Littérature scientifique sur le sujet « Imaging molecolare »

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Articles de revues sur le sujet "Imaging molecolare"

1

Andreula, C. F., A. N. M. Recchia-Luciani, I. Kambas et A. Carella. « Ipotesi di correlazione tra istopatologia e neuroradiologia in risonanza magnetica nelle neoplasie endocraniche primitive : Gli astrocitomi ». Rivista di Neuroradiologia 5, no 2 (mai 1992) : 247–64. http://dx.doi.org/10.1177/197140099200500213.

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Résumé :
Obiettivo del lavoro è il tentativo di produrre informazioni sia sulla anatomia macroscopica che sulla intima struttura delle neoplasie, in virtù della capacità della RM di studiare la correlazione tra dimensioni molecolari, movimenti molecolari, tempo di correlazione (parametri fisici tissutali) e tempi di rilassamento attraverso lo studio della intensità di segnale in T1, T2, Densità Protonica. È stato affrontato in particolare il problema degli astrocitomi a causa della loro elevata incidenza, valutabile nel 25–30% dei gliomi cerebrali (a loro volta circa la metà dei tumori cerebrali adulti). Vengono analizzate le diverse classificazioni adottate, su basi e con obiettivi diversi, tutte portatrici di contributi conoscitivi, a causa della non omogeneità «pacchetto» di queste neoplasie, per cui diverse aree del tumore possono presentare diversa malignità; e la accertata evoluzione verso gradi di maggiore malignità (‘dedifferenziazione») in circa il 10% delle forme più benigne. A ciò va aggiunta la evenienza di forme multicentriche. Viene affrontato anche il problema della prognosi nei vari gradi, dipendente anche dalla localizzazione e dal volume raggiunti, fattori non introducibili in «pacchetto» su base istologica: localizzazione della neoplasia, unicita o molteplicità delle lesioni, peso assunto dalleffetto massa tumorale. La seconda fase dello studio prevede il controllo stereotassico in doppio cieco, con il calcolo dei coefficienti di correlazione che misurano il grado di accordo tra diagnosi neuroradiologica e diagnosi istologica. Particolare attenzione viene posta al tema dell'utilizzo di mdc paramagnetico, in particolare Gadolinio, ed alio studio della funzione della barriera ematoencefalica. Nella seconda parte si focalizza il tema della comprensione specifica dei vari tipi di astrocitomi, forzando la possibilità di attribuire un certo comportamento RM ad un tipo istologico. ‘Idea guida» è la ricerca del «perché» del segnale», per attribuirlo all'evento anatomopatologico con l'uso costante di semplici parametri per cercare di identificare il grado di benignità» o di malignità» di un astrocitoma con ricadute prognostiche ‘plausibili».
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2

Barbiroli, B. « Spettroscopia RMN dell'encefalo ». Rivista di Neuroradiologia 5, no 2 (mai 1992) : 147–53. http://dx.doi.org/10.1177/197140099200500201.

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Résumé :
Sono brevemente descritti i meccanismi molecolari che controllano le trasduzioni energetiche cellulari e le basi biochimiche che permettono di valutare il grado di stabilità del metabolismo cerebrale. La determinazione quantitativa, con la spettroscopia RMN del fosforo, di: ATP, fosfocreatina, fosfato inorganico e pH citosolico permette di stabilire la capacità termodinamica dell'encefalo di rispondere a stress metabolici. Inoltre, la precisa conoscenza della concentrazione dell'ADP, regolatore della respirazione cellulare, della velocità di biosintesi dell'ATP e del Potenziale dei fosfati fornisce informazioni precoci circa lo stato di «pacchetto» dell'encefalo. Sono riportati diversi esempi di patologie encefaliche per le quali è stata dimostrata l'utilità della spettroscopia RMN: difetti genetici, emicrania, ipossia e asfissia perinatale, epilessia focale e generalizzata, conseguenze di un arresto cardiaco. Sono infine discusse la sensibilità e la specificità della spettroscopia RMN del fosforo.
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3

Smaltino, F., S. Cirillo, F. Di Salle et L. Simonetti. « Mezzi di contrasto in risonanza magnetica ». Rivista di Neuroradiologia 1, no 2 (août 1988) : 201–5. http://dx.doi.org/10.1177/197140098800100213.

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Résumé :
I mezzi di contrasto (mdc) consentono un miglioramento delle possibilità diagnostiche della Risonanza Magnetica (RM) mediante una modificazione differenziale dei parametri tissutali di rilassamento. Tra i mdc paramagnetici accanto al Gadolinio-DTPA, che ha dimostrato una buona efficacia ed una tossicità trascurabile, altre molecole si candidano ad un esame clinico più approfondito. Ottime prospettive sono offerte dai mdc superparamagnetici nello studio RM dell'addome. Le moderne biotecnologie possono consentire di produrre mdc dotati di tropismo di organo, tessuto o lesione.
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Corsico, N., et P. Tirone. « Mezzi di contrasto iodurati ionici e non-ionici in neuroradiologia : Aspetti farmaco-tossicologici ». Rivista di Neuroradiologia 1, no 2 (août 1988) : 155–59. http://dx.doi.org/10.1177/197140098800100205.

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Résumé :
Sono stati confrontati gli effetti farmacotossicologici di alcuni mezzi di contrasto ionici e non-ionici sulle strutture nervose e sulle funzioni cerebrali. I mezzi di contrasto non-ionici hanno esercitato una minor azione lesiva sulla barriera ematoencefalica e sono risultati meno neurotossici. In particolare hannno dimostrato un minore potenziale epilettogeno. Sulla base dei risultati ottenuti si può presumere che la minor neurotossicità dei mezzi di contrasto non-ionici non sia dovuta soltanto alla minor osmolalità delle soluzioni, ma anche alla minor chemiotossicità della molecola.
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Caramia, F., P. Pantano et L. Bozzao. « Risonanza magnetica di diffusione e perfusione ». Rivista di Neuroradiologia 13, no 2 (avril 2000) : 207–15. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300208.

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Résumé :
Negli ultimi anni, grazie allo sviluppo nel campo della tecnologia ultraveloce e ad una migliore comprensione dei principi fisici che regolano l'azione dei mezzi di contrasto per RM, è stata introdotta una modalità di imaging funzionale completamente nuova, la RM funzionale. Le tecniche funzionali permettono l'acquisizione di mappe dei principali parametri emodinamici (RM di perfusione o PWI), la valutazione della mobilità delle molecole d'acqua (RM di diffusione o DWI) e lo studio delle attivazioni neuronali (fMRI). La combinazione delle diverse tecniche funzionali permette di valutare nello stesso esame aspetti diversi e complementari della fisiopatologia cerebrale e di combinarli con le informazioni fornite dall'acquisizione di immagini convenzionali. Per questo motivo per la disponibilità commerciale delle tecniche ultraveloci, le tecniche di RM funzionale, in un primo momento applicate prevalentemente a scopo di ricerca, sono state gradualmente introdotte nella pratica clinica. In questo lavoro illustreremo brevemente i principi fisici alla base delle tecniche di diffusione e perfusione e le loro principali applicazioni cliniche. In recent years, advances in ultrafast technology and a better understanding of the physical principles underlying the effect of MR contrast media have given rise to a new functional imaging technique, functional magnetic resonance. Functional techniques allow the acquisition of maps of the main haemodynamic parameters (perfusion MR or PWI), evaluation of the mobility of water molecules (diffusion MR or DWI) and the study of neuronal activation (fMRI). The combination of different functional techniques allows assessment of different complementary aspects of brain pathophysiology during the same examination so that they can be combined with information provided by conventional scans. Following the advent of ultrafast techniques, functional MR imaging initially confined to research has gradually been introduced into clinical practice. This paper briefly described the physical principles underlying the diffusion and perfusion techniques and their main clinical applications.
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Sparacia, G., R. Lagalla, M. De Maria et A. E. Cardinale. « La risonanza magnetica funzionale nello studio dell'ischemia cerebrale in fase iperacuta ». Rivista di Neuroradiologia 9, no 5 (octobre 1996) : 529–40. http://dx.doi.org/10.1177/197140099600900504.

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Résumé :
Nell'ambito delle potenzialità di studi funzionali con risonanza magnetica (fMRI), la tecnica «diffusion-weighted imaging» (DWI) – consentendo la misurazione «in vivo» delle alterazioni del coefficiente di diffusione apparente (ADC) delle molecole dell'acqua nel contesto del tessuto encefalico – riveste un ruolo di preminente importanza quale strumento di valutazione non invasivo del danno ischemico cerebrale in fase iperacuta. Nei pazienti affetti da ictus cerebrale il focolaio ischemico si dimostra, sin dai primi minuti dalla sua insorgenza, come area di iperintensità di segnale nelle immagini DWI in relazione alla riduzione del coefficiente di diffusione apparente che consegue al deficit energetico indotto dall'ipossia ischemica e all'associata insorgenza dell'edema citotossico. Attraverso la tecnica DWI è pertanto possibile identificare il focolaio ischemico con netto anticipo rispetto alla comparsa di anomalie di segnale nelle immagini RM convenzionali T2 ponderate. In questo articolo vengono discussi i principi fisici e i preliminari riferimenti metodologici di questa tecnica funzionale, nonché le potenzialità diagnostiche nella valutazione dell'ischemia cerebrale. In particolare, l'utilizzo di sequenze Eco-Planari (EPI) «diffusion-weighted» consente di ipotizzare larghe prospettive di impiego della tecnica DWI nel monitoraggio dell'evoluzione dell'ischemia cerebrale, con riferimento anche all'avvento di nuove strategie terapeutiche che consentano di realizzare in ambito neurologico quanto, in ambito cardiologico, è già stato messo in atto per il trattamento precoce dell'ischemia miocardica.
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Rosati, G., A. Morisetti et P. Tirone. « Tossicità nell'animale e sicurezza nell'uomo ». Rivista di Neuroradiologia 7, no 4 (août 1994) : 595–600. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700405.

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Résumé :
Fino ai primi anni '80, le indagini epidemiologiche condotte sulle reazioni avverse ai mezzi di contrasto iodurati uroangiografici iniettati per via endovenosa, non erano riuscite a stabilire una correlazione significativa fra l'incidenza delle reazioni e il tipo e/o la dose del composto somministrato. Di conseguenza si era ritenuto che nello scatenamento delle reazioni avverse sistemiche il ruolo delle caratteristiche farmaco-tossicologiche delle diverse molecole iodurate fosse trascurabile rispetto ai fattori di rischio individuali. Studi più recenti hanno tuttavia messo in luce che con i composti non-ionici il rischio di reazioni avverse gravi è circa sei volte inferiore al rischio che si ha con i composti ionici. Questi risultati clinici confermano i dati derivati da studi sugli animali, che hanno evidenziato come i composti non-ionici abbiano un margine di sicurezza da due a tre volte superiore rispetto agli ionici. Alla luce di questi dati è stato riesaminato il valore predittivo degli studi preclinici per la sicurezza dell'impiego clinico dei mezzi di contrasto iodurati. Appare in questo senso utile un approccio «interspecies scaling», possibile grazie al fatto che il comportamento farmacocinetico di questi composti è ormai ben conosciuto ed estremamente semplice sia nell'uomo che nell'animale.
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Porena, Massimo. « Urologia funzionale : Nuove acquisizioni scientifiche al servizio della clinica ». Urologia Journal 79, no 1 (janvier 2012) : 5. http://dx.doi.org/10.1177/039156031207900101.

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Résumé :
Questo seminar monografico di Urologia, dedicato all'urologia funzionale del basso tratto urinario, ospita quattro articoli che aprono a nuove prospettive sulla comprensione della fisiopatologia dei LUTS e del loro trattamento, alla luce delle recenti acquisizioni neurofisiologiche, di imaging e di biologia molecolari. Il progressivo allungarsi della vita media registratosi nell'ultima metà del secolo è destinato a diventare un fenomeno caratteristico della nostra epoca, portando all'attenzione dell'urologo nuovi contesti precedentemente considerati di scarso rilievo. L'intera comunità scientifica, e la comunità urologica nello specifico, appare oggi unanime nel considerare necessario incrementare i propri sforzi verso un costante supporto verso la qualità di vita. Questa volontà è particolarmente evidente per quelle patologie, come i disturbi del baso tratto urinario, che non minacciano direttamente la quantità di vista del singolo soggetto, ma minano profondamente la sua realizzazione individuale e sociale determinando profonde alterazioni qualitative. Succede così che dopo aver saputo opporsi con efficacia e prontezza inaspettate all'attacco di patologie infettive e neoplastiche, l'urologo si confronta oggi con altre sfide. I quattro lavori presentati in questo volume testimoniano l'impegno e il contributo dell'urologia funzionale italiana che con instancabile dedizione alla causa della salute dei propri pazienti, verso le patologie funzionali del basso tratto urinario. La comprensione che l'urotelio, in passato considerato alla stregua di una semplice barriera fisica, che separava le urine dal corpo, partecipi alla regolazione neurologica periferica del riflesso minzionale, che cellule epiteliali assumano la capacità di svolgere un ruolo sensorio afferenziale e che da questo ne derivi una nuova prospettiva terapeutica, rappresentano i principali avanzamenti nella gestione del paziente con vescica neurologica. Se in passato la correzione anatomia del difetto/descensus degli organi pelvici costituiva la prima ed unica soluzione, oggi siamo consapevoli che la correzione anatomica è un momento chirurgico che deve guardare ed ottenere un miglioramento dei sintomi. I quattro lavori, scritti da autori il cui valore è riconosciuto a livello nazionale ed internazionale, ci fanno comprendere come l'aumento dei valori relativi agli anni di vita media nei paesi più industrializzati sia un bene incompleto se non è accompagnato da un miglioramento della qualità di vita stessa delle persone. Come urologi, abbiamo motivi di ritenere — certo ognuno potrà considerare dentro di sé quanto tutto ciò sia reale — che la tutela della qualità di vita rappresenti il problema di primaria ed imprescindibile importanza in ogni nostro reparto ed è per questo che siamo orgogliosi di ospitare su Urologia un contributo clinico-scientifico in tal senso.
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Cirillo, S., L. Simonetti, F. Di Salle, L. Stella, R. Elefante et F. Smaltino. « La risonanza magnetica nell'emorragia subaracnoidea ». Rivista di Neuroradiologia 2, no 3 (octobre 1989) : 219–25. http://dx.doi.org/10.1177/197140098900200304.

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Résumé :
La risonanza magnetica per immagine dell'emorragia subaracnoidea ha un ruolo ben definito nelle fasi subacute: l'efficacia della TC si riduce velocemente, mentre l'accuratezza diagnostica della RM aumenta per l'evidente accorciamento del T1 legato alla metemoglobina ed alla lisi cellulare. La velocity di produzione di metemoglobina e di lisi eritrocitaria sono in relazione con la riduzione della concentrazione locale di glucosio. Nel sistema subaracnoideo una molecola soluta può seguire i gradienti di concentrazione: la concentrazione di glucosio non può, perciò, abbassarsi velocemente, come nelle raccolte parenchimali. Comunque, anche se l'iperintensita in T1 è chiaramente dipendente dalla concentrazione, è possibile riconoscere un'emorragia subaracnoidea anche a basse concentrazioni sangue/liquor, come abbiamo riscontrato in 2 pazienti. Nelle fasi iperacute ed acute la sensibilità della RM è basata principalmente sulla riduzione del T2 causata dalla formazione di deossiemoglobina, mentre il segnale in T1 non subisce importanti modificazioni: la bassa velocity di riduzione della pressione parziale di ossigeno negli spazi subaracnoidei rende difficile distinguere miscele sangue-liquor dal liquor puro. Perciò la diagnosi RM di ESA può essere difficile, come abbiamo riscontrato in due pazienti, ma i coaguli possono offrire un utile ausilio semeiologico. Nelle fasi precoci il segnale dell'ESA è completamente modificato dai processi coagulativi, a causa di un chiaro accorgimento del T1, che diviene evidente durante la retrazione del coagulo. Questo carattere può essere considerato un utile marker in vivo di ESA acuta: è stato cosi possibile valutare una lieve iperintensità silviana in un'ESA acuta altrimenti negativa. D'altra parte bisogna considerare che la coagulazione di miscele sangue/liquor a influenzata da vari fattori biochimici, fisici e topografici, e quindi può presentare aspetti molto differenti e necessita di un esame accurato per essere dimostrata.
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Renzetti, P., R. C. Parodi, C. Ottonello, F. Zandrino, M. Cossu, M. P. Sormani et F. Sardanelli. « La gadodiamide come mezzo di contrasto in tomografia computerizzata cranio-encefalica ». Rivista di Neuroradiologia 15, no 6 (décembre 2002) : 705–11. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500606.

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Résumé :
L'elevato peso atomico del Gd giustifica l'ipotesi di un utilizzo in tomografia computerizzata (TC) di mezzi di contrasto (MdC) già clinicamente in uso in risonanza magnetica (RM). Il potenziamento TC determinato dalla Gadodiamide (Gd-DTPA-BMA, Omniscan, Nycomed-Amersham), MdC paramagnetico non ionico, è stato valutato e quantificato in vitro e in vivo. Due serie di soluzioni scalari di Gadodiamide e di MdC iodato (Iopamiro 370, Bracco) sono state sottoposte a scansione TC per la quantificazione densitometrica in unità Hounsfield (UH). Sette pazienti affetti da neoplasia intracranica sono stati sottoposti a TC prima e dopo somministrazione endovenosa di 0,3 mmol/Kg di Gadodiamide; sono stati rilevati i valori medi di densità pre- e postcontrasto a livello dell'arteria basilare e della massa tumorale. Nello studio in vitro, a parità di concentrazione molare del MdC, è risultata maggiore la densità media della soluzione di gadodiamide rispetto al MdC iodato, superiorità statisticamente significativa (test F, p < 0,0001), a conferma del fatto che il Gd ha caratteristiche fisiche che lo rendono utilizzabile in MdC per TC. Nello studio in vivo, la gadodiamide ha determinato incrementi densitometrici medi (postcontrasto /precontrasto) del 71,05% per l'arteria basilare e del 45,23% per la lesione tumorale, consentendo una sufficiente apprezzabilità soggettiva dell'enhancement. La Gadodiamide può essere utilizzata come MdC in TC in pazienti con dubbia o asserita diatesi allergica per i MdC iodati allorquando non sia praticamente disponibile la RM (urgenze!) o sussistano importanti controindicazioni (pacemaker, ecc.). L'osmolarità medio-bassa (780 mOsm/Kg) e il profilo tossi-cologico favorevole della Gadodiamide permettono di ipotizzare l'utilizzo di dosi anche più elevate. Tali risultati preliminari rafforzano l'ipotesi della messa a punto di MdC per TC a base di Gd; più atomi di Gd potrebbero ad esempio essere contenuti all'interno della molecola con il duplice effetto di ridurre la tossicità ed elevare il peso atomico del MdC. Gadolinium (Gd) high atomic weight can enable us to use the Gd-chelates as contrast agents (c.a.) in computed tomography (CT). CT contrast enhancement (c.e.) due to Gadodiamide (Gd-DTPA-BMA, Omniscan, Nycomed-Amersham), a non-ionic paramagnetic c.a. used in magnetic resonance (MR) imaging, was evaluated and quantified through an in vitro and in vivo study.
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Thèses sur le sujet "Imaging molecolare"

1

MURRI, DELLO DIAGO Nicola. « Imaging molecolare : Il linonodo sentinella Applicazione cliniche, formulazione e valutazione preclinica di un nuovo tracciante tecneziato ». Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2016. http://hdl.handle.net/11392/2403412.

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2

Valtorta, S. « PRECLINICAL PET IMAGING FOR TUMOUR CHARACTERIZATION : FOCUS ON HYPOXIA AND INFLAMMATION ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2010. http://hdl.handle.net/2434/147852.

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Résumé :
Imaging molecular techniques including PET, CT, MRI allow to detect and to monitor normal and pathological conditions non-invasively in clinic. The recent development of dedicated small animal instruments together to the availability of appropriate animal models of disease has allowed the use of these methods in preclinical research with the possibility to transfer directly the obtained results in clinic. In this thesis’s work we characterized two preclinical oncology models through the use of an animal PET instrument focusing on two processes correlated to tumour growth such as hypoxia and inflammation. Tissue hypoxia is considered as a negative prognostic factor both for answer to pharmacological and radiant therapy and for tumour progression and invasiveness. Consequently, identification and localization of hypoxic areas within the tumour have an important interest in clinical diagnostic. To this aim, BALB/c nu/nu mice were inoculated with murine cells of mammary adenocarcinoma (EMT-6) and with human cells of prostate adenocarcinoma (PC-3) and pharingeal cancer (FaDu). Animals were monitored using two hypoxic radiopharmaceutical recently developed, [18F]FAZA and [64Cu]ATSM at two different times, using PET and autoradiography. In parallel, an in vitro evaluation of specific hypoxic markers such as carbonic anhydrase IX and cupper transporters (Ctr-1 and ATP7B) was performed. In FaDu model we confirmed the same [64Cu]ATSM distribution at the two analyzed times, that is similar to that of [18F]FAZA. On the contrary, EMT-6 and PC-3 models showed a time-dependent [64Cu]ATSM uptake, with a distribution at late time (24hrs post injection) similar to that of [18F]FAZA. The different distribution of [64Cu]ATSM can be only partially explained by the different cupper pumps localization observed in vitro. Other factors such red-ox and cellular pH may influence [64Cu]ATSM uptake. PET imaging is an interesting method to identify and monitor tumour hypoxia in a non invasive way but it needs further studies that associate metabolic changes to proteomic pattern changes. Positron Emission Tomography (PET) imaging with [18F]2-fluoro-2-deoxy-D-glucose-PET ([18F]FDG-PET) is widely used in neoplastic patients for disease assessment and evaluation of treatment efficacy. Results interpretation must take into account the contribution of inflammatory cells that infiltrate growing tumours for [18F]FDG uptake. In this work, we established a preclinical model of peritoneal carcinomatosis to verify the actual contribution of macrophages to signals obtained with [18F]FDG-PET. Groups of mice with peritoneal carcinosis were longitudinally evaluated with [18F]FDG-PET. Intraperitoneal depletion of macrophages was achieved by an approach that proved to be safe and effective, i.e. administration of clodronate encapsulated into liposomes. Sham-liposomes were used in control animal cohorts. Using [18F]FDG-PET we detected and monitored peritoneal lesions’ growth, with a good correlation between the real neoplastic lesions extension and that measured using [18F]FDG-PET. Macrophage depleted animals showed a substantial drop in tumour growth. In conclusion, [18F] FDG-PET imaging allows the non-invasive detection of peritoneal adenocarcinoma lesions and macrophages are directly and indirectly involved in [18F]FDG uptake by promoting tumour growth and spreading in the peritoneal cavity.
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3

Frigerio, B. « PSMA-SPECIFIC ANTIBODY FRAGMENTS FOR PROSTATE CANCER IMAGING AND THERAPY ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/221052.

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Résumé :
In this study we want to evaluate the potentiality of the use of a single chain Fv (scFv) for molecular imaging and therapy of Prostate Cancer. The target of this scFv is the Prostate Specific Membrane Antigen (PSMA), a type II transmembrane protein overexpressed in advances stages of this disease. In the past we have generated the murine antibody D2B recognizing hPSMA, whose diagnostic specificity has been investigated in xenograft murine models by imaging. In order to obtain a smaller protein able to better penetrate the tissues we decided to convert the murine monoclonal antibody D2B into a format like scFv. This format, due to its smaller size, have also the advantage, compare to the entire antibody, to have a faster clearance from the blood. The scFv has been constructed and its functionality has been tested with success on LNCaP cells. Using BIAcore (a technology able to measure the kinetic interaction between two molecules) we showed that the affinity of our scFv is still remarkable despite its monovalent binding. One goal of the present study is the assessment of potential role of this antibody fragment as diagnostic reagent for the development of radiopharmaceuticals for tumor characterization and molecular imaging. A second goal of the project is the production of a completely human antibody fragment against hPSMA in order to develop a reagent more suitable for therapy. We used phage display technology to convert the murine antibody in a human antibody applying guided selection technology which permits to generate an antibody with the specificity and functionality of the starting rodent mAb.
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RACCAGNI, ISABELLA. « PET imaging as a biomarker of tumor response to therapy ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/76240.

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Résumé :
Le tecniche di imaging molecolare permettono di visualizzare e caratterizzare processi biologici e rivestono un ruolo fondamentale in oncologia, consentendo di identificare marcatori per la diagnosi e la risposta al trattamento. In questo lavoro di tesi è stato valutato il ruolo della PET come possibile marcatore di risposta al trattamento in a) un modello con k-ras oncogenico e b) un modello di glioma, focalizzando l’attenzione sulle alterazioni del metabolismo e l’ipossia. L’incremento della glicolisi e del consumo di glutammina sono associati a mutazioni dell’oncogene ras in diversi tumori. Il disaccoppiamento di tali processi determina una riprogrammazione del metabolismo per supportare l’aumentata proliferazione fornendo un interessante target terapeutico. Scopo dello studio è la valutazione in vivo delle alterazioni metaboliche e della risposta alla terapia nel modello ottenuto mediante inoculo di fibroblasti con k-ras oncogenico (NIH-RAS). A tale scopo gruppi di topi sono stati monitorati longitudinalmente mediante PET-[18F]FDG e [18F]FLT per la valutazione del metabolismo glucidico e della proliferazione cellulare. I tumori sono stati sottoposti ad analisi immunoistochimiche per confermare i dati ottenuti in vivo. Nello stesso modello è stato valutato l’effetto di un inibitore dell’autofagia (Clorochina) e della glutaminasi (BPTES) singolarmente e in combinazione mediante PET-[18F]FDG e [18F]FLT. Gli animali hanno sviluppato in breve tempo tumori glicolitici e caratterizzati da un’omogenea captazione di [18F]FDG e [18F]FLT. Le immagini PET hanno mostrato un aumento della captazione di [18F]FDG nel tempo e un andamento stabile della proliferazione come mostrato dalla costante captazione di [18F]FLT. Clorochina e BPTES in combinazione hanno determinato un rallentamento della crescita tumorale rispetto ai controlli, ma non sono state osservate variazioni nella captazione di [18F]FDG e [18F]FLT. La presenza di vie alternative per la produzione di glutammato e la necessità di dosi più elevate potrebbero spiegare l’assenza di efficacia di questi trattamenti. L’ipossia rappresenta un fenomeno sfavorevole per la progressione tumorale. L’espressione di HIF1α, principale regolatore dell’ipossia, è associata alla resistenza alla terapia in molti tumori, compreso il glioma. Per questo, una migliore comprensione della modulazione dell’attività di HIF1α nel processo di risposta alla terapia è di particolare interesse. Cellule di glioma U251-HRE-mCherry in grado di esprimere l’enzima luciferasi sotto il controllo di HRE (Hypoxia Responsive Element) e mCherry sotto controllo di un promotore costitutivo sono state utilizzate per valutare la modulazione di HIF1α in seguito a trattamento con Temozolomide (TMZ) in vitro e in vivo. La crescita tumorale è stata monitorata in vivo in animali sottoposti ad inoculo intracerebrale tramite bioluminescenza, fluorescenza, RM e PET con [18F]FAZA e [18F]FLT. In seguito, è stato valutato in vivo l’effetto di due diversi regimi di TMZ. Mediante bioluminescenza è stato possibile monitorare la crescita tumorale e identificare aree ipossiche. I dati ottenuti sono stati confermati dalle immagini di fluorescenza e PET-[18F]FAZA. Le analisi ex vivo per Ki67 hanno invece confermato i dati PET-[18F]FLT ed hanno mostrato un’elevata proliferazione cellulare. Entrambi i dosaggi di TMZ hanno determinato una diminuzione dell’attività di HIF1α a tempi precoci. Al contrario, il segnale di fluorescenza e la captazione di [18F]FLT hanno subìto una diminuzione solo a tempi più tardivi. L’attività di HIF1α può essere considerata un marcatore di risposta al TMZ e questo modello un utile strumento per la valutazione in vivo di farmaci per il trattamento del glioma.
Molecular imaging allows the non-invasive visualization and characterization of biological processes. It can be used in oncology to identify biomarkers for the evaluation of tumor progression and response to therapy. In this thesis work, the animal PET was used as potential biomarker of tumor response to therapy focusing on altered metabolism and hypoxia in a) a model of oncogenic k-ras and b) in a model of glioma. Metabolic alterations, such as increased glycolysis and glutamine consumption, are associated with mutations in k-ras gene. The decoupling of glucose and glutamine uptake leads to a reprogramming of their metabolism to support cell proliferation representing a target for cancer therapy. The aim of this study is to investigate metabolic alterations in k-ras transformed fibroblasts (NIH-RAS) in in vivo studies and to assess response to therapy. Animals subcutaneously implanted with NIH-RAS performed [18F]FDG- and [18F]FLT-PET at several time points to evaluate glucose metabolism and cell proliferation, respectively. Tumors were collected and evaluated for different markers by immunohistochemistry (IHC) to confirm in vivo results. In the same model, the efficacy of chloroquine (autophagy blocker) and BPTES (glutaminase inhibitor) alone or in combination was monitored by [18F]FDG- and [18F]FLT-PET before and 48 hours after treatments. All animals developed fast growing and highly glycolytic tumors in few days that appear homogeneous for both [18F]FDG and [18F]FLT uptake. PET imaging showed a significant increase in [18F]FDG uptake while cell proliferation remained stable over time, as depicted by [18F]FLT uptake. IHC analyses confirmed the high aggressiveness of these cells. Chloroquine and BPTES combined treatment slowed down tumor growth only if compared to vehicle, without affecting glucose metabolism or cell proliferation. The presence of alternative pathways for glutamate production and the need of higher doses of treatments may provide explanations to the lack of treatments’ efficacy. Hypoxia is implicated in many aspects of tumor progression and it is involved in the intracellular stabilization of the hypoxia regulator gene HIF-1α. Since the expression of HIF-1α is associated with poor prognosis and therapy resistance in glioblastoma, a better comprehension of its involvement in tumor response to treatment can be of great interest for clinical translation. U251-HRE-mCherry cells expressing Luciferase under control of a Hypoxia Responsive Element (HRE) and mCherry under the control of a constitutive promoter have been used to assess HIF-1α modulation and cell survival after treatment, both in vitro and in vivo. In vivo analyses characterized the model obtained by stereotaxic injection of glioma U251-HRE cells in mice brain. Tumor progression was monitored comparing bioluminescence, fluorescence and PET with [18F]FAZA and [18F]FLT. Afterwards, two regimens of temozolomide (TMZ) were administered starting 21 days after cells injection. TMZ efficacy was monitored by optical and fluorescence imaging, [18F]FLT-PET and MRI. Bioluminescent signals provided information about tumor growth and hypoxia presence, confirmed by both fluorescence acquisition and [18F]FAZA PET. IHC for Ki67 confirmed data obtained by [18F]FLT-PET, showing a high rate of cell proliferation. Both TMZ regimens showed a decrease of HIF-1α-dependent Luciferase activity at early time after TMZ administration. On the contrary, mCherry fluorescence, such as [18F]FLT uptake, decreased only at the end of treatments. HIF-1α activity reduction can be considered a biomarker of tumour response to TMZ and the U251-HRE-mCherry cell model a feasible tool to evaluate HIF-1α activity and treatment effects in in vivo studies.
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Loro, Giovanna. « STUDIES OF Ca2+ DYNAMICS IN INTRACELLULAR COMPARTMENTS IN PLANTS : ADVANCED MOLECULAR TOOLS FOR IN VIVO IMAGING ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423892.

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Résumé :
Plants react to environmental challenges through immediate signal-transduction pathways. Free calcium ions (Ca2+) are one integral component of many transduction pathways, in both plant and animal cells. A wide variety of signals including biotic, abiotic, and developmental stimuli evokes specific spatio-temporal Ca2+-transients, which are further transduced by Ca2+ sensor proteins into transcriptional and metabolic responses. Most of the research on Ca2+ signalling in plants has been focused on transport mechanisms of Ca2+ into and out of the cytoplasm as well as on the components involved in decoding cytoplasmic Ca2+ signals, which have been extensively reviewed (Kudla et al. 2010,Dodd et al. 2010). Recent advances report that the different organelles are involved in Ca2+ signaling and their role in stress perception has been highlighted (Stael et al. 2012,Nomura and Shiina. 2014,Xiao et al. 2013). The aim of this PhD project was to elucidate the involvement of subcellular compartments (e.g. mitochondria, endoplasmic reticulum (ER) and chloroplasts/plastids) in shaping the Ca2+ signature triggered in plant cells by different stimuli. To pursue our aims, we developed a series of molecular tools that enabled subcellular Ca2+ analyses, thus we analyzed Ca2+-dynamics in complex plant tissues (e.g. roots) as well as in single cells. These tools, together with both genetic and pharmacological approaches, will be instrumental to understand the role of organelles in Ca2+ homeostasis. Several FRET-based genetically-encoded probes with different Ca2+ affinities, called Cameleons, have been developed and allow to measure Ca2+ dynamics in vivo (Miyawaki et al. 1999,Palmer and Tsien. 2006). In the present study, we first developed a series of constructs for targeting Cameleon probes to different plant cell organelles (mitochondria, ER and chloroplast/plastids). Then, the constructs were introduced in Arabidopsis thaliana plants for the generation of stable transgenic lines. Whereas the mitochondrial and the ER Cameleon probes were efficiently expressed in wild type A. thaliana plants, the constitutive expression of the plastidial probe was affected by post transcriptional gene silencing. We bypassed this issue by introducing the chloroplastic/plastidial probe in the A. thaliana rdr6 silenced suppressed mutant (Peragine et al. 2004), obtaining the constitutive expression of the probe. First, we analyzed mitochondrial Ca2+ dynamics using the D3cpV and the YC3.6 Cameleon probes (Kd 600nM and Kd 250nM respectively) targeted to the mitochondrial matrix. The analyses performed using these two mitochondrial lines (4mt-YC3.6 and 4mt-D3cpv) revealed that although both probes are able to measure Ca2+-dynamics in this organelle, the YC3.6 Cameleon offers a better sensitivity, showing a higher dynamic range. Moreover, the comparison of Ca2+-dynamics monitored with the two probes suggests that measurements performed with the YC3.6 probe are unaffected by endogenous mitochondrial CaMs as well as D-family probes. The analyses performed with the 4mt-YC3.6 line showed that mitochondria are able to respond, in terms of Ca2+-transient, to several stimuli that cause Ca2+-transient in the cytosol, like osmotic stress in the guard cells and eATP in the root. Our results suggest that mitochondrial Ca2+-accumulation is strictly dependent on cytosolic [Ca2+] increase. Then, we focused our analysis on the ER, targeting the D1 (Kd1 0.8 and Kd2 60M) and the D4 (Kd 195M) Cameleon probes to the ER lumen. Although, D1 was previously used to study ER Ca2+-dynamics in mammalian cells (Palmer et al. 2004), in our analyses performed with on CRT-D1ER seedlings roots, this probe was not able to report any [Ca2+] changes. On the contrary, the D4 (CRT-D4ER) probe proved to be suitable for monitoring ER Ca2+-dynamics and the ER Ca2+-status ([Ca2+]ER). By means of this transgenic line, we evaluated by a pharmacological approach the contribution of two Ca2+-ATPase classes (ECA and ACA) in the maintenance of ER Ca2+ homeostasis. Our results revealed that ECA pumps have a fundamental role in Ca2+-accumulation in the ER, since their inhibition lead to a decrease in the [Ca2+]ER. Furthermore, we analyzed Ca2+-dynamics in the ER under several stimuli known to induce cytosolic Ca2+-transients, such as glutamate, eATP, NaCl, and the alternate imposition of depolarizing and hyperpolarizing buffers. Our experiments showed that plant ER responds to all these stimuli showing Ca2+-accumulation, suggesting a different role for the ER in plants than in mammalian cells. In fact, in our experiments the ER behaves as a capacitor of cytosolic Ca2+ instead of as a primary source of Ca2+ in the generation of the cytosolic Ca2+-transients. At the end, we moved our attention to chloroplastic and plastidial Ca2+-dynamics using two probes, to extend the range of measurable stromal Ca2+ concentrations ([Ca2+]str). We chose the YC3.6 probe (2Bam4-YC3.6) since the reported [Ca2+]str is approximately hundreds of nano molar, similar to the cytosol (Nomura et al. 2012), and the probe YC4.6 (2Bam4-YC4.6), which has an in vitro biphasic Ca2+-dependency (Kd 56nM and 14M) and that should enable to image both subtle and large changes in [Ca2+]str. Then, we analyzed plastidial Ca2+-dynamics in response to several concentrations of eATP in the root tip. We observed that different concentrations evoked dose-dependent Ca2+ responses in plastids (both in 2Bam4-YC3.6 and in 2Bam4-YC4.6 lines) and in the cytosol, suggesting a correlation between Ca2+-dynamics in these two compartments. Furthermore, we analyzed Ca2+-dynamics in chloroplasts of the guard cell, during the light to dark transition. We identified two distinct components of the Ca2+-uptake triggered by this stimulus: a previously described sustained Ca2+-transient (Nomura et al. 2012,Sai and Johnson. 2002) and autonomous Ca2+-oscillations. Moreover, our analyses suggest that the two events have different Ca2+-sources, the sustained Ca2+-transient is dependent on an intra-chloroplast Ca2+-store, that might be the thylakoids lumen, while the oscillations are generated by an intracellular source, likely the cytosol. At the end, we performed experiments on entire leaf during wounding stress, by monitoring both cytosolic and chloroplastic Ca2+-dynamics. In the cells surrounding the damaged area, wounding induced a strong cytosolic Ca2+-transient and concomitantly a rapid stromal Ca2+-transient, suggesting that chloroplastic Ca2+ would contribute to the wounding-induced cellular response. Summarizing we characterized the Ca2+-dynamics in intracellular compartments in complex tissue like the root tip during the eATP treatment. Our analysis revealed that mitochondria, ER and plastids are able to accumulate Ca2+ in response to this stimulus and participate in the Ca2+ sequestration from the cytosol. These data suggest that, in response to eATP, the vacuole might represent the intracellular Ca2+-store involved in the generation of the cytosolic Ca2+ transient. We also characterized Ca2+-dynamics of mitochondria and chloroplasts at single cell level, studying the model system guard cell during the light to dark transition. Our experiments revealed that only chloroplasts are sensible to this stimulus, mitochondria, in fact, showed no Ca2+-transients. In conclusion, we report the development of a series of new molecular tools for the analyses of Ca2+-dynamics in different plant organelles that will be useful for future researches aimed at identifying the role of organellar Ca2+ in the response to environmental and developmental stimuli.
Le piante reagiscono a diversi stimoli ambientali attivando vie di trasduzione del segnale in cui il calcio (Ca2+) svolge un ruolo centrale come componente del signalling intracellulare. Una grande varietà di stimoli biotici, abiotici o di sviluppo causano specifici transienti di Ca2+, i quali sono successivamente tradotti in risposte trascrizionali e metaboliche. La maggior parte delle ricerche sul Ca2+ come secondo messaggero è focalizzata sullo studio delle proteine coinvolte nella codifica di questo segnale e sui meccanismi di trasporto di questo ione attraverso le membrane (Kudla et al. 2010,Dodd et al. 2010). Recenti scoperte riportano che differenti organelli sono coinvolti nelle vie di segnale controllate dal Ca2+ ed, inoltre, sottolineano il loro ruolo nella percezione degli stress ambientali (Stael et al. 2012,Nomura and Shiina. 2014,Xiao et al. 2013). Questo progetto di dottorato ha lo scopo di studiare il coinvolgimento dei diversi compartimenti sub-cellulari (quali mitocondri, reticolo endoplasmatico e plastidi/cloroplasti) nella formazione del transiente di Ca2+ generato dalle cellule vegetali in risposta a differenti stimoli. Per raggiungere questo obiettivo è stata sviluppata una serie di strumenti molecolari che permettano l’analisi in vivo a livello sub-cellulare del Ca2+ in tessuti vegetali complessi (come la radice) e a livello di singola cellula (come la cellula di guardia). Questi strumenti, combinati con approcci genetici e farmacologici, saranno indispensabili per capire in modo più approfondito il ruolo dei diversi organelli nella regolazione dell’omeostasi del Ca2+. Oggigiorno, sono disponibili diverse sonde geneticamente codificate basate sul fenomeno della FRET (trasferimento di energia di Föster), chiamate Cameleon, che presentano diverse affinità per lo ione Ca2+ e permettono di monitorare in vivo le sue dinamiche (Miyawaki et al. 1999,Palmer and Tsien. 2006). In questo studio si riporta lo sviluppo di una nuova serie di costrutti in cui le sonde Cameleon sono state indirizzate a differenti compartimenti intracellulari (mitocondri, reticolo endoplasmatico e plastidi/cloroplasti) ed i costrutti generati sono stati introdotti stabilmente nella pianta modello Arabidopsis thaliana. Nello specifico, le sonde Cameleon localizzate nei mitocondri e nel reticolo endoplasmatico (ER) sono state efficientemente espresse in piante selvatiche (wild type), mentre l’espressione costitutiva della sonda localizzata nei cloroplasti/plastidi è stata inficiata da un fenomeno di silenziamento genico post trascrizionale. Per ovviare ciò, la sonda è stata introdotta nella linea mutante rdr6 di A. thaliana (Peragine et al. 2004) la quale, presentando una soppressione del processo di silenziamento, ha permesso la costitutiva espressione della sonda Cameleon indirizzata ai plastidi/cloroplasti. Nella prima parte di questo dottorato sono stati condotti una serie di esperimenti volti allo studio delle dinamiche del Ca2+ nella matrice mitocondriale, utilizzando le sonde Cameleon D3cpV e YC3.6 (Kd 600nM e Kd 250nM rispettivamente). Gli esperimenti condotti, hanno rivelato che entrambe le sonde (4mt-YC3.6 e 4mt-D3cpv) permettono di monitorare le dinamiche del Ca2+ in questi organelli. Il confronto sulla funzionalità delle due sonde ha però evidenziato che la sonda YC3.6 è in grado di offrire una migliore sensibilità, come dimostrato da un intervallo dinamico più ampio, ovvero a parità di variazioni di Ca2+ questa sonda mostra una maggiore variazione nell’efficienza di FRET. Inoltre, il confronto delle dinamiche del Ca2+ misurate con le due sonde suggerisce che le misure ottenute con la sonda YC3.6 non siano inficiate da una eventuale interazione con la CaM mitocondriale endogena. Le analisi condotte con la linea 4mt-YC3.6 mostrano che sottoponendo le piante a stress osmotico (nelle cellule di guardia) o trattandole con ATP extracellulare (eATP; nell’apice radicale) si induce un transiente di Ca2+ a livello del citosol che viene percepito dai mitocondri che a loro volta accumulano Ca2+ con dinamiche strettamente dipendenti da quelle citosoliche. Successivamente, sono state condotte numerose analisi atte allo studio delle dinamiche del Ca2+ nel lume dell’ER. In questo compartimento sono state indirizzate le sonde Cameleon D1 (Kd1 0.8 e Kd2 60M) e D4 (Kd 195M). Nonostante la sonda D1 fosse stata precedentemente usata in cellule animali per monitorare le dinamiche del Ca2+ nell’ER (Palmer et al. 2004), le analisi condotte con la linea di A. thaliana esprimente la sonda CRT-D1ER hanno evidenziato che quest’ultima non mostrava nessuna variazione di FRET in risposta ad una serie di stimoli noti indurre transienti di Ca2+ citosolici. Al contrario la linea di A. thaliana esprimente la sonda CRT-D4ER si è rivelata essere in grado di monitorare lo stato e le dinamiche del Ca2+ in questo compartimento. Con l’uso di questa linea transgenica abbiamo valutato, attraverso un approccio farmacologico, il contributo di due classi di Ca2+-ATPasi (ECA e ACA) nel mantenimento dell’omeostasi del Ca2+ luminale. I risultati hanno rivelato che le pompe ECA hanno un ruolo fondamentale nell’accumulo del Ca2+ nell’ER, dato che la loro inibizione comporta una sensibile diminuzione della concentrazione di Ca2+ nel lume. Inoltre sono state analizzate le dinamiche del Ca2+ in risposta a diversi stimoli come il glutammato, eATP, NaCl e l’alternata imposizione di un tampone per la de-polarizzazione e iper-polarizzazione della membrana plasmatica. Era noto che gli stimoli analizzati provocassero transienti di Ca2+ nel citosol e le analisi condotte nel lume dell’ER hanno mostrato che, anche questo compartimento, percepisce gli stimoli somministrati accumulando Ca2+. Questi risultati suggeriscono che l’ER in pianta abbia un ruolo diverso rispetto a quello che ha nelle cellule animali. Infatti, i risultati dimostrano che l’ER in pianta è in grado di accumulare Ca2+ sequestrandolo dal citosol e rilasciarlo lentamente, mentre in cellule animali l’ER è anche un’importante sorgente di Ca2+, che interviene nella formazione del transiente citosolico, comportamento non osservato nelle condizioni da noi analizzate. Nell’ultima parte del mio triennio di dottorato sono state analizzate le dinamiche del Ca2+ nei plastidi e nei cloroplasti, in particolare, sono state saggiate la funzionalità di due sonde Cameleon, sia per espandere l’intervallo delle concentrazioni di Ca2+ analizzabili in questi organelli sia per verificare quale sonda rappresentasse la miglior opzione. La prima sonda scelta è stata la YC3.6 (2Bam4-YC3.6) in quanto in letteratura è riportata una concentrazione basale di Ca2+ nei cloroplasti nell’ordine delle centinaia di nano-moli/L, simile alla concentrazione del citosol (Nomura et al. 2012). La seconda sonda indirizzata ai cloroplasti/plastidi è stata la YC4.6 (2Bam4-YC4.6), che presentando in vitro una curva di affinità bifasica per il Ca2+ (Kd 56nM and 14M) può essere potenzialmente utilizzata per analizzare variazioni di Ca2+ in un intervallo di concentrazioni più ampio. Al fine di valutare se i plastidi siano in grado di accumulare Ca2+ in risposta ad uno stimolo capace di indurre un transiente citosolico, sono state analizzate, utilizzando le due linee transgeniche (2Bam4-YC3.6 e 2Bam4-YC4.6), le dinamiche del Ca2+ nell’apice radicale in risposta a diverse concentrazioni di eATP. Dall’analisi di questi dati si è rilevata una dose-dipendenza nella risposta in termini di Ca2+, misurata con entrambe le linee. Tale dose-dipendenza è stata registrata anche nel citosol suggerendo una stretta correlazione tra le dinamiche dei due compartimenti, l’accumulo plastidiale potrebbe, infatti, essere dovuto al transiente di Ca2+ citosolico. Successivamente è stato studiato il signaling del Ca2+ indotto nei cloroplasti delle cellule di guardia in seguito alla transizione luce-buio. La transizione luce-buio ha indotto un transiente di Ca2+ cloroplastico sostenuto nel tempo e già descritto in precedenza (Nomura et al. 2012,Sai and Johnson. 2002) in cui però è stata osservata una componente oscillatoria, sovrapposta a quella sostenuta, caratterizzata da transienti rapidi e successivi distinguibili come singoli picchi. I risultati ottenuti suggeriscono che le due componenti siano generate da sorgenti di Ca2+ diverse: il transiente sostenuto sembra collegato ad una riserva interna al cloroplasto, probabilmente il lume tilacoidale, mentre le oscillazioni sono generate da una riserva intracellulare, che potrebbe essere il citosol. Le dinamiche del Ca2+ nel cloroplasto sono stata analizzate anche a livello di intera foglia, su questo sistema sono state condotte analisi preliminari sulla risposta allo stress da ferita. Il danneggiamento del tessuto fogliare, ha comportato, nelle cellule circostanti alla zona danneggiata, l’induzione di un transiente di Ca2+ nel citosol e contemporaneamente un transiente di Ca2+ nei cloroplasti. Riassumendo, in questo lavoro sono state caratterizzate le dinamiche del Ca2+ in diversi compartimenti intracellulari. È stata analizzata la risposta all’eATP in un tessuto complesso come l’apice radicale, i risultati hanno evidenziato come plastidi, mitocondri e ER siano coinvolti nel sequestro di Ca2+ dal citosol mostrando un accumulo di Ca2+ in risposta allo stimolo. Le linee generate in questo progetto di dottorato hanno permesso di valutare nello specifico le diverse e caratteristiche dinamiche di ciascun compartimento. I risultati, inoltre, suggeriscono che la fonte intracellulare di Ca2+ coinvolta nella formazione del transiente citosolico in risposta all’eATP potrebbe essere rappresentata dal vacuolo. Sono state caratterizzate inoltre le dinamiche del Ca2+ nei mitocondri e nei cloroplasti a livello di singola cellula, studiando il sistema modello cellula di guardia durante la transizione luce-buio. I risultati hanno mostrato che solo i cloroplasti sono sensibili a questo stimolo, infatti, i mitocondri non mostrano transienti di Ca2+. In conclusione, nel presente lavoro si riporta lo sviluppo di una serie di nuovi strumenti molecolari per le analisi delle dinamiche del Ca2+ in diversi compartimenti intracellulari nelle cellule vegetali. Le linee transgeniche generate in questo progetto di dottorato saranno quindi utili per identificare il ruolo degli organelli nelle vie di trasduzione del segnale Ca2+ attivate in risposta a stress ambientali e/o a segnali di sviluppo.
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INCORVAIA, ELISABETTA. « INSIGHT FROM AID-INDUCED DNA DAMAGE RESOLUTION : CELLULAR CONTEXT MATTERS ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/262377.

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Résumé :
When genome integrity is perturbed, surveillance and repair mechanisms are activated to restore genome integrity through high fidelity DNA repair. However, in some physiological situations, those mechanisms are channeled away from integrity towards mutations and recombinations. During the diversification of the immunoglobulin locus in B cells, Activation Induced Deaminase (AID) triggers the physiological introduction of mutations. The current work was based on the observation that upon simple lesion generation, AID-induced deamination of a cytosine to uracil, the resolution by the molecular mechanism of DNA repair can lead to different outcomes. This homeostatic outcome, error-free or error-prone, is governed by specific cellular context and processes associated with DNA. To uncover the regulation of the pathway choice an in vitro system, named in vitro resolution (IVR), was developed. In the 1st phase of the IVR, AID was targeted to a DNA plasmid for uracil lesion generation. In the 2nd phase, a cellular extract resolved the lesions via Base Excision Repair [BER, divided in short patch (SP)-BER or long patch (LP)-BER] or Mismatch Repair (MMR). The quantitative nature of the IVR provided a novel means to precisely quantitate the contribution of each single DNA repair pathway. This set-up allowed us to evaluate how different cellular environments influenced the choice. Cell origins presented quantitative differences in DNA repair kinetics: a) overall sensitivity, b) non-B cells activating non-canonical MMR first, c) B cells activating SP-BER first, and d) LP-BER is significantly activated only in B cells. To understand the possible molecular mechanisms, we analysed single components known to influence DNA repair, such as transcription, protein availability, and chromatin. Changing the DNA substrate to either prefer or avoid forming nucleosomes, we uncovered significant changes in AID deamination preference and in DNA repair pathway choice. DNA with nucleosome favourable base-stacking preferred LP-BER, while non-nucleosome stacked DNA preferred SP-BER and MMR. Overall our findings provide novel insight into the cellular context that can influence DNA repair. The use of B cells and cancer cell lines can recapitulate in vivo Ig locus diversification, and our findings have a direct bearing in understanding mechanisms of tumorigenesis.
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MAININI, VERONICA. « Indagini molecolari mediante spettrometrial di massa in fluidi biologici e tessuti ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/19695.

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Résumé :
The PhD thesis is focused on the evaluation of different Mass Spectrometry approaches for the study of the proteome of biological fluids and tissues. In detail, the ClinProt technology has been applied to amniotic fluids and urines respectively, to evaluate potential biomarkers for the preterm premature rupture of the membranes (pPROM) and to invetsigate molecular mechanisms of kidney adaptation to hypobaric hypoxia conditions at high and very high altitude. MALDI Imaging Mass Spectrometry (IMS) has been applied for the study of tissues. In detail, this part of the work evaluated the use of the detergents to enhance sensitivity and number of peaks detected for protein IMS analysis.
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Da, Broi Francesca. « Fret imaging and optogenetics shed light on neurocardiac regulation in vitro and in vivo ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423407.

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Résumé :
The heart is densely innervated by sympathetic neurons (SN) that regulate cardiac function both through chronotropic and inotropic effects. During exercise and stress, SN-released norepinephrine activates cardiac beta adrenergic receptors (beta-ARs) on both the conduction and contractile systems. Increased cardiac sympathetic activity leads to arrhythmias in acquired (e.g. myocardial ischemia) or inherited conditions, including Catecholaminergic Polymorphic Ventricular Tachycardia (CPVT), possibly via development of Ca2+ overload-dependent early- or delayed-afterdepolarizations (EAD, DAD, respectively). The DAD would serve as arrhythmogenic focus, leading to the onset of triggered activity in discrete groups of cardiac cells. Unbalanced sympathetic discharge to different regions of the heart has been identified as a potent arrhythmogenic condition 1. In addition to the direct cardiomyocyte damage, alteration in presynaptic NE reuptake from the autonomic neuron endings, leading to catecholamine spillover in the failing myocardium 2, inducing is an arrhythmic event. These data support a model in which autonomic control of cardiac function relies on specialized sites of direct interaction between the neurons and their target cardiomyocytes (CM). The aims of the project are: 1. To investigate whether specific cell-cell interactions have a role in the dynamics of intercellular signaling between SN and CM, aims to understand how unbalanced SN activity leads to arrhythmic condition. 2. To understand whether the unbalanced SN modulation of a limited group of cardiac cells could be involved in generating arrhythmias in vivo, based on an optogenetic approach 3. To study in vivo, non-invasively, the critical mass of myocardium necessary to generate an arrhythmogenic focus, using optogenetics. In the first part of the project, we used an in vitro model of sympathetic neurons/cardiomyocytes (SN-CM) co-cultures to analyze the dynamics of intercellular signaling. Upon NGF treatment, SNs extend their axons and establish direct contact with CMs. NE-synthesizing terminals developed on SN at the contact site, and beta1-ARs were enriched on the CM membrane in correspondence of the active release areas 3. We performed real-time imaging using the FRET-based biosensors EPAC1-camps and AKAR3 to assess intracellular cAMP and PKA activity, respectively. Stimulation of SN was achieved using KCl or bradykinin. We observed that activation of a specific SN lead to cAMP increase in the interacting CM (ΔR/R0 = 5.6% ± 1% mean ± SEM, n = 8, AKAR3 ΔR/R0= 5.3% ± 1.5%, mean ± SEM, n=6). The cAMP response in cardiomyocytes was not due to NE released in the medium, and was absent in cells not in direct contact with the activated neuron. We showed that in cells without SN coupled the intracellular cAMP and PKA activity were not affected. To estimate the [NE] acting on the CM beta-AR at the contact site, we compared the amplitude of the FRET signal evoked by SN activation (ΔR/R0= 2.6 % ± 0.6%, mean ± SEM, n=13 ) to that elicited by different [NE] administered to the cell bathing solution, and we observed that the increase in the CFP/YFP ratio achieved by SN-released NE is comparable to that obtained with 3.5e-10 M NE to whole cell. Using the competitive beta-antagonist propranolol we determined the effective [NE] in the ‘synaptic’ cleft. Competition antagonism of neuronal stimulation to CM was obtained with [Propranolol] equal to that antagonizing 100 nM of NE, indicating that such concentration is achieved in the ‘synaptic cleft’. Moreover, by calculating the fraction of occupancy of the receptor at different concentration of NE we calculated that the fraction of beta-ARs activated by the SN-released NE is < 1%. 2. In the second part of the project we used an optogenetic-based strategy to modulate cardiac sympathetic neurons activity non invasively in vivo. ChR2 is a light-gated cation channel that becomes permeable mainly to Na+ upon light-stimulation, shown to enable control of neuronal activity both in vitro and in the intact brain. We generated a mouse model expressing ChR2 in SN under the tyrosine hydroxilase (TOH) promoter. Photostimulation of the stellate ganglia neurons (SGN) was obtained in an anesthetized, open-chest model using a fiber optic to locally (1mm) deliver light (470nm) generated from a LED. ECG recording demonstrates a rapid (100-150 ms) increase (40%±6%) in heart rate (HR) upon SGN stimulation. The extremely short activation time of the cardiac response upon ChR2 depolarization of the neurons support a model in which NE acts in a short range, consistent with direct interaction between SN and CM. 3. We used ChR2 to modulate cardiac electrophysiology. We determined in cultured neonatal cardiomyocytes that photostimulation allows triggering action potential (AP). Moreover depending on when the light pulses were given we generated normal AP, early- or delayed-aferdepolarizations (EAD or DAD). We generated a mouse model with cardiac expression of ChR2, driven by the α-MHC promoter. Optical control of cardiomyocyte membrane potential was obtained with a fiber optic, while recording the ECG in the anesthesized mouse. Stimulation was applied to different regions of the heart. Atrial illumination was used to obtain non-invasive atrial pacing resulting in tachycardia with unchanged QRS, indicating as expected that the cardiac activation wave followed the natural conduction system. Ventricular photoactivation, on the contrary, bypassing the natural conduction system gave rise to premature ventricular beats. We provide evidence of the existence of a ‘synaptic’ contact between SN and CM that forms a high agonist concentration, diffusion-restricted space allowing potent activation of a small fraction of beta-ARs on the CM membrane upon neuronal stimulation. SN stimulation leads to a rapid increase of the HR supporting the idea of the existence of the synaptic contact between SN and CM. This close interaction has the potential of fast control of local CM signalling, suggesting that SNs control locally discrete groups of myocardial cells. Stimulation of a small fraction of the cardiac cells (< 200 microm-wide area) induced ectopic beats conducted to the whole heart
Il cuore è densamente innervato dai neuroni del sistema nervoso simpatico che regolano la funzionalità cardiaca attraverso un effetto cronotropo o inotropo positivi. Durante lo stress o l’esercizio, la noradrenalina rilasciata dai neuroni attiva i β recettori cardiaci sia sul sistema di conduzione che sul muscolo contrattile. L’aumento dell’attività del sistema nervoso simpatico cardiaco sia in condizioni normali o in presenza di patologie genetiche, come per esempio la Tachicardia Catecolaminergica Polimorfica Ventricolare, porta ad aritmie presumibilmente attraverso l’insorgere di ‘DADs’. Le ‘DADs’ sono un focus di aritmia che porta a una serie di depolarizzazioni che interessano un piccolo gruppo di cellule cardiache. E’ stato identificato un rilascio di catecolamine non bilanciato in diverese regioni del cuore da parte del sistema nervoso simpatico come possibile causa di aritmia. Inoltre alterazioni del ‘reuptake’ di noradrenalina porta a una concentrazione anomala di NE nello scompenso cardiaco che può essere coinvolto in un evento aritmico. Questi dati supportano un modello in cui il controllo della funzionalità cardiaca da parte del sistema nervoso simpatico avviene attraverso un sito d’interazione diretta e specializzata fra neurone e cardiomiocita accoppiato. Gli scopi del progetto sono quindi: 1. Studiare se l’interazione fra neurone e cardiomiocita ha un ruolo nella trasmissione cardiaca del segnale, per capire come un’attività non bilanciata del sistema nervoso simpatico porta a un evento aritmico. 2. Capire se l’attività non bilanciata del sistema nervoso simpatico modulando l’attività di un piccolo gruppo di cellule cardiache, possa essere coinvolto nella generazione di un’aritmia in vivo. Per verificare quest’ipotesi ci serviremo di un approccio innovativo basato su proteine foto attivabili 3. Studiare in vivo e in maniera non invasiva la massa critica di cellule cardiache necessaria per scatenare un evento aritmico. Anche per questo tipo di studio abbiamo utilizzato una metodologia basata sull’optogenetica. Nella prima parte del progetto, abbiamo creato un modello in vitro costituito da cardiomiociti neonatali e neuroni isolati dal ganglio cervicale superiore. I neuroni in seguito a trattamento con NGF sviluppano assoni che stabiliscono contatti con i cardiomiociti. Sotto terminali che sono in contatto con le cellule cardiache si osserva un maggiore accumulo di β1 recettori [3]. Abbiamo misurato l’attivazione dei β recettori monitorando in tempo reale le variazioni di AMP ciclico e attività di PKA, attraverso l’uso di sensori geneticamente codificati e che si basano sul FRET (EPAC1-camps, che ci permette di monitorare cAMP e AKAR3 che ci permette di monitorare l’attività di PKA). I neuroni del SNS sono stati stimolati con KCl o bradichinina. Abbiamo osservato che stimolando il rilascio di noradrenalina da un neurone, l’AMP ciclico e l’attività di PKA aumentano solo nei cardiomiociti accoppiati a neurone e non nei cardiomiociti senza un contatto (ΔR/R0 = 0.056 ± 0.01 mean ± SEM, n = 8, AKAR3 ΔR/R0=5.3% ± 1.5%, mean ± SEM, n=6). Per stimare la [NE] che agisce sui β recettori nel sito di contatto abbiamo paragonato l’ampiezza del segnale FRET generato dall’attivazione neuronale (ΔR/R0= 0.026 ± SEM) con quello generato da diverse [NE] note aggiunte alla soluzione in cui si trovano le cellule. Abbiamo osservato che l’aumento del rapporto CFP/YFP ottenuto dalla noradrenalina rilasciata dai neuroni e paragonabile a quello ottenuto con 3.5e-10 M di noradrenalina che attiva tutti i recettori. Usando un antagonista competitivo dei β recettori (propranololo) abbiamo determinato la concentrazione di noradrenalina nel cleft sinaptico. La concentrazione di propranolol necessaria per abolire totalmente la risposta indotta dalla noradrenalina rilasciata dai neuroni, e pari a quella necessaria per bloccare la risposta indotta da 100 nM di noradrenalina, suggerendo che la concentrazione nel cleft sinaptico è dell’ordine di 100 nM. Sulla base di questi dati abbiamo quindi calcolato che la frazione recettoriale con cui interagisce la noradrenalina rilasciata dai neuroni che è inferiore all’1% del totale. 1.Nella seconda parte del progetto abbiamo usato una strategia che si basa sull’‘optogenetica’ per modulare l’attività del sistema nervoso simpatico in vivo e in maniera non invasiva. ChR2 è un canale la cui permeabilità è regolata dalla luce. Infatti questo canale diventa permeabile soprattutto al Na+ in seguito a stimolazione con luce blu. Negli ultimi anni è stato largamente utilizzato per il controllo dell’attività neuronale sia in vitro che in vivo [4, 5]. Abbiamo generato un modello murino che esprime ChR2 nei neuroni del sistema nervoso simpatico sotto il promotore tirosina idrossilasi. La foto stimolazione del ganglio stellato è stata ottenuta in un modello a ‘torace aperto’ di topo anestetizzato, usando una fibra ottica per indirizzare in uno specifico punto la luce generata da un LED. L’analisi dell’ECG del topo mostra un rapido (100-150 ms) aumento (40%±6%) nella frequenza di contrazione cardiaca in seguito a ‘fotostimolazione’ del ganglio stellato. Questo rapido aumento nella frequenza cardiaca supporta il modello in cui la noradrenalina agisce in uno spazio piccolo e confinato in cui neurone e cardiomiocita interagisccono direttamente. 3. Abbiamo usato ChR2 anche per modulare l’elettrofisiologia cardiaca. Abbiamo determinato che la fotostimolazione di ChR2 è sufficiente a modulare il potenziale d’azione in cardiomiociti neonatali in cultura. Inoltre a seconda di quando viene dato il pulso di luce siamo in grado di generare un battito normale, una DAD o una EAD. Abbiamo quindi generato un modello di topo che esprima ChR2 nel cuore sotto il promotore α-MHC. Abbiamo controllato tramite stimolazione luminosa il potenziale d’azione di cellule cardiache utilizzando fibre ottiche alimentate da LED, durante l’acquisizione dell’ECG del topo. La stimolazione è stata eseguita in diverse regioni del cuore. La stimolazione atriale ci ha permesso di mimare un pacing atriale sfociato poi una tachicardia. Abbiamo osservato che il QRS non ha variazioni rispetto al normale, indicando che l’onda di depolarizzazione segue il sistema di conduzione cardiaco. La foto attivazione ventricolare invece genera un battito prematuro dato che non segue il sistema di conduzione. Abbiamo qui dimostrato l’esistenza di un contatto sinaptico fra i neuroni e i cardiomiociti che forma un sito a elevata concentrazione di neurotrasmettitore, uno spazio a diffusione limitata permettendo quindi l’attivazione di un ristretto gruppo di recettori β localizzati nella membrana della cellula cardiaca. La stimolazione neuronale genera un rapido aumento nella frequenza cardiaca avvalorando l’ipotesi dell’esistenza di un contatto sinaptico fra neuroni e cardiomiociti. Questa interazione è importante per un controllo rapido del segnale locale dei cardiomiociti, suggerendo che i neuroni controllino un gruppo ristretto di cellule cardiache. La stimolazione di una frazione di cardiomiociti è sufficiente a indurre un battito condotto in tutto il cuore
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9

Abbandonato, Gerardo. « From the photophysics of the fluorescent protein chromophore to the rational design of novel intracellular biosensors ». Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2017. http://hdl.handle.net/11384/85891.

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10

TULLIO, CHIARA. « Development of an effective tumor-targeted contrast agent for magnetic resonance imaging based on Mn/H-ferritin nanocomplexes ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2021. http://hdl.handle.net/10281/307662.

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Résumé :
La risonanza magnetica per immagini è una delle tecniche diagnostiche più sofisticate attualmente utilizzate in clinica. I mezzi di contrasto di contrasto (MC) possono essere somministrati per ottenere una migliore risoluzione delle immagini dei tessuti detectabili, nonché per ridurre il rischio di diagnosi errate causate dalla limitata sensitività di questa tecnica. Attualmente, soltanto alcuni MC a base di gadolinio sono approvati per un utilizzo in ambito clinico. Tuttavia, a causa di alcune problematiche legate alla loro tossicità, la loro somministrazione è consentita soltanto in particolari pazienti e con il minimo dosaggio. In questa tesi è riportata la sintesi e la validazione di un nuovo tipo di MC a base di manganese: Mn@HFn-RT. Il manganese è un metallo endogeno paramagnetico in grado di produrre un contrasto positivo simile al gadolinio e con una inferiore tossicità per l’uomo. Ioni di manganese sono stati caricati efficacemente all’interno del guscio di una proteina ricombinante chiamata H-ferritina, che si è dimostrato essere riconosciuta dalle cellule che overesprimono il recettore TfR1, come accade nella maggior parte delle cellule tumorali. Mn@HFn-RT è stato caratterizzato, dimostrando un’eccellente stabilità colloidale, un’ottima relassività ed un buon profilo di sicurezza. Da esperimenti condotti in vitro è stato possibile confermare la capacità di Mn@HFn-RT di raggiungere efficacemente le cellule tumorali, e si è inoltre dimostrata la sua abilità di favorire il riconoscimento di masse tumorali in vivo: infatti, Mn@HFn-RT somministrato con un basso dosaggio di metallo, ha dimostrato una ottima clearance ed è stato in grado di far risaltare una massa di tumore al seno impiantato in topo. Per tali motivi, Mn@HFn-RT può essere considerato un promettente MC per la risonanza magnetica.
Magnetic resonance imaging is one of the most sophisticated diagnostic tools in clinic. Contrast agents (CAs) may be exploited to afford much clearer images of detectable organs and to reduce the risk of misdiagnosis, due to the limited sensitivity of the technique. Actually, only a few gadolinium-based CAs are approved for clinical use. Nevertheless, concerns over their toxicity remain and their administration is approved only under strict control. In the present study it is reported the synthesis and validation of a novel manganese-based CA, Mn@HFn-RT. Manganese is an endogenous paramagnetic metal able to produce a positive contrast like gadolinium, however it is estimated to cause lower toxicity for human body. MN ions have been efficiently loaded inside the shell of a recombinant human protein called H-ferritin that is recognized by cells overexpressing TfR1, including the majority of cancer cell. Mn@HFn-RT was characterized, showing excellent colloidal stability, superior relaxivity and good safety profile. From in vitro experiments it was possible to confirm the ability of Mn@HFn-RT to efficiently target cancer cells and thus favor the detection of the tumor region in a breast cancer in vivo model with very low metal dosages and showing rapid clearance. Mn@HFn-RT looks a promising CA candidate to be developed for MRI.
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Chapitres de livres sur le sujet "Imaging molecolare"

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Selan, Laura, et Marco Artini. « Imaging molecolare ». Dans Imaging RM della prostata, 217–23. Milano : Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1516-6_27.

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