Articles de revues sur le sujet « GOVERNO DEI GRUPPI PARLAMENTARI »

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1

Verzichelli, Luca. « I GRUPPI PARLAMENTARI DOPO IL 1994. FLUIDITÀ E RIAGGREGAZIONI ». Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 26, no 2 (août 1996) : 391–413. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200024278.

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Résumé :
Lo studio dei gruppi parlamentari non ha mai rivestito grande importanza in Italia, anche per la generale convergenza tra gli studiosi, politologi e giuristi, intorno alla tesi della subordinazione dei gruppi stessi rispetto ai partiti, sin dall'epoca della ricostruzione democratica del dopoguerra.
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2

Strøm, Kaare. « GOVERNI DI MINORANZA E DEMOCRAZIE PARLAMENTARI ». Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 15, no 2 (août 1985) : 167–204. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200003129.

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Résumé :
IntroduzioneI governi di minoranza sono soluzioni anomale nelle democrazie parlamentari. Tale tipo di governo può essere definito come un governo composto da rappresentanti di partiti che, in totale, controllano meno della metà dei seggi parlamentari. Le alternative ai governi di minoranza sono due: 1) governi di maggioranza, 2) amministrazioni non-partitiche.
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3

Pasquino, Gianfranco. « VARIANTI DEI MODELLI DI GOVERNO PARLAMENTARE ». Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 33, no 2 (août 2003) : 295–315. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200027192.

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Résumé :
Introduzione«Chi conosce il diritto costituzionale classico e ignora la funzione dei partiti, ha un'idea sbagliata dei regimi politici contemporanei; chi conosce la funzione dei partiti e ignora il diritto costituzionale classico ha un'idea incompleta ma esatta dei regimi politici contemporanei» (Duverger 1961, p. 412) Alla luce di questa preziosa indicazione metodologica dell'autorevole politologo e costituzionalista francese, il dibattito italiano sul «premierato» appare immediatamente e sostanzialmente inadeguato perché incapace, tranne pochissime eccezioni, di tenere insieme il sistema dei partiti e il modello di governo. Certo, è innegabile che le regole e le attribuzioni di poteri costituzionali hanno anche una dinamica e una forza propria e specifica. Tuttavia, il modo e il grado di successo con il quale regole e poteri incidono sui rapporti governo/parlamento e governo/elettorato differiscono in maniera significativa a seconda del sistema di partiti sottostante sul quale si applicano e con il quale interagiscono. In questa sede, manterrò l'analisi focalizzata esclusivamente sui modelli parlamentari di governo, ma, naturalmente, anche qualsiasi tentativo di comprendere e di rendere conto del funzionamento dei modelli presidenziali di governo appare altrettanto inadeguato se, per l'appunto, non tiene conto dei diversi sistemi di partito sui quali viene innestato ciascun modello presidenziale (per le indispensabili differenziazioni fra presidenzialismi e parlamentarismi, si veda Sartori 2000; per un tentativo, peraltro piuttosto confuso poiché si perde in eccessive specificazioni che non conducono ad opportune generalizzazioni, Shugart e Carey 1992).
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4

Cattunar, Alessandro. « Confine, memorie, identitŕ Il Governo militare alleato nella Venezia Giulia tra politiche pubbliche e percorsi privati ». ITALIA CONTEMPORANEA, no 258 (septembre 2010) : 26–56. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-258002.

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Résumé :
Il saggio propone un'analisi dei legami tra confine, identitŕ e memorie nella Venezia Giulia, e in particolare nel Goriziano, durante l'amministrazione del Governo militare alleato (Gma). In qust'area questo periodo č cruciale per la definizione della linea di confine tra Italia e Jugoslavia. Per la popolazione, č un momento di passaggio da un sistema di identitŕ plurime, fluide e cangianti a una contrapposizione nazionale e politica alquanto netta. Anche in seguito ai traumi subiti negli anni precedenti, infatti, gli individui e i gruppi riformulano i parametri per definire se stessi e "gli altri" selezionando eventi e momenti della storia passata e ponendoli a fondamento della propria identitŕ. Tali dinamiche si riflettono sull'affermazione di memorie differenti e spesso antitetiche. L'autore studia sia la dimensione pubblica/istituzionale, sia quella privata delle emozioni, dei sentimenti, delle singole scelte quotidiane principalmente attraverso l'analisi delle interviste e dei racconti di vita dei testimoni: fonti orali che vengono confrontate e fatte interagire con i documenti ufficiali che descrivono l'attivitŕ del Gma e le relazioni tra questo e i diversi gruppi nazionali e culturali presenti sul territorio.
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5

Amoretti, Ugo M. « DA ANDREOTTI A BERLUSCONI : LA RAPPRESENTATIVITÀ TERRITORIALE DEI GOVERNI ITALIANI, 1976–2001 ». Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 32, no 2 (août 2002) : 269–304. http://dx.doi.org/10.1017/s004884020003015x.

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Résumé :
IntroduzioneIl governo è uno degli argomenti di cui si sono tradizionalmente occupati gli studi politici. Oltre che a tematiche di carattere generale, i cultori di questo tema si sono indirizzati prevalentemente verso questioni quali le forme di governo, la formazione (e dissolvimento) delle coalizioni governative nei sistemi parlamentari e multipartitici, il ruolo dei partiti politici, l'espansione della sfera pubblica, nonché lo studio dei governanti e delle loro carriere. A fianco di questi temi di ricerca, esiste tuttavia un'ulteriore area di indagine interessante e rilevante: la rappresentatività territoriale dei governi. Rimasta relativamente inesplorata perlopiù a causa delle originarie caratteristiche sistemiche di questi ultimi – nati come leve di comando dello stato e divenuti organi esecutivi delle leggi approvate in parlamento in seguito all'affermarsi del costituzionalismo liberale – tale problematica costituisce oggi, dato il ruolo di primo piano progressivamente acquisito dai governi nell'ambito del policy making (Pasquino 1997, 170–171), un tema di particolare importanza, soprattutto nei paesi eterogenei dal punto di vista geopolitico. Se gran parte della produzione legislativa ha origine nel governo, è tutt'altro che un esercizio scolastico esaminare come le unità territoriali in cui si suddivide amministrativamente o politicamente uno stato siano rappresentate al suo interno.
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6

Grimaldi, Angelo. « La forma di governo nella Costituzione Romana del 1849 ». Misión Jurídica, no 20 (1 juillet 2021) : 174–96. http://dx.doi.org/10.25058/1794600x.1916.

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Résumé :
Dalla Costituzione romana del 1849 emerge una forma istituzionale “quasi dualistica” o “dualismo zoppo”. Si prevede una separazione dei poteri che però non rende possibile l’influenza ex post di un organo sulla funzione dell’altro, uno dei due organi costituzionali è claudicante: il Presidente collegiale della Repubblica, pur partecipando direttamente alla funzione legislativa, non può esercitare il veto sospensivo (accompagnato dalle osservazioni presidenziali), ma può soltanto, “senza ritardo”, promulgare la legge. L’Assemblea nomina il Presidente collegiale della Repubblica; i tre consoli non possono essere scelti fra i parlamentari, quindi si stabilisce la separazione dei due più importanti attori costituzionali. Il Presidente collegiale della Repubblica era a capo del Governo, ad esso spettava la nomina e la revoca dei ministri, quindi i ministri erano legati al Consolato da un rapporto “interno” di fiducia, ma tale rapporto di fiducia non poteva instaurarsi tra il Consolato-Governo e l’Assemblea. I due poteri, Legislativo e Capo dello Stato-Esecutivo, si costituiscono in due centri di autorità distinti, congegnati in un modo tale ed unico da potersi definire forma “quasi dualistica”. L’istituto della controfirma stabilisce il principio della “non responsabilità dei Consoli”, ma in che modo la Costituzione avrebbe garantito la irresponsabilità del Presidente (collegiale) della Repubblica se si afferma l’esatto contrario negli articoli 43, 44, 45 e 55? Risulta difficile immaginare un’evoluzione al parlamentarismo, cioè la responsabilità giuridica avrebbe aperto la strada alla responsabilità politica e, di conseguenza, al sistema parlamentare?
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Baba, Stephen A. « Democracies, Inefficiency and Campaign Contributions ». Journal of Public Finance and Public Choice 13, no 1 (1 avril 1995) : 19–33. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907540039.

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Résumé :
Abstract Questo lavoro prende le mosse dalla letteratura teorica esistente sull’inefficienza del rent seeking per sviluppare un modello di competizione politica con elettori razionali in cui, anche nell’ipotesi di mancata possibilità di corruzione dei candidati da parte dei gruppi di interesse, sono possibili risultati inefficienti. Il modello dimostra inoltre che i contributi per il finanziamento delle campagne elettorali possono essere usati per informare i votanti razionali.L’analisi fornisce delle argomentazioni contrarie alle posizioni di Becker e Wittman, secondo cui l’inefficienza del governo è impossibile o poco probabile.
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Kimenyi, Mwangi S. « Bureaucratic Rents and Political Institutions ». Journal of Public Finance and Public Choice 5, no 3 (1 octobre 1987) : 189–99. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344398.

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Résumé :
Abstract Molti studi sul rent-seeking si concentrano sull’azione di gruppi organizzati che si trovano all’esterno della struttura governativa e sul comportamento dei politici per favorire tali interessi.Viene, in genere, trascurata l’attività di rent-seeking da parte dei membri del governo, su cui si sofferma invece il presente studio, estendendo anche l’analisi al comportamento burocratico nell’ambito dei sistemi istituzionali non democratici.II principale risultato è che il diverso successo delle attività di rent-seeking della burocrazia può essere spiegato dai vincoli istituzionali imposti dai diversi sistemi. Le relazioni tra politici (che autorizzano le spese dei burocrati) e burocrati sono piu strette in un sistema non democratico rispetto a quanto possano esserlo in un sistema democratico, nel quale quindi il processo di rent-seeking diventa comparativamente più difficile.
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Pattenden, Miles. « Governor and government in sixteenth-century Rome ». Papers of the British School at Rome 77 (novembre 2009) : 257–72. http://dx.doi.org/10.1017/s006824620000009x.

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Résumé :
L'importanza del governo a Roma e il ruolo del papa e dei suoi ufficiali in esso crebbero rapidamente nel corso del XVI secolo. Il presente articolo prende la figura del governatore della città come un case-study e, usando dati legislativi, d'archivio e finanziari, ci si domanda come possiamo valutare quel processo e cosa rivela circa le aspirazioni dei Romani per il governo. Si conclude che questa espansione non fu il risultato di una centralizzazione deliberate o di una razionalizzazione dai papi del XVI secolo, ma che differenti gruppi all'interno della società romana sfruttarono l'idea di un'autorità papale per promuovere i loro propri interessi e incoraggiare la stabilità politica. Infine l'articolo prende in considerazione le conseguenze che questo ha avuto per lo sviluppo di Roma come una comunità politica, e si arguisce che nei secoli precedenti la rivoluzione francese, lungi dall'essere una causa di stagnazione e declino, il governo papale continuò ad evolversi per incontrare le aspettative maturate su di esso dalla società dell'ancien régime.
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Congleton, Roger D. « Constitutional Federalism and Decentralization : A Second Best Solution ». Journal of Public Finance and Public Choice 12, no 1 (1 avril 1994) : 15–29. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907539806.

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Résumé :
Abstract In questo scritto si analizza in quale misura dovrebbe essere decentrata l’autorità di un governo costituzionale in modo da ridurre i problemi dell’informazione pubblica.In assenza di problemi di rappresentanza politica, un sistema di governo accentrato potrebbe operare meglio di governi decentrati e tra loro in concorrenza. Poiché, tuttavia, vi è ampia evidenza che i governi accentrati operano in modo imperfetto, sembra ragionevole assumere che il federalismo consenta di affrontare una serie di importanti problemi informativi e di incentivazione.L’analisi svolta dimostra che, in generale, nella misura in cui i governi locali competono attivamente per aumentare il numero dei residenti e la base fiscale, il federalismo incoraggia l’innovazione e la produzione efficiente di servizi pubblici locali.Inoltre, la maggior capacità degli enti locali di resistere alla «cattura» da parte di gruppi d’interesse rispetto al governo centrale, riduce la possibilità di sfruttare i cittadini.
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Pasquino, Gianfranco. « Il Modello Westminster ». Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 32, no 3 (décembre 2002) : 553–67. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200030409.

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Résumé :
L'espressione «Modello Westminster» è stata variamente utilizzata negli anni ruggenti delle (non)riforme istituzionali in Italia. La quantità e la qualità delle imprecisioni nelle caratteristiche attribuite ad un modello inevitabilmente quasi ignoto in Italia sono state e rimangono notevoli. Al di là della semplice manipolazione politica, le imprecisioni non possono stupire. Da un lato, infatti, non esiste praticamente nessuno studio recente in italiano dedicato al sistema politico della Gran Bretagna (fa ottima eccezione la ricerca di Massari (1994)), mentre, al contrario, sono moltissime le analisi e le ricerche opera degli studiosi inglesi e americani (nessuna delle quali tradotte in italiano). Dall'altro, il sistema politico inglese viene considerato poco interessante, poco problematico e, fra alti e bassi, poco comparabile con gli altri sistemi politici né, tanto meno, con quello italiano. Ricorrendo ad un'espressione spesso utilizzata in Spagna per spiegare i conflitti, le tensioni e la confusione della politica prima del ritorno alla democrazia: «non siamo inglesi». Qualcuno potrebbe credere che esista un solo sistema politico «eccezionale», per la sua storia, per la sua cultura politica, per la sua società multietnica, per le sue istituzioni, vale a dire gli Stati Uniti d'America. Invece, a ben guardare, se un sistema politico merita la qualifica di eccezionale, cioè che fa eccezione rispetto, ad esempio, alle democrazie parlamentari, che nella sua configurazione specifica non si ritrova da nessun'altra parte che, di conseguenza, è difficilmente comparabile e ancor più difficilmente imitabile, è proprio il sistema politico della Gran Bretagna. Ciascuna delle componenti del sistema politico inglese (legge elettorale, sistema bipartitico, strutturazione del parlamento, governo del Primo ministro) può trovarsi, singolarmente presa e considerata, in qualche altro sistema politico, in particolare, nei sistemi politici che chiamerò della diaspora anglosassone: Australia, Canada, Nuova Zelanda. Nessuno di questi sistemi presenta, però, quel complesso di interazioni che caratterizza il sistema politico inglese e che è, in buona sostanza, unico. D'altronde, a riprova di quanto ho appena sostenuto, nessuno dei volumi in esame, scritti da eminenti specialisti, che pure conoscono molto bene anche altri sistemi politici, si affida ad una comparazione per spiegare né la dinamica delle istituzioni, in particolare, il governo del Primo Ministro, e dell'elettorato inglese, né il ruolo mutevole del Parlamento e dei parlamentari (anche se Russell (2000) va proprio alla ricerca di insegnamenti comparati per capire in quale direzione e con quali modalità debba essere riformata la Camera dei Lords). Cionostante, ciascuno di questi libri è, comunque, di per sé molto interessante e molto istruttivo non soltanto per le analisi specifiche che contiene, ma anche perché consente di riflettere in generale sulla trasformazione della politica, sulla sua situazione attuale in Gran Bretagna e sul suo futuro con riferimento sia al modello Westminster sia, nonostante le reali e profonde differenze, alle altre democrazie parlamentari.
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D'Alimonte, Roberto. « LA TRANSIZIONE ITALIANA : IL VOTO REGIONALE DEL 23 APRILE ». Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 25, no 3 (décembre 1995) : 515–59. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200023820.

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Résumé :
IntroduzioneIl nuovo sistema elettorale per l'elezione dei consiglieri delle quindici regioni a statuto ordinario rappresenta l'ultimo tassello del processo di riforma delle regole elettorali. Come i sistemi elettorali per le elezioni parlamentari, comunali e provinciali, è anche esso un sistema misto. Più precisamente è un sistema a turno unico con un doppio voto: uno per l'attribuzione dell'80% dei seggi con formula proporzionale in circoscrizioni coincidenti con il territorio delle province; l'altro per la assegnazione del restante 20%, con scrutinio maggioritario di lista, in una unica circoscrizione coincidente con il territorio della regione. Questa quota rappresenta il premio destinato alla lista regionale che ottenga il maggiore numero di voti. Come vedremo successivamente, il premio non sempre corrisponde al 20% dei seggi, ma è in realtà variabile. In ogni caso però – ed è questa la caratteristica più importante del nuovo sistema elettorale – esso è tale da garantire al partito o alla coalizione di partiti vincenti la maggioranza assoluta dei seggi in consiglio. Complessivamente, dunque, si tratta di un sistema di difficile classificazione: prevalentemente proporzionale quanto a rappresentatività delle forze politiche, tendenzialmente maggioritario quanto alla dinamica della competizione elettorale e all'impatto sulla formazione del governo regionale. Tutto sommato, la dizione «sistema proporzionale a premio di maggioranza variabile» mi sembra la più adatta a riassumerne le caratteristiche principali. In questa sezione le vedremo una per una cominciando dalla struttura della scheda elettorale.
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Di Mauro, Luca. « Un progetto di congiura assolutista durante l'ottimestre costituzionale del 1820-21 ». IL RISORGIMENTO, no 2 (novembre 2022) : 7–37. http://dx.doi.org/10.3280/riso2022-002001.

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L'adozione della costituzione spagnola nelle Due Sicilie a seguito del moto carbonaro di Nola non interrompe l'attività politica delle società segrete che aveva caratterizzato il decennio precedente. Durante gli otto mesi del reme rappresentativo la clandestinità continua a essere considerata uno strumento politico e formazioni democratiche, liberali e reazionarie si muo- vono nell'ombra per modificare o rovesciare il governo. Le carte del fondo Ministero di grazia e giustizia dell'Archivio di Stato di Napoli restituiscono le indagini della polizia del regime costituzionale napoletano su di una congiura della società reazionaria dei calderari, preparata tra il dicembre 1820 e il febbraio 1821. Pur se rimasta priva di effetti pratici, l'azione del nucleo legittimista mette in luce una rete composita di azione e reclutamento e consente di analizzare le ragioni - politiche o personali - alla base della politicizzazione dei differenti gruppi sociali coinvolti nel progetto.
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Kirchgässner, Gebhard. « On the Political Economy of Economic Policy ». Journal of Public Finance and Public Choice 7, no 1 (1 avril 1989) : 111–23. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344749.

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Abstract Il limite delle tradizionali teorie macroeconomiche, sia neo-keynesiane che neo-classiche, è costituito dalle loro ipotesi idealistiche sul comportamento del governo, che non tengono conto delle istituzioni politiche.La teoria macroeconomica può, invece, essere utilizzata nel modo migliore quando si voglia indagare sui risultati che si possono attendere dalle diverse istituzioni politiche, anche se è comunque necessario tener conto del fatto che le stesse aspettative degli « operatori economici » (categoria che include non soltanto i consumatori ed i produttori, ma anche gli elettori, i burocrati ed i politici) sono influenzate dalle politiche economiche perseguite.Ciò mette in evidenza l’importanza della Public Choice, la cui analisi delle interazioni politico-economiche è tuttavia ancora inadeguata per una utilizzazione nell’ambito della teoria macroeconomica, soprattutto per quanto riguarda il ruolo dei gruppi d’interesse, che soltanto di recente, attraverso la teoria del « rent-seeking » di Gordon Tullock, vengono considerati nei modelli che tengono conto dei meccanismi politici.
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Acciai, Enrico. « Ulisse del Novecento. I difficili rientri dei reduci stranieri della guerra civile spagnola 1937-1945 ». ITALIA CONTEMPORANEA, no 262 (octobre 2011) : 28–49. http://dx.doi.org/10.3280/ic2011-262002.

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Il saggio, attraverso l'analisi di un'ampia documentazione d'archivio, si propone di indagare le criticitŕ legate all'uscita dalla Spagna dei reduci stranieri della guerra civile spagnola, inquadrati per lo piů nelle Brigate internazionali, ma anche in altre colonne minori. Infatti, se su quei quasi quarantamila combattenti molto č stato scritto giŕ da subito dopo la fine del conflitto, rimane sinora poco indagato l'aspetto relativo al complesso processo di smobilitazione degli internazionali. In relazione a ciň l'autore ha individuato tre gruppi di volontari per i quali, sia pure con percorsi radicalmente diversi, uscire dalla penisola iberica si rivelň spesso molto difficile: quelli non integrati nelle Brigate internazionali, coinvolti nella repressione che colpě il movimento libertario dopo i fatti del maggio 1937 a Barcellona; quelli che, dopo il ritiro delle Brigate, furono respinti dalle autoritŕ francesi, su disposizione in particolare del governo Daladier; quelli che caddero prigionieri dei nazionalisti nel corso del conflitto. Alcuni di coloro che finirono nei campi d'internamento franchisti dovettero attendere, in balia di una diplomazia confusa, la fine della seconda guerra prima di venire espulsi dalla Spagna.
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Beri, Emiliano. « «Contrabbandieri, pirati e ladri di mare». Bonifacini e napoletani nella marina di Pasquale Paoli (1756-1768) ». SOCIETÀ E STORIA, no 132 (juillet 2011) : 249–76. http://dx.doi.org/10.3280/ss2011-132002.

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L'articolo esamina alcuni aspetti poco noti della marina creata ex novo dal governo cňrso ribelle di Pasquale Paoli, emersi in seguito all'analisi di numerose fonti in gran parte inedite. Un ruolo decisivo nella nascita e nello sviluppo della flotta "paolista" fu svolto dalle marinerie di Bonifacio, dei regni di Napoli e di Sicilia e dei presidi toscani sotto dominio napoletano. L'autore analizza i legami, non privi di tensioni, che unirono in gruppi di interesse alcuni dei principali corsari e contrabbandieri "paolisti" con uomini di mare, mercanti, mediatori e funzionari pubblici stranieri (napoletani soprattutto, ma non solo), mettendoli in condizione di usufruire delle risorse e delle ampie reti di relazioni proprie di questi soggetti. Un caso specifico, quindi, che permette tuttavia di gettare una luce piů ampia su fenomeni e problematiche proprie del mondo marittimo d'antico regime. In primo luogo il complesso intreccio di interessi che ruotavano intorno alla guerra di corsa e al contrabbando. In secondo luogo il ruolo strategico rivestito da alcune tipologie di merci e di risorse (come il sale e i disertori) e il diffuso ricorso a false identitÀ e "bandiere ombra". Si tratta di fenomeni che solitamente emergono con maggior vigore durante i periodi di guerra e risultano, quindi, particolarmente evidenti nel quadro del conflitto cňrso-genovese, grazie anche all'intreccio con la cruciale questione del riconoscimento della bandiera cňrsa.
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Rossi, Mario G. « Dalla Resistenza alla Costituzione. La formazione della nuova classe dirigente nella Toscana postfascista ». ITALIA CONTEMPORANEA, no 265 (juin 2012) : 552–66. http://dx.doi.org/10.3280/ic2011-265002.

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L'antifascismo e l'ereditŕ della Resistenza, oltre che fattore costitutivo dell'aggregazione del nuovo blocco di forze politiche e sociali alternativo a quello dominante nella Toscana liberale e fascista, rappresentano un vero carattere originale profondamente radicato nelle masse popolari e nelle élite dirigenti della Toscana contemporanea. A questo risultato ha contribuito in modo determinante il Comitato toscano di liberazione nazionale (Ctln) che, ponendosi come organo unitario di autogoverno, al di sopra delle contrapposizioni ideologiche e politiche, ha diretto la battaglia per le autonomie locali e il governo regionale e ha promosso un ampio processo di rinnovamento in tutti i settori delle classi dirigenti, operanti non solo nella politica e nell'amministrazione, ma anche nell'economia e nella societŕ civile. L'ampiezza e il radicamento della scelta antifascista si sarebbero consolidati nel tempo, impedendo, anche dopo la rottura provocata dalla guerra fredda, il recupero delle posizioni e degli interessi dei gruppi piů retrivi e consentendo lo sviluppo in termini articolati e non rigidi della dialettica tra le forze politiche della regione.
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Delizia, Francesco. « Da ducato pontificio a capoluogo di provincia : il Risorgimento a Benevento ». STORIA URBANA, no 132 (février 2012) : 297–322. http://dx.doi.org/10.3280/su2011-132011.

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Résumé :
Garibaldi non passň da Benevento. Tuttavia, la cittŕ ebbe un ruolo chiave nella conquista di Garibaldi del sud d'Italia, al punto che ricevette dall"eroe dei due mondi" il riconoscimento di cittŕ capoluogo di provincia. Negli anni che seguirono l'annessione all'Italia e la nomina a capoluogo di provincia l'impegno principale fu la definizione del nuovo assetto territoriale di una cittŕ fino a quel momento chiusa entro il circuito delle mura medievali; un perimetro rafforzato dalla collocazione della cittŕ alla confluenza di due fiumi, che fino a quella data aveva avuto il ruolo di limite dello spazio e delle funzioni urbane. L'impegno maggiore delle amministrazioni locali, il Governo provvisorio prima e poi i gruppi di orientamento moderato, esponenti della vecchia aristocrazia e proprietari terrieri, che prevalsero rapidamente sulla scena politica, fu dunque nell'affermare e consolidare il nuovo assetto territoriale ed a contenere focolai di ribellione che si accendevano in provincia. In questo quadro le questioni sociali, i bisogni della cittŕ, i grandi temi dell'urbanistica ottocentesca lasciavano il posto a scelte episodiche negli investimenti pubblici. Anche la costruzione di monumenti celebrativi dedicati ai protagonisti del Risorgimento fu un fenomeno marginale nello scenario delle trasformazioni urbane.
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Ferrandino, Vittoria, et Valentina Sgro. « Associazionismo industriale e corporativismo : l’American Chamber of Commerce in Italy nell’epoca fascista = Industrial association and corporatism : The American chamber of commerce in Italy during the fascism age ». Pecvnia : Revista de la Facultad de Ciencias Económicas y Empresariales, Universidad de León, no 19 (2 février 2016) : 103. http://dx.doi.org/10.18002/pec.v0i19.3584.

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Résumé :
<p>Il contributo in oggetto si propone di approfondire i rapporti tra le corporazioni e i gruppi industriali italiani da un’ottica particolare, quella dell’associazionismo che si concretizza con l’American Chamber of Commerce in Italy, instituita nel 1915 per agevolare le relazioni commerciali tra Italia e Stati Uniti. La grave crisi economica del 1930 e del 1931 e, poco dopo, le gravissime restrizioni portate agli scambi con l’estero dal programma autarchico del Governo fascista, influirono notevolmente sullo sviluppo della Camera. L’autorità dell’istituzione venne a diminuire, i rapporti con gli Stati Uniti si fecero più rari e il numero dei soci diminuì notevolmente.<strong> </strong>Alle corporazioni furono affidate le autorizzazioni sui nuovi impianti, la costituzione delle compagnie per la valorizzazione dell’Africa orientale italiana, il controllo sulle iniziative economiche nelle colonie, la collaborazione col fisco nella determinazione e nell’applicazione dei tributi ed infine il controllo sul commercio estero e sulle valute. Di conseguenza, la funzione che lo Stato avrebbe dovuto esercitare servendosi delle corporazioni finì col ricadere nelle mani dei grandi industriali, che le dominavano attraverso i loro rappresentanti. Da un lato, quindi, vi erano le corporazioni, che garantivano piena libertà ai gruppi industriali, avallandone le scelte; dall’altro lato, invece, vi erano le autorità governative che riconoscevano i limiti di competenza e d’intervento di quelle istituzioni e la necessità di una migliore definizione degli obiettivi.</p><p>This contribution aims to examine the relationship between corporations and the Italian industrial groups from a particular perspective, which is that of associations through the American Chamber of Commerce in Italy, established in 1915 to facilitate the commercial relations between Italy and the United States. The economic crisis of 1930 and 1931 and, shortly after, the very serious restrictions on foreign trade of the Fascist government program influenced significantly on the Chamber’s development. The authority of the institution was to decline, the relations with the United States became more and more rare and the number of members decreased considerably. Corporations obtained the authorizations on new systems, the establishment of companies for the development of the Italian East Africa, the control on economic initiatives in the colonies, the cooperation with the tax authorities in the determination and application of taxes, and finally control over foreign trade and currencies. So the function that the State should have exercised using the corporations ended up falling into the hands of big businessmen, who ruled through their representatives. Therefore, Corporations guaranteed full freedom to industry groups supporting them, and government authorities recognized the competence and intervention limits of those institutions and the need for a better definition of the objectives.</p>
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Griglio, Elena. « Le prospettive di riforma della Costituzione italiana : note di metodo ». Toruńskie Studia Polsko-Włoskie, 5 mai 2022, 119–36. http://dx.doi.org/10.12775/tsp-w.2021.009.

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Il contributo analizza le principali prospettive di riforma della Costituzione italiana, nel tentativo di evidenziare la ricchezza degli approcci metodologici che hanno contraddistinto i vari procedimenti di revisione costituzionale. Rispetto ai profili di metodo, si intende brevemente ricostruire in una prospettiva storica il rapporto tra revisioni organiche e revisioni puntuali e tra procedimenti di revisione speciali o ordinari. Tale analisi consentirà di identificare la varietà delle strategie riformatrici perseguite, inquadrandole nel relativo contesto politico-istituzionale ed evidenziandone il collegamento con le consultazioni referendarie. Focalizzando l’attenzione sull’ultima riforma costituzionale, quella relativa alla riduzione del numero dei parlamentari, si evidenzierà come una riforma apparentemente „puntuale” nel suo impatto emendativo sul testo costituzionale possa aprirsi a conseguenze di grande impatto nel rapporto delle due Camere sia con gli elettori che con il Governo. Se ne richiameranno quindi le più significative interazioni con la riforma elettorale e con i regolamenti parlamentari. Tale riflessione consentirà, in conclusione, di sottolineare come il processo attuativo che accompagna una riforma costituzionale svolga un ruolo determinante nel definirne la portata e l’impatto. Le grandi o piccole riforme non si valutano tanto nel numero di articoli costituzionali modificati, ma piuttosto nella capacità complessiva di un intero sistema di accompagnare il cambiamento sul piano delle attuazioni e integrazioni legislative, dell’interpretazione costituzionale, della modifica delle consuetudini in essere.
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« Capitolo 5 : La salute mentale delle popolazioni indigene ». Epidemiologia e psichiatria sociale. Monograph Supplement 11, S4 (mars 2002) : 37–46. http://dx.doi.org/10.1017/s1827433100000526.

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Résumé :
Una rassegna della letteratura riguardante la salute mentale delle popolazioni indigene rivela che esistono pochi dati a riguardo. Per esempio, questa rassegna non ha evidenziato di fatto nessuna informazione sulle tribù dell'India ufficialmente registrate dal governo di quel paese, sulle minoranze nazionali della Cina, oppure sui popoli indigeni dell'Africa (6). Il lavoro delle organizzazioni come Cultural Survival, International Work Group for Indigenous Affairs, UN Working Group on Indigenous Populations, World Council of Indigenous Peoples e molti altri organismi locali documenta le privazioni e le ingiustizie sopportate dai popoli indigeni. Malgrado ciò poco di questo lavoro fa direttamente riferimento alla salute mentale. In molti casi è possibile soltanto fare delle congetture circa l'estensione e la natura dei disordini mentali nell'ambito di gruppi specifici di popoli indigeni. Pertanto le informazioni che seguono sono nella migliore delle ipotesi impressionistiche e preliminari, specialmente alla luce dei problemi metodologici già discussi.
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