Littérature scientifique sur le sujet « Immagini sacre »

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Articles de revues sur le sujet "Immagini sacre"

1

Riklius, Tomas. « Classical texts in the art treatises of early Modern Period ». Literatūra 61, no 3 (20 décembre 2019) : 98–108. http://dx.doi.org/10.15388/litera.2019.3.8.

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Résumé :
This paper discusses the quotation frequency and reference strategies of Leon Battista Alberti, Federico Borromeo, and Gabriele Paleotti. These three Catholic art theoreticians of Early Modern period engaged Classical texts as the point of reference and expertly manipulated the Classical sources to provide contextual arguments in the formation of their own artistic theories. Alberti, Borromeo, and Paleotti directly alluded or referred to Pliny the Elder, Plutarch, Xenophon, Strabo, Aulus Gellius, and other Classical sources rather extensively. This can be noticed from various quotation strategies applied in Alberti, Borromeo, and Paleotti treatises and by statistical data on quotation frequency in Alberti’s De pictura, Paleotti’s Discorso intorno alle immagini sacre e profane, and Borromeo’s De pictura sacra.
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2

Habib de Salles Abreu, Clara. « O "Discorso" de Paleotti e o desejo por uma teoria Tridentina da imagem ». LaborHistórico 6, no 2 (29 décembre 2020) : 267–86. http://dx.doi.org/10.24206/lh.v6i2.32589.

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Résumé :
Qual era a real importância que a Igreja, no contexto das reformas religiosas do século XVI, dava ao controle sobre as imagens na Europa Católica? O artigo em questão pretende investigar, a partir da análise do Discorso intorno alle immagini sacre e profane do Arcebispo de Bolonha Gabriele Paleotti, uma relação entre teoria e prática das artes no contexto do Concílio de Trento. Trata-se de questionar qual é a real distância existente entre o discurso teórico, intelectualizado, proferido pelos representantes da Igreja e tratadistas da arte (desejosos por uma normativa) e a efetiva prática da arte, que, por vezes, escapava a essa normativa.
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3

Żurek, Antoni. « Wierność tradycji. Jan Paweł II a 1200. rocznica soboru nicejskiego II ». Vox Patrum 50 (15 juin 2007) : 145–58. http://dx.doi.org/10.31743/vp.6679.

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Résumé :
Nell'anno 1987 accadeva 1200 anniversario del concilio ecumenico di Nicea (787). Nella sua Lettera Apostolica Duodecimum saeculum Giovanni Paolo II ha ricordato il problema trattato dal concilio ma anche ha messo in rilievo alcuni punti essenziali risultati dall'insegnamento di Nicea. Cosi il concilio viene non solo ricordato ma anche interpretato dalia prospettiva del successore di S. Pietro. Dal punto di vista papale ci vuole rivolgere attenzione all’insegnamento sulla tradizione della Chiesa. E una tradizione comune della Chiesa: occidentale et orientalne. Dal punto di vista del dialogo ecumenico ąuesto crea un punto di riferimento. In riferimento alla dottrina del concilio sul culto delle immagini sacre Giovanni Paolo II ha presentato i punti cardinali dell'insegnamento della Chiesa rispetto all'arte cristiana e il suo ruolo nell'annuncio del vangelo.
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Marella, Giuseppe. « Gerusalemme crociata e le immagini sacre : exempla, notazioni estetiche e accenti devozionali nelle fonti medievali ». Crusades 9, no 1 (31 décembre 2010) : 69–85. http://dx.doi.org/10.1080/28327861.2010.12220245.

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Ruggiero, Giuseppe. « Un oceano di silenzio. Omaggio a Franco Battiato ». PSICOBIETTIVO, no 1 (mars 2022) : 155–61. http://dx.doi.org/10.3280/psob2022-001012.

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Résumé :
Prendendo spunto dalle immagini di un documentario recentemente trasmesso dalla Rai in memoria di Franco Battiato, l'Autore propone una sua personale rilettura di alcune delle piu celebri opere musicali del cantautore siciliano, che rappresentano una sorta di itinerario simbolico ricco di spunti anche per la formazione e la crescita personale del terapeuta. In particolare, egli prende in esame alcune tematiche centrali della poetica di Battiato: la consapevolezza di se, oltre gli automatismi comportamentali, il rapporto dell'uomo con il sacro, l'attualita di costrutti fondamentali delle filosofie orientali, tra cui il concetto di morte e rinascita.
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Loyen, Ulrich van. « Fabietti, Ugo E. M. : Materia sacra. Corpi, oggetti, immagini, feticci nella pratica religiosa ». Anthropos 111, no 1 (2016) : 251–53. http://dx.doi.org/10.5771/0257-9774-2016-1-251.

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Francisca de Souza, Marinete Luzia. « Rapporti tra lettere e pastorali di Giovanni Franzoni e di Pedro Casaldaliga ». Texto Poético 18, no 36 (29 mai 2022) : 95–113. http://dx.doi.org/10.25094/rtp.2022n36a862.

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Résumé :
Questo articolo tratta due lettere pastorali, Uma Igreja na Amazônia em conflito com o latifúndio e a marginalização social (1971), di Pedro Casaldaliga e La terra è di Dio (1973), di Giovanni Franzoni nel loro rapporto con il modo in cui teorizzano la Teologia della Liberazione e, nel caso specifico di Casaldaliga, con la reiterazione di immagini poetiche nella loro prosa. Sono stati utilizzati Borges (2000), Pace (2007), Luckmann (2002) e Berger (2004) come fondamento teorico. Il metodo di studio e stato l’analisi testuale e discorsiva con alcuni tratti di stile letterario. Si conclude che loro presentano forme di scrittura simili per quanto riguarda l’insieme di metafore, vale a dire, relative alla terra e al sacro.
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D'Onofrio, Anna Maria. « Immagini di divinità nel materiale votivo dell'edificio ovale geometrico ateniese e indagine sull'area sacra alle pendici settentrionali dell’Areopago ». Mélanges de l’École française de Rome. Antiquité 113, no 1 (2001) : 257–320. http://dx.doi.org/10.3406/mefr.2001.10669.

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Jones, Pamela. « Pamela M. Jones. Review of "Discorso intorno alle immagini sacre e profane (1582)" by Gabriele Paleotti, Stefano della Torre, and Gian Franco Freguglia. » caa.reviews, 27 janvier 2004. http://dx.doi.org/10.3202/caa.reviews.2004.7.

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Pagano, Maurizio. « ALLE ORIGINI DELL’ARCHITETTURA SACRA : INTERPRETAZIONI DEL TEMPIO EGIZIO ». RAPHISA REVISTA DE ANTROPOLOGÍA Y FILOSOFÍA DE LO SAGRADO 1, no 2 (6 décembre 2019). http://dx.doi.org/10.24310/raphisa.2017.v0i2.4302.

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Résumé :
Abstract italiano: Secondo l’interpretazione di Hegel gli edifici religiosi egiziani, e tra essi in particolare i templi, rappresentano l’inizio della storia dell’architettura, e con ciò di tutta la storia dell’arte.L’architettura religiosa egiziana ha un carattere simbolico, perché la sua forma cerca di rappresentare il contenuto spirituale senza esservi pienamente adeguata. Così il tempio egizio allude al divino con la sua intera struttura, ma non ha propriamente un interno, dedicato al culto dell’immagine del dio.L’egittologia contemporanea ha corretto Hegel su questo punto, perché in generale il tempio egizio aveva un interno che custodiva l’immagine della divinità. Tuttavia la tesi di Hegel rimane paradossalmente valida per un caso particolare dell’esperienza egiziana, che egli non poteva conoscere: nella religione monoteista di Amarna il tempio del dio solare Aton non ha immagini e non ha un centro, perché il divino è presente dappertutto, come la luce del sole, che illumina egualmente ogni parte del tempio..Parole chiave: Egitto; architettura; tempio; simbolo; immagine.
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Thèses sur le sujet "Immagini sacre"

1

De, Marchi Laura <1984&gt. « Mari dipinti e immagini sacre nella cartografia : per una storia di carte, atlanti e planisferi miniati a Venezia nel XIV e XV secolo ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10357.

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Résumé :
La tesi prende in esame gli esemplari di cartografia nautica eseguiti a Venezia tra il secondo decennio del XIV secolo e la metà del secolo XV, concentrando l’attenzione sull’aspetto artistico di questi manufatti, spesso miniati. L’obiettivo è quello di evidenziare e chiarire la nascita di un ramo dell’arte della miniatura dedicato alla cartografia nautica, caratterizzato da una propria iconografia e iconologia.
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Biggi, Laura. « Immagini miracolose sotto processo ». Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2019. http://hdl.handle.net/11384/86069.

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Résumé :
Il mio lavoro è dedicato ai processi alle immagini della Vergine che hanno dato origine a culti e santuari mariani intorno al XVI secolo in Italia. Ho scelto di analizzare questa specifica documentazione attraverso l’esame di più inquisitiones e optando per un metodo di ricerca che permetta di valutare i cambiamenti, formali e sostanziali, avvenuti nella fonte stessa dal Quattrocento fino agli ultimi anni del Cinquecento. [...] ho elaborato una tesi che ritengo possa fornire alcune risposte relative non soltanto alla storia della fonte, ma anche a temi diversi e più complessi, ampiamente dibattuti dalla storiografia: il ruolo dei vescovi nella Chiesa pre e post tridentina e il loro rapporto con la corte papale e con le istituzioni laiche territoriali; la questione della maggiore o minore continuità fra XV e 3 XVI secolo di fenomeni culturali - come quelli collegati a credenze e devozioni - e di relazioni e conflitti fra istituzioni e giurisdizioni; il problema costituito dalla materialità dell’immagine sacra e dall’elaborazione, proprio a partire dal processo, di memorie condivise intorno ad essa . La mia ricerca si basa principalmente su fonti scritte prodotte da processi informativi a oggetti materiali, nel mio caso immagini sacre, finalizzati all’accertamento di un miracolo e alla possibile conseguente legittimazione di un santuario: a livello storiografico, mi sono dunque confrontata con studiosi che hanno portato le analisi sulla storia materiale nel campo della storia religiosa e della storia delle devozioni, sebbene con metodologie e fonti differenti dalle mie. Ho dunque messo in relazione i risultati del mio lavoro con quelli che emergono dalle ricerche di Mary Laven - che studia le devozioni domestiche privilegiando le fonti provenienti dal basso - o di Caroline Bynum - che indaga il paradosso rappresentato dalla doppia natura degli oggetti sacri, con il quale i fedeli si trovavano a confrontarsi fra Medioevo ed Età moderna. [...]
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TOLA, FABRIZIO. « Parole e immagini nella ritualità della Settimana Santa in Sardegna. Fonti scritte e sculture lignee nella pratica rituale dell’epoca moderna ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2016. http://hdl.handle.net/11584/266742.

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Résumé :
The thesis intends to demonstrate how in the seventeenth and eighteenth century Sardinia it was fundamental for the Church to use the preached word and meditative text along with the devotional image. These are the same tools for control and indoctrination for the faithful. This particular phenomenon, even more marked in the modern age, is realized in Sardinia especially in the rites of Holy Week still celebrated today, the function of the "Deposition" and devotion to the Mysteries of the Passion, reconstructing the origin and development of these rites. It outlines the historical and social context of Sardinia in the XVII-XVIII Century. Emphasizing the devotional and religious aspect in particular towards the Passion of Christ. Including once the religious importance of the event in the Sardinian society of the time and of Easter is understood, as the central moment of the liturgical year, we analyze the function that the sacred image had in the rites practiced in the island, which had greater importance because it was supported by the preached word. Then some homiletic and meditative texts of the seventeenth century are examined, within this perspective. Finally, the historical and artistic side is deepened by critical study of some wooden sculptures, used in these rituals, which is published unedited, incorporating them into specific areas of production and proving once again how modern era Sardinia was a cultural and artistic crossroads and trading center.
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CAVENAGO, MARCO. « ARTE SACRA IN ITALIA : LA SCUOLA BEATO ANGELICO DI MILANO (1921-1950) ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2021. http://hdl.handle.net/2434/829725.

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Résumé :
Nell’ottobre del 1921 a Milano nacque la Scuola Superiore di Arte Cristiana Beato Angelico. Responsabili dell’iniziativa: don Giuseppe Polvara, l’architetto Angelo Banfi, il pittore Vanni Rossi, affiancati dallo scultore Franco Lombardi, dai sacerdoti Adriano e Domenico Bernareggi, dall’ingegner Giovanni Dedè, dal professor Giovanni Mamone e dall’avvocato Carlo Antonio Vianello. Gli allievi del primo anno scolastico furono nove, due dei quali (gli architetti don Giacomo Bettoli e Fortunato De Angeli) destinati a restare per lunghi anni nella Scuola come docenti: così avvenne anche col pittore Ernesto Bergagna, iscrittosi l’anno seguente. A partire da quell’avvenimento il contesto italiano dell’arte sacra poté contare su un elemento di indiscutibile novità, destinato nel giro di pochi anni a una rapida, diffusa e pervicace affermazione nella Penisola. La fondazione della Scuola Beato Angelico mise un punto fermo nell’annoso dibattito sul generale declino dell’arte sacra che andava in scena da lungo tempo in Italia così come nei principali Paesi europei. La formula ideata da don Polvara metteva a sistema le proprie esperienze personali, artistiche e professionali con la conoscenza del contesto internazionale, di alcuni modelli esemplari e il confronto con gruppi e singole figure (artisti, critici, uomini di Chiesa) animate dal comune desiderio di contribuire alla rinascita dell’arte sacra. A cento anni dalla sua nascita – e a settanta dalla scomparsa del suo fondatore – la Scuola Beato Angelico (coi laboratori di Architettura, Cesello, Ricamo, Pittura e Restauro) prosegue tuttora nel compito di servire la Chiesa attraverso la realizzazione di arredi e paramenti sacri contraddistinti da una particolare cura dell’aspetto artistico e liturgico, oggetto di ripetute attestazioni di merito e riconoscimenti in ambito ecclesiastico. Ciò che invece finora manca all’appello è un organico tentativo di ricostruzione delle vicende storiche che hanno segnato la genesi e gli sviluppi di questa singolare realtà artistica e religiosa. Scopo di questa tesi è quindi la restituzione di un profilo il più possibile dettagliato e ragionato della storia della Scuola Beato Angelico, tale da riportare questa vicenda al centro di una situazione storica e di un contesto culturale complesso, attraverso una prospettiva di lavoro originale condotta sul filo delle puntualizzazioni e delle riscoperte. Stante il carattere “pionieristico” di questa ricerca, la vastità dei materiali e delle fonti a disposizione e la conseguente necessità di assegnare un taglio cronologico riconoscibile al lavoro si è optato per circoscrivere l’indagine ai decenni compresi tra il 1921 e il 1950, ovvero tra la fondazione della Beato Angelico e la scomparsa di Giuseppe Polvara. Come si vedrà, il termine iniziale viene in un certo senso anticipato dall’esigenza di tratteggiare al meglio gli antefatti e il contesto da cui trae origine la Scuola (tra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo). L’anno assunto a conclusione della ricerca, invece, è parso una scelta quasi obbligata, coincidente col primo avvicendamento alla direzione della Beato Angelico oltre che dalla volontà di escludere dal discorso quanto andò avviandosi negli anni Cinquanta e Sessanta, ossia una nuova e diversa stagione nel campo dell’arte sacra (destinata, tra l’altro, a passare attraverso lo snodo rappresentato dal Concilio Vaticano II e dall’azione di S. Paolo VI), peraltro assai indagata dagli studi storico-artistici. Ciò che ha reso possibile la stesura di questa tesi è il fatto che essa si appoggi, in buona parte, su materiali archivistici inediti o, quantomeno, mai esaminati prima d’ora in modo strutturato. L’accesso ai materiali d’archivio più storicizzati e la loro consultazione (grazie alla disponibilità dimostrata dalla direzione della Scuola Beato Angelico) hanno condizionato in modo determinante la trattazione degli argomenti, la ricostruzione dei quali , in alcuni casi, è sostenuta esclusivamente dai documenti rinvenuti. La nascita della Scuola Beato Angelico non fu un accadimento isolato nel panorama della produzione artistica europea del tempo né un episodio estraneo a quanto, contemporaneamente, si andava dibattendo nel mondo ecclesiastico. La Scuola di Polvara nacque in un’epoca contrassegnata da grande fermento ecclesiale: si pensi agli Ateliers d’Art Sacré fondati da Maurice Denis e George Desvallières a Parigi nel 1919, solo due anni prima della Scuola milanese, i cui aderenti – tutti laici – professavano una religiosità intensa e devota. Ma, soprattutto, il modello determinante e più conosciuto da Polvara fu la Scuola di Beuron (Beuroner Kunstschule), nata nell’omonima abazia benedettina tedesca nell’ultimo quarto del XIX secolo a opera di padre Desiderius Lenz e sul cui esempio ben presto sorsero atelier specializzati nella produzione di arte sacra (arredi e paramenti a uso liturgico) in molte comunità benedettine dell’Europa centrale. L’affinità di Polvara con la spiritualità benedettina è un elemento-chiave della Scuola da lui fondata: dalla regola dell’ora et labora derivò infatti il concetto (analogo) di “preghiera rappresentata” (orando labora). L’organizzazione stessa della Scuola, impostata come in un’ideale bottega medievale dove maestri, apprendisti e allievi collaborano e convivono, riprende lo stile di vita monastico dei cenobi benedettini. Proprio al fine di conservare il più possibile il carattere della bottega medievale, il numero degli allievi ammessi alla Scuola non fu mai troppo elevato, così da mantenere un adeguato ed efficace rapporto numerico tra i discepoli e i maestri. Ancora, da Beuron la Beato Angelico trasse la particolare e inconfondibile forma grafica della lettera “e”, riconoscibile nelle numerose e lunghe epigrafi presenti in tante sue opere. Ultimo elemento in comune tra la Scuola milanese e quella tedesca – ma che si può imputare alla più generale fascinazione per l’epoca medievale – è l’unità di intenti che deve animare tutte le maestranze impegnate a creare un’opera collettiva e anonima ad maiorem Dei gloriam, dove il contributo del singolo autore rimane volutamente nascosto in favore del nome della Scuola. Ciò che differenzia, tuttora, la Scuola da analoghi centri di produzione di arte sacra è il fatto che essa poggi le fondamenta su una congregazione religiosa, la Famiglia Beato Angelico, un’idea a lungo coltivata da Polvara e approvata ufficialmente dall’autorità diocesana fra gli anni Trenta e Quaranta. Dalla comune vocazione alla creazione artistica sacra (“missione sacerdotale” dell’artista) discendono la pratica della vita comunitaria, la partecipazione ai sacramenti e ai diversi momenti quotidiani di preghiera da parte di maestri sacerdoti, confratelli e consorelle artisti, apprendisti, allievi e allieve. L’indirizzo spirituale tracciato dal fondatore per la sua Famiglia agisce ancora oggi a garanzia di una strenua fedeltà nella continuità di un progetto artistico e liturgico unico, messo in pratica da una comunità di uomini e donne legate fra loro dai canonici voti di povertà, castità e obbedienza ma soprattutto da un comune e più alto intento. Appunto per assicurare una prospettiva di sopravvivenza e futuro sviluppo della sua creatura, Polvara ebbe sempre chiara la necessità di mantenere unito l’aspetto della formazione (e quindi la didattica nei confronti degli allievi, adolescenti e giovani) con quello della produzione (spettante all’opera di collaborazione fra maestri, apprendisti e allievi). Dal punto di vista operativo le discipline artistiche, praticate nei vari laboratori in cui si articola la Scuola, concorrono, senza alcuna eccezione e nella citata forma anonima e collettiva, a creare un prodotto artistico organico e unitario, una “opera d’arte totale” che deve rispondere all’indirizzo dato dal maestro architetto (lo stesso Polvara), cui spettano devozione, rispetto e obbedienza. Alla progettazione architettonica viene dunque assegnata grande importanza e ciò comporta che le opere meglio rappresentative della Scuola Beato Angelico siano quegli edifici sacri interamente realizzati con l’intervento dei suoi laboratori per tutte o quasi le decorazioni, gli arredi, le suppellettili e i paramenti (come le chiese milanesi di S. Maria Beltrade, S. Vito al Giambellino, SS. MM. Nabore e Felice, o la chiesa di S. Eusebio ad Agrate Brianza e la cappella dell’Istituto religioso delle figlie di S. Eusebio a Vercelli). Quanto ai linguaggi espressivi impiegati dalla Scuola (il cosiddetto “stile”) si evidenziano la preferenza per il moderno razionalismo architettonico – un tema di stringente attualità, cui Polvara non mancò di dare il suo personale contributo teorico e pratico – e quella per il divisionismo in pittura, debitrice dell’antica ammirazione per l’opera di Gaetano Previati. Dall’interazione di queste due forme si origina un riconoscibile linguaggio, moderno e spirituale al tempo stesso, verificabile negli edifici come nelle singole opere, frutto di una profonda sensibilità che combina il ponderato recupero di alcune forme del passato (ad esempio l’iconografia paleocristiana reimpiegata nei motivi decorativi dei paramenti o nella foggia di alcuni manufatti, dal calice al tabernacolo, alla pianeta-casula) con lo slancio per uno stile moderno e funzionale adeguato ai tempi ma rispettoso della tradizione.
In October 1921, the Beato Angelico Higher School of Christian Art was born in Milan. Responsible for the initiative: Don Giuseppe Polvara, the architect Angelo Banfi, the painter Vanni Rossi, flanked by the sculptor Franco Lombardi, by the priests Adriano and Domenico Bernareggi, by the engineer Giovanni Dedè, by professor Giovanni Mamone and by the lawyer Carlo Antonio Vianello . There were nine pupils in the first school year, two of whom (the architects Don Giacomo Bettoli and Fortunato De Angeli) destined to remain in the School for many years as teachers: this also happened with the painter Ernesto Bergagna, who enrolled the following year. Starting from that event, the Italian context of sacred art was able to count on an element of indisputable novelty, destined within a few years to a rapid, widespread and stubborn affirmation in the Peninsula. The foundation of the Beato Angelico School put a stop to the age-old debate on the general decline of sacred art that had been staged for a long time in Italy as well as in major European countries. The formula conceived by Don Polvara put his personal, artistic and professional experiences into a system with the knowledge of the international context, some exemplary models and the comparison with groups and individual figures (artists, critics, men of the Church) animated by the common desire to contribute to the rebirth of sacred art. One hundred years after its birth - and seventy after the death of its founder - the Beato Angelico School (with the workshops of Architecture, Cesello, Embroidery, Painting and Restoration) still continues in the task of serving the Church through the creation of distinctive sacred furnishings and vestments. from a particular care of the artistic and liturgical aspect, object of repeated attestations of merit and acknowledgments in the ecclesiastical sphere. What is missing from the appeal so far is an organic attempt to reconstruct the historical events that marked the genesis and developments of this singular artistic and religious reality. The purpose of this thesis is therefore the return of a profile as detailed and reasoned as possible of the history of the Beato Angelico School, such as to bring this story back to the center of a historical situation and a complex cultural context, through an original work perspective conducted on thread of clarifications and rediscoveries. Given the "pioneering" nature of this research, the vastness of the materials and sources available and the consequent need to assign a recognizable chronological cut to the work, it was decided to limit the survey to the decades between 1921 and 1950, or between the foundation of Beato Angelico and the death of Giuseppe Polvara. As will be seen, the initial term is in a certain sense anticipated by the need to better outline the background and context from which the School originates (between the end of the 19th and the first decades of the 20th century). The year assumed at the end of the research, on the other hand, seemed an almost obligatory choice, coinciding with the first change in the direction of Beato Angelico as well as the desire to exclude from the discussion what started in the 1950s and 1960s, that is a new and different season in the field of sacred art (destined, among other things, to pass through the junction represented by the Second Vatican Council and by the action of St. Paul VI), which is however much investigated by historical-artistic studies. What made the drafting of this thesis possible is the fact that it relies, in large part, on unpublished archival materials or, at least, never examined before in a structured way. Access to the most historicized archive materials and their consultation (thanks to the availability shown by the direction of the Beato Angelico School) have decisively conditioned the discussion of the topics, the reconstruction of which, in some cases, is supported exclusively by documents found. The birth of the Beato Angelico School was not an isolated event in the panorama of European artistic production of the time nor an episode unrelated to what was being debated in the ecclesiastical world at the same time. The Polvara School was born in an era marked by great ecclesial ferment: think of the Ateliers d'Art Sacré founded by Maurice Denis and George Desvallières in Paris in 1919, only two years before the Milanese School, whose adherents - all lay people - they professed an intense and devoted religiosity. But, above all, the decisive and best known model by Polvara was the Beuron School (Beuroner Kunstschule), born in the homonymous German Benedictine abbey in the last quarter of the nineteenth century by father Desiderius Lenz and on whose example workshops specialized in the production of sacred art (furnishings and vestments for liturgical use) in many Benedictine communities in central Europe. Polvara's affinity with Benedictine spirituality is a key element of the School he founded: in fact, the (analogous) concept of "represented prayer" (orando labora) derived from the rule of the ora et labora. The very organization of the School, set up as in an ideal medieval workshop where teachers, apprentices and pupils collaborate and coexist, takes up the monastic lifestyle of the Benedictine monasteries. Precisely in order to preserve the character of the medieval workshop as much as possible, the number of students admitted to the School was never too high, so as to maintain an adequate and effective numerical ratio between disciples and masters. Again, from Beuron Fra Angelico drew the particular and unmistakable graphic form of the letter "e", recognizable in the numerous and long epigraphs present in many of his works. The last element in common between the Milanese and the German schools - but which can be attributed to the more general fascination for the medieval era - is the unity of purpose that must animate all the workers involved in creating a collective and anonymous work ad maiorem. Dei gloriam, where the contribution of the single author remains deliberately hidden in favor of the name of the School. What still differentiates the School from similar centers of production of sacred art is the fact that it rests its foundations on a religious congregation, the Beato Angelico Family, an idea long cultivated by Polvara and officially approved by the diocesan authority between the thirties and forties. From the common vocation to sacred artistic creation (the artist's "priestly mission") descend the practice of community life, the participation in the sacraments and the various daily moments of prayer by master priests, brothers and sisters artists, apprentices, pupils and pupils . The spiritual direction traced by the founder for his family still acts today as a guarantee of a strenuous fidelity in the continuity of a unique artistic and liturgical project, put into practice by a community of men and women linked together by the canonical vows of poverty, chastity. and obedience but above all from a common and higher intent. Precisely to ensure a prospect of survival and future development of his creature, Polvara always had a clear need to keep the training aspect (and therefore the teaching for students, adolescents and young people) united with that of production (due to the work of collaboration between teachers, apprentices and students). From an operational point of view, the artistic disciplines, practiced in the various laboratories in which the School is divided, contribute, without any exception and in the aforementioned anonymous and collective form, to create an organic and unitary artistic product, a "total work of art" which must respond to the address given by the master architect (Polvara himself), to whom devotion, respect and obedience are due. The architectural design is therefore assigned great importance and this means that the best representative works of the Beato Angelico School are those sacred buildings entirely made with the intervention of its laboratories for all or almost all the decorations, furnishings, furnishings and Milanese churches of S. Maria Beltrade, S. Vito al Giambellino, S. MM. Nabore and Felice, or the church of S. Eusebio in Agrate Brianza and the chapel of the religious institute of the daughters of S. Eusebio in Vercelli). As for the expressive languages used by the School (the so-called "style"), the preference for modern architectural rationalism is highlighted - a topic of stringent topicality, to which Polvara did not fail to give his personal theoretical and practical contribution - and that for Divisionism in painting, indebted to the ancient admiration for the work of Gaetano Previati. The interaction of these two forms gives rise to a recognizable language, modern and spiritual at the same time, verifiable in the buildings as in the individual works, the result of a profound sensitivity that combines the thoughtful recovery of some forms of the past (for example early Christian iconography reused in the decorative motifs of the vestments or in the shape of some artifacts, from the chalice to the tabernacle, to the chasuble-chasuble) with the impetus for a modern and functional style appropriate to the times but respectful of tradition.
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Livres sur le sujet "Immagini sacre"

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Paolo, Campione Francesco, dir. Sacre conversazioni : Immagini dell'Annunciazione nei musei siciliani. Palermo : Edizioni di passaggio, 2007.

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Michael. Per la restaurazione delle venerande e sacre immagini. Roma : Accademia nazionale dei Lincei, 1990.

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3

Stefano, Della Torre, dir. Discorso intorno alle immagini sacre e profane (1582). Città del Vaticano : Libreria editrice vaticana, 2002.

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4

Cinelli, Carlo. Tabernacoli e immagini sacre : Campi Bisenzio, Lastra a Signa, Signa. Firenze : Loggia de' Lanzi, 1994.

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5

Messina, Aldo. Sicilia rupestre : Il trogloditismo, gli edifici di culto, le immagini sacre. Caltanissetta [etc.] : Salvatore Sciascia, 2008.

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6

Bacci, Michele. Il pennello dell'Evangelista : Storia delle immagini sacre attribuite a san Luca. Pisa : GISEM, 1998.

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7

Vittorio, Fazzo, dir. Omelie mariologiche : Le omelie mariane e le lettere sulle sacre immagini. Roma : Città nuova, 1985.

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8

Sicilia rupestre : Il trogloditismo, gli edifici di culto, le immagini sacre. Caltanissetta [etc.] : Salvatore Sciascia, 2008.

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9

Messina, Aldo. Sicilia rupestre : Il trogloditismo, gli edifici di culto, le immagini sacre. Caltanissetta [etc.] : Salvatore Sciascia, 2008.

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10

editor, De Toma Candida, Judice Diego editor et Centro conversanese Ricerche di storia e arte, dir. Pietà popolare a Conversano : Edicole sacre e immagini devozionali dal Medioevo ai giorni nostri. Galatina (Lecce) : Congedo, 2012.

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Chapitres de livres sur le sujet "Immagini sacre"

1

« Gerusalemme crociata e le immagini sacre : exempla, notazioni estetiche e accenti devozionali nelle fonti medievali ». Dans Crusades, 81–98. Routledge, 2016. http://dx.doi.org/10.4324/9781315271583-5.

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Actes de conférences sur le sujet "Immagini sacre"

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Decandia, Lidia. « Percorsi e terre di mezzo : dai cammini degli antenati ai luoghi dell'incontro e della festa contemporanei : il museo mater di Mamoiada ». Dans International Conference Virtual City and Territory. Roma : Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7975.

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Résumé :
Il saggio intende raccontare l’esperienza svolta insieme a Studio Azzurro nella progettazione del Museo di archeologia e del territorio di Mamoiada. In questa esperienza attraverso l’uso di strumenti multimediali e interattivi si è lavorato per costruire non un luogo contemplativo, ma una vera e propria centrale “centrale di produzione di conoscenza memoriale e immaginativa”. Nel raccontare alcuni aspetti della storia di questo territorio, per individuare una possibile chiave interpretativa, siamo partiti dalle peculiarità di questo contesto e in particolare dal suo essere terra di confine e di frontiera, e in quanto tale, anche luogo di incontro e di scambio. Questa particolare identità di confine è diventata la chiave per rileggere la presenza di particolari luoghi "sacri" preistorici e contemporanei che popolano questo contesto. Si è scelto di narrare questo peculiare aspetto della storia del territorio utilizzando fonti documentarie e orali, messe insieme non con un andamento lineare e continuo, ma lavorando piuttosto, attraverso immagini poetiche e metaforiche per frammenti, montaggi, accostamenti delicati che, nel rompere ogni associazione sistematica, si richiamano l'un l'altro, più attraverso analogie che sequenze logiche. Abbiamo pensato di costruire un percorso che diventasse capace di mostrare più che di dire, di far lavorare l'immaginazione attraverso l'accostamento inusuale tra epoche differenti, tra l'arcaico e il contemporaneo; di aprire domande e di mettere sul tavolo questioni insolute anziché costruire teorie da difendere.
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