Littérature scientifique sur le sujet « Intervista qualitativa »

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Articles de revues sur le sujet "Intervista qualitativa"

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Amann-Gainotti, Meret. « Violenze nella coppia coniugale : cosa hanno da dire gli uomini ? » RIVISTA DI SESSUOLOGIA CLINICA, no 2 (janvier 2011) : 67–82. http://dx.doi.org/10.3280/rsc2010-002005.

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Résumé :
Obiettivo del contributo č di fornire dati preliminari su alcuni punti di vista maschili, ricavati da uno studio pilota condotto a Ginevra presso l'Associazione Vires, un organismo che si occupa di prevenzione e di trattamento delle violenze esercitate nella coppia e nella famiglia, interessandosi prevalentemente degli uomini autori di violenze nell'ambito familiare, ma dando anche ascolto a uomini che si presentano spontaneamente per cercare aiuto. La ricerca č condotta in collaborazione con la Cattedra di Psicologia dello Sviluppo e di Psicologia dell'Educazione della Facoltŕ di Scienze della Formazione dell'Universitŕ di Roma Tre e si ricollega ad una precedente esperienza di collaborazione con il Centro Antiviolenza della Provincia di Roma. Sono stati intervistati con uno schema di intervista qualitativa della durata di 2-3 ore, 4 uomini che hanno accettato di collaborare. Le interviste sono state interamente registrate e trascritte; in tal modo č stato possibile rilevare una serie di temi conflittuali e di nodi problematici che facevano da sfondo ai comportamenti violenti dei soggetti. Č stato inoltre rilevato che, nelle coppie in esame, non solo l'uomo, ma anche le donne sono soggette a scatti d'ira, collera, aggressioni, soprattutto verbali, ma a volte anche fisiche. Un altro dato significativo che viene messo in risalto nelle interviste č l'importanza assunta dal fatto di essere stato esposto/a a comportamenti genitoriali violenti nell'infanzia.
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Sommella, Dorothy, Juliana Seger Sanvicente, Vito Sugamele, Francesca Treccani et Antonello D’Elia. « Pezzi di padri. Ricomporre ruoli e funzioni dopo la ferita del divorzio ». TERAPIA FAMILIARE, no 124 (février 2021) : 99–116. http://dx.doi.org/10.3280/tf2020-124006.

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Résumé :
Dopo una breve panoramica sulla trasformazione sociale della figura paterna e un accenno alla normativa vigente in Italia sulla situazione dei genitori separati e/o divorziati, l'articolo presenta un'indagine esplorativa che si avvale di una intervista qualitativa a cui è stato sottoposto un campione rappresentativo di padri coinvolti nell'evento separativo; si riportano poi degli approfondimenti sulla paternità relativi a contesti non clinici, campo di esperienza di alcuni degli autori, volti a gettare un primo sguardo allargato sul tema. Centrali nella riflessione gli esiti delle ferite del divorzio e le possibilità che, una volta sanate, le stesse possano offrire ai tanti padri disposti a rimettersi in gioco.
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Dodaro, Maria. « Giovani e imprenditorialità : il pluralismo delle strategie e dei fattori di spinta e il ruolo delle politiche ». SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no 158 (novembre 2020) : 264–83. http://dx.doi.org/10.3280/sl2020-158013.

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Résumé :
L'articolo analizza le esperienze di giovani beneficiari di misure a sostegno dell'imprenditorialità del Comune di Milano. Lo scopo del contributo è di esaminare come, e a quali condizioni, motivazioni e spinte differenti all'avvio di impresa possono combinarsi. A partire dai risultati di una ricerca qualitativa, condotta con interviste semi-strutturate a giovani e attori di policy, lo studio mette in luce il pluralismo delle motivazioni e dei fattori che contribuiscono ad informare le strategie imprenditoriali dei giovani intervistati. Inoltre, evidenzia la rilevanza delle politiche urbane e delle condizioni sociali, economiche e istituzionali a fronte delle quali questo pluralismo prende forma.
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Xodo, Alberta, Monica Conz, Sara Vianello et Luana Buffon. « Il processo di aderenza alle disposizioni precauzionali COVID-19 in 55 bambini trevigiani intervistati nei primi 10 giorni di quarantena successivi al DPCM 9 marzo 2020 ». PSICOLOGIA DELLA SALUTE, no 1 (février 2022) : 91–113. http://dx.doi.org/10.3280/pds2022-001006.

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Résumé :
Nei primi 10 giorni del lockdown disposto dal DPCM 9 Marzo 2020, sono stati intervista-ti 55 bambini e adolescenti della provincia di Treviso, per comprendere la loro esperienza ri-spetto alla situazione di confinamento dovuto a ragioni sanitarie. L'intervista narrativa ha rilevato che fin dai primi giorni di quarantena, i bambini presentavano una buona conoscenza delle caratteristiche della pandemia e delle disposizioni precauzionali; tuttavia, tali informazioni venivano mutuate dalle comunicazioni tra adulti e dai programmi televisivi, lasciando nei bambini un senso di angoscia, gestito attraverso strategie di coping personali, e raramente grazie all'aiuto degli adulti. L'aderenza alle disposizioni precauzionali in questa fase ha avuto la funzione di contenere le proprie paure e di stabilizzare i legami coi genitori, attraverso il senso di appartenenza alla cultura famigliare e alla differenziazione con altri adulti percepiti come avversari o non alleati. La ricerca incoraggia il coinvolgimento dei bambini nelle interviste qualitative che li riguardano, in quanto soggetti attivi generatori di salute.
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Minello, Alessandra, et Concetta Russo. « Dentro lo schema. Accademiche italiane tra ricerca e didattica ». SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no 160 (août 2021) : 88–109. http://dx.doi.org/10.3280/sl2021-160005.

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Résumé :
Il lavoro accademico si divide tra ricerca, didattica e attività amministrative. Dopo la riforma Gelmini, la ricerca ha un peso rilevante ai fini dell'avanzamento di carriera. Secondo la letteratura, le donne sono più propense ad assumersi i compiti di insegnamento e quelli amministrativi, in virtù di un gender scheme che le vede più portate per queste mansioni. Le donne hanno meno probabilità di raggiungere posizioni apicali e le raggiungono più lentamente. In questo articolo esploriamo il ruolo attribuito dalle accademiche italiane ai compiti di didattica, indagando i percorsi di adattamento/resistenza alle nuove regole di competizione. Attraverso quindici interviste qualitative emerge che la didattica è considerata un elemento di ancoraggio: le intervistate percepiscono il rapporto diretto con gli studenti come indispensabile al raggiungimento della soddisfazione professionale, o considerano l'investimento in questo ambito come una potenziale porta di accesso alla carriera accademica. Alcune hanno subito richieste pressanti sia per l'espletamento di compiti di didattica sia amministrativi.
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Ardino, Vittoria. « La costruzione di significato della violenza sulla donna in contesti post-conflitto : uno studio interpretativofenomenologico su rifugiati congolesi ». MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, no 3 (décembre 2011) : 91–103. http://dx.doi.org/10.3280/mal2011-003006.

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Résumé :
Molti lasciano il paese d'origine come rifugiati dopo aver vissuto traumi gravi (torture, guerra, violenze di massa). In relazione a questi traumi, vi č la necessitŕ di esplorare i fattori socio-culturali che, in fase di post-migrazione, non permettono la rielaborazione del trauma. I rifugiati, vittime di eventi estremi, guardano a distanza gli accadimenti del paese d'origine, che sono, perň, spesso, fonte di ritraumatizzazione. Lo studio esplora in che modo rifugiati congolesi uomini, che vivono nel Regno Unito, interpretano e danno significato alla violenza sulle donne che continua a perpetrarsi nel paese d'origine. Si č utilizzato il metodo qualitativo dell'analisi fenomenologica-interpretativo. Quattro rifugiati sono stati intervistati seguendo una traccia di intervista semi-strutturata e le trascrizioni sono state analizzate secondo i principi dell'analisi fenomenologica-interpretativo. I quattro temi emersi dall'analisi sono stati etichettati: guerra e violenza, la figura della donna, violenza contro la donna e educazione. I partecipanti hanno descritto la violenza sulle donne in Congo come una ritraumatizzazione collettiva che si origina da una risoluzione della guerra non efficace e da una mancanza di educazione della popolazione locale. Nella valutazione degli effetti di traumi di massa occorre esplorare meglio in che modo i rifugiati interpretano la violenza attuale nel paese di origine come possibile fattore di rischio per un'eventuale ritraumatizzazione.
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Meringolo, Patrizia, et Sara Minacci. « Benessere degli operatori del 118 e aspetti psicosociali degli interventi. Un'indagine qualitativa in una Centrale Operativa toscana ». PSICOLOGIA DELLA SALUTE, no 2 (décembre 2010) : 25–42. http://dx.doi.org/10.3280/pds2010-002003.

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Résumé :
Introduzione: l'indagine nasce dallo studio del 118 come servizio di salute pubblica. I riferimenti teorici si rifanno alla Psicologia dell'emergenza, ai fenomeni di stress degli operatori ed al concetto di empowerment come strategia preventiva di tali fenomeni. L'obiettivo č quello di osservare il benessere percepito dagli operatori di una Centrale Operativa del 118, attraverso la loro descrizione delle attivitŕ svolte e delle principali difficoltŕ incontrate. Metodo: interviste semi-strutturate a 18 infermieri, analizzate con metodo qualitativo basato sulla Grounded Theory. Risultati: le maggiori difficoltŕ percepite sono dovute alla specificitŕ della Centrale Operativa, basata su rapporti con l'utenza mediati dal telefono che non consente una valutazione diretta della gravitŕ del problema portato. Le interviste hanno inoltre rilevato aspetti di grande intensitŕ emozionale fonti potenzialmente di stress e di burnout. Discussione e conclusioni: i risultati rivelano la percezione di scarsa padronanza da parte degli operatori delle modalitŕ di conduzione degli interventi telefonici. Emerge il bisogno di strutturare strategie di gestione dello stress, la richiesta di maggior confronto con i colleghi e la necessitŕ di sviluppare empowerment per una migliore conduzione del servizio.
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Colombo, Maddalena. « Apprendimenti non formali ed informali in un contesto educativo formale integrato con le arti performative in quattro scuole elementari del Canton Ticino ». Swiss Journal of Educational Research 36, no 3 (20 septembre 2018) : 407–34. http://dx.doi.org/10.24452/sjer.36.3.5105.

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Il saggio riporta alcune considerazioni scaturite nell’ambito del progetto “Teatro e Apprendimento”, svolto dalla Scuola Teatro Dimitri di Verscio in Canton Ticino con il sostegno del FNS. Il progetto ha introdotto delle pratiche di apprendimento “qualitativo”, ovvero informale, secondo un approccio olistico, per il quale è molto rilevante la dimensione socio-culturale. In questa prospettiva il teatro fornisce una chiave d’accesso privilegiata al patrimonio culturale. Il piano di ricerca ha incluso: un percorso formativo con gli insegnanti di 4 scuole elementari ticinesi; dei laboratori di movimento, canto e musica, lavoro sul testo d’autore, recitazione, drammatizzazione e improvvisazione; 4 messe in scena con protagonisti i soli bambini. La raccolta e analisi dei dati qualitativi da parte di un’équipe scientifica, ha seguito alcune ipotesi circa il rapporto tra teatro e apprendimento, messe a punto per meglio descrivere il procedimento riflessivo informale (apprendere dall’esperienza): Ipotesi della motivazione, della differenziazione, dell’affinamento tecnico, dell’integrazione, dell’interezza, dell’efficacia comunicativa o dell’emozione. Il materiale narrativo raccolto (schede personali, diari di bordo, interviste qualitative) mostra come gli apprendimenti più significativi sono riconducibili alla accresciuta capacità dei bambini di portare a termine un apprendistato formale nelle discipline artistiche. L’attività sperimentale ha favorito l’espressione emozionale e la creatività, l’integrazione dei partecipanti nel gruppo, tra originalità e ripetizione, tra razionalità e corporeità.
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Coppola, Cristina, Antonio Iannaccone, Monica Mollo et Tiziana Pacelli. « Interazioni conversazionali, manipolazioni linguistiche e emergenza di abilità logiche in attività matematiche ». Didattica della matematica. Dalla ricerca alle pratiche d’aula, no 9 (27 mai 2021) : 9–31. http://dx.doi.org/10.33683/ddm.21.9.1.

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Résumé :
In questo lavoro, in accordo con la prospettiva vygotskiana e focalizzando su alcuni aspetti della logica matematica, viene presentata una riflessione derivante da un insieme di ricerche che esplorano le relazioni tra linguaggio e sviluppo di abilità logiche. Si descrive la progettazione/implementazione di un dispositivo educativo, articolato in attività linguistico-manipolative realizzate in classi quarte di scuola primaria. Le attività si basano sulla costruzione e manipolazione di un linguaggio simbolico, socialmente condiviso, nato per far muovere un “bambino-robot” in una stanza. L’analisi qualitativa degli scambi sociali e del contenuto delle interviste di esplicitazione ha permesso di evidenziare come, attraverso il confronto dei diversi punti di vista, i bambini realizzano un processo dinamico di costruzione e negoziazione di significati matematici. In particolare, sono presentati alcuni temi comuni emersi dalle interviste che mostrano le modalità di elaborare le attività da parte dei bambini, collegate ad aspetti interindividuali e intraindividuali.
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Varalli, Martina. « La tecnica del Reiki dal punto di vista dei praticanti : un'indagine qualitativa tramite interviste ». RICERCHE DI PSICOLOGIA, no 2 (août 2019) : 351–80. http://dx.doi.org/10.3280/rip2019-002007.

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Thèses sur le sujet "Intervista qualitativa"

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Romaioli, Diego. « L'agire terapeutico : Le Teorie sul Cambiamento tra Rappresentazioni Sociali e Individuali ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3426398.

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Résumé :
This work aims to explore the social representations linked to the change phenomenon, within a social-constructionist research paradigm (Farr & Moscovici, 1984). In particular we tried to explore those meaning dimensions through which people establish how a psychological problem can be structured and solved (Duncan & Miller, 2000). The articulation of these dimensions gives birth to what we call, in literature, a “change theory”, meaning a symbolic system that organizes the (therapeutic) knowledge in order to: 1)define the nature of a hypothetical problem; 2) suppose its possible causes; 3)suggest the strategic lines in order to obtain its modification. These meaning configurations have been investigated on different levels of psychological and psychotherapeutic training, with the purpose of showing the role of the social-generative processes in the development of specific forms of knowledge and in order to make clear the points of reciprocity between the “scientific” and the “common sense” change theories. Concerning this point, we singled out that the research does not deal with the change process itself, but with the processes of meaning ascription that the various actors put into practice in order to configure the change; this is why we gave them the possibility of expressing what they really meant when using this term. This work is based on the social representation theory (Farr & Moscovici, 1984) and on the goal directed action theory (Von Cranach et. al.,1992; Von Cranach, et al., 1986). The clinical praxis is therefore configured in terms of an activity structured in actions oriented through partially conscious and socially-originated cognitions (Von Cranach, 1992). The research, therefore, is based on the assumption that the therapeutic acting is led by the intentional activity of a person and it is oriented through a means-goal scheme; moreover we presume that strategies and goals are selected starting from a symbolic system that is borrowed from the reference group. It has been relevant for this work the distinction made by Von Cranach (1992) between social representations (RS) and individual social representations (RSI): while the first ones have been defined as a supply of ordinate knowledge, made abstract and standardized by a social group, the second ones are the cognitive component of a single individual that includes an idiosyncratic knowledge that doesn’t derive from the RS of the reference group. The Rsi are located onto different levels on the knowledge structure and do not necessarily configure as original products tout court: they often make use of conceptual repertoires borrowed from different psychological models or also from other types of knowledge. We mainly want to point out, in this research, the way these knowledge systems are structured and organized. These systems are the basis of the therapeutic acting and they mingle a knowledge that is specific to various psychotherapeutic orientations with other implicit aspects derived from the participation of the therapists to the institutional praxis and to the common sense of a culture. In particular the structure of the knowledge is investigated and rebuilt through various interlinked dimensions : 1)social (cultural) representation: it is the set of meanings shared by various groups on the basis of a common sense knowledge; 2)hegemonic social representation linked to the school of thought one belongs to: it is the set of meanings generated by a specific group defined through the theoretic orientation followed by its members; 3) conventional individual social representation: it is the set of meanings generated by a minor part of a group that are somewhat matching to those produced by a different group; 4)privatized individual social representations: it is the set of relevant meanings that the individual expresses and that are not formalized in the studied symbolic universe. These can be considered as new models for the clinical intervention, as justification narrations for the eclectic practices, as integrations between different operative models, etc. This work is articulated into five main issues that are strongly interlinked.
Entro un paradigma di ricerca socio-costruttivista (Farr & Moscovici, 1984), il lavoro propone un’esplorazione delle rappresentazioni sociali connesse al fenomeno del cambiamento. Nello specifico si è tentato di esplorare quelle dimensioni di significato attraverso cui le persone si orientano nello stabilire come un problema di ordine psicologico possa strutturarsi e risolversi (Duncan & Miller, 2000). L’articolazione di queste dimensioni da luogo a ciò che, in letteratura, viene definita una “teoria sul cambiamento”, cioè un sistema simbolico che organizza la conoscenza (terapeutica) in modo da:definire la natura di un ipotetico problema; supporne le possibili cause (in termini di ragioni della sua persistenza); suggerire le linee strategiche (in termini di mezzi-fini) e le condizioni adeguate per ottenere la sua modificazione. Queste configurazioni di significato sono state indagate a diversi livelli della formazione in psicologia e psicoterapia, con l’obiettivo sia di mostrare il ruolo dei processi socio-genetici nel generare forme di sapere specialistico, sia di evidenziare i punti di reciprocità tra teorie “scientifiche” e teorie di “senso comune” sul cambiamento. Attraverso questa ricerca, quindi, si è voluto perseguire quanto Moscovici riteneva prioritario per le scienze sociali, ovvero un’investigazione che dettagliasse il modo in cui gli individui descrivono i fenomeni e contribuiscono a generarli nella vita quotidiana. Ecco perché la ricerca non si occupa del processo di cambiamento in sé, quanto dei processi di significazione che i diversi partecipanti agiscono al fine di configurare il cambiamento, lasciando ad essi, quindi, la possibilità di esprimere cosa effettivamente intendono quando utilizzano questo termine. La ricerca fa riferimento alla teoria delle rappresentazioni sociali (Farr & Moscovici, 1984) e alla teoria dell’azione diretta a scopo (Von Cranach et. al.,1992; Von Cranach, et al., 1986). In funzione di queste, la prassi clinica viene a configurarsi nei termini di un’attività strutturata in azioni finalizzate attraverso cognizioni parzialmente coscienti e di origine sociale (Von Cranach, 1992). La ricerca muove cioè dal presupposto che l’agire terapeutico sia regolato dall’attività intenzionale delle persone e venga orientato, in modo più o meno consapevole, attraverso uno schema mezzi-fini. Strategie ed obbiettivi terapeutici vengono inoltre selezionati a partire dal sistema simbolico che viene mutuato dal gruppo di riferimento, quindi in funzione della matrice di significati attraverso la quale viene solitamente configurata la realtà problematica e vengono prodotte anticipazioni per un suo (eventuale) cambiamento. Rilevante per il presente lavoro è la distinzione euristica operata da Von Cranach (1992) tra rappresentazioni sociali (RS) e rappresentazioni sociali individuali (RSI): mentre le prime sono state definite come una provvista di conoscenze ordinate, rese astratte e standardizzate di un gruppo sociale, le seconde costituiscono la componente cognitiva del singolo individuo che contempla anche un sapere idiosincrasico non derivato dalle RS del gruppo di riferimento, o comunque non rilevante per esso. Le RSI contengono cioè saperi che l’individuo mutua da altri contesti simbolici traducendoli, grazie ad una atto creativo, in espedienti conoscitivi per la sua attività. Infatti, le RSI si trovano locate a differenti livelli della struttura di conoscenza e non si configurano necessariamente come produzioni originali tout court: queste sfruttano spesso i repertori linguistico-concettuali mutuati da differenti modelli della psicologia o, anche, da altri settori del sapere. A questo riguardo, è opportuno inserire un’ulteriore distinzione tra RSI convenzionali e RSI privatizzate: mentre le prime si costituiscono come elementi condivisi su cui esiste un elevato accordo all’interno della collettività di un gruppo (seppur differente dal gruppo di riferimento dell’individuo che esprime la rappresentazione), le seconde comprendono elementi significativi solo per l’individuo, non possedendo alcuna rilevanza nell’ambito del più ampio contesto sociale. Ciò che si vuole mettere in luce nella presente ricerca è il modo in cui vengono strutturati e organizzati questi sistemi di conoscenza che sostengono l’agire terapeutico e che intrecciano, a diversi livelli di generazione delle RSI, i saperi specifici dei vari orientamenti psicoterapeutici con altri impliciti, derivati dalla partecipazione dei clinici alle pratiche istituzionali e, più in generale, al senso comune di una cultura. Nello specifico, la struttura di conoscenza verrà investigata e ricostruita su più dimensioni interconnesse: 1)rappresentazione sociale (culturale): è l’insieme dei significati condivisi dai diversi gruppi sulla base di un sapere di senso comune, collettivo, definito culturalmente; 2)rappresentazione sociale egemonica della scuola di appartenenza: è l’insieme dei significati condivisi da uno specifico gruppo definito in funzione dell’orientamento teorico seguito dai suoi componenti; 3)rappresentazione sociale individuale convenzionale: è l’insieme dei significati generati da una parte minoritaria di un gruppo che, in qualche misura, sono sovrapponibili alle produzioni discorsive e alle logiche concettuali congruenti a quelle di un gruppo differente da quello di appartenenza; 4)rappresentazione sociale individuale privatizzata: è l’insieme dei significati rilevanti che il partecipante esprime e che non trovano formalizzazione nell’universo simbolico rilevato dall’insieme empirico della ricerca. Queste possono emergere come configurazioni inedite di modelli psicologici per l’intervento clinico, come narrazioni di giustificazione e legittimazione di pratiche eclettiche, come integrazioni tra modelli operativi differenti, ecc. L’articolazione della ricerca si sviluppa attorno a cinque studi principali fortemente intrecciati tra di loro.
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TREVISANELLO, FEDERICA. « Una seconda "chance" in età adulta. Prospettive formative ed esistenziali tra lifelong learning e cura di sé ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/14339.

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Résumé :
This study concerns the strategy of lifelong and life wide learning as a form of "taking care of oneself". I assume, as Beck and Bauman say, that nowadays we live in a "risk society" and in a "liquid" society. In this context, the world has become more complex and the future more unpredictable in comparison with only few decades ago. The former collective agents (workers, women, social movements in general) seem to have vanished and the prospect of a public solution to the problems posed by the new/post modernity is very slim. It is the individual who has to undertake responsibility for his/her own future. There are at least two ways of considering lifelong learning: the first focuses on personal ability to purchase the skills, the competences, the capabilities required by the market, and become a "lifelong learner" in order to continuously respond to market-place challenges and remain employable. Somehow the person has always got to learn and can never consider himself/herself a complete professional, citizen, individual but is obliged to follow adaptive strategies just to stay afloat. The second way tries to see the "positive" side of an epoch of uncertainty: if social roles and status have become less solid, it should be possible, in adult life, to have the opportunity to seek for an autonomous form of satisfactory life, where lifelong learning links with experience and original, personal ways of elaborating experience. In this perspective, lifelong learning is a construct that has to give account of the situated, historical, economical, political role that education experiences play at the individual level but also in the individual's social context. I investigate the link between "necessity and possibility" in the process of "Bildung" of subjectivities. There are social, structural and cultural bonds that strongly condition access to education and to the opportunity to find one's place into society and there must be some possibility to overcome those bonds. What are the resources that individuals can count on to express their aptitudes and yearnings? What is the role of gender differences in such a need? I can say that lifelong learning may be only one of many different strategies to respond to deep and latent needs concerning identity, membership, self-planning, gender. As no dominion disposals are given without some resistance disposals, I look at experiences of existential re-definition that take place through a fracture, a crisis, a withdrawal, and lead to a new equilibrium, where the people experiencing them look for a "second chance" in their lives. I de-construct the idea of "second chance" pointing up notions of falling, risk, gain and loss, crisis and opportunity, freedom of choice. Also, the courage to look for something considered "second best" - or the courage to quit aiming for a first place in a competitive and individualistic society is to be valued. In the concept of "second chance" there is a redeeming dimension: the idea that learning throughout one's life does not mean to accumulate knowledge, skills, competencies in a linear and adaptive process, but - on the contrary - can be an evolutionary process similar to that found in nature, expressed by the concept of "exaptation". By the term "exaptation" I refer to the ability of individuals to learn, develop and self construct using in a creative form what they already possess. Maybe this is a particular kind of wisdom. It is also necessary to re-think the role of education in individual life stories, the different weight and the different meaning that people give to it depending on the moments in which they come into contact with educational systems. The role of those responsible for educational processes must also change: there is a need for a more circular way of defining educational requirements and knowledge. And so, the research, moving from a critical theory of society and from a Foucoultian perspective (with regards to the categories of power, resistance and freedom), makes use of the method devised in Italy by Riccardo Massa and by the Clinic of Education, because it allows investigation of the latent and hidden dimensions of everyday actions and beliefs while simultaneously constructing new forms of knowledge and self-knowledge. The research participants are individuals who have decided to give themselves a "second chance": they are adult students in Bicocca and many of them have abandoned previous studies, some have changed their lifestyles and have experienced a personal crisis. In this research, narrative and auto/biographical pedagogy play a substantial role: this approach, as a matter of fact, in the last fifteen years has gained full recognition in many context (Denzin & Lincoln; West; Josso; Ferrarotti; Pineau; Demetrio; Formenti; Gonzàlez Monteagudo, etc) and has proved to be a powerful research method in its own right for understanding subjectivity and making subjective experiences more visible and intelligible. Above all, this approach, with the aim of critiquing hierarchical models, has important implications for the change of roles. It is a way of acquiring knowledge and a social action, that promotes self-directed learning and the appropriation of one's own education. For these reasons I selected a small group of adults (aged 34 and up) who have decided to give themselves a "second chance", taking possession of their own lives, and by so doing taking care of themselves. I investigated together with these people their life history and the roots of the "turning point". To carry out this research I used face-to-face instruments, such as open and in-depth interviews, into a clinic perspective. The Clinic of Education as a method that brings to light the hidden dimensions of actions and decisions, in other words the symbolic, cognitive, emotional and procedural latencies related to education, is the theoretical frame in which the research is inscribed.
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Faggiolani, Chiara. « Studio dell’efficacia dell’approccio qualitativo applicato all’analisi dell’utenza reale e potenziale dei servizi bibliotecari attraverso ricerca empirica ». Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/11573/917917.

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Il lavoro è finalizzato a verificare l'efficacia delle tecniche della ricerca qualitativa - mutuate dalla metodologia della ricerca sociale - nelle indagini sull'utenza reale e potenziale dei servizi bibliotecari. La ricerca si è avvalsa di due diverse forme di approfondimento fortemente interrelate: una prettamente teorica sulla metodologia e le tecniche della ricerca sociale e l’altra di carattere pratico che, attraverso il metodo del caso di studio, ha previsto l’applicazione di tali strumenti in un’indagine empirica condotta sull’utenza di quattro biblioteche del Sistema Bibliotecario Comunale di Perugia.
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BELLETTI, Eleonora. « SUSTAINABLE TOURISM AND VALUE CO-CRATION : CHALLENGES AND OPPORTUNITIES FOR RURAL AREAS ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251118.

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Résumé :
La co-creazione di valore in ottica di sviluppo turistico di una destinazione è oggi un hot topic della ricerca scientifica sul destination management. L’obiettivo del presente lavoro è, da un lato, quello di fornire a studiosi ed operatori di settore alcuni spunti critici di riflessione sulle relazioni, le interazioni tra stakeholder e la gestione delle risorse del territorio in un’ottica di sviluppo turistico; dall’altro lato è quello di mostrare il ruolo, in tale contesto, che la nascita di modelli innovativi di agribusiness basati su un approccio culturale e sul supporto delle nuove tecnologie possono giocare, in particolare nelle aree rurali delle Marche. Al fine di comprendere le dinamiche, le idee e le spinte motivazionali dei soggetti coinvolti nel processo di ricerca, si è scelto di optare per un approccio qualitativo, nel quale i metodi privilegiati sono stati il case study e l’etnografia. Sono stati quindi analizzati dialoghi, interazioni, materiale informativo di vario genere, documenti ufficiali, field notes ed interviste semi-strutturate con soggetti chiave. La ricerca mette in evidenza come un cambio di paradigma culturale sia necessario per apportare reale innovazione e sviluppo sul territorio, sia in termini di relazioni ed interazioni tra stakeholder, sia in termini di gestione delle risorse. Questo cambiamento può favorire inoltre l’affermazione di modelli di agribusiness innovativi, che in parte stanno già iniziando a diffondersi, che rispondono a nuovi principi economici ed istanze sociali e culturali diverse rispetto al passato. Una successiva ricerca quantitativa potrebbe essere utile per una generalizzazione delle evidenze emerse dal presente lavoro e misurare l’effettiva ampiezza e diffusione dei vari argomenti qui descritti e discussi. La presente indagine contribuisce in particolare a sottolineare il valore di un approccio culturale e creativo anche in ambiti apparentemente distanti e guidati da logiche diverse.
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RECCHI, Simonetta. « THE ROLE OF HUMAN DIGNITY AS A VALUE TO PROMOTE ACTIVE AGEING IN THE ENTERPRISES ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251122.

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Résumé :
Ogni azienda che si riconosca socialmente responsabile deve occuparsi dello sviluppo delle carriere dei propri dipendenti da due punti di vista: quello individuale e personale e quello professionale. La carriera all’interno di un’azienda coinvolge, infatti, la persona in quanto individuo con un proprio carattere e una precisa identità e la persona in quanto lavoratore con un bagaglio specifico di conoscenze e competenze. L’azienda ha, quindi, il compito di promuovere carriere professionalmente stimolanti che si sviluppino in linea con i suoi stessi valori, la sua visione e la sua missione. Nel panorama moderno, aziende che sviluppano la propria idea di business nel rispetto dei lavoratori proponendo loro un percorso di crescita, si mostrano senza dubbio lungimiranti. Un tale approccio, però, non basta a far sì che vengano definite socialmente responsabili. I fattori della Responsabilità Sociale d’Impresa sono infatti numerosi e, ad oggi, uno dei problemi principali da affrontare è quello del progressivo invecchiamento della popolazione. Dal momento che la forza lavoro mondiale sta invecchiando e che si sta rispondendo al problema spostando la linea del pensionamento, tutte le aziende sono obbligate a mantenere le persone il più a lungo possibile attive e motivate a lavoro. L’età è spesso visto come un fattore di diversità e di discriminazione, ma nello sviluppare la mia argomentazione, cercherò di dimostrare che una politica del lavoro che supporti l’idea dell’invecchiamento attivo può trasformare questo fattore da limite in opportunità. Il rispetto degli esseri umani, a prescindere dalle differenze legate all’età, dovrebbe essere uno dei valori fondanti di ogni impresa. Nel primo capitolo della tesi, svilupperò il tema della dignità umana così come è stato concepito a partire dalla filosofia greca fino alla modernità. La dignità intesa come valore ontologico, legato all’essenza dell’uomo, diventerà con Kant il fattore di uguaglianza tra tutti gli esseri viventi, la giustificazione del rispetto reciproco. Il concetto di dignità verrà, poi, definito nel secondo capitolo come il principale valore che deve ispirare l’azione sociale delle imprese, come l’elemento che garantisce il rispetto di ogni dipendente che prima ancora di essere un lavoratore è un essere umano. La dignità è ciò che rende l’essere umano degno di essere considerato un fine in se stesso piuttosto che un mezzo per il raggiungimento di un fine esterno. Nell’era della globalizzazione, dove il denaro è il valore principale, gli esseri umani rischiano di diventare un mezzo al servizio dell’economia. A questo punto, il rispetto della dignità deve divenire il fondamento di un ambiente di lavoro che promuove la crescita e la fioritura dell’essere umano. Nel secondo capitolo cercherò quindi di dimostrare come l’idea di dignità possa promuovere un management “umanistico” centrato sul rispetto dell’essere umano. Un’impresa socialmente responsabile può promuovere il rispetto di ogni lavoratore se fa propri i valori di dignità e uguaglianza. Attraverso la teoria dello Humanistic Management che veicola tali valori, il lavoro diventa un luogo in cui l’uomo può esprimere se stesso, la sua identità, le sue conoscenze e competenze. Inoltre, dal momento che la popolazione sta invecchiando, le aziende devono farsi carico della forza lavoro più anziana, come è emerso sopra. A questo punto, nel terzo capitolo, il concetto della Responsabilità Sociale d’Impresa sarà analizzato nel suo legame con i temi dell’invecchiamento attivo e della diversità sul posto di lavoro. Conosciamo diverse ragioni di differenza a lavoro: genere, cultura, etnia, competenze, ma qui ci concentreremo sul fattore età. È naturale che i lavoratori anziani abbiano un’idea di lavoro diversa da quella dei giovani e che le loro abilità siano differenti. Ma questa diversità non deve essere valutata come migliore o peggiore: essa dipende da fattori che analizzeremo e che l’impresa socialmente responsabile conosce e valorizza per creare un ambiente di lavoro stimolante e collaborativo, eliminando possibili conflitti intergenerazionali. Alcune delle teorie che permettono di raggiungere tali obiettivi sono il Diversity Management e l’Age Management: ogni impresa può promuovere pratiche per valorizzare gli anziani, permettendo loro di rimanere più a lungo attivi e proattivi a lavoro e di condividere le proprie conoscenze e competenze. L’ultimo capitolo della tesi si concentrerà su un caso di azienda italiana che ha sviluppato uno strumento di valorizzazione di collaboratori over 65. Sto parlando della Loccioni, presso cui ho svolto la ricerca applicata e che promuove il progetto Silverzone, un network di persone in pensione che hanno conosciuto l’azienda nel corso della loro carriera e che continuano a collaborare con essa ancora dopo il pensionamento. Per capire l’impatto qualitativo e quantitativo che il progetto ha sull’azienda, ho portato avanti un’analisi qualitativa dei dati ottenuti grazie a due tipi di questionari. Il primo ha visto il coinvolgimento dei 16 managers della Loccioni a cui sono state sottoposte le seguenti domande: 1. Chi sono i silver nella tua area di business? Quali i progetti in cui essi sono coinvolti? 2. Qual è il valore del loro supporto per l’azienda? E, allo stesso tempo, quali sono le difficoltà che possono incontrarsi durante queste collaborazioni? 3. Qual è la frequenza degli incontri con i silver? 4. Perché l’azienda ha bisogno di questo network? Successivamente, ho sottoposto un altro questionario agli 81 silver della rete. Di seguito i dettagli: 1. Qual è il tuo nome? 2. Dove sei nato? 3. Dove vivi? 4. Qual è stato il tuo percorso formativo? 5. Qual è stata la tua carriera professionale? 6. Come e con chi è avvenuto il primo contatto Loccioni? 7. Come sei venuto a conoscenza del progetto Silverzone? 8. Con quali dei collaboratori Loccioni stai lavorando? 9. In quali progetti sei coinvolto? 10. Potresti descrivere il progetto in tre parole? 11. Che significato ha per te fare parte di questa rete? 12. Nella tua opinione, come deve essere il Silver? 13. Che tipo di relazioni hai con i collaboratori Loccioni? 14. Quali dimensioni umane (dono, relazione, comunità, rispetto) e professionali (innovazione, tecnologia, rete) emergono lavorando in questo progetto? Il progetto Silverzone è sicuramente una buona pratica di Age Management per mantenere più a lungo attivi i lavoratori over 65. I progetti in cui i Silver sono coinvolti hanno un importante impatto economico sull’impresa, in termini di investimento ma anche di guadagno. Ad ogni modo, qui la necessità di fare profitto, stando a quanto è emerso dai risultati delle interviste, è subordinata al più alto valore del rispetto dei bisogni umani che diventa garante di un posto di lavoro comfortable, dove si riesce a stringere relazioni piacevoli, collaborative e produttive.
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Livres sur le sujet "Intervista qualitativa"

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Cipriani, Alberto, et Anna Maria Ponzellini, dir. Colletti bianchi. Florence : Firenze University Press, 2019. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6453-973-7.

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Résumé :
Il volume presenta i risultati di una ricerca su impiegati e quadri nelle grandi imprese del settore metalmeccanico – al centro FCA e Leonardo – condotta secondo una metodologia di ricerca partecipata. Obiettivo dell’indagine è stato l’analisi dei cambiamenti nella professionalità, nell’organizzazione, nella qualità del lavoro e nel rapporto con il sindacato avvenuti negli ultimi anni nelle grandi aree impiegatizie (amministrative, commerciali, di ricerca e sviluppo, di supporto alla produzione), a fronte del progressivo venir meno di una identità professionale e sociale omogenea del mondo impiegatizio e dell’impatto crescente delle nuove tecnologie 4.0. La ricerca è stata condotta con metodi di ricerca qualitativa (interviste e focus) e quantitativa (una survey ai lavoratori) e ha visto momenti di discussione e di confronto tra i ricercatori, gli attori sociali delle imprese coinvolte (sindacalisti e managers) e un gruppo di studiosi che hanno accompagnato tutto il percorso.
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