza di identificazione, la probabilità di mutamenti è ridotta, e l'abbandono delle precedenti scelte assume un carattere «traumatico», che si può leggere come segno di un generale processo di ri-orientamento politico-esistenziale. Il passaggio diretto ed immediato da una identificazione ad un'altra è un evento che si verifica raramente. Gli elettori che scelgono di non votare più per un partito in cui si erano identificati sperimentano una fase di relativa incertezza, nella quale possono acquistare maggior peso, almeno transitoriamente, le logiche della protesta o quelle del calcolo delle utilità.La logica della utilità si esprime in un «calcolo dei vantaggi» che si può riferire tanto a interessi individuali e particolaristici (voto clientelare), quanto a quelli di gruppo o di categoria, fino ad assumere come riferimento interessi più generali (voto di opinione). Il calcolo dei vantaggi di ogni scelta di voto è funzione delle caratteristiche specifiche e congiunturali delle diverse scadenze elettorali. Ci si può aspettare che quanto più pesa, nella scelta del singolo elettore, la logica della utilità, tanto più sono probabili, almeno in linea di principio, i cambiamenti delle opzioni di voto.Anche la logica della protesta, se non è accompagnata da forte identificazione in un partito vissuto come rappresentante significativo della protesta sociale, fornisce un notevole contributo alla instabilità elettorale: in questo caso è l'atto stesso di abbandono delle precedenti scelte partitiche che diviene il veicolo più importante per l'espressione del risentimento dell'elettore.Si è rivolta l'attenzione a diversi tipi di mutamento nel comportamento elettorale, analizzando in particolare:1)i cambiamenti di voto all'interno del gruppo dei 7-8 partiti tradizionalmente presenti — nel dopoguerra — nelle competizioni elettorali: la mobilità in questo caso può essere interpretata come l'esito di un giudizio razionale sugli effetti dell'opzione elettorale sul quadro politico, o su una serie di politiche specifiche;2)i cambiamenti di voto da uno dei partiti tradizionali alla esplorazione di nuove possibilità di espressione elettorale — nella scelta di votare, ad esempio, per uno dei partiti emersi negli anni settanta ed ottanta, o per qualcuna delle liste che si caratterizzano su specificheissues(pensioni, ecologia, identità regionali, ecc.);3)il cambiamento dal voto al non voto, che può essere letto come diminuzione del livello di identificazione (visto dal lato dell'elettore) o nella capacità di mobilitazione (visto dal lato del partito) di una determinata opzione partitica;4)il ritorno dal non voto (non partecipazione alla votazione o non espressione di voto valido) al voto per una delle liste presenti nella competizione elettorale, che può dipendere dalla accresciuta capacità di suscitare mobilitazione ed identificazione da parte di una delle forze politiche presenti, oppure dalla particolare rilevanza soggettivamente attribuita ad una specifica tornata elettorale.Lo studio empirico delle forme di mobilità elettorale presenta — come è noto — particolari difficoltà, sia perché ciascuna di esse coinvolge quote limitate del corpo elettorale sia, più in generale, per l'ovvio motivo che non sono disponibili registrazioni — a livello individuale — delle scelte di voto e delle loro variazioni fra una elezione e l'altra. A causa di tali difficoltà e per ovviare ai problemi specifici di ciascuna delle tecniche di analisi, nel nostro studio sulla mobilità elettorale 1983-87 abbiamo fatto riferimento a risultati di ricerche realizzate con diversi metodi: analisi di dati raccolti tramitesurvey,analisi di dati elettorali aggregati a vari livelli, stime dei flussi elettorali in alcune città e stime di flussi a livello nazionale basate sui dati rilevati in un insieme di sezioni-campione. E nostra opinione che sia legittimo e necessario utilizzare nella ricerca i diversi metodi a disposizione, con la consapevolezza dei vantaggi e dei problemi metodologici che ciascuno di essi pone: soltanto l'attenta comparazione dei risultati ottenuti da diverse fonti può convalidare o, nel caso, porre seri interrogativi sulle ipotesi sostantive via via formulate. In questa sede il nostro interesse è rivolto ai risultati ottenuti con le diverse metodologie, più che alla discussione delle metodologie stesse, per la quale rimandiamo ad altre sedi.
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Ivanisevic, Vujadin. « Razvoj heraldike u srednjovekovnoj Srbiji ». Zbornik radova Vizantoloskog instituta, no 41 (2004) : 213–34. http://dx.doi.org/10.2298/zrvi0441213i.

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Résumé :
(francuski) Le d?veloppement et le renforcement de l'Etat serbe se sont traduits par l'?tablissement de contacts intenses, et sur un vaste plan, tant avec les ?tats voisins qu'avec des contr?es plus ?loign?es, ouvrant ainsi la voie ? de fortes influences originaires du monde byzantin et des pays d'Europe centrale et occidentale. L'id?ologie imp?riale, d'une part, et la culture aulique ainsi que celle fond?e sur les id?aux de la chevalerie, d'autre part, se sont rencontr?es sur le territoire serbe o? leurs traces s'entrem?lent dans la diplomatique, les monnayages mais aussi dans la vie quotidienne. Une de ces traces particuli?res est assur?ment constitu?e par l'apparition et l'emploi de l'h?raldique. De nombreux exemples de blasons repr?sent?s sur des sceaux, des monnaies, des monuments fun?raires, des parures, des v?tements et de la vaisselle r?v?lent l'importance conf?r?e ? l'h?raldique en Serbie m?di?vale o? cet art re?oit une place ? part enti?re sous le r?gne de Stefan Dusan. Cette p?n?tration de l'h?raldique est parfaitement attest?e par le sceau et les monnaies de ce souverain sur lesquels l'image du blason ainsi que les repr?sentations simplifi?es de divers attributs rev?tent un r?le de tout premier plan. Il convient ?galement de mentionner ici la place importante de l'h?raldique parmi les seigneurs de Stefan Dusan, laquelle est attest?e, entre autres monuments, par la dalle fun?raire du vo?vode Nikola Stanjevic ? Konca, la repr?sentation du casque avec lambrequins d'Orest, un des puissants vassaux de l'empereur, visible sur une tour ? Serr?s, une ceinture du s?bastocrator (?) Branko, etc. Tous ces exemples t?moignent de l'instauration d'une culture fond?e sur les id?aux de la chevalerie et aulique ? l'?poque de Stefan Dusan, qui ?tait assur?ment li?e au r?le important jou? par les puissants et l'arm?e. Les changements r?els et profonds alors survenus sont ?galement parfaitement attest?s par l'apposition de symboles h?raldiques sur les monuments fun?raires. Cette pratique a trouv? sa pleine expression sur le monument fun?raire de l'empereur Dusan qui a ?t? rehauss? d'un gisant ? personnification du d?funt rev?tu de tous les attributs du pouvoir corporels et t?moignage de sa puissance, o? cette statue mortuaire est un emprunt propre ? l'Europe occidentale. La p?n?tration des symboles h?raldiques s'est effectu?e sous l'influence importante, voire capitale, des chevaliers et mercenaires allemands recrut?s par la cour de Stefan Dusan, avec ? leur t?te le chevalier Palman. Cette th?se trouve en sa faveur les symboles h?raldiques m?mes relev?s en Serbie, qui, par leur caract?re, appartiennent ? l'h?ritage de l'h?raldique germanique ? teutonique, ainsi que les nombreuses analogies avec les insignes repr?sent?s dans Le r?le d'armes de Zurich dat? vers 1340. Sur la base du mat?riel disponible il reste difficile de dire dans quelle mesure l'h?raldique et l'esprit inspir? de l'id?al de la chevalerie ont p?n?tr? dans les strates inf?rieures de la soci?t?. De nombreux documents, avant tout ?crits, attestent assur?ment toute l'importance alors conf?r?e au blason. Sur la base des monuments conserv?s il est d?j? possible de conclure ? l'existence de certaines r?gles et principes h?raldiques: le blason compos? d'un ?cu orn? d'une ?roue?, d'un casque avec cimier repr?sente par un cousin, une rosette et un plumet, apparaissant sur une monnaie de Stefan Dusan, respectivement la repr?sentation de ces m?mes ?l?ments sans ?cu sur d'autres monnaies mais aussi sur le sceau de ce m?me souverain r?v?lent clairement que les repr?sentations h?raldiques avaient trouv? place dans la symbolique du pouvoir royal, respectivement imp?rial en Serbie m?di?vale. Par ailleurs, l'utilisation d'une symbolique h?raldique reprenant les m?mes embl?mes sur les monnaies de l'empereur Uros, du serviteur Branko, du joupan Nikola Altomanovic, Djuradj 1er Balsic, Vuk Brankovic et Jakov ne fait que confirmer l'importance des repr? sentations h?raldiques chez les dynastes serbes. L'?tape suivante dans le d?veloppement de l'h?raldique est constitu?e par l'apparition de nouveaux symboles h?raldiques li?s ? certaines familles et r?gions, tel que le symbole compos? d'un casque cimier associ? ? une repr?sentation de l'imp?ratrice apparaissant sur des monnaies de l'empereur Uros, de l'imp?ratrice Jelena, du roi Vukasin et de la reine Jelena, symbole que nous trouvons ?galement sur un sceau du roi Vukasin. C'est sous une m?me lumi?re qu'il convient ?galement de voir la marque familiale des Balsic qui sera reprise parmi les seigneurs et petits seigneurs, tout particuli?rement sur le territoire de Kosovo, ? en juger par les nombreuses trouvailles de bagues sceaux sur ce territoire. Une place particuli?re revient aux blasons familiales des Lazarevic ayant pour motif principal un casque avec cornes de veau qui appara?t sur des sceaux et des monnaies du prince Lazar, et qui ? l'?poque de Stefan Lazarevic formera un symbole h?raldique complet associ? ? l'image d'un aigle bic?phale aux ailes d?ploy?es repr?sent? sur un ?cu, des monnaies ou sous forme de cimier sur un casque, sur un sceau. Ce m?me embl?me a ?t? un bref temps gard? par Djuradj Brankovic sur un rare dinar, avant de le remplacer par un ?cu orn? d'une bande diagonale et d'un lys dans chaque champ libre, associ? ?galement ? un casque avec cimier en forme de lion sur un sceau conserv?. D'apr?s ce sceau exceptionnel Lazar Brankovic a adopt? le lion ? embl?me familial ? qui orne l'?cu et le cimier. Durant cette p?riode le r?le de la culture fond?e sur les id?aux de la chevalerie et aulique jouait un r?le significatif comme l'atteste le fait que le despote Stefan ?tait membre de l'ordre de chevalerie du Dragon cr?? par le roi de Hongrie Sigismond et que c'est en cette qualit? et en qualit? de souverain qu'il adoubait des chevaliers. D'apr?s les dires de Konstantin Filozof des ?occidentaux? venaient ? la cour de Serbie pour que le despote les ?couronne? en tant que chevalier. On note dans l'h?raldique serbe m?di?vale le m?lange de deux symboles ? le blason des chevaliers allemands et l'embl?me imp?rial. Le blason repr?sentait un symbole des armes au sens originel de cette notion alors que l'aigle bic?phale ?tait consid?r? comme le symbole du souverain, ?national?. Ce symbole a eu, dans une premi?re p?riode, une signification id?ologique et symbolique ? la base de laquelle se trouvait le rattachement de la dynastie serbe ? la famille byzantine r?gnante. L'aigle bic?phale, ? en juger par ses mod?les iconographiques, a ?volu? en marque du souverain, pour, dans une derni?re phase de son ?volution, ? l'?poque des despotes, recevoir la signification d'un symbole h?raldique. Celui-ci impliquait le droit ? h?riter du tr?ne et de l'empire serbes repr?sent?s par l'image de l'aigle bic?phale embl?me reconnaissable sur la carte d'Angelin Dulcert de 1339 et sur le sceau de Tvrtko 1er. La manifestation parall?le de fortes influences originaires d'Occident et de Byzance se refl?te ?galement dans le mausol?e de Stefan Dusan o? le monument fun?raire de ce souverain, en forme de gisant, c?toyait des fresques ex?cut?es selon le programme et l'iconographie byzantines. Nous retrouvons ?galement cette symbiose sur de nombreuses ?missions mon?taires ? commencer par celles du r?gne de l'empereur Uros avec repr?sentations de symboles h?raldiques d'un c?t? et de l'empereur ? cheval tenant un sceptre de l'autre c?t?, repr?sentation qui peut ind?niablement ?tre li?e ? l'id?ologie imp?riale byzantine. La question se pose de savoir si la Serbie m?di?vale a vu se d?velopper des symboles nationaux ayant pu conduire ? la cr?ation de son propre blason. Les diff?rentes repr?sentations de blasons enregistr?es ? partir du r?gne du roi Dusan, en passant par les dynastes serbes, jusqu'? l'?poque du despote Lazar Brankovic semblent ?tre en faveur du d?veloppement d'une h?raldique familiale, alors que l'id?e d'un symbole national n'a m?ri que progressivement pour recevoir sa pleine forme apr?s la chute du despotat, assur?ment en tant qu'expression d'une aspiration ? la r?alisation du renouveau de l'Etat serbe. Cette id?e ?tait li?e ? l'embl?me de l'aigle bic?phale ? symbole national ? et aux symboles h?raldiques ? embl?mes de l'h?ritage byzantin, europ?en mais aussi serbe.
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« Francesco Gui. L'attesa del concilio : Vittoria Colonna e Reginald Pole nel movimento degli “spirituali.” (Storia e società.) Rome : Editoria Università Elettronica. 1997. Pp. 587 ». American Historical Review, février 2001. http://dx.doi.org/10.1086/ahr/106.1.286.

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« Ovidio Capitani and Jurgen Miethke, eds., L'attesa della fine dei tempi nel medioevo. (Annali dell' Istituto Storico Italo-Germanico, Quaderno, 28.) Bologna : II Mulino, 1990. Paper. Pp. 279 ; 1 black-and-white illustration. L 30,000. » Speculum 68, no 02 (avril 1993) : 578. http://dx.doi.org/10.1017/s0038713400026786.

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« Roberto Rusconi. L'Attesa della fine : Crisi della società, profezia ed Apocalisse in Italia al tempo del grande scisma d'Occidente, 1378–1417. (Istituto Storico Italiano peril Medio Evo, Studi Storici, numbers 115–18.) Rome : The Institute. 1979. Pp. 279 ». American Historical Review, février 1985. http://dx.doi.org/10.1086/ahr/90.1.121.

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Galanakis, Yannis. « Book Review of Principi, Pelasgi e pescatori : L'Attica nella Tarda Età del bronzo, by Santo Privitera ». American Journal of Archaeology 118, no 4 (octobre 2014). http://dx.doi.org/10.3764/ajaonline1184.galanakis.

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