Thèses sur le sujet « Filologia e traduzione »

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1

Ceolin, Martina <1984&gt. « Saga di Án l’Arciere. Proposta di traduzione con commento filologico ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2454.

Texte intégral
Résumé :
In the multifaceted genre of the fornaldarsögur the subgroup labelled as Hrafnistumannasögur may be singled out for its focus on the progeny of illustrious people from the eponymous Norwegian island. Áns saga bogsveigis belongs to this cycle, despite being anomalous in many respects: it is demythologized and the protagonist is, apparently, a non-heroic chieftain. Moreover, it is the only fornaldarsaga that has an outlaw as its main character, a trait shared, however, with some of the Íslendingasögur, along with their structure of action. Hence, by exploiting this saga, I will try to demonstrate how the notion of ‘generic hybrids’ may favour the interpretation of these works, while providing the first translation of the text into Italian with a thematic, codicological, comparative and linguistic preface. A critical comment will follow, with particular attention to the medieval ‘polysystem’ that favoured the flourishing of such an adventurous narration. Light will be cast on patrons and audience, since a hermeneutical reading of the eclectic saga discloses the anti-royalism that imbues the story and sarcastically allows sagnaskemtan. I will conclude by mentioning how the translating process has been favoured by viewing the saga as a product of its time.
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2

Gerbi, Giulia <1993&gt. « I Progimnasmi di Niceforo Basilace. Edizione critica, traduzione e commento ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20590.

Texte intégral
Résumé :
Niceforo Basilace, retore costantinopolitano attivo verso la metà del dodicesimo secolo, fu autore di una delle più vaste e complete raccolte di progimnasmi pervenuteci. I cinquantasei testi, esercizi-modello propedeutici alla composizione retorica, costituiscono un corpus eterogeneo per lunghezza, modalità compositive e complessità e abbracciano sette delle quattordici tipologie di progimnasmi previste dalla prassi scolastica bizantina, comprendendo sette favole, sedici narrazioni, tre massime, una confutazione, una confermazione, un encomio e ventisette etopee. La presente tesi di ricerca offre una nuova edizione critica dell’intero corpus, corredata da una traduzione italiana e dal commento sistematico di ogni testo, con particolare attenzione alle fonti e ai modelli impiegati. Testo critico, traduzione e commento sono accompagnati da un’introduzione all’autore e all’opera e da una breve descrizione della tradizione manoscritta.
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3

Sandri, Maria Giovanna <1993&gt. « Trattati greci su barbarismo e solecismo : introduzione, edizione critica e traduzione ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10749.

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Résumé :
La tesi consiste in un'edizione critica di alcuni testi grammaticali greci relativi al barbarismo e al solecismo, ovvero dedicati a censire e discutere errori linguistici inerenti per lo più agli ambiti della fonetica, della morfologia e della sintassi. Dopo un'introduzione tesa a definire sincronicamente tali fenomeni linguistici e a censire le relative elaborazioni teoriche, dall'antichità fino all'epoca medievale, ci si occupa nello specifico dei seguenti brani: il Περὶ σολοικισμοῦ pseudo-erodianeo già edito da A. Nauck (Lexicon Vindobonense 1867, pp. 294-312); l'anonimo Περὶ βαρβαρισμοῦ καὶ σολοικισμοῦ pure già edito da A. Nauck (Lexicon Vindobonense 1867, pp. 290-293); l'anonimo Περὶ τοῦ ἠθικοῦ σολοικισμοῦ già edito da J.-Fr. Boissonade (Anecdota Graeca, t. II, 1830, pp. 458-459); gli anonimi Περὶ βαρβαρισμοῦ e Περὶ σολοικισμοῦ già editi da L. C. Valckenaer (Ammonius 1822, pp. 176-187). Seguono in appendice altri testi minori inerenti al medesimo argomento, rimasti finora per lo più inediti. Per ogni testo si forniscono un accurato panorama della tradizione manoscritta, un'analisi filologica e un'edizione critica fondata su questa recensio; inoltre per ciascun brano vengono formulate o discusse ipotesi di datazione e attribuzione, anche in rapporto all'analisi dei contenuti.
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4

Vianelli, Stefano <1994&gt. « I Giambi contro Acindino di Davide Disipato : edizione critica, traduzione e commento ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16993.

Texte intégral
Résumé :
La tesi consisterà, come evidenzia il titolo, in una revisione dell'edizione critica del testo pubblicata da R. Browning nel 1955/57, effettuata esaminando nuovamente i manoscritti che ne sono alla base. Tale edizione sarà accompagnata da una traduzione in lingua corrente italiana e da un commento di tipo storico e letterario, che intende far luce, per quanto possibile, su alcuni aspetti interni e intertestuali dell'opera. Un' introduzione tenterà di render conto della figura dell'autore e dei problemi critico-testuali affrontati.
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5

Bolzan, Jacopo. « Socratis et Socraticorum Epistolae : studi preliminari, traduzione, commento ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3425663.

Texte intégral
Résumé :
Since both the editorial and scientific fortunes of the collection of letters known as Socratis et Socraticorum Epistolae has been largely unlucky, for this collection, unlike others similar (e. g. Aeschinis Epistulae, Euripidis Epistulae, Hippocratis Epistulae, etc.), one is not able to find neither a systematic and up-to-date exam of the manuscript tradition (e. g. there is not a critical edition based either on all the manuscripts, or on the more ancient), nor an analysis of its nature, nor an Italian translation and commentary. With our research we presume to have healed this lack. The manuscript tradition has been totally investigated (in the major part, autoptically), so that we have been able to modify consistently the sole existing stemma codicum, dating back to 1928. As long as the nature of the collection is concerned, we tried to prove that it is composite and in the introduction to the translation of the different sections we underlined the differences existing between these.
Segnato da uno sfortunato destino editoriale e scientifico, l'epistolario noto come Socratis et Socraticorum Epistolae è rimasto, a differenza di altri simili epistolari greci (per esempio Aeschinis Epistulae, Euripidis Epistulae, Hippocratis Epistulae, etc.), fino ad oggi privo sia di un esame sistematico e aggiornato della tradizione manoscritta (manca un'edizione integrale che prenda in considerazione non solo tutti i testimoni, ma soprattutto quello più antico), sia di un'analisi approfondita della sua natura, sia di una traduzione e di un commento in lingua italiana. A questa mancanza si è cercato di porre rimedio con la presente ricerca. La tradizione manoscritta è stata sottoposta ad uno spoglio integrale (per la maggior parte dei testimoni autoptico) e si è giunti ad apportare importanti modifiche all'unico stemma codicum esistente per la raccolta, risalente al 1928. Per quanto riguarda l'indagine sulle peculiarità del corpus, si è cercato di provarne la natura composita, mettendo in luce le differenze fra i diversi gruppi di epistole nel commento fatto precedere alla traduzione delle singole sezioni.
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6

DE, FRANCO MATTEO. « "Guta lag" e "Statuto della gilda di Santa Caterina" : edizione e traduzione ». Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2021. http://hdl.handle.net/11571/1438352.

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Résumé :
Il progetto di ricerca ha come oggetto il "Guta lag" e lo "Statuto della gilda di Santa Caterina". Databile al XIII secolo il primo e al 1443 il secondo, sono i due testi di carattere legislativo più estesi scritti in gutnico, la lingua parlata nel Medioevo sull’isola svedese di Gotland. La tesi fornisce una nuova edizione di entrambi i testi nonché la loro prima traduzione italiana, volta ad ampliare il quadro delle leggi nordiche tradotte in italiano. Un riguardo particolare è stato rivolto all’analisi delle affinità linguistiche tra i due testi e, soprattutto, al lessico conservato nello "Statuto della gilda di Santa Caterina", studio che ha consentito di proporre nuove ipotesi etimologiche per alcuni lessemi gutnici.
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7

Organte, Laura. « Poesia e traduzione a Firenze (1930-1950) ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424221.

Texte intégral
Résumé :
This work offers a deep historical and linguistic analysis of the main poetry translations published in Italy from late 20s to early 50s, focussing on pundits and teachers activity that we can include in the Ermertism Fiorentino School as Carlo Bo, Sergio Baldi, Renato Poggioli, Leone Traverso, Oreste Macrì. This study analysizes both antological book and monographic works. Considering the fundamental influence of this group of literati, the goal was first to understand the theory and critical context where they acted. On the metric/linguistic they mainly filter and excluded any contents that was hard to fit into the Italian panorama. The formal analysis started from the metric, the endecasillabe has been mainly used – to confirm the long lasting tradition – anyway the translators shown their capability to respect even the original structures. On the linguistic side, has been adopted a refined and pure language, that has been influenced by the Italian tradition and by the main 20th koinai. The hermetic influence is strong but many stylistic mark are indeed presents on the original texts.
Il presente lavoro propone uno studio storico-linguistico e metrico-stilistico delle traduzioni di poesia uscite in Italia dagli anni Trenta agli anni Cinquanta del Novecento. In particolare si concentra sull’attività traduttoria di critici e professori a diverso titolo inquadrabili nell’area dell’ermetismo fiorentino, tra i quali Carlo Bo, Sergio Baldi, Renato Poggioli, Leone Traverso, Oreste Macrì. Il corpus di riferimento comprende sia volumi antologici, sia raccolte monografiche pubblicate nell’arco temporale indicato. Considerata l’importanza culturale della vasta operazione di mediazione letteraria condotta dal gruppo di professori/critici-traduttori, si cercato in primis di coglierne le istanze sottese e i vettori portanti, in modo da delineare un contesto teorico-critico in cui contestualizzare i risultati dell’analisi metrico-lingustica. Ne è emerso un atteggiamento ambivalente di inclusione e reductio ad unum delle variegate voci poetiche straniere e al contempo di minuzioso filtraggio ed esclusione dei contenuti più difficilmente assimilabili dal contesto letterario italiano. L’analisi formale si articola in una prima parte dedicata alla metrica, in cui, a partire da una verifica della tenuta di una consuetudine plurisecolare, ossia l’impiego dell’endecasillabo come verso da traduzione, si sono valutate prima le risposte dei traduttori alle misure versali delle culture di partenza, e poi alle forme metriche. I traduttori dimostrano di maneggiare una tradizione metrico-ritmica complessa e stratificata, in cui le sperimentazioni otto-novecentesche si intersecano con le suggestioni provenienti dalle strutture di partenza generando compagini che rompono il monolinguismo endecasillabico della tradizione. All’interno del compatto gruppo dei fiorentini si stagliano comunque atteggiamenti diversi: se Traverso e Macrì non prescindono mai da una nitida caratterizzazione metrico-ritmica, Parronchi e Bo si avviano sulla la strada del verso informale. Sul piano linguistico, l’ideale di una lingua poetica universale elaborato sulla scorta di Mallarmé si attua tramite l’adozione di una lingua casta ed elegante, che risente sia della plurisecolare tradizione letteraria italiana, sia delle principali koinai novecentesche, quella dannunziano-pascoliana e quella ermetica. L’apporto di quest’ultima, però, è notevolmente inferiore rispetto a quanto ci si potesse aspettare, e molti degli stilemi che vi pertengono sono dovuti al testo originale.
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8

BACIGALUPO, VALERIA. « I frammenti del grammatico Pio. Edizione, traduzione e commento ». Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1048183.

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Résumé :
This dissertation provides a critical edition, with an Italian translation and a commentary, of the seventeen fragments attributed or attributable to the Greek grammarian Pius, who probably lived in the Imperial Age. These fragments show that Pius commented both the Homeric poems and Sophocles’ Ajax. In the Introduction, I critically review the hypotheses formulated by previous scholars about Pius’ chronological and cultural background: a thorough review of the surviving material reveals that Pius’ lifetime can be very likely set in the Imperial Age, between the end of the 1st and the 3rd cent. CE. As regard the geographical location, we unfortunately have no elements to identify the place(s) where Pius lived and worked. The research outlines Pius’ role as one of the hypomnematic sources gathered in the archetype of the scholia exegetica to the Iliad and the scholia vetera to Sophocles. Within the Introduction I also demonstrate that a previous interpretation, who traced back to Pius’ work all the discussions of Aristarchus’ atheteses preserved in the Homeric scholia, has to be dismissed. Finally, I propose a new hypothesis about the context in which Pius’ works could be read, on the grounds of some features of his interventions, which features suggest that Pius’ hypomnemata were used not only by other grammarians, in an erudite context, but also in the schoolroom, as a teaching aid. So, we could (re)think of Pius as a γραμματικός not only as a “scholar” (in philological terms), but also as a “teacher”, who delivered the second level of education. In the second part of the dissertation, I collect and study the surviving fragments, which I propose to classify as follows: one testimonium (T 1, which provides the title of a hypomnema of Pius related to the sixteenth book of the Odyssey); fourteen fragments which can be certainly ascribed to Pius (FF 1-14), eight related to the Iliad (FF 1-8), four to the Odyssey (FF 9-12) and two (FF 13-14) to Sophocles’ Ajax. I include in this group a new fragment (F 13) which was not considered in the previous collection of Pius’ material; one dubium (F 1*), which very likely belongs to Apion; two spuria, which I ascribe respectively to Apion (sch. ex. Od. 4, 356a1 = F 1**) and to the Roman grammarian Porphyrion (Serv. ad Aen. 5, 735 = F 2**).
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9

Veronesi, Vanni <1986&gt. « Fonti greche, traduzione latina e apparato grafico in Marziano Capella (VI 706-723, VII 731-742) ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/14981.

Texte intégral
Résumé :
Il lavoro tenta di fare luce sulla tecnica della traduzione nel De nuptiis Philologiae et Mercurii, attraverso la ricostruzione delle fonti greche e l’analisi della lingua scientifica di Marziano Capella. Nell’impossibilità di un’indagine stilistica sulla totalità dei novena volumina (IX 997), il contributo si concentra sui §§ VI 706-723 e VII 731-742, ma il problema del rapporto con le fonti e in generale con il greco è stato comunque affrontato per l’intera opera. La tesi è divisa in tre parti. Nella prima viene riesaminata la tradizione indiretta precarolingia delle Nuptiae, in rapporto con la trasmissione manoscritta che data a partire dal IX secolo; è poi fornita una rassegna di tutti i commentatori medievali e degli excerpta del testo. Nell’analizzare le posizioni della critica in merito alla tradizione manoscritta si è provveduto a un riesame della recensio: all’interno di questo lavoro sono stati catalogati − per la prima volta negli studi marzianei − tutti i disegni, dal I al IX libro, attestati nei ventuno codici del ‘canone Préaux’. Questa analisi arriva a conclusioni nuove sulla presenza di un apparato grafico come parte integrante del testo marzianeo, almeno per i §§ 401-403 e 710-718. La seconda parte discute il bilinguismo e l’uso delle fonti greche; segue l’analisi della tecnica del vertere. La terza parte presenta il commento ai §§ 706-723 e 731-742, gli schemi lessicali con tutti i vocaboli analizzati, le relative traduzioni e i loci paralleli.
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10

Zago, Filippo <1984&gt. « "The Tale of Gamelyn" : una proposta di traduzione sulla base dei manoscritti Harley 7334 e Petworth ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3455.

Texte intégral
Résumé :
L'elaborato si basa su un racconto in medio inglese, "The tale of Gamelyn", risalente alla seconda metà del quattordicesimo secolo. La prima parte inquadra il contesto, in particolare la tradizione manoscritta e le edizioni moderne, e analizza alcuni aspetti letterari del testo (struttura, stile, genere..). la parte centrale è costituita dalla traduzione italiana del poema sulla base dei due principali manoscritti pervenuti, ed è seguita da un apparato di note di approfondimento a fine capitolo. Infine, l'ultima parte mostra l'influenza che il testo ha avuto nella letteratura inglese successiva: Shakespeare in "As you like it" e Lodge in "Rosalynde, or Euphes' Golden Legacy" riprendono chiaramente la storia di Gamelyn.
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Costazza, Birgit <1983&gt. « L'inno avestico agli Aməsha Spəṇtas (Yasht 2). Testo critico e traduzione con commentario storico religioso ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6702/1/Costazza_Birgit_tesi.pdf.

Texte intégral
Résumé :
L'inno dedicato ai sette Amesha Spəṇta è parte della produzione avestica recenziore, e si compone in gran parte di porzioni testuali riprese da altri testi avestici a loro volta di formazione tardiva. Lo Yašt si divide in tre parti principali: le stanze 0-10; 11-14; e infine la stanza 15 che comprende la formula di chiusura tipica degli inni avestici. La prima sezione (2.0-10) è composta dalla formula di apertura, incompleta rispetto a quelle dei restanti inni, seguita dai primi sette capitoli di entrambi i Sīh-rōzag compresi i Gāh. Le stanze centrali (11-14) si caratterizzano per l'assenza di passi gemelli, un elevato numero di hapax e di arcaismi formali e inoltre, una grande variabilità nella tradizione manoscritta. Si tratta di una formula magica per esorcizzare/allontanare demoni e stregoni, che doveva essere recitata per sette volte. Tale formula probabilmente rappresentava in origine un testo autonomo che veniva recitato assieme ad altri testi avestici. La versione a noi pervenuta comprende la recitazione di parte di entrambi i Sīh-rōzag, ma è molto probabile che tale arrangement sia soltanto una sequenza recitativa che doveva coesistere assieme ad altre. Attualmente la formula magica viene recitata principalmente assieme allo Yasna Haptaŋhāiti, senza le restanti stanze dell'inno nella sua versione geldneriana. Il testo sembra nascere come formula magica la quale venne recitata assieme a diversi testi avestici come per esempio parti dello Sīh-rōzag. In un periodo impossibile da stabilire con certezza la versione viene fissata nella forma a noi pervenuta nella maggior parte dei manoscritti e per la sua affinità formale probabilmente interpretato come inno e perciò incluso nell'innario avestico.
The Avestan Hymn to the seven Amesha Spəṇta is a late composition. It is mostly charchaterized by a collation of fragments from other Late Avestan texts. The Yašt can be divided in three parts: stanzas 0-10, 11-14 and 15, the last stanza regards the closing formula. The first part includes the opening formula that, compared to the other Avestan hymns, is incomplete and the first seven chapters of both Sīh-rōzag and the Gāh. The central stanzas (11-14) present an original composition without parallels or twintexts. It shows numerous hapax, formal arcaisms and an enormous amount of variants in the manuscript tradition. It centres on an exorcistic formula meant to expell demons and sorcerers that has to be recited seven times: most likely the magical spell was originally performed together with other Avestan texts such as the Sīh-rōzag. Likely, this specific arrangement of texts irepresents only one performative sequence, originally coexisting together with others which were not transmitted in the written tradition. Nowadays, the formula is mostly recited with the Yasna Haptaŋhāiti, for apotropaic purposes and in order to guarantee good fortune among the Parsis. The exorcism was originally performed together with several sacred formulas. The composition transmitted in the manuscripts is probably only one version, which was included in the canon because wrongly associated with a hymn.
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Costazza, Birgit <1983&gt. « L'inno avestico agli Aməsha Spəṇtas (Yasht 2). Testo critico e traduzione con commentario storico religioso ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6702/.

Texte intégral
Résumé :
L'inno dedicato ai sette Amesha Spəṇta è parte della produzione avestica recenziore, e si compone in gran parte di porzioni testuali riprese da altri testi avestici a loro volta di formazione tardiva. Lo Yašt si divide in tre parti principali: le stanze 0-10; 11-14; e infine la stanza 15 che comprende la formula di chiusura tipica degli inni avestici. La prima sezione (2.0-10) è composta dalla formula di apertura, incompleta rispetto a quelle dei restanti inni, seguita dai primi sette capitoli di entrambi i Sīh-rōzag compresi i Gāh. Le stanze centrali (11-14) si caratterizzano per l'assenza di passi gemelli, un elevato numero di hapax e di arcaismi formali e inoltre, una grande variabilità nella tradizione manoscritta. Si tratta di una formula magica per esorcizzare/allontanare demoni e stregoni, che doveva essere recitata per sette volte. Tale formula probabilmente rappresentava in origine un testo autonomo che veniva recitato assieme ad altri testi avestici. La versione a noi pervenuta comprende la recitazione di parte di entrambi i Sīh-rōzag, ma è molto probabile che tale arrangement sia soltanto una sequenza recitativa che doveva coesistere assieme ad altre. Attualmente la formula magica viene recitata principalmente assieme allo Yasna Haptaŋhāiti, senza le restanti stanze dell'inno nella sua versione geldneriana. Il testo sembra nascere come formula magica la quale venne recitata assieme a diversi testi avestici come per esempio parti dello Sīh-rōzag. In un periodo impossibile da stabilire con certezza la versione viene fissata nella forma a noi pervenuta nella maggior parte dei manoscritti e per la sua affinità formale probabilmente interpretato come inno e perciò incluso nell'innario avestico.
The Avestan Hymn to the seven Amesha Spəṇta is a late composition. It is mostly charchaterized by a collation of fragments from other Late Avestan texts. The Yašt can be divided in three parts: stanzas 0-10, 11-14 and 15, the last stanza regards the closing formula. The first part includes the opening formula that, compared to the other Avestan hymns, is incomplete and the first seven chapters of both Sīh-rōzag and the Gāh. The central stanzas (11-14) present an original composition without parallels or twintexts. It shows numerous hapax, formal arcaisms and an enormous amount of variants in the manuscript tradition. It centres on an exorcistic formula meant to expell demons and sorcerers that has to be recited seven times: most likely the magical spell was originally performed together with other Avestan texts such as the Sīh-rōzag. Likely, this specific arrangement of texts irepresents only one performative sequence, originally coexisting together with others which were not transmitted in the written tradition. Nowadays, the formula is mostly recited with the Yasna Haptaŋhāiti, for apotropaic purposes and in order to guarantee good fortune among the Parsis. The exorcism was originally performed together with several sacred formulas. The composition transmitted in the manuscripts is probably only one version, which was included in the canon because wrongly associated with a hymn.
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FLORIMBII, FRANCESCA. « Tradizione e traduzione degli inni latini e volgari di Giovanni Pascoli ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/821.

Texte intégral
Résumé :
Ho sviluppato il lavoro di edizione critica degli inni latini ed italiani di Giovanni Pascoli in quattro momenti principali. Nel primo ho analizzato e ricostruito la genesi e la storia testuale dell’Hymnus in Romam e dell’Hymnus in Taurinos (1911); nel secondo ho eseguito lo studio e la trascrizione di tutti i materiali autografi, lo studio e la descrizione della tradizione postuma, la riproduzione facsimile delle edizioni d’autore. Nel terzo ho seguito la ricezione dell’opera pascoliana nella cultura francese. Nel quarto ho esaminato la traduzione in lingua francese dell’Inno a Roma (1912) ed effettutato, come per le stampe idiografe, la riproduzione facsimile del volumetto.
I developed the critical edition’s work about Giovanni Pascoli’s latin and italian hymns in four different steps. In the first one I analized and reconstructed the genesis and textual history of Hymnus in Romam and Hymnus in Taurinos (1911); in the second one I carried out both study and transcription of all autographs materials, study and description of posthumous tradition, facsimile reproduction of author’s editions. In the third I followed the reception of Pascoli’s works in french culture. Finally, in the fourth one, I examined the translation into french language of Inno a Roma (1912) and, as I did for autograph prints, the volume’s facsimile reproduction.
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Nicolai, Elena. « La tradizione greco - latina e arabo - latina del I libro dell'Almagesto. saggio di analisi e traduzione ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3426897.

Texte intégral
Résumé :
Almagest is the summa of the ancient astronomical knowledge. it has been translated several times, into Latin, into Syriac, into Arabic. Present study tries to analyze the latin and arabic translations.
Questa tesi è un saggio di analisi delle traduzioni del trattato tolemaico, e propone un'edizione critica del primo libro. l'intento è sia quello di individuare le tecniche seguite dai traduttori, sia quello di verificare le lezioni testuali nel passaggio da un sistema linguistico e culturale ad un altro.
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Andolfato, Francesca <1985&gt. « Le canzoni di Guilhem Ademar : edizione critica, commento e traduzione ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4620.

Texte intégral
Résumé :
L’attività del trovatore Guilhem Ademar ricopre gli anni 1190-1220, periodo che coincide per due terzi con quella che è solitamente definita l’età d’oro della poesia provenzale (1180-1210). Come si evince dalla lettura della galleria satirica composta dal Monaco di Montaudon attorno al 1192, Guilhem doveva essere una delle personalità di spicco dell’epoca, dal momento che il suo nome figura tra autori del calibro di Arnaut Daniel, Peire Vidal, Gaucelm Faidit e Folquet de Marselha. I componimenti di questo trovatore, che sono meritevoli di attenzione, sono stati editi nel 1951 dallo svedese Kurt Almqvist. Lo studio monografico condotto con scrupolo è tuttavia viziato dalla scelta non sempre persuasiva di un testimone di base che va il più delle volte a coincidere con il Vaticano Latino 5232 (A), codice la cui limpidezza è spesso dovuta all’attività farcitoria e innovativa del suo copista. A un’edizione di impianto bederiano oppongo un’edizione lachmanniana basata sull’analisi della varia lectio. Kurt Almqvist offre una traduzione interpretativa, che lascia spesso largo spazio al dubbio. Propongo, invece, una traduzione letterale finalizzata alla comprensione del testo provenzale. Nello studio del 1951 mancano, inoltre, nelle note di commento riferimenti e paragoni con altri trovatori, manchevolezza che non mette in luce uno degli aspetti più appariscenti della sua produzione, l’elevato grado d’ intertestualità.
The activity of the troubadour Guilhem Ademar covers the years 1190-1220, period which coincides for two thirds with what is usually defined the golden age of provençal poetry (1180-1210). As we can infer from the reading of the satirical collection written by the Monk of Montaudon around 1192, Guilhem was supposed to be a leading figure of the age, since his name appears among prominent authors such Arnaut Daniel, Peire Vidal, Gaucelm Faidit and Folquet de Marselha. The poems of this troubadour, which are worth reading, were published in 1951 by the Swedish scholar Kurt Almqvist. The monographic study done with accuracy is nevertheless spoiled by the choice not always convincing of a basic manuscript which at various times coincides with Latin Vatican 5232 (A), codex whose clearness is often due to the filling and innovative activity of its copyist. To an edition influenced by Bédier’s method I oppose an edition written according to Lachmann’s theory based on varia lectio. Kurt Almqvist offers an interpretative translation which leaves space to doubts. I propose instead a literal translation with the aim of understanding the original text. Besides in the 1951 study in the commentary notes, references and comparisons with other contemporary poets are missing. This limit does not show one of the most remarkable features of his production, the high degree of intertextuality.
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Carloni, Massimiliano. « Isocrate, Filippo. Introduzione, traduzione e commento ». Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2019. http://hdl.handle.net/11384/86194.

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Résumé :
[...] La struttura del Filippo è, almeno a prima vista, molto chiara. Isocrate esplicita fin da subito il suo proposito identificando due termini: 16 Μέλλω γάρ σοι συμβουλεύειν προστῆναι τῆς τε τῶν Ἑλλήνων ὁμονοίας καὶ τῆς ἐπὶ τοὺς βαρβάρους στρατείας. A questi due termini corrispondono esattamente le due parti in cui è diviso il discorso. Dopo il lungo proemio (§§ 1-29), infatti, la prima metà (§§ 30-82) è dedicata alla realizzazione della concordia panellenica, la seconda (§§ 83-149) alla conduzione di una spedizione contro l’Asia. Anche all’interno delle singole sezioni, Isocrate mostra di usare una ripartizione piuttosto evidente della materia: ai §§ 46-56, per esempio, analizza una dopo l’altra le situazioni delle quattro città più importanti della Grecia; ai §§ 57-67 divide le diverse sezioni del passo, dedicate ai singoli esempi storici, per mezzo di passaggi chiari e in parte anche ripetitivi (cfr. e.g. l’uso di τοίνυν: 57 ἔτι τοίνυν ὡς καὶ ῥᾳδίως… 65 Διονύσιος τοίνυν… 66 Ἔτι τοίνυν Κῦρος) e ricapitola tutto in un riassunto finale, in cui ad ognuno degli esempi storici utilizzati è assegnata una qualifica (67 Ἀλκιβιάδης μὲν φυγὰς ὤν κτλ.). In alcuni casi, singole sezioni possono essere identificate proprio per mezzo dell’uso di piccole Ringkompositionen, per esempio ai §§ 137-8, dove troviamo l’uso di due formule quasi identiche a poca distanza l’una dall’altra (Οὕτω δ’ ἄριστα βουλεύσει περὶ τούτων… οὕτω γὰρ ἂν ἄριστα βουλεύσαιο περὶ αὐτῶν). La struttura del discorso, comunque, è particolarmente evidente se applichiamo, nella sua analisi, alcuni concetti derivati direttamente dalla dottrina retorica antica, nello specifico i τελικὰ κεφάλαια. Essi costituiscono un elemento della dottrina che troviamo fin nelle più antiche (almeno per noi) testimonianze della trattatistica retorica, vale a dire nella Retorica ad Alessandro e nella Retorica di Aristotele. Se nella prima troviamo una lista di argomenti (Rh. Al. 1421b22-27, con successive descrizioni dei singoli κεφάλαια), Aristotele assegna invece ad ogni genere retorico un suo particolare τέλος, lasciando aperta la possibilità che un discorso possa utilizzare accessoriamente gli altri tipi di argomenti (Arist. Rhet. 1.3.58b20ss.). Entrambi i trattati, comunque, sono concordi nel considerare come argomenti il συμφέρον, il δίκαιον e il καλόν. La Retorica ad Alessandro presenta, oltre a questi tre, anche il νόμιμον, l’ἡδύ, il ῥᾴδιον, il δυνατόν e l’ἀναγκαῖον – due dei quali ritroviamo esplicitati anche nel nostro discorso. [...]
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Xie, Peipei <1993&gt. « Contributo alla diffusione di Federigo Tozzi in Cina, con un saggio di traduzione di Con gli occhi chiusi ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amsdottorato.unibo.it/9934/1/TESI0923AMS.pdf.

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Résumé :
La critica più recente colloca l’opera di Federigo Tozzi fra espressionismo e realismo modernista, su posizioni in entrambi i casi di assoluta originalità nel panorama letterario del primo Novecento in Italia. Già nel periodo immediatamente successivo alla sua morte c’è stata una forte attenzione per la traduzione delle sue opere, attenzione che si è concentrata principalmente sui romanzi. In particolare, Con gli occhi chiusi è stato il romanzo che ha avuto il maggior numero di traduzioni in lingue europee, mentre in Cina il nome di Tozzi è sostanzialmente ancora sconosciuto. Fino ad oggi non è disponibile nessuna versione cinese di una sua opera. La ricerca sulla letteratura italiana in Cina segue sempre la principale direzione di sviluppo dell’Italia. I lettori cinesi hanno già a disposizione traduzioni dei capolavori dei narratori del modernismo, come Italo Svevo e Luigi Pirandello. Questa tesi si propone di offrire dei brani selezionati di Con gli occhi chiusi in traduzione cinese, con una particolare attenzione alla lingua e allo stile. L’obiettivo è quello di fornire ai lettori cinesi per la prima volta i contenuti più originali e di condividere con gli italianisti e i ricercatori cinesi una possibile metodologia per le attività traduttive e i futuri studi su Tozzi.
The most recent criticism places the work of Federigo Tozzi between Expressionism and Modernist Realism, on positions in both cases of absolute originality in the literary scene of the early twentieth century in Italy. Already in the period immediately following the death of him there was a strong focus for the translation of the works of him, be careful that he focused mainly on the novels. In particular, With eyes closed was the novel that had the greatest number of translations in European languages, while in China the name of Tozzi is substantially still unknown. Until today no Chinese version of a work of him is available. Research on Italian literature in China always follows the main development direction of Italy. Chinese readers already have translations of the masterpieces of the narrators of Modernism, such as Italo Svevo and Luigi Pirandello. This thesis aims to offer translated parts from With eyes closed, with particular attention to language and style. The goal is to provide Chinese readers for the first time the most original content and to share with the Chinese researchers a possible methodology for translation activities and future studies on Tozzi.
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ROSSETTI, MATTEO. « 'LA MAPPA DELLE COSTELLAZIONI', MANILIO, ASTRONOMICA, 1, 255-455 : INTRODUZIONE, TRADUZIONE, TESTO E COMMENTO ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2019. http://hdl.handle.net/2434/618044.

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I versi 255-455 del primo libro degli Astronomica di Manilio contengono una dettagliata descrizione delle costellazioni dei due emisferi: modello strutturale della sezione testuale sono i Fenomeni di Arato. Il modello arateo costituisce, però, soltanto una traccia entro la quale il poeta si è mosso: numerose sono le differenze rispetto ai Fenomeni, evidenti, prima di tutto, nell’organizzazione della materia e nella modalità di presentazione degli argomenti. La dissertazione si configura come un commento filologico e letterario, preceduto da un’introduzione, da un testo critico e da una traduzione italiana. Nell’introduzione sono stati trattati alcuni problemi esegetici di carattere generale riguardanti la pericope di versi, con attenzione al complesso del primo libro e dell’opera. Dopo un capitolo dedicato alla struttura del libro, sono state discusse le fonti di Manilio, in particolare Arato, i suoi scolii, Cicerone e Germanico. I rapporti con quest’ultimo autore hanno consentito di prendere in considerazione i problemi di cronologia tra gli Astronomica e la traduzione dei Phaenomena del Princeps. Spazio è stato dedicato alle modalità di presentazione dei signa e al catasterismo. Nell’ultima parte dell’introduzione sono stati affrontati alcune questioni riguardanti i rapporti di Manilio con delle fonti iconografiche ed è stato tentato di interpretare il testo, visto come una grande ekphrasis, secondo un approccio “intervisuale”. Il testo, accompagnato da un apparato frutto di una nuova collazione dei codices primarii (GLNM) degli Astronomica, è preceduto da una nota sulla tradizione testuale del poema. L’apparato cerca di dar conto del maggior numero di interventi testuali, a partire dal quattrocento, con attenzione ai grandi filologi maniliani: Scaligero, Bentley e Housman. Il commento è strutturato su due ordini di note. A delle note generali e più ampie è demandata un’introduzione a singoli blocchi di versi: in queste sezioni vengono discussi i rapporti dell’autore con i modelli e si cerca di proporre un’interpretazione complessiva del passo in analisi. Le note ai singoli, versi, invece, discutono questioni più puntuali di testo, metrica e lingua, con attenzione ai paralleli. Il commento filologico, indispensabile per un poema testualmente complesso come gli Astronomica, si affianca a quello letterario. Su questo versante si è cercato di dimostrare come Manilio si muova con una certa libertà all’interno della tradizione aratea e riceva spunti anche da autori quali Virgilio e Ovidio. Inoltre, è stato evidenziato come nel passo la descrizione del cielo assuma dei toni che rimandano a uno scenario sublime, categoria rintracciabile anche in altri poemi didascalici latini. Spazio è stato riservato alla trattazione di alcuni aspetti della filosofia di Manilio: la descrizione del cielo in un costante equilibrio presuppone la presenza in filigrana di concezioni provvidenzialistiche. Infine, oggetto del commento sono state alcune problematiche scientifiche e astronomiche, discusse a partire dal confronto dei testi tecnici.
The verses 255-455 of the first book of the Astronomica of Manilius contain a detailed description of the constellations of the two hemispheres: structural model of the textual section are the Phenomena of Aratus. The Greek model, however, is only a trace in which the poet has moved: there are numerous differences with the Phenomena, in terms of organization of the matter and presentation of the arguments. The dissertation consists of a philological and literary commentary, preceded by an introduction, a critical text and an Italian translation. In the introduction some general exegetical problems concerning the pericope of verses have been treated, in the exposition of the topics has been paid attention to the complex of the first book and the work. After a chapter devoted to the structure of the book, were discussed the sources of Manilius, in particular Aratus, his schoolia, Cicero and Germanicus. Relations with the latter author have allowed to take into account the problems of chronology between Astronomica and the contemporary Princeps' Phaenomena. Space has been dedicated to the ways in which the constellations are presented, to catasterism and to the use of myth. In the last part of the introduction some questions concerning Manilius' relationship with iconographic sources were discussed and it was attempted to interpret the text, seen as a great ekphrasis, according to an "intervisual" approach. The text, accompanied by a critical apparatus resulting from a new collation of the codices primarii (GLNM), is preceded by a note on the textual tradition of the poem. The apparatus tries to give an account of the greatest number of textual interventions, starting from the fifteenth century, with attention to the great Manilian scholars: Scaliger, Bentley and Housman. The commentary is structured on two orders of notes. On the one hand, general and wider notes introduce single blocks of verses, these sections discuss the author's relationship with the models and propose an overall interpretation of the passage. The notes to the single verses, on the other hand, discuss more precise questions of text, metrics and style, with attention to the parallels with other authors. The philological commentary, indispensable for a textually complex poem such as the Astronomical, is combined with the literary one. In this regard, an attempt has been made to demonstrate how Manilius moves freely within the aratean tradition and also receives inspiration from authors such as Virgil and Ovid. In addition, the presence of a sublime scenario has been highlighted, a category that can also be found in other Latin didactic poems. Space has been reserved for the treatment of some aspects of Manilius' philosophy: the description of the sky in a constant equilibrium presupposes the presence of providentialist conceptions. Finally, some scientific and astronomical problems were discussed, starting from the comparison with technical texts.
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De, Nicolao Barbara. « Le traduzioni italiane di "Padri e figli" (Otcy i deti) di Ivan S. Turgenev ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2006. http://hdl.handle.net/11577/3425387.

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The Italian Translations of Ivan S. Turgenev’s Novel Fathers and Sons (Otcy i Deti) The research work studies the Italian translations of the Russian novel Fathers and Sons (original title Otcy i deti), written by Ivan Sergeevič Turgenev between 1860 and 1861 and first published in «Russkij vestnik» in March 1862. Twenty Italian translations have been found, spread over a period of a hundred and twenty-five years. The first of them came out in Milan in 1879, while the latest was published on 28th July 2004 as a supplement to the daily paper «La Repubblica». The work is composed of two parts, preceded by an Introduction. The first part (Chapters I and II) presents and defines the field of research. Chapter I gives a brief presentation of the novel and of its first translations into western European languages (French, German and English), while Chapter II contains a preliminary description and a comparison of the twenty Italian translations, presented in chronological order. The first part has a twofold target: on one side it aims at defining the corpus, excluding abridged versions, copies of former translations and translations done from a French or a German version of the novel; on the other side it wants to give a general description of each text. The second part (Chapters III – XI) studies the textual variants in the Italian translations. The study of the variants is carried out both on an interlinguistic and on an intralinguistic level. The first level analyses the relationship existing between the source text and the target texts and investigates questions related to the interpretation of the Russian text in its lexical and morphosynctatic aspects. The second, intralinguistic level compares the Italian translations one to another and is more closely concerned with the grammar and the history of the Italian language. However, the variants in the Italian translations are related not only to differences, and sometimes to mistakes, in the interpretation of the Russian text and to the historical and linguistic context in which the translators did their work: they depend even more on the idea of translation which lies behind the translator’s work and on the aim which he or she gives to themselves. Those translators who want to move the readers towards the writer, taking them inside the linguistic and cultural world of the original text, will be more inclined to «foreignize» the Italian text, e.g. introducing into their version a high number of loanwords; on the opposite side, those translators who want to move the writer towards the readers, bringing the original text closer to the language and culture of the Italian readers, will prefer to «domesticate» the Russian text in its linguistic, cultural and temporal aspects. Chapters III-VI are devoted to phonomorphological and lexical questions. Chapter III studies the different systems of transliteration from the Russian Cyrillic to the Latin alphabet, reconstructed through a comparison of the variants of Russian loanwords and proper nouns found in the Italian texts. Chapters IV and V discuss the different treatment reserved to Russian loanwords and proper nouns (anthroponyms, placenames and titles of books and newspapers), which are maintained in their original forms by some translators, adapted to the phonologic and morphologic systems of the Italian language or translated into Italian by others. Chapter VI investigates the vocabulary and studies the variants in the translation of over seventy Russian words, mostly nouns, belonging to the language of everyday life and nature, i.e. words naming items of clothing, pieces of furniture, food, animals, plants and diseases. Chapters VII and VII compare and discuss the different translations of twenty-five Russian sayings and idioms. The questions of the «faithfulness» to the original text and of the clear impossibility for a translator of «saying the same thing» in another language are particularly thorny in the translation of sayings and idioms, because here translating «word to word» very often does not allow to render the meaning of the source text. This side of the translator’s work involves questions related not only to the relationship between the signifiant and the signifié, but also to the different functions of a text (above all communicative and poetic functions) and finally to the mutual relationship between language and culture and, on a more general plan, between language and Weltanschauung. Chapters IX-XI deal with morphosyntactic aspects. Chapter IX studies the translations of the anaphoric and deictic personal pronouns, while Chapters X and XI compare the variants of translations of some verb tenses and moods, in the narrative and in the dialogic parts of the novel respectively. Starting from Weinrich’s distinction between erzählte Welt and besprochene Welt, Chapter X investigates the relationship existing between the tenses of the narration and the tenses of the commentary, highlighting both the different ways in which this relationship is expressed in Russian and in Italian and the different solutions found by the translators. Finally, Chapter XI studies the verbs in the dialogues and precisely: the different Italian translations of the Russian future tense, either with a future or with a present tense; the use of the «passato prossimo» as a narration tense along with the «passato remoto»; the use of the subjunctive and the indicative moods after the so-called «verbs of opinion» and in other types of clauses. The research work is accompanied by charts offering a quantitative analysis of the most relevant phenomena and allowing to follow their evolution and is completed by an Appendix presenting all the variants.
Le traduzioni italiane di Padri e figli (Otcy i deti) di Ivan S. Turgenev Il lavoro di ricerca ha per oggetto le traduzioni italiane del romanzo russo Padri e figli (titolo originale Otcy i deti) di Ivan Sergeevič Turgenev, romanzo scritto tra il 1860 e il 1861 e pubblicato nel marzo del 1862 sulla rivista «Russkij vestnik», («Messaggero russo»). Sono state reperire venti versioni italiane, che si distribuiscono su un periodo di centoventicinque anni. La prima infatti uscì a Milano nel 1879, mentre la più recente è stata pubblicata il 28 luglio 2004 come supplemento al quotidiano «La Repubblica». Lo studio si articola in due parti, precedute da una Introduzione. Alla prima parte (capp. I e II) è affidato il compito di inquadrare e delimitare l’oggetto della ricerca. Mentre il cap. I propone una breve presentazione del romanzo e delle prime traduzioni in lingue occidentali (francese, tedesco e inglese), il cap. II passa in rassegna le venti versioni italiane, presentate in ordine cronologico e messe a confronto tra di loro e con il testo russo. L’obiettivo è da un lato quello di definire il corpus da studiare, eliminando plagi, riassunti e traduzioni svolte a partire da una versione francese o tedesca del romanzo invece che dall’originale russo, dall’altro quello di fornire una descrizione complessiva di ciascun testo. La seconda parte (capp. III – XI) è dedicata allo studio delle varianti di traduzione italiana. Lo studio delle varianti si esplica a due livelli, interlinguistico, ovvero del rapporto tra il testo di partenza e i testi di arrivo, e intralinguistico, ovvero del confronto tra le varianti italiane. Al primo livello appartengono questioni riguardanti l’interpretazione del testo russo nei suoi aspetti lessicali e morfosintattici. Il secondo livello interessa invece più propriamente la storia linguistica e la grammatica dell’italiano. Le varianti di traduzione tuttavia sono legate non solo a differenze, e a volte ad errori, nell’interpretazione del testo di partenza e al contesto storico-linguistico nel quale si muovono i loro autori, ma dipendono altresì e soprattutto dall’idea di traduzione propria ad ogni singolo traduttore e dall’obiettivo che egli (o lei) si prefigge. Se l’obiettivo è quello di avvicinare il più possibile il lettore italiano all’universo linguistico e culturale del testo di origine, il traduttore tenderà infatti ad «estraniare» (foreignize) il testo italiano, ad esempio accogliendo nella sua versione un alto numero di prestiti; se viceversa l’obiettivo è quello di avvicinare il testo originale alla lingua e alla cultura dei lettori del testo tradotto, il traduttore preferirà «addomesticare» (domesticate) il testo russo, sia nella dimensione linguistica e culturale sia in quella temporale. I capp. III-VI sono dedicati ad aspetti fonomorfologici e lessicali. Nel cap. III sono studiati i sistemi di traslitterazione dall’alfabeto cirillico russo all’alfabeto latino, ricostruiti attraverso un confronto tra le varianti di prestiti mantenuti nella loro forma integrale e di nomi propri. I capp. IV e V mettono a confronto e discutono le diverse modalità di trattamento dei prestiti e dei nomi propri (antroponimi, toponimi, titoli di libri e giornali), che possono essere mantenuti integralmente, oppure parzialmente, cioè adattati ai sistemi fonologico e morfologico dell’italiano, o infine tradotti in italiano. Il cap. VI è dedicato al lessico. In questa sede vengono studiate le varianti di traduzione di oltre settanta parole russe, prevalentemente sostantivi, appartenenti a settori del lessico della vita quotidiana e della natura, quali l’abbigliamento, l’abitazione, l’alimentazione, gli animali, le piante e le malattie. Nei capp. VII e VIII sono messe a confronto le varianti di traduzione di un certo numero di proverbi e modi di dire russi, complessivamente venticinque. Nella traduzione di proverbi e modi di dire forse più che in altri settori si pone il problema della «fedeltà» della traduzione e dell’impossibilità per il traduttore di «dire la stessa cosa» in un’altra lingua, perché tradurre verbum e verbo spesso non porta affatto a sensum exprimere de sensu. Qui si intrecciano questioni legate sia al rapporto tra significante e significato, sia alle diverse funzioni del testo (in primis comunicativa e poetica), sia infine al rapporto tra lingua e cultura e più in generale tra lingua e Weltanschauung. I capp. IX-XI affrontano problemi di morfosintassi. Nel cap. IX sono studiate le varianti di traduzione dei pronomi personali soggetto anaforici e deittici, mentre i capp. X e XI sono dedicati alle varianti di traduzione di alcuni tempi e modi verbali, rispettivamente nelle parti narrative del romanzo e nei dialoghi. Nel cap. X, partendo dalla distinzione di Weinrich tra mondo narrato (erzählte Welt) e mondo commentato (besprochene Welt), viene studiato il rapporto tra tempi narrativi e tempi commentativi, evidenziando sia le diverse modalità con le quali tali rapporti vengono espressi in russo e in italiano, sia le diverse soluzioni adottate dai traduttori. Il cap. XI è infine dedicato ai verbi nei dialoghi e prende in considerazione le varianti di traduzione del futuro russo, con un futuro oppure un presente italiano, l’uso del passato prossimo come tempo narrativo in concorrenza con il passato remoto, l’uso dell’indicativo al posto del congiuntivo dopo i verbi di opinione e in alcuni altri tipi di frasi secondarie. Il lavoro è corredato da grafici che propongono un’analisi quantitativa dei fenomeni più rilevanti e permettono di seguirne l’evoluzione nel tempo e completato da un’ Appendice nella quale sono presentate, autore per autore, tutte le varianti.
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TOSELLO, Martina. « Luciano di Samosata. La discesa agli inferi o il tiranno (Κατάπλους ἢ τύραννος). Introduzione, traduzione e commento ». Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2018. http://hdl.handle.net/11392/2487969.

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Résumé :
Il lavoro di ricerca riguarda la traduzione e il commento del dialogo Κατάπλους ἢ τύραννος di Luciano di Samosata. A partire da alcune verifiche sulla costituzione del testo (l'edizione seguita è quella di MacLeod, Oxford 1972), si è condotta un'analisi interterstuale sui principali ipotesti(Omero, Platone, il giambo, la commedia antica e nuova, il kynikos tropos) per mettere a punto i più rilevanti aspetti linguistici, stilistici e tematici, nonché gli strumenti retorici adottati per arricchire il testo di una veste teatrale. Nelle diverse voci di commento si pone attenzione all'influenza della commedia attica che si conferma il modello privilegiato dell'autore nelle strategie satiriche, nella rievocazione di specifiche situazioni, nella citazione di versi e nella ripresa di moltissimi termini espressivi e metaforici, pur polverizzati nell'elegante prosa lucianea. Si evidenzia, inoltre, il rapporto della satira lucianea con la contemporaneità, mantenendo una linea di interpretazione intermedia tra le due principali letture che si sono fatte dell'opera di Luciano nel secolo precedente: quella di J.Bompaire (Lucien écrivain, 1958), che vede riproposti nei dialoghi una serie di topoi retorici che non riflettono in alcun modo la situazione politica-sociale del II sec. d.C., e quella di C.Peretti (Luciano: un intellettuale greco contro Roma, 1946) e B.Baldwin (Lucian as Social Satirist, 1961), che leggono nei numerosi attacchi a ricchi e tiranni che percorrono il corpus una esplicita denuncia delle disuguaglianze sociali e dell'abuso di potere da parte delle classi dirigenti in epoca imperiale. Si approfondisce in particolare la scelta da parte del Samosatense di Megapente come bersaglio della sua satira, una figura di tiranno che presenta molte analogie con il sofista Erode Attico, distintosi per la sua attività di uomo politico e di mecenate ad Atene. Più in generale alcune voci sono dedicate ai riferimenti testuali che rimandano a situazioni, costumi, pratiche dell'epoca lucianea, un'analisi che ha contribuito a individuare dettagli utili alla datazione dell'opera. I dati raccolti in sede di commento, inoltre, sono oggetto di approfondimento nelle sezioni introduttive. La composizione del dialogo probabilmente si può circoscrivere agli anni 165-166 d.C., periodo in cui il Samosatense si trovava ad Atene. Nella satira contro il despota Megapente, controfigura del retore Erode Attico, Luciano di proposito ripete gli stanchi formulari del koinos topos contro il tiranno con l'obiettivo di denunciare la ridicola aderenza a moduli retorici e la vanagloriosa supponenza di certe figure di sofisti che governavano le città greche dell'Impero romano. Non vengono risparmiati dall'irridente caricatura dell'autore nemmeno le voci ciniche dell'opera porte-parole della sua satira, ovvero il filosofo Cinisco, caratterizzato paratragicamente, e il ciabattino Micillo, trasfigurato con spunti derivati dal giambo e dalla commedia antica e nuova. Nel delineare l'ambientazione infernale del dialogo, il Samosatense si serve di modelli letterari riconoscibili che avevano influenzato con la loro autorevolezza le credenze dei contemporanei, dando vita a un universo apparentemente utopico, in cui in virtù di una paradossale isotimia i poveri trovano finalmente compensazione per le disuguaglianze costitutive del mondo dei vivi. Infine, lo stile e la lingua del Cataplus sono prevalentemente improntati sui generi del geloion (giambo, commedia antica, kynikos tropos); in particolare, una chiara aderenza a moduli teatrali ispirati dalla lettura dei testi comici si rileva nell'impiego di particelle, apostrofi e deittici tipici della lingua colloquiale dell'archaia, nonché nell'uso di particolari verbi di movimento per indicare l'entrata e l'uscita dei personaggi e i rispettivi rapporti spaziali, tutti elementi che contribuiscono a consolidare la potenziale performance del dialogo.
The research work focuses on the translation and commentary of Κατάπλους ἢ τύραννος, a dialogue by Lucian of Samosata. After dwelling upon text constitution (we followed MacLeod's edition, Oxford 1972), special attention has been paid to the main hypotexts (Homer, Plato, iambic poetics, ancient and new comedy, kynikos tropos) in order to highlight the most significant linguistic, stylistic and thematic aspects. Literary commentary largely points out the influence of attic comedy – themes, vocabulary, dramatic situations – as Lucian's privileged satirical model, evoked through specific scenarios, quotations and metaphoric words subtly embedded in Lucian’s prose. Moreover, the relation between lucianic satire and the time he lived in has been stressed, opting for an intermediate position between the two main interpretations of Lucian's work expressed in the previous century: one the one hand J.Bompaire (Lucien écrivain, 1958), who read in dialogues several topoi with no reference to the social-political situation of II century AD, on the other C. Peretti (Luciano: un intellettuale greco contro Roma, 1946) and B. Baldwin (Lucian as Social Satirist, 1961), who saw in the author's several attacks towards riches and tyrants an explicit denunciation of social inequalities and upper classes' abuse of power in the imperial age. Further attention has been focused on the choice of Megapenthes as the main target of Lucian's satire in the Downward Journey or the Tyrant: as a matter of fact, he is a tyrant whose life and nature share lots of analogies with Herodes Atticus', who stood out for his political activity and evergetism in Athens in the same period as Lucian. Generally speaking, there are other textual references to situations, customs and practices of Lucian's age which contribute to establishing the dialogue's dating. Furthermore, the evidence collected in the commentary is elaborated in the introductory sections. The dialogue must have been composed in 165-166 AD, by which time Lucian was in Athens. In his satirical attacks against Megapenthes, Herodes Atticus' alter ego, Lucian repeats usual old formulas of koinos topos against the tyrant to denounce the ridiculous adhesion to rhetorical motives of school exercises and the vainglorious arrogance of the sophists ruling over the Greek cities of the Roman Empire. The author’s mockery also targets the two cynics, porte-parole of his satire, i.e. the philosopher Cyniscus, a paratragic figure, and Micillus the shoemaker, characterized through iambic and both ancient and new comedy details. When describing the infernal setting of the dialogue, Lucian makes use of recognizable, authoritative literary models (which influenced the beliefs of the contemporary) and creates a utopic world (peace for everyone, mild climate, no diseases) where the poor can finally get a compensation for the constitutive inequalities of the upper world by virtue of a paradoxical isotimia. In conclusion, the style and language of the Cataplus are basically inspired by literary genres belonging to geloion (iambic poetics, ancient comedy and kynikos tropos); namely, a clear adhesion to theatrical strategies, due to the reading of comic pièce, can be perceived all across the author's use of particles, apostrophes and deictics which are typical of archaia's conversational language, as well as in the use of verbs of movement to indicate the characters' entries and exits and their spatial relationships. All those elements contribute to building up the potential performance of Lucian's dialogue.
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Sideri, Cecilia <1992&gt. « Per la fortuna di Diodoro Siculo fra XV e XVI secolo : la traduzione latina di Poggio Bracciolini e i primi volgarizzamenti : con un saggio di edizione critica dei testi volgari ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/17835.

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La tesi indaga la fortuna di cui godettero i primi cinque libri della 'Biblioteca storica' di Diodoro Siculo nei secoli XV e XVI attraverso lo studio della traduzione latina ad opera di Poggio Bracciolini (1449) e dei primi due volgarizzamenti italiani noti, entrambi anonimi, di cui si propone un'analisi e un saggio di edizione.
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Amendola, Davide. « Il papiro di Demade (P.Berol. inv. 13045 = BKT VII, pp. 13-31) : introduzione, edizione, traduzione e commento ». Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2017. http://hdl.handle.net/11384/86184.

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MORLINO, Luca. « «Alie ystorie ac dotrine» : Il "Livre d'Enanchet" nel quadro della letteratura franco-italiana ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426512.

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Résumé :
The subject of this thesis is the so-called "Livre d’Enanchet", the oldest text of Franco-Italian literature, already composed in the first half of 13th century. It was nevertheless overlooked by former critics because of its extraneousness to Epic literature whom most of the other Franco-Italian texts composed in the following century instead belongs. The present study is therefore an attempt to fill the gaps still present in our current historical and cultural picture of the diffusion of French language in several parts of Medieval Italy, with special regard to didactic texts and prose works. The introduction deals with a historical and literary setting of "Livre d’Enanchet"; a description of its two manuscripts, stored in Wien and Zagreb; an onomastical study of the Author’s name; a general analysis of text’s contents and internal structure (estates materials, universal history and love doctrine or "ars amandi"); a study of its Latin sources (Saint Paul’s "Epistles", Peter Comestor’s "Historia scolastica", Andreas Capellanus’ "De amore", Boncompagno da Signa’s "Rota Veneris", the anonymous "Facetus Moribus et vita" and another alleged one on the basis of some analogies with the following Antonio Pucci’s "Libro di varie storie"); a discussion about the general nature of the text, which could be either a compilation in vulgar language or a translation of a pre-existent Latin compilation; a comparative analysis of main linguistic features of the MSS, generally similar to those of other Franco-Italian or French texts copied in Northern Italy (the so-called "francese di Lombardia"); finally editorial principles and translation criteria. The central part of this work consists of a interpretative and synoptical edition of the MSS, supplemented by a critical translation founded on the hypothetical original text and then by an analytical commentary of each chapter in relation to sources and historical and cultural context. This commentary includes also the philological discussion of variants and emendations. The last part of this work is a quite complete glossary, which is a kind of supplementary linguistical study through a faithful representation of a language not very omogeneous and not regularly ranging from the French rule to Italian interference.
L’oggetto di questa tesi è il cosiddetto "Livre d’Enanchet", il testo più antico della letteratura franco-italiana, composto già nella prima metà del XIII secolo, ma trascurato dalla critica precedente a causa della sua estraneità al genere epico cui appartengono invece i principali testi di questa letteratura, composti invece nel secolo successivo. Il presente lavoro si configura pertanto come occasione per un’integrazione delle molte lacune che ancora caratterizzano il quadro storico-letterario e culturale della diffusione del francese come lingua letteraria in diverse aree dell’Italia medievale, in particolare per quanto riguarda la composizione di testi didattici nonché per l’uso della prosa. L’introduzione comprende un inquadramento storico-letterario del "Livre d’Enanchet"; la descrizione dei suoi due manoscritti, conservati a Vienna e a Zagabria; la discussione onomastica relativa al poco trasparente nome dell’autore; l’analisi generale del suo contenuto e della sua struttura interna, suddivisibile in tre parti, consistenti rispettivamente nell’esposizione dei doveri dei vari status socio-professionali, in una breve trattazione di storia universale in cui sono esposte le origini di alcuni di questi accanto a quelle di altri status e di alcune istituzioni, infine in un’ars amandi; la presentazione delle sue fonti (le "Lettere" di San Paolo, l’"Historia scolastica" di Pietro Comestore, il "De amore" di Andrea Capellano, la "Rota Veneris" di Boncompagno da Signa, l’anonimo "Facetus Moribus et vita", nonché un’altra fonte finora non rinvenuta ma ipotizzabile sulla base dei riscontri con il più tardo "Libro di varie storie" di Antonio Pucci); la discussione relativa al problematico statuto complessivo del testo, che potrebbe essere tanto quello di una compilazione in volgare quanto all’opposto quello del volgarizzamento di una compilazione latina preesistente; l’analisi comparativa dei principali tratti linguistici che caratterizzano i due testimoni, in buona sostanza riconducibili alla fenomenologia del cosiddetto "francese di Lombardia" degli altri testi francesi composti o copiati in Italia settentrionale; infine i criteri di edizione e traduzione. La parte centrale del lavoro consiste nell’edizione interpretativa sinottica dei due testimoni, con a fianco una traduzione critica, basata cioè sul testo dell’originale, e da un commento analitico di ciascun capitolo in rapporto alle fonti e al contesto storico-culturale. Il commento comprende anche la discussione filologica delle varianti e degli interventi testuali. L’ultima parte del lavoro è costituita da un ampio glossario, tendenzialmente completo, che costituisce una sorta di integrazione dello studio linguistico attraverso una rappresentazione fedele di una lingua così poco omogenea e oscillante tra il rispetto della norma francese e l’interferenza italiana.
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Raffaelli, Enrico G. « Il Sı̄h-rōzag e la sua traduzione mediopersiana : un'analisi filologica e storico-religiosa ». Paris, EPHE, 2004. http://www.theses.fr/2004EPHE0013.

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Résumé :
La thèse contient une édition critique commentée du texte avestique Sih-rozag et de sa traduction en moyen-perse. Elle est divisée en quatre parties. La première présente les caractéristiques principales du texte, qui est constitué d’invocations aux entités divines principales du panthéon zoroastrien, distribuées en trente-trois paragraphes. Le Sih-rozag nous a été transmis en deux rédactions qui diffèrent par leur forme morphologique et leur extension : elles expriment, à travers leur formulation, deux dimensions rituelles différentes du zoroastrisme. Comme le suggèrent les éléments compositionnels et grammaticaux, le Sih-rozag fut composé après la plupart des textes avestiques, à un moment où l’avestique n’était plus bien maîtrisé (peut-être vers la fin du Ive siècle a. C. Ou après). Sa version moyen-perse, qui en reproduit assez fidèlement le sens, remonte probablement au IX-Xe siècle. La deuxième partie de la thèse décrit les manuscrit utilisés pour l’édition et analyse la tradition manuscrite des deux versions du texte (la tradition de la version moyen-perse est clairement divisée en deux familles de manuscrits). La troisième partie de la thèse contient l’édition critique et la traduction des versions avestique et moyen-perse du texte. La quatrième partie décrit les caractéristiques des entités divines auxquelles les paragraphes du Sih-rozag sont dédiés, et analyse de façon détaillée le texte avestique et sa traduction en moyen-perse. Un appendice contenant les correspondances du Sihèrozag avec les autres textes avestiques conclut la thèse
This thesis consists of a commented critical edition of the Avestan text Sih-rozag and of its Middle-Persian translation. It is divided in four parts. The first part describes the main features of this text: it is formed of 33 paragraphs, and is composed of invocations to the main divine entities of the Zoroastrian pantheon. The Sih-rozag exists in two versions, which are different both in their grammatical form and in their length: these two versions express two different ritual dimensions of the Zoroastrian religion. As is suggested from the composition and from the grammatical structure of the text, the Sih-rozag was composed after most of the other Avestan texts, and at a moment in which the Avestan language was no longer mastered (supposedly at the end of the IVth century B. C. , or later). Its Middle-Persian translation, which is quite accurate, was probably composed in the IX-Xth century A. D. The second part of the thesis describes the manuscripts which has been used for the edition, and analyses the manuscript tradition of the two versions of the text (the tradition of the Middle-Persian version is clearly divided in two families of manuscripts). The third part of the thesis contains the critical edition and the translation of the Avestan and of the Middle-Persian version of the text. The fourth part describes the main features of the divine entities to which the paragraphs of the Sih-rozag are dedicated, and analysis in detail the Avestan text and its Middle-Persian translation. An appendix which contains the correspondances between the Sih-rozag and the other Avestan texts concludes the thesis
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Cattani, Ilaria <1993&gt. « Perceval e Parzival. Traduzioni e tradizioni a confronto ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/18547.

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Résumé :
Partendo dalla consapevolezza di limiti e problematiche insite alla materia che intendo prendere in esame, andrò ad analizzare nello specifico due opere medievali appartenenti al ciclo arturiano: "Le Roman de Perceval ou le conte du Graal" di Chrétien de Troyes e il "Parzival" del poeta tedesco Wolfram von Eschenbach. Grazie ad un'analisi comparativa fra il testo in francese antico (testo-fonte) e quello in alto tedesco medio (traduzione) e delle relative trasmissioni manoscritte, prenderò in esame le significative divergenze che intercorrono fra questi due testi. Infine valuterò le potenzialità dell'applicazione in ambito filologico delle riflessioni e dei concetti appartenenti ai Descriptive Translation Studies.
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Tondini, Raffaele. « Origenes brevior. Ricerche su Origene e sulla tradizione del Commento a Matteo (con l'edizione dei libri XII-XIII) ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3425411.

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Résumé :
Questa tesi si prefigge due obiettivi distinti ma tra loro collegati. Essa prende le mosse da ricerche volte a saggiare la maggiore o minore disponibilità  dei lettori bizantini a dialogare con l'affascinante ma controversa eredità  di Origene. In questa prospettiva verrà  indagato un curioso riferimento, contenuto negli atti del Secondo Concilio di Nicea (787), a dei fantomatici atti di un sinodo apostolico tenutosi ad Antiochia e conservati nella biblioteca di Origene (capitolo 1). Ci dedicheremo poi allo studio dei rapporti di Fozio con la figura e l'opera di Origene. La valutazione del suo pensiero teologico si salderà  qui con la trasmissione materiale delle opere di Origene: particolare peso in questa ricerca avrà  infatti il codice Marc.gr. 47 della Filocalia (capitolo 2). In secondo luogo, questa tesi si occuperà  della ricezione e della trasmissione medievale di un'opera di Origene, il Commento a Matteo. Si fornirà  pertanto l'edizione dei libri 12 e 13 discostandosi dai criteri ecdotici adottati da Klostermann nella sua edizione del 1935. Per quest'opera disponiamo di un testo di tradizione diretta greca (libri 10-17 su 25), parzialmente sovrapposto a un'anonima traduzione latina (V-VI sec.). Si intende qui dimostrare che i nostri manoscritti greci non trasmettono il testo così come licenziato dall'autore: essi sono bensì testimoni di un compendio successivo, in cui il Commento a Matteo è stato pesantemente abbreviato. Si giungerà a questa conclusione tramite il sistematico confronto del testo greco con la traduzione latina, che appare spesso più ampia (capitolo 4) e con le catene esegetiche dedicate a i Vangeli sinottici che, laddove attingono al commento origeniano, offrono passaggi ignoti alla tradizione diretta (capitolo 3). Le medesime conclusioni si ricaveranno poi dallo studio di altri rami di tradizione, tra cui spiccano i frammenti palinsesti del Crypt. Γ. β. VI, testimoni della redazione non compendiata del Commento a Matteo (capitoli 5 e 6). Nella sua edizione del 1935 Klostermann aveva inserito nel testo greco innumerevoli congetture e integrazioni ricavate dal confronto sistematico con la traduzione latina. In questa sede offriamo invece un'edizione della sola redazione compendiaria greca, depurata dagli interventi dell'editore tedesco. Il testo greco sarà accompagnato da una traduzione italiana di servizio e sarà seguito da una serie di note atte a giustificare le scelte ecdotiche più delicate. L'edizione sarà peraltro basata su un aggiornato studio codicologico e paleografico dei manoscritti greci del Commento a Matteo (Cantabr.Trin.Coll. B. 8. 10; Monac.gr. 191; Marc.gr. 43, Vat.gr. 597; Par.gr. 455; Matr.gr. 4725; Barb.gr. 575; Barb.gr. 556), dei quali si offrirà un'aggiornata sistemazione stemmatica (capitolo 7).
This thesis has two distinct but related purposes. First of all, it aims at testing the greater or lesser willingness of Byzantine readers to dialogue with the fascinating but controversial Origen's legacy. In this perspective, we will investigate a curious reference, contained in the acts of the Second Council of Nicaea (787), to the presumed acts of an apostolic synod held in Antioch and kept in Origen's library (chapter 1). We will then focus on the study of Photius' appreciation of the figure and work of Origen. The evaluation of his theological thought will be joined with the material transmission of Origen's works. Indeed, ms. Marc.gr. 47of the Philocalia will be particularly relevant in this research (chapter 2). Secondly, this thesis will deal with the reception and the medieval transmission of a work by Origen, the Commentary on Matthew. The edition of books 12 and 13 will therefore be 560 provided, departing from the ecdotic criteria adopted by Klostermann in his 1935 edition. For this work, a Greek text is available (books 10-17 on 25), partially overlapping with an anonymous Latin translation (5th-6th century). Our aim is to demonstrate that our Greek manuscripts do not transmit the text as licensed by the author. On the contrary, they attest a later compilation, in which the Commentary on Matthew has been heavily abbreviated. We will come to this conclusion through the systematic comparison between the Greek text and the Latin translation, which often appears wider (chapter 4), and with the exegetical chains dedicated to the Synoptic Gospels which, where they draw from Origen's Commentary, offer passages unknown to the direct tradition (chapter 3). The same conclusions will then be drawn from the study of other branches of the tradition, among which the fragments of Crypt. Γ. β. VI stand out. They are in fact a witness of the unabridged version of the Commentary on Matthew (chapters 5 and 6). In its 1935 edition, Klostermann had inserted in the Greek text conjectures and additions derived from the systematic comparison with the Latin translation. Here we offer instead an edition of the Greek abridged version, purified from the interventions of the German scholar. The Greek text will be accompanied by a strictly literal Italian translation and will be followed by a series of notes to justify the most delicate ecdotic choices. The edition will also be based on a new codicological and palaeographic study of the Greek manuscripts of the Commentary on Matthew (Cantabr.Trin.Coll. B. 8. 10; Monac.gr. 191; Marc.gr. 43, Vat.gr. 597; Par.gr. 455; Matr.gr. 4725; Barb.gr. 575; Barb.gr. 556). Finally, an updated stemmatic arrangement of the manuscript tradition will be offered (chapter 7).
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LA, ROSA MADDALENA. « LE VERSIONI OMERICHE DI MELCHIORRE CESAROTTI : INTRODUZIONE, ANALISI E COMMENTO ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2021. http://hdl.handle.net/2434/833926.

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My dissertation, entitled "Le versioni omeriche di Melchiorre Cesarotti: introduzione, analisi e commento", aims to present an overall picture of the Homeric studies carried out by Melchiorre Cesarotti during his career as a professor in Padua and, specifically, to offer a study of the editorial, critical and translation work done by him on the Iliad in the two editions published in Padua, the first between 1786 and 1794 (at the Penada publisher) and the second between 1798 and 1802 (at the publisher Brandolese). The thesis is divided into two parts: on the one hand, the first traces the long period of Cesarotti’s Homeric criticism starting from his modernist turn of 1762, on the other it reconstructs the translation studies that he deepens in the years of his academic chair; the second part presents a textual analysis of his translations of the Iliad and a synthesis of the peculiarities of the poetic translation, aimed at carrying out both a poetic and moral reform of the Homeric poem.
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Funaro, Federica <1991&gt. « Le Etiopiche di Eliodoro di Emesa : manoscritti, edizioni, traduzioni latine e italiane del XVI secolo ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19546.

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Résumé :
Il lavoro si propone di studiare la diffusione, manoscritta e a stampa, e le traduzioni latine e italiane del romanzo greco di Eliodoro di Emesa: le Etiopiche (III sec. d.C.). Nella prima parte si delinea la problematica relativa al profilo dell’autore, non ancora universalmente riconosciuto, e si analizzano l’opera, intesa come romanzo “erotico”, e le sue struttura e trama. Nella seconda sezione si ricostruisce e si aggiorna lo studio della tradizione manoscritta e dei trentasei testimoni che hanno conservato l’opera, da un frammento pergamenaceo (VII sec. d.C.), a mss. del XVIII secolo, copie di edizioni a stampa. Questo è il tema scelto per la terza parte, in cui si ripercorrono, attraverso note prefatorie ed epistole dedicatorie, le tappe degli studi di editori, stampatori e traduttori coinvolti nella pubblicazione delle Etiopiche: dall’editio princeps in greco (1534), alle numerose edizioni parziali e traduzioni latine, qui confrontate e valutate a partire dall’originale greco; dal volgarizzamento italiano (1556), mai editato criticamente, fino alle pubblicazioni di Martin Crusius (1584) e Commelinus (1596), autori, rispettivamente, di una monumentale epitome in latino e della prima edizione “moderna” con testo latino affrontato al greco, frutto di collazioni tra manoscritti ed edizioni. L’ultima parte segue le orme di Eliodoro nel Settecento e nell’Ottocento e le vede ripercorse da quelle di numerosi e celebri poeti. Constatata l’importanza delle Etiopiche, questa tesi si propone come aggiornamento e sintesi degli studi finora condotti, e come punto di partenza per quelli futuri, poiché il romanzo necessita di ulteriore ricerca, filologica e linguistica, volta soprattutto all’esegesi del volgarizzamento italiano.
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Zappala', Daniela. « Il VI libro dei Geoponica : introduzione, traduzione e commento ». Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1180.

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Résumé :
I Geoponica sono il solo trattato completo e metodico che la letteratura greca ci ha lasciato sull agricoltura. Essi si datano al X secolo d.C., durante il regno dell imperatore Costantino VII Porfirogenito e si compongono di 20 libri, di ineguale estensione, i quali abbracciano tutto il mondo delle informazioni agricole, compresa la meteorologia celeste e terrestre, la viticoltura, l olivicoltura, l apicoltura, la medicina veterinaria, la costruzione di stagni per la piscicoltura. Un interesse particolare viene riservato alla coltivazione della vite e alla produzione del vino (vi sono dedicati i libri IV-VIII), ma largo spazio vi trovano anche la coltura dell ulivo e la gestione dell orto. Il presente lavoro è costituito da un ampia introduzione sui Geoponica, dalla traduzione del VI libro, con a seguire il commento, dove è stata svolta anche un analisi comparativa tra il testo greco e le opere degli agronomi latini (Plinio, Columella, Palladio, Varrone, Catone) che trattano il medesimo argomento, ovvero l intero processo di vinificazione, dalla raccolta delle uve fino alla fruizione del vino. Il VI libro, infatti, è il terzo dei cinque libri che il trattato ha dedicato al vino ed alla sua realizzazione; nello specifico in esso si descrivono le caratteristiche delle cantine, come renderle adatte per accogliere il mosto, quali proprietà devono possedere gli orci che conterranno prima il mosto e poi il vino e come evitare che questo vada a male.
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Mancarella, Maria Carmela. « Harry Mathews e la traduzione : il gioco e l'identità ». Doctoral thesis, Università di Catania, 2013. http://hdl.handle.net/10761/1404.

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Résumé :
Il presente lavoro indaga la poetica dello scrittore americano Harry Mathews e la sua attività traduttologica in relazione a quella dei traduttori ideali: Georges Perec e Marie Chaix. Data la centralità della riscrittura nel suo corpus, la traduzione assurge a grimaldello ermeneutico per enucleare la sotterranea dialettica che imbriglia la sua scrittura.
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CICCHELLA, ATTILIO. « Domenico Cavalca "Volgarizzamento degli Atti degli Apostoli". Edizione critica ». Doctoral thesis, Università del Piemonte Orientale, 2017. http://hdl.handle.net/11579/102644.

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Résumé :
Studio della tradizione, manoscritta e a stampa, ed edizione critica degli Actus Apostolorum volgarizzati da Domenico Cavalca da Vicopisano. L'edizione è accompagnata una postilla linguistica e da un glossario.
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Calvaresi, Laura <1988&gt. « Tra 'profitto' ed 'Industria' : traduzioni di termini economici e percorsi di ricezione sociale del 'De regimine principum' di Egidio Romano nel medioevo (XIII-XV secolo) ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19528.

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Résumé :
La tesi vuole ricostruire la ricezione sociale del De Regimine Principum di Egidio Romano a partire dal lessico economico. Per raggiungere questo scopo si parte da un primo capitolo che serve da necessaria premessa storio-grafica. Il secondo capitolo presenta la struttura, le circostanze di composizione e la diffusione del De Regimine Principum e delle sue versioni nei volgari. Si affronta poi nel terzo capitolo l’analisi del lessico economico della versione latina, per circoscrivere di seguito alcuni concetti che rivestono maggiore importanza, come quello di in-dustria. Nel quarto capitolo si operano dei raffronti sulla base del lessico sopra individuato con le traduzioni francese e senese, e all’interno delle varie versioni italiane esistenti, con lo studio anche di alcuni manoscritti par-ticolarmente significativi. Si conclude quindi evidenziando le acquisizioni ricavate nel corso della trattazione. Se-gue un’appendice con l’analisi dei testamenti di Egidio Romano.
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NEFZI, Emna. « Traduzione, analisi, studio filologico-linguistico e storico-culturale del testo “Taṯqīf al-lisān wa talqīḥ al-ğanān” [Emendamento della lingua e fecondazione dello spirito] ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2022. https://hdl.handle.net/10447/554918.

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Cassi, Romana. « Il De liberis educandis di Guarino Guarini : Testo latino, traduzione e commento storico-filologico = Guarino Guarini’s De liberis educandis : Latin text, Italian translation and historical-philological commentary ». Thesis, Boston College, 2016. http://hdl.handle.net/2345/bc-ir:107282.

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Résumé :
Thesis advisor: Franco Mormando
Tra il 1410 e 1411, di ritorno dal suo viaggio di formazione in Grecia, il giovane Guarino tradusse in latino il Περὶ παιδῶν αγογὴς, opuscolo contenuto nel corpus dei Moralia e attribuito ad un maestro del circolo di Plutarco. Il testo greco riassumeva concetti educativi fondamentali nell’antichità, suggerendo un modello di educazione che mirava a formare un uomo laico, cittadino consapevole dei suoi doveri familiari, civili e religiosi. Questo concetto educativo, consono alla sensibilità umanistica di Guarino, spiega la sua scelta di tradurre in latino l’opera greca. Il De liberis educandis rappresenta, dunque, dal punto di vista del contenuto, un importante divulgatore di principi educativi per i secoli a venire e, dal punto di vista linguistico, una preziosa fucina di quel nuovo latino che andava formandosi all’inizio del XV secolo e di cui Guarino è uno dei primi artefici. Questo studio si propone di sottrarre il De liberis educandis dall’ombra e di aggiungere osservazioni sulla controversa attività di Guarino come traduttore. Sulla base di un dettagliato confronto linguistico tra l’originale greco e la versione latina di età umanistica, si può concludere che Guarino traduceva il testo greco con precisione, pur permettendosi qualche libertà dal punto di vista linguistico e culturale, come si dimostrerà con precisi riferimenti testuali. Il raffronto con l’originale greco rappresenta anche la base per avviare un’edizione critica dell’opuscolo latino che, assieme ad una traduzione in italiano, non è mai stata affrontata prima d’ora
Thesis (PhD) — Boston College, 2016
Submitted to: Boston College. Graduate School of Arts and Sciences
Discipline: Romance Languages and Literatures
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Martorana, Claudia Stella. « Tradurre il linguaggio metaforico di Jean Giono : Les Âmes fortes dal francese all'italiano, dalla pagina allo schermo ». Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1238.

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La tesi è uno studio sulla traduzione della metafora e delle espressioni idiomatiche applicata ad un testo letterario, Les Âmes fortes, romanzo di Jean Giono pubblicato nel 1950. La sua particolare scrittura, caratterizzata dall unione di metafore poetiche e linguaggio quotidiano, permette all autore di deformare la realtà attraverso l immaginazione, mettendo l uomo e il mondo al centro di un perpetuo gioco di inedite e ambigue relazioni. In questo lavoro coesistono una parte teorica sulla traduzione, la metafora e l opera di Giono, e una parte pratica, dedicata alla proposta di traduzione interlinguistica delle metafore più rappresentative de Les Âmes fortes, e all analisi del processo di traduzione intersemiotica che nel 2001 ha dato vita all omonimo adattamento cinematografico del romanzo. Lo scopo della tesi è quello di illustrare le strategie messe in atto nei due diversi processi traduttivi, mostrando le difficoltà legate alla profonda compenetrazione di fattori linguistici, stilistici e culturali che rappresenta la principale caratteristica delle espressioni metaforiche e, di conseguenza, un importante sfida per i traduttori.
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Primo, Novella Antonia Liana. « "Dans le reflet des neiges". Poeti-traduttori leopardiani da Sainte-Beuve a Bonnefoy ». Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1240.

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ABSTRACT La tesi di dottorato «Dans le reflet des neiges». Poeti-traduttori leopardiani da Sainte-Beuve a Bonnefoy analizza forme e momenti significativi della ricezione di Giacomo Leopardi nella Francia letteraria dall Ottocento sino ai nostri giorni, facendo riferimento soprattutto alle traduzioni dei Canti realizzate da celebri scrittori come Sainte-Beuve, Jaccottet, Bonnefoy. L obiettivo precipuo del lavoro, articolato in quattro parti, è stato quello di compiere una ricerca diacronica e sincronica che ha permesso di approfondire lo studio di alcuni autori esemplari della letteratura francese i quali hanno introdotto un tenue leopardismo nel tessuto della loro produzione. Dopo aver esaminato alcune traduzioni ottocentesche, la tesi si sofferma soprattutto sull «écriture de la traduction» di Jaccottet, il cui leopardismo, filtrato dall influenza di Ungaretti, associa spesso la poesia di Leopardi al tema della neve proponendo un originale interpretazione della poesia del Recanatese in senso glaciale . La predilezione verso Leopardi è dichiarata in Bonnefoy le cui traduzioni sono delle vere e proprie riscritture poetiche e i cui saggi mirano a concettualizzare la valenza e pregnanza del pensiero filosofico del poeta di Recanati, riletto con un apertura alla speranza. La parte conclusiva del lavoro mira, infine, a tracciare un bilancio provvisorio intorno alla ricezione odierna di Leopardi in Francia. Dallo studio emergono anche altre costanti quali: l attenzione dei traduttori-poeti al misogallismo di Leopardi e, di contro, al suo patriottismo nell affermare in modo chiaro l identità della nazione italiana; la costante tendenza a confrontare la sua opera con quella di molti letterati europei, individuando in particolare una forte similarità con la poesia di Mallarmé e infine l idea che se non si può parlare di un leopardismo francese stricto sensu, esiste comunque una ben marcata linea imitativa del dettato lirico del Recanatese presso i poeti francesi, nonostante la sua opera resti ancora oggi poco nota presso l ampio pubblico.
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FEDERICO, LUCA. « L'apprendistato letterario di Raffaele La Capria ». Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1005664.

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Superati «novant’anni d’impazienza» e dopo un lungo periodo votato all’autocommento e all’esplorazione delle proprie intenzioni, Raffaele La Capria ha raccolto le sue opere in due Meridiani curati da Silvio Perrella. La Capria ne ha celebrato l’uscita nella prolusione inaugurale di Salerno Letteratura, poi confluita nel breve autoritratto narrativo "Introduzione a me stesso" (2014). In questa sede, l’autore è tornato su alcuni punti essenziali della sua riflessione sulla scrittura, come la relazione, reciproca e ineludibile, fra tradizione e contemporaneità. All’epilogo del «romanzo involontario» di una vita, La Capria guarda retrospettivamente alla propria esperienza come ad un’autentica educazione intellettuale. Perciò, muovendo da un’intervista inedita del 2015, riportata integralmente in appendice, la tesi ha l’obiettivo di ricostruire l’apprendistato letterario di La Capria dai primi anni Trenta, quando l’autore ancora frequentava il ginnasio, fino all’inizio dei Sessanta, quando ottenne il premio che ne avrebbe assicurato il successo. Il percorso, che riesamina l’intera bibliografia lacapriana nella sua varietà e nella sua stratificazione, si articola in una serie di fasi interdipendenti: la partecipazione indiretta alle iniziative dei GUF (intorno alle riviste «IX maggio» e «Pattuglia»); l’incursione nel giornalismo e l’impegno culturale nell’immediato dopoguerra (sulle pagine di «Latitudine» e di «SUD»); l’attività di traduttore dal francese e dall’inglese (da André Gide a T.S. Eliot); l’impiego alla RAI come autore e conduttore radiofonico (con trasmissioni dedicate a Orwell, Stevenson, Saroyan e Faulkner); la collaborazione con «Il Gatto Selvatico», la rivista dell’ENI voluta da Enrico Mattei e diretta da Attilio Bertolucci; e le vicende editoriali dei suoi primi due romanzi, “Un giorno d’impazienza” (1952) e “Ferito a morte” (1961), fino alla conquista dello Strega. La rilettura dell’opera di uno scrittore semi-autobiografico come La Capria, attraverso il costante riscontro di fonti giornalistiche, testimonianze epistolari e documenti d’archivio che avvalorano e occasionalmente smentiscono la sua versione dei fatti, diventa allora un’occasione per immergersi nella sua mitografia personale e avventurarsi in territori finora poco esplorati: come la ricostruzione del suo profilo culturale, a partire dal milieu in cui La Capria vive e opera, o l’incidenza delle letture e delle esperienze giovanili sulla sua prassi letteraria.
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MARCHETTI, CARLO. « Testi pahlavī dal codice MK. Edizione critica, traduzione e commento ». Doctoral thesis, 2022. http://hdl.handle.net/11573/1613483.

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Résumé :
La tesi dottorale intitolata “Testi pahlavī dal codice MK” offre l’edizione critica di diciassette componimenti pahlavī contenuti nel codice siglato MK, insieme con la loro traslitterazione, trascrizione e traduzione. Un regesto introduttivo per ogni testo fornisce i dati più propriamente culturali e letterari ricavabili dallo studio delle opere e del loro genere (handarz o sapienziale, ēwēn-namag o precettistico), mentre un esteso apparato di note di commento contestualizza le informazioni codicologiche e paleografiche derivate dall’analisi dei diversi manoscritti impiegati per la collazione. Le edizioni dei componimenti di MK finora pubblicate non hanno potuto presentare un’analisi critica dei testi per l’indisponibilità del codice, ritenuto perso dall’epoca della pubblicazione a stampa a fine Ottocento. Il presente lavoro, invece, giovandosi della visione diretta di MK e di altri cinque codici più un’importante collazione moderna, propone per la prima volta una disamina impostata secondo criteri filologicamente accurati. Un altro importante risultato dell'opera, inoltre, è stato quello di definire un preciso contesto cronologico e autoriale non soltanto dei testi contenuti in MK ma anche del codice stesso, prendendo in considerazione in maniera critica tutte le informazioni ricavabili dai suoi colofoni e dalle sottoscrizioni delle sue copie più recenti. Il lavoro, dunque, rimarca in generale l’importanza di un’analisi accurata della tradizione manoscritta, sia dal punto di vista materiale sia da quello contenutistico, per le future edizioni critiche di testi pahlavī.
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Calloni, Mara. « Una branche dimenticata : studio e traduzione di Renart Empereur ». Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11393/282530.

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Abstract della Tesi di Dottorato Una branche dimenticata: studio e traduzione di Renart Empereur La Tesi propone uno studio complessivo e la traduzione integrale della più estesa branche del Roman de Renart, meglio nota come Renart Empereur. In passato, la branche XI, secondo la numerazione di Martin, ha conosciuto una notevole fortuna, testimoniata dalla cospicua tradizione manoscritta, costituita da dodici codici e due frammenti, e dalla ripresa di alcuni temi fondamentali della guerra tra Re Noble e Renart e dell’incoronazione della volpe nelle opere epigonali Renart le Nouvel e Le Couronnement Renart; tuttavia la critica moderna ha relegato questa branche a un ruolo subalterno, giudicandola povera del carattere eroicomico tipico delle branches più antiche, e priva di un’architettura narrativa armoniosa e bene organizzata. Il presente lavoro opera in direzione di una rivalutazione generale della branche, ritenendo che i giudizi negativi su di essa derivino da due fraintendimenti: la valutazione di un prodotto letterario medievale attraverso dei criteri estetici moderni, e l’idea che la frammentarietà strutturale della branche derivi dalla scarsa abilità del troviero responsabile dell’intero testo. La branche XI è articolata in due unità narrative, del tutto indipendenti non solo dal punto di vista diegetico, ma anche sotto il profilo genetico: la discontinuità tra le due sezioni emerge lucidamente sui piani delle strutture, dei contenuti e dell’apparato retorico formale, determinando una storia compositiva articolata in fasi distinte. Il primo capitolo si concentra sull’analisi dei contenuti narrativi degli episodi confluiti nella prima sezione, più varia e dinamica, che si delinea come una catena di avventure e di incontri che Renart compie lungo il cammino: Renart e Isengrin, Renart e le more, Renart e Roonel, Renart e i nibbi, Renart, il cavaliere e il servitore, Renart e Droin. Alcuni di essi sono fortemente debitori alla tradizione renardiana, dalla quale attingono i motivi e il formulismo tipici. Il secondo capitolo prende in esame la seconda sezione, che si configura come un racconto unitario volto alla parodia sistematica e globale del mondo epico-cavalleresco: la narrazione si svolge tra la corte e il campo di battaglia e ruota attorno alle vicende belliche che il popolo di Re Noble deve sostenere prima contro i pagani e poi contro Renart e i baroni in rivolta. La solidarietà delle strutture narrative, dei contenuti e dei temi, dell’apparato retorico-formale e, infine, delle modalità di conduzione del racconto, dimostra che per la seconda sezione è possibile supporre una genesi unitaria. Dopo aver analizzato gli aspetti di singolarità dell’una e dell’altra sezione, il terzo capitolo si propone l’indagine della branche nel suo complesso, analizzando le strategie formali e tematiche intervenute per conferire uniformità a un discorso narrativo così eterogeneo, che sin dalla sua prima circolazione manoscritta hanno garantito una ricezione unitaria della branche. Si considera, inoltre, la storia compositiva della branche, che sin dalla sua prima circolazione manoscritta è stata recepita come un complesso narrativo unitario e coeso. Infine, si studia la funzione della branche all’interno della macrostruttura del Roman de Renart, del quale sembra proporsi come conclusione ideale.
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CUTOLO, CARMELO. « Areteo di Cappadocia, Libro I, Introduzione, testo critico, traduzione e note di commento ». Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11570/3118126.

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VUTURO, Francesca Paola. « IL “SINASSARIO DELLE NOBILDONNE” E LA “LODE DELLE DONNE” DUE COMPONIMENTI IN GRECO VOLGARE EDIZIONE CRITICA, TRADUZIONE E COMMENTO ». Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/10447/101542.

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PELLEGRINO, DOMENICO. « La traduzione greco-latina di Burgundio del trattato galenico De elementis ex Hippocratis sententia. Introduzione e testo critico a cura di Domenico Pellegrino ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11570/3126441.

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MERISIO, ELISA NURIA. « Le iscrizioni metriche della Frigia orientale : paideia greca e identità locale. Edizione, traduzione e commento ». Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11573/1364428.

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Résumé :
La tesi consiste nell’edizione, corredata da traduzione e commento, delle iscrizioni metriche greche provenienti dalla parte orientale della Frigia (odierna Turchia), regione dell’antica Asia Minore. Si tratta di un corpus di circa novanta iscrizioni datate tra il II e il V secolo d.C., in prevalenza epigrammi funerari, ma anche votivi e onorifici, che presentano caratteristiche molto differenti a seconda della tipologia di testo e della zona di provenienza dell’iscrizione, sia per quanto riguarda il livello della lingua greca sia in relazione alla qualità dello stile poetico. Di ogni epigrafe viene fornita una nuova edizione, che si basa sulle edizioni precedenti e sulla visione diretta di riproduzioni fotografiche della pietra o di calchi da essa ricavati, qualora essi siano disponibili. All’edizione fanno seguito la traduzione, lo stato dell’arte relativo al documento e – quando possibile – una breve descrizione del supporto epigrafico e dell’aspetto paleografico dell’iscrizione. Il commento è incentrato sugli aspetti linguistici, filologici e letterari degli epigrammi. Ci si è soffermati in particolare sulle caratteristiche della lingua greca di questi testi, che oltre a registrare fenomeni dovuti all’età tarda comuni allo sviluppo generale della lingua e una maggiore aderenza alle pronunce proprie della lingua parlata, è talvolta influenzata dalla sopravvivenza nel territorio di una lingua di sostrato, il neo-frigio. L’altro punto focale del commento è l’analisi della tradizione letteraria che sta alla base di questi testi: dalla lettura delle iscrizioni emerge chiaramente come le opere che costituiscono il modello primario per la maggior parte degli epigrammi siano i poemi omerici, circostanza non sorprendente se si considera l’importanza che Omero ebbe nell’istruzione scolastica anche di base fino alla tarda età imperiale. Le influenze letterarie non si limitano tuttavia al retaggio omerico: a un esame più approfondito i vari componimenti appaiono infatti costellati da un lessico e da una fraseologia molto più variegati, che si differenziano a seconda della formazione degli autori dei singoli epigrammi (quasi sempre figure del tutto sfuggenti) e del contesto culturale e sociale in cui operavano, i cui limiti corrispondono talvolta ad aree geografiche ben precise. In particolare, è notevole la presenza di lessico ed espressioni che si riscontrano in opere più recenti, di genere epico ma non solo, spesso frutto di un contesto culturale cristiano, che si riflette più o meno esplicitamente in molte delle iscrizioni metriche prese in esame. Il ricorso a tali elementi ‘nuovi’ da parte degli autori di questi testi può essere interpretato sotto due diverse prospettive, tra le quali non è sempre agevole scegliere, in parte a causa delle incertezze di datazione che interessano la maggior parte delle iscrizioni considerate. Da un lato, la presenza di lessico ed espressioni di uno stile differente da quello omerico o tradizionale può infatti essere un segno della conoscenza da parte degli autori degli epigrammi della letteratura più recente, che viene presa consapevolmente a modello; tale ripresa assume un significato molto più profondo se si tratta di opere di origine cristiana. Dall’altro, la stessa circostanza può essere viceversa interpretata come una manifestazione del ruolo della poesia epigrafica nella formazione di un nuovo stile poetico, che si esprime in ambito letterario nelle opere di autori come Gregorio di Nazianzo e in generi come quello della Metafrasi dei Salmi, fino ad essere canonizzato dall’epica di Nonno di Panopoli. Un ulteriore aspetto che si è cercato di mettere in rilievo nell’analisi dei testi – e che è il più importante e indicativo per un’analisi che tenga conto anche delle caratteristiche ‘locali’ di questi testi poetici così particolari – è la presenza e la diffusione di formule epigrafiche a livello regionale: è stato infatti possibile individuare interi versi o singole espressioni attestati in iscrizioni differenti, a volte provenienti dal medesimo centro antico o da centri contigui, altre volte da località relativamente distanti tra loro; quest’ultima circostanza è indicativa di una circolazione epigrafica a più vasto raggio, che oggi è possibile intuire solo grazie a queste poche testimonianze. Il lavoro di questa tesi vuole essere un esempio dell’importanza che può rivestire lo studio delle iscrizioni metriche dell’Asia Minore per approfondire le attuali conoscenze in merito alla diffusione dell’istruzione e della cultura letteraria nel suddetto territorio anche in secoli molto avanzati dell’età imperiale. Dal punto di vista più specificamente letterario, gli epigrammi epigrafici presi in esame, pur essendo talvolta classificabili come ‘sottogenere’ nell’ottica di una letteratura canonicamente intesa, non solo costituiscono un’inestimabile documentazione dal punto di vista linguistico, ma svolgono anche un ruolo non trascurabile nello corso dell’evoluzione letteraria greca, sia che vengano interpretati come testi ‘pionieristici’ di un nuovo stile letterario in formazione, sia in qualità di testimoni sinceri e duraturi del retaggio culturale che la tradizione letteraria greca ha lasciato in epoche e luoghi così lontani da quelli in cui si è sviluppata.
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GORLA, Sandra. « Metamorfosi e magia nel Roman de Renart. Traduzione e commento delle branches XXII e XXIII ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251268.

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Il presente lavoro è incentrato su due branches del Roman de Renart, delle quali propone la prima traduzione completa del testo in italiano e un’analisi al contempo interpretativa, letteraria e filologico-testuale. Il lavoro risulta diviso in due grandi nuclei contraddistinti. La prima parte, comprensiva di due capitoli, affronta l'analisi della tradizione manoscritta e la traduzione del testo delle due branches in italiano (considerando anche le interpolazioni del ms. M). La seconda parte, nuovamente suddivisa in due capitoli, costituisce il necessario accompagnamento critico-letterario al lavoro di traduzione. Tradizione e traduzione. Prima ancora di affrontare la traduzione del testo e la sua interpretazione, è stato necessario porsi il problema di quale testo tradurre. Il primo capitolo, pertanto, affronta la tradizione – e dunque l’edizione – del Roman de Renart, tenendo in considerazione che per quest’opera medievale è praticamente impossibile stabilire uno stemma codicum che sia utile ad una ricostruzione del testo in senso lachmanniano, e dunque scegliere tra una delle edizioni disponibili significa nei fatti scegliere uno dei codici relatori. Viene altresì discussa la questione riguardante l'ordine in cui restituire le due branches. E' risultato impossibile stabilire quale fosse l’ordine migliore e più fedele alla tradizione. Per questo ci si è arresi all’evidenza che anche la disposizione stessa del testo non possa essere assolutamente neutrale, ma includa elementi interpretativi. Il lavoro di traduzione – che occupa il secondo capitolo – costituisce una parte fondamentale della tesi, sia per la voluminosità del testo originale sia per i numerosi problemi 'tecnici' che necessariamente si susseguono sul cammino di chi affronti l'opera di traduzione-interpretazione di un testo medievale. La traduzione è accompagnata da un apparato di note che rendono conto delle scelte operate nei passaggi più complessi e che forniscono indicazioni utili alla comprensione del testo, soprattutto nel caso di riferimenti sottesi a un’enciclopedia presumibilmente condivisa dall’autore e il suo pubblico ma difficilmente discernibili dal lettore moderno. Il terzo capitolo è interamente dedicato alla branche XXII nella versione ‘indipendente’ (BCL); vengono messe in luce le peculiarità e le caratteristiche che la avvicinano al genere dei fabliaux e vengono avanzate delle ipotesi interpretative che evidenziano quelli che si ritengono essere aspetti unici e significativi dell’episodio all’interno dell'intero ciclo. Viene messo in rilievo come il ricorso a temi relativi alla sfera sessuale e corporea e l’uso di un lessico esplicito e a tratti osceno, sebbene ovviamente non esclusivi di questa branche del Roman de Renart, venga qui presentato in un contesto narrativo unico. L'ultimo capitolo della tesi si concentra invece sui testi tramandati da M delle branches XXII e XXIII. Si è cercato innanzitutto di ricostruire i numerosi legami intertestuali che la branche XXIII intesse innanzitutto con le altre branches del RdR (in particolare I, Va, VI, X) e di analizzare le specifiche tecniche narrative dialogiche e polifoniche impiegate all'interno del testo. Per la prima parte del commento, che riguarda poco più di metà della branche ed è dedicata alla lunga narrazione di uno dei processi giudiziari di cui è protagonista Renart, si è scelto di seguire l’ordine diegetico dell’episodio; la complessità dell'ambiente legale impone infatti di seguire con la massima attenzione il serrato alternarsi di accuse, contro-accuse e testimonianze. Data la concentrazione di diversi nuclei narrativi che caratterizza questa seconda parte, l'analisi del testo si discosta a questo punto dall'impostazione cronologica e procede invece per tematiche. Vengono dunque analizzati la figura e l'inedito ruolo di consigliera di Hermeline. Il commento procede poi con un'analisi delle ulteriori peculiarità presenti nella branche XXIII, nel momento in cui il protaginista si reca a Toledo per apprendere le arti magiche: questo viaggio è l’unico vero viaggio che la volpe compie al di fuori del regno nell’intero Roman. Spiccano, qui, la dimensione quasi epica, arturiana, del viaggio, che si traduce in un percorso di formazione per il personaggio; le nuove qualità acquisite da Renart magicien – un intermediario fra due mondi – e l’importanza delle parole nel veicolare il potere dell’art d’enchantement. L'originalità della branche XXIII ha così una vera e propria evoluzione di Renart, che si presenta come un Renart demiurgo. Il commento prosegue a questo punto tornando nuovamente alla branche XXII, questa volta nella versione del ms. M. Benché il testo di M riporti un’importante lacuna (per la caduta del bifolio centrale di un fascicolo) che impedisce di valutare complessivamente l’operazione di riscrittura, sono state esaminate, per quanto possibile, le modalità con cui il testo è stato interpolato dal codice e avanzato delle ipotesi su come e perché possa essere stata compiuta questa operazione, tenendo presente anche i rapporti che intercorrono tra M e il ms. C della sua stessa famiglia, che operano entrambi importanti scelte di riorganizzazione della materia narrativa e dell’ordine di disposizione delle branches rispetto agli altri codici relatori del Roman de Renart.
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