Littérature scientifique sur le sujet « Filosofia dell’ambientea »

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Articles de revues sur le sujet "Filosofia dell’ambientea"

1

Fisso, Maria Beatrice, et Elio Sgreccia. « Etica dell’ambiente ». Medicina e Morale 45, no 6 (31 décembre 1996) : 1057–82. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1996.892.

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Résumé :
Gli autori presentano in questa prima parte del loro scritto quella che sarà l’introduzione a una raccolta bibliografica commentata, di prossima pubblicazione, in merito ad alcune questioni di etica ambientale. Dapprima vengono indicate le tappe in cui l’evoluzione della civiltà è stata condizionata nel corso del tempo dal rapporto uomo-ambiente: civiltà primitiva, pastorale, industriale e tecnologica o nucleare o spaziale o, anche detta, della rivoluzione genetica. Successivamente viene mostrato come a partire dalla seconda metà degli anni Settanta si è data progressivamente una diversa rilevanza alla natura, non considerata più un semplice oggetto di studio da parte delle scienza, ma reputata degna di riflessione etica. Da questo momento infatti l’etica ambientale ha acquisito la forza di una disciplina istituzionale. Tuttavia il dibattito filosofico su questi argomenti si è sviluppato negli ultimi quindici anni soprattutto nei Paesi di lingua inglese, mentre in Italia si trova ancora in una fase iniziale. Il pensiero filosofico classico è sempre stato impostato in modo fortemente antropocentrico; ma negli anni Settanta alcuni filosofi hanno cercato di superare questo approccio per proporre una visione meno antropocentrica o addirittura ecocentrica. Dopo una accurata disamina di queste diverse correnti di pensiero gli autori concludono questa prima parte del loro articolo respingendo sia gli estremismi delle ecofilosofie, sia l’opinione di quanti credono nella illimitata possibilità di sfruttamento della natura, infatti le nuove acquisizioni scientifiche e culturali impongono di ripensare il rapporto uomo-natura al fine di stabilire dei principi etici che orientino la condotta umana in questo settore.
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2

Sobański, Remigiusz. « Prawo kanoniczne a kultura prawna ». Prawo Kanoniczne 35, no 1-2 (5 juin 1992) : 15–33. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1992.35.1-2.02.

Texte intégral
Résumé :
Si presenta la versione polacca di una relazione tenuta nell’ambito dei seminari sul tema „Scienza giuridica e diritto canonico” al’Università di Torino 2. 5. 1990. Il testo originale viene pubblicato nel volume sullo stesso tema curato da Rinaldo Bertolino, Torino 1991. Ci presentiamo le osservazioni finali. 1. Il diritto canonico non può non giovarsi dello sviluppo della cultura giuridica (allo stesso modo che l'intero magistero della Chiesa non può non giovarsi del patrimonio culturale dell’umanità). Immutato è il quesito di fondo: in che misura queste vicende possono riuscire utili ad esprimere la „verità” ecclesiale. L’utilità dipende dallo sviluppo delle scienze giuridiche, come di quelle ecclesiali: il che significa che il diritto canonico ha, di fronte alla cultura giuridica, un atteggiamento aperto ed assorbente, pur se differenziato e non privo di critica. 2. Per sua vocazione universale la Chiesa ha un atteggiamento aperto di fronte alla cultura giuridica d’ogni ambiente in cui esse è presente ed agisce. Il riferimento alla cultura giuridica locale e i rapporti con le vicende delle culture regionali sono omogenei con i principi fondamentali della relazione Chiesa universale-Chiese locali. L’influsso del diritto romano e di quello germanico sul diritto canonico, da un lato; la romanizzazione del diritto dei barbari attraverso la Chiesa o, anche, l’influsso del diritto canonico p. es. sul diritto polacco dall’altro, dimostrano quanto il contatto della Chiesa con la cultura giuridica dell’ambiente possa ruiscire fecondo. 3. Negli ultimi secoli la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica è, al massimo, passiva. Cerca d’assicurarsela una presenza mediante l’adattamento. Se anche sia vero che qualunque presenza debba accompagnarsi con la disponibilità ad imparare, occorre riconoscere che questa posizione unicamente difensiva non consente al diritto canonico di incidere e di ispirare la cultura giuridica. Inoltre, l’esito di questa presenza (passiva) è parziale, non solo perché le premesse filosofiche che fondano il pensiero giuridico sono (o sembrano essere) per la Chiesa inaccettabili, ma perché, in seguito all‘atteggiamento esclusivamente recettizio, si corre il rischio di trasferire nell’ambito metagiuridico tutto cio che non si ritrovi nell’ottica delle attuali dottrine giuridiche. 4. Non c’è dubbio che la Chiesa non sia l’ambiente topico di sviluppo delle scienze giuridiche e che la scienza giuridica goda di una sua piena autonomia. Ma la comunione ecclesiale, non di raro definita Ecclesia iuris, non lo è in seguito alla recezione del diritto ab extrinseco, ma in forza della propria immanente dimensione giuridica. (Senza di essa non avrebbe ragion d’essere un autonomo diritto canonico, ed i problemi organizzativi della Chiesa potrebbero essere risolti alla stregua del solo diritto ecclesiastico dello Stato). Si deve quindi riconoscere che la Chiesa, iscritta nella storia umana del diritto, ha qualche cosa da dire nella sfera del diritto, sia nella sua dimensione ideologica che in quella della sua realizzazione pratica. L’assenza di un ruolo ispiratore del diritto canonico sulla scienza giuridica contemporanea dovrebbe dar a pensare per la più che i fondamentali problemi giuridici vengono continuamente discussi dai cultori di diritto: viviamo tuttavia in un mondo di nazioni sempre più unite nel quale le interferenze di differenti teorie e sistemi giuridici tendono ad aumentare e le dottrine giuridiche si rivelano particolarmente suscettibili agli influssi di molteplici filosofie. 5. Su un contatto non unidirezionale ma bilaterale del diritto canonico con la cultura giuridica si potrà contare soltanto allora, quando la canonistica abbia fatto proprio il metodo del Concilio Vaticano II, durante il quale la Chiesa ha rinunciato a presentarsi ratione status, ed ha invece cercato di esporre la sua natura secondo la propria convinzione di fede. Anche nel diritto canonico bisogna finalmente decidersi ad una riflessione profondo sulla Chiesa alla luce della fede, sulle proprie radici e finalità, per poter realizzare il diritto ecclesiale nel modo più coerente e per potere, per cio stesso, dialogare con le altre culture giuridiche. Il dialogo non nascerà da una passiva traslitterazione, quasi a ricalco, del diritto civile nell’ambiente ecclesiale, ma attraverso una franca ed aperta meditazione sulle proprie premesse ontologiche, le proprie peculiarità, le proprie esigenze: anche quelle di una „nuova giustizia”. Soltanto allora la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica potrà essere non solo riproduttiva, ma anche produttiva. 6. Anche sotto questo punto di vista appare urgente la necessità di una robusta elaborazione di una teoria generale del diritto canonico. Si tratta di una teoria del diritto della Chiesa secondo il suo proprio „credo Ecclesiam”, non già elaborata all’interno di rigide teorie aprioristiche. Troppo generiche e scarsamente feconde le prese di posizione a favore di una deteologizzazione del diritto ecclesiale e, al contrario, le obiezioni stesse contro una presunta sua teologizzazione. Non si tratta invero di una „teologizzazione”, ma di prendere in seria considerazione i principi teologici, grazie ai quali il dialogo con la cultura giuridica diventa possibile e razionale.
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3

Golser, Karl. « La fondazione filosofico-teologica dell’etica dell’ambiente ». Medicina e Morale 54, no 1 (28 février 2005). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2005.409.

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Résumé :
Storicamente si può affermare che la Santa Sede è stata all’avanguardia nell’attenzione posta ai problemi ecologici, perché le sue prime prese di posizione risalgono all’inizio degli anni ‘70. Un’etica teologica cattolica si è sviluppata dalla metà degli anni ’80, dopo che le scienze bibliche hanno dovuto confutare l’accusa che l’antropocentrismo della Bibbia sia stata una delle cause dello sfruttamento della terra. Le ragioni storiche di un atteggiamento sbagliato verso la natura sono da vedere piuttosto nel pensiero filosofico moderno che si è sviluppato spesso in contrapposizione al cristianesimo, mentre la Bibbia e la teologia hanno in verità una visione teocentrica della creazione. I tentativi filosofici, che al posto dell’uomo vogliono mettere al centro della riflessione etica la natura stessa o la vita o anche la possibilità di soffrire, non hanno consistenza perché soltanto la persona umana come essere consapevole e libero può assumersi una responsabilità etica. Bisogna però tener conto di tutte le altre creature che in quanto create hanno una loro dignità propria. Essere creati significa essere relazionati a Dio; la fede in Dio Creatore comporta così un l’antropocentrismo relazionale. Da questi presupposti può essere sviluppata un’etica ecologica teologica che ha due percorsi, uno che insiste sul cambiamento necessario degli atteggiamenti di fondo verso la natura (le virtù ecologiche), ed uno che da determinati principi e da esperienze consolidate formula delle norme concrete per l’agire ecologico responsabile. ---------- Historically, one can say that the Holy See has been a pioneer for the attention paid to ecological issues, as it started taking a stance on the topic already in the early ‘70s of XX century. A catholic theological ethics was developed in the mid-‘80s, after the biblical sciences had to refuse the accusation that made biblical anthropocentrism one of the main causes of the exploitation of the earth. The historical reasons for a wrong attitude toward nature are to be found instead in the contemporary philosophical thinking that often developed against Christianity, while theology and the Bible promote a theocentric vision of creation. The philosophical attempts that place nature or life, or even the chance to suffer in lieu of man at the center of the ethical way of thinking, have no grounds because only human beings, self-aware and free, can take ethical responsibility. One needs to consider all creatures that, being created, have a dignity of their own. Being created means having a relation with God. Hence, the faith in the Creator involves a relational anthropocentrism. Departing from such assumptions, a theological environmental ethics can be developed along two paths, one insisting on the necessary change of the basic stance toward nature (i.e. ecological virtues), the other starting from recognized principles and experiences and postulating actual rules for responsible ecological behavior.
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Thèses sur le sujet "Filosofia dell’ambientea"

1

Berlantini, Germana. « L’altro « partage ». Georges Bataille e l’ecologia ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2022. http://hdl.handle.net/11572/347754.

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Résumé :
Questa tesi si propone come una rilettura dell'opera filosofica di Georges Bataille alla luce delle grandi emergenze ecologiche del nostro tempo e a partire dal problema della divisione tra natura e cultura. Negli ultimi vent'anni, l'opera di Georges Bataille ha incontrato un rinnovato interesse in alcune branche della filosofia e delle scienze sociali che riflettono sulla categoria dell'Antropocene e sulle forme del tardo capitalismo, a metà strada tra incubo climatico e tecno-premetismo. Il fascino di questo pensiero dipende dalle risonanze che esso riesce a stabilire con alcuni dei nodi politici e teorici più attuali: la critica e il superamento dell'antropocentrismo, la modellizzazione degli scambi tra ambiente ed esseri umani, la convivenza con le catastrofi. Il nostro lavoro evidenzia il dispiegamento di una catena di dualismi (continuo e discontinuo, interno ed esterno, eterogeneo e omogeneo) che intersezionano la divisione tra natura e cultura, creando un inedito spazio di incontro tra un certo ricorso al naturalismo e un pensiero dell’animazione. Le fonti scientifiche, antropologiche e filosofiche di quest’opera sono analizzate in profondità per farne emergere le consonanze con i temi più attuali della filosofia ambientale contemporanea. Interpretando i dualismi bataillani come il dispiegamento di un pensiero della biforcazione ontologica e cosmologica della modernità, ne esploriamo le possibili implicazioni per una riflessione ecologica all'altezza della congiuntura presente.
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2

Nespolo, Francesca Maria <1991&gt. « L’uomo come organismo partecipe dell’ambiente nella filosofia di Hans Jonas e nella Teoria dei Sistemi ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10518.

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Résumé :
Lo scopo della ricerca si articola in tre fasi: nella prima fase, si intende articolare il pensiero di Hans Jonas per analizzare come egli abbia anticipato con grande lucidità il ruolo dell’uomo come organismo parte dell’ambiente e come abbia costruito la sua ontologia della vita. Nella seconda fase intendiamo discutere del tema della responsabilità umana nei confronti delle generazioni future e del pianeta e rilevare l’importanza e l’utilità delle sue speculazioni anche nel contesto filosofico, e non solo, attuale. Nella terza fase, tramite l'interpretazione del pensiero di Jonas, è nostra intenzione confrontare e relazionare le sue teorie alla luce dei nuovi modelli di approccio al problema dell’ecologia fornita dalla Teoria dei Sistemi, ed in particolare dalla visione sistematica della vita e della mente del filosofo americano Gregory Bateson.
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