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Littérature scientifique sur le sujet « Giurisprudenza penale internazionale »
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Articles de revues sur le sujet "Giurisprudenza penale internazionale"
Wołodkiewicz, Witold. « LEX RETRO NON AGIT. SFORMUŁOWANIE W POLSKIEJ DOKTRYNIE PRAWNICZEJ ». Zeszyty Prawnicze 1 (27 janvier 2017) : 103. http://dx.doi.org/10.21697/zp.2001.1.06.
Texte intégral« Diritto italiano. Espulsioni ». DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no 3 (décembre 2011) : 139–52. http://dx.doi.org/10.3280/diri2011-003011.
Texte intégral« Rassegna di giurisprudenza. Allontanamento / Ammissione e soggiorno / Asilo e protezione internazionale / Cittadinanza / Minori / Non discriminazione / Penale ». DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no 1 (septembre 2015) : 1–61. http://dx.doi.org/10.3280/diri2015-001020.
Texte intégralThèses sur le sujet "Giurisprudenza penale internazionale"
Buono, Anna. « La struttura del reato nella giurisprudenza dei tribunali penali internazionali ». Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2012. http://hdl.handle.net/10556/276.
Texte intégralQuesta Tesi di Dottorato su: “La struttura del reato nella giurisprudenza dei Tribunali penali internazionali”, dal punto di vista organizzativo, è suddivisa in tre parti. La prima parte è dedicata allo sviluppo del diritto penale internazionale. Questo “darwinismo” è legato all’evoluzione dei Tribunali penali internazionali, da Norimberga ai cosiddetti Tribunali ibridi o internazionalizzati istituiti dalle Nazioni Unite, caratterizzati dalla natura “mista”, interna ed internazionale, della loro struttura e del diritto applicabile. Questa parte si sofferma anche sul diritto penale calato nel contesto della giustizia internazionale nell’ottica della dottrina dal secondo dopoguerra ad oggi ed espone minuziosamente i problemi da risolvere in tale ambito: difficoltà nell’applicare le norme ai casi specifici, difficoltà nell’applicare il diritto penale internazionale in un contesto plurilingue (il caso Krnojelac); e, ultimo, non per ordine di importanza, i giudici internazionali come creatori di diritto: il caso Vasiljevic ha enfatizzato questa funzione («Il principio nullum crimen sine lege non impedisce ad un tribunale di interpretare e chiarire gli elementi di un certo crimine, né impedisce il progressivo sviluppo della legge ad opera del Tribunale»). La giurisprudenza dei Tribunali penali internazionali per la ex-Jugoslavia ed il Ruanda, ha facilitato l’evoluzione del diritto penale internazionale, sia attraverso nuove interpretazioni delle norme esistenti, sia attraverso lo sviluppo di nuove e più appropriate norme. Questa prima parte, nel suo capitolo finale, descrive in modo dettagliato i crimini internazionali: crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio e la definizione del crimine di aggressione dopo la Conferenza di Revisione dello Statuto di Roma svoltasi a Kampala. La seconda parte affronta l’argomento centrale della Tesi. Questa parte compie il tentativo di comparare gli elementi costitutivi del reato secondo la teoria tripartita, con la struttura dei crimini internazionali. Tuttavia, dai reati di diritto comune ai crimini internazionali, si riscontrano cambiamenti strutturali e sussiste il forte pericolo di confusione nel trasporre la relativa terminologia nel contesto internazionale senza spiegarne l’esatto significato. La struttura tripartita consta di tre elementi fondamentali: fatto tipico (comprensivo dell’elemento materiale e dell’elemento soggettivo, consistente nel nesso psichico tra azione ed evento), antigiuridicità e colpevolezza. La locuzione “fatto tipico” costituisce la più aderente traduzione del termine corrente Tatbestand. A proposito dell’antigiuridicità, l’art. 31 dello Statuto della Corte penale internazionale che contempla “Motivi di esclusione della responsabilità penale” usa il termine “motivi” in luogo di “defenses”. Questa scelta terminologica è stata deliberatamente compiuta per evitare a priori le interpretazioni che il common law ne offre. Allo stesso tempo, la norma non distingue tra cause di giustificazione e cause di esclusione della colpevolezza, almeno non esplicitamente. In realtà accorpa fattori di esclusione della responsabilità penale che tradizionalmente, nei sistemi di civil law, convergono nelle cause di giustificazione (legittima difesa), o nelle cause di esclusione della colpevolezza (infermità mentale, intossicazione) o in entrambe (“necessity” come causa di giustificazione, “duress” come causa di esclusione della colpevolezza). Il bilanciamento degli interessi, è principio organizzativo centrale sotteso alla categoria delle cause dei giustificazione e l’accezione tradizionale dello stato di necessità richiede che l’interesse tutelato superi di gran lunga l’interesse leso. Premesso che per i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità ed il genocidio, non possono mai essere invocate cause di giustificazione, è difficile applicare il principio del bilanciamento degli interessi alla Makrokriminalität. A proposito delle cause di esclusione della responsabilità penale, la Tesi espone in modo dettagliato i casi Erdemovic ed Eav. In particolare, Erdemovic affermò di avere commesso i crimini di guerra di cui era accusato sotto costringimento psichico. Il Tribunale ha ritenuto che non fosse invocabile una norma di diritto internazionale consuetudinario, né fossero invocabili i “principi generali del diritto” a causa delle numerose divergenze tra le norme nazionali in merito. Infine, è prevenuto a “considerazioni politiche” per risolvere il caso sul piano internazionale. La sentenza Erdemovic è giunta alla conclusione che la causa di giustificazione invocata dall’imputato non può essere ammessa per chi si sia reso colpevole della morte di civili innocenti. La sentenza della Camera d’Appello è stata accompagnata dall’opinione dissenziente del giudice Antonio Cassese che ha sottolineato l’importanza del principio del nullum crimen sine lege e sostenuto che le “considerazioni politiche” sono estranee al mandato del Tribunale. La colpevolezza psicologica si atteggia anch’essa in modo peculiare nel contesto internazionale. Un esame approfondito della giurisprudenza e dei tentativi di codificazione della parte generale del diritto penale internazionale e della struttura dei crimini internazionali, riconduce alla sistematica bipartita, articolata nella dicotomia anglo-americana actus resusmens rea. Tale sistematica è stata recepita dalla struttura di base dello Statuto della Corte penale internazionale ed è questo modello di common law a prevalere nella strutturazione del diritto sostanziale. Il diritto penale internazionale ha adottato il principio della responsabilità penale individuale, emancipandosi dalla responsabilità collettiva. Tuttavia, ciò non significa che tale responsabilità sia divenuta irrilevante. Numerose sono le teorie sulla responsabilità penale: la responsabilità concorsuale, la responsabilità per fatto altrui, la responsabilità oggettiva, la responsabilità derivante dall’appartenenza ad una organizzazione criminale e dall’adesione al relativo piano criminale, la responsabilità del superiore gerarchico. Una evidente evoluzione è legata alla responsabilità da comando: è stato affermato che anche il controllo de facto esercitato sui subalterni in assenza di una formale investitura di potere, è sufficiente per affermare la responsabilità del superiore gerarchico. È difficile scorporare la responsabilità individuale nel contesto della Makrokriminalität e la Joint Criminal Enterprise (dal caso Tadic alla giurisprudenza della Camere straordinarie cambogiane) è diventata una necessità, insieme ad altre aberranti “costruzioni” giuridiche: in merito, dopo le sentenze della Corte penale internazionale (i casi Lubanga, Katanga, Ngudjolo Chui, Al Bashir e Bemba Gombo), si sono aperti nuovi scenari giuridici. La colpevolezza normativa è un settore trascurato del diritto penale internazionale. Tuttavia, la giurisprudenza in materia è interessante e costituisce spunto per osservazioni critiche. In particolare, lo scopo della ricerca è verificare se le esigenze repressive prevalgano nel sistema della giustizia penale internazionale. La casistica comprende i casi Žigic (intossicazione volontaria), Landžo e Jelisic (presunta infermità mentale parziale), Erdemovic, Došen e Todorovic (disturbo post-traumatico da stress). Žigic riteneva che l’amputazione dell’indice subita, le complicanze post-operatorie, le permanenza in ospedale e la ripresa dell’assunzione di alcool correlata ad una dipendenza precedente, avessero determinato un quadro clinico, temporalmente a ridosso della commissione dei fatti riportati nei capi di accusa, tale da giustificarne la valutazione come circostanza attenuante e dunque la mitigazione della pena. Ma la giurisprudenza del Tribunale è ferma sul disconoscere all’intossicazione volontaria valore di circostanza attenuante. Nel caso Landžo la difesa ha compiuto molte manovre analoghe a quelle compiute per pervenire alla soluzione di un cubo di Rubik per addurre una parziale infermità mentale. In particolare, il caso Jelisic enfatizzato il rapporto tra disturbi della personalità e colpevolezza. La sua personalità, che presenta tratti borderline, antisociali e narcisistici, e che è caratterizzata allo stesso tempo da immaturità e desiderio di compiacere i superiori, esercita un ruolo determinante nella commissione dei crimini. La parole ed il comportamento di Goran Jelisic, essenzialmente rivelano disturbi della personalità. In conclusione la Camera di Prima Istanza ha ritento che gli atti di Goran Jelisic non esprimessero l’intento genocidiario di distruggere in tutto o in parte un gruppo. Ma solo il genocidio è stato escluso: la Camera di Prima Istanza ha affermato la colpevolezza di Jelisic in ordine alle violazioni di leggi e costumi di guerra, saccheggio, omicidio, trattamenti crudeli ed altri atti inumani. Per quanto riguarda il disturbo post-traumatico da stress, nel caso Došen, la difesa ha addotto che, nel periodo considerato, l’imputato sarebbe stato sottoposto a numerosi traumi sfociati in un disturbo post-traumatico da stress: dalla morte del suo primo figlio alla situazione a Keraterm. La Difesa addusse altresì circostanze personali rilevanti ai fini della mitigazione della pena: Damir Došen aveva 25 anni all’epoca dei fatti ed aveva un basso livello di istruzione; aveva perso il suo primo figlio, immediatamente prima dello scoppio del conflitto; suo padre era morto nel febbraio 2000, tre mesi dopo il suo arresto; sua moglie era disoccupata e viveva con i loro due figli, di 8 anni e 16 mesi, e con sua madre, che soffriva di gravi disturbi mentali; infine, la sua famiglia viveva a Prijedor in difficili condizioni. La conclusione del Dott. Lecic-Tosevski era che durante il periodo considerato era evidente nell’imputato una reazione acuta allo stress successivamente degenerata in sindrome post-traumatica da stress, a causa della morte del suo primo figlio e della situazione a Keraterm. Il secondo perito, il Dott. Najman, non ha affrontato la specifica questione della ridotta capacità mentale, ma ha rilevato in Došen vulnerabilità, depressione e insicurezza dopo la morte del suo primo figlio. Il Tribunale concluse che la condizione di Damir Došen al momento in cui commise i crimini, non potesse dare luogo ad una mitigazione della pena. Nel caso Todorovic, la Camera Preliminare dispose la perizia ad opera di due esperti: la conclusione del Dott. Soyka fu l’esclusione in Stevan Todorovic di disturbi mentali gravi o di qualsiasi altro disturbo psichiatrico nel periodo considerato, con l’esclusione, dunque, di una eventuale ridotta capacità; la conclusione del Dott. Lecic-Tosevski era che Stevan Todorovic non fosse affetto da alcun disturbo di personalità, ma solo da stress post-traumatico a causa del pesante bombardamento della zona e la morte di parenti ed amici cui era conseguito l’abuso di alcool. La Camera di Prima Istanza rileva l’esclusione, ad opera di entrambi gli esperti, di disturbi della personalità dell’imputato, con una diversa conclusione, però, a proposito dello stress post-traumatico, che, non facendo registrare unanimità di vedute, non poteva assurgere a circostanza attenuante. In generale, i Tribunali penali internazionali privilegiano esigenze repressive. La terza parte si concentra sul rapporto tra la dimensione interna e quella internazionale del diritto penale. Tale rapporto, dalle prime convenzioni in materia penale, alla “reattività” nazionale all’istituzione dei Tribunali ad hoc, fino all’adeguamento allo Statuto della Corte penale internazionale è intessuto di condizionamenti reciproci, con al centro l’immagine di una norma incriminatrice-matrioska, che sembra essere l’unico éscamotage interpretativo per sopperire all’ampio tasso di astrattezza e genericità che caratterizza le norme penali internazionali. Un rapporto rappresentato con efficaci immagini della dottrina: dalla “penetrazione” del diritto internazionale nel diritto interno, agli “influssi” e “reflussi” fra ordinamento internazionale ed ordinamenti interni, al treno del’esecuzione nazionale staccato dalla locomotiva della legge che ha autorizzato la ratifica dello Statuto di Roma. Fino alla desolazione della polvere dei cassetti ministeriali in cui giacciono disegni di legge mai divenuti tali, ultimo tratto di un quadro desolante che, fra esigenze e resistenze, raffigura un non-sistema segnato dall’ineffettività ed una Giustizia che può attendere. In questo quadro desolante è riscontrabile una certezza: la giurisprudenza ha prodotto norme dal contenuto ibrido, per metà nazionale, per metà internazionale, una sorta di viso di Giano, emblema del diritto penale internazionale. Ma è impossibile trasporre il diritto penale nazionale nel contesto internazionale senza i dovuti adattamenti. Nel giudizio Erdemovic, l’energica opinione dissenziente del Giudice Cassese ha sottolineato l’importanza di considerare il contesto, respingendo trasposizioni acritiche e meccaniche. Le osservazioni conclusive sono critiche: la giustizia penale internazionale è perfettibile e, in questi rilievi finali, è doveroso citare autorevole dottrina: “Ogni inizio di forme superiori di vita è incerto e difettoso”.[a cura dell’autore]
X n.s.
VARESANO, BRIGIDA. « I CRIMINI CONTRO IL PATRIMONIO CULTURALE : NUOVE PROSPETTIVE DI TUTELA DEI DIRITTI UMANI ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2020. http://hdl.handle.net/2434/791194.
Texte intégralThe principle of individual criminal responsibility plays a crucial role among all the different strategies to face the manifold criminal phenomena which currently undermine cultural heritage. Against the recent historical background, where the cultural heritage has been intentionally injured because of iconoclastic waves, the present research pursues a main objective, which can be summarized into the following query: is it possible to affirm the consolidation of the principle of the individual criminal responsibility vis-à-vis the intentional destruction of cultural property committed during peace time? In order to solve this question, the research follows the reasoning adopted by international criminal courts in order to affirm the principle of individual criminal responsibility for violations of international law. In particular the present work, which consists of two parts, aims to ascertain the fulfillment of the three criteria enunciated by the international criminal courts: (a) the existence of rules of international law laying down a specific obligation to protect cultural property; (b) the production of serious consequences in case of violation of such rules; (c) the generalized criminalization, into national legal systems, of a such offence. Consequently, the first part of the work – of an introductive character – is addressed to a systematic overview of the relevant legal framework, whose evolution highlights how the international tools have been characterized by either a progressive extension of cultural good notion, or an evolution of the pursued ratio legis. Therefore, the analysis takes moves from the ius in bello norms which have granted an immunity to cultural property, based on its civilian character and aiming to prevent those damages which are typically caused by armed conflicts. Finally, and especially, it considers those norms of a wider scope which – embracing the broader notion of cultural heritage – have interpreted the cultural property protection as a constituent part of the human rights protection system. Thus, addressing the attention on the most recent achievements of this evolutional process, the research turns to those legal instruments – such as Article 27 of the Universal Declaration of Human Rights (1948) and Article 15 of the International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights (1966) – whereby the international obligations related to cultural property could be interpreted as tools to defend a humankind interest, namely the peaceful enjoyment of the cultural rights: i.e. the right to take part to cultural life, as well as the right to have a cultural identity. However, the pivot of the present research is its second part, which is focused on the consequences deriving from the violations of the relevant international rules protecting cultural property and, consequently, from the cultural rights infringements. Indeed, the second part intends to establish whether the Rome Statute provisions has been overtaken by new rules of customary international law, according to which the intentional destruction of cultural heritage constitutes, besides a war crime, even a crime against humanity. To this scope, the analysis deals with the reactions that international actors have implemented for facing the iconoclasm plague. In order to ascertain the criminalization degree, the work firstly focuses on the pertinent case-law of the international criminal tribunals: indeed it is known that the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia before, and the Extraordinary Chambers in the Courts of Cambodia then, have already condemned the intentional attacks directed against cultural sites as crimes against humanity sub specie of persecution. Ultimately, the object of the last part is represented by the national legal systems, whereby it is given to retrace the criminal relevance degree which is recognized to the destruction of cultural heritage.
Livres sur le sujet "Giurisprudenza penale internazionale"
Luccini, Luigi. Digesto Italiano : Enciclopedia Metodica e Alfabetica Di Legislazione, Dottrina e Giurisprudenza, Diritto Civile, Commerciale, Penale, Giudiziario, Costituzionale, Amministrativo, Internazionale Pubblico e Privato, Ecclesiastico, Militare, Marittimo, St. Creative Media Partners, LLC, 2022.
Trouver le texte intégralLuccini, Luigi. Digesto Italiano : Enciclopedia Metodica e Alfabetica Di Legislazione, Dottrina e Giurisprudenza, Diritto Civile, Commerciale, Penale, Giudiziario, Costituzionale, Amministrativo, Internazionale Pubblico e Privato, Ecclesiastico, Militare, Marittimo, St. Creative Media Partners, LLC, 2022.
Trouver le texte intégralDe Pamphilis, Matteo. Rinegoziazione e default rule. Bononia University Press, 2020. http://dx.doi.org/10.30682/alph03.
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