Littérature scientifique sur le sujet « Diritto pubblico dell’economia »

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Articles de revues sur le sujet "Diritto pubblico dell’economia"

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Padovano, Fabio. « The Budget Deficit in the Soviet Economic System : Origins and Perspectives* ». Journal of Public Finance and Public Choice 9, no 1 (1 avril 1991) : 41–56. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345199.

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Résumé :
Abstract Il deficit del bilancio dello Stato nelle economie a pianificazione centralizzata (in questo articolo, si prende in particolare considerazione quella dell’URSS) appare legato soprattutto alia crisi del settore produttivo. Questo settore costituisce, al tempo stesso, la principale fonte di entrate fiscali ed il destinatario del maggior volume di spese pubbliche; è quindi evidente che un calo della redditività delle imprese comporta per il bilancio un assottigliamento delle poste attive e un maggior esborso per spese a sussidio dell’economia. È proprio questo meccanismo che si suppone stia alia base del disavanzo, e i dati statistici sembrano confermare questa tesi.L’articolo, inoltre, esamina brevemente le cause principali della crisi del settore produttivo, individuate in una struttura dei diritti di proprietà che favorisce pratiche gestionali non efficienti ed in una politica di «credito facile» che consente di mantenere in vita le imprese non produttive.La constatazione della facilità con cui le aziende ricevono prestiti dalle banche fa inoltre supporre che il deficit pubblico sia stato finanziato in massima parte tramite emissione di moneta. L’andamento divergente del gettito fiscale rispetto al deficit ed il fatto che i titoli del debito pubblico non sono uno strumento finanziario diffuso nelle economie a pianificazione centralizzata sembrano dimostrare questa supposizione.La conclusione è che la monetizzazione del disavanzo - e la presenza stessa del disavanzo - pongono seri vincoli al processo di trasformazione delle economie a pianificazione centralizzata in economie di mercato.
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Thèses sur le sujet "Diritto pubblico dell’economia"

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GUARDAMAGNA, CHIARA. « I principi generali nell'esperienza giuridica. Prospettive di diritto pubblico dell'economia ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2013. http://hdl.handle.net/10281/42375.

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Résumé :
I principi generali compongono una categoria concettuale indefinita. Per indagarne la posizione e il ruolo nell’esperienza giuridica occorre fare i conti con la loro ambivalente natura di norme che incorporano valori. Infatti, proprio l’essere sospesi tra il puro diritto e la dimensione metagiuridica delle regole assiologiche appartenenti all’etica e alla morale rende i principi generali un unicum difficile da incasellare. A questo unicum, indeterminato fin che si vuole, l’ordinamento attribuisce effetti giuridici. Da qui, ossia dal fatto che il diritto si serva dei principi perché ai principi riconosce delle funzioni, occorre muovere per dare ai principi se non una definizione almeno un senso giuridico. Un senso che va oltre quel che la legge “dice” sui principi generali e si delinea più che altro nella considerazione complessiva del giuridico come sistema unitario, per quanto non sempre ordinato ed omogeneo. Un senso, allora, che si rivela e si riassume nell’utilità che i principi rivestono per e nel sistema giuridico. È l’inadeguatezza del diritto positivo, sempre più frammentato e incerto, ad avvalorare il senso giuridico dei principi generali, quella loro attitudine ad affiancarsi alla norma scritta per migliorarla. Talché, se sul piano dogmatico i principi generali sono concetto trasversale all’intero diritto, ciò nondimeno la loro importanza pratica è tanto maggiore in rapporto a quegli ambiti di disciplina più toccati dall’inflazione legislativa e dalle varie manifestazioni di quella che suole chiamarsi crisi del diritto. Da ciò si deduce la ragione di affiancare i principi generali, argomento classico di teoria generale, allo studio del diritto dell’economia che è tra i settori più colpiti dai fenomeni di ipertrofia della produzione normativa. L’idea di fondo è che nei principi generali sia possibile trovare quell’ancoraggio che la sola norma positiva non è in grado di imprimere all’ordine economico.
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BARONE, Michele. « Le Autorità indipendenti nell’amministrazione pubblica dell’economia. Bilanci e prospettive nell’evoluzione del contesto italiano ed europeo ». Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2021. http://hdl.handle.net/11695/105599.

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Résumé :
La ricerca affronta la questione, ancora controversa, della natura e delle funzioni delle autorità amministrative indipendenti. Attraverso l’analisi delle condizioni strutturali alla base dell’affermazione del modello di regolazione indipendente del mercato, l’obiettivo primario è di suggerire una chiave di lettura dei principali problemi che pone, a partire proprio da quelli relativi allo status di indipendenza delle autorità regolatorie. In secondo luogo, l’indagine ha lo scopo di individuare possibili orizzonti di riforma, alla luce dell’evoluzione dell’approccio al tema dell’intervento pubblico nell’economia assunto nel contesto nazionale e sovranazionale. Viene anzitutto esaminato il dibattito sui principi in materia di rapporti economici tenutosi in seno all’Assemblea costituente, da cui emerge chiaramente la critica, pressoché unanime, al laissez-faire, espressione del tradizionale Stato liberale. Era radicata la consapevolezza, fondata su evidenze storiche, che il mercato, lasciato a se stesso, non è in grado di generare utilità sociale, ma che anzi tende a favorire dinamiche di prevaricazione dei soggetti che si trovano in una situazione di fattuale debolezza da parte di quelli che ricoprono, invece, una posizione di forza. Gli obiettivi che la Costituzione assegna inderogabilmente alla politica economica – garanzia del pieno sviluppo della persona umana e della realizzazione dell’utilità sociale – possono dunque essere perseguiti alla sola condizione che il mercato sia sottoposto a rigorosi limiti e controlli (artt. 41 ss. Cost.). L’indagine si focalizza quindi sul paradigma regolatorio, che comincia ad affermarsi in Italia in coincidenza con l’ampliamento degli spazi del mercato, stimolato in particolare dal processo di integrazione europea. Tale paradigma, lungi dall’essere intrinsecamente connesso alla logica del laissez-faire, può potenzialmente rappresentare una forma di attuazione dei principi costituzionali persino più compiuta rispetto ad un modello di intervento pubblico nell’economia in cui lo Stato sia direttamente implicato nei processi produttivi. Infatti il paradigma regolatorio, in base al quale l’intervento statale consiste essenzialmente in un’attività di vigilanza sulle dinamiche economiche, sembra possa rientrare più propriamente nell’ambito dei «controlli» di cui parla l’art. 41 Cost. Vengono messi in luce, tuttavia, i problemi che caratterizzano la regolazione per come realizzatasi concretamente, che si riconducono proprio alla circostanza che essa è stata intesa, in effetti, non come una nuova forma di limitazione e controllo delle dinamiche economiche, ma, al contrario, come una via per “liberarle” dalle interferenze dei poteri pubblici. Questo approccio ha condotto ad una disciplina squilibrata dello status di indipendenza (talvolta eccessivo, talaltra difettoso), che presenta meccanismi di “protezione” del mercato nei confronti organi politici per certi aspetti ancora più intensi rispetto a quelli che la Costituzione riserva alle libertà e ai diritti inviolabili della persona. Tali forme di garanzia si fondano, però, su presupposti discutibili: una rinnovata “fede” nel mercato e un conseguente ritorno alla logica del laissez-faire. Non è dunque considerata condivisibile l’idea della regolazione come funzione di garanzia: essa è invece ritenuta una funzione amministrativa in senso pieno, finalizzata, cioè, alla cura di interessi pubblici nell’ambito del mercato. In tale ottica, si evidenzia come lo status di indipendenza delle autorità, anziché rappresentare un ausilio per la realizzazione del modello regolatorio, costituisca un ostacolo alla sua attuazione, minandone la piena compatibilità con i principi costituzionali. Vengono dunque indicate linee direttrici per possibili riforme tese a conferire una dimensione pienamente pubblicistica alla regolazione amministrativa del mercato, che la renda davvero in grado di porre rimedio ai suoi ineluttabili “fallimenti”.
The work addresses the still controversial question of the nature and functions of the Independent Regulatory Commissions. Through the analysis of the structural conditions underlying the affirmation of the independent regulation of the market, the primary aim is to suggest a key to understanding the main problems it poses, starting with those relating to the independent status of Regulatory Commissions. Secondly, the work aims to identify possible horizons for reform, in light of the evolution of the approach to the issue of public intervention in the economy assumed in the national and supranational context. First of all, the debate on the principles of economic relations, held in the Constituent Assembly, is examined, from which the almost unanimous critique of laissez-faire, expression of the traditional liberal state, clearly emerges. There was a deep-rooted awareness, based on historical evidence, that the market, left to itself, is not capable of generating social utility: on the contrary, it tends to favor dynamics of abuse of subjects who are in a position of factual weakness by subjects who are, instead, in a position of factual power. The purposes that the Constitution assigns to economic policy - guaranteeing the full development of the human person and the realization of social utility - can therefore be pursued on the sole condition that the market is subjected to strict limits and controls (clauses 41 and following of Italian Constitution). Therefore, the work focuses on the ‘regulatory paradigm’, which begins to rise in Italy to coincide with the expansion of market’s spaces, stimulated particularly by the process of European integration. This paradigm, far from being intrinsically connected to the logic of laissez-faire, can potentially represent an even more complete form of implementation of constitutional principles than a model of public intervention in the economy in which the state is directly involved in production processes. In fact, the regulatory paradigm, according to which state intervention essentially consists of a supervisory activity on economic dynamics, seems to fall more properly within the "controls" referred to in clause 41 of Italian Constitution. Nevertheless, the problems that characterize regulation in terms of how it actually developed in Italy are highlighted and attributed precisely to the fact that it was considered, in fact, not as a new form of limitation and control of economic dynamics, but, conversely, as a way to "free" them from the interference of the public powers. This approach has led to an unbalanced discipline of the status of independence (sometimes excessive, sometimes defective), which presents mechanisms of "protection" of market’s spaces towards political bodies in some respects even more intense than those that Constitution reserves for freedoms and inviolable rights of the person. Such guarantees, although, are based on questionable assumptions: a renewed "faith" in market’s virtues and a consequent return to the logic of laissez-faire. Therefore, the concept of regulation as a guarantee function is not considered acceptable: it is instead considered an administrative function in the full sense, namely aimed at the care of public interests within the market. In this perspective, it is highlighted that the independent status, rather than representing an aid for the implementation of the regulatory paradigm, constitutes an obstacle to it, undermining its full compliance with constitutional principles. Guidelines for possible reforms are therefore indicated, aimed at giving a fully “public-power attitude” to the market’s administrative regulation, in order that it is made truly capable of remedying its inevitable "failures".
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Livres sur le sujet "Diritto pubblico dell’economia"

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Barucci, Piero, Piero Bini et Lucilla Conigliello, dir. Il Corporativismo nell'Italia di Mussolini. Florence : Firenze University Press, 2019. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6453-793-1.

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Résumé :
Il volume raccoglie dieci saggi sul tema generale dell’ampliamento del governo pubblico dell’economia durante il corporativismo fascista. Alcuni scritti affrontano il problematico rapporto tra intellettuali (come Luigi Einaudi, Attilio Cabiati, Ugo Spirito, Nino Massimo Fovel) e dittatura mussoliniana. Altri saggi discutono criticamente le scelte di politica fiscale del periodo e i vari aspetti connessi alla riforma della finanza pubblica. Alcuni autori indagano poi sui rapporti tra diritto amministrativo e diritto corporativo, dedicando un commento puntuale alle due leggi del 1939 sulla tutela del paesaggio e dei beni artistici. Occupano un posto a sé all’interno del volume uno scritto sull’interscambio tra pensiero economico italiano e tedesco dal 1918 al 1945, e quello di cui è autore Sabino Cassese, che, partendo dai suoi numerosi studi, riflette sul senso generale della vicenda storica del fascismo.
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Lolli, Alessandro. L'amministrazione attraverso strumenti economici. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg240.

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Résumé :
L’amministrazione nell’esercizio di funzioni pubbliche ricerca efficienza e risparmi non solo riorganizzando la propria azione, ovvero esternalizzando tali funzioni, e cioè sostituendo un soggetto privato a se stessa per parti limitate dell’azione amministrativa, la quale ultima spesso resta comunque oggettivamente disciplinata dal diritto amministrativo. Più di recente, l’amministrazione persegue obiettivi di risparmio ed efficienza attraverso i privati anche valorizzando in modo più sistematico e ampio strumenti propri della vita economica e dei mercati per il perseguimento di interessi pubblici, in sostituzione (parziale) degli strumenti amministrativi tradizionali. Anziché esternalizzare funzioni pubbliche, si internalizzano in tal modo interessi pubblici (e i costi relativi) nell’ambito dell’attività privata e degli strumenti diffusi sul mercato. Tali strumenti sono conformati comunque dal diritto amministrativo e dall’intervento dell’amministrazione, per garantirne la funzionalità rispetto agli interessi pubblici, ma non fino al punto da snaturarne le caratteristiche economiche e di mercato e la relativa disciplina, in parte significativa privatistica. Essi trovano equilibri compatibili con l’interesse pubblico in modo più veloce, più flessibile, più informato e soprattutto – come dimostrano le analisi economiche – con costi significativamente minori per l’amministrazione rispetto a strumenti di tipo tradizionale. Si tratta di strumenti come lo scambio di titoli nei mercati artificiali (per ridurre l’inquinamento, fissando valori complessivi ammessi di emissioni e dei titoli corrispondenti), il rilascio di brand ambientali utili anche in una logica di vendita dei prodotti che ottengono tali brand (per riqualificare ambientalmente i processi produttivi), la stipulazione di accordi unilaterali da parte delle imprese, in una logica economica di miglioramento dell’immagine dell’impresa per ottenere più credibilità sia con i consumatori che con l’amministrazione, evitando così talora un’etero-regolamentazione amministrativa (per riqualificare l’attività delle imprese attraverso un coinvolgimento propositivo delle medesime). Alessandro Lolli è straordinario di Diritto amministrativo nell’Università di Bologna. Ha svolto attività di ricerca, tra l’altro, con riferimento alla delimitazione della categoria degli atti amministrativi e all’ambito di applicazione della disciplina prevista per tale categoria; con riferimento ai limiti soggettivi del giudicato amministrativo; con riferimento a ulteriori tematiche di diritto amministrativo generale e di diritto dell’economia.
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