Thèses sur le sujet « Funzione Cognitiva »

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1

Coradazzi, Marino. « Regolazione monoaminergica della neurogenesi ippocampale adulta e dell' apprendimento spaziale ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3662.

Texte intégral
Résumé :
2008/2009
I neuroni del Locus Coeruleus (LC) sono la principale fonte di innervazione noradrenergica del sistema nervoso centrale. Le fibre ascendenti innervano principalmente l’ippocampo e la neocorteccia mentre quelle discendenti innervano diffusamente tutti i livelli del midollo spinale. Le fibre discendenti determinano un aumento tonico dell’eccitabilità motoneuronale da un lato e la regolazione delle afferenze sensoriali dall’altra. Le fibre ascendenti sembrano invece essere coinvolte in diversi processi, dalla regolazione dell’attività cardiovascolare e respiratoria alla regolazione di anche complesse come quelle cognitive. Nel corso degli ultimi decenni le funzioni del sistema noradrenergico sono state investigate attraverso approcci di lesone mediante neurotossine. Tuttavia nessuna di esse si è dimostrata selettiva per i neuroni noradrenergci. La recente introduzione dell’immunotossina anti-DBH-saporin (αDBHsap), che nel ratto adulto è stata vista indurre deplezioni pressoché complete e selettive dei neuroni noradrenergici del LC, ha rappresentato un utile strumento per lo studio di tale sistema. Nella presente serie di esperimenti si è voluto testare l’efficacia e la selettività della lesione mediante αDBHsap in animali immaturi. Ciò per osservare gli effetti della rimozione di questi neuroni in un sistema ancora in via di sviluppo, e quindi caratterizzato da una notevole plasticità intrinseca, e per esplorare il possibile ruolo del sistema noradrenergico nello sviluppo delle abilità cognitive. Negli studi iniziali sono stati valutati gli effetti della somministrazione intracerebroventricolare di dosi crescenti di αDBHsap ad animali nei primi giorni dopo la nascita. Si è osservato come la tossina, anche a dosi molto elevate, non abbia effetti su altri tipi neuronali (es. colinergici, adrenergici, serotoninergici e dopaminergici), e venga generalmente ben tollerata dagli animali. La lesione comunque porta ad una riduzione marcata e dose dipendente dell’innervazione noradrenergica sia nelle strutture superiori sia nel midollo spinale. Alla dose ottimale (0.5μg), questa riduzione dell’innervazione è pressoché totale, e rimane invariata fino a 40 settimane post-lesione. In contrasto, dosi più basse della tossina (0.25 µg) determinavano deplezioni più modeste a 5 settimane che apparivano recuperare siignificativamente nel lungo termine. Sono stati infatti osservati marcati fenomeni di sprouting assonale nelle fibre noradrenergiche discendenti tali da ripristinare quasi interamente l’innervazione noradrenergica spinale . In uno studio parallelo, lo stesso approccio di lesione è stato impiegato per investigare il contributo noradrenergico allo sviluppo delle abilità cognitive. Utilizzando test di apprendimento e memoria spaziali, quali il Morris Water Maze ed il Radial Arm Water Maze per valutare le funzioni di Reference e Working Memory in gruppi di controllo e di lesionati, sono stati osservati chiari deficit nella memoria di lavoro (Working Memory), mentre gli iniziali deficit di acquisizione nel reference memory test si risolvevano con l’addestramento. Deficit simili, anche se meno marcati, venivano osservati anche in animali con lesioni somministrate in età adulta. In un altro studio si è voluto anche investigare la possibilità di interazioni funzionali tra il sistema noradrenergico ed il sistema colinergico ascendente, anch’esso fortemente implicato nei processi di apprendimento e memoria. Come atteso, lesionando simultaneamente i due sistemi neurotrasmettitoriali in animali neonati si ottenevano deficit di memoria spaziale superiori a quelli ottenibili lesionando ciascun sistema separatamente. Ciò indica un’importante interazione tra il sistema noradrenergico e quello colinergico nella regolazione delle abilità cognitive e del loro sviluppo. Strettamente correlato ai processi di apprendimento e memoria è anche il processo di formazione di nuovi neuroni nel giro dentato dell’ippocampo. Tale possibilità è stata investigata in animali con lesione singola e/o doppia. I risultati non hanno rivelato differenze tra i gruppi nel numero totale dei neuroni in grado di sopravvivere per 3 settimane post-lesione. Tuttavia è stata osservata una una significativa eterogeneità nei pattern di presentazione cellulare dell’immunoreattivita per la Bromo-Deossiuridina. Alla localizzazione prevalentemente nucleare nei soggetti di controllo, si contrapponeva quella nucleare puntiforme o citoplasmatica nei soggetti sottoposti a lesione noradrenergica e/o colinergica neonatale. Il modello di deplezione noradrenergica neonatale, è stato inoltre utilizzato per valutare le capacità di sopravvivenza, sviluppo ed integrazione di precursori neuronali noradrenergici dopo impianto nel midollo spinale deafferentato. I risultati hanno mostrato una notevole capacità dei neuroblasti impiantati di ristabilire quasi completamente l’innervazione noradrenergica nelle regioni terminali deplete, con un grado di accuratezza superiore a quello riportato in precedenza dopo trapianto in soggetti adulti lesionati con altre procedure. Nel loro complesso, i risultati della presente tesi mettono in evidenza la grande importanza funzionale del sistema noradrenergico, in grado di regolare attività funzionalmente ed anatomicamente differenti. La possibilità di rimuovere selettivamente tale sistema, diversificando l’efficacia della deafferentazione risultante, rendo inoltre l’approccio di lesione immunotossica neonatale particolarmente indicato per studi mirati all’analisi delle potenzialità plastiche del sistema noradrenergico in via di sviluppo e anche per investigare la possibilità di restituzione funzionale dopo impianto di precursori noradrenergici.
XXII Ciclo
1981
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2

Lombardi, Bartolomeo. « La Pianificazione per la Riabilitazione delle Funzioni Esecutive ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/15208/.

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Résumé :
In questi anni è cresciuto un interesse per le problematiche legate alle metodologie in uso per la riabilitazione cognitiva che consistono in sessioni condotte in ospedale dove i pazienti svolgono esercizi con carta e penna. L’informatica si è mossa traducendo molti esercizi cartacei in software riabilitativi completamente computerizzati. Il gruppo di ricerca del Prof. Gaspari del DISI in collaborazione con l'ospedale Bellaria di Bologna, per ovviare alla mancanza di software riabilitativi specifici per il trattamento della sclerosi multipla, ha realizzato la piattaforma MS-rehab, fornendo alle strutture sanitarie un programma completo per la riabilitazione cognitiva dei pazienti affetti da tale patologia. Quest’intuitiva piattaforma stimola il desiderio di svolgere gli esercizi e continuare la riabilitazione anche da casa. Dato che gli esercizi sulle funzioni esecutive proposti nella versione attuale sono solo due, partendo da un test utilizzabile solo nella valutazione comportamentale del deficit (test “mappa dello zoo” della batteria BADS), l’obiettivo di questa tesi è stato la modifica di questo per renderlo impiegabile nella fase riabilitativa del paziente. Questa versione alternativa su pianificazione automatica e dall’interfaccia grafica minimale, permette al paziente di compiere spostamenti essenziali per risolvere il problema.
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3

Dalla, Costa Eva. « Funzioni cognitive nello spettro schizofrenico e bipolare ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423633.

Texte intégral
Résumé :
Overwhelming evidence suggests that compromised neuropsychological function is frequently observed in schizophrenia. Neurocognitive dysfunction has often been reported in bipolar spectrum disorders, although there are inconsistencies in the literature. Neurocognitive functioning may represent an indicator of genetic risk and poor functional outcome in both schizophrenia and bipolar disorder. The degree and pattern of impairment between psychiatric groups have rarely been compared, especially when subjects are psychiatrically stable. In this study we compared clinically stable schizophrenic spectrum patients (n.46), bipolar spectrum patients (n.53), controls (n.45) and first-degree relatives without psychiatric disorder (n.10). Psychopathology, global functioning and neurocognitive functioning were assessed. Both bipolar subjects and schizophrenic subjects differed from control subjects in neurocognitive function, which was independent from both age of onset and illness duration. Bipolar and schizophrenic patients shared the same pattern of neuropsychological impairment, although bipolar spectrum performed a little better; there were only small quantitative differences across the two diagnostic groups . This finding is consistent with the idea that there are common mechanisms that underlie different diseases and with a growing emphasis on identifying core neural systems in the psychotic continuum
Vi sono crescenti evidenze a favore di una compromissione neurocognitiva nei disturbi schizofrenici; tali disfunzioni sono state osservate anche nei disturbi bipolari, ma con dati ancora contrastanti. In entrambe le patologie, il funzionamento neurocognitivo è un importante indicatore di esito e può rappresentare un marker specifico di vulnerabilità di malattia. Sono ancora pochi gli studi che hanno confrontato il profilo e il grado di compromissione cognitiva nei due spettri patologici, soprattutto in fase di stabilità clinica. In questo studio abbiamo confrontato pazienti stabili dal punto di vista psicopatologico con diagnosi di spettro schizofrenico (n.46), di spettro affettivo-bipolare (n.53), controlli sani (n.45) e familiari di I grado non affetti (n.10); i soggetti sono stati valutati con scale psicometriche per la psicopatologia e il funzionamento globale, e con una batteria di test neuropsicologici per l’assetto neurocognitivo. Abbiamo riscontrato differenze significative sia dei pazienti dello spettro schizofrenico sia dello spettro bipolare, rispetto ai controlli sani, per quanto riguarda la performance cognitiva, che è apparsa non correlata all’età di esordio e alla durata di malattia. E’ emerso un pattern condiviso di compromissione neuropsicologica, di grado lievemente meno severo di disfunzione nello spettro bipolare: sono infatti state riscontrate solo lievi differenze di tipo quantitativo tra i due gruppi diagnostici. Tale dato avvalora l’ipotesi secondo cui le maggiori patologie psichiatriche condividono meccanismi neurali di base in un continuum psicotico
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4

Baschieri, Daniele. « Riabilitazione cognitiva delle funzioni esecutive nella Sclerosi Multipla : un approccio basato sul planning ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/14546/.

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Résumé :
Più di 2.5 milioni di persone nel mondo soffrono di sclerosi multipla, una malattia fortemente debilitante che ne mina capacità motorie e cognitive. In ambito cognitivo una rilevante percentuale di pazienti (40-70\%) sviluppa deficit su differenti domini cognitivi, attenzione, memoria e funzioni esecutive. Queste ultime sono le più complesse con rilevante impatto nella vita di tutti i giorni. Allo stato attuale non esistono cure per trattare la patologia ma esistono efficaci sistemi di riabilitazione cognitiva per contenere e limitare la progressione della malattia almeno per quanto riguarda l'ambito psicologico. I pazienti sono soliti effettuare sessioni riabilitative in ospedali specializzati per il trattamento della patologia e queste sessioni richiedono personale dedicato. Gli esercizi proposti nella maggior parte dei casi vengono svolti con carta e penna o con giocattoli che aiutino il paziente a fraternizzare con l'esercizio. Non esistendo fino ad ora programmi specifici per trattare la sclerosi multipla il gruppo di ricerca del DISI del prof. Mauro Gaspari ha progettato e realizzato in collaborazione con il dott. Sergio Stecchi, ex direttore del UOSI Riabilitazione sclerosi multipla dell'ospedale Bellaria di Bologna, e il centro sclerosi multipla dell'ospedale di Fidenza-Vaio (PR), un software chiamato MS-Rehab con il chiaro intento di fornire alle strutture sanitarie un programma completo e semplice per la riabilitazione cognitiva della sclerosi multipla. L'obiettivo di questa tesi è la realizzazione di un esercizio atto alla riabilitazione delle funzioni esecutive. Esercizi di questo tipo richiedono competenze di pianificazione soprattutto se viene richiesto di affrontare problemi simili a quelli che i pazienti possono incontrare nella vita reale. L'approccio proposto in questo lavoro è ambizioso, si vuole realizzare un programma capace di generare innumerevoli esercizi e scenari per offrire al paziente sempre nuove sfide riabilitative.
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5

Aricò, Debora <1976&gt. « Sonno e funzioni cognitive : ruolo della microstruttura del sonno NREM ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1508/1/Aric%C3%B2_Debora_Tesi.pdf.

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Résumé :
STUDY OBJECTIVE: Cyclic Alternating Pattern (CAP) is a fluctuation of the arousal level during NREM sleep and consists of the alternation between two phases: phase A (divided into three subtypes A1, A2, and A3) and phase B. A1 is thought to be generated by the frontal cortex and is characterized by the presence of K complexes or delta bursts; additionally, CAP A1 seems to have a role in the involvement of sleep slow wave activity in cognitive processing. Our hypothesis was that an overall CAP rate would have a negative influence on cognitive performance due to excessive fluctuation of the arousal level during NREM sleep. However, we also predicted that CAP A1 would be positively correlated with cognitive functions, especially those related to frontal lobe functioning. For this reason, the objective of our study was to correlate objective sleep parameters with cognitive behavioral measures in normal healthy adults. METHODS: 8 subjects (4 males; 4 females; mean age 27.75 years, range 2334) were recruited for this study. Two nocturnal polysomnography (night 2 and 3 = N2 and N3) were carried out after a night of adaptation. A series of neuropsychological tests were performed by the subjects in the morning and afternoon of the second day (D2am; D2pm) and in the morning of the third day (D3am). Raw scores from the neuropsychological tests were used as dependent variables in the statistical analysis of the results. RESULTS: We computed a series of partial correlations between sleep microstructure parameters (CAP, A1, A2 and A3 rate) and a number of indices of cognitive functioning. CAP rate was positively correlated with visuospatial working memory (Corsi block test), Trial Making Test Part A (planning and motor sequencing) and the retention of words from the Hopkins Verbal Learning Test (HVLT). Conversely, CAP was negatively correlated with visuospatial fluency (Ruff Figure Fluency Test). CAP A1 were correlated with many of the tests of neuropsychological functioning, such as verbal fluency (as measured by the COWAT), working memory (as measured by the Digit Span – Backward test), and both delay recall and retention of the words from the HVLT. The same parameters were found to be negatively correlated with CAP A2 subtypes. CAP 3 were negatively correlated with the Trial Making Test Parts A and B. DISCUSSION: To our knowledge this is the first study indicating a role of CAP A1 and A2 on behavioral cognitive performance of healthy adults. The results suggest that high rate of CAP A1 might be related to an improvement whereas high rate of CAP A2 to a decline of cognitive functions. Further studies need to be done to better determine the role of the overall CAP rate and CAP A3 on cognitive behavioral performances.
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Aricò, Debora <1976&gt. « Sonno e funzioni cognitive : ruolo della microstruttura del sonno NREM ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1508/.

Texte intégral
Résumé :
STUDY OBJECTIVE: Cyclic Alternating Pattern (CAP) is a fluctuation of the arousal level during NREM sleep and consists of the alternation between two phases: phase A (divided into three subtypes A1, A2, and A3) and phase B. A1 is thought to be generated by the frontal cortex and is characterized by the presence of K complexes or delta bursts; additionally, CAP A1 seems to have a role in the involvement of sleep slow wave activity in cognitive processing. Our hypothesis was that an overall CAP rate would have a negative influence on cognitive performance due to excessive fluctuation of the arousal level during NREM sleep. However, we also predicted that CAP A1 would be positively correlated with cognitive functions, especially those related to frontal lobe functioning. For this reason, the objective of our study was to correlate objective sleep parameters with cognitive behavioral measures in normal healthy adults. METHODS: 8 subjects (4 males; 4 females; mean age 27.75 years, range 2334) were recruited for this study. Two nocturnal polysomnography (night 2 and 3 = N2 and N3) were carried out after a night of adaptation. A series of neuropsychological tests were performed by the subjects in the morning and afternoon of the second day (D2am; D2pm) and in the morning of the third day (D3am). Raw scores from the neuropsychological tests were used as dependent variables in the statistical analysis of the results. RESULTS: We computed a series of partial correlations between sleep microstructure parameters (CAP, A1, A2 and A3 rate) and a number of indices of cognitive functioning. CAP rate was positively correlated with visuospatial working memory (Corsi block test), Trial Making Test Part A (planning and motor sequencing) and the retention of words from the Hopkins Verbal Learning Test (HVLT). Conversely, CAP was negatively correlated with visuospatial fluency (Ruff Figure Fluency Test). CAP A1 were correlated with many of the tests of neuropsychological functioning, such as verbal fluency (as measured by the COWAT), working memory (as measured by the Digit Span – Backward test), and both delay recall and retention of the words from the HVLT. The same parameters were found to be negatively correlated with CAP A2 subtypes. CAP 3 were negatively correlated with the Trial Making Test Parts A and B. DISCUSSION: To our knowledge this is the first study indicating a role of CAP A1 and A2 on behavioral cognitive performance of healthy adults. The results suggest that high rate of CAP A1 might be related to an improvement whereas high rate of CAP A2 to a decline of cognitive functions. Further studies need to be done to better determine the role of the overall CAP rate and CAP A3 on cognitive behavioral performances.
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Nicolini, P. « VALUTAZIONE DELLA FUNZIONE AUTONOMICA NEL MILD COGNITIVE IMPAIRMENT TRAMITE ANALISI SPETTRALE DELLA HEART RATE VARIABILITY ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/217627.

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Résumé :
Background The analysis of Heart Rate Variability (HRV), available in most commercial Holter devices, provides a simple method for the assessment of autonomic function. The potential association between Mild Cognitive Impairment (MCI) and autonomic dysfunction, indirectly supported by data in the literature and replete with clinical implications, has been investigated by a single study which, however, failed to highlight it. Aim To evaluate autonomic function in subjects with MCI by means of spectral analysis of HRV applied to a standardized experimental protocol which includes two provocative tests. Materials and Methods We evaluated 40 subjects with MCI and 40 subjects with normal cognitive function (control group), recruited among those consecutively undergoing neuropsychological testing at the Geriatric Medicine Unit of the Policlinico in Milan between January 2011 and December 2012. Spectral analysis of HRV was carried out on 5-minute electrocardiographic recordings belonging to the three stages of the protocol: baseline (supine rest with free breathing), active orthostasis (orthosympathetic stimulation) and paced breathing at 12 breaths/min (parasympathetic stimulation). We mainly focused on those autonomic indices that better express the reciprocal interaction between the two branches of the autonomic nervous system: normalized Low Frequency Power (LFn), normalized High Frequency Power (HFn) and the LF/HF ratio (R). These indices were considered as such in each of the three stages of the protocol but also in their changes from baseline to the active part of each protocol (∆LFn, ∆HFn, ∆R) which represent the response to the manoeuvre and are more sensitive measures of autonomic modulation. We also recorded blood pressure after one, three, five and ten minutes of standing Student's t-test was employed to compare autonomic indices and blood pressures between the two groups and the analysis of covariance (ANCOVA) was used, when appropriate, to control for the effect of potential confounders. Results Significant differences between the two groups were not found in baseline conditions, but only during the provocative tests and in the responses to the tests. In MCI subjects, compared to controls, there was a shift of sympathovagal balance towards parasympathetic modulation during active orthostasis (LFn 52.7±20.0 vs 65.8±17.0, p=0.010; HFn 26.2 ±14.3 vs 18.5±10.3, p=0.007; R 3.4±3.3 vs 5.2±3.8, p=0.030) and towards orthosympathetic modulation during paced breathing (LFn 49.1±19.3 vs 38.1±18.2, p= 0.012; HFn 38.2±17.7 vs 47.8±18.7, p=0.024).Foremost, in MCI, subjects, relative to controls, there was a significant blunting of the physiological response to active orthostasis in all its components (∆LFn 3.6±25.7 vs17.1±16.8, p=0.019; ∆HFn -1.4±13.4 vs -12.5±14.2, p=0.008; ∆R 0.7±3.0 vs 2.8±2.6, p=0.010) and there was a borderline significant attenuation of the physiological response to paced breathing only in the component pertaining to orthosympathetic inhibition (∆LFn -0.7±24.0 vs -10.8±20.9, p=0.053).Moreover, in MCI subjects, compared to controls, the systolic blood pressures after three and ten minutes of standing were lower (129.0±16.7 vs 137.7±18.9, p=0.034; 124.4±16.0 vs 135.2±21.4, p=0.033 respectively). Conclusions MCI subjects show an autonomic dysfunction which is not evident in baseline conditions but is revealed by provocative tests that challenge the autonomic nervous system. More specifically,the responses to the provocative tests seem to outline an autonomic pattern characterized by total orthosympathetic dysfunction and partial parasympathetic dysfunction, potentially linked to an involvement of the right insula. The reduction in the orthostatic systolic blood pressures is a possible consequence of the autonomic dysfunction and, although modest, could hold clinical significance in elderly subjects in whom cerebral autoregulation is impaired. Longitudinal studies will be required to better define the clinical relevance of the autonomic dysfunction in terms of mortality and progression to dementia.
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Volpato, Chiara. « Valutazione psicofisiologica delle funzioni attentive nella sclerosi laterale amiotrofica ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423942.

Texte intégral
Résumé :
Amyotrophic lateral sclerosis (ALS) is a neurodegenerative disease characterized by a progressive degeneration of motor neurons in the spinal cord, brainstem and cortex determining muscle atrophy and paralysis. There is substantial clinical and experimental evidence indicating the presence of cognitive dysfunction at least in a subpopulation of patients with ALS. An important contribution in the evaluation of cognitive dysfunction and related neural mechanisms in ALS can be provided by event-related potentials (ERPs) because this technique could be administered to patients with severe motor disability, not requiring verbal or motor responses. The main ERPs studies in ALS patients found changes in electrophysiological parameters reflecting an alteration of the control processes of attention. Therefore, objective of this study was to evaluate the attention functioning in a group of patients with ALS using the ERPs approach. In the first experiment we used a distraction paradigm to evaluate the ability of change detection, focusing and re-orientation of attention. The results have revealed in ALS patients a modification of the amplitude and the latency of the N200, the P300 and the re-orienting negativity (RON) components. This could suggest an alteration of the endogenous mechanism of detection of change resulting in a reduction of the allocation and the re-orientation of attentional resources. In the second experiment we used a Bayesian approach to estimate the single trial P300 recorded with an oddball paradigm in a group of ALS patients in the initial stage of the disease. The analysis of single trial, unlike the classical analysis, showed an alteration of both the latency and the amplitude of the P300 in the patient group compared to the control group, suggesting in ALS patients at the initial stages of the disease the presence of neurophysiological alterations of attentional functions. In conclusion, the ERPs results support the hypothesis that ALS is a multisystem disease with involvement of cognitive functions. Moreover, these data confirm the usefulness and effectiveness of the electrophysiological approach in early detection and monitoring of cognitive functions of ALS patients.
La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata da una progressiva degenerazione dei motoneuroni del midollo spinale, del tronco encefalico e della corteccia, con conseguente atrofia muscolare e paralisi. Ci sono consistenti evidenze cliniche e sperimentali che indicano la presenza di disfunzioni cognitive almeno in una sottopopolazione di pazienti con SLA. Un importante contributo nella valutazione delle disfunzioni cognitive e dei relativi meccanismi neurali nella SLA può essere fornito dai potenziali evento-correlati (ERPs) poiché, non richiedendo risposte verbali o motorie, possono essere somministrati a pazienti affetti da grave disabilità motoria. I principali studi ERPs nei pazienti con SLA hanno riscontrato delle modificazioni nei parametri elettrofisiologici che potrebbero riflettere un’alterazione dei processi di controllo e supervisione dell’attenzione. Obiettivo di questo studio, quindi, è valutare le funzioni attentive in un gruppo di pazienti affetti da SLA utilizzando l’approccio ERPs. Nel primo esperimento è stato utilizzato un paradigma della distrazione che ha consentito di valutare la capacità di detezione del cambiamento, focalizzazione e ri-orientamento dell’attenzione. I risultati hanno messo in luce nei pazienti con SLA una modificazione dei parametri ampiezza e latenza delle componenti N200, P300 e re-orienting negativity (RON), suggerendo un’alterazione del meccanismo endogeno di rilevazione del cambiamento con una conseguente riduzione dell’allocazione ed del ri-orientamento delle risorse attentive. Nel secondo esperimento è stato utilizzato un approccio di stima Bayesana single trial della P300 registrata con un paradigma oddball attivo in un gruppo di pazienti affetti da SLA allo stadio iniziale di malattia. L’analisi single trial, a differenza dell’analisi classica, ha rivelato un’alterazione sia della latenza sia dell’ampiezza della P300 nel gruppo di pazienti rispetto al gruppo di controllo suggerendo nei pazienti con SLA agli stadi iniziali di malattia la presenza di alterazioni neurofisiologiche delle funzioni attentive ed esecutive. In conclusione, i risultati ERPs ottenuti da questo studio rafforzano l’ipotesi che la SLA sia una patologia multisistemica con un coinvolgimento delle funzioni cognitive. Inoltre, questi dati confermano l'utilità e l’efficacia dell’approccio elettrofisiologico nella diagnosi precoce e nel monitoraggio delle funzioni cognitive dei pazienti con SLA.
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Donnici, Margherita. « Weekend in Rome : A Cognitive Training Exercise based on Planning ». Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/16198/.

Texte intégral
Résumé :
Negli ultimi anni è cresciuto l'interesse per l'utilizzo dell'informatica nell'ambito della riabilitazione cognitiva, fino ad ora eseguita tramite sessioni condotte in ospedale dove i pazienti svolgono esercizi con carta e penna, supervisionati da un operatore. Di conseguenza sono nati diversi software riabilitativi computerizzati, in cui i tradizionali esercizi sono stati trasposti in versione elettronica. Il gruppo di ricerca del Prof. Gaspari del DISI in collaborazione con l'ospedale Bellaria di Bologna, per ovviare alla mancanza di software riabilitativi specifici per il trattamento della sclerosi multipla, ha realizzato la piattaforma MS-rehab, un sistema avanzato per le strutture sanitarie che fornisce un programma completo per la riabilitazione cognitiva dei pazienti affetti da tale patologia, dando la possibilità di continuare la riabilitazione anche da casa. Lo scopo di questa tesi è stata la progettazione e l'implementazione di un esercizio realistico per la riabilitazione delle funzioni esecutive, denominato "Weekend in Rome", e la sua successiva integrazione nella piattaforma MS-Rehab. L'esercizio, basato su pianificazione automatica, prevede che il paziente pianifichi un fine settimana a Roma, dovendo far fronte a tutte le difficoltà che si presenterebbero in tale scenario nella vita di tutti i giorni (prenotazione dei treni e dell'albergo, spostamenti in città con i mezzi pubblici, ecc.)
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10

Lavermicocca, Valentina. « New applications of neurofeedback techniques for cognitive rehabilitation in Parkinson's disease ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/11018.

Texte intégral
Résumé :
2013/2014
Objective: Parkinson's disease (PD) is a neurodegenerative disorder characterized by dopamine depletion in the striatum. Clinical studies show that the main function of the basal ganglia is related to motor behavior. However, PD is characterized by a series of non-motor symptoms. In fact, basal ganglia establish important anatomical connections with prefrontal areas through dorsolateral, orbitofrontal and anterior cingulated circuits, respectively involved in executive functions, regulation of social behaviour and motivation. Although cognitive decline insidiously occurs, PD patients show cognitive slowing and executive dysfunction at early stages; this condition can evolve into mild cognitive impairment before and subcortical dementia later. While motor symptoms show a good response, cognitive symptoms do not seem to adequately respond to the drug therapy. Neurofeedback (NF) is a conditioning method for the self-regulation of brain activity based on real-time feedback of EEG/fMRI signal. During NF training, patients learn to modulate their brainwave pattern, in order to improve cognitive or motor performances. The study aims to investigate the possible effect of specific Neurofeedback techniques on cognitive performance (particularly attentive) of patients with idiopathic PD and their impact on daily activities, in terms of change in scores at the neurocognitive assessment. Methods: 20 patients were recruited affected by idiopathic PD staged according to the Hoehn & Yahr scale and previously cognitively evaluated. Patients were selected according to the following inclusion criteria: aged from 55 to 85, intact or correct auditory and visual functions, phase on of dopaminergic therapy. Patients with previous cerebrovascular insults, with psychosis, with severe dyskinesias and patients taking ChIs drug were excluded. The sample was divided into two groups of 10 patients homogeneous for age, education level, cognitive impairment and disease severity, randomized to the experimental protocol (NF training) and to the traditional protocol (conventional computerized cognitive training). The experimental protocol consists of 2 weekly sessions of 40 minutes each (30 minutes NF Attention Training/10 minutes muscle relaxation). The traditional protocol consists of 2 weekly sessions of 40 minutes each (30 minutes conventional cognitive training /10 minutes muscle relaxation). The rehabilitation program has planned, in both group, 24 sessions of training. Treatment efficacy have been evaluated through an ANOVA model with a factor between subject (treatment) and a factor within subject (before-after the treatment). All analysis have been performed with SAS Software V 9.4 for PC. Significance level have been stated as p<0.05. Results: At the end of treatment path, cognitive re-evaluation showed a significant increase in scores in both groups; PD patients significantly improved in all investigated cognitive functions (attention, set-shifting, executive functions, verbal fluency, immediate and delayed memory, and visuospatial reasoning) compared with their baseline assessments, with a positive impact on reaction time, processing speed and global cognition. The comparison between cognitive performances showed no significant differences between the two groups linked to the type of treatment carried out (NF or conventional computerized training). However, the degree of satisfaction for treatment was significantly greater in the NF group, in term of general satisfaction and technical quality. To notice that in both groups the 4 months after the end of treatment follow-up control put into evidence a decrease in scores to baseline levels. It’s probably due to the degenerative nature of the disease. Conclusions: Both approaches to cognitive training, classic computerized cognitive training and neurofeedback training, as long as applied for a long time seems to improve cognitive abilities in PD patients with mild cognitive impairment who have a higher risk of developing dementia. The increase in the satisfactory levels of the experimental group appears to be due to how patients perceive the control they have on their cognitive performance (assumption of NF training), thus increasing the sense of self-efficacy. However, our experience so far shows that patients periodically need reminder therapy, otherwise recurrence of cognitive dysfunction is observed.
Premesse Le tecniche di neurofeedback sono utilizzate con successo nel trattamento dei disturbi di attenzione nei bambini affetti da ADHD. Partendo da questo dato si è pensato di applicare tali tecniche nel trattamento dei disturbi cognitivi di marca attentiva nel paziente neurologico adulto. Per valutare la fattibilità e l’aderenza dei pazienti al trattamento, inizialmente lo studio è stato rivolto a 4 patologie neurologiche caratterizzate da disturbi attentivi: Sclerosi Multipla, Malattia di Parkinson, Insulto cerebro-vascolare, Atassia cerebellare. Preliminarmente i pazienti hanno effettuato 5 sessioni di neurofeedback. I pazienti che sono apparsi più motivati e che hanno mostrato una rapida risposta al trattamento sono stati i pazienti affetti da malattia di Parkinson. Si noti che la malattia di Parkinson è una condizione patologica che condivide circuiti neurotrasmettitoriali simili a quelli coinvolti nell’ADHD; quindi, verosimilmente, anche i meccanismi di apprendimento che rendono efficace il trattamento potrebbero essere sovrapponibili. Introduzione La Malattia di Parkinson (MP) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dalla deplezione di dopamina a livello striatale. Studi clinici evidenziano che la prevalente funzione dei gangli della base è correlata al comportamento motorio. Tuttavia, essi stabiliscono connessioni anatomiche con aree prefrontali attraverso i circuiti dorsolaterale, orbitofrontale e cingolato anteriore, coinvolti nei processi esecutivi, nella regolazione del comportamento sociale e nella motivazione. La bradifrenia è il disturbo cognitivo caratteristico della MP. Si manifesta attraverso perdita di concentrazione e lentezza nei processi di pensiero, obiettivati dal rallentamento del segnale EEG. Attraverso l’applicazione di tecniche di Neurofeedback (NF), modulazione e autoregolazione EEG-mediata, il paziente impara a modificare la propria attività cerebrale sotto la guida del terapeuta e del computer. Lo studio è volto ad indagare l’effetto di tali tecniche sulle performance cognitive di pazienti affetti da MP, in termini di variazioni dei punteggi testistici. Materiali e Metodi Dei 35 pazienti esaminati, ne sono stati reclutati 20 affetti da MP idiopatica stadiati secondo la scala di Hoen&Yahr e preventivamente valutati cognitivamente. Criteri di inclusione: età compresa tra 55-85 anni, funzioni visive e uditive integre, fase on della terapia farmacologica. Il campione è stato suddiviso in 2 gruppi di 10 pazienti ciascuno randomizzati per età, scolarità e stadio della patologia, sottoposti rispettivamente al protocollo sperimentale (NF training) e al protocollo tradizionale (training cognitivo convenzionale). Il percorso riabilitativo ha previsto 24 sedute di terapia cognitiva. Nel NF training, come interfaccia cervello-computer, si è utilizzata la cuffia MindWave (NeuroSky) con relativo software per il trattamento. Risultati Al termine del percorso terapeutico, la rivalutazione cognitiva ha evidenziato un significativo incremento nei punteggi in entrambi i gruppi; il confronto tra le performance cognitive non ha evidenziato differenze significative tra i due gruppi legate alla tipologia di trattamento effettuato. Tuttavia, il grado di soddisfazione per il trattamento è risultato significativamente maggiore nel gruppo sperimentale. Va segnalato che in entrambi i gruppi i controlli al follow-up hanno evidenziato un decremento dei punteggi ai livelli basali. Conclusioni L’applicazione di tecniche di NF per il trattamento cognitivo di pazienti affetti da MP, purchè erogate per tempi lunghi, è apparsa valida al pari dei trattamenti cognitivi convenzionali. L’incremento dei livelli di soddisfazione del gruppo sperimentale sembra imputabile alla percezione che il paziente ha di esercitare un controllo sulle proprie prestazioni cognitive (presupposto del NF training) aumentando così il senso di autoefficacia. Prospettive future Essendo il tracciato EEG nettamente rallentato nella MP, lo studio sarà ampliato indagando le modificazioni EEG eventualmente indotte dalla neuroriabilitazione in entrambi i gruppi. Data la rapida diffusione delle tecnologie informatiche e della comunicazione nell’ambito sanitario, parte delle attività riabilitative può essere erogata a distanza (Teleriabilitazione). Seppur ancora agli albori, le tecniche di Tele-neurofeedback consentono al paziente di ricevere un trattamento cognitivo all’interno del proprio domicilio mantenendosi in contatto continuo con il terapeuta via web. Data la necessità di proseguire il trattamento cognitivo nel tempo al fine di ritardare l’evoluzione del mild cognitive impairement in demenza conclamata, le tecniche di tele-neurofeedback potrebbero applicarsi al momento della interruzione del trattamento in presenza.
XXVII Ciclo
1985
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MOLINARI, ELENA. « Valutazione delle funzioni cognitive e della capacità di automonitoraggio delle emozioni in pazienti con neoplasia mammaria ». Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2018. http://hdl.handle.net/11567/929107.

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Résumé :
ABSTRACT La relazione tra tumore e fattori psicosociali è un’ipotesi molto antica in medicina che è stata a lungo studiata, sia dal punto di vista dell’effetto dei fattori psico- sociali sull' eziologia del tumore sia dal punto di vista dell’effetto di diagnosi e trattamenti sui fattori psicosociali. Questo studio si inscrive nel secondo ambito di ricerca e in particolare il suo scopo è l’analisi degli effetti di due trattamenti farmacologici, chemioterapia e ormonoterapia, sulle funzioni cognitive e sull’ abilità di riconosci- mento e gestione delle emozioni nelle donne a cui è stato diagnosticato un tumore della mammella. In letteratura, il problema dei deficit cognitivi correlati ai trattamenti chemio-terapici (definiti colloquialmente in ambito clinico come chemofog) è molto noto e studiato, ma al momento non siamo a conoscenza di studi che abbiano indagato l’effetto dei trattamenti farmacologici sull’ intelligenza emotiva (IE), ovvero l’abilità cognitiva di riconoscimento e gestione delle emozioni. Fino ad oggi gli studi che hanno indagato la chemofog si sono concentrati su funzioni cognitive “di pensiero logico” quali memoria, attenzione, linguaggio, funzioni esecutive; l'attenzione agli effetti sull’IE può essere utile per le ricadute che vi possono essere sul paziente, in quanto è noto come la popolazione oncologica sia sottoposta ad un forte stress emotivo. Andare ad indagare quanto l'IE venga intaccata dalla neurotossicità legata ai farmaci può dare informazioni utili ad improntare degli interventi terapeutici e riabilitativi per aiutare i pazienti a far fronte al carico di stress emotivo che stanno affrontando; questo nell’ ottica anche di avere un impatto positivo sulla qualità di vita e sulla gestione delle fasi di malattia. La popolazione oggetto di studio è identificata in donne adulte con diagnosi di neoplasia mammaria, afferenti alle Oncologie Mediche di un ospedale regionale; complessivamente sono state contattate 113 donne con diagnosi di neoplasia mammaria di età compresa tra i 33 e i 60 anni. Di queste 65 sono risultate arruolabili se- condo i criteri di inclusione ed esclusione definiti per la partecipazione allo studio. Hanno accettato di partecipare 37 donne ed in seguito ad un drop-out sono state effettivamente valutate 36 partecipanti. 5 Sono stati misurati in quattro tempi di rilevazione (T0-baseline, T1-3 mesi, T2-6 mesi, T3-Follow up a 12 mesi) le abilità cognitive di memoria, attenzione, capacità visuospaziale e linguaggio utilizzando il test RBANS e le capacità di IE utilizzando il questionario self-report SREIS; sono inoltre state misurate quali variabili di controllo le problematiche soggettive, emozionali e comportamentali utilizzando la scala CBA-H. In generale i risultati di questo lavoro confermano quanto riportato in lettera- tura circa gli effetti negativi di chemioterapia e ormonoterapia su alcune capacità cognitive; si evidenzia in particolare non tanto un deficit sulle abilità cognitive, quanto un’interferenza sull’ effetto di apprendimento. Interessanti sono i risultati emersi dalla percezione delle capacità relative all’ intelligenza emotiva, aspetto innovativo dello studio, che, complessivamente, sembrano avere un andamento peggiorativo nelle pazienti che fanno trattamenti chemioterapici, ormonoterapici o una combinazione di entrambi. Sempre relativamente alle competenze di intelligenza emotiva è emerso come le pazienti chemiotrattate riferiscano di percepire maggiormente le emozione e di saperle meglio comprendere rispetto alle altre partecipanti, risultato inatteso rispetto alle ipotesi che andrebbe approfondito in ulteriori studi. La tesi di seguito presentata è articolata in quattro capitoli: nel primo viene fornita una descrizione di epidemiologia, eziologia, diagnosi e tipologia di trattamenti del tumore della mammella. Il secondo capitolo è focalizzato sugli aspetti psicologici interessati dalla malattia, in particolare sulle modalità di reazione emotiva e di adattamento alla diagnosi e ai trattamenti, con i loro effetti collaterali, per la neoplasia mammaria. Nel terzo capitolo viene presentata una rassegna della letteratura circa l’impatto dei trattamenti farmacologici, chemioterapia e ormonoterapia, sulle funzioni cognitive. Infine, nel quarto capitolo viene descritto il lavoro di ricerca: gli obiettivi, gli strumenti e il metodo utilizzati, le analisi statistiche svolte per la verifica delle ipotesi di lavoro, vengono inoltre dettagliati e commentati i risultati emersi.
Evaluation of cognitive functions and emotional intelligence in breast cancer patients.
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Cesario, Jahrim Gabriele. « Progettazione e sviluppo di un sistema domotico integrato con assistente vocale a supporto di servizi socio-assistenziali basati su gamification ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/23881/.

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Résumé :
In questa tesi, saranno descritte la progettazione e l'implementazione di una suite comprensiva di un sistema domotico, realizzato con OpenHAB, e di alcuni servizi socio-assistenziali che permetteranno di esercitare le proprie capacità cognitive, il cui accesso sarà mediato tramite un'assistente vocale, nel caso specifico Amazon Alexa. Lo scopo è quello di realizzare un sistema che possa assistere gli anziani o le persone con disabilità ad ottenere una maggiore indipendenza nello svolgimento delle attività di vita quotidiana, mentre permetterà loro di mantenere in allenamento le proprie capacità cognitive. Questo sistema potrà in futuro essere applicato in un contesto socio-sanitario, per permettere a del personale qualificato di costruire un percorso psico-educativo per delle persone con disabilità e/o difficoltà cognitive, quindi di monitorare e analizzare i loro progressi. Il sistema domotico sarà gestito attraverso OpenHAB, per permettere all'utente di interagire con il maggior numero di dispositivi domotici possibile. Mentre, per gli esercizi cognitivi, si è pensato di applicare i principi della gamification e quindi di creare un servizio composto di diversi giochi cognitivi, che richiedano un esercizio delle capacità cognitive del giocatore, rimanendo nello stesso tempo accattivanti. I giochi saranno strettamente vocali e richiederanno un'interazione con Amazon Alexa, per questo saranno implementati come skill di Alexa.
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Toffanello, Elena D. « Vitamin D, Physical Performance and Neuropsychological Functioning in Elderly Subjects:The Pro.V.A Study ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3422651.

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Résumé :
BACKGROUND In the past two decades, it has become evident that the role of vitamin D extends beyond calcium homoeostasis.1 Vitamin D metabolites have been found to affect muscle metabolism by stimulating de novo protein synthesis, increasing the proportion of type II muscle fibers and improving muscle function.2 Moreover Vitamin D receptors seem to be widespread in brain tissue and vitamin D’s biologically active form (1,25OHD3) has shown neuroprotective effects including the clearance of amyloid plaques.3 Clinical studies on older people have shown that low serum levels of 25-hydroxyvitamin D (25OHD) correlate with poorer motor performances and with cognitive decline.4-10 Therefore the association between vitamin D, performance tests exploring mobility impairments and neuropsychological test exploring both cognitive and depression mood in elderly subjects has become a clinically hot topic. The purpose of the study was to verify the association between vitamin D status and motor and neuropsychological functioning in a large sample of Italian older people. SPECIFIC AIMS OF THE STUDY The following aims have been taken into considerations: 1. testing the relationship between 25OHD serum levels and a large battery of physical performance tests (exploring balance, gait speed, coordination, upper and lower limb strength and aerobic capacity) and identify 25OHD serum levels optimal for mobility performance 2. to explore the association between baseline serum levels of 25OHD and the 4y subsequent cognitive decline 3. to explore the association between baseline serum levels of 25OHD and the 4y subsequent development of depression mood. METHODS Data for this analysis are from the Progetto Veneto Anziani (Pro.V.A.).11 The sample consisted of community-dwelling elderly men and women whose data on physical performance, cognitive and psychological evaluation were complete. Motor performance assessment: Physical performances were evaluated using the following standardized tests:11  Tandem test, TT (static balance ability): participants were asked to maintain balance in three different positions: a side-by-side position, a semi tandem position, and a full-tandem position. The amount of time they succeeded in remaining so, in seconds, was recorded;  5 timed chair stands, TCS (coordination and strength): participants were asked to stand up and sit down 5 times as quickly as possible, with their hands folded across their chest; the time taken to complete the test, in seconds, was recorded;  Gait speed, GS: the best performance achieved in two walks at usual pace along a 4m corridor was recorded in meter/seconds. Participants were allowed to use canes or walkers;  6-minute walking test, 6mW (aerobic capacity): participants were asked to walk at their usual pace for 6 minutes, recording the distance they covered in meters;  Handgrip and quadriceps strength: handgrip strength, in kg, was measured using a JAMAR hand-held dynamometer (BK-7498, Fred Sammons, Inc.). Knee extensor (quadriceps) and hip flexor (iliopsoas) muscle strengths were determined using a Nicholas Manual dynamometer (BK-7454, Fred Sammons, Inc.). Neuropsychological Functioning Assessment: Cognitive function was evaluated at baseline and at follow-up, by administering the 30-item Mini Mental State Examination, according to Folstein.12 This test is the most widely and validated neuropsychological tool to measure cognitive function in geriatric setting. Diagnosis of dementia was performed by geretricians and psychologists with expertise in cognitive impairment according to criteria set out in the Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Fourth Edition).13 Depression was evaluated by using the Geriatric Depression Scale, and a score of ≥11 was indicative of depressive symptoms.14 Statistical analysis All statistical analysis were performed using the SAS rel. 9.13 (Cary NC: SAS institute), and a two-tailed p-value <.05 was assumed for statistical significance. Participants’ characteristics were summarized using means (± standard deviations) for continuous variables and counts and percentages for categorical variables. Means and proportions were calculated for sex-specific quintiles and tertiles of the distribution of 25OHD serum levels or for vitamin D clinical cut-off values (deficient <50 nmol/L, insufficient >50 and <75 nmol/L, sufficient >75 nmol/L).15 Differences in categorical variables were examined using the Chi-square test. Age-adjusted p values for trends were calculated, checking the differences between means of covariates by quintiles/tertiles or clinical cut-offs values of vitamin D using analysis of variance (ANOVA). General linear models (GLM) were used to examine the independent association between 25OHD levels and performance tests or neuropsychological function. Known factors associated with 25OHD levels and/or physical/cognitive functionality were examined for inclusion in the analyses and multivariate models were obtained. To identify the best 25OHD levels for musculoskeletal functions in the elderly men and women, we conducted a loess analysis. Longitudinal analysis were performed for motor performance test significantly associated to vitamin D status at baseline. Multivariate logistic regression models were used to determine the relationship of serum 25OHD levels to substantial cognitive decline, defined as a decline in MMSE score of 3 or more points at follow-up. Random-effects models were applied to examine the association between serum 25(OH)D levels and the mean 4y changing in MMSE scores. Cox-regression models were obtained to identify predictors of depression onset at follow-up. RESULTS The baseline study population consisted of 2694 community dwelling older people: 1597 women with a mean age 75.6 y ±7.5 (range 65-98 y) and 1097 men with a mean age 76.2 y ±7.8 (range 65-99). The mean serum 25OHD level was 65.0 nmol/L (±41.3; range: 2.5-329) in women, and 101.9 nmol/L (±62.4; range: 2.5-441) in men. Vitamin D deficiency (25OHD level <50 nmol/L [12]), was present in the 40% of the women and in the 20% of the men; severe deficiency (25OHD <25 nmol/L; [13]) was identified in 13.5% of women and 5.9% of men. Among the 2694 community dwelling elderly enrolled at baseline, a total of 1904 participants completed the follow-up cognitive assessment between 1999 and 2001 and were included in the analysis for cognitive decline (mean [SD] follow-up, 4.4 [1.1] years), whereas a total of 1675 (363M/ 1039F, age 65-99 y ) completed the follow-up GDS assessment and were included in the analyses for depression risk. Association between 25OHD levels and performance measure Significant linear associations were found for TCS test (p for trend <.0001 in women; .03 in men), gait speed and 6mW test (p for trend <.0001, in both genders), and for handgrip strength (p for trend <.0009 in women; <.0001 in men). After controlling for confounders and covariates, a significant linear trend was still evident for the 6mW test in both genders (p=.0002 in women; <.0001 in men), for the TCS test in women (p=.004), and for gait speed (p=.0006) and handgrip strength (p=.03) in men, as shown in Table 1a and 1b. The association between 25OHD concentrations and performance measures is shown for TCS, gait speed, 6mW distance and handgrip strength tests in Figure 1a,b,c, and d respectively. The time taken to complete the TCS test decreased significantly with increasing levels of 25OHD in women only and most of the improvements occurred between 20 to 100 nmol/L of 25OHD. In men but not in women, gait speed increased significantly for 25OHD levels up to 100 nmol/L, most of the improvement occurring at concentrations ranging from 50 to approximately 75 nmol/L. Handgrip strength improved in men with increasing level of vitamin D up to 100 nmol/L. The 6mW distance continued to increase up to 25OHD serum levels of 100 nmol/L in both genders. No further significant improvements in these four motor performances were seen for 25OHD levels >100 nmol/L, in both genders. Association between 25OHD levels and longitudinal cognitive decline and risk for depression In logistic regression models adjusted only for the baseline MMSE score, participants who were 25(OH)D deficient (<50 nmol/l) or insufficient (>50-<75) were more likely than those who were 25(OH)D repleted to have a 4y substantial cognitive decline on the MMSE scores (Table 2). This association was attenuated but remained significant after controlling for covariates in the deficient 25OHD group only, whereas it was no longer significant in the insufficient 25OHD group. Participants with a 25(OH)D deficiency were approximately 40% more likely than those 25(OH)D sufficient to experience a substantial cognitive decline on the MMSE score at follow-up. Restricting the sample to participants who were non-demented at baseline (Table 3), the association between 25OHD levels and cognitive decline was even more evident. Participants with both 25OHD deficiency and insufficiency were at higher risk for cognitive decline at 4y. In random-effects models adjusted for baseline MMSE score only, those who were 25OHD deficient experienced a decline in cognitive test about twice that observed in participant 25OHD sufficient (Table 4). In fully adjusted models, participants with 25OHD deficiency declined by 0.59 MMSE points more than participants who were 25OHD sufficient. The increased rate of decline for those who were 25OHD deficient was statistically significant, as was the linear trend across groups. The same pattern of associations was observed when we restricted the sample to participants who were non-demented at baseline, even though the amount of the decline and the differences between levels of 25OHD were slightly lower than those observed in all participants. At Cox regression analysis, no association were found between Vitamin D status and the subsequent risk of depression mood at 4 years (Table 5). CONCLUSION In our large, population-based sample of community-dwelling Italian elderly subjects, we found a significant positive association between 25OHD concentrations and performance tests habitually used to assess mobility impairment. Moreover we found a significant relationship between cognitive decline and serum levels of 25OHD, since lower 25OHD level at baseline are associated to lower cognitive outcomes at 4y. Serum concentrations of 25OHD close to 100 nmol/L seem to be associated to greater benefit for musculoskeletal functions whereas for optimal cognitive functioning, 25OHD concentrations higher than 75 nmol/L appear to be more advantageous in our community –dwelling elderly men and women Given the high prevalence of vitamin D insufficiency in the elderly population of northern Italy, ageing people should be given supplementation to keep their 25OHD levels as nearest as possible to this threshold, in order to preserve their physical and cognitive performance. Besides additional researches are needed for consensus on 25OHD threshold in order to avoid problems of both under and overtreatment.
INTRODUZIONE Nelle ultime due decadi, è cresciuto l'interesse nei confronti dei ruoli extra-scheletrici della Vitamina D. Esperimenti in vitro avrebbero dimostrato la presenza di recettori per la vitamina D nel tessuto muscolare, documentando l'attività dei metaboliti attivi della vitamina sulla sintesi ex novo di proteine e sull'incremento di fibre muscolari di tipo II. Recettori della vitamina D (VDR) sembrano essere diffusi anche nel tessuto cerebrale e la forma biologicamente attiva della vitamina D (1,25OHD3) ha mostrato effetti neuroprotettivi compresa la clearance delle placche di amiloide. Diversi trials clinici sugli anziani avrebbero evidenziato come bassi livelli sierici di 25-idrossivitamina D (25OHD) si associno non solo a scarse performance motorie, ma anche a deterioramento cognitivo e aumentato rischio di depressione. Pertanto l'associazione tra vitamina D, performance fisica, funzioni cognitive e sintomi depressivi in età avanzata è diventato nell'ultima decade un argomento di grande interesse, con ampi e importanti risvolti clinici. Lo scopo dello studio è stato quello di verificare in un ampia popolazione di soggetti in età geriatrica, l'associazione tra stato della vitamina D, performance fisica e funzioni neuropsichiche. OBIETTIVI SPECIFICI DELLO STUDIO Sono stati presi in considerazioni i seguenti obiettivi:  valutare la relazione tra i livelli sierici di 25OHD e diversi test di performance fisica, validati in ambito geriatrico, in grado di esplorare le capacità di equilibrio, la velocità di camminata, la capacità di coordinazione, la forza degli arti superiori e inferiori, e la capacità aerobica. Identificare livelli sierici di 25OHD “ottimali” ai fini della performance motoria in età avanzata.  esplorare l'associazione a lungo termine tra i livelli sierici di 25OHD e il rischio di declino cognitivo a 4 anni.  esplorare l'associazione tra i livelli sierici di 25OHD e il rischio di sviluppare sintomi depressivi a 4 anni. METODI I dati per questa analisi provengono dal Progetto Veneto Anziani (Pro.V.A.). Il campione di studio è costituito da uomini e donne di età superiore a 65 anni, residenti in comunità, i cui dati sulla performance fisica, sulla valutazione cognitiva e psicologica erano completi. Valutazione delle performance motorie: Le performance fisiche sono state valutate sulla base dei seguenti test standardizzati:11  Tandem test, TT (capacità di equilibrio statico): ai partecipanti è stato chiesto di mantenere l'equilibrio in tre diverse posizioni: una posizione side-by-side, una posizione semi tandem, e una posizione full-tandem. E’ stato registrato il tempo espresso in secondi in cui i pazienti hanno mantenuto le suddette posizioni;  5 timed chair stands, TCS (coordinazione e la forza): ai partecipanti è stato chiesto di alzarsi e sedersi dalla sedia per 5 volte di seguito il più rapidamente possibile, con le mani incrociate sul petto: è stato registrato il tempo, in secondi, necessario per completare il test;  Gait speed, GS: è stata registrata la migliore performance realizzata in due passeggiate a passo normale, lungo un corridoio di 4 metri, registrando la velocità massima in metri al secondo. Ai partecipanti era permesso usare bastoni o deambulatori;  6-minute walking test, 6mw (capacità aerobica): ai partecipanti è stato chiesto di camminare alla loro andatura normale per 6 minuti, la distanza percorsa è stata registrata in metri;  Handgrip and quadriceps strength: la forza di prensione della mano, in kg, è stata misurata utilizzando un dinamometro portatile JAMAR (BK-7498, Fred Sammons, Inc.). La forza muscolare (in Newton) degli estensori del ginocchio (quadricipite) e dei flessori dell'anca (ileopsoas) è stata determinata utilizzando un dinamometro manuale Nicholas (BK-7454, Fred Sammons, Inc.). Valutazione delle funzioni neuropsicologiche: Le funzioni cognitive sono state valutate al basale e al follow-up, con la somministrazione del Mini Mental State Examination a 30 items, secondo Folstein. Questo test è lo strumento neuropsicologico più diffuso e validato per misurare la funzione cognitiva in ambiente geriatrico. La diagnosi di demenza è stata effettuata da geriatri e psicologi esperti nel deterioramento cognitivo in base ai criteri stabiliti nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (quarta edizione). La depressione è stata valutata utilizzando la Geriatric Depression Scale (GDS), e un punteggio ≥ 11 è stato considerato indicativo di sintomatologia depressiva. Analisi statistica Tutte le analisi statistiche sono state effettuate utilizzando il programma SAS rel. 9.13 (Cary NC: SAS Institute), con significatività statistica p<0.05. Le caratteristiche dei partecipanti sono state analizzate utilizzando le medie (± deviazione standard) per le variabili continue e le percentuali per le variabili categoriali. Medie e proporzioni delle variabili analizzate sono state ottenute per quintili/terzili di distribuzione sesso-specifici dei valori sierici al basale di 25OHD o per le seguenti classi cliniche: deficienza (25OHD <50 nmol/L), insufficienza (25OHD compresa tra 50 e 75 nmol/L), sufficienza (25OHD >75 nmol/L). Le differenze tra le variabili categoriali sono state esaminate con il test del Chi-quadro, mentre per le variabili continue è stata condotta l'analisi della varianza (ANOVA), verificando il trend lineare tra livelli crescenti di 25OHD. Sono stati utilizzati modelli di regressione (GLM) per testare l'associazione indipendente tra i livelli di 25OHD e i test di perfomance motoria e neuropsichici. Fattori notoriamente associati ai livelli 25OHD e/o alla funzionalità fisica/cognitiva sono stati inseriti nei modelli di analisi come variabili confondenti. Al fine di individuare i livelli di 25OHD che si associano al migliore livello di performance fisica nell'anziano, abbiamo condotto un'analisi loess aggiustata per le variabili confondenti, per ciascun test di performance fisica. Sono stati utilizzati modelli di regressione logistica multivariata per determinare la relazione tra livelli sierici di 25OHD e il declino cognitivo clinicamente sensibile, definito come una riduzione del punteggio di MMSE di 3 o più punti al follow-up. Una analisi di regressione mediante random-effects è stata utilizzata per analizzare l'associazione tra livelli sierici di 25OHD e la variazione media del punteggio ottenuto al MMSE nel periodo di follow-up. Sono stati ottenuti infine modelli di regressione di Cox per verificare il potere predittivo dei livelli di 25OHD sull'insorgenza di sintomi depressivi a 4 anni. RISULTATI Inizialmente la popolazione dello studio consisteva di 2694 anziani, tutti residenti in comunità al momento dell'arruolamento: 1597 donne di età media 75,6 aa ± 7,5 aa (range 65-98 aa) e 1097 uomini, di età media 76,2 aa ± 7,8 aa (range 65-99 aa). La concentrazione sierica media di 25OHD era 65,0 nmol / L (± 41,3, range: 2,5-329) nelle donne, e 101,9 nmol / L (± 62,4, range: 2,5-441) negli uomini. Una carenza di vitamina D (25OHD livello <50 nmol / L), era presente nel 40% delle donne e nel 20% degli uomini, mentre una severa ipovitaminosi (25OHD <25 nmol / L) è stata identificata nel 13,5% delle donne e il 5,9% degli uomini. Tra i 2694 anziani reclutati al basale, 1904 hanno completato al follow-up la valutazione cognitiva mediante MMSE e sono stati inclusi nell'analisi per il declino cognitivo (media [DS] di follow-up, 4.4 [1,1] anni), mentre 1675 soggetti (363 M / 1039 F, età 65-99 anni) ha completato la valutazione mediante GDS e sono stati inclusi nelle analisi per il rischio di depressione. Associazione tra i livelli sierici di 25OHD e i test di performance motoria L'analisi di regressione lineare, aggiustata solo per l'età dei partecipanti, ha evidenziato una associazione significativa tra i livelli di 25OHD e il test della sedia (TCS) (p <.0001 nelle donne; 0,03 negli uomini), la velocità di camminata (GS) e il test del cammino di 6 minuti (6mW) (p <.0001, in entrambi i sessi), nonchè per la forza di prensione (p <0,0009 delle donne; <0,0001 negli uomini). Dopo l’aggiustamento per i fattori confondenti, un significativo trend lineare rimaneva evidente per la prova 6mW in entrambi i sessi (p = 0,0002 nelle donne; <.0001 negli uomini), per il test della sedia (TCS) solo nelle donne (p = .004), e per la velocità di camminata (p = 0,0006) e la forza di prensione (p = 0,03) negli uomini, come mostrato in Tabella 1a e 1b. L'associazione tra le concentrazioni sieriche di 25OHD e i risultati ottenuti ai test di performance motoria è rappresentata graficamente nelle Figure A, B, C e D, rispettivamente per il test della sedia, la velocità di camminata, la distanza percorsa in 6 minuti (6mW) e forza di prensione. Il tempo necessario per completare il test della sedia diminuisce significativamente all'aumentare dei livelli sierici di 25OHD, solo nei soggetti di sesso femminile: il miglior tempo di esecuzione del test si osserva per valori di 25OHD sierica compresi tra 20 e 100 nmol/L. Negli uomini ma non nelle donne, la velocità di camminata aumenta significativamente all'aumentare dei livelli di 25OHD fino a valori di vitamina prossimi a 100 nmol/L. L'incremento più significativo nel test della camminata veloce si osserva per valori di 25OHD compresi tra 50 e 75 nmol/L. La forza di prensione nei soggetti di sesso maschile aumenta progressivamente con i livelli di vitamina D, così come la distanza percorsa al test del 6mW, che aumenta per valori crescenti di 25OHD in entrambi i sessi. Per tutti i test considerati i tempi di esecuzione e le performance migliori si osservano, in entrambi i sessi, per valori di 25OHD sierici prossimi a 100 nmol/L. Per valori di 25OHD superiori non si sono osservati ulteriori miglioramenti di performance. Associazione tra livelli sierici di 25OHD, declino cognitivo e rischio di depressione. All'analisi logistica, aggiustando solo per il punteggio ottenuto al MMSE eseguito al basale, i partecipanti con deficit di vitamina D (25OHD < 50 nmol/L) o con insufficienza (25OHD compresa tra 50 e 75nmol/L) presentavano una probabilità maggiore rispetto a quelli con normali valori di 25OHD di avere un declino cognitivo clinicamente significativo a 4 anni come evidenziato in Tabella 2. Tale associazione risultava significativa, dopo il controllo per le variabili confondenti, solamente nei soggetti con carenza di vitamina D, mentre non era più significativa nei soggetti con insufficienza di 25OHD. I partecipanti con ipovitaminosi D avevano circa il 40% in più di probabilità rispetto ai soggetti con normali livelli di 25OHD di presentare un declino cognitivo clinicamente significativo al follow-up di 4 anni. Restringendo il campione ai partecipanti che non erano affetti da demenza al momento del reclutamento, l'associazione tra i livelli di 25OHD e declino cognitivo risultava ancor più evidente (Tabella 3), dal momento che non solo i soggetti con deficienza vitaminica ma anche quelli con valori di 25OHD tra 50 e 75 nmol/L risultavano essere a maggior rischio di declino cognitivo a 4 anni. All'analisi di regressione lineare aggiustata inizialmente solo per il punteggio del MMSE al basale (Tabella 4), i soggetti con deficit di 25OHD presentavano una diminuzione al punteggio di MMSE di circa due volte quello osservato nei partecipanti con livelli di 25OHD normali. Aggiustando l'analisi per le variabili confondenti, i partecipanti con deficit di 25OHD peggioravano in media di 1.59 punti/annui al MMSE. La differenza di punteggio di MMSE tra basale e longitudinale aumenta linearmente al ridursi dei valori sierici di 25OHD. Lo stesso pattern di associazioni si è osservato quando si è ristretto il campione ai partecipanti che non erano dementi al basale, come evidenziato in Tabella 4. In merito alla associazione tra livelli di vitamina D e rischio di depressione, il campione totale è stato suddiviso per terzili di distribuzione sesso-specifici di 25OHD sierica. Per i soggetti nei terzili più bassi di 25OHD, non si è osservato nessun incremento del rischio a 4 anni di sintomi depressivi, come evidenziato dall'analisi di regressione di Cox in Tabella 5. CONCLUSIONI Nel nostro campione di soggetti anziani italiani residenti in comunità abbiamo documentato una significativa associazione positiva tra le concentrazioni sieriche di 25OHD e i tests di performance comunemente utilizzati per la valutazione della motricità. Abbiamo inoltre evidenziato come in termini di outcomes muscoloscheletrici, livelli di vitamina D prossimi a 100 nmol/L sarebbero da considerarsi ottimali e quindi raccomandabili. Abbiamo inoltre evidenziato una associazione statisticamente significativa tra l'ipovitaminosi D intesa come livelli di 25OHD sierica inferiori a 50 nmol/L e e il rischio di declino cognitivo a 4 anni. Non solo, nei soggetti non affetti da impairment cognitivo, già per valori inferiori a 75 nmol/L si osserva un più rapido e significatico deterioramento a 4 anni. Pertanto valori superiori a 75 nmol/L sarebbero da considerarsi come raccomandabili per il loro potenziale effetto protettivo sul declino cognitivo. Infine non abbiamo osservato alcuna relazioni tra livelli di vitamina D e rischio di sviluppare sintomi depressivi a 4 anni. Sulla base dei risultati dell'attività di ricerca e considerata l’alta prevalenza di ipovitaminosi D nella popolazione anziana dell'Italia settentrionale, riteniamo utile promuovere la supplementazione di vitamina D nei soggetti che invecchiano. Mantenere i livelli sierici di 25OHD il più vicino possibile a valori di 100 nmol/L sembrerebbe efficace nel preservare la performance fisica e cognitiva dell'anziano. Infine ulteriori studi trials clinici randomizzati sono necessari per ottenere unanime consenso sulla soglia di 25OHD necessaria per evitare sia problemi di sotto che di sovra trattamento. TABELLE Tabella 1a: Medie (Standard Error) stimate dei risultati ottenuti ai test di performance fisica, per concentrazione sierica di 25OHD nelle donne: the Pro.V.A Study. Tabella 1b. Medie (Standard Error) stimate dei risultati ottenuti ai test di performance fisica, per concentrazione sierica di 25OHD negli uomini: the Pro.V.A Study Note: le medie aggiustate sono state ottenute mediante regressione lineare generalizzata (GLM). Il Modello 1 è aggiustato per età, BMI, abitudine al fumo, atività fisica, stagionalità, depressione, deterioramento cognitivo, filtrato glomerulare (GFR, secondo la formula MDRD). Il Modello 2 è aggiustato per le variabili nel Modello 1 plus comorbidità cardiovascolare, patologia osteoarticolare, BPCO, ipovisus. FIGURE Figure 1: Analisi grafica (Loess Plott) dell'associazione tra livelli sierici di 25OHD e il test della sedia (5 timed chiar stands, A), la velocità di camminata (gait speed, B), la distanza percorsa in sei minuti (6-minute walking distance, C), e la forza di prensione (handgrip strength, D) (linea sottile – per le donne, linea drappeggiata ••per gli uomini). Le curve sono aggiustate per le seguenti variabili: età, BMI, abitudine al fumo, atività fisica, stagionalità, depressione, deterioramento cognitivo, filtrato glomerulare (GFR, secondo la formula MDRD), comorbidità cardiovascolare, patologia osteoarticolare, BPCO, ipovisus. Tabella 2: Rischio Relativo (RR) di declino cognitivo clinicamente significativo a 4 anni (riduzione al punteggio di MMSE ≥ 3 punti) nei partecipanti dello studio Pro.V.A. in base a livelli basali di 25OHD. Serum 25OH vitamin D cut off levels, nmol/L <50 p-value ≥50 and < 75 p-value ≥75 Modello 1 1.96(1.50-2.41) <.0001 1.46(1.10-1.87) .01 1 [reference] Modello 2 1.37(1.23-1.78) .05 1.17(0.89-1.55) .24 1 [reference] I dati sono presentati come Rischio Relativo e intervallo di confidenza 95%. Modello 1: aggiustato per il punteggio di MMSE al basale. Modello 2: aggiustato per il punteggio di MMSE al basale, plus: età, sesso, livello di educazione, BMI, stagione, attività fisica, dipendenza nelle ADL, sintomi depressivi, malattie cardiovascolari, diabete, BPCO e valori al basale di PTH . Tabella 3: Rischio Relativo (RR) di declino cognitivo clinicamente significativo a 4 anni (riduzione al punteggio di MMSE ≥ 3 punti) nei partecipanti NON AFFETTI DA DEMENZA dello studio Pro.V.A. in base a livelli basali di 25OHD. Serum 25OH vitamin D cut off levels, nmol/L <50 p-value ≥50 and < 75 p-value ≥75 Modello 1 2.11(1.5-2.7) <.0001 1.59(1.1-2.0) .01 1 [reference] Modello 2 1.48(1.0-1.9) .03 1.39(1.0-1.9) .05 1 [reference] I dati sono presentati come Rischio Relativo e intervallo di confidenza 95%. Modello 1: aggiustato per il punteggio di MMSE al basale. Modello 2: aggiustato per il punteggio di MMSE al basale, plus: età, sesso, livello di educazione, BMI, stagione, attività fisica, dipendenza nelle ADL, sintomi depressivi, malattie cardiovascolari, diabete, BPCO e valori al basale di PTH Tabella 4: Variazioni medie per anno di follow-up, al punteggio di MMSE in tutti i partecipanti e nei soggetti non affetti da demenza al basale. I risultati sono presentati come Medie (Errore Standard) per ciascun livello di sierico di 25OHD All participants (n=1904) Non-demented participants (n=1724) Serum 25OHD levels, nmol/L Modello 1 Modello 2 Modello 1 Modello 2 ≥75 -1.13(0.14) -1.00(0.14) -1.24 (0.14) -1.48(0.14) ≥50 and < 75 -1.51(0.20) -1.20(0.20) -1.47(0.22) -1.52(0.21) <50 -2.24(0.19) -1.59(0.20) -1.97(0.21) -1.58(0.21) p-values for linear trend <.0001 0.04 <.0001 0.05 Modello 1: aggiustato per il punteggio di MMSE al basale. Modello 2: aggiustato per il punteggio di MMSE al basale, plus: età, sesso, livello di educazione, BMI, stagione, attività fisica, dipendenza nelle ADL, sintomi depressivi, malattie cardiovascolari, diabete, BPCO e valori al basale di PTH Tabella 5: Rischio di sintomi depressivi a 4 anni nei partecipanti dello studio Pro.V.A. I dati sono presentati come Hazard Ratio e Intervallo di Confidenza al 95% secondi i livelli sierici basali di 25OHD calcolati sui terzili di distribuzione sesso-specifici. Donne Uomini HR (95%CI) p –value HR (95%CI) p –value Terzile 1 vs 3 0.80(0.51-1.27) 0.35 0.95(0.50-1.82) 0.89 Terzile 2 vs 3 1.00(0.65-1.53) 0.98 1.38(0.74-2.55) 0.30 Analisi aggiustata per: età, livello di educazione, BMI, stagione, attività fisica, performance motoria (punteggio ottenuto alla Short Physical Performance Battery) dipendenza nelle ADL, demenza, malattie cardiovascolari, diabete, BPCO e valori al basale di PTH. Nelle Donne: terzile 1 ≤49 nmol/L, terzile 2 >49 and ≤ 81 nmol/L, terzile 3 >81 nmol/L; Negli Uomini : terzile 1 ≤80 nmol/L, terzile 2 >80 and ≤125 nmol/L, terzile 3 >125 nmol/L;
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FEDELI, DAVIDE. « Individual neuroanatomical constraints on cognition and language ». Doctoral thesis, Università Vita-Salute San Raffaele, 2021. http://hdl.handle.net/20.500.11768/122899.

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Résumé :
Converging evidence shows that individual differences in cognitive abilities are partly driven by neuroanatomical constraints determined during fetal life and largely unaffected by postnatal events. For instance, the large degree of intersubject variability in sulcal anatomy of the Anterior Cingulate Cortex has been associated with long-term differences in executive performance and functional activity. The consequences of these observations are far-reaching and represent a new perspective on the neural architecture of behavioral differences. On the other hand, neuroplastic processes continuously modify the brain organization in response to internal and external demands. This dissertation provides a systematic investigation on the dynamic interplay between early neuroanatomical constraints, environmental neuroplastic factors, brain activity, and cognitive performance across age. This work adopts a combination of complementary multimodal neuroimaging techniques (i.e., surface-based morphometry, structural and functional connectivity, and task-based fMRI), neuropsychological testing, and psycholinguistic assessment to better understand this complex relationship.
Converging evidence shows that individual differences in cognitive abilities are partly driven by neuroanatomical constraints determined during fetal life and largely unaffected by postnatal events. For instance, the large degree of intersubject variability in sulcal anatomy of the Anterior Cingulate Cortex has been associated with long-term differences in executive performance and functional activity. The consequences of these observations are far-reaching and represent a new perspective on the neural architecture of behavioral differences. On the other hand, neuroplastic processes continuously modify the brain organization in response to internal and external demands. This dissertation provides a systematic investigation on the dynamic interplay between early neuroanatomical constraints, environmental neuroplastic factors, brain activity, and cognitive performance across age. This work adopts a combination of complementary multimodal neuroimaging techniques (i.e., surface-based morphometry, structural and functional connectivity, and task-based fMRI), neuropsychological testing, and psycholinguistic assessment to better understand this complex relationship.
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Muroni, Alessandro Franco. « FUNZIONI COGNITIVE E COMPORTAMENTO DI GUIDA : EFFETTI DELLA DEPRIVAZIONE DI SONNO, DEL CONSUMO DI ALCOLICI E DELLA CAFFEINA ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10070.

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Résumé :
2012/2013
Il presente lavoro nasce da una riflessione in merito ad un problema di forte attualità: gli incidenti sonno e alcol correlati. Deprivazione di sonno e consumo di alcolici rappresentano una combinazione abbastanza comune, specialmente tra i giovani automobilisti (Banks et al., 2004). Diversi ricercatori, con lo scopo di dare un contributo alla soluzione di questo problema, hanno focalizzato il loro interesse nel settore della sicurezza stradale. Numerose ricerche (Brown, 1994) (Marcus et al., 1996) (Horne et al., 1995) (Horne et al., 1999) (Connor et al., 2001) si sono occupate di studiare la relazione tra deprivazione di sonno e prestazione di guida ed è ormai universalmente riconosciuto che questa variabile rappresenta un fattore di rischio per la sicurezza stradale. Così come gli effetti negativi indotti dalla deprivazione di sonno sulla prestazione di guida, anche quelli dell’alcol sono universalmente riconosciuti e anch’esso è considerato un fattore di rischio per la sicurezza stradale (Liguori et al., 1999) (Lenne et al., 1999) (Shults et al., 2001). Diversi altri ricercatori (Roehrs et al., 1994) (Arnedt et al., 2000) (Horne et al., 2003) (Banks et al., 2004) (Barret et al., 2004) (Barret et al., 2005) (Vakulin et al., 2007) (Howard et al., 2007) si sono invece focalizzati oltre che sullo studio dei singoli effetti di questi fattori anche sul loro effetto combinato, trovando generalmente che sia la deprivazione di sonno che l’alcol, singolarmente, producono un peggioramento della prestazione di guida e che il loro effetto combinato sembra causare un più importante peggioramento. La guida è un comportamento complesso e multifattoriale che richiede il possesso di numerose abilità, alcune delle quali si svolgono coscientemente ed altre attraverso processi automatici; nell’esecuzione di questo comportamento i processi cognitivi giocano un ruolo centrale (Weaver et al., 2009). Poche ricerche si sono occupate di valutare gli effetti combinati di questi due fattori sugli aspetti cognitivi sottostanti al comportamento di guida. Partendo da tale background, nel presente lavoro si è ritenuto potesse essere interessante approfondire questo aspetto. Ci si è posti quindi come primo obiettivo quello di valutare gli effetti, singoli e combinati, della deprivazione di sonno e del consumo di alcolici sull’attenzione e sui processi di inibizione, due variabili considerate di estrema importanza per esecuzione del comportamento di guida (Brown, 1994). In merito al concetto di attenzione, tra i tanti modelli che lo hanno teorizzato si è scelto di fare riferimento a quello di Posner (Posner e Raichle, 1994); in merito al concetto di inibizione si è scelto invece di fare riferimento al modello di Logan (Logan e Cowan,1984a). Oltre a questi aspetti oggettivi si è scelto di valutare l’effetto di questi fattori anche su alcuni aspetti soggettivi, in particolare sul vigore, sull’umore e sulla sonnolenza percepita. Oltre a ciò, tenendo in considerazione che alcuni studi presenti in letteratura (Horne et al., 1996) (Reyner et al., 2000) (De Valk et al., 2000) (Horne et al., 2001) (Reyner et al., 2002) (Biggs et al., 2007) (Gershon et al., 2009) (Mets et al., 2011) suggeriscono che gli energy drink, o la caffeina in essi contenuta, sembrano essere una buona contromisura per contrastare gli effetti della deprivazione di sonno sulla prestazione al simulatore di guida e su alcuni indici dell’attenzione, nel presente lavoro ci si è posti come secondo obiettivo quello di valutare se questa sostanza può essere una valida contromisura anche per contrastare gli effetti singoli e combinati di questi due fattori, sulla prestazione attentiva e sui processi di inibizione. Si è scelto di studiare questi aspetti cognitivi in determinate fasce orarie, considerate potenzialmente rappresentative di alcune situazioni reali. Nello specifico, si è scelto di studiare la prestazione cognitiva alle 5:00 del mattino, orario di chiusura delle discoteche invernali, e alle 9:00 del mattino, orario di chiusura delle discoteche estive. Inoltre si è scelto di valutare la performance cognitiva alle 12:30, orario dell’aperitivo precedente al pranzo, e alle 20:00, orario dell’aperitivo precedente alla cena. In estrema sintesi i risultati sembrano indicare un’influenza selettiva della deprivazione di sonno e del consumo di alcolici, sia singolarmente che in forma combinata, sulle componenti cognitive indagate. Le componenti di Alerting fasico e Orienting sembrano non risentire, o risentire minimamente, degli effetti di questi fattori. A differenza, sembrerebbe che lo stato di allerta e il controllo esecutivo siano le componenti cognitive maggiormente influenzate negativamente da questi fattori, sia singolarmente che in associazione. Un aspetto interessante, che merita di essere enfatizzato, è che l’associazione tra deprivazione di sonno, sia parziale che totale, ed un tasso alcolemico superiore a quello consentito dalla legge per poter guidare sembra avere un effetto, o in alcuni casi una tendenza, che porta a sovrastimare i livelli di vigore percepiti soggettivamente, facendoli percepire superiori a quelli realmente osservati. Considerata da questo punto di vista, l’associazione tra deprivazione di sonno e consumo di alcolici risulta essere ancora più preoccupante. Infatti sembrerebbe che, durante una nottata insonne, consumare alcolici fino a superare il limite legale consentito per poter guidare potrebbe essere alla base della scelta di mettersi comunque alla guida di un veicolo, pur non avendo uno stato psicofisico adatto per poterlo fare in sicurezza. Relativamente all’assunzione di caffeina quale contromisura per contrastare gli effetti della deprivazione di sonno e dell’alcol sul sistema cognitivo, sembrerebbe che una bassa quantità, circa pari a quella assunta con un caffè o altri alimenti comuni, non sia sufficiente per ripristinare né lo stato di allerta né tantomeno la velocità e l’accuratezza della risoluzione dei conflitti cognitivi. Sembrerebbe invece che 100 milligrammi di questa sostanza possano avere un effetto positivo che sembra migliorare la capacità di inibizione di una risposta dominante, quando compromessa dalla deprivazione totale di sonno o dalla deprivazione totale di sonno associata al consumo di alcolici. Tuttavia, risulta opportuno mantenere una certa prudenza nel trarre conclusioni e ricercare ulteriori conferme scientifiche.
XXV - Ciclo
1980
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STEFANELLI, SILVIA. « Le competenze numeriche prescolari e il ruolo dei processi dominio-generali in bambini a sviluppo tipico e in soggetti in età evolutiva con Sindrome di Down ». Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2020. http://hdl.handle.net/11380/1200418.

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Résumé :
Il presente progetto di ricerca ha l’obiettivo di approfondire la conoscenza dei processi di acquisizione delle competenze numeriche in bambini a sviluppo tipico e atipico. In età prescolare avviene il passaggio dalle competenze numeriche innate e preverbali a quelle più complesse legate ad aspetti culturali e sociali. La co-esistenza di processi dominio-specifici e dominio-generali permette di sviluppare le competenze numeriche: mentre i primi sono legati alla cognizione numerica, gli altri si concentrano su abilità cognitive non numeriche, tra cui il ragionamento, il linguaggio e le funzioni esecutive. Dai 2 ai 6 anni si sviluppa il pensiero simbolico, cioè la capacità del bambino di usare le rappresentazioni mentali per elaborare la realtà in modo progressivamente meno rigido e più reversibile. Altri modelli ipotizzano lo sviluppo, in questa fase evolutiva, di differenti abilità cognitive, tra cui il fattore Gf e le funzioni esecutive, sulle quali si strutturano le abilità di ragionamento, pianificazione e problem solving. Il primo studio ha indagato lo sviluppo di queste competenze durante il quarto anno di vita attraverso un’analisi delle prestazioni di bambini a sviluppo tipico (N=71) appartenenti a differenti fasce d’età (4-4.5 e 4.6-4.11). Ai partecipanti è stata somministrata una batteria che valuta le competenze numeriche, il ragionamento fluido, la qualità del pensiero, il linguaggio e le funzioni esecutive. I risultati mostrano che i bambini di 4.6-4.11 presentano maggiori competenze numeriche a livello lessicale e di conteggio, mentre le capacità di calcolo e quelle relative all’area semantica risultano simili tra le due fasce d’età. Inoltre, emergono differenze nella qualità delle operazioni mentali, nell’inibizione e nell’attenzione sostenuta. Si osservano significative relazioni tra i fattori dominio-generali indagati e le concomitanti competenze numeriche, seppur con differente intensità nelle due fasce d’età. Il medesimo disegno sperimentale è stato utilizzato per indagare le competenze numeriche e le funzioni cognitive in minori con Sindrome di Down. La disabilità intellettiva è stata identificata come una tra le caratteristiche più importanti di questa popolazione clinica, alla quale si associano compromissioni a carico del linguaggio, degli apprendimenti scolastici, tra cui la cognizione numerica, e delle funzioni esecutive. Il secondo studio ha rilevato che soggetti in età evolutiva (N=22) appartenenti a popolazioni differenti ma con medesima età mentale, valutata con il test Operazioni Logiche, mostrano simili competenze numeriche e cognitive. Ad eccezione della capacità di discriminazione di quantità e di lettura dei numeri, gli individui con Sindrome di Down e a sviluppo tipico di quattro anni d’età mentale mostrano analoghe competenze numeriche. Confrontando i dati, nei minori con Sindrome di Down si rilevano deficit nella comprensione morfosintattica e nella memoria a breve termine verbale. A parità di prestazioni, si osservano differenze tra i due gruppi nella quantità e qualità delle correlazioni tra i fattori dominio-generali e le competenze numeriche. Nonostante tali evidenze necessitino di maggiori approfondimenti, si sottolinea l’importanza di promuovere prassi cliniche che includano, già dall’età prescolare, la valutazione delle competenze numeriche e cognitive e, soprattutto nella Sindrome di Down, del funzionamento intellettivo e della qualità del pensiero, al fine di far emergere punti forza e di debolezza.
The present work aims to explore early mathematical competences in typically developing children and in individuals with Down syndrome. The period between 2 and 6 years is crucial for numerical abilities because there is a connection between innate numerical representation and cultural and social acquisition. The co-existence of number-specific and domain-general processes allows the development of numerical skills: the formers are linked to the numerical cognition, the domain-general processes include reasoning, language, and executive functions. In this period children show the ability to use mental representations and develop different cognitive abilities, like Gf factor and executive functions. The first study investigated early mathematical competences and domain-general processes in children between 4 and 5 years old. A battery of tasks assessing numerical competences, fluid reasoning, logical thinking, receptive language, and executive functions have been administered to a group of 71 typically developing children divided into groups based on their age (4-4.5 vs 4.6-4.11). The results revealed that the younger group performed at a significantly lower level on tasks assessing symbolic mathematical skills and counting. The mental additions and quantity discrimination performances were similar between the two groups. Furthermore, there were significant differences between the two groups on logical thinking, inhibition and sustained attention tasks. The results showed significant correlations between domain-general processes and concomitant mathematical competences, but the effects of these associations were different for the two groups. The second research analysed the same cognitive tasks in individuals with Down syndrome. Intellectual disability has been identified as one of the most important features in this population. The behavioral phenotype of individuals with Down syndrome is characterized by language impairments, limited memory span, and deficits in executive functions and learning abilities. The battery has been administered to a group of 11 individuals with Down syndrome and 11 typically developing children matched for mental age, assessed with the Operazioni Logiche test. The findings revealed that the group of participants with Down syndrome performed at a significantly lower level of quantity discrimination, grammatical comprehension, and short-term verbal memory tasks. Moreover, individuals with Down syndrome read better Arabic numbers than the control group. The results showed differences between the two groups on the quantity and quality of the relationships between domain-general processes and mathematical competences. Certainly, more researches on typically developing and Down syndrome children are needed, but these findings have shown significant similitudes and differences between typical and atypical population and the importance of a neuropsychological assessment. It should include mathematical competences, EF, language, fluid reasoning, and logical thinking. This approach could be useful for identifying strengths and weaknesses in the profiles.
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Cazzorla, Chiara. « Valutazione della qualità di vita in pazienti con malattie metaboliche rare in età adulta. Analisi delle variabili che maggiormente influenzano la percezione soggettiva di benessere fisico e psicologico, con particolare attenzione ad un gruppo di pazienti affetti da Galattosemia ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3421758.

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Résumé :
Genetic metabolic diseases or congenital defects of metabolism, are a large and diverse sub-group of genetic diseases characterizad by the dysfunction of an enzima, a protein or other more complex molecules involved in cell metabolism, with a consequent disruption of it. In medicine, the assesment of quality of life perceived by the subject, is a very important aspect in order to emphasize by the importance of the needs perceived by each patient. The objective of this study was initially born of the desire to analyse the variables witch might influence a subjective perception of a good quality of life in patients suffering from a metabolic disorder. During the course of this study, the focus shifted mainly on cognitive functioning , considered asa variable significantly affecting the perception that every patients has in regard to their physical and psychological well-being. Here is the analysis on a group of patients affected by Galactosemia , with the aim of: - assess and quality the cognitive functions, find a possible correlations between the type of mutation and the phenotype, asses the relationship between the biochemical context of each patient ( levels of total plasma galactose) and the neurological and neuropsychological framework. it was analysed the clinical history of 7 patients with Galactosemia, 3 children and 4 adults. The cognitive changes highlighted in the adults are: Verbal apraxia, constructive apraxia,attention deficits,change in perception-gnosis capacities. A careful analysis of the patients also revealed the presence of specific aspects of personality.
Le malattie metaboliche ereditarie (MME), o difetti congeniti del metabolismo, rappresentano un vasto ed eterogeneo sottogruppo di malattie genetiche caratterizzate dalla disfunzione di un enzima, di una proteina o di altre molecole più complesse coinvolte nel metabolismo cellulare, con conseguente perturbazione dello stesso. La valutazione della qualità  della vita percepita dal soggetto rappresenta in medicina un aspetto molto importante al fine di enfatizzare l'importanza dei bisogni percepiti da ciascun paziente. L'obiettivo del presente studio inizialmente è nato dalla volontà  di analizzare quali variabili potessero influenzare maggiormente la percezione soggettiva di una buona qualità  di vita, in pazienti affetti da una patologia metabolica. Durante il corso dello studio l'attenzione si è spostata principalmente sull'analisi della funzionalità  cognitiva, intesa come variabile notevolmente influenzante la percezione che ogni paziente ha relativamente, al proprio benessere fisico e psicologico. A questo proposito si riporta l'analisi compiuta su di un gruppo di pazienti affetti da Galattosemia, con l'obiettivo di : valutare e quantificare le funzioni cognitive, stabilire una possibile correlazione tra genotipo e fenotipo del campione, valutare l'eventuale relazione esistente tra il quadro biochimico di ogni singolo paziente (livelli di galattosio totale plasmatico) ed il quadro neuropsicologico e neurologico. E' stata analizzata in modo retrospettivo la storia clinica di 7 pazienti con galattosemia, 3 in età  pediatrica e 4 in età  adulta. Le alterazioni cognitive evidenziate in modo eterogeneo nel campione adulti sono: aprassia verbale, aprassia costruttiva,deficit delle capacità  attentive,alterazioni delle capacità percettivo gnosiche. Ad un'attenta analisi dei pazienti inoltre, emerge la presenza di specifici aspetti di personalità.
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Accardo, Vivian. « EFFICACIA DELLA RIABILITAZIONE FUNZIONALE SUL FUNZIONAMENTO COGNITIVO E PSICOSOCIALE NEI PAZIENTI CON DISTURBO BIPOLARE : UNO STUDIO CONTROLLATO RANDOMIZZATO ». Doctoral thesis, Università degli studi di Brescia, 2022. http://hdl.handle.net/11379/563600.

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Résumé :
Introduzione: La compromissione cognitiva è una caratteristica fondamentale del disturbo bipolare (DB), fortemente associata all'esito funzionale dei pazienti. La Riabilitazione Funzionale (RF) è un intervento psicosociale, sviluppato dall'Unità Disturbi Bipolari e Depressivi dell’Hospital Clinic di Barcelona, progettato esclusivamente sulle caratteristiche specifiche dei pazienti bipolari, finalizzato a migliorare la neurocognizione al fine di raggiungere il recupero funzionale (Martinez-Arán et al., 2011). Il programma RF si basa su un approccio neuro-cognitivo-comportamentale, manualizzato e basato sull'evidenza, e la sua caratteristica distintiva è che si concentra sul funzionamento psicosociale complessivo, in un formato di gruppo (Martinez-Arán et al., 2011; Torrent & Vieta 2016). RF, in un contesto altamente ecologico, fornisce strategie e tecniche neurocognitive, includendo la psicoeducazione sui principali disturbi neurocognitivi associati al DB, come l'attenzione, la memoria e le funzioni esecutive (Martinez-Aran et al. 2004) e la loro influenza sulla vita quotidiana, che può portare a difficoltà psicosociali (Vieta et al., 2018). L'obiettivo principale della RF è di facilitare la generalizzazione e il trasferimento delle abilità cognitive apprese e le strategie utili per gestire meglio la vita quotidiana, con l'obiettivo finale di ripristinare il funzionamento psicosociale nel DB (Martínez-Arán et al., 2011; Bonnin et al., 2014). L'efficacia della RF è stata dimostrata in uno studio multicentrico, randomizzato, in cieco, che ha confrontato la RF con la psicoeducazione e il trattamento come al solito - TAU, e ha indicato un miglioramento generale del funzionamento psicosociale, principalmente nel campo interpersonale e professionale (Torrent et al., 2013). RF è inoltre efficace nel migliorare il funzionamento psicosociale sia nel disturbo bipolare di tipo I che II (Solé et al., 2015). Obiettivo: valutare l'efficacia della RF nel migliorare il funzionamento psicosociale (misurato con il Functioning Assessment Short Test - FAST) e i disturbi neurocognitivi (stimati con l’utilizzo della Brief Assessment of Cognition in Affective Disorders - BAC-A), in un campione di pazienti eutimici con DB. Metodo: Studio randomizzato, controllato, in singolo cieco, che ha coinvolto 24 pazienti con BD-I e BD-II, secondo i criteri del DSM-5, RF (N=12) è stata confrontata con TAU (N=12) durante 21 settimane. Il trattamento farmacologico è stato mantenuto stabile in entrambi i gruppi. Il principale obiettivo è stato il cambiamento nel funzionamento psicosociale misurato attraverso il FAST, dal basale al termine dell’intervento. Risultati: Al termine dello studio, tutti i 24 pazienti hanno finalizzato la fase di trattamento. Le analisi statistiche hanno rivelato che il gruppo RF è migliorato significativamente rispetto alle variabili funzionali di esito (p=.011), dal basale alla fine del programma, a 6 mesi, rispetto al gruppo TAU. Miglioramenti significativi sono stati individuati nei sotto-domini del FAST relativamente all'autonomia, al funzionamento professionale, alle questioni finanziarie e alle relazioni interpersonali. Non sono stati rilevati effetti significativi del gruppo di intervento RF sulle variabili neurocognitive. Conclusioni: I risultati sono promettenti e confermano l'importanza di nuovi interventi non farmacologici personalizzati nel DB, al fine di migliorare non solo i sintomi affettivi, ma anche le disfunzioni cognitive e funzionali, con l'obiettivo finale di ottenere il pieno recupero funzionale e migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da DB.
Introduction: Cognitive dysfunction is a major feature of bipolar disorder (BD), strongly associated with patients’ functional outcome. Functional Remediation (FR) is a psychosocial intervention, developed by the Bipolar and Depressive Disorders Unit of the Hospital Clinic of Barcelona, exclusively designed on the specific characteristics of bipolar patients, aimed at improving neurocognition in order to achieve a functional recovery (Martinez-Arán et al., 2011). FR program is built on a neuro-cognitive-behavioral approach, manualized and evidence-based, and its distinctive feature is that it focuses on the overall psychosocial functioning, in a group format (Martinez-Arán et al., 2011; Torrent & Vieta 2016). FR, within a highly ecological context, provide neurocognitive strategies and techniques, including psychoeducation about the main neurocognitive impairments associated with BD, such as attention, memory and executive functions (Martinez-Aran et al. 2004) and their influence on everyday life, which can result in psychosocial difficulties (Vieta et al., 2018). The main aim of FR is to facilitate generalization and the transfer of learned cognitive abilities and useful strategies to better manage daily life, with the ultimate goal to restore psychosocial functioning in BD (Martínez-Arán et al., 2011; Bonnin et al., 2014). FR efficacy was validated in a multicentric, randomized, rater-blind trial, comparing FR with psychoeducation and treatment as usual - TAU, which indicated an improvement in general psychosocial functioning, principally in the interpersonal and occupational domains (Torrent et al., 2013). FR is also effective in improving psychosocial functioning in both bipolar disorder type I and II (Solé et al., 2015).¬¬ Objectives: to evaluate the effectiveness of FR in improving psychosocial functioning (measured by Functioning Assessment Short Test - FAST) and neurocognitive impairments (measured by Brief Assessment of Cognition in Affective Disorders - BAC-A), in a sample of euthymic patients with BD. Methods: In a randomized, rater-blinded, controlled study of 24 out-patients with BD-I and BD-II, according to DSM-5 criteria, FR (N=12) was compared with TAU (N=12) over 21 weeks. Pharmacological treatment was kept stable in both two groups. The primary outcome was change in psychosocial functioning measured by means of the FAST, from baseline to endpoint. Results: At the end of the study, all 24 patients finalized the treatment phase. Statistical analyses revealed that the FR group improved significantly with respect to functional outcome variables (p=.011), from the baseline to the end of the programme, at 6 months, compared to the TAU group. Significant improvements have been identified in the FAST sub-domains relating to autonomy, professional functioning, financial issues and interpersonal relations. No significant effects of the FR intervention group on neurocognitive variables were detected. Conclusions: Findings are promising and confirm the importance to new personalized non-pharmacological interventions in BD, in order to improve not only affective symptoms, but also cognitive and functional dysfunctions, with the final goal to achieve full functional recovery and ameliorate the quality of life of BD patients’.
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IORIO, CARLA. « Valutazione delle funzioni cognitive e ruolo dei temperamenti affettivi in soggetti giovani con Seasonal Affective Disorder e con Sub-syndromal Seasonal Affective Disorder ». Doctoral thesis, Università degli Studi dell'Aquila, 2021. http://hdl.handle.net/11697/169734.

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Résumé :
Il Seasonal Affective Disorder (SAD) è descritto nel DSM-5 come un disturbo depressivo maggiore ricorrente con andamento stagionale. Può variare da forme più invalidanti con compromissione del funzionamento ad altre più leggere, dette Sub-Sindromiche (S-SAD). La seguente ricerca, composta di 3 studi consecutivi, ha avuto lo scopo di fornire un contributo alla valutazione delle funzioni cognitive in un campione non clinico di giovani donne con SAD e in giovani donne con S-SAD. Abbiamo inoltre esaminato il ruolo dei temperamenti affettivi descritti da Akiskal nel SAD e nel S-SAD.
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CASTELLANO, FILIPPO. « Funzioni Esecutive e Facial Emotion Recognition in Persone Affette da Schizofrenia : ruolo del Polimorfismo del COMT e dell'Abuso di Alcol e Sostanze ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/94538.

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BACKGROUND: le caratteristiche cognitive e genetiche sono sempre più centrali nello studio della Schizofrenia. La compromissione delle Funzioni Esecutive (FE), definite come un complesso di abilità cognitive superiori attribuibili alle regioni della corteccia prefrontale, e della Facial Emotion Recognition (FER) rappresentano elementi centrali nel disturbo schizofrenico. Ad oggi, però, il paradigma del (dis)funzionamento cognitivo nella Schizofrenia poggia su studi che hanno escluso i soggetti schizofrenici con storia di abuso di sostanze (SUD), che ha mostrato un impatto peggiorativo sulla cognitività nella popolazione con disturbo da uso di sostanze. La letteratura ha inoltre negli anni definito polimorfismi potenzialmente implicati sia nella Schizofrenia sia nei disturbi da uso di alcol e sostanze, come quello (rs4680) relativo al gene della catecol-O-metiltransferasi (COMT). Viste la prevalenza del fenomeno e l’associazione fra cognition, outcome funzionale e le polimorfismi genetici, lo studio di tali correlati nei pazienti schizofrenici con abuso di sostanze costituisce una questione imprescindibile per una più puntuale stratificazione diagnostica, prognostica e dei trattamenti. SCOPO DEL LAVORO: valutare l’impatto del polimorfismo del COMT e dell’abuso di alcol e sostanze sulle performance cognitive in una popolazione di soggetti con schizofrenia. MATERIALI E METODI: si tratta di uno studio descrittivo­osservazionale. Sono stati reclutati 62 soggetti (M=50; F=12) con diagnosi di Schizofrenia secondo il DSM-IV (valutata attraverso la Structured Clinical Interview for DSM­IV, SCID I). Il campione è stato suddiviso a seconda della presenza o meno dell’abuso di alcol e sostanze correlato (valutato con l’Alcohol e la Drug Use Scale -AUS e DUS­) in due gruppi, che sono stati poi confrontati per quanto riguarda le caratteristiche socio­demografiche e cliniche (Positive and Negative Syndrome Scale - PANSS­). È stata analizzata quindi l’associazione tra condizione di abuso, polimorfismo del COMT e risultati ottenuti all’Intra-Extra Dimensional Set Shift (IED), che valuta le FE e il test di Ekman, che valuta la FER, controllando per variabili socio­demografiche e cliniche. RISULTATI: I due gruppi SKZ+SUD (n=28) e SKZ-SUD (n=34) presentano una differenza statisticamente significativa per età con media (SD) pari a 47.21 (9.41) negli abusatori e 36.04 (10.09) nei non abusatori (p<0.001). All’IED gli abusatori tendono a compiere meno errori (IED Total errors adjusted 47.32 (47.77) vs 70.59 (70.84); p=0.26), un minor numero di prove (IED Total trials adjusted 136.61 (85.65) vs 178.35 (128.02); p=0.24) per raggiungere il criterio necessario a superare gli stage e un maggior numero di stage completati (IED stages completed 7.79 (2.11) vs 6.85 (3.12); p=0.35) Al test di Ekman il gruppo degli abusatori (media=41.86 (7.50)) mostra un punteggio statisticamente più alto (p=0.02) rispetto ai non abusatori (media=35.29 (11.79). All’IED (stage completati), controllando per la PANSS, il genotipo Met-Met rispetto al genotipo Val-Val è diverso nel gruppo di abuso rispetto allo stesso confronto nel gruppo di non abuso (interazione con coefficiente -4.09 CI [-8.06, -0.13]; p=0.043): Met-Met mostra una performance peggiore rispetto a Val-Val nel gruppo di abuso. Lo stesso tipo di interazione è confermata anche per quanto riguarda il test di Ekman, pur non raggiungendo la significatività statistica (interazione con coefficiente -6.46 CI [-0.83, 13.76]; p=0.081). CONCLUSIONI: I soggetti schizofrenici con abuso si sono dimostrati tendenzialmente meno compromessi sotto il profilo neuropsicologico rispetto a quelli senza abuso. Inoltre si è evidenziata un’interazione tra il polimorfismo per il gene COMT e la condizione di abuso di alcol e sostanze per quanto riguarda le performance relative alle FE e alla FER.
BACKGROUND: cognitive and genetic features are increasingly important in the study of schizophrenia. The impairment of executive function (FE) and facial emotion recognition, are central issues in schizophrenic disease. To date, however, the paradigm of the (dis) cognitive functioning in schizophrenia is based on studies that excluded subjects with schizophrenia and a history of substance abuse (SUD)(5), which is actually a phenomenon that showed a derogatory impact on cognition in the population with substance use disorder. The literature has also over the years defined polymorphisms potentially implicated in both schizophrenia and in alcohol and substance use disorders, such as the one (rs4680) related to the gene of catechol-O-methyltransferase (COMT). Given the prevalence of the phenomenon and the association between cognition, functional outcome and genetic polymorphisms, the study of these related in schizophrenic patients with substance abuse is an important issue for a more precise stratification diagnosis, prognosis and treatment. AIM: to evaluate the impact of the COMT polymorphism and alcohol and substance abuse on cognitive performance in a population of subjects with schizophrenia. MATERIALS AND METHODS: this is a observational study. We recruited 62 subjects (M = 50, F = 12) diagnosed with schizophrenia according to DSM-IV (assessed by the Structured Clinical Interview for DSM-IV, SCID I). The sample was subdivided according to the presence or not of alcohol abuse and related substances (evaluated with the Alcohol and Drug Use Scale -Aus and DUS) into two groups (SKZ+SUD and SKZ-SUD), which were then compared with regard to socio-demographic and clinical characteristics (Positive and Negative Syndrome Scale - PANSS). It was then analysed the association between the condition of abuse, COMT polymorphism and score on Intra-Extra Dimensional Shift September (IED), which evaluates the FE and on test Ekman, evaluating the FER, controlling for socio-demographic and clinical variables. RESULTS: the two groups SKZ+SUD (n= 8) and SKZ-SUD (n = 34) show a statistically significant difference by age with mean (SD) of 47.21 (9.41) in abusers and 36.04 (10.09) in non-abusers (p <0.001). Abusers tend to make fewer errors on IED (IED errors adjusted Total 47.32 (47.77) vs 70.59 (70.84); p = 0:26), fewer trials (IED trials Total Adjusted 136.61 (85.65) vs 178.35 (128.02); p = 0:24) to reach the criterion to overcome the stage and a greater number of stages completed (IED stages completed 7.79 (2.11) vs 6.85 (3.12), p = 0:35). Abusers (mean = 41.86 (7:50)) show a score statistically higher (p = 0.02) compared with non-abusers (mean = 35.29 (11.79) on Ekman test. On IED (stage completed), checking for the PANSS, the Met-Met genotype compared with Val-Val genotype was different in the group of abuse compared with the group not abusing (interaction coefficient -4.09 CI [-8.06, -0.13]; p = 0.043): Met-Met show a worse performance than in the group of Val-Val. The same type of interaction is confirmed also with regard to the Ekman , although not reaching statistical significance (interaction with coefficient -6.46 CI [-0.83, 13.76]; p = 0.081). CONCLUSIONS: subjects with schizophrenia and substance abuse seems to be less compromised from a neuropsychological point of view than those without abuse. Furthermore it is shown an interaction between the polymorphism for COMT gene and the condition of alcohol and substance abuse with regard to the FE and FER performance.
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TRIMARCHI, PIETRO DAVIDE. « Rappresentazioni mentali della musica : studi comportamentali sull'interazione uditivo-motoria durante l'analisi dell'altezza dei suoni e brain imaging funzionale della rappesentazione del ritmo ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/19199.

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The experimental studies presented in this thesis concern two different research projects. The first one aimed to study the auditory-motor interaction in pianists with respect to the pitch-height processing. The second one aimed to study the neural underpinnings of musical rhythm subcomponents (Pattern, Meter and Tempo) processing. The auditory-motor interaction in pianists during pitch-height processing has been investigated by means of four behavioral experiments. In the first one, three group of participants (pianists, nonpianists musicians and non-musicians) were tested with a shape decision task where left-hand and right-hand responses were required; each visual stimulus was paired with an auditory task-irrelevant stimulus (high-pitched or low-pitched piano-timbre chords). Of the three groups, only pianists had longer reaction times for left-hand/high-pitched chords and right-hand/low-pitched chords associations. These findings are consistent with an auditory-motor interaction effect elicited by pitch dimension, as only pianists show an interaction between motor responses and implicit pitch processing. This interaction is consistent with the canonical mapping of hand gestures and pitch dimension on the piano keyboard. The second experiment was aimed to study the temporal dynamic of the emerged effect. We used the same experimental procedure of the Experiment 1, varying only the Stimulus Onset Asinchrony between the auditory and visual stimuli. The results shown that the effect was stable within a time-window of 0-400 ms. The aim of the third experiment was to study whether a spatial representation was involved in the effect emerged in Experiment 1. The same experimental task used in Experiment 1 was proposed to a fresh group of pianists, with the only difference that participants responded with their hands crossed. Using this manipulation the effect of association disappeared, suggesting that motor and spatial representation are involved at the same time. The fourth experiment was aimed to confirm the hypothesis that a spatial representation was involved in the effect emerged in Experiment 1. A fresh group of pianists was tested with the same task of Experiment 1 with the only difference that participants responded by pressing two pedals with their feet. The results replicate those of Experiment 1 and are consistent with the involvement of spatial representations. The second project was aimed to study the brain basis of musical rhythm perception. The temporal organisation of music is composed of distinct independent features such as Pattern, Meter and Tempo, and each feature has a different computational processing, likely requiring different neural mechanisms. Nonetheless, there is a lack of clear evidence at present to assess such differences. To this aim, the present study compared the neural basis of the perception of these rhythmic features. The functional brain activity of healthy musicians and non-musicians was recorded with positron emission tomography (PET) as they made covert same-different discriminations of pairs of rhythmic, monotonic musical sequences, or pairs of isochronous melodies. Brain activity observed here suggests that meter processing recruits a more cognitive, abstract, multi-modal (visualauditory) set of mechanisms, than does processing pattern or tempo. Pattern processing recruits a set of mechanisms involved in auditory and emotion information, and tempo processing engages mechanisms subserving somatosensory, premotor, and emotion information. Moreover, musicians seem to recruit higher level representations in temporal, occipital, and frontal areas, whereas nonmusicians use more sensory-motor, basal ganglia (putamen, caudate), and cerebellar mechanisms.
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Lodi, Alessandra. « Effects of a ketogenic mediterranean diet on physiological and psychological variables ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3422769.

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Ketogenic diets (KDs) are diets in which the net carbohydrate intake, calculated by subtracting fibres from total carbohydrates, is between 20 and 50 g/day (<10% of total energy intake) with a variable proportion of proteins and fats (Noakes, Windt 2017). In these conditions, glycogen stores are depleted (Paoli, Canato et al. 2011), insulin level is low and energy metabolism is mainly dependent from fat oxidation. KDs lead a significant increase in circulating levels of ketone bodies (KBs) β-hydroxybutyrate (βOHB), acetoacetate (AcAc) and acetone (Veldhorst, Westerterp et al. 2010). While AcAc and βOHB are used as energy, acetone is a volatile compound and is eliminated through expiration, giving the “sweet” breath odour typical of ketosis, or via renal excretion (Paoli, Canato et al. 2011). The concentration of KBs in the blood of healthy individuals during the carbohydrate fed state is about 0.1 mmol/L and increases to about 0.3 mmol/L after an overnight fast, but after prolonged fasting up to 20 days KBs can increase to more than 10 mmol/L. A diet is considered “ketogenic” when produces a stable increase in the level of βOHB higher than 0.6 mmol/L (Wiggam, O'Kane et al. 1997) or when the molar ratio of blood glucose to blood ketone body βOHB is less than or equal to 1 (Meidenbauer, Mukherjee et al. 2015). Since KBs AcAc and βOHB are acids, the ketosis state implies a condition of acidosis. Given the fact that the pH of the blood is 7.4 and that the pKa of AcAc is 3.8 and that of βOHB is 4.8, these acids circulate in the blood in a completely dissociated form and are eliminated together with sodium and potassium ions (Siliprandi & Tettamanti 2011). This loss of cations implies a decrease of pH, which is normally balanced from the body apart when potassium and sodium intake are impaired (Phinney 2004) or in pathological overproduction of KBs during untreated diabetes type 1 which leads to diabetic ketoacidosis, characterized by a KBs level higher than 20 mmol/L with a decrease of pH. Biochemistry Hans Krebs was the first who diversified physiologic from pathologic ketosis (Krebs 1966). For skeletal and cardiac muscle, which usually oxidize fats, the use of KBs is a relative advantage, while for the central nervous system, in which the entrance of fatty acids is prevented from the blood-brain-barrier (BBB), the availability of KBs is an important surrogate of glucose, which is the habitual substrate of nervous tissue. During starvation, under a ketogenic diet or in new-born infants, the brain can utilize KBs as primary fuel instead of glucose (Laeger, Metges et al. 2010) in proportion to the degree of ketosis (Hartman, Gasior et al.). βOHB is the most abundant circulating ketone body and its transport across the blood-brain barrier is mediated both by diffusion and by several monocarboxylic acid transporters as MCT1 and MCT2, the former being upregulated during a ketogenic diet (Newman, Verdin 2014). This complementary action between the liver, which produces KBs in periods of shortage of carbs, and the CNS which use them, it’s a very important event which was determinant for the survival of the human species over the millennia. My research focused on three important aspects of KDs and weight loss, which needed further investigation: 1. long-term successful weight loss after a KD: the maintenance of weight loss over long time is challenging and the fear of weight regain is common, so that this phenomenon is named “yo-yo” effect. In this regard, low-carbohydrate diets are known to bring better results compared to low-fat diets in terms of weight loss (Shai, Schwarzfuchs et al. 2008) but not of compliance (Greenberg, Stampfer et al. 2009). Recently, Sumithran and colleagues have demonstrated that the increase in circulating ghrelin and in subjective appetite, which accompanied a hypocaloric diet, was reduced with a ketogenic approach (Sumithran, Prendergast et al. 2013). Thus, we hypothesized that certain aspects of the KD such as muscle mass retention, RMR (resting metabolic rate) and orexigenic hormone stability combined with the acknowledged health benefits of traditional Mediterranean nutrition may favour long-term weight loss. The aim of our study was to investigate the effect on weight and body composition of two short periods of a modified KD, i.e., a very low carbohydrate ketogenic diet with phytoextracts (KEMEPHY) (Paoli, Cenci et al. 2010, Paoli 2011, Paoli 2012) interspersed between longer periods of maintenance nutrition, based on the traditional Mediterranean diet, over a total period of 12 months in obese/overweight healthy subjects and was designed as a retrospective study. We analysed 89 male and female subjects, aged between 25 and 65 years who were overall healthy apart from being obese (mean BMI 35.82 ± 4.11 kg/m2). Data from this study demonstrate that the majority of subjects showed significant weight loss (10%) as a result of a two-phase KD and were compliant both during the six month weight loss phase and the six month normocaloric maintenance phase, with no weight regain. Moreover, the proposed protocol led improvements in health risk factors (total cholesterol, LDL cholesterol, triglycerides and glucose levels) in the majority of subjects. Compliance was very high which was a key determinant of the results seen; 2. formulation of new low-carbohydrate ultraprocessed foods to overcome the lack of sweet taste during a KD: a point of interest, which has always been a detrimental aspect of KDs, is the lack of sweet taste, which could be difficult to sustain for long periods, especially for people with a high sweet food preference. During consumption of a KD, it is mandatory to maintain a low level of glycaemia (about 80–90 mg/dL) to avoid insulin spikes (Paoli, Canato et al. 2011). This condition allows subjects to improve their fat oxidation as demonstrated by Paoli et al. (Paoli, Grimaldi et al. 2012) and by Tagliabue et al. (Tagliabue, Bertoli et al. 2012). Today the new food technology, which is able to build ultra-processed products very low in sugar content and high in protein and fibres, can help to solve this problem, formulating products with a high palatability and ready-to-consume format, useful both in ketosis and in easier low carb diets. Usually, ultra-processed products lack in proteins and fibres and produce postprandial glucose and insulin spikes (PAHO WHO 2015). This effect is known to elicit food craving and overeating, with a preference for high-glycaemic index carbohydrates (high-GI CHO) (Lennerz, Alsop et al. 2013), a phenomenon defined as CHO-craving effect (Ventura, Santander et al. 2014). In order to analyse the effect of 10 different high-protein low-CHO proprietary foods on glycaemia, we recruited 14 healthy females, which were tested for their glycaemic response through the glycaemic score (GS) method. All test foods, compared with glucose, produced a significantly lower glycaemic response and their GS resulted lower than 25 (compared to the reference GS value of glucose which is 100). We concluded that the reformulation of ultraprocessed ready-to-consume foods in a low-CHO, high-protein version can produce a significantly lower glycaemic response whilst maintaining the valued ready-to-use format and high palatability demanded by consumers, facilitating the adherence to a KD of individuals who tend to have a high preference for sweet foods; 3. effect of KDs on cognitive functions: the range of variation of glucose and ketone bodies (KBs) in the blood of non-diabetic individuals is wide and both of them can be used as energy from the brain. Data on glycaemia and ketonemia effects on cognitive functions on healthy humans following different diets are scarce. The purpose of this study was then to compare the effects of glycaemia and ketonemia variation after ten days of two different ketogenic diets and a calorie-restricted Mediterranean diet (MD) on working memory and executive functions in 63 sedentary healthy overweight (BMI>25) young women (age: 20-35), which were recruited in the university area. Subjects were divided in groups according to the day of the beginning of their follicular phase in order to minimize hormonal effects on mood and came for the basal measurements five days before the start of the dietary protocol. The following controls were set on the starting day of the diet (t1), on the third (t3), on the fifth (t5), on the seventh (t7) and on the last day (t10). On the basal control day, the weight of the subjects was measured and a body impedance analysis was performed. Subjects took a standard high carb breakfast and afterwards they completed the psychological tests. At t1, t3, t5, t7 and t10 ketone bodies levels and glycaemia were measured, as well as appetite levels. On the last control day (t10) subjects repeated the body impedance analysis, the body weight measure and, after breakfast (each group had a different breakfast according to the prescribed diet), the psychological tests. Psychological tests consisted in a mood test, two cognitive tasks, one to investigate working memory (visuo-spatial n back) and the second to stress executive functions (inhibitory control task) and in a VAS scale to test the appetite level. 45 subjects completed the study. Considering all participants together, pre-diet glucose levels were positively correlated with reaction time in the go-trial of the executive function test (r(43) = 0.358, p = 0.018), but this relation was not found in the post-diet measure both when subjects were analysed all together and when subjects were divided according to the type of diet followed. In the same psychological test, in the post-diet measure ketonemia showed a negative correlation with accuracy of the no-go trials (r(29) = -0.455, p = 0.027). We can conclude that healthy young overweight subjects with fasting glycaemia below prediabetes level were negatively affected by a high-carb breakfast during an executive function test. Moreover, the effect of mild KBs levels (2 ± 1.3 mmol/L) negatively affected accuracy of the no-go trials of the executive functions test.
Le diete chetogeniche sono diete in cui l’introito netto di carboidrati, calcolato sottraendo la quantità di fibre dai carboidrati totali, è tra 20 e 50 g/gg (<10% dell’apporto energetico totale) con una proporzione variabile di proteine e grassi (Noakes, Windt 2017). In queste condizioni le riserve di glicogeno sono esaurite (Paoli, Canato et al. 2011), il livello di insulina è basso e il metabolismo energetico dipende prevalentemente dall’ossidazione dei grassi. Le diete chetogeniche portano un aumento significativo dei livelli circolanti dei corpi chetonici β-idrossibutirrato, acetoacetato e acetone (Veldhorst, Westerterp et al. 2010). Mentre sia l’acetoacetato che il β-idrossibutirrato vengono utilizzati come energia, l’acetone è volatile ed è eliminato attraverso l’espirazione, dando all’alito quella nota “fruttata” tipica della chetosi, oppure attraverso i reni (Paoli, Canato et al. 2011). La concentrazione ematica dei corpi chetonici in individui sani che seguono una dieta costituita prevalentemente da carboidrati è 0,1 mmol/L e può salire fino a 0,3 mmol/L dopo il digiuno notturno, ma dopo venti giorni di digiuno il livello di corpi chetonici può salire oltre 10 mmol/L. Una dieta è considerata “chetogenica” quando produce un aumento del livello di β-idrossibutirrato superiore a 0,6 mmol/L (Wiggam, O'Kane et al. 1997) oppure se il rapporto molare tra il glucosio e il β-idrossibutirrato ematici è uguale o minore di 1 (Meidenbauer, Mukherjee et al. 2015). Dato che i chetoni acetoacetato e β-idrossibutirrato sono acidi, lo stato di chetosi implica una condizione di acidosi. Siccome il pH del sangue è 7,4 e la pKa dell’acetoacetato è 3,8 e quella del β-idrossibutirrato è 4,8, questi acidi circolano nel sangue in forma dissociata e sono eliminati insieme agli ioni sodio e potassio (Siliprandi & Tettamanti 2011) . Questa perdita di cationi porta una diminuzione del pH che viene normalmente tamponata dal corpo tranne quando l’assunzione di sodio e potassio è impedita (Phinney 2004) oppure in caso di diabete scompensato, quando c’è una sovrapproduzione di corpi chetonici con livelli superiori a 20 mmol/L e conseguente riduzione del pH. Il biochimico Hans Krebs fu il primo a distinguere la chetosi fisiologica da quella patologica (Krebs 1966). Per i muscoli scheletrici e cardiaco, che utilizzano normalmente i grassi, l’utilizzo dei corpi chetonici a scopo energetico è un vantaggio relativo, mentre per il sistema nervoso centrale, in cui l’accesso degli acidi grassi è impedito dalla barriera ematoencefalica, la disponibilità dei corpi chetonici è un importante surrogato del glucosio, che è il substrato abituale dei neuroni. Durante il digiuno, in dieta chetogenica e nei neonati, il cervello utilizza i corpi chetonici come combustibili principali al posto del glucosio (Laeger, Metges et al. 2010), proporzionalmente al grado di chetosi (Hartman, Gasior et al.). Il β-idrossibutirrato è il principale corpo chetonico circolante e il suo trasporto attraverso la barriera ematoencefalica avviene sia mediante diffusione che attraverso i trasportatori MCT1 e MCT2, dei quali i primi aumentano durante una dieta chetogenica (Newman, Verdin 2014). Quest’azione complementare tra il fegato, che produce i corpi chetonici in assenza di carboidrati, e il sistema nervoso centrale che li può utilizzare, è un evento molto importante che fu determinante per la sopravvivenza della specie umana nei millenni. La mia ricerca si è focalizzata su tre importanti aspetti delle diete chetogeniche - connesse alla perdita di peso - che richiedevano di essere approfonditi: 1. il mantenimento del peso perso dopo una dieta chetogenica: il mantenimento del peso perso a lungo nel tempo è impegnativo e la paura di ritornare velocemente al peso iniziale è comune, tanto che questo fenomeno viene chiamato “effetto yo-yo". A questo proposito, le diete a basso contenuto di carboidrati sono note per portare risultati migliori rispetto alle diete a basso contenuto di grassi in termini di perdita di peso (Shai, Schwarzfuchs et al. 2008c), ma non di “compliance” (adesione al protocollo) (Greenberg, Stampfer et al. 2009). Recentemente, Sumithran e collaboratori hanno dimostrato che l'aumento dei livelli circolanti di grelina e del livello di appetito tipici di una dieta ipocalorica erano minori durante un protocollo chetogenico (Sumithran, Prendergast et al. 2013). Abbiamo quindi ipotizzato che alcuni aspetti della dieta chetogenica come il mantenimento della massa muscolare, del metabolismo energetico basale e la stabilità del principale ormone oressigenico (grelina) combinati con gli effetti benefici della nutrizione tradizionale mediterranea, potessero favorire la perdita di peso a lungo nel tempo. Lo scopo del nostro studio è stato quindi quello di indagare l'effetto sul peso e sulla composizione corporea di due brevi periodi di una dieta chetogenica modificata, cioè una dieta fitochetogenica mediterranea (KEMEPHY) (Paoli, Cenci et al. 2010a, Paoli 2011, Paoli 2012) intervallata da 2 periodi più lunghi di dieta di mantenimento basata sulla dieta mediterranea tradizionale per un periodo totale di 12 mesi. I soggetti reclutati erano obesi o in sovrappeso e lo studio è stato retrospettivo. Abbiamo analizzato 89 soggetti (uomini e donne) di età compresa tra i 25 e i 65 anni che erano in uno stato di buona salute generale benchè fossero obesi (IMC medio 35.82 ± 4.11 kg/m2). I risultati di questo studio hanno dimostrato che la maggioranza dei soggetti ha ottenuto una significativa perdita di peso (10%) a seguito delle due fasi di dieta chetogenica e l’aderenza al protocollo è stata alta sia durante i sei mesi di perdita di peso sia nei successivi sei mesi di mantenimento, senza riacquisto del peso. Inoltre, il protocollo proposto ha portato miglioramenti nella maggior parte dei soggetti dei livelli di parametri importanti per la salute (colesterolo totale, colesterolo LDL, trigliceridi e livelli di glucosio). L’alta “compliance” è stato un fattore determinante per i risultati ottenuti; 2. la formulazione di nuovi prodotti a basso contenuto di carboidrati per sopperire alla mancanza del sapore dolce durante una dieta chetogenica: un aspetto delle diete chetogeniche difficile da tollerare nel lungo tempo, soprattutto per chi ha una spiccata preferenza per i dolci, è la mancanza di questo sapore. In dieta chetogenica è necessario mantenere un basso livello di glicemia (circa 80-90 mg/dL) per evitare i picchi di insulina (Paoli, Canato et al. 2011) e permettere così ai soggetti di migliorare l'ossidazione dei grassi come dimostrato da Paoli et al. (Paoli, Grimaldi et al. 2012) e da Tagliabue et al. (Tagliabue, Bertoli et al. 2012). Oggi la nuova tecnologia alimentare, che è in grado di costruire prodotti ultra-processati con un contenuto di zucchero molto basso e un alto contenuto di proteine e fibre, può aiutare a risolvere questo problema, formulando prodotti di elevata appetibilità in un formato pronto per il consumo, utili sia in chetosi che in diete ipoglucidiche più moderate. Di solito i prodotti ultra-processati mancano di proteine e fibre e producono picchi post-prandiali di glucosio e insulina (OPS WHO 2015) . Questo effetto provoca un forte desiderio di cibo con una preferenza per i carboidrati ad alto indice glicemico (Lennerz, Alsop et al. 2013), fenomeno definito come "carb-craving" (Ventura, Santander et al. 2014). Al fine di analizzare l'effetto di 10 diversi alimenti ultra-processati ad alto contenuto proteico e basso contento di carboidrati sulla glicemia, abbiamo reclutato 14 donne sane e abbiamo testato la loro risposta glicemica attraverso il metodo del punteggio glicemico (“glucose-score”, GS). Tutti gli alimenti testati hanno prodotto, rispetto al glucosio, una risposta glicemica significativamente inferiore e il loro GS è risultato inferiore a 25 (rispetto al valore di riferimento del GS del glucosio che è 100). Abbiamo quindi concluso che la riformulazione di prodotti ultra-processati pronti al consumo in una versione ad alto contenuto proteico e basso contenuto di carboidrati è in grado di produrre una risposta glicemica significativamente più bassa, pur mantenendo l'alto valore del pratico formato pronto per l'uso e l'alta appetibilità richiesta dai consumatori, facilitando quindi l'adesione a una dieta chetogenica di individui che tendono ad avere una forte preferenza per i cibi dolci; 3. l’effetto delle diete chetogeniche sulle funzioni cognitive: il range di variazione della glicemia o dei corpi chetonici nel sangue di soggetti non diabetici è ampia e ciascuno di essi può essere utilizzato come energia dal cervello. I dati sugli effetti della variazione dei livelli di glicemia e chetonemia sulle funzioni cognitive di esseri umani sani dopo diversi tipi di dieta sono scarsi. Lo scopo di questo studio è stato confrontare gli effetti della variazione di glicemia e chetonemia dopo dieci giorni di due differenti diete chetogeniche e di una dieta mediterranea ipocalorica (MD) sulla memoria di lavoro e sulle funzioni esecutive in 63 giovani donne sovrappeso, sedentarie e in buona salute (IMC> 25, età: 20-35) che sono state reclutate nella zona universitaria. I soggetti sono stati divisi in gruppi in base al giorno di inizio della loro fase follicolare per minimizzare gli effetti ormonali sull'umore e le misurazioni basali sono state effettuate cinque giorni prima dell'inizio del protocollo dietetico. I seguenti controlli sono stati fissati al giorno di inizio della dieta (t1), al terzo (t3), al quinto (t5), al settimo (t7) e all'ultimo giorno (t10). Al controllo iniziale è stato misurato il peso dei soggetti ed è stata eseguita un'analisi impedenziometrica. I soggetti hanno poi assunto una colazione ad alto contenuto di carboidrati e hanno completato i test psicologici. Al t1, T3, T5, T7 e t10 sono stati misurati il livello dei corpi chetonici e la glicemia, così come i livelli di appetito. Nel giorno dell'ultimo controllo (T10) i soggetti hanno ripetuto l'analisi impedenziometrica, la misura del peso corporeo e, dopo la colazione (ogni gruppo ha assunto una colazione diversa a seconda della dieta prescritta), hanno completato i test psicologici. I test psicologici consistevano in un test sull'umore, due compiti cognitivi, uno per indagare la memoria di lavoro (“visuo-spatial n back”) e uno per analizzare le funzioni esecutive (“inhibitory control task”) e in una scala VAS per testare il livello di appetito. 45 soggetti hanno completato lo studio. Considerando tutti i partecipanti insieme, i livelli di glucosio pre-dieta correlavano positivamente con il tempo di reazione nel “go-trial” del test delle funzioni esecutive (r(43) = 0,358, p = 0,018), ma questa relazione non è stata trovata nel post-dieta, sia quando i soggetti sono stati analizzati tutti insieme che quando i soggetti sono stati divisi in base al tipo di dieta seguita. Nello stesso test psicologico, nel post-dieta la misura della chetonemia ha mostrato una correlazione negativa con l'accuratezza ai compiti “no-go” (r(29) = -0,455, p = 0,027). Possiamo quindi concludere che giovani soggetti in sovrappeso con livelli di glicemia inferiori al livello di pre-diabete sono stati influenzati negativamente da una colazione ad alto contenuto di carboidrati nel corso di un test di funzioni esecutive. Inoltre, l'effetto di moderati livelli di corpi chetonici (2 ± 1,3 mmol / L) ha nfluenzato negativamente l'accuratezza nelle prove “no-go” del test sulle funzioni esecutive.
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Cavallieri, Francesco. « STUDIO SULL'ASSOCIAZIONE TRA SINTOMI ASSIALI, ALTERAZIONI COGNITIVE, VARIABILI CLINICO-STRUMENTALI DELLA FUNZIONE MOTORIA E DEPOSIZIONE DI BETA-AMILOIDE CEREBRALE IN PAZIENTI AFFETTI DA MALATTIA DI PARKINSON SOTTOPOSTI AD INTERVENTO DI STIMOLAZIONE CEREBRALE PROFONDA DEL NUCLEO SUBTALAMICO ». Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2022. http://hdl.handle.net/11380/1278341.

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Résumé :
Introduzione La stimolazione cerebrale profonda del nucleo subtalamico (STN-DBS) rappresenta un trattamento efficace a lungo termine nella malattia di Parkinson (MP) in fase avanzata. La STN-DBS consente un miglioramento duraturo di complicanze motorie, tremore e rigidità tuttavia con un effetto ridotto sui sintomi assiali (disturbi del cammino, dell'equilibrio, dell’eloquio e della deglutizione) e declino cognitivo, che rappresentano le principali cause di disabilità a lungo termine. Molti studi hanno analizzato i sintomi assiali nella MP con un approccio strumentale focalizzato unicamente su alterazioni del cammino o dell’eloquio. Dati anatomopatologici hanno confermato che la neurodegenerazione delle vie dopaminergiche centrali, considerata il segno distintivo del MP, è accompagnata da un coinvolgimento di altre vie neurotrasmettitoriali (colinergiche, serotoninergiche). Il coinvolgimento prevalente del sistema colinergico si assocerebbe ad un fenotipo clinico "colinergico" dominato da sintomi assiali, alterazioni cognitive e deposizione di amiloide-β (Aβ) cerebrale. Obiettivi - Confrontare l'efficacia della STN-DBS e della levodopa sui sintomi assiali in una coorte di pazienti affetti da MP sottoposti a STN-DBS bilaterale. - Valutare la correlazione tra sintomi assiali, alterazioni cognitive e deposizione di Aβ cerebrale. - Valutare l'evoluzione dei sintomi assiali nel tempo. - Valutare l'influenza della localizzazione anatomica del contatto attivo STN-DBS sui sintomi assiali. Metodi Sono stati raccolti retrospettivamente dati clinici e strumentali di 30 pazienti con MP sottoposti ad STN-DBS bilaterale da gennaio 2012 a dicembre 2018. Ogni paziente è stato rivalutato da tre a sette anni dopo l'intervento: i sintomi assiali sono stati studiati con un approccio clinico-strumentale standardizzato analizzando contemporaneamente i parametri di eloquio, cammino e posturali. La gravità di malattia è stata valutata con la Unified Parkinson's Disease Rating Scale. Ogni paziente è stato studiato in diverse condizioni di stimolazione e farmaco: condizioni preoperatorie off-farmaco e on-farmaco; condizioni postoperatorie on-stimolazione/off-farmaco, off-stimolazione/off-farmaco e on-stimolazione/on-farmaco (single e dual-task). Ogni paziente è stato sottoposto ad una valutazione neuropsicologica e una tomografia a emissione di positroni (PET) con [18F]flutemetamolo. La posizione anatomica del contatto attivo sarà calcolata fondendo la tomografia computerizzata postoperatoria con la risonanza magnetica preoperatoria attraverso un software dedicato. Risultati 25 pazienti sono stati reclutati da settembre 2019 a ottobre 2021. Confrontando le tre condizioni postoperatorie, sia la sola stimolazione che la combinazione di stimolazione e levodopa hanno portato a un miglioramento dei punteggi motori e del cammino. Sia la stimolazione che la levodopa hanno avuto un effetto eterogeneo sull’eloquio. Sette pazienti sono stati sottoposti a PET con [18F] flutemetamolo e solo in uno di essi è stata rilevata la deposizione di Aβ cerebrale. La valutazione neuropsicologica è stata eseguita in 13 pazienti: in 8 di essi è stato riscontrato un netto peggioramento della funzione cognitiva rispetto al preoperatorio mentre nei restanti 5 pazienti la valutazione è risultata paragonabile alla valutazione preoperatoria. Conclusioni Anche se parte di un'analisi preliminare, i dati raccolti evidenziano come l’STN-DBS possa migliorare i punteggi motori ed i parametri del cammino a lungo termine dopo l'intervento, con effetti eterogenei sui parametri dell’eloquio. Il peggioramento cognitivo è risultato variabile all'interno del gruppo. Sono necessari ulteriori dati per la valutazione della possibile correlazione tra deposizione di Aβ cerebrale e alterazioni assiali e cognitive.
Background Subthalamic nucleus deep brain stimulation (STN-DBS) represents a long-term effective treatment in advanced Parkinson's disease (PD). STN-DBS allows a stable improvement of motor complications, tremor and rigidity with a less relevant effect on axial symptoms (i.e. gait and balance symptoms, speech and swallowing troubles) and cognitive decline, which are the main causes of long-term disability. Many studies have analysed axial symptoms in PD patients with an instrumental approach focusing only on gait and postural alterations or speech disturbances. The very few studies that have instrumentally assessed the whole spectrum of axial symptoms in PD have showed the presence of similarities between spatial-temporal gait and speech parameters. Anatomopathological data have confirmed that the neurodegeneration of central dopaminergic pathways, considered the hallmark of PD, is accompanied by a contemporary involvement of other neurotransmitter pathways (i.e. cholinergic, serotoninergic). Prevalent involvement of cholinergic system is associated with a clinical “cholinergic” phenotype dominated by axial symptoms, early cognitive deterioration and cerebral Amyloid-β (Aβ) deposition. Objectives - To compare the efficacy of STN-DBS and levodopa on axial symptoms. - To evaluate the correlation between axial symptoms, cognitive alterations and brain Aβ deposition in a cohort of PD patients operated on with bilateral STN-DBS. - To assess the evolution over time of axial symptoms. - To evaluate the influence of anatomical location of the active STN-DBS contact on axial symptoms. Methods Retrospectively clinical and instrumental data from 30 PD patients operated on with bilateral STN-DBS from January 2012 to December 2018 were collected. Each patient has been reevaluated three to seven years after surgery: axial symptoms have been studied applying a standardized clinical-instrumental approach with the contemporary analysis of speech, gait and postural parameters. Disease severity was assessed using the Unified Parkinson's Disease Rating Scale (UPDRS). Each patient has been studied in different stimulation and drug conditions: preoperative off-medication and on-medication conditions; postoperative on-stimulation/off-medication, off-stimulation/off-medication and on-stimulation/on-medication conditions (single and dual task). Each patient underwent a complete neuropsychological assessment and a [18F]flutemetamol positron emission tomography (PET). The anatomical location of the active STN-DBS contact will be calculated merging postoperative computed tomography (CT) imaging with preoperative magnetic resonance imaging (MRI) through a dedicated planning software. Results 25 patients were recruited from September 2019 to October 2021. Comparing the three postoperative conditions, both stimulation alone and the combination of stimulation and medications led to an improvement of motor score and gait parameters. Both stimulation and levodopa had an heterogenous effect on speech. Seven patients undergone [18F] flutemetamol PET and only in one of them brain Aβ deposition was detected. The complete neuropsychological assessment was performed in 13 patients: in 8 of them a clear worsening of cognitive function was found compared to the preoperative values while in the remaining five patients the assessment was comparable to the preoperative evaluation. Conclusions Even if in a preliminary analysis, our data highlights that STN-DBS could improve motor scores and gait parameters in the long-term after surgery, with mixed effect on speech parameters. Cognitive worsening was variable within the group. More data are needed for the evaluation of the possible correlation between brain Aβ deposition and axial and cognitive alterations.
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CLAUSI, SILVIA. « Ruolo delle interazioni cerebello-corticali nella modulazione delle funzioni cognitive ». Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/11573/918052.

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BUZZAI, CATERINA. « Oltre il QI : una valutazione funzionale del potenziale cognitivo ». Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11570/3147130.

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La valutazione del Potenziale Cognitivo richiede un assessment funzionale, al fine di individuare quelle unità più semplici, i frame relazionali (abilità relazionali), che sono in grado di descrivere compiti cognitivi più complessi (Cassidy et al., 2016; Dymond & Roche, 2013; Hayes et al., 2001). Per questo motivo, l’obiettivo della ricerca è stato quello di adattare in Italiano il Relational Abilities Index di Colbert et al. (2019), che permette di ottenere un indice funzionale del comportamento intellettivo, attraverso la valutazione dei frame relazionali (coordinamento, opposizione, temporalità, confronto, analogici, gerarchici, perspective-taking). La validità della scala è stata analizzata valutando le sue correlazioni con una misura standardizzata del QI (Matrici Progressive Colorate), con le abilità di ragionamento categoriale, verbale e di astrazione, con la memoria di lavoro, con la flessibilità cognitiva, con le abilità di pianificazione e con il rendimento scolastico. Un ulteriore obiettivo è stato quello di analizzare il contributo che l’Indice di Abilità Relazionale (RAI++) e i singoli frame forniscono nella spiegazione delle abilità oggetto di studio. Complessivamente i risultati hanno mostrato delle adeguate proprietà psicometriche dello strumento e la sua capacità nel predire le abilità di ragionamento, i processi esecutivi e il rendimento scolastico,confermando la validità del RAI++ nel fornire un indice funzionale di quelle abilità comunemente associate all'intelligenza. Le implicazione pratiche e i limiti della ricerca sono discussi.
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MASCIA, GIUSEPPE. « Effetti della terapia di resincronizzazione cardiaca sul profilo cognitivo, funzionale e psicologico del paziente ». Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/2158/1089769.

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Many trials demonstrated the beneficial effects on hospitalizations and mortality of cardiac resynchronization therapy (CRT). The purpose of this manuscript was to evaluate CRT effects on functional performance and cognition, two determinants of disability, frailty development and survival. In our study.CRT is associated with higher functional and cognitive profile. These findings let us hypothesize a powerful effect of treatment to slow disability and frailty development in heart failure.
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Galora, Silvia. « Studio di fattori di rischio cardiovascolari correlati al decadimento funzionale e cognitivo in una comunità anziana del Mugello ». Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/2158/1189396.

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Nella popolazione dello studio Mugello sono state rilevate informazioni non solo sui dati antropometrici, demografici e anamnestici (anamnesi prossima, remota e familiare), ma sono state raccolte anche informazioni sulle variabili sociali, sulle abitudini alimentari, sul livello di attività fisica e su una serie di valutazioni che possono fornire un quadro degli aspetti cognitivi, psicologici e funzionali nel “grande anziano”. Numerosi sono gli studi che hanno valutato nella popolazione anziana il ruolo dell’infiammazione e dei fattori genetici come predittori di mortalità e del declino cognitivo e funzionale nell’età avanzata. Tuttavia, sono stati ancora poco esplorati i marcatori di disfunzione endoteliale nell’invecchiamento, e la tesi si propone di identificare tramite tecniche citofluorimetriche e di metabolomica un approccio globale che possa definire il profilo di rischio per l'invecchiamento di successo.
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GANGEMI, ANTONIO. « Studi neurofisiologici e neuropsicologici degli effetti del trattamento combinato della stimolazione transcranica a correnti dirette (tDCS) e del potenziamento cognitivo sul recupero funzionale dei deficit cognitivi e sui processi di neuroplasticità nelle patologie in fase cronica ». Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11570/3104358.

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Résumé :
Obiettivo delle ricerche svolte nel triennio di dottorato è stato quello di progettare, condurre e valutare studi sull'efficacia delle metodiche di neuro-modulazione in soggetti affetti da disabilità cognitivo linguistiche ad eziologia genetica, acquisita e degenerativa. Scopo delle diverse sperimentazioni è stato quello di identificare interventi utili al rallentamento delle patologie osservando le modificazioni cognitive, funzionali e dei network cerebrali mediante l’utilizzo di misure cognitive e neurofisiologiche. Gli studi svolti hanno coinvolto soggetti affetti rispettivamente da patologie croniche quali, la sindrome di Rett, l’afasia e la malattia di Alzheimer .
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