Littérature scientifique sur le sujet « Insediamenti informali »

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Articles de revues sur le sujet "Insediamenti informali"

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Storato, Giulia, Giuliana Sanò et Francesco Della Puppa. « Fare casa nella città interstiziale, tra dinamiche attrattive e forze espulsive. Condizioni abitative e strategie della vita quotidiana di richiedenti asilo e rifugiati senza dimora a Trento ». SOCIOLOGIA URBANA E RURALE, no 124 (mars 2021) : 138–55. http://dx.doi.org/10.3280/sur2021-124008.

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Résumé :
Il presente contributo, frutto di una ricerca etnografica condotta nella Provincia Autonoma di Trento, indaga le condizioni di vita di rifugiati e richiedenti asilo al di fuori del sistema di accoglienza. In particolare, approfondisce gli effetti prodotti dagli insediamenti informali in cui essi dimorano e dalle condizioni materiali che li caratterizzano sulla vita quotidiana di questi immigrati, nonché le forme di riappropriazione di tali spazi che gli stessi immigrati esercitano.
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Perletta, Giorgia. « Insicurezza idrica come causa di trasformazioni nello spazio e fonte di dissenso politico : il caso del Khuzestan iraniano ». STORIA URBANA, no 167 (mai 2021) : 91–117. http://dx.doi.org/10.3280/su2020-167006.

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Résumé :
I cambiamenti climatici e l'impronta ecologica contribuiscono ad aggravare una problematica storicamente presente nel territorio iraniano, ovvero la scarsita d'acqua. Alcune province, come quella del Khuzestan, accusano una grave insicurezza idrica dovuta non solo alla penuria della risorsa, ma anche alla sua scarsa qualita, spesso compromessa dall'inquinamento atmosferico e dagli scarichi industriali, fattori che hanno alterato l'equilibrio degli ecosistemi locali. Al fine di contrastare l'insicurezza idrica e stato predisposto un massiccio investimento nella costruzione di dighe che, tuttavia, non hanno alleviato la mancanza d'acqua, ne limitato i frequenti fenomeni di alluvione a danno di vite umane, infrastrutture, agricoltura e insediamenti abitativi. La penuria idrica e la costruzione delle dighe hanno cosi costretto numerose comunita a ristabilirsi nei centri cittadini della provincia, abbandonando i villaggi e modificando la geografia urbana con un ingente sviluppo di aree informali. Questo saggio analizza la problematica idrica in Iran osservando, in prospettiva storica, la realta del Khuzestan. Si esamineranno gli effetti sociopolitici generati dalla scarsita d'acqua e l'impatto delle dighe sul fiume Karun a livello ambientale, urbano e demografico. Si vorra concludere su come l'emergenza idrica sia attualmente determinante ad innescare proteste popolari che uniscono la richiesta d'acqua a rivendicazioni di natura politica, economica e sociale e risultano quindi una minaccia per la stabilita del Paese.
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Korac, Maja. « Politiche, agency e dialogo interculturale. Esperienze dei rifugiati dei conflitti jugoslavi in Italia ». MONDI MIGRANTI, no 3 (mars 2010) : 127–50. http://dx.doi.org/10.3280/mm2009-003008.

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Résumé :
Questo articolo esamina il processo di etichettamento politico e burocratico dei rifugiati e il suo rapporto con razza, etnicitŕ, classe e/o genere, oltre che con altri meccanismi di esclusione che operano nei luoghi del loro insediamento. Considera criticamente le prospettive e i processi di insediamento delle persone fuggite dai conflitti in Yugoslavia, a cui č stato garantito il diritto di lavorare e/o studiare in Italia sulla base di un decreto governativo speciale, senza una lunga procedura di determinazione dello status. L'analisi si basa su una ricerca etnografica condotta a Roma negli anni 1999 e 2000. Esplora i meccanismi e il processo che hanno permesso loro di beneficiare dei diritti garantiti al loro arrivo. La discussione si focalizza, da un lato, sulle connessioni tra strategie e politiche di assistenza e sui limiti strutturali che incarnano e, d'altro lato, sul tipo di agency che incoraggiano. Esplora il ruolo delle reti sociali co-etniche, cross-etniche e minoranza-maggioranza nel processo di insediamento. Questo articolo sostiene che se l'acquisizione formale di diritti legali e sociali legati all'inclusione e all'eguaglianza non č accompagnata da contatti e legami informali tra minoranza e maggioranza, a livello micro, l'esperienza dei gruppi di minoranza rimarrŕ fortemente condizionata dalla loro sensazione di "alteritŕ" e dalla percezione di diseguaglianza ed esclusione. Ciň avviene perché lo sviluppo della fiducia tra gruppi (etnici) di minoranza e gruppi di maggioranza dipendono solo parzialmente dal set di diritti che possono essere garantiti ai gruppi "etnici" o "di minoranza".
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Paradiso, Michele, José Fernando Muñoz Robledo, Bianca Galmarini et Valentina D’Ippolito. « LA GUADUA E L’INFORMALE. LA CONOSCENZA STRUTTURALE E LA QUALIFICAZIONE DEI MATERIALI NATURALI NEL BARRIO DE INVASIÓN NUEVA ESPERANZA, KM41, MANIZALES, COLOMBIA ». Revista M 15 (16 août 2019) : 48–69. http://dx.doi.org/10.15332/rev.m.v15i0.2178.

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Résumé :
Nueva Esperanza è un insediamento di tipo informale situato nella regione andina colombiana, nel Dipartimento di Caldas, a cavallo del Río Cauca e sulla via che collega Manizales a Medellín. Come occupazione autogestita con ambizione di legalizzazione, è un modello non estraneo alla gestione colombiana, la cui emergenza abitativa è il risultato dell’instabilità politica e della lunga condizione di guerriglia, concentrata soprattutto in scenario rurale. Il lavoro che presentiamo investiga le forme dell’abitare sviluppatesi in questa comunità, alla luce delle differenti origini sociali e geografiche, formazione e competenze dei residenti. L’oggetto della ricerca è lo studio delle modalità di autocostruzione delle abitazioni in materiali locali (guadua angustifolia) e dell’efficacia delle soluzioni tecniche e costruttive adottate in tale contesto. Conseguente ai risultati dell’attività di rilievo e restituzione dei manufatti architettonici è l’individuazione di tre casi studio rappresentativi per diversi livelli di qualità d’esecuzione, qualità di conservazione, complessità della composizione. Si intravede, allora, un progetto ex novo che assolverà alla duplice intenzione di realizzare un luogo di socializzazione (ad oggi assente) e di sperimentare un cantiere autogestito a scopo didattico, per la valorizzazione del materiale e della tecnologia opportuna al fine di una ricostruzione consapevole delle abitazioni.
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Thèses sur le sujet "Insediamenti informali"

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PREGAZZI, CATERINA. « Sullo spazio collettivo negli insediamenti informali : la "domanda di città" della consuming middle class a Città del Messico ». Doctoral thesis, Università IUAV di Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/11578/278337.

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Dellapasqua, Martina, et Eleonora Savini. « INCREMENTAL SETTLEMENT Progetto di rigenerazione urbana di un insediamento informale nell'area Walkeshwar a Mumbai ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/17004/.

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Résumé :
L’area d’intervento si trova a Mumbai, a sud di Malabar Hill, è compresa tra il Mar Arabico e un’antica cisterna sacra denominata Banganga Tank ed è interessata dalla presenza di un insediamento informale ad alta densità. La tesi ha permesso il confronto con un problema diffuso che caratterizza le aree urbane e suburbane dell’India, ovvero la presenza di insediamenti informali sorti all’interno del tessuto consolidato della città, privi dei servizi primari e delle condizioni igieniche essenziali. Per approfondire la conoscenza dell’area sono state effettuati dei sopralluoghi mirati sull’area di progetto e sono state studiate e visitate alcune città e architetture indiane appartenenti prevalentemente all’area nord-occidentale del paese. La riflessione progettuale sarà focalizzata sulla relazione tra residenze e spazio pubblico, più precisamente il progetto si mira a tracciare delle linee guida generali per il rinnovamento dei caratteri identitari del luogo, relazionati al monumento sacro preesistente, la cisterna del Banganga. Il progetto propone pertanto la ridefinizione del disegno del sistema urbano, insieme a un piano per lo sviluppo di soluzioni puntuali orientate alla riorganizzazione delle residenze e degli spazi pubblici, in accordo con le necessità delle comunità di abitanti attualmente insediati, attraverso un processo di gestione della realizzazione del progetto in fasi successive. Esso mira quindi alla valorizzazione delle preesistenze architettoniche, importante patrimonio per la città di Mumbai, proponendo un processo di pianificazione per fasi orientato a definire delle strategie d'intervento finalizzate alla rigenerazione del tessuto informale e dello spazio pubblico.
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Mercorelli, Sophia, Veronica Maffi et Vittoria Gagliardini. « Abitare il limite. Progetto di riqualificazione urbana nell'area Walkeshwar a Mumbai ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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Résumé :
L’area del Walkeshwar di Mumbai presenta una serie di punti critici che negli ultimi anni stanno affliggendo anche altre aree della megalopoli: l’emergenza abitativa e l’assenza di spazi pubblici e servizi di base. I continui flussi migratori hanno plasmato l’area del waterfront in un conglomerato informale che non dialoga con il tessuto circostante e che nasconde in sé una serie di relazioni sociali di altissimo grado: da queste analisi è emersa la volontà di fornire un modello abitativo che preservasse e implementasse il rapporto uomo-uomo e rispettasse gli standard abitativi imposti dalla legge. Si è proposta dunque una soluzione alternativa allo sfruttamento selvaggio del terreno che favorisce un’edilizia High Density - Low Rise con matrici che trovano la loro giustificazione nel Genius loci dell’area: si identificano delle piastre residenziali che riconfigurano il nuovo waterfront, collegate da un sistema viario che connette il progetto al tessuto esistente. L’intervento non si conclude con la sola proposta di un modello abitativo ma si concentra e cerca di risolvere la totale assenza di spazi di aggregazione e aree verdi: riproponendo il primitivo ambiente autoctono della penisola, si è costruita una fascia verde di mangrovie che da un lato servisse all’accumulo di terreno per la realizzazione delle piastre residenziali e dall’altro fornisse una protezione naturale contro le mareggiate che affliggono la costa
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MORBIDONI, MICHELE. « Informalità e tradizioni insediative nel Mediterraneo. Permanenze, continuità e percorsi evolutivi della “città senza progetto” ». Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/2158/592721.

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ANTONIADIS, STEFANOS. « LA FORMA DEL COSTRUITO COSTIERO NON ACCREDITATO. Oggetti e insediamenti informali lungo i segmenti litoranei del Mediterraneo tra geografia, paesaggio e architettura ». Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/942615.

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Résumé :
Oggetto della ricerca è quel paesaggio odierno dei segmenti costieri del Sud d’Europa fatto di geografia e di objets trouves, forme e materiali ordinari, architetture “non accreditate” esito di pratiche dopotutto non così trasparenti – tratti di città informali litoranee, prodotti di autocostruzione, abusivismo e ambiguità normativa – che hanno generalmente origine, necessità, senso e usi autonomi rispetto a eventuali letture formali convenzionali, ma che possono interessare non poco chi si occupa di territorio antropizzato contemporaneo. Volenti o nolenti, questi manufatti, dalla presenza scenica talvolta imponente e brutale, talvolta minuta e ovattata, rappresentano una consistente quota del paesaggio contemporaneo e delle occasioni professionali di noi architetti, sempre più costretti a manipolare, con lo sguardo e con le opere, trasformare e sanare questo tipo di situazioni complesse, piuttosto che arricchire i nostri territori con nuova cubatura. Solo gli edifici abusivi in Italia sono il 17%, mentre la percentuale aumenta tra il 30% e il 40% se consideriamo le costruzioni che insistono lungo le linee di costa ; la vicina Grecia evidenzia prassi affini; se poi allarghiamo la trattazione anche a quegli edifici autorizzati dal punto di vista normativo, ma tuttavia mai “digeriti” da chi li osserva, è ovvio che parliamo almeno della metà di ciò che abbiamo sotto gli occhi costantemente da anni. Un fenomeno di quantità e dimensioni tali per cui è lecito da una parte riconoscere che l’attuale sistema positivistico normativo è, in poche parole, assai inefficace, e dall’altra parlare di situazione cogente, e non di gratuita disquisizione teoretica. Forse abbiamo davvero valicato un punto di non ritorno. È possibile ipotizzare di demolire chilometri e chilometri di costruzioni lungo le coste? Come smaltire e accumulare gli ulteriori miliardi di metri cubi di materiale edilizio non riciclabile? È economicamente sostenibile? È dialetticamente coretto? È culturalmente sincronico? Ogni demiurgica impresa atta a ristabilire un’ipotetica età dell’oro o sublimato “punto zero” di stato naturale delle cose, rischia di apparire più arrogante e insensata – anche se non considerata tale dal senso comune – che un umile e realistico tentativo di dare conto a certe forme che costellano il territorio, onestamente declinato nella consapevolezza dell’autonomia disciplinare e dei limiti – all’interno dei quali la nostra ricerca può definirsi in un certo senso scientifica – delle nostre competenze di studiosi di architettura, che non vanno confuse con le nostre aspirazioni generiche da cittadini o utenti sociali. Si tratta infatti di tralasciare per un istante le pulsioni politiche, sociologiche e le prassi da “reportage del degrado” – molto in voga oggi – per limitarsi, e di limite non si tratta, anzi, a indagare in qualità di architetti la forma, e comprendere fino a che punto oggetti e linguaggi non considerati aulici e non accreditati possono costituire invece materiale da costruzione di un certo interesse. Esattamente come altri, non solo in campo architettonico, hanno ripetutamente sperimentato nella storia per una nuova cultura della condivisione. La tesi di dottorato intende dunque proporre una lettura del paesaggio contemporaneo, guardando alla dinamica dell’accreditamento come principale strumento di rivalutazione di alcuni oggetti e segmenti costieri della nostra area cultural-geografica, al fine di affrontare più adeguatamente la complessità della gestione del territorio. La ricerca esplora dunque alcune tecniche compositive per l'accreditamento, cioè la messa in gioco dell'oggetto, o dell’insieme di oggetti, in nuovi e plurimi possibili sistemi di relazioni funzionali alla costruzione del paesaggio, dello spazio collettivo, delle forme della contemporaneità. L’accreditabilità di un oggetto è connessa a caratteristiche intrinseche ed estrinseche dello stesso. Essa risiede sicuramente in attributi formali – forma, dimensioni, scala, rapporto con il paesaggio, materiali impiegati – ma soprattutto, scongiurando uno sterile e pericoloso elenco numerico delle qualità da registrare, terribile tendenza che affligge il nostro tempo di riduzione dell’architettura a sistemi meramente quantitativi, in caratteristiche estrinseche all'oggetto stesso. Prima tra tutte la capacità progettuale – anzi compositiva – di chi descrive l'oggetto da accreditare, a partire dall’operazione del gettare lo sguardo su di esso, che è già progetto, trasformandolo e rendendo evidente con la produzione di una forma (sia essa una fotografia, un collage, un disegno, una poesia, una composizione musicale) questa trasformazione. Una trasformazione che consiste soprattutto nell'attivazione di nuove relazioni tra l'oggetto e altri elementi e layers del territorio, sia materiali che immateriali.
The object of this research is the contemporary landscape of the coastal segments in Southern Europe, made of geography and objets trouvés, ordinary shapes and materials, unacknowledged architectures, often a result of not very straightforward practices – sections of informal coastal towns, products of self building, unauthorized development and regulation ambiguity – which normally are autonomous in their origin, needs, sense and use in respect to a conventional formal reading, but rising great interest in those who are involved in the field of contemporary anthropized environments. Whether we like it or not, these products (human crafts showing, at times, a brutal and imposing stage presence and at times an insignificant or minor and muffled one) represent a considerable part of contemporary landscapes and of professional chances for us architects, being ever more forced to manipulate, transform and correct, both with our gaze and action, the complexity of these set outs, rather than enriching our territories with new volumes. Abusive buildings in Italy cover over 17% of the gross, while the percentage increases reaching 30-40% if considering buildings along coastal areas. Nearby Greece shows similar routine. If, then, one wishes to broaden the dissertation also to those buildings authorized under the regulation point of view, yet upsetting those who observe them, it is obvious that they cover at least half of what we have constantly observed for years. A phenomenon in terms of quantity according to which it is licit on one hand to recognize that the present positivistic regulatory framework is, basically, most useless, and on the other to speak of a compulsory situation, and not of an uncalled for theoretical disquisition. Perhaps we have truly reached the point of no return. Is it at all possible to hypothesize the demolition of whole stretches of buildings along the coastal areas? How to manage the clearing out and hoarding of further billions of square meters of non-recyclable rubble? Is it financially sustainable? Is it dialectically correct? Culturally synchronic? Any demiurgical activity undertaken in order to re-establish an hypothetical golden age or exalted “zero point” of the natural state of things could appear more presumptuous and senseless – although never considered as such by a very popular common sense – than a humble and realistic attempt to give value to certain shapes studding the territory, describing it honestly being aware of the freedom settled by the discipline and boundaries – within which our research may be defined almost nearer a scientific one – of our expertise as academics in architecture, which must not be confused with our aspirations as dwellers or social users. Indeed, it is all about leaving aside for a moment political or sociological drives and the now very popular “environmental degradation reports”, to limit oneself – and that is no limit – to investigate as architects, as we are, the shape, understand to which extent objects and languages that are not accredited nor considered noble can instead represent building material tickling a certain interest. Exactly like others, who have experienced, over and over again and not only in the architectural field, the new culture of sharing. Therefore, the aim of this PhD thesis is to suggest a reading of contemporary landscape, using the dynamics of the acknowledging as a fundamental means to reassess some objects and coastal segments of our cultural and geographical area, with the final objective of tackling more appropriately the complexity of the managing this territory requires. This research investigates some compositional techniques for the accrediting (that is, the putting at stake) of the object itself - or of the objects if a plurality – in new and many possible ways functional to the setting of the landscape, of the collective space, of the shapes of contemporaneity. The inclination of an object to be accredited is connected to its intrinsic and express characteristics. For sure it may be found in its formal qualities – shape, dimension, scale, relation with the landscape, employed materials – but, above all, preventing a sterile and dangerous numerical list of its qualities (an appalling tendency afflicting our time is to reduce architecture to systems measuring mere quantities, in characteristics extrinsic to the object itself. First of all the ability to design – rather, of composition – of who is describing the object to be accredited; starting from the first gaze, which is already designing, transforming it and making that transformation evident by giving it a shape (whether with a photograph, a collage, a drawing, a poem or musical composition). A transformation mainly consisting in activating new relationships between the object and other elements and layers of the territory, both material and intangible.
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Livres sur le sujet "Insediamenti informali"

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Daniele, Moschetti, dir. Città o baraccopoli ? : Gli insediamenti informali in Africa : il caso di Nairobi (Kenya). Torino : L'Harmattan Italia, 1998.

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Lefosse, Deborah C. Processi di insediamento informale : Relazioni tra morfologia, tipologia e tecnologia. Macerata : Quodlibet, 2021.

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Chapitres de livres sur le sujet "Insediamenti informali"

1

« Informale a confronto ». Dans Processi di insediamento informale, 57–118. Quodlibet, 2021. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv2gz3z16.6.

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2

« Geografie territoriali e pratiche informali ». Dans Processi di insediamento informale, 19–34. Quodlibet, 2021. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv2gz3z16.4.

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3

« Table of Contents ». Dans Processi di insediamento informale, 7–8. Quodlibet, 2021. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv2gz3z16.2.

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« Front Matter ». Dans Processi di insediamento informale, 1–6. Quodlibet, 2021. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv2gz3z16.1.

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« Bibliografia ». Dans Processi di insediamento informale, 157–64. Quodlibet, 2021. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv2gz3z16.11.

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6

« Intervista al Prof. Javier Fernández Castro ». Dans Processi di insediamento informale, 143–48. Quodlibet, 2021. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv2gz3z16.9.

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7

« Introduzione ». Dans Processi di insediamento informale, 9–18. Quodlibet, 2021. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv2gz3z16.3.

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8

« Processi in atto e trasformazioni future ». Dans Processi di insediamento informale, 119–34. Quodlibet, 2021. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv2gz3z16.7.

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9

« Organismi urbani in evoluzione : ». Dans Processi di insediamento informale, 35–56. Quodlibet, 2021. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv2gz3z16.5.

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10

« Conclusioni ». Dans Processi di insediamento informale, 135–40. Quodlibet, 2021. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv2gz3z16.8.

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