Thèses sur le sujet « DIRITTO INTERNAZIONALE PUBBLICO »

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1

CASIGLIA, STEFANIA. « La protezione del lavoratore marittimo tra diritto internazionale pubblico e diritto internazionale privato ». Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1045543.

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Résumé :
The topic of this research takes into account the peculiarities of maritime employment, which has traditionally been an important sector for the operation of conflict of law rules as well as for the proliferation of regulative provisions adopted at the public international law level. The objective of the research is to analyse and assess how these two normative systems can create a level plain field in order to avoid unfair competition and to set out the conditions for decent work in the increasingly globalized maritime sector.
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2

MARIANI, CLAUDIA. « Il rilievo della cittadinanza in ambito internazionale e comunitario ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2006. http://hdl.handle.net/2108/264.

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Résumé :
Dal punto di vista terminologico l’espressione cittadinanza deriva dal latino civitas. Il concetto di cittadinanza esprime il legame tra Stato e cittadino e la condizione giuridica di diritti e doveri che è espressione di questo legame. Lo Stato impone quindi, nei confronti di qualsiasi individuo, delle regole per la concessione o la perdita della cittadinanza. Ma solo attraverso l’analisi storica di questo legame si può realmente comprendere appieno quale sia il reale significato della cittadinanza, l’evoluzione del legame tra cittadino e Stato attraverso la Storia rimodula varie volte questo linkage attraverso un percorso dapprima segnato dalla progressiva perdita della dimensione attiva, che era stata tipica delle polis, a favore di un atteggiamento passivo di sudditanza. Successivamente un lungo e lento cammino, il cui inizio si ravvisa nella rivoluzione francese, porta al riappropriarsi, ad opera degli individui, di quei diritti fondamentali che oggi vengono riconosciuti dagli Stati democratici e dalla Comunità internazionale. E’ proprio attraverso il riconoscimento ed il pieno realizzo dei diritti fondamentali che la cittadinanza trova il suo significato moderno. Sebbene la maggior parte delle norme che disciplinano la cittadinanza siano di natura interna, in quanto poste in essere dagli ordinamenti dei singoli Stati, l’irradiazione esterna dell’istituto è tale da farlo rientrare nell’ordinamento internazionale. Da qui la necessità di delimitare l’ambito del diritto interno e del diritto internazionale, le sovrapposizioni ed i contrasti. Negli ultimi decenni è sempre stato il diritto internazionale a delimitare il diritto interno erodendo, in questo modo, il dominio che fino ad allora era stato di competenza esclusiva degli Stati uti singuli. L’analisi dell’ambito della cittadinanza in ambito internazionale non poteva esulare dallo studio di problematiche quali la cittadinanza plurima e l’apolidia, lo status e la tutela di rifugiato, la successione degli Stati, i diritti umani, la protezione diplomatica, e la nazionalità delle persone giuridiche e la protezione degli investimenti. Infine un nuovo concetto di cittadinanza che esula completamente del legame di un individuo con uno Stato è emerso con l’istituto della cittadinanza europea che per questo viene definita una cittadinanza secondaria che si sovrappone ad una cittadinanza primaria o classica. Da questa nuova cittadinanza scaturiscono tutta una serie di nuovi diritti che si analizzeranno approfonditamente. Poiché tutti questi diritti vengono anche riconosciuti ai residenti di uno degli Stati membri dell’Unione europea, il concetto di cittadinanza è nella sostanza svuotato di gran parte del suo significato rimanendo solamente un elemento formale volto a sottolineare il comune senso d’identità dell’Unione europea. Il concetto classico di cittadinanza sta vivendo una fase di ripensamento, l’affermarsi di obblighi e di garanzie internazionali rivolte agli individui ha definitivamente consolidato l’idea di una tutela dell’individuo avulsa dall’idea di cittadino; l’individuo è dunque il destinatario di diritti fondamentali che lo Stato è tenuto a rispettare. In questo modo si è eroso il dominio riservato dello Stato nei confronti dei propri cittadini e il concetto di cittadinanza si è svuotato di parte del suo significato a favore di una rilevanza, quasi giusnaturalistica, dell’individuo in quanto tale, indipendentemente dai suoi status.
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3

CASCARANO, APOLLONIA. « ORDINE PUBBLICO ECONOMICO TRA PROGRESSO ECONOMICO E SVILUPPO SOCIALE ». Doctoral thesis, UNIVERSITà DEGLI STUDI DI MILANO BICOCCA, 2015. http://hdl.handle.net/10281/64775.

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Résumé :
Nella ricerca si mostra l’esistenza di una dimensione costituzionale europea di principi e valori comprendenti la CEDU e le costituzioni statali fondanti la presenza di un ordine pubblico europeo evidenziando l’emersione di un sistema europeo costituzionale. La ricerca unisce elementi e sistemi per prospettare l’esistenza di un’integrazione europea a livello giuridico tutelando il cd. pluralismo giuridico europeo, dando risalto agli strumenti di identità degli ordinamenti, creando unione tra il processo di integrazione e la tutela del pluralismo ordinamentale, evidenziando la situazione di giuridicità non perfetta relativa alla tutela dei diritti fondamentali. Da qui il ricorso al concetto di ordine pubblico che afferma l’unità degli ordinamenti giuridici definendo il concetto di pluralismo costituzionale europeo con il mutuo riconoscimento e l’affermazione di una dimensione costituzionale. Tra il concetto di costituzione formale ed il concetto di costituzione reale, si preferisce il concetto di Verfassung, costituzione reale. Il concetto di ordine pubblico conserva e valorizza le diversità ed i conflitti e diviene il risultato del conflitto tra conservazione e promozione dei valori e principi fondamentali. Si inserisce il concetto di ordine pubblico economico come categoria variabile che segna la nascita di un nuovo diritto tendente a prevenire e regolare i conflitti sociali. L’ordine pubblico economico si oppone all’astrattezza delle vecchie disposizioni con una legislazione di categorie sociali dove il contratto è sottoposto a regole dettate dalla tipologia contrattuale ed dalla personalità delle parti. La novità concettuale che porta alla distinzione tra i due concetti di ordine pubblico ed ordine pubblico economico è la base statuale: distanziandosi dallo Stato liberale, il concetto di ordine pubblico economico si fonda nelle forme di Stato sociale dove il sociale giustifica l’intervento statale in economia divenendo nozione giuridica di politica economica e sociale. Il rapporto tra diritto ed economia appare importante per poter meglio capire la portata della categoria dell’ordine pubblico economico: si segnala la necessità di creare concezioni non astratte ma reali dell’ordinamento recuperando l’esperienza dei rapporti umani e il fenomeno della comunicazione interpersonale. La proposta di una teoria generale in ambito economico rileva le deficienze di un metodo astratto in unione alla necessità di una "nuova antropologia" su cui si basa il concetto sussidiario. La nuova antropologia valorizza l'autonomia e la capacità dei singoli figlia dello spontaneo autoregolarsi della persona umana. Da ciò deriva l'analisi del rapporto tra ordine economico e ordinamento giuridico: la naturalità delle norme sociali si unisce con il ruolo sussidiario delle istituzioni che sopperiscono alle deficienze dei regolamenti. Esiste una comunicazione tra soggetti tramite la quale si ridà centralità al concetto di comunicazione ipotizzando un ordinamento intersoggettivo, sul quale si basa l'intervento sussidiario delle istituzioni con funzione di orientamento per il benessere della vita comunitaria. Il nuovo concetto di ordine pubblico economico diventa categoria che media le interrelazioni tra i principi dell’ordinamento comunitario e le regole del mercato comunitario. Lo sviluppo economico ed il progresso sociale sono i due cardini fondamentali della categoria, tendente sempre ad un bilanciamento tra le due finalità, riconosciuti a livello europeo come valori fondamentali ed intrepretati dalla giurisprudenza della Corte come fondamentali per le sue decisioni. Si sottolinea la realizzazione del concetto in ambito comunitario, dove all’esigenza di protezione delle libertà economiche si è riusciti ad associare la tutela di altri valori. L’equilibrio per il raggiungimento dell’ordine pubblico economico manca in tante aeree del diritto internazionale dove è prevalente il concetto di free trade rispetto ai valori sociali e della persona umana.
The study shows the existence of an European constitutional dimension of values and principles including the CEDU and the national constitutions, establishing the presence of an European public order underlining the display of a constitutional European system. The research tries to prospect the existence of an European integration at juridical level, granting the European juridical pluralism, highlighting the identity of each system, unifying the process of integration and the defense of pluralism, showing a defective juridical situation related to the granting of fundamental rights. The study appeals to the concept of public order that states the unity of juridical systems defining the concept of European constitutional pluralism through the mutual acknowledgment and achievement of a constitutional dimension. Among both the concepts of formal constitution and real constitution, it is preferred that of Verfassung ,real constitution. The concept of public order retains and gives values to the differences and conflicts and becomes the result of the conflict between the retention and promotion of values and fundamental principles. It is added the concept of public economic order as a variable category that marks the beginning of a new law that prevents and settle social conflicts. The public economic order oppose the abstract nature of old orders through the legislation of social categories where the contract is subject to rules of contractual typology and to the legal entity of the parts. The conceptual innovation that brings to the distinction between the two concept of public order and public economic order is the statuale base : the concept of public economic order is based on the forms of social State where the social justifies the public intervention in economy, becoming a legal notion of political and social economy. The relationship between law and economy appears important to better understand the meaning of the category of public and economic order: it is marked the need to create real and non-abstract conceptions of the system and to recover the experience of human relationships and that of the interpersonal communication. The proposal of a general theory in an economic setting reveals the deficiencies of an abstract method together with the need of a “new anthropology” upon which the subsidiary concept is based. The new typology gives value to the autonomy and to the ability of the individual and it is consequence of the natural auto govern of the human person. An analysis of the relationship between the economic order and the juridical system follows: social rules join the subsidiary role of institutions that provide for the deficiencies of procedures. There is a communication between the two subjects through which the concept of communication gains importance, thus supposing a system upon which the subsidiary intervention of institutions that work for the welfare of community life is based. The new concept of public economic order becomes a category that mediate the interrelations among the principles of the Community system and the rules of the Community market. The economic development and the social progress are the two cornerstones of the category, always tending towards a balance between the two purposes , identified at European levels as fundamental values and interpreted from the law of the Court as basic for its decisions. It is underlined the fulfillment of the concept in the Community setting in which the need of defending economic freedom has been associated to the protection of other values. The balance for the achievement of the public economic order lacks in many areas of international law where the concept of free trade prevails over social values and human person.
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4

Econimo, Eleonora <1993&gt. « Quando lo Stato è sovrano : la questione della sovranità nel Giappone del dopoguerra secondo il diritto internazionale pubblico ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14360.

Texte intégral
Résumé :
L’elaborato ha come scopo quello di analizzare la questione della sovranità del Giappone, nel presen-te e contestualizzandola nella sua storia giuridica, secondo il diritto internazionale. Poiché essa rap-presenta un unicum nel mondo ed è diametralmente cambiata dal secondo dopoguerra ai giorni no-stri, attraverso l’analisi di compendi giurisprudenziali, di articoli politici e di testi sulla storia e l’evoluzione giuridico-politica del Giappone negli ultimi settant’anni, verrà affrontata un’analisi del-la sua posizione in quanto entità statale. Pertanto, ci si interrogherà sulla definizione di “Stato sovra-no” applicata al Giappone. L’elaborato parte da una panoramica sulla storia giurisprudenziale giapponese a partire dalla prima vera Costituzione fino a quella moderna. Quest’ultima, frutto dell’occupazione americana, è prota-gonista di un’analisi approfondita, per la particolarità della sua genesi, le controversie scaturite e le considerazioni sulla sua legittimità e autenticità. Una volta illustrata la natura della moderna Costitu-zione e, soprattutto, del suo articolo più discusso, il nono, sulla rinuncia alla guerra, dalle osservazio-ni estratte verranno elencate le conclusioni emerse circa la questione della sovranità. Poi, verrà pre-sentata l’evoluzione delle politiche sia interne, sia estere del Giappone, per capire se e come la que-stione della sovranità sia cambiata. Infine, le conclusioni porranno in comparazione la sovranità del Paese nel passato e nel presente.
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5

CHIRICALLO, Nicola. « Verso un ordine pubblico europeo delle successioni ? L’impatto del Regolamento 650/2012 sul diritto successorio materiale, tra principi UE e tradizioni nazionali ». Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2023. https://hdl.handle.net/11392/2502851.

Texte intégral
Résumé :
Nel primo Capitolo del presente lavoro, muovendo da una prospettiva civilistica, si è provveduto con l’esaminare l’impatto sostanziale derivante dall’adozione del Regolamento europeo n. 650/2012 in materia di diritto internazionale privato delle successioni. A tal fine, premessi brevi cenni sulla disciplina italiana di diritto internazionale privato delle successioni previgente, contenuta negli articoli 46 e seguenti della legge n. 218 del 1995, si è effettuata una sintetica ricostruzione storica dell’istituto dell’ordine pubblico internazionale nella logica della legge n. 218 del 1995: in quest’occasione, si è anche confrontata tale eccezione con un altro fondamentale limite all’applicazione della legge straniera, rappresentato dalle norme di applicazione necessaria. In seguito, una volta compiuta siffatta ricostruzione diacronica, si è proseguito con l’analisi di alcuni importanti profili di incidenza del Regolamento n. 650 sul diritto successorio materiale, evidenziando come il Regolamento medesimo appaia incidere sul diritto successorio materiale almeno sotto tre differenti punti di vista: il patto successorio c.d. “europeo” – il quale viene espressamente disciplinato nell’art. 25 del Regolamento –, il certificato successorio europeo nonché, soprattutto, la clausola di ordine pubblico contenuta nell’art. 35, il cui rilievo si ritiene tale da necessitare una trattazione separata. Nel secondo capitolo, dunque, si è provveduto ad esaminare il concetto di ordine pubblico ai sensi del Regolamento n. 650/2012. A questo scopo, in primo luogo, si è provveduto ad esaminare l’elaborazione giurisprudenziale della Corte di giustizia europea, la quale ha provveduto progressivamente a costruire una nozione autonoma di “ordine pubblico europeo” sulla scorta dei principi fondamentali dell’ordinamento dell’Unione europea, i quali sono da individuarsi, a loro volta, nelle libertà fondamentali previste dai Trattati e nei diritti fondamentali sanciti dalla Carta di Nizza. Muovendo da tale presupposto, si è allora tentato di ricostruire il ruolo dell’ordine pubblico nella sistematica del Regolamento 650/2012: sicché, attraverso un’analisi che ha posto in correlazione il diritto dell’Unione europea con il diritto successorio, si è evidenziato come l’ordine pubblico ex art. 35 del Regolamento imponga la disapplicazione della legge straniera soltanto in casi eccezionali, suscettibile di verificazione unicamente con riguardo all’applicazione della legge di uno Stato terzo; con riferimento, invece, all’applicazione della legge di un diverso Stato membro, il diritto dell’Unione europea appare poter agire principalmente in direzione opposto, impedendo cioè la disapplicazione della legge medesima per contrasto con i principi fondamentali dello Stato del foro, i quali, nel loro insieme, fondano quello che può essere definito, in alterità con l’ordine pubblico europeo, come “ordine pubblico nazionale” delle successioni. Nel terzo Capitolo, pertanto, infine, si concentra l’analisi sull’ordinamento italiano, valutando se la successione necessaria possa costituire, nello specifico, un istituto di ordine pubblico internazionale. A questo fine, premessi alcuni cenni diacronici sull’istituto e posti in evidenza alcuni dei più significativi aspetti della disciplina, i quali concorrono nel rendere il sistema italiano di tutela dei legittimari tra i più rigidi dello scenario europeo, si è cercato di individuare l’eventuale fondamento costituzionale dell’istituto. Ad esito di tale procedimento, si è giunti alla conclusione per cui ad essere eventualmente rivestito di valore costituzionale non è la successione necessaria di per sé considerata, bensì la successione necessaria c.d. materiale, cioè il fatto che alla cerchia dei più ristretti familiari del de cuius sia garantita una qualche forma di tutela per l’ipotesi in cui questi siano in stato di bisogno.
The first chapter of this work, starting from a civil law perspective, examined the substantive impact of the adoption of European Regulation No 650/2012 on the private international law of succession. To this end, after briefly outlining the Italian rules of private international law of succession previously in force, contained in Article 46 et seq. of Law No 218 of 1995, a brief historical reconstruction of the institution of international public policy in the logic of Law No 218 of 1995 was carried out: on this occasion, this exception was also compared with another fundamental limitation on the application of foreign law, represented by the rules of necessary application. Subsequently, once this diachronic reconstruction was accomplished, we proceeded with the analysis of some important profiles of the impact of Regulation 650 on the substantive law of succession, highlighting how the Regulation itself appears to affect the substantive law of succession from at least three different points of view: the so-called "European" agreement as to succession - which is the only one that can be considered as a "European" agreement - and the "European" agreement as to succession. European" agreement as to succession - which is expressly regulated in Art. 25 of the Regulation -, the European Certificate of Succession and, above all, the public policy clause contained in Art. 35, the importance of which is considered such that it requires separate discussion. In the second chapter, therefore, the concept of public policy within the meaning of Regulation 650/2012 was examined. To this end, we first examined the case law of the European Court of Justice, which has progressively constructed an autonomous notion of 'European public policy' on the basis of the fundamental principles of the European Union legal order, which in turn are to be found in the fundamental freedoms laid down in the Treaties and in the fundamental rights enshrined in the Nice Charter. Starting from this assumption, an attempt was then made to reconstruct the role of public policy in the systematics of Regulation 650/2012: thus, through an analysis that correlated European Union law with the law of succession, it was shown how public policy under Art. 35 of the Regulation requires the non-application of foreign law only in exceptional cases, which can be verified only with regard to the application of the law of a non-Member State; with reference, on the other hand, to the application of the law of another Member State, the law of the European Union appears to be able to act mainly in the opposite direction, preventing the non-application of the law itself on the ground that it conflicts with the fundamental principles of the State of the forum, which, taken together, form the basis of what may be defined, in alterity with European public policy, as the "national public policy" of successions. In Chapter Three, therefore, the analysis focuses on the Italian legal system, assessing whether the necessary succession may constitute, specifically, an institution of international public policy. To this end, after a few diachronic outlines of the institution and highlighting some of the most significant aspects of the discipline, which contribute to making the Italian system of protection of legitimators among the strictest in the European scenario, and which appear to persist despite several attempts at reform, an attempt was made to identify the possible constitutional basis of the institution. At the end of this procedure, the conclusion was reached that it is not the necessary succession in itself that is possibly endowed with constitutional value, but the so-called material necessary succession, i.e. the fact that the circle of the deceased's closest family members is guaranteed some form of protection in the event that they are in a state of need.
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GULIZZI, ELISA. « PREVENIRE LA CORRUZIONE : NUOVE STRATEGIE REGOLATORIE TRA PUBBLICO E PRIVATO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2020. http://hdl.handle.net/10280/78875.

Texte intégral
Résumé :
L’obiettivo della ricerca è quello di studiare le contaminazioni tra diversi livelli di governance nel settore dell’anticorruzione. Anzitutto, ci si soffermerà sugli effetti che le convenzioni internazionali e più in generale gli strumenti prodotti nella sfera sovranazionale hanno determinato sul diritto anticorruzione italiano. A ben vedere, questa contaminazione tra diversi livelli di regolazione si realizza non solo attraverso strumenti cogenti ma anche, e soprattutto, attraverso strumenti flessibili come raccomandazioni e linee guida. Il diritto anticorruzione rappresenta un laboratorio di contaminazioni non solo a livello verticale tra sfera sovranazionale e nazionale, ma anche a livello orizzontale. Alla delimitazione del campo della ricerca alle interazioni tra pubblico e privato corrisponde il capitolo II: in esso si dà conto del fatto che, in materia di prevenzione del rischio di corruzione, i confini tra sfera pubblica e sfera privata sono sempre più sfumati. Infine, nel capitolo III, si cerca di trovare un filo conduttore tra le varie forme di contaminazioni regolatorie analizzate, inserendole entro un più ampio ciclo in cui si susseguono regulation e enforcement. Ci si chiede se e in che misura questo ciclo sia effettivamente virtuoso: in particolare, se un processo di law-making improntato ai criteri della flessibilità, della partecipazione dei soggetti interessati e della continua valutazione della sua efficacia, sia effettivamente idoneo a prevenire fenomeni corruttivi.
The aim of the research is to study interaction between different levels of governance in the anti-corruption sector. Firstly, the domestic law, especially in the anti-corruption field is strongly influenced by international instruments. The Italian system, for example, starts out from the Anti-Corruption Law, Law No. 190 (the so called "Severino Law", approved by Parliament on 6 November 2012, entering into force on 28 November 2012, and implemented by several regulations). This Law was adopted to implement the UN Convention against Corruption. Secondly, the research aims to study interaction between public and private sector: fundamental concepts for corruption prevention, such as risk management, have been borrowed from one sector to another. Finally, there many players in the anti-corruption sector who are able to create rules (lawmakers, stakeholders, Authorities): the question is if they are part of a virtuous circle in which regulation and enforcement are closely linked. In order to prevent corruption, the law-making process must be based on specific criteria such as flexibility, stakeholder participation and ongoing evaluation of its effectiveness.
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GULIZZI, ELISA. « PREVENIRE LA CORRUZIONE : NUOVE STRATEGIE REGOLATORIE TRA PUBBLICO E PRIVATO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2020. http://hdl.handle.net/10280/78875.

Texte intégral
Résumé :
L’obiettivo della ricerca è quello di studiare le contaminazioni tra diversi livelli di governance nel settore dell’anticorruzione. Anzitutto, ci si soffermerà sugli effetti che le convenzioni internazionali e più in generale gli strumenti prodotti nella sfera sovranazionale hanno determinato sul diritto anticorruzione italiano. A ben vedere, questa contaminazione tra diversi livelli di regolazione si realizza non solo attraverso strumenti cogenti ma anche, e soprattutto, attraverso strumenti flessibili come raccomandazioni e linee guida. Il diritto anticorruzione rappresenta un laboratorio di contaminazioni non solo a livello verticale tra sfera sovranazionale e nazionale, ma anche a livello orizzontale. Alla delimitazione del campo della ricerca alle interazioni tra pubblico e privato corrisponde il capitolo II: in esso si dà conto del fatto che, in materia di prevenzione del rischio di corruzione, i confini tra sfera pubblica e sfera privata sono sempre più sfumati. Infine, nel capitolo III, si cerca di trovare un filo conduttore tra le varie forme di contaminazioni regolatorie analizzate, inserendole entro un più ampio ciclo in cui si susseguono regulation e enforcement. Ci si chiede se e in che misura questo ciclo sia effettivamente virtuoso: in particolare, se un processo di law-making improntato ai criteri della flessibilità, della partecipazione dei soggetti interessati e della continua valutazione della sua efficacia, sia effettivamente idoneo a prevenire fenomeni corruttivi.
The aim of the research is to study interaction between different levels of governance in the anti-corruption sector. Firstly, the domestic law, especially in the anti-corruption field is strongly influenced by international instruments. The Italian system, for example, starts out from the Anti-Corruption Law, Law No. 190 (the so called "Severino Law", approved by Parliament on 6 November 2012, entering into force on 28 November 2012, and implemented by several regulations). This Law was adopted to implement the UN Convention against Corruption. Secondly, the research aims to study interaction between public and private sector: fundamental concepts for corruption prevention, such as risk management, have been borrowed from one sector to another. Finally, there many players in the anti-corruption sector who are able to create rules (lawmakers, stakeholders, Authorities): the question is if they are part of a virtuous circle in which regulation and enforcement are closely linked. In order to prevent corruption, the law-making process must be based on specific criteria such as flexibility, stakeholder participation and ongoing evaluation of its effectiveness.
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CASCARANO, APOLLONIA. « L'ordine pubblico economico tra progresso economico e sviluppo sociale ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/65881.

Texte intégral
Résumé :
Nella ricerca si mostra l’esistenza di una dimensione costituzionale europea di principi e valori comprendenti la CEDU e le costituzioni statali fondanti la presenza di un ordine pubblico europeo evidenziando l’emersione di un sistema europeo costituzionale. La ricerca unisce elementi e sistemi per prospettare l’esistenza di un’integrazione europea a livello giuridico tutelando il cd. pluralismo giuridico europeo, dando risalto agli strumenti di identità degli ordinamenti, creando unione tra il processo di integrazione e la tutela del pluralismo ordinamentale, evidenziando la situazione di giuridicità non perfetta relativa alla tutela dei diritti fondamentali. Da qui il ricorso al concetto di ordine pubblico che afferma l’unità degli ordinamenti giuridici definendo il concetto di pluralismo costituzionale europeo con il mutuo riconoscimento e l’affermazione di una dimensione costituzionale. Tra il concetto di costituzione formale ed il concetto di costituzione reale, si preferisce il concetto di Verfassung, costituzione reale. Il concetto di ordine pubblico conserva e valorizza le diversità ed i conflitti e diviene il risultato del conflitto tra conservazione e promozione dei valori e principi fondamentali. Si inserisce il concetto di ordine pubblico economico come categoria variabile che segna la nascita di un nuovo diritto tendente a prevenire e regolare i conflitti sociali. L’ordine pubblico economico si oppone all’astrattezza delle vecchie disposizioni con una legislazione di categorie sociali dove il contratto è sottoposto a regole dettate dalla tipologia contrattuale ed dalla personalità delle parti. La novità concettuale che porta alla distinzione tra i due concetti di ordine pubblico ed ordine pubblico economico è la base statuale: distanziandosi dallo Stato liberale, il concetto di ordine pubblico economico si fonda nelle forme di Stato sociale dove il sociale giustifica l’intervento statale in economia divenendo nozione giuridica di politica economica e sociale. Il rapporto tra diritto ed economia appare importante per poter meglio capire la portata della categoria dell’ordine pubblico economico: si segnala la necessità di creare concezioni non astratte ma reali dell’ordinamento recuperando l’esperienza dei rapporti umani e il fenomeno della comunicazione interpersonale. La proposta di una teoria generale in ambito economico rileva le deficienze di un metodo astratto in unione alla necessità di una "nuova antropologia" su cui si basa il concetto sussidiario. La nuova antropologia valorizza l'autonomia e la capacità dei singoli figlia dello spontaneo autoregolarsi della persona umana. Da ciò deriva l'analisi del rapporto tra ordine economico e ordinamento giuridico: la naturalità delle norme sociali si unisce con il ruolo sussidiario delle istituzioni che sopperiscono alle deficienze dei regolamenti. Esiste una comunicazione tra soggetti tramite la quale si ridà centralità al concetto di comunicazione ipotizzando un ordinamento intersoggettivo, sul quale si basa l'intervento sussidiario delle istituzioni con funzione di orientamento per il benessere della vita comunitaria. Il nuovo concetto di ordine pubblico economico diventa categoria che media le interrelazioni tra i principi dell’ordinamento comunitario e le regole del mercato comunitario. Lo sviluppo economico ed il progresso sociale sono i due cardini fondamentali della categoria, tendente sempre ad un bilanciamento tra le due finalità, riconosciuti a livello europeo come valori fondamentali ed intrepretati dalla giurisprudenza della Corte come fondamentali per le sue decisioni. Si sottolinea la realizzazione del concetto in ambito comunitario, dove all’esigenza di protezione delle libertà economiche si è riusciti ad associare la tutela di altri valori. L’equilibrio per il raggiungimento dell’ordine pubblico economico manca in tante aeree del diritto internazionale dove è prevalente il concetto di free trade rispetto ai valori sociali e della persona umana.
The study shows the existence of an European constitutional dimension of values and principles including the CEDU and the national constitutions, establishing the presence of an European public order underlining the display of a constitutional European system. The research tries to prospect the existence of an European integration at juridical level, granting the European juridical pluralism, highlighting the identity of each system, unifying the process of integration and the defense of pluralism, showing a defective juridical situation related to the granting of fundamental rights. The study appeals to the concept of public order that states the unity of juridical systems defining the concept of European constitutional pluralism through the mutual acknowledgment and achievement of a constitutional dimension. Among both the concepts of formal constitution and real constitution, it is preferred that of Verfassung ,real constitution. The concept of public order retains and gives values to the differences and conflicts and becomes the result of the conflict between the retention and promotion of values and fundamental principles. It is added the concept of public economic order as a variable category that marks the beginning of a new law that prevents and settle social conflicts. The public economic order oppose the abstract nature of old orders through the legislation of social categories where the contract is subject to rules of contractual typology and to the legal entity of the parts. The conceptual innovation that brings to the distinction between the two concept of public order and public economic order is the statuale base : the concept of public economic order is based on the forms of social State where the social justifies the public intervention in economy, becoming a legal notion of political and social economy. The relationship between law and economy appears important to better understand the meaning of the category of public and economic order: it is marked the need to create real and non-abstract conceptions of the system and to recover the experience of human relationships and that of the interpersonal communication. The proposal of a general theory in an economic setting reveals the deficiencies of an abstract method together with the need of a “new anthropology” upon which the subsidiary concept is based. The new typology gives value to the autonomy and to the ability of the individual and it is consequence of the natural auto govern of the human person. An analysis of the relationship between the economic order and the juridical system follows: social rules join the subsidiary role of institutions that provide for the deficiencies of procedures. There is a communication between the two subjects through which the concept of communication gains importance, thus supposing a system upon which the subsidiary intervention of institutions that work for the welfare of community life is based. The new concept of public economic order becomes a category that mediate the interrelations among the principles of the Community system and the rules of the Community market. The economic development and the social progress are the two cornerstones of the category, always tending towards a balance between the two purposes , identified at European levels as fundamental values and interpreted from the law of the Court as basic for its decisions. It is underlined the fulfillment of the concept in the Community setting in which the need of defending economic freedom has been associated to the protection of other values. The balance for the achievement of the public economic order lacks in many areas of international law where the concept of free trade prevails over social values and human person.
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TOSCANO, VINCENZO. « LO STATO DELLA CHIESA TRA DIRITTO INTERNO E INTERNAZIONALE NELLA PRIMA METÀ DELL'OTTOCENTO. LA FIGURA E IL PENSIERO POLITICO DI PELLEGRINO ROSSI ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/926213.

Texte intégral
Résumé :
La prima parte dell’Ottocento ha rappresentato un momento cruciale per il contesto europeo, costretto in un primo momento a fare i conti con le ultime conseguenze della grande ventata rivoluzionaria, e poi – direttamente – con il figlio più spregiudicato di quest’ultima; quel petit diable arrivato dalla Corsica e divenuto imperatore. Anni in cui lo Stato della Chiesa vive alcuni dei momenti più delicati della sua esistenza (basti pensare all’annessione diretta all’impero francese o alla deportazione di Pio VII), senza avere la forza materiale per opporsi a tali vicissitudini. Il lavoro compiuto dai rappresentanti europei a Vienna, durante l’omonimo Congresso, tenta di attuare un “forzato” e precario ritorno al passato, che si rivelerà incapace di resistere allo spirito dei nuovi tempi. Lo Stato pontificio – questa la nuova denominazione adottata dopo la grande adunanza del 1814-1815 (quasi a voler eliminare quell’aura di sacralità destinata a diventare sempre più scomoda nei decenni successivi) – si trova dinanzi all’impellente bisogno di riorganizzare il proprio apparato istituzionale, consapevole di non poter cancellare definitivamente la parentesi degli anni appena trascorsi. In un secolo che vedrà la definitiva scomparsa del dominio temporale dei papi, quanto appena detto è soltanto una delle sfide con cui lo Stato dell’Italia centrale è chiamato a confrontarsi. Tali eventi infatti, si susseguono in uno scenario internazionale in continua evoluzione, dove anche le grandi potenze sono spesso chiamate a confrontarsi con eventi inattesi, ma sempre attente alle dinamiche dell’equilibrio e al bilanciamento degli interessi in gioco. Per una realtà che non è semplicemente un’entità statale, ma anche centro dell’orbe cattolico e sede del successore di Pietro, accettare di stravolgere la propria “natura” non è affatto semplice. Consentire l’accesso dei laici ai vertici della burocrazia, istituire organismi “realmente” rappresentativi, o pensare di promulgare una Carta fondamentale, continua ad essere per anni un ricorrente miraggio. Anche se da più fronti riecheggia la necessità di portare un ammodernamento all’amministrazione interna dello Stato, sul versante amministrativo, economico, e soprattutto giudiziario, sembra trionfare – quasi sempre – la linea dell’intransigenza e dell’immobilità. A volte si interviene, è vero, ma più per compiacenza che per reale convinzione, dovendo tener conto di pressioni interne ed esterne. Spinte talvolta provenienti dal malcontento sempre più diffuso, talvolta dall'ingerenza dei grandi Stati europei. Il presente lavoro di ricerca, si è posto dunque l’obiettivo di analizzare le principali vicende (specialmente giuridiche) – interne ed esterne – che hanno coinvolto lo Stato della Chiesa nella prima metà dell’Ottocento. Un percorso sviluppato lungo molteplici direttrici, partito dallo sfondo dei grandi eventi storici di questi anni, e intrecciatosi con le vicende di alcuni grandi protagonisti: pontefici, segretari di Stato, capi di governo, monarchi. Uno sguardo gettato non solo sul fronte interno, ma anche su quello internazionale. Capire come Roma provi a gestire le proprie relazioni estere in un contesto sovranazionale che in questi decenni vede sorgere nuovi Stati (si prenda l’esempio rappresentato dal Belgio), assiste a mutamenti rilevanti (si pensi alla Francia del 1830, con l’inizio della monarchia orleanista, o all’indipendenza raggiunta dai Paesi del sud America), o a forti dispute dinastiche (come avviene nella Penisola iberica), è importante per capire come essa debba confrontarsi anche con governi che, a seconda dei casi, assumono caratteri marcatamente conservatori o con forti tendenze liberali. E per quanto sia naturale l’inclinazione, o se vogliamo la “vicinanza” della Curia romana verso posizioni reazionarie, ciò non significa che i rapporti con potenze come Russia o Austria, rimangono sempre idilliaci. Tuttavia, quella appena descritta, non è stata l’unica linea seguita nello sviluppo della presente ricerca. Quasi a voler procedere su due binari paralleli, ci si è soffermati anche sulla figura e sul pensiero politico di uno dei giuristi più rilevanti della prima metà del secolo: Pellegrino Rossi. Giurista certo, anche se tale espressione non basta per racchiudere la grandezza di un “figlio italiano”, nato e vissuto quando l’Italia unita ancora non esisteva. Molto è stato già detto, o meglio scritto, su questo poliedrico personaggio, e sulla sua vita spesa tra l’Italia, la Svizzera, la Francia e poi nuovamente nella Penisola, impegnato presso la corte romana come rappresentante francese, e poi come ministro di sua santità. Eppure, proprio tali aspetti sono stati utili per lo svolgimento del presente lavoro, guardando a sfumature meno indagate, ma di assoluto rilievo. Tali sono stati ad esempio i momenti più rilevanti trascorsi dal Rossi in terra elvetica (in quanto membro del Consiglio rappresentativo di Ginevra e inviato alla Dieta di Lucerna del 1832), o i maggiori interventi tenuti presso la camera dei Pari a Parigi, tra il 1840 e il 1844. Lo stesso dicasi per le delicate vicende che coinvolsero il giurista durante il suo incarico presso la corte papale, o la particolare congiuntura storica in cui assunse l’incarico di ministro dell’interno di Pio IX. Proprio qui, prima nei panni di ambasciatore, e poi come perno del nuovo governo nato nel settembre 1848, il poliedrico italiano avrebbe cercato di scuotere lo Stato romano dal suo torpore, per trainarlo verso un assetto più moderno e realmente costituzionale.
The first part of the nineteenth century was a crucial moment for the European context, which was first forced to reckon with the last consequences of the great revolutionary wave, and then - directly - with France's most unscrupulous son; that petit diable arrived from Corsica and become emperor. In these years the Papal States experienced some of the most delicate moments of their existence (suffice it to think of the direct annexation to the French Empire or the deportation of Pius VII), without having the material strength to oppose such vicissitudes. The work carried out by the European representatives in Vienna, during the famous Congress, attempts to implement a “forced” and precarious return to the past, which will prove to be incapable of withstanding the spirit of the new times. The Papal State - this was the new denomination adopted after the great meeting of 1814-1815 (as if to eliminate the aura of sacredness destined to become increasingly uncomfortable in the following decades) - was faced with the urgent need to reorganise its institutional apparatus, aware that it could not definitively cancel the parenthesis of the years that had just passed. In a century that will see the disappearance of the temporal dominion of the popes, it was only one of the challenges with which the State of central Italy was called to confront. In fact, these events took place in a constantly evolving international scenario, where even the great powers were often called upon to deal with unexpected events, but were always attentive to the dynamics of balance and the balancing of interests at stake. For a reality that is not only a state entity, but also the centre of the Catholic world and the seat of the successor of Peter, accepting to change its “nature” is not easy. Allowing lay people access to the upper echelons of the bureaucracy, setting up “truly” representative bodies, or thinking of promulgating a fundamental charter, has been a recurring mirage for years. Although the need to modernise the internal administration of the State is echoed on many fronts, on the administrative, economic and, above all, judicial fronts, the line of intransigence and immobility seems to triumph almost always. It is true that action is sometimes taken, but more out of complacency than real conviction, having to take account of internal and external pressures. Pressure that sometimes comes from increasingly widespread discontent, sometimes from the interference of the large European states. The aim of this research work was therefore to analyse the main (especially legal) events - internal and external - that involved the Church State in the first half of the nineteenth century. A path developed along multiple lines, starting from the background of the great historical events of recent years, and intertwined with the vicissitudes of some great protagonists: popes, secretaries of state, heads of government, monarchs. A look not only at the domestic front, but also at the international one. Understanding how Rome tries to manage its foreign relations in a supranational context that in recent decades has seen the emergence of new states (e.g. Belgium), significant changes (e.g. France in 1830, with the beginning of the Orleanist monarchy, or the independence achieved by the countries of South America), or strong dynastic disputes (e.g. the Iberian Peninsula), is important to understand how it must also deal with governments that, depending on the case, take on markedly conservative characteristics or with strong liberal tendencies. Despite the Roman Curia's natural inclination, “closeness” to reactionary positions, relations with powers such as Russia or Austria don’t remain idyllic. However, the line just described was not the only one followed in the development of this research. As if wishing to proceed on two parallel tracks, we have also focused on the figure and political thought of one of the most important jurists of the first half of the century: Pellegrino Rossi. A jurist of course, although this expression is not enough to encapsulate the greatness of an “Italian son”, born and raised when united Italy did not yet exist. Much has already been said, or rather written, about this multifaceted character, and about his life spent between Italy, Switzerland, France and then back on the peninsula, working at the Roman court as a French representative, and then as a minister of His Holiness. And yet these aspects have been precisely useful in this work, looking at lesser-known but absolutely important aspects. These were, for example, the most important moments Rossi spent in Switzerland (as a member of the Geneva Representative Council and as an envoy to the Diet of Lucerne in 1832), or the major speeches he made at the Chamber of Peers in Paris between 1840 and 1844. The same can be said about the delicate events that involved the jurist during his tenure at the papal court. It was here, first as ambassador, and then as the pivot of the new government formed in September 1848, that the multifaceted Italian tried to shake the Roman State out of its torpor and pull it towards a more modern and truly constitutional order.
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FRANCARIO, Simone. « Principi e regole dei contratti pubblici aggiudicati in base al diritto internazionale ». Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2022. https://hdl.handle.net/11695/114429.

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Résumé :
Lo scopo della presente tesi è quello di analizzare i principi fondamentali e le regole degli appalti pubblici aggiudicati in base al diritto internazionale, partendo, in maniera diametralmente opposta, proprio dal dato normativo nazionale. Come è noto, l’art. 16 del codice appalti di cui al D. Lgs. 50/2016 prevede che gli appalti aggiudicati o organizzati in base a norme internazionali (quali, ad esempio norme derivanti da un trattato internazionale o stabilite da un’organizzazione internazionale), insieme agli appalti finanziati per intero o per la maggior parte da organizzazioni internazionali, siano esclusi dall’ambito di applicazione delle norme del codice degli appalti, propendendo per l’applicazione delle regole derivanti dalle rispettive fonti sovranazionali. Questa norma, che rappresenta il punto di collegamento tra l’ordinamento nazionale e l’ordinamento internazionale in materia di appalti pubblici, costituisce anche il punto di partenza della ricerca. Ci si chiede, infatti, se tali contratti aggiudicati in base alle norme di diritto internazionale non sono soggetti alle regole e ai principi del codice appalti, a quali norme e principi ubbidiscono? Vi è divergenza oppure convergenza tra le regole nazionali e internazionali? Per rispondere a questo interrogativo, si è reso necessario, in primo luogo, ricostruire in chiave storico sistematica l’evoluzione dei principi in materia di evidenza pubblica nell’ordinamento italiano, iniziando dal principio contabilistico all’epoca delle prime leggi di contabilità di Stato, al quale si sono poi aggiunti anche i principi di anticorruzione e concorrenza. Nella seconda parte della ricerca poi sono state esaminate le principali fonti internazionali in materia e in questa analisi sono state prese in considerazione fonti di natura molto eterogenea tra di loro al fine di coprire l’intero ambito descritto dall’art. 16 del codice appalti. Ad esempio, la UNCITRAL model law on p.p., un trattato internazionale il quale è carente del requisito della obbligatorietà nei confronti degli Stati firmatari ma che funge come guida/suggerimento ai legislatori nazionali al fine di modernizzare e aggiornare il proprio sistema di aggiudicazione dei contratti pubblici. Il GPA, un accordo internazionale stipulato all’interno di una organizzazione internazionale quale l’OMC, il quale è obbligatorio nei confronti delle parti firmatarie qualora il valore della commessa pubblica superi una certa soglia. E infine le regole della Banca Mondiale, ossia le regole di una organizzazione finanziaria internazionale che si applicano obbligatoriamente a tutti gli appalti finanziati per intero o anche solo in parte dalla WB. La terza e ultima parte della ricerca è dedicata al confronto dei principi che sono emersi nell’ordinamento nazionale e nell’ordinamento internazionale. Da tale comparazione sembra poter emergere una sostanziale coincidenza di principi che, seppur declinati in forme differenti a seconda della fonte normativa di riferimento, possono comunque essere pur sempre ricondotti alle ragioni classiche dell’evidenza pubblica, ossia contabilità, concorrenza e anticorruzione.
The purpose of this thesis is to analyze the fundamental principles and rules of public contracts awarded on the basis of international law, starting, in a diametrically opposed manner, from the national law. As is well known, Article 16 of the Legislative Decree 50/2016 provides that contracts awarded or organized on the basis of international rules (such as, for example, rules deriving from an international treaty or established by an international organization), together with contracts financed wholly or for the most part by international organizations, are excluded from the scope of application of the Italian national rules, leaning towards the application of the rules deriving from the international law. This article, which represents the point of connection between national and international law on public procurement, is also the starting point of the research. If these international public contracts are awarded on the basis of the rules of international law and, therefore, they are not subject to the rules and principles of the procurement code, which rules and principles do they obey? Is there divergence or convergence between national and international rules and principles? In order to answer this question, it was first necessary to reconstruct the evolution of the principles of public procurement in the Italian legal system, starting from the accounting principle, to which the principles of anti-corruption and competition were later added. The second part of the research is focused on the analysis of the main international sources of public procurement regulations. The UNCITRAL model law on public procurement: an international treaty which is not compulsory to the signatory States but serves as a guide/suggestion to national legislators in order to modernize and update their own system. The GPA, an international agreement concluded within an international organization such as the WTO, which is binding on the signatory parties if the value of the public contract exceeds a certain threshold. And finally, the rules of the World Bank, i.e. the rules of an international financial organization which are compulsorily applied to all contracts financed in whole or in part by the WB. The third and last part of the research is dedicated to the comparison of the principles that have emerged in the national and international systems. From this comparison, it is possible to identify a substantial coincidence of principles that, although declined in different forms depending on the source of reference, can still be traced back to the classic reasons of public evidence, namely accounting, competition and anti-corruption.
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IANNI, PIERPAOLO. « IL RUOLO DEI PARLAMENTI NAZIONALI NEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE GIURIDICA EUROPEA DOPO IL TRATTATO DI LISBONA ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/17948.

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Résumé :
Questa tesi di ricerca si occupa del ruolo rivestito dai parlamenti nazionali italiano, britannico e tedesco. Analizza il modo in cui questi parlamenti partecipano al processo decisionale ed implementano il diritto dell'Unione europea dopo il Trattato di Lisbona. La ricerca si concentra su un'analisi comparata delle leggi, delle procedure e consuetudini parlamentari al fine di esaminare il ruolo rivestito dai parlamenti nazionali nel contesto europeo. Il nuovo quadro giuridico previsto dal Trattato di Lisbona promuove la creazione di un sistema parlamentare integrato, basato sulle istituzioni europee e sui parlamenti nazionali cui è attribuito un ruolo più incisivo nel processo decisionale europeo, nella convinzione che un loro maggiore coinvolgimento possa contribuire a garantire un livello più efficace di democrazia nel funzionamento complessivo dell'Unione. I parlamenti nazionali possono contribuire a rendere l'U.E. più o meno efficiente. Essi sono chiamati a svolgere un ruolo rilevante nel processo legislativo europeo, in particolare nella fase di formazione delle politiche e del diritto dell’Unione europea (c.d. fase ascendente) e nel monitoraggio dell'esecuzione del principio di sussidiarietà. Il Trattato di Lisbona introduce norme di partecipazione diretta dei parlamenti nazionali nel processo legislativo europeo, trasformandoli in "guardians of subsidiarity". Il Trattato di Lisbona e i relativi Protocolli riconoscono il ruolo della cooperazione interparlamentare, affidando ai parlamenti nazionali il compito di promuovere e organizzare la sua realizzazione all'interno dell'Unione europea. In questa prospettiva le competenze delle commissioni specializzate in affari europei e della COSAC (Conference of Parliamentary Committees for Union Affairs of Parliaments of the European Union) sono ulteriormente potenziate.
This research thesis deals with the role of national parliaments in Italy, United Kingdom and Germany. It analyses the way in which these Parliaments participate in the European Union and implement the Law of the European Union after the Treaty of Lisbon. The research focuses on a comparative analysis of parliamentary procedures, instruments, and practices in order to examine the respective roles of the European Institutions and the national parliaments within the European framework. The new legal framework laid down the Treaty of Lisbon encourages the creation of an integrated parliamentary system, based on the European Parliament and on the national parliaments which are assigned a more incisive role in the European decision-making process, in the belief that these innovations may contribute to guaranteeing a more effective level of democracy in the overall functioning of the Union. The national parliaments can contribute to making Europe more or less effective. They will be called on to play a more important role in the European law-making process, specifically in the pre-legislative dialogue with European institutions and particularly in the monitoring of the enforcement of the subsidiarity principle in European legislation proposals. The Treaty of Lisbon regulations introduce direct participation of national parliaments in the European law-making process, transforming them into the "guardians of subsidiarity". The Treaty of Lisbon and the related protocols recognise and encourage interparliamentary cooperation, entrusting national parliaments with the task of promoting and organising its achievement within the European Union. In this perspective, the competences of the Conference of Community and European Affairs Committees of Parliaments of the European Union (COSAC) are further enhanced. In this thesis, the reasons for overall inclusion of national parliaments in the European Union activities are analysed. The role of national parliaments in the EU according to the specific provisions of the EU treaties is also discussed and the largest part of the work is devoted to the ex ante subsidiarity principle control mechanism (the Early Warning System), which gives the right for the national parliaments to influence the EU legislative process.
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IANNI, PIERPAOLO. « IL RUOLO DEI PARLAMENTI NAZIONALI NEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE GIURIDICA EUROPEA DOPO IL TRATTATO DI LISBONA ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/17948.

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Résumé :
Questa tesi di ricerca si occupa del ruolo rivestito dai parlamenti nazionali italiano, britannico e tedesco. Analizza il modo in cui questi parlamenti partecipano al processo decisionale ed implementano il diritto dell'Unione europea dopo il Trattato di Lisbona. La ricerca si concentra su un'analisi comparata delle leggi, delle procedure e consuetudini parlamentari al fine di esaminare il ruolo rivestito dai parlamenti nazionali nel contesto europeo. Il nuovo quadro giuridico previsto dal Trattato di Lisbona promuove la creazione di un sistema parlamentare integrato, basato sulle istituzioni europee e sui parlamenti nazionali cui è attribuito un ruolo più incisivo nel processo decisionale europeo, nella convinzione che un loro maggiore coinvolgimento possa contribuire a garantire un livello più efficace di democrazia nel funzionamento complessivo dell'Unione. I parlamenti nazionali possono contribuire a rendere l'U.E. più o meno efficiente. Essi sono chiamati a svolgere un ruolo rilevante nel processo legislativo europeo, in particolare nella fase di formazione delle politiche e del diritto dell’Unione europea (c.d. fase ascendente) e nel monitoraggio dell'esecuzione del principio di sussidiarietà. Il Trattato di Lisbona introduce norme di partecipazione diretta dei parlamenti nazionali nel processo legislativo europeo, trasformandoli in "guardians of subsidiarity". Il Trattato di Lisbona e i relativi Protocolli riconoscono il ruolo della cooperazione interparlamentare, affidando ai parlamenti nazionali il compito di promuovere e organizzare la sua realizzazione all'interno dell'Unione europea. In questa prospettiva le competenze delle commissioni specializzate in affari europei e della COSAC (Conference of Parliamentary Committees for Union Affairs of Parliaments of the European Union) sono ulteriormente potenziate.
This research thesis deals with the role of national parliaments in Italy, United Kingdom and Germany. It analyses the way in which these Parliaments participate in the European Union and implement the Law of the European Union after the Treaty of Lisbon. The research focuses on a comparative analysis of parliamentary procedures, instruments, and practices in order to examine the respective roles of the European Institutions and the national parliaments within the European framework. The new legal framework laid down the Treaty of Lisbon encourages the creation of an integrated parliamentary system, based on the European Parliament and on the national parliaments which are assigned a more incisive role in the European decision-making process, in the belief that these innovations may contribute to guaranteeing a more effective level of democracy in the overall functioning of the Union. The national parliaments can contribute to making Europe more or less effective. They will be called on to play a more important role in the European law-making process, specifically in the pre-legislative dialogue with European institutions and particularly in the monitoring of the enforcement of the subsidiarity principle in European legislation proposals. The Treaty of Lisbon regulations introduce direct participation of national parliaments in the European law-making process, transforming them into the "guardians of subsidiarity". The Treaty of Lisbon and the related protocols recognise and encourage interparliamentary cooperation, entrusting national parliaments with the task of promoting and organising its achievement within the European Union. In this perspective, the competences of the Conference of Community and European Affairs Committees of Parliaments of the European Union (COSAC) are further enhanced. In this thesis, the reasons for overall inclusion of national parliaments in the European Union activities are analysed. The role of national parliaments in the EU according to the specific provisions of the EU treaties is also discussed and the largest part of the work is devoted to the ex ante subsidiarity principle control mechanism (the Early Warning System), which gives the right for the national parliaments to influence the EU legislative process.
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Corbo, Matteo. « Il "Giusto processo" amministrativo - La tutela giurisdizionale dell'individuo nei confronti della Pubblica Amministrazione alla luce del diritto dell'Unione europea e della Convenzione europea dei diritti dell'uomo ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424203.

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Résumé :
The object of this piece of work concerns the safeguards granted to the individual under the Italian administrative trial. More specifically the work is dedicated to the guarantees provided to the individuals by the European Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms and European Union law. The ECHR and the EU law (the latter, in particular, through the Charter of Fundamental Rights) provide individuals with a series of procedural guarantees whose compliance is the basis for the "fair trial". The administrative trial, however, presents some peculiarities that generate a number of doubts in the practical application of such guarantees. The Public Administration (necessary part of this judgment) from the procedural stage is already bound to comply with certain principles (therefore much earlier than the commencement of any litigation). Such principles are imposed by the law, Constitution, ECHR and EU law in order to achieve a "fair administrative trial". By consequence, the administrative act should therefore be "legitimate" in itself. Furthermore, while the claimant is pursuing its own (legitimate) individual interest, which may have been harmed by the contested measure or unlawful conduct adopted by the Public Administration, the aim pursued by the administration itself is only the overall interest of the community. The administrative trial contains an internal asymmetry between the positions of the parties involved. Such asymmetry is originated by the presumption of legality of the administrative actions, as well as by the public interest on which it is linked. In fact, under Italian law, as well as in most European countries, Administrative trial has always been separated from the civil trial. The question of the balance between the values at stake as a fundamental valuation criteria for the Constitutional Court, the Court of Human Rights and the Court of Justice, is absolutely unique in this field. How much the procedural rights of the individuals shall be safeguarded when such protection inevitably collides with the overriding public interest that the Public Administration shall enforce (which in turn takes the form of defense of other fundamental values, also protected by the Constitution, the ECHR and Union law)? In the development of this work the way in which the European Court of Human Rights and the Court of Justice deal with this difficult balance will also be analyzed. The analysis will be focused in particular on the case law of the Italian administrative procedure law. In addition, special attention will be paid to the way the Italian Constitutional Court, the Court of Cassation and the Trial Court deal with the jurisprudence of the European courts. The outcome is the finding of the existence of various levels of dialectical relationship between the jurisdictions which are characterized by moments of dialogue and other of breaking. Therefore the target is finding an "European" concept of "administrative fair trial" and analyzing in which way it practically develops within the Italian law. In this sense, no one can hardly overlook the objective efforts made by the legislator who, through the reform of article 111 of the Constitution and the entry into force of the Code of Administrative Procedure (CPA), has shown the intention of incorporating into our system the principles of fair trial as outlined (also) through an alignment of the levels of protection granted in the civil and in the administrative trial. However, despite these efforts, in some fields of Italian procedural law, it still persists a situation of advantage in favour to the Public Administration. The work is divided in three chapters. In the first one, after an overview of the universal generic obligations suitable to affect the administrative process in Europe, we will try to determine which guarantees the ECHR and the EU law (and, particularly, the Bill of Rights) are applicable to the administrative trial. In the second, the investigation focuses on the ways the Italian law suits the procedural guarantees of the ECHR and the EU law and on the possible intersections (both from the perspective of conflict and integration) between such guarantees or between them and the Constitution. This will be obtained by not forgetting the need for a coordination between the jurisprudence of the European Court of Justice, European Court of Human Rights and Constitutional Court. In the third chapter, after a brief presentation of the Italian system of split of jurisdiction, the investigation focuses on the manner in which the domestic, international and EU courts have organized the delicate balance that is studied in this work. This is done by outlining some problematic issues that arise in practice in the application of the principle of fair trial in the Italian administrative procedural system. To do this, it will be indicated some possible solutions related to certain interpretative issues still unresolved in our domestic law, or about cases of clear incompatibility between Italian law and the principle of fair trial, through an interpretation of internal rules that guarantees the enforcement of human rights. Upon completion of this work, based on the outcome outlined herein, the reader shall be able to understand if the process of development of the individuals' rights in the administrative process has arrived at a stable point of compromise between opposing interests, or rather should continue and overlaps to areas where the public administration still enjoys the typical privileges deriving from its particular status.
L'indagine oggetto di questo lavoro concerne le garanzie processuali di cui gode l'individuo nell'ambito del processo amministrativo italiano, e, più specificamente le garanzie ricavabili dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà  fondamentali e dal di-ritto dell'Unione europea. La CEDU ed il diritto dell'Unione Europea (quest'ultimo soprattutto attraverso la Carta dei diritti fondamentali) predispongono infatti una serie di garanzie processuali il cui rispetto contraddistingue quello che viene comunemente indicato come "giusto processo". Il processo amministrativo presenta però alcune peculiarità  che pongono, nell'applicazione di tali garanzie, non poche questioni. Infatti, la Pubblica amministrazione (parte necessaria di tale giudizio), già  nella fase procedimentale (e dunque ben prima dell'instaurazione di un eventuale contenzioso), è vincolata al rispetto di determinati principi, posti dalla legge, dalla Costituzione, dalla CEDU e dal diritto dell'Unione, nell'ottica di realizzare una sorta di "giusto procedimento amministrativo"; l'agire amministrativo dovrebbe dunque essere già  di per sé "legittimo". Inoltre, mentre il ricorrente persegue un proprio (legittimo) interesse individuale, leso dal provvedimento impugnato o comunque dall'illegittimo comportamento posto in essere dalla Pubblica amministrazione, il fine perseguito da quest'ultima è quello dell'interesse della collettività. Il processo amministrativo presenta dunque un profilo di asimmetria fra le posizioni delle parti in causa, originato tanto dalla presunzione di legittimità  dell'azione amministrativa, quanto dall'interesse pubblico ad essa sotteso, tale per cui, nell'ordinamento italiano, così come nella maggioranza degli Stati europei, esso è sempre stato distinto dal processo civile. Il problema del bilanciamento fra valori, fondamentale criterio di valutazione tanto della Corte costituzionale, quanto della Corte EDU e della Corte di giustizia, si pone dunque in tale ambito in maniera assolutamente peculiare: fino a che punto tutelare i diritti processuali dei singoli, nel momento in cui la tutela in questione va inevitabilmente a collidere con l'interesse pubblico tutelato dalla Pubblica Amministrazione, il quale a sua volta si sostanzia nella difesa di altri valori fondamentali, tutelati anch'essi dalla Costituzione, dalla CEDU e dal diritto dell'Unione? Nel corso di questo lavoro si analizza quindi il modo attraverso il quale la Corte europea dei diritti dell'uomo e la Corte di giustizia affrontano tale difficile bilanciamento, concentrandosi in particolare sulla giurisprudenza relativa al diritto processuale amministrativo italiano. Inoltre, una particolare attenzione viene posta al modo in cui i giudici italiani, costituzionale, di legittimità  e di merito, si pongono nei confronti della giurisprudenza di tali corti, riscontrando l'esistenza fra le giurisdizioni proprie dei vari livelli di un rapporto dialettico, nell'ambito del quale si alternano momenti di dialogo e di rottura. L'obbiettivo è quindi quello di rinvenire, all'esito di tale analisi, una nozione europea di giusto processo amministrativo e di analizzare in quale maniera essa si cali in concreto nell'ordinamento italiano. In tal senso, non si può certo trascurare l'oggettivo sforzo compiuto dal legislatore che, attraverso la riforma dell'art. 111 della Costituzione e l'entrata in vigore del Codice del processo amministrativo (c.p.a.), ha mostrato di voler recepire nel nostro sistema processuale i principi del giusto processo così delineati, (anche) attraverso un allineamento del livello di tutela garantito nel processo civile e nel processo amministrativo. Tuttavia, nonostante tale impegno, continuano a permanere nell'ordinamento italiano situazioni di evidente vantaggio in favore della Pubblica Amministrazione. Il lavoro si articola in tre capitoli. Nel primo, dopo una panoramica sugli obblighi di carattere universale idonei ad incidere sul processo amministrativo in Europa, si cerca di determinare quali garanzie presenti nella CEDU e nel diritto dell'Unione europea (e, particolarmente, nella Carta dei diritti) siano applicabili al processo amministrativo. Nel secondo, l'oggetto dell'indagine si concentra sulle modalità  attraverso le quali l'ordinamento italiano si adatta alle garanzie processuali della CEDU e dell'Unione, nonchè sulle possibili intersezioni (tanto in ottica di conflitto quanto di integrazione) fra tali garanzie oppure fra di esse e la Costituzione, senza prescindere da un approfondimento sul coordinamento processuale della giurisprudenza della Corte di giustizia, della Corte EDU e della Corte costituzionale. Nel terzo capitolo, infine, dopo una breve presentazione del sistema italiano di riparto di giurisdizione, l'indagine si focalizza sulla maniera in cui le giurisdizioni interne, internazionali e dell'Unione abbiano effettuato il delicato bilanciamento che è oggetto di questo lavoro, presentando alcune questioni problematiche che si pongono in concreto nell'applicazione del principio del giusto processo nel sistema processuale amministrativo italiano. Per fare questo, si indicano alcune possibili soluzioni rispetto a determinate questioni interpretative ancora irrisolte nel nostro diritto nazionale, oppure rispetto a situazioni di palese incompatibilità  dell'ordinamento italiano col principio del giusto processo, attraverso un'interpretazione delle norme interne orientata alla tutela dei diritti umani. All'esito di tale percorso, così delineati gli elementi in campo, sarà  per il lettore possibile comprendere se il processo di allargamento dei diritti degli individui nel processo amministrativo sia arrivato ad uno stabile punto di mediazione fra opposti interessi, oppure debba piuttosto continuare, andando a toccare gli ambiti dove ancora alla Pubblica Amministrazione è riservata una situazione di privilegio, legata alle sue indubbie peculiarità.
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Silva, Airton Ribeiro da. « Teaching International law in the Nineteenth-Century Brazil : a history of appropriation and assimilation (1827-1914) ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/2158/1124811.

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Résumé :
The present research focuses on the teaching of international law over the nineteenth- century Brazil, and its role in the universalization of this European normativity. Conventionally, the expansion of international law is taken as an imposed and unilateral phenomenon, undermining the role of the postcolonial jurists in this process. Thus, this investigation explores how the Brazilian jurists promoted and disseminated the international law, through the appropriation and adaptation of exogenous doctrines within the Brazilian context. In order to approach it, the teaching of international law in the Brazilian legal education is examined under three aspects: the discipline, the professors, and the legal literature. The first part narrates the establishment of the discipline in Brazil: from the institution of the discipline Law of Nations, in the foundation of the Brazilian law faculties, to the education reform that altered the denomination to International Law by the end of the nineteenth-century. Then, it is traced a general profile of the men who imparted the discipline, inserting them in the Brazilian legal culture. The final chapter is dedicated to the books on international law published in Brazil, where it is analysed how the national jurists appropriated and manipulated the international law doctrine to facilitate its assimilation in Brazilian soil, promoting with it the universalization of international law. RIASSUNTO. La presente ricerca si incentra sull’insegnamento del diritto internazionale nell’Ottocento brasiliano e sul ruolo dell’educazione giuridica nell’universalizzazione del diritto internazionale. Solitamente, l’espansione di questo diritto di origine europea è considerata un fenomeno imposto ed unilaterale, interpretazione che riduce od offusca il ruolo dei giuristi postcoloniali in questo processo. La ricerca rivela come i giuristi brasiliani abbiano promosso e diffuso il diritto internazionale attraverso l’appropriazione e adattamento di dottrine esogene nel loro contesto. L’insegnamento del diritto internazionale nell' educazione giuridica brasiliana viene analizzato sotto tre aspetti: la disciplina, i professori e la letteratura giuridica. La prima parte si occupa dell’istituzione della disciplina in Brasile: dalla sua creazione come ‘Diritto delle genti’, precipuamente nella fondazione delle facoltà giuridiche in Brasile, fino alla trasformazione della denominazione in ‘Diritto internazionale’ alla fine del diciannovesimo secolo. In seguito, tenendo conto delle peculiarità della cultura giuridica brasiliana ottocentesca, viene tracciato un profilo generale di coloro che hanno impartito lezioni di diritto internazionale. Nel capitolo finale, dedicato alle opere di diritto internazionale pubblicate in Brasile, si analizza la maniera in cui i giuristi nazionali si sono appropriati e si sono serviti della dottrina del diritto internazionale per facilitare la sua assimilazione nel contesto brasiliano, favorendo così l’universalizzazione del diritto internazionale.
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VONA, FABRIZIO. « Contenzioso climatico e diritti umani : origini, norme e prassi del ‘rights turn’ ». Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/11573/1549430.

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Résumé :
Il cambiamento climatico costituisce una delle più grandi sfide ambientali, giuridiche, sociali ed economiche del nostro tempo. Nonostante oggi nessuno possa seriamente mettere in dubbio le conseguenze disastrose del cambiamento climatico e la sua natura antropogenica, l’articolato regime normativo elaborato dalla comunità internazionale in materia non sembra essere stato in grado di evitare quella che è oramai di fatto una conclamata emergenza climatica. In particolare, le incertezze legate all’implementazione del regime giuridico internazionale sul cambiamento climatico e la palese inadeguatezza degli sforzi di riduzione delle emissioni di CO2 profusi dai governi e dalle multinazionali fossili hanno spinto individui e organizzazioni non governative a reagire per contrastare il fenomeno. Negli ultimi anni, giudici e tribunali sono entrati prepotentemente in gioco nell’azione di contrasto al fenomeno grazie a una serie di ricorsi presentati da comuni cittadini e ONG volti a contestare l’azione o la mancata azione dei governi nazionali in materia di cambiamento climatico. Il c.d. contenzioso climatico ha spostato il nucleo dell’azione climatica dalla scena internazionale a quella interna dove i giudici nazionali vengono sempre più spesso chiamati a pronunciarsi circa l’adeguatezza delle misure in materia di clima adottate dagli Stati. Attraverso lo strumento del contenzioso si intende influenzare le politiche pubbliche, rivendicare la giustizia climatica per proteggere i diritti fondamentali degli individui, imporre l’adozione di misure che siano conformi agli standard internazionali, che riducano le emissioni di gas serra o che predispongano adeguate misure di adattamento agli effetti negativi del cambiamento climatico. In generale, lo strumento del contenzioso viene oggi sempre più visto come una valida opzione per promuovere modifiche normative o stimolare l’azione legislativa, rappresentando di fatto un’alternativa temporanea e a lungo termine volta a contrastare la persistente inerzia mostrata dal legislatore e dall’esecutivo in materia di cambiamento climatico. Il presente scritto, inserendosi nella letteratura più recente circa il ruolo del contenzioso climatico quale strumento di governance climatica, mira ad analizzare nel dettaglio il c.d. contenzioso climatico basato sui diritti umani, vale a dire l’utilizzo in giudizio di norme nazionali o internazionali sui diritti umani per accertare le responsabilità di Stati e multinazionali fossili in materia di clima. Recentemente si sta assistendo ad un vero e proprio ‘human rights turn’ all’interno dei contenziosi climatici e ciò non può dirsi certo casuale in quanto sembra coincidere proprio con la crescente importanza assunta a livello internazionale dal nesso cambiamento climatico - diritti umani e dall’esplicito avallo di tale relazione nel Preambolo dell’Accordo di Parigi. Alla luce del quadro descritto, la presente ricerca, incrociando i settori del diritto internazionale e del diritto comparato, intende fornire un’analisi sistematica del ‘rights turn’ nel contenzioso climatico, cercando di stabilire se l’impiego di norme e concetti afferenti alla sfera dei diritti umani costituisca uno strumento efficace ed una base solida per richiamare gli Stati e le multinazionali fossili alle proprie responsabilità. Nel far ciò, operando un’analisi comparata transnazionale, il lavoro esamina in modo dettagliato diversi contenziosi climatici ancorati al paradigma dei diritti umani, individuando le criticità insite nell’utilizzo di tale strumento normativo e cogliendo le posizioni adottate dai giudici di fronte alle rivendicazioni ‘human rights based’ sollevate dai ricorrenti. La ricerca, costituendo il primo studio sistematico del ‘rights turn’ nel contenzioso climatico, vuole essere d’ausilio per tutti quei professionisti che operano nel settore legale e per quelle organizzazioni non governative che impiegano lo strumento del diritto per difendere il legame indissolubile esistente tra uomo e ambiente.
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FIORENTINO, ANDREA. « Parlamenti e trattati internazionali. La partecipazione parlamentare all'esercizio del treaty-making power in prospettiva comparata ». Doctoral thesis, 2022. http://hdl.handle.net/11573/1640676.

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Résumé :
La presente indagine si propone di ricostruire e di inquadrare analiticamente, in prospettiva comparata, l’evoluzione del ruolo di alcuni Parlamenti nell’esercizio di quello che nella letteratura scientifica è comunemente definito «treaty-making power»: il potere di concludere i trattati, il quale, nella scienza costituzionalistica, è riferito al complesso delle attribuzioni rilevanti per la formazione della volontà statuale di vincolarsi al rispetto di obblighi pattizi, oggetto di riparto tra i supremi organi costituzionali. Volendo ripercorrere, attraverso il prisma del diritto costituzionale, le origini e lo sviluppo dell’intervento parlamentare nella formazione dei trattati internazionali, la ricerca si focalizza prevalentemente sulle esperienze di cinque grandi ordinamenti costituzionali appartenenti alla tradizione giuridica occidentale, e che maggiormente hanno contribuito a modellare i paradigmi fondamentali dello Stato di democrazia pluralista: quelli di Regno Unito, Francia, Italia, Germania e Stati Uniti d’America. Il confronto tra i diversi sistemi costituzionali di organizzazione del treaty-making power delineatesi in ciascuno di essi è rivolto all’individuazione e alla disamina dei numerosi e variegati meccanismi istituzionali mediante i quali, secondo una progressione non sempre lineare ma in ultima analisi persistente, si è realizzato – dietro la spinta dell’affermazione del principio della separazione dei poteri e del principio democratico-rappresentativo – l’avanzamento del ruolo delle istituzioni parlamentari. Considerato che il treaty-making power rappresenta una delle manifestazioni più tipiche e qualificanti di quello che viene generalmente denominato «potere estero», l’indagine intende apportare un contributo specifico alla riflessione su quest’ultima categoria, la cui vicenda è la storia di un dilemma con il quale si sono dovuti misurare, fin dai primordi dello Stato costituzionale, poteri costituenti e supremi organi costituzionali, influenzati, nel darvi risposta, da differenti e talvolta opposte concezioni valoriali del modus di conduzione degli affari esteri e del complessivo assetto di governo: il dilemma di come ripartire le attribuzioni istituzionali a esso inerenti (tra le quali, in primis, quelle in cui è articolato il treaty-making power) tra l’Esecutivo e il Parlamento, combinando, rispettivamente, le esigenze di unità, rapidità, efficienza e riservatezza che discendono dal necessario rapportarsi di ogni Stato con la peculiare realtà delle relazioni internazionali, e le istanze di limitazione del potere e di controllo democratico parlamentare scaturite dall’incedere del costituzionalismo.
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PETRINI, Maria Celeste. « IL MARKETING INTERNAZIONALE DI UN ACCESSORIO-MODA IN MATERIALE PLASTICO ECO-COMPATIBILE : ASPETTI ECONOMICI E PROFILI GIURIDICI. UN PROGETTO PER LUCIANI LAB ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251084.

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Con l’espressione “marketing internazionale” ci si riferisce a quell’insieme di attività adottate dall’impresa al fine di sviluppare o perfezionare la propria presenza sul mercato estero. Oggetto della presente ricerca è l’analisi degli aspetti problematici che tali attività sollevano sul piano giuridico: attraverso un approccio basato sull’integrazione della cultura economica del marketing d’impresa con quella più propriamente giuridica, l’indagine mira ad individuare le fattispecie di marketing rilevanti sotto il profilo giuridico e giuspubblicistico, ad analizzarne i profili che risultano più critici per l’impresa e proporre soluzioni concrete. La ricerca è stata condotta in collaborazione all’azienda Gruppo Meccaniche Luciani, che oltre ad essere un affermato fornitore di stampi per calzature, progetta design innovativi attraverso una sua articolazione organizzativa creativa, denominata Luciani LAB. L’impresa investe molto nell’innovazione, ed in questo senso, particolarmente significativo è stato l’acquisto di una potente stampante 3D, tecnologicamente all’avanguardia, che ha consentito all’azienda di progettare diversi prodotti, tra cui una borsa, realizzarli in prototipazione rapida, e successivamente renderli oggetto di specifiche campagne promozionali, illustrate nel presente lavoro. Viene evidenziato come queste rispecchino la peculiarità dell’approccio al marketing da parte della piccola/media impresa, descritto dalla dottrina maggioritaria come intuitivo ed empirico, distante da quello teorico e strategico del marketing management. La collaborazione con l’impresa partner del progetto ha costituito il riferimento principale per l’elaborazione del metodo con cui condurre la ricerca: l’azienda ha promosso i propri prodotti mediante diverse strumenti di marketing, come inserti pubblicitari su riviste, campagne di e-mail marketing e fiere di settore. Queste attività si distinguono tra esse non solo rispetto alle funzioni, alle differenti modalità con cui vengono impiegate e al pubblico cui si rivolgono, ma anche e soprattutto rispetto alla disciplina giuridica di riferimento: ognuna di esse infatti è regolata da un determinato complesso di regole e solleva questioni che si inseriscono in una specifica cornice giuridica. Al fine di giungere ad una sistematica trattazione dei profili giuridici connessi, si è scelto di classificare le diverse azioni di marketing in tre gruppi: quelle riferite alla comunicazione, quelle inerenti l’aspetto del prodotto e quelle che si riferiscono al cliente Per ognuna di queste aree si individua una precisa questione critica per l’impresa, e se ne trattano i profili problematici dal punto di vista giuridico. In relazione al primo gruppo, ovvero la comunicazione pubblicitaria d’impresa, si evidenziano le criticità connesse alla possibilità di tutelare giuridicamente l’idea creativa alla base del messaggio pubblicitario: si mette in discussione l’efficacia degli strumenti giuridici invocabili a sua tutela, in particolare della disciplina del diritto d’autore, della concorrenza sleale e dell’autodisciplina. Si prende come riferimento principale il contesto italiano, considerando la pluralità degli interessi pubblici, collettivi ed individuali coinvolti. Il secondo profilo d’indagine riguarda la disciplina giuridica riconducibile all’e-mail marketing, uno degli strumenti più diffusi di comunicazione digitale. L’invasività di questo sistema nella sfera personale dei destinatari impone l’adozione di adeguati rimedi da parte delle imprese per evitare di incorrere nella violazione delle disposizioni a tutela della privacy. Si trattano le diverse implicazioni derivanti dall’uso di tale strumento, in particolare quelle riferite al trattamento dei dati personali alla luce della normativa vigente in Italia e nell’Unione Europea, e connesse alle modalità di raccolta degli indirizzi e-mail dei destinatari potenzialmente interessati. Infine, la costante partecipazione alle fiere di settore da parte dell’azienda dimostra quanto l’esteriorità del prodotto costituisca uno strumento di marketing decisivo per la competitività aziendale, dunque grande è l’interesse dell’impresa a che il suo aspetto esteriore venga protetto dall’imitazione dei concorrenti. Il tema giuridico più significativo che lega il processo di marketing al prodotto dell’azienda è proprio la protezione legale del suo aspetto, ovvero la tutela del diritto esclusivo di utilizzarlo, e vietarne l’uso a terzi. L’aspetto di un prodotto può essere oggetto di protezione sulla base di diverse discipline che concorrono tra loro, sia a livello nazionale che sovranazionale, dei disegni e modelli, del marchio di forma, del diritto d’autore e della concorrenza sleale. Si è scelto di concentrare il lavoro, in particolare, sulla prima: si ricostruisce il quadro normativo e l’assetto degli interessi implicati dalla fattispecie, per arrivare ad evidenziare le principali criticità nell’interpretazione delle norme, sia a livello nazionale, che nell’Unione Europea. Si approfondiscono gli orientamenti di dottrina e giurisprudenza di alcune disposizioni chiave per l’applicazione della disciplina, quali gli artt. 6 e 7 del Regolamento CE, n. 6/2002, concernenti rispettivamente il «carattere individuale» e la «divulgazione», i due requisiti fondamentali per ottenere la registrazione e conseguente protezione giuridica del disegno. Tali nozioni sono soggette ad interpretazioni parzialmente difformi da parte dei giudici dei diversi Stati membri, e ciò contribuisce a minare l’applicazione omogenea della disciplina in tutto il territorio UE. In questo senso, viene messo in evidenza il ruolo chiave dell’orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nell’interpretazione di tali concetti, avente l’effetto di uniformare l’approccio degli Stati. La Direttiva 98/71/CE ha introdotto la possibilità di cumulare la protezione conferita all’aspetto del prodotto dalla disciplina dei disegni e modelli con quella riconosciuta dalle altre normative. Tale previsione solleva questioni di rilievo sistematico e concorrenziale: ci si interroga su quali problemi di tipo sistematico e di concorrenza vengano sollevati dal riconoscimento su uno stesso prodotto della protezione sia come disegno che come marchio di forma, e sia come disegno che come opera dell’ingegno. In particolare nell’ambito del diritto dei marchi d’impresa e del diritto d’autore, le tutele hanno durata potenzialmente perpetua, diversamente dalla registrazione come disegno o modello, che garantisce la titolarità del diritto di utilizzare il proprio disegno in via esclusiva per un periodo limitato di massimo 25 anni. Questa differenza temporale rende il cumulo problematico sia a livello di coordinamento, che di concorrenza, poiché incentiva il sorgere di “monopoli creativi” sulle forme del prodotto. Il presente lavoro ha come obiettivo l’ampliamento della conoscenza sul tema del marketing con particolare riferimento ai profili giuridici che si pongono, con riguardo alla promozione del prodotto nell’ambito dell’Unione Europea. Si ritiene che il valore aggiunto e l’aspetto più originale della ricerca consista nella sua forte aderenza alla realtà della piccola/media impresa: tramite l’integrazione della ricerca giuridica e dello studio dei fenomeni di marketing si delineano i problemi pratici che questa si trova a dover affrontare nell’implementazione delle attività quotidiane di marketing. Tale indagine vuole essere utile a tutte le piccole/medie imprese che si trovano impreparate nell’affrontare le sfide poste dal marketing e nel conoscere le implicazioni giuridiche che da questo derivano.
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