Thèses sur le sujet « Diritto dei gruppi »

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1

Gasparin, Giorgia <1994&gt. « Il trattamento dei gruppi societari nell'ambito dell'IVA ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14318.

Texte intégral
Résumé :
La seguente tesi è volta ad analizzare due istituti fiscali dal punto di vista dell’IVA, di cui possono avvalersi i gruppi di società: l’IVA di gruppo e il Gruppo IVA, che rispettivamente recepiscono in modo “parziale” e totale l’art. 11 della Direttiva IVA. Nel primo capitolo, si inquadrano i gruppi di società nell’ordinamento giuridico nazionale, da cui emerge che il Legislatore, sia civile che fiscale, non gli riconosce un’autonoma soggettività. Ne deriva che i gruppi di società non sono considerati né un autonomo soggetto di diritto né un autonomo soggetto passivo. Oggi come oggi tale conclusione è da rivedere, almeno per quanto riguarda il diritto tributario. Con precipuo riferimento all’IVA, l’art. 70-bis del DPR 633/1972 consente a determinati soggetti di diventare un unico soggetto passivo, chiamato “Gruppo IVA”. Tale articolo e gli altri dieci, contenuti nel nuovo titolo V-bis del DPR 633/1972 introdotto dalla Legge di Bilancio 2017, formano la disciplina sul Gruppo IVA, che viene approfondita nel secondo capitolo, in cui si pone attenzione sugli effetti derivanti dalla sua applicazione, dopo aver esaminato i requisiti soggettivi e oggettivi per partecipare al Gruppo IVA, nonché la modalità e i tempi da rispettare per la costituzione e la cessazione dello stesso, oltre che gli obblighi e le conseguenti responsabilità che gli ricadono. Il Legislatore è stato chiamato a legiferare nuovamente in materia di IVA perché il previgente istituto, di cui al co. 3 dell’art. 73 del DPR 633/1972, di fatto, non recepisce il principio di unicità soggettiva previsto dalla normativa comunitaria. Si tratta dell’IVA di gruppo, una procedura unificata che permette alle società di compensare le posizioni creditorie e debitorie ai fini IVA e di versare l’eventuale IVA a debito del gruppo così determinata. A tal fine, le società liquidano individualmente l’imposta, a dimostrazione del fatto che ognuna di esse non perde la propria soggettività ai fini IVA ma la mantiene. Il tutto è affrontato nel terzo capitolo, in cui l’IVA di gruppo è analizzata anche alla luce delle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2017, che ne ha modificato l’ambito soggettivo e oggettivo e la modalità con cui comunicare il suo utilizzo.
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2

Fiorella, Michele. « Profili penali della disciplina dei gruppi di società ». Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2012. http://hdl.handle.net/11695/66410.

Texte intégral
Résumé :
By inserting, in the case of infidelity sheet, the legislative provision of compensatory benefits to the thematic groups of companies has received a dignity expressed also in the field of economic criminal law. The legislative policy choice, which is part of more general political objective of the criminal reform legislature to build a corporate criminal law at least, permeated by the need to respect the canons of concrete offensiveness, was welcomed by the criminal law literature which, at day after the news, has renewed interest in the topic. The discipline of the groups, in addition to covering the primary interest for its remarkable application, is also an important test to verify the consistency of legislative solutions to the plane having to be the criminal law, to verify, in an optical teleological mold, compliance with the legislation, and compared to a value-free system oriented. In this respect, the relationship between the discipline of civil groups and the penal, it highlights how the criminal law is actually conforms to the face of a criminal justice system-oriented values of proportionality and last resort, because the scope of the empirical case is criminal back with respect to a compensation order statutory safeguards: the importance attributed to the benefits legitimately expected, for the purposes of exemption from criminal liability, and their irrelevance, conversely, for the purposes of the exclusion of liability, means that the protection of the assets case of corporate criminal law occupy a space only residual. If these profiles are the valuable discipline of criminal groups of companies, many are, however, the critical insights that leaves open the interpreter. In terms of the goodness of legislative choices, remaining margin of doubt regarding the appropriateness of the choice of a sectoral nature, which poses the risk of limiting the scope of application to the single case of infidelity sheet, only one for which is expressly provided, creating, thus, not a few dystonias application within the same sub-sector of economic criminal law. Of no little importance appear, then, the complaints to be moved to the 'rules of criminal groups' in terms of determination of the criminal case due to lack of coordination of the reform of corporate crimes with that of corporate law. While the legislature company was able to create a harmonious and appropriate discipline to pursue the objectives of protection, taking care of both groups in pathology, as in physiology, the approach of the criminal legislature was much more rough and minimalist: on the side of corporate criminal, in fact, the abuse of centralized management is not connected to a theory of liability or administrative bodies of the holding company or parent of the Leg. 231/2001. Hence the need to try to retrieve the criminal liability of the real center of decision (the organs of the holding company), through the application of the general conditions of the typicality of the extension of articles 110 and 113 c.p., the responsibility for the insolvency of individuals, and for the administrative offenses by legal persons.
Mediante l’inserimento, all’interno della fattispecie di infedeltà patrimoniale, della previsione normativa dei vantaggi compensativi la tematica dei gruppi di società ha ricevuto una dignità espressa anche nel settore del diritto penale dell’economia. La scelta di politica legislativa, che si inserisce più genericamente nell’obiettivo politico criminale del legislatore novellante di costruire un diritto penale societario minimo, permeato dal necessario rispetto dei canoni di concreta offensività, è stata salutata con favore dalla letteratura penalistica la quale, all’indomani della novella, ha rinnovato l’interesse per il tema. La disciplina dei gruppi, infatti, oltre a rivestire primario interesse per la sua notevole applicazione, costituisce anche un importante banco di prova per verificare la coerenza delle soluzioni legislative rispetto al piano del dover essere della legislazione penale; per verificare, cioè, in un ottica di stampo teleologico, la conformità della disciplina settoriale, rispetto ad un sistema assiologicamente orientato. Sotto tale profilo, il rapporto tra la disciplina civile dei gruppi e quella penale, consente di evidenziare come la normativa penale sia effettivamente conforme al volto di un sistema penale orientato dai valori di sussidiarietà ed extrema ratio, in quanto la portata empirica della fattispecie penale risulta arretrata rispetto ai presidi risarcitori di ordine civilistico: la attribuita rilevanza ai vantaggi fondatamente prevedibili, ai fini della esclusione della responsabilità penale, e la loro irrilevanza, per converso, ai fini della esclusione della responsabilità civile, fa sì che nella tutela del patrimonio sociale la fattispecie di diritto penale societario occupi uno spazio solamente residuale. Se tali sono i profili di pregio della disciplina penale dei gruppi di società, non pochi sono, tuttavia, gli spunti critici che lascia aperti all’interprete. Sul piano della bontà delle scelte legislative, residuano margini di dubbio sull’opportunità di una scelta di carattere settoriale, che pone il rischio di limitarne la portata applicativa alla sola fattispecie di infedeltà patrimoniale, unica per la quale risulta espressamente prevista; creando, così, non poche distonie applicative nell’ambito dello stesso sottosettore del diritto penale dell’economia. Di non poco rilievo appaiono, poi, le censure da muovere alla ‘disciplina penale dei gruppi’ sul piano della determinatezza della fattispecie penale dovute al mancato coordinamento della riforma dei reati societari con quella del diritto societario. Mentre il legislatore societario è stato capace di creare una disciplina armonica e idonea a perseguire gli obiettivi di tutela, occupandosi dei gruppi tanto nella patologia, quanto nella fisiologia, l’approccio del legislatore penale è stato ben più approssimativo e minimalista: sul versante penale societario, infatti, all’abuso di direzione unitaria non si è collegata una ipotesi di responsabilità né degli organi amministrativi della holding, né della controllante con il d.lgs. 231/2001. Di qui la necessità di provare a recuperare la responsabilità penale del vero centro decisionale (gli organi della holding), attraverso l’applicazione delle clausole generali di estensione della tipicità di cui agli artt. 110 e 113 c.p., tanto per la responsabilità concorsuale delle persone fisiche, quanto per quella amministrativa da reato delle persone giuridiche.
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3

Priore, Francesca <1974&gt. « L'influenza dei gruppi di interesse sul processo decisionale pubblico ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/116/1/TesiDottorato.pdf.

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Priore, Francesca <1974&gt. « L'influenza dei gruppi di interesse sul processo decisionale pubblico ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/116/.

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BENDOTTI, FABRIZIO. « Nuove prospettive di tassazione dei gruppi europei su base consolidata ». Doctoral thesis, Università Bocconi, 2007. http://hdl.handle.net/11565/4051011.

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Berardi, Maria Assunta <1984&gt. « Doveri e responsabilita' degli amministratori nella crisi dei gruppi di societa' ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7215/1/BERARDI_MARIAASSUNTA_TESI.pdf.

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Résumé :
Il presente studio si propone di individuare i doveri e le responsabilità, di tipo risarcitorio, degli amministratori, in particolare degli amministratori della società che esercita attività di direzione e coordinamento, in una situazione di crisi o insolvenza nel gruppo, anche in un’ottica di “prevenzione”, e, più precisamente, il complesso di regole di corretta gestione societaria e imprenditoriale, con le quali il silenzio della legge fallimentare in tema di gruppi di società non può non confrontarsi. In particolare, si indagherà sulla possibilità di individuare nel nostro ordinamento giuridico, nel momento di emersione della crisi, doveri di comportamento in capo agli organi di governo della società o ente che esercita attività di direzione e coordinamento, al fine di fronteggiare la crisi, evitando il peggioramento della stessa, ovvero per un risanamento anticipato e, quindi, più suscettibile di esito positivo, nella prospettiva di tutela dei soci c.d. esterni e dei creditori delle società figlie e, nello stesso tempo, dei soci della capogruppo medesima e, quindi, in una prospettiva più ampia e articolata rispetto a una società individualmente considerata. L’oggetto dell’analisi viene introdotto mediante un inquadramento generale della disciplina in materia di gruppi di società presente nel nostro sistema normativo, con particolare riguardo alla disciplina dell’attività di direzione e coordinamento introdotta dal legislatore della riforma del diritto societario (d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) con gli artt. 2497 ss. cod. civ.. Nella seconda parte verranno individuati e approfonditi i criteri e i principi dai quali ricavare le regole di governance nei gruppi di società e la relativa responsabilità degli amministratori nelle situazioni di crisi nel gruppo. Sulla scorta delle suddette argomentazioni, nell'ultima parte verranno individuate le regole di gestione nell'ambito del gruppo nel momento di “emersione” della crisi e, in particolare, i possibili “strumenti” che il nostro legislatore offre per fronteggiarla.
This study aims to identify directors’ duties and responsibilities, leading to indemnification, with particular regard to the directors of the parent company exercising activity of direction and coordination, in a context of crisis or insolvency in the group, also with a view to “prevention” and, more precisely, the set of rules of proper corporate and entrepreneurial management, with which the silence of the insolvency law in terms of groups of companies has to compare. In particular, it will investigate the possibility of identifying, within the Italian law, when the crisis emerges, duties of conduct in the bodies of government of the company or entity that exercises activity of direction and coordination, in order to face the crisis, avoiding the deterioration of the same, or for an early recovery and, therefore, more susceptible of a positive outcome, to protect minority shareholders and creditors of the subsidiaries and, at the same time, the shareholders of the parent company and, therefore, in a wider and more articulated perspective than the one characterizing a unique company. The object of the analysis is introduced by a general overview of the new Italian law on groups of companies with particular regard to the regulation of the activity of direction and coordination which has been introduced by the reform of company law, by means of articles 2497 and following of the Italian civil code. In the second part the criteria and principles shall be identified, from which to derive the rules of governance in groups of companies and the related directors' liability in contexts of crisis in the group. On the basis of the aforesaid arguments, in the last part the management rules will be identified within the group when the crisis emerges and, in particular, the possible “instruments” that our legislator provides to face it.
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7

Berardi, Maria Assunta <1984&gt. « Doveri e responsabilita' degli amministratori nella crisi dei gruppi di societa' ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7215/.

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Résumé :
Il presente studio si propone di individuare i doveri e le responsabilità, di tipo risarcitorio, degli amministratori, in particolare degli amministratori della società che esercita attività di direzione e coordinamento, in una situazione di crisi o insolvenza nel gruppo, anche in un’ottica di “prevenzione”, e, più precisamente, il complesso di regole di corretta gestione societaria e imprenditoriale, con le quali il silenzio della legge fallimentare in tema di gruppi di società non può non confrontarsi. In particolare, si indagherà sulla possibilità di individuare nel nostro ordinamento giuridico, nel momento di emersione della crisi, doveri di comportamento in capo agli organi di governo della società o ente che esercita attività di direzione e coordinamento, al fine di fronteggiare la crisi, evitando il peggioramento della stessa, ovvero per un risanamento anticipato e, quindi, più suscettibile di esito positivo, nella prospettiva di tutela dei soci c.d. esterni e dei creditori delle società figlie e, nello stesso tempo, dei soci della capogruppo medesima e, quindi, in una prospettiva più ampia e articolata rispetto a una società individualmente considerata. L’oggetto dell’analisi viene introdotto mediante un inquadramento generale della disciplina in materia di gruppi di società presente nel nostro sistema normativo, con particolare riguardo alla disciplina dell’attività di direzione e coordinamento introdotta dal legislatore della riforma del diritto societario (d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) con gli artt. 2497 ss. cod. civ.. Nella seconda parte verranno individuati e approfonditi i criteri e i principi dai quali ricavare le regole di governance nei gruppi di società e la relativa responsabilità degli amministratori nelle situazioni di crisi nel gruppo. Sulla scorta delle suddette argomentazioni, nell'ultima parte verranno individuate le regole di gestione nell'ambito del gruppo nel momento di “emersione” della crisi e, in particolare, i possibili “strumenti” che il nostro legislatore offre per fronteggiarla.
This study aims to identify directors’ duties and responsibilities, leading to indemnification, with particular regard to the directors of the parent company exercising activity of direction and coordination, in a context of crisis or insolvency in the group, also with a view to “prevention” and, more precisely, the set of rules of proper corporate and entrepreneurial management, with which the silence of the insolvency law in terms of groups of companies has to compare. In particular, it will investigate the possibility of identifying, within the Italian law, when the crisis emerges, duties of conduct in the bodies of government of the company or entity that exercises activity of direction and coordination, in order to face the crisis, avoiding the deterioration of the same, or for an early recovery and, therefore, more susceptible of a positive outcome, to protect minority shareholders and creditors of the subsidiaries and, at the same time, the shareholders of the parent company and, therefore, in a wider and more articulated perspective than the one characterizing a unique company. The object of the analysis is introduced by a general overview of the new Italian law on groups of companies with particular regard to the regulation of the activity of direction and coordination which has been introduced by the reform of company law, by means of articles 2497 and following of the Italian civil code. In the second part the criteria and principles shall be identified, from which to derive the rules of governance in groups of companies and the related directors' liability in contexts of crisis in the group. On the basis of the aforesaid arguments, in the last part the management rules will be identified within the group when the crisis emerges and, in particular, the possible “instruments” that our legislator provides to face it.
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Calabrese, Luciana <1978&gt. « La soggettività passiva dei gruppi tra neutralità dell'IVA e tutela della concorrenza ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amsdottorato.unibo.it/8719/1/Calabrese_Luciana_tesi.pdf.

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Résumé :
Il presente lavoro analizza il regime di tassazione di gruppo delineato dall’articolo 11 della Direttiva IVA. La disposizione, con formulazione scarna, autorizza gli Stati membri dell’UE, in ossequio al principio di diritto europeo "substance over form", a considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che, pur giuridicamente indipendenti, siano strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi. Al riconoscimento della soggettività passiva unica dei gruppi consegue quale logico corollario la irrilevanza ai fini IVA degli scambi a titolo oneroso tra i suoi membri. L’effetto illumina l’interesse per il regime delle aggregazioni di imprese con membri che soffrono limitazioni all’esercizio del diritto alla detrazione in funzione delle attività svolte, quali i gruppi bancari ed assicurativi, e consente altresì di prospettare la “soggettività passiva unica” come antidoto contro il costo dell’IVA indetraibile e, quindi, quale strumento di ripristino della neutralità del tributo compromessa dalla previsione di operazioni esenti. L’elaborato definisce, a partire dall’esegesi dell’articolo 11 della Direttiva IVA, il framework regolatorio europeo ed evidenzia gli scollamenti dalla matrice delle implementazioni nazionali; descrive il regime italiano; esamina, in un approccio comparatistico, i sistemi belga e svedese; culmina nella valutazione della conformità dei modelli analizzati ai principi europei del diritto tributario e nella denuncia della loro disomogeneità quale possibile fonte di alterazione della parità concorrenziale tra operatori economici. Si conclude con una riflessione sulla opportunità di un sistema di IVA di gruppo obbligatorio e standardizzato e sulla necessità di un intervento di raccordo tra la previsione del regime del gruppo quale soggetto passivo d’imposta unico e gli istituti del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto tagliati sul modello individuale di soggetto passivo.
This doctoral thesis analyzes the VAT group option provided in Article 11 of Council Directive 2006/112/EC on the common system of value added tax. The provision, in accordance with the “substance over form” principle, allows Member States to treat as a single taxable person for VAT purposes (“VAT group”) persons established within their territory who, while legally independent, are closely bound to one another by financial, economic and organizational links. One of the consequences of treating the members of a VAT group as a single taxable person is that transactions between those members are disregarded for VAT purposes. Thus, VAT grouping neutralizes costs incurred on intra-group transactions. This effect highlights the strong interest of groups with members who suffer restrictions on input tax deduction depending on the activities carried out, such as banking and insurance groups, in using the VAT grouping system. It also allows to envisage the "VAT group" as an antidote to the cost of non-deductible VAT and, therefore, as an instrument for restoring the VAT neutrality compromised by the provision of exemptions. The dissertation defines the European regulatory framework; it sheds light on the friction between national implementations and the european provision; it describes the Italian regime; it examines, in a comparative perspective, the Belgian and Swedish systems; it culminates in the evaluation of the compatibity of the analyzed models with general principles of European union law and in the denunciation of the lack of harmonization as a possible source of tax competition between Member States. It concludes with some reflections on the opportunity of a compulsory and harmonized VAT consolidation system and on the need to link up the VAT grouping provision with the rules of the common system of value added tax that have been designed on the individual model of taxable person.
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Beltramelli, Giulia <1981&gt. « La fiscalità delle perdite dei gruppi transfrontalieri : tra regimi nazionali e libertà di stabilimento ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7230/1/beltramelli_giulia_tesi_.pdf.

Texte intégral
Résumé :
Caratteristica comune ai regimi di consolidamento previsti dai diversi ordinamenti, è quella di consentire la compensazione tra utili e perdite di società residenti, e, di negare, o rendere particolarmente difficoltosa, la stessa compensazione, quando le perdite sono maturate da società non residenti. La non considerazione delle perdite comporta una tassazione al lordo del gruppo multinazionale, per mezzo della quale, non si colpisce il reddito effettivo dei soggetti che vi appartengono. L’effetto immediato è quello di disincentivare i gruppi a travalicare i confini nazionali. Ciò impedisce il funzionamento del Mercato unico, a scapito della libertà di stabilimento prevista dagli artt. 49-54 del TFUE. Le previsioni ivi contenute sono infatti dirette, oltre ad assicurare a società straniere il beneficio della disciplina dello Stato membro ospitante, a proibire altresì allo Stato di origine di ostacolare lo stabilimento in un altro Stato membro dei propri cittadini o delle società costituite conformemente alla propria legislazione. Gli Stati membri giustificano la discriminazione tra società residenti e non residenti alla luce della riserva di competenza tributaria ad essi riconosciuta dall’ordinamento europeo in materia delle imposte dirette, dunque, in base all’equilibrata ripartizione del potere impositivo. In assenza di qualsiasi riferimento normativo, va ascritto alla Corte di Giustizia il ruolo di interprete del diritto europeo. La Suprema Corte, con una serie di importanti pronunce, ha infatti sindacato la compatibilità con il diritto comunitario dei vari regimi interni che negano la compensazione transfrontaliera delle perdite. Nel verificare la compatibilità con il diritto comunitario di tali discipline, la Corte ha tentato di raggiungere un (difficile) equilibrio tra due interessi completamenti contrapposti: quello comunitario, riconducibile al rispetto della libertà di stabilimento, quello degli Stati membri, che rivendicano il diritto di esercitare il proprio potere impositivo.
A common feature of all consolidation regimes provided by different jurisdictions is that they allow the offsetting of gains and losses of resident companies, while denying or making it particularly difficult to be granted the same right to compensation when losses are suffered by non-resident companies. Not being able to take into consideration such losses lead gross taxation of cross-border groups, through which it is not possible to tax the actual income of the companies belonging to that group. The immediate effect is to reduce incentives for groups to expand beyond national borders. This prevents the proper functioning of the single market, to the detriment of the freedom of establishment provided for in Articles 49-54 TFUE. Those provisions aim at giving foreign companies the benefit of the rules of the host Member State and at prohibiting the State of origin from hindering the establishment of its nationals or of the companies which have been set up under its laws in another Member State. Member States continue to justify the discrimination between residents and non-residents in light of their fiscal sovereignty in the field of direct taxation, basically by resorting to the balanced allocation of taxing rights. In the absence of any legal framework, it is up to the Court of Justice to interpret European law. With a series of important decisions, the Court has verified the compatibility of the different national regimes denying the cross-border carrying of losses with EU law. In its decisions, the Court has always looked for a (difficult) balance between freedom of establishment and a proper allocation of taxing rights.
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Beltramelli, Giulia <1981&gt. « La fiscalità delle perdite dei gruppi transfrontalieri : tra regimi nazionali e libertà di stabilimento ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7230/.

Texte intégral
Résumé :
Caratteristica comune ai regimi di consolidamento previsti dai diversi ordinamenti, è quella di consentire la compensazione tra utili e perdite di società residenti, e, di negare, o rendere particolarmente difficoltosa, la stessa compensazione, quando le perdite sono maturate da società non residenti. La non considerazione delle perdite comporta una tassazione al lordo del gruppo multinazionale, per mezzo della quale, non si colpisce il reddito effettivo dei soggetti che vi appartengono. L’effetto immediato è quello di disincentivare i gruppi a travalicare i confini nazionali. Ciò impedisce il funzionamento del Mercato unico, a scapito della libertà di stabilimento prevista dagli artt. 49-54 del TFUE. Le previsioni ivi contenute sono infatti dirette, oltre ad assicurare a società straniere il beneficio della disciplina dello Stato membro ospitante, a proibire altresì allo Stato di origine di ostacolare lo stabilimento in un altro Stato membro dei propri cittadini o delle società costituite conformemente alla propria legislazione. Gli Stati membri giustificano la discriminazione tra società residenti e non residenti alla luce della riserva di competenza tributaria ad essi riconosciuta dall’ordinamento europeo in materia delle imposte dirette, dunque, in base all’equilibrata ripartizione del potere impositivo. In assenza di qualsiasi riferimento normativo, va ascritto alla Corte di Giustizia il ruolo di interprete del diritto europeo. La Suprema Corte, con una serie di importanti pronunce, ha infatti sindacato la compatibilità con il diritto comunitario dei vari regimi interni che negano la compensazione transfrontaliera delle perdite. Nel verificare la compatibilità con il diritto comunitario di tali discipline, la Corte ha tentato di raggiungere un (difficile) equilibrio tra due interessi completamenti contrapposti: quello comunitario, riconducibile al rispetto della libertà di stabilimento, quello degli Stati membri, che rivendicano il diritto di esercitare il proprio potere impositivo.
A common feature of all consolidation regimes provided by different jurisdictions is that they allow the offsetting of gains and losses of resident companies, while denying or making it particularly difficult to be granted the same right to compensation when losses are suffered by non-resident companies. Not being able to take into consideration such losses lead gross taxation of cross-border groups, through which it is not possible to tax the actual income of the companies belonging to that group. The immediate effect is to reduce incentives for groups to expand beyond national borders. This prevents the proper functioning of the single market, to the detriment of the freedom of establishment provided for in Articles 49-54 TFUE. Those provisions aim at giving foreign companies the benefit of the rules of the host Member State and at prohibiting the State of origin from hindering the establishment of its nationals or of the companies which have been set up under its laws in another Member State. Member States continue to justify the discrimination between residents and non-residents in light of their fiscal sovereignty in the field of direct taxation, basically by resorting to the balanced allocation of taxing rights. In the absence of any legal framework, it is up to the Court of Justice to interpret European law. With a series of important decisions, the Court has verified the compatibility of the different national regimes denying the cross-border carrying of losses with EU law. In its decisions, the Court has always looked for a (difficult) balance between freedom of establishment and a proper allocation of taxing rights.
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Casadei, Federica. « I gruppi di società nel codice civile ». Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2009. http://hdl.handle.net/11385/200797.

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Résumé :
Il potere di direzione e coordinamento quale elemento qualificante il fenomeno dei gruppi di società. Profili organizzativi di gruppo nel codice civile. La responsabilità da attività di direzione e coordinamento. Il gruppo cooperativo paritetico.
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D'Agostino, Anna Elisa. « La self-regulation per le imprese di telecomunicazioni e servizi media : genesi, applicazione e prospettive future tra tutela dei diritti e gruppi di interesse ». Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2020. http://hdl.handle.net/11385/203579.

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Résumé :
Regolazione e autoregolazione: presupposti e definizioni. Autoregolazione e servizi media. La correlazione tra imprese e gruppi di interesse nella formazione degli strumenti di self-regulation. La self-regulation a tutela del consumatore utente. Web e autoregolazione: una nuova prospettiva di tutela?
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GENTILE, CAROLINA. « GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI DELL'IMPRESA ARTICOLATA IN UN GRUPPO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/98839.

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Résumé :
La tesi si propone l’obbiettivo di analizzare la disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti dell’impresa articolata in un gruppo, come prevista nel nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Il lavoro è strutturato in quattro capitoli, il primo dei quali ha la funzione di breve introduzione all’argomento. Più precisamente, nell’ambito del primo capitolo si è voluto dare conto dello stato dell’arte nel contesto ante riforma e dei principi che hanno ispirato la riforma. Esaurita la parte introduttiva, il secondo capitolo è stato dedicato, invece, ad esporre i rilievi preliminari sui termini del problema, anche al fine di individuare le modalità interpretative per una ricostruzione dottrinale della disciplina, la quale appare, prima facie, piuttosto lacunosa. La seconda parte del capitolo è stata dedicata, invece, ad esaminare la nozione di gruppo, al fine di definire l’ambito applicativo della nuova disciplina. Nell’ambito del terzo capitolo si è proceduto, invece, a dare conto del ruolo riferibile alla holding nella gestione della crisi di gruppo. Si è, poi, dato luogo all’analisi della fattispecie normativa degli accordi di ristrutturazione dell’impresa articolata in un gruppo, trattando in modo più approfondito dei problemi applicativi che l’istituto pone. Il quarto capitolo, infine, è stato dedicato ad una disamina dei profili procedimentali, ovvero delle problematiche che vengono in considerazione nella fase processuale cui gli accordi di ristrutturazione sono soggetti al fine della loro omologazione.
The thesis aims to analyze the discipline of debt restructuring agreements of the corporate group enterprise, as provided for in the new code of business crisis and insolvency. The work is structured into four chapters, the first of which serves as a brief introduction to the topic. More precisely, in the context of the first chapter it is showed the state of the art in the pre-reform context and of the principles that inspired the reform. The second chapter is dedicated, instead, to exposing the preliminary remarks on the terms of the problem, also in order to identify the interpretative methods for a doctrinal reconstruction of the discipline which appears, prima facie, rather incomplete. The second part of the chapter is dedicated to examining the notion of group, in order to define the application scope of the new discipline. In the context of the third chapter, instead, it was considered the role attributable to the holding in managing the group crisis. Then there were analyzed the application problems of the discipline debt restructuring agreements of the group enterprise. The fourth chapter is dedicated to an examination of the procedural profiles, i.e. the problems that are taken into consideration with regard to the procedural phase to which the restructuring agreements are subject in order to be approved.
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GENTILE, CAROLINA. « GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI DELL'IMPRESA ARTICOLATA IN UN GRUPPO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/98839.

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Résumé :
La tesi si propone l’obbiettivo di analizzare la disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti dell’impresa articolata in un gruppo, come prevista nel nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Il lavoro è strutturato in quattro capitoli, il primo dei quali ha la funzione di breve introduzione all’argomento. Più precisamente, nell’ambito del primo capitolo si è voluto dare conto dello stato dell’arte nel contesto ante riforma e dei principi che hanno ispirato la riforma. Esaurita la parte introduttiva, il secondo capitolo è stato dedicato, invece, ad esporre i rilievi preliminari sui termini del problema, anche al fine di individuare le modalità interpretative per una ricostruzione dottrinale della disciplina, la quale appare, prima facie, piuttosto lacunosa. La seconda parte del capitolo è stata dedicata, invece, ad esaminare la nozione di gruppo, al fine di definire l’ambito applicativo della nuova disciplina. Nell’ambito del terzo capitolo si è proceduto, invece, a dare conto del ruolo riferibile alla holding nella gestione della crisi di gruppo. Si è, poi, dato luogo all’analisi della fattispecie normativa degli accordi di ristrutturazione dell’impresa articolata in un gruppo, trattando in modo più approfondito dei problemi applicativi che l’istituto pone. Il quarto capitolo, infine, è stato dedicato ad una disamina dei profili procedimentali, ovvero delle problematiche che vengono in considerazione nella fase processuale cui gli accordi di ristrutturazione sono soggetti al fine della loro omologazione.
The thesis aims to analyze the discipline of debt restructuring agreements of the corporate group enterprise, as provided for in the new code of business crisis and insolvency. The work is structured into four chapters, the first of which serves as a brief introduction to the topic. More precisely, in the context of the first chapter it is showed the state of the art in the pre-reform context and of the principles that inspired the reform. The second chapter is dedicated, instead, to exposing the preliminary remarks on the terms of the problem, also in order to identify the interpretative methods for a doctrinal reconstruction of the discipline which appears, prima facie, rather incomplete. The second part of the chapter is dedicated to examining the notion of group, in order to define the application scope of the new discipline. In the context of the third chapter, instead, it was considered the role attributable to the holding in managing the group crisis. Then there were analyzed the application problems of the discipline debt restructuring agreements of the group enterprise. The fourth chapter is dedicated to an examination of the procedural profiles, i.e. the problems that are taken into consideration with regard to the procedural phase to which the restructuring agreements are subject in order to be approved.
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BARABINO, PIETRO. « Gruppi di società e diritto del lavoro ». Doctoral thesis, Università Bocconi, 2009. https://hdl.handle.net/11565/4053469.

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Pizzal, Giulia <1991&gt. « I gruppi aziendali e il diritto del lavoro al loro interno ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/8173.

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Résumé :
Iniziale introduzione del concetto di gruppi aziendali, successiva analisi della rappresentatività dei lavoratori all'interno dei gruppi a livello sia nazionale sia europeo, per concludere con l'analisi del documento informativo contabile principale, il bilancio consolidato, con particolare riferimento ai principi contabili internazionali per la sua redazione.
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Agostini, Gianmaria <1996&gt. « La disciplina del transfer pricing nei gruppi societari ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19496.

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Résumé :
Il tema dei prezzi di trasferimento fra imprese infragruppo è da sempre stato un tema molto sentito da parte dell'OCSE, in quanto ritenuto un metodo per spostare i redditi del gruppo multinazionale in paesi a fiscalità privilegiata. il lavoro si concentra, primariamente, sulle definizione derivanti dalla normativa europea, dalla normativa italiana e portando un esempio di convenzione internazionale stipulata dall'Italia con uno stato estero. Successivamente, si sposta l'attenzione sul diritto sostanziale e procedurale della materia. in particolar modo, si definiscono la transfer pricing package e la penalty protection, spiegando come devono essere predisposte le relative documentazioni. Il terzo capitolo è interamente dedicato all'analisi di comparabilità e dei metodi applicati per la comparazioni delle transazioni infragruppo, riportando anche esempi pratici. infine, l'ultima parte dell'elaborato è dedicato all'applicazione del transfer pricing nei gruppi societari, includendo anche le relative stabili organizzazioni.
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BARRETO, DE ALMEIDA MARGARIDA. « L’Impresa di gruppo e il gruppo di imprese : svelando la complessità soggettiva del datore di lavoro ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2016. http://hdl.handle.net/2108/179538.

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Résumé :
La presente tesi tratta il concetto di datore di lavoro all’interno del sistema giuridico italiano e brasiliano, con l’obiettivo di mettere in evidenza le tutele, così come i conflitti da lui sostenuti. L’impresa, unità essenziale non soltanto nel Diritto Commerciale, ma anche nel Diritto del Lavoro, ha subito molti cambiamenti durante gli ultimi decenni, con i fenomeni di concentrazione e decentralizzazione produttiva, formando gruppi di impresi. Per una corretta messa a fuoco del datore di lavoro complessizzato e delle imprese plurisocietarie nella visione dell Diritto del lavoro è essenziale analizzare le teorie economiche dell’impresa, essendo evidente nel corso di questo studio la costruzione concettuale in sinergia con il Diritto del Lavoro, passando attraverso la teoria neoclassica e quella neoistituzionalista, ossia, dell’impresa rispettivamente come unità produttiva e come isola di potere cosciente in un mare di collaborazione incosciente. In merito al raggruppamento di imprese, la tesi decide di trattarlo come genere dal quale si distaccano due specie: l’impresa di gruppo (concezione strutturale) e il gruppo di imprese (concezione organica). La prima si presenta in forma multi societaria, nonostante non smetta di essere unità produttiva di beni e servizi; le sue cellule produttive si legano allo stesso centro di convergenza, attraverso il controllo effettuato dalla società-madre. Il gruppo di imprese, a sua volta, sarebbe quello formato da tutte le altre interconnessioni aziendali, in un contesto di coordinamento o di subordinazione alla società che ne ha il controllo. Per comprendere meglio il primo tipo, saranno discussi i concetti di controllo interaziendale di unità produttive, passando attraverso il controllo sia interno che esterno. La concettualizzazione deve servire, in questo senso, per il miglior esame della struttura e della responsabilità aziendale, che si mostrano come paradossi normativi. Sarà presa in esame, quindi, l’evoluzione del trattamento dell’impresa nell’ambito del Diritto Commerciale, passando attraverso il dogma dell’ autonomia societaria e attraverso il dilemma teorico sul come rendere responsabile l’impresa plurisocietaria, arrivando all’impostazione giuridica del datore di lavoro nell’ambito lavorativo, in cui l’impresa è cellula base e determinante di questo concetto. Per comprendere la spersonalizzazione del datore di lavoro sarà elaborata una rilettura alla luce dei principi del lavoro di protezione e prevalenza della realtà come forma di creare una base di conoscenza necessaria alla teorizzazione dei gruppi di impresa, valutati attraverso la dottrina e la giurisprudenza italiana e brasiliana. Tali indagini serviranno alla proposta di una nuova interpretazione sull’impresa plurisocietaria e sulla personalità giuridica lavorativa, con la contrapposizione e la fruizione dii concetti giuridici italiani e brasiliani.
A presente tese aborda o conceito de empregador nos sistemas jurídicos italiano e brasileiro, com o objetivo de revelar as proteções a ele dadas, bem como os conflitos que por ele são sustentados. A empresa, unidade essencial não só ao Direito Comercial, como também ao Direito do Trabalho, vem sofrendo diversas modificações ao longo das últimas décadas, com os fenômenos de concentração e desconcentração produtiva, formando grupos de empresas. Para realizar a abordagem do empregador complexificado e das empresas plurissocietárias laborais pela visão justrabalhista, é essencial analisar as teorias econômicas da firma, sendo perceptível ao longo deste estudo a construção conceitual em sinergia com o Direito do Trabalho, passando-se pela teoria neoclássica e pela neoinstitucionalista, ou seja, pela empresa como unidade produtiva e como ilha de poder consciente em um mar de colaboração inconsciente, respectivamente. Em relação ao agrupamento de empresas, a tese opta por tratá-lo como gênero do qual se destacam duas espécies: a empresa de grupo (concepção estrutural) e o grupo de empresas (concepção orgânica). A primeira se apresenta de forma multissocietária, embora não deixe de ser unidade produtiva de bens e serviços; suas células produtivas se vinculam ao mesmo centro de convergência, por meio do controle feito pela sociedade-mãe. O grupo de empresas, por sua vez, seria aquele formado por todas as demais interligações de empresas, em contexto de coordenação ou de subordinação à sociedade controladora. Para melhor compreender o primeiro tipo, serão discutidos os conceitos de controle interempresarial e de unidade produtiva, passando-se pelo controle interno e pelo externo. A conceitualização deve servir, nesse sentido, para o melhor exame da estrutura e responsabilidade da empresa, que se mostram como paradoxos regulatórios. Será investigada, portanto, a evolução do tratamento da empresa no Direito Comercial, passando pelo dogma da autonomia societária e pelo dilema teórico sobre como responsabilizar a firma plurissocietária, chegando à configuração jurídica do empregador na seara laboral, na qual a empresa é célula básica e determinante do conceito deste. Para compreender a despersonalização do empregador, será elaborada releitura à luz dos princípios trabalhistas da proteção e da primazia da realidade, como forma de criar base de conhecimentos necessária à teorização dos grupos de empresas, avaliados por meio da doutrina e jurisprudência italianas e brasileiras. Tais investigações servirão à proposição de nova interpretação sobre a empresa plurissocietária e a personalidade jurídica laboral, com a contraposição e co-fruição dos conceitos jurídicos italianos e brasileiros.
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D'AVOSSA, MARIO. « Criteri per la determinazione dei prezzi di trasferimento infra-gruppo ». Doctoral thesis, Università Bocconi, 2006. http://hdl.handle.net/11565/4050332.

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Vallar, G. M. « GLI ASPETTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO E PROCESSUALE DEL FALLIMENTO DI GRUPPI BANCARI MULTINAZIONALI ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/232399.

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Résumé :
In the absence of an international agreement among states, insolvencies of multinational groups of banks could in principle be dealt with only according to a so called “territorial approach”. Under the latter, every bank of a given group is considered to be an independent entity with the consequence that several insolvency proceedings are opened with respect to each of them in any of the states of their seats, different laws are applied and every court will try to grab as much assets as it can in order to satisfy its own local creditors. The five multinational banking defaults occurred in the last thirty years (BCCI, Fortis, Dexia, Kaupthing and Lehman Brothers) had to deal with such a scenario. Fortis, Dexia and Kaupthing had been resolved through a territorial approach. On the contrary, liquidators and courts involved in the BCCI and Lehman insolvencies (respectively begun in 1991 and 2008) tried to overcome the massive inconveniences that would have derived from a piecemeal liquidation by voluntarily cooperating and coordinating the proceedings, through “cross-border insolvency agreements” (also called “protocols”). Inspiration came from a more consolidated experience matured in this same direction in the corporate groups insolvencies. Awareness has then arisen - stronger than before - among states, practitioners and academics, of the need to regulate these insolvencies ex ante and once for all, in order to avoid the uncertainties of a case-by-case solution. Quite a few international organizations, such as the EU, the IMF, the Basel Committee and the Financial Stability Board, have been and still are pursuing this aim by preparing a considerable number of either soft law or hard law instruments for adoption by states.
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Rocca, Alberto <1993&gt. « La governance della capogruppo del gruppo bancario cooperativo ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13091.

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Résumé :
Attraverso d.l. 14 febbraio 2016, n. 18 convertito, con modificazioni, dalla l. 8 aprile 2016, n. 49) il legislatore ha delineato una nuova struttura del credito cooperativo, in modo da superare le debolezze strutturali causate sia dal proprio modello operativo, sia dal governo societario. Il fulcro della riforma è rappresentato dall’introduzione del gruppo bancario cooperativo, al quale le bcc devono aderire per mezzo di un contratto di coesione. Il centro di gravità del gruppo è la capogruppo, dotata di pervasivi poteri di direzione e coordinamento. Il presente elaborato ha come scopo quello di analizzare la natura, la struttura organizzativa e la governance della capogruppo e il suo ruolo finanziario all’interno del gruppo bancario cooperativo.
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BOGONI, FRANCESCA MARTA. « Il superamento del principio di responsabilità limitata nei gruppi di società ». Doctoral thesis, Università Bocconi, 2010. https://hdl.handle.net/11565/4053900.

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CERUTTI, CARLO. « La rappresentanza politica nei gruppi del Parlamento europeo : il divieto di mandato imperativo ». Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2014. http://hdl.handle.net/11385/200963.

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Résumé :
La storia. L'analisi: requisiti formali e sostanziali. La critica: relazione tra rappresentante e rappresentato. Il quadro del Parlamento europeo. Generalità e disciplina dei gruppi politici. Osservazioni sulla rappresentanza politica nei gruppi del Parlamento europeo.
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COVINO, STEFANO. « GESTIONE UNITARIA E DISTRIBUZIONE DEL VALORE DEL GRUPPO NELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/895424.

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Résumé :
Il presente lavoro di tesi affronta il problema della prosecuzione dell’impresa nella liquidazione giudiziale di gruppo, nuova procedura concorsuale con finalità liquidatoria introdotta dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14). In particolare, scopo dell’indagine è quello di individuare – a fronte di un dato di diritto positivo oltremodo scarno – i principi e le regole che devono orientare la gestione dell’attività imprenditoriale di gruppo da parte del curatore della procedura unitaria nelle ipotesi in cui vengano ammesse alla procedura società facenti parte di un gruppo “accentrato” e ne venga disposto l’esercizio dell’impresa ai sensi dell’art. 211 del Codice della crisi. A partire da tali premesse, il lavoro si è concentrato innanzitutto – nel Capitolo I – sulla ricognizione dei diversi modelli di gestione dell’insolvenza dei gruppi invalsi nel panorama internazionale, e ciò al fine di collocare la nuova liquidazione giudiziale di gruppo entro i paradigmi del consolidamento sostanziale ovvero procedimentale. Esaminato tale passaggio preliminare, è stata poi formulata la domanda di ricerca a partire dalla quale muove la presente indagine, e cioè a dirsi la possibilità che l’apertura della liquidazione giudiziale di gruppo, pur determinando senza dubbio la dissoluzione del potere di direzione e coordinamento esercitato dalla capogruppo sul gruppo in bonis, comporti nondimeno l’attribuzione al curatore di un nuovo ed autonomo potere di direzione dell’impresa di gruppo, da esercitarsi in conformità con le finalità e i principi propri della regolazione concorsuale dell’insolvenza: un potere, in particolare, che potrebbe comportare la programmazione e la realizzazione di interventi (lato sensu) di “assistenza finanziaria infragruppo”, preordinati alla reciproca messa a disposizione di risorse strumentali alla continuità aziendale del gruppo. Se tale è la domanda di ricerca, è stato allora necessario confrontarsi innanzitutto con la vigenza, nelle nuove procedure di gruppo, del principio di autonomia delle masse attive e passive: un principio, infatti, che – a maggior ragione se applicato in maniera rigorosa, come parrebbe attualmente invalso nella dottrina e nella giurisprudenza prevalenti – potrebbe impedire in radice la circolazione di risorse tra i patrimoni delle imprese ammesse alla procedura. Ciò nondimeno, una corretta interpretazione del principio in parola ha consentito di relegarne la portata applicativa alle sole fasi dell’ammissione al passivo e della distribuzione dell’attivo, senza che allora possa inferirsene alcun effetto di “cristallizzazione” dei patrimoni delle imprese del gruppo sin dall’apertura della procedura: ciò, in particolare, a condizione che la fuoriuscita di risorse nella fase interinale della procedura sia assistita dalla ragionevole previsione di un «ritorno prospettico di valore» a vantaggio dell’impresa disponente in sede di distribuzione del ricavato della liquidazione. Una volta fissate tali premesse teoriche di fondo, l’analisi ha riguardato – nel Capitolo II – i poteri del curatore nei riguardi del patrimonio responsabile, e ciò nella duplice ottica – per un verso – della “ricostruzione” in chiave retrospettiva delle masse attive delle imprese del gruppo, qualora pregiudicate da atti di disposizione precedenti l’apertura della liquidazione giudiziale, e – per l’altro – della “gestione” in chiave propulsiva del patrimonio e dell’impresa di gruppo, strumentale non soltanto alla conservazione di un valore presente, ma altresì – come è ormai acclarato alla luce degli studi in tema di gestione di società di capitali in liquidazione – alla realizzazione di un valore futuro. In particolare, percorrendo tale ultima direttrice d’indagine si è reso necessario analizzare il ruolo del programma di liquidazione nelle procedure di gruppo, e ciò tanto sotto il profilo delle relative modalità di approvazione, quanto sul versante dei suoi possibili contenuti. Invero, non è passato inosservato come il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza abbia in generale potenziato i poteri “corporativi” del curatore, attraverso la previsione di un’inedita legittimazione a (programmare, e di conseguenza a) compiere in autonomia atti e operazioni inerenti alla struttura finanziaria e organizzativa dell’impresa. Poteri, questi ultimi, che, se trasposti nella liquidazione giudiziale di gruppo, potrebbero a ben vedere consentire interventi di profonda ristrutturazione del gruppo insolvente, eventualmente strumentali alla presentazione di un concordato (istituto che, nonostante l’inopportuno silenzio della legge sul punto, è stato comunque ritenuto immanente e coessenziale alla regolazione dell’insolvenza di gruppo). Infine, l’analisi dei poteri gestori del curatore ha richiesto – quale suo logico corollario, al quale è stato dedicato il Capitolo III – l’individuazione di criteri di distribuzione del valore del gruppo insolvente, che consentano di ripartire tra le masse attive delle imprese coinvolte il plusvalore eventualmente generato dalla prosecuzione dell’impresa e dalla liquidazione unitaria del patrimonio del gruppo. Un siffatto problema – la cui rilevanza è centrale anche in altri ambiti dell’ordinamento concorsuale – è stato affrontato a partire dalla qualificazione funzionale del potere di direzione e coordinamento di cui è investito il curatore: più nel dettaglio, si è ipotizzato che, a prescindere dalla natura gerarchica ovvero paritetica del gruppo in bonis successivamente ammesso alla procedura, la direzione unitaria esercitata dal curatore assuma in ogni caso connotati intrinsecamente paritetici, in quanto improntata non ad un interesse imprenditoriale proprio della capogruppo (come nella fattispecie di cui all’art. 2497 c.c.), bensì ad un interesse comune alle diverse imprese del gruppo e ai rispettivi ceti creditori. Con la conseguenza, allora, che – a partire da tale direzione funzionale dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale – si è ritenuto di poter desumere un obbligo di ripartizione proporzionale del ricavato della liquidazione a carico del curatore e a vantaggio delle imprese coinvolte. Tutto ciò acquisito, si è tentato infine – sebbene con la consapevolezza dell’estrema complessità della questione, e non senza rinviare l’analisi di taluni profili ad un eventuale sviluppo successivo del presente lavoro – di individuare un criterio distributivo che concretizzi il principio dell’equa ripartizione del valore del gruppo, e che tenga conto in particolare del contributo causale fornito dai trasferimenti di risorse infragruppo alla (auspicabile) produzione di un plusvalore.
This thesis addresses the problem of continuation of business in the liquidazione giudiziale di gruppo, a new insolvency procedure with liquidation purposes introduced by the Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14). In particular, the aim of the work is to understand which principles and rules should guide the management of the group in any case in which companies belonging to a “centralized” group are admitted to the procedure and continuation of business is ordered pursuant to art. 211 of the Codice della crisi. Starting from these premises, the thesis focused first – in Chapter I – on the recognition of all the different models of group insolvencies’ management arousing from the international scenario, in order to place the new liquidazione giudiziale di gruppo within the paradigms of substantial or procedural consolidation. Having said this, the research question was then formulated: that is to say, the possibility that the opening of the liquidazione giudiziale di gruppo, while undoubtedly determining the dissolution of the power of direction exercised by the parent company, nevertheless entails the attribution to the curatore of a new and autonomous power of group management, to be exercised in accordance with the purposes and principles of insolvency regulation: a power, in particular, which could involve the planning and implementation of (lato sensu) “intra-group financial assistance”, i.e. the mutual provision of resources instrumental to the continuation of group business. If this is the research question, it was then necessary to confront first with the principle of autonomia delle masse attive e passive of the group companies: a principle, in fact, which – if applied in a rigorous manner – could fundamentally prevent the circulation of resources between the companies admitted to the procedure. Nonetheless, a correct interpretation of the principle in question made it possible to relegate its applicative scope to the phases of ammissione del passivo and distribuzione dell’attivo only, without resulting in any effect of “crystallization” of assets: this on condition that the outflow of resources in the interim phase of the procedure is assisted by the reasonable forecast of a «prospective return of value» in the final stage of the liquidation. Once these basic theoretical premises have been established, the analysis concerned – in Chapter II – the powers of the curatore with regard to the responsible assets, and this in the double perspective – on the one hand – of the retrospective “reconstruction” of assets, if damaged before the opening of the liquidazione giudiziale di gruppo, and – for the other – of the “management” of assets in a propulsive key: this, in particular, in order not only to the preservation of a present value, but also – as has now been established thanks to the studies on management of joint-stock companies in liquidation – to the realization of a future value. Following this last line of investigation, it became necessary to analyze the role of the liquidation program in group procedures, and this both in terms of the relative methods of approval, as well as in terms of its possible contents. Indeed, it has not gone unnoticed how the Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza has in general implemented the “corporate” powers of the curatore, through the provision of an unprecedented legitimacy (to plan, and consequently) to perform independently deeds and transactions relating to the financial and organizational structure of the company. Powers which, if transposed into the liquidazione giudiziale di gruppo, could allow for deep restructuring of the insolvent group, instrumental to the presentation of a concordato nella liquidazione giudiziale (which, despite the inappropriate lack of indication on this point, was in any case considered co-essential to the regulation of group insolvency). Finally, the analysis of the managing powers of the curatore required – as its logical corollary, to which Chapter III was dedicated – the identification of criteria for the distribution of value of the insolvent group, which would make it possible to divide among the different companies any surplus value generated by the continuation of business and the liquidation of group’s assets. Such a problem – the importance of which is also central in other areas of insolvency law – was tackled starting from the functional qualification of the power of direction of which the curatore is invested: more in detail, it was hypothesized that, regardless from the hierarchical or joint nature of the group admitted to the procedure, the power of management exercised by the curatore assumes in any case a joint qualification, as it is not based on an entrepreneurial interest of the parent company (as in the case referred to in art. 2497 c.c.), but on a common interest referring to the all group companies and their respective creditors. This with the consequence that it was deemed possible to infer the need for a proportional distribution of value between the companies involved. All this acquired, an attempt was finally made – albeit with the awareness of the extreme complexity of the question, and not without postponing the analysis of some profiles to a possible subsequent development of the thesis – to identify a distributive criterion that concretizes the principle of fair distribution, and which considers in particular the causal contribution provided by intra-group transfers to the (desirable) production of a total surplus value.
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BARRETO, DE ALMEIDA MARGARIDA. « L’impresa di gruppo e il gruppo di imprese : svelando la complessità soggettiva del datore di lavoro ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2016. http://hdl.handle.net/2108/201663.

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Mercuri, Francesco <1987&gt. « La contitolarità del rapporto di lavoro nei gruppi e nelle reti di imprese ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amsdottorato.unibo.it/8742/1/FRANCESCO%20MERCURI%20-%20TESI%20DI%20DOTTORATO%20-%20LA%20CONTITOLARIT%C3%80%20DEL%20RAPPORTO%20DI%20LAVORO%20NEI%20GRUPPI%20E%20NELLE%20RETI%20DI%20IMPRESE.pdf.

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Résumé :
Il presente studio ha ad oggetto la disamina degli elementi, di fatto e di diritto, che, all’interno dei gruppi e delle reti di imprese, permettono la simultanea riconduzione di un rapporto di lavoro a più datori di lavoro. Per fare ciò è risultato essenziale porre in risalto gli elementi sintonici e distonici tra la disciplina commerciale e quella lavoristica e, in seconda battuta, affrontare le ricognizioni dottrinarie e giurisprudenziali stratificatesi nel tempo. Infine, dopo aver ricondotto la fattispecie nell’alveo delle obbligazioni soggettivamente complesse si sono poste in rilievo le differenze qualitative tra la codatorialità nei gruppi, di matrice essenzialmente rimediale, e quella nelle reti, introdotta ex lege nel 2013 e, solo in apparenza, rimessa all’ampia discrezionalità dei retisti.
The present study deals with the examination of the elements, in fact and in law, which, within groups and networks of companies, allow the simultaneous reconditioning of a work relationship to several employers. In order to do this, it was essential to highlight the syntonic and dystonic elements between the commercial and the labour law discipline and, secondly, to address the doctrinal and jurisprudential surveys stratified over time. Finally, after bringing the case back into the category of obbligazione soggettiva complessa, has been pointed out the qualitative differences between the codatorialità in the groups, as a remedial matrix, and the one in the networks, introduced by law in 2013 and, only apparently, left to the wide discretion of the companies.
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AGSTNER, PETER. « IL GRUPPO COOPERATIVO GERARCHICO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/999.

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Résumé :
La tesi si occupa del gruppo cooperativo gerarchico. Nel primo capitolo si esaminano una serie di problematiche legate alle legittimità o meno di una simile struttura di gruppo. Nel secondo capitolo, ricco anche di un'analisi empirica di taluni statuti di gruppi cooperativi gerarchici operanti a livello europeo, si passa all'esame delle modalità di attuazione del rapporto mutualistico in una struttura di gruppo; in particolare, si valuta la possibilità dello spostamento a valle della gestione di servizio con conseguente riduzione della cooperativa capogruppo a holding pura. Nel capitolo terzo si esamina, invece, la compatibilità di una simile struttura di gruppo con i principi fondanti il diritto della cooperazione, ovvero la disciplina dei ristorni, il principio della porta aperta e della parità di trattamento e il criterio della prevalenza dell'attività mutualistica.
My doctorate thesis considers a vertically organized corporation in which the mother company is a cooperative, with particular reference to the repercussions of such a structure on the mutual relationship involved. As the need to compete on the market through a single management body in charge of diversified activities becomes more pressing, the cooperatives currently find themselves at a disadvantage with respect to profit-making enterprises, as their adoption of a holding structure to run their business activities is looked upon with a certain suspicion. There are many who sustain in fact that such a structure is in open conflict with the principles of the cooperative movement, such as, inter alia, the open door principle. In particular, doubts have been raised as to whether the mutual-benefit purpose on which cooperatives are founded, involving the supply of management services to the members at conditions which are more beneficial than those generally available on the market, can be fully applied within a holding structure. In my doctorate thesis, I assert the full legitimacy of the holding cooperative on the basis of a series of arguments which I have developed by comparing several European legal systems, focusing in particular on the key concept of my research, the mutual-benefit purpose in vertical integrated companies.
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AGSTNER, PETER. « IL GRUPPO COOPERATIVO GERARCHICO ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/999.

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Résumé :
La tesi si occupa del gruppo cooperativo gerarchico. Nel primo capitolo si esaminano una serie di problematiche legate alle legittimità o meno di una simile struttura di gruppo. Nel secondo capitolo, ricco anche di un'analisi empirica di taluni statuti di gruppi cooperativi gerarchici operanti a livello europeo, si passa all'esame delle modalità di attuazione del rapporto mutualistico in una struttura di gruppo; in particolare, si valuta la possibilità dello spostamento a valle della gestione di servizio con conseguente riduzione della cooperativa capogruppo a holding pura. Nel capitolo terzo si esamina, invece, la compatibilità di una simile struttura di gruppo con i principi fondanti il diritto della cooperazione, ovvero la disciplina dei ristorni, il principio della porta aperta e della parità di trattamento e il criterio della prevalenza dell'attività mutualistica.
My doctorate thesis considers a vertically organized corporation in which the mother company is a cooperative, with particular reference to the repercussions of such a structure on the mutual relationship involved. As the need to compete on the market through a single management body in charge of diversified activities becomes more pressing, the cooperatives currently find themselves at a disadvantage with respect to profit-making enterprises, as their adoption of a holding structure to run their business activities is looked upon with a certain suspicion. There are many who sustain in fact that such a structure is in open conflict with the principles of the cooperative movement, such as, inter alia, the open door principle. In particular, doubts have been raised as to whether the mutual-benefit purpose on which cooperatives are founded, involving the supply of management services to the members at conditions which are more beneficial than those generally available on the market, can be fully applied within a holding structure. In my doctorate thesis, I assert the full legitimacy of the holding cooperative on the basis of a series of arguments which I have developed by comparing several European legal systems, focusing in particular on the key concept of my research, the mutual-benefit purpose in vertical integrated companies.
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Gaudio, Giovanni. « Organizzazioni complesse e rapporti di lavoro. Per un diritto del lavoro a geometria variabile ». Doctoral thesis, Università Bocconi, 2019. http://hdl.handle.net/10278/3725009.

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Résumé :
La dottrina giuslavoristica italiana è rimasta spiazzata dinanzi agli eterogenei fenomeni di disintegrazione verticale della grande impresa fordista, che si pongono in antitesi con il contratto di lavoro subordinato, inteso come un rapporto necessariamente bilaterale tra un lavoratore e un unico datore di lavoro, riconosciuto tradizionalmente come il concetto ordinatore della materia. Esso è infatti difficilmente armonizzabile con una organizzazione del lavoro caratterizzata dalla compresenza di più soggetti di diritto, anche diversi dall’unico datore di lavoro inteso come parte del contratto, che possono, a vario titolo e in forme diverse, interagire con l’esecuzione della prestazione di un lavoratore subordinato nell’ambito delle organizzazioni complesse tipiche del modello post-fordista di organizzazione dell’impresa. In risposta a tali problematiche, parte della dottrina italiana ha elaborato una serie di teorie pluridatoriali, che costituiscono, ad oggi, la principale risposta alle questioni giuslavoristiche connesse ai processi di frammentazione e ricomposizione dell’impresa. Queste tesi si pongono in contrasto con la tradizionale lettura unitaria della figura del datore di lavoro, poiché postulano che essa possa essere declinata al plurale in alcune ipotesi di integrazione societaria o contrattuale fra imprese. Tali tesi, in ogni caso, non sono andate esenti da critiche di altra parte della dottrina, che ha sottolineato come esse incorrerebbero in una serie di ostacoli che non ne giustificherebbero l’accoglimento sul piano de iure condito. Per queste ragioni, il dibattito dottrinale in materia, concentratosi quasi in toto sullo studio della figura del datore di lavoro, sembra essere oggi giunto ad una impasse. Questo studio ha dunque provato a vagliare una ipotesi di ricerca alternativa rispetto a quella relativa allo studio della figura datoriale, sull’assunto che la direttrice tradizionalmente seguita dalla dottrina potrebbe essere stata vissuta dalla stessa come un punto di partenza imprescindibile della ricerca quando, invece, si sarebbe ben potuto tentare di metterlo in discussione, allo scopo di porsi nuove domande per cercare nuove risposte, piuttosto che dare diverse risposte alla stessa domanda. Sulla base di questa intuizione e per mezzo dello strumento della comparazione con il sistema inglese, si è dunque cercato di comprendere se il diritto del lavoro abbia già predisposto dei modelli di legislazione più pragmatica e meno legati ai modelli tradizionali della materia, che fossero funzionali a risolvere in modo più efficace le problematiche del sistema nel fare i conti con la complessità organizzativa. Dopo aver razionalizzato questa ipotesi di ricerca alternativa, anche sulla base di spunti teorici emersi nella dottrina pregressa, sono state rintracciate nel macro-sistema giuslavoristico una serie di tecniche normative già predisposte dal legislatore, che costituiscono una risposta più efficace, rispetto a quanto proposto dai sostenitori delle tesi pluridatoriali, alla risoluzione delle problematiche poste dalla complessità organizzativa. Poiché tali tecniche sono state predisposte dal legislatore sulla base delle specificità proprie di alcuni contesti normativi, si è dunque proceduto, nel tentativo di offrire una organica razionalizzazione delle stesse, ad una analisi differenziata di questi specifici contesti normativi. In ragione di ciò, sembra che oggi la materia giuslavoristica sia razionalizzabile, a livello macro, alla stregua di un sistema a geometria variabile, composto da numerosi micro-sistemi normativi il cui ambito di applicazione è spesso costruito a criteri terzi rispetto a quelli propri di una analisi binaria lavoratore-datore di lavoro, intesi come parti di un contratto di lavoro subordinato. In sede conclusiva, si è poi proposto di abbandonare il contratto di lavoro come concetto ordinatore della materia giuslavoristica per sostituirlo con quello di rapporto di lavoro, che sembra oggi essere maggiormente funzionale a cogliere le caleidoscopiche sfaccettature di un macro-sistema giuslavoristico che si evolve sempre di più nel segno della differenziazione.
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BENEDETTI, LORENZO. « La responsabilità di "chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio (art. 2497, II co, c.c.) ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/528.

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Résumé :
Il presente lavoro si propone di approfondire il tema della “responsabilità nel gruppo” , così come disciplinata dalla riforma del diritto societario. In particolare la riflessione si concentrerà sulle due diverse fattispecie di responsabilità disciplinate al II co., dell’art. 2497 c.c., al fine di -ricostruirne gli elementi costitutivi e i connotati; -proporne un inquadramento sistematico nel contesto del microsistema normativo della responsabilità speciale nel gruppo e, più ampiamente, delle categorie generali del dritto civile. A tal fine si è ritenuto indispensabile procedere preliminarmente a ricostruire la natura della responsabilità di cui al I co. dell’art. 2497 c.c. (cap. I), posto che il II comma, prima parte, di tale disposizione prevede l’imputazione di un’obbligazione risarcitoria solidale a “chiunque abbia preso parte al fatto lesivo”. Poiché con questa espressione si introduce, inequivocabilmente, una responsabilità da concorso, occorre stabilire quale sia il fatto al quale si prende parte. D’altronde l’intesse a definire la responsabilità per abuso di eterodirezione deriva dal fatto che, come si cercherà di dimostrare compiutamente, la responsabilità sia di “chi abbia preso comunque parte al fatto lesivo”, sia di “chi ne abbia tratto consapevolmente beneficio” risulta essere, già in base all’inequivoco tenore letterale della norma, accessoria e dipendente dalla prima. La riflessione relativa alla responsabilità principale da direzione e coordinamento contra legem è stata condotta alla luce delle diverse teorie proposte dalla dottrina civilistica per di distinguere l’ambito della responsabilità extracontrattuale da quella da inadempimento. La medesima indagine ha cercato di individuare anche l’oggetto e la fonte dell’obbligo di esercitare l’eterodirezione in conformità ai principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale. La ricostruzione della responsabilità prevista al I comma dell’art. 2497 c.c. ha costituito, inoltre, un riferimento indispensabile per definire la fattispecie relativa a “chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo”. Si è proposto, infatti, un raffronto fra la disciplina di cui al I e al II comma della disposizione in esame, al fine di determinare l’ambito di applicazione della responsabilità dei concorrenti all’abuso di eterodirezione (cap. II). Tale metodo conduce ad attribuire alla fattispecie di cui al II co., prima parte, dell’art. 2497 una funzione sistematica residuale rispetto alle diverse condotte con-cause dell’evento lesivo. La disposizione risulta, cioè, capace di fondare la responsabilità solidale di qualunque soggetto abbia fornito un contributo causalmente efficiente al verificarsi del fatto lesivo, non suscettibile di integrare gli estremi dell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, entro cui il I co. della disposizione di apertura del Capo IX –tramite l’utilizzo dell’espressione “esercitando attività di direzione e coordinamento di società”- inquadra l’agire nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui, in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale. Funzione residuale, anzi di chiusura, del microsistema della responsabilità nel gruppo viene anche attribuita alla fattispecie di cui all’ultima parte, del II co. dell’art. 2497 c.c. (cap III). Per ricostruire tale fattispecie, essa è stata esaminata in parallelo con l’azione generale di arricchimento, come suggerito dalla limitazione al “vantaggio conseguito” posta all’obbligo del beneficiario consapevole. Il riferimento all’azione generale di arricchimento risulta utile per cogliere differenze e affinità con il rimedio in esame; e per ricostruire i profili indeterminati e la collocazione sistematica di una disposizione appena tratteggiata dal legislatore. Terminata la ricostruzione dei profili generali della responsabilità dei concorrenti e dei beneficiari consapevoli, si è proceduto ad utilizzarne gli esiti per affrontare due ipotesi paradigmatiche di responsabilità: -quella della persona fisica holding, dato che l’opinione dottrinaria prevalente ricorre proprio al II comma dell’art. 2497 c.c. per sanzionare tale soggetto, escluso dai legittimati passivi all’azione per abuso di eterodirezione dalla restrittiva formula letterale utilizzata al I comma (cap. IV). Si è cercato, in particolare, di dimostrare l’inadeguatezza di tale tesi, oltre che del ricorso al diritto comune della responsabilità civile a disciplinare il caso omesso della capogruppo individuale. Si è proposta, inoltre, una soluzione alternativa della questione, fondata sull’estensione analogica del I comma, cui si dovrebbe pervenire grazie all’intervento della Corte costituzionale. -quella della banca, in modo da verificare -avvalendosi anche delle esperienze maturate in altri ordinamenti- se possono configurarsi condotte della stessa suscettibili di acquisire rilievo per l’applicazione della nuova disciplina della responsabilità nel gruppo.
This work deals with the new italian law of the liability in the groups of companies (art. 2497 c.c., which took effect with the reform of corporate law. In the first chapter we try to establish if the first paragraph of the art. 2497 c.c.provide for a contractual liability, due to a breach of a pre-existent obligation; or a tort liability, due to the commission of a tort. The second chapter analises the first part of the second paragraph of art. 2497 c.c. to establish the nature and the systematic function of the liability of who take part in the abuse of the holding company. The third chapter talks about the liability of the aware beneficiary (second part of the second paragraph of art. 2497 c.c.): in this work we try to establish the nature of the liability , considered as a case of unjustified enrichment (art. 2041 c.c.). In the last two chapter we apply the results of the previous reflection to: the case of the holding-individual person, to establish which discipline we must apply to it, which the first paragraph of the art. 2497 c.c.doesn't provide for; establish if the liability in the group can be applied to the bank, when it is holding, concurrent in its tort or aware beneficiary.
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BENEDETTI, LORENZO. « La responsabilità di "chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio (art. 2497, II co, c.c.) ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/528.

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Résumé :
Il presente lavoro si propone di approfondire il tema della “responsabilità nel gruppo” , così come disciplinata dalla riforma del diritto societario. In particolare la riflessione si concentrerà sulle due diverse fattispecie di responsabilità disciplinate al II co., dell’art. 2497 c.c., al fine di -ricostruirne gli elementi costitutivi e i connotati; -proporne un inquadramento sistematico nel contesto del microsistema normativo della responsabilità speciale nel gruppo e, più ampiamente, delle categorie generali del dritto civile. A tal fine si è ritenuto indispensabile procedere preliminarmente a ricostruire la natura della responsabilità di cui al I co. dell’art. 2497 c.c. (cap. I), posto che il II comma, prima parte, di tale disposizione prevede l’imputazione di un’obbligazione risarcitoria solidale a “chiunque abbia preso parte al fatto lesivo”. Poiché con questa espressione si introduce, inequivocabilmente, una responsabilità da concorso, occorre stabilire quale sia il fatto al quale si prende parte. D’altronde l’intesse a definire la responsabilità per abuso di eterodirezione deriva dal fatto che, come si cercherà di dimostrare compiutamente, la responsabilità sia di “chi abbia preso comunque parte al fatto lesivo”, sia di “chi ne abbia tratto consapevolmente beneficio” risulta essere, già in base all’inequivoco tenore letterale della norma, accessoria e dipendente dalla prima. La riflessione relativa alla responsabilità principale da direzione e coordinamento contra legem è stata condotta alla luce delle diverse teorie proposte dalla dottrina civilistica per di distinguere l’ambito della responsabilità extracontrattuale da quella da inadempimento. La medesima indagine ha cercato di individuare anche l’oggetto e la fonte dell’obbligo di esercitare l’eterodirezione in conformità ai principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale. La ricostruzione della responsabilità prevista al I comma dell’art. 2497 c.c. ha costituito, inoltre, un riferimento indispensabile per definire la fattispecie relativa a “chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo”. Si è proposto, infatti, un raffronto fra la disciplina di cui al I e al II comma della disposizione in esame, al fine di determinare l’ambito di applicazione della responsabilità dei concorrenti all’abuso di eterodirezione (cap. II). Tale metodo conduce ad attribuire alla fattispecie di cui al II co., prima parte, dell’art. 2497 una funzione sistematica residuale rispetto alle diverse condotte con-cause dell’evento lesivo. La disposizione risulta, cioè, capace di fondare la responsabilità solidale di qualunque soggetto abbia fornito un contributo causalmente efficiente al verificarsi del fatto lesivo, non suscettibile di integrare gli estremi dell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, entro cui il I co. della disposizione di apertura del Capo IX –tramite l’utilizzo dell’espressione “esercitando attività di direzione e coordinamento di società”- inquadra l’agire nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui, in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale. Funzione residuale, anzi di chiusura, del microsistema della responsabilità nel gruppo viene anche attribuita alla fattispecie di cui all’ultima parte, del II co. dell’art. 2497 c.c. (cap III). Per ricostruire tale fattispecie, essa è stata esaminata in parallelo con l’azione generale di arricchimento, come suggerito dalla limitazione al “vantaggio conseguito” posta all’obbligo del beneficiario consapevole. Il riferimento all’azione generale di arricchimento risulta utile per cogliere differenze e affinità con il rimedio in esame; e per ricostruire i profili indeterminati e la collocazione sistematica di una disposizione appena tratteggiata dal legislatore. Terminata la ricostruzione dei profili generali della responsabilità dei concorrenti e dei beneficiari consapevoli, si è proceduto ad utilizzarne gli esiti per affrontare due ipotesi paradigmatiche di responsabilità: -quella della persona fisica holding, dato che l’opinione dottrinaria prevalente ricorre proprio al II comma dell’art. 2497 c.c. per sanzionare tale soggetto, escluso dai legittimati passivi all’azione per abuso di eterodirezione dalla restrittiva formula letterale utilizzata al I comma (cap. IV). Si è cercato, in particolare, di dimostrare l’inadeguatezza di tale tesi, oltre che del ricorso al diritto comune della responsabilità civile a disciplinare il caso omesso della capogruppo individuale. Si è proposta, inoltre, una soluzione alternativa della questione, fondata sull’estensione analogica del I comma, cui si dovrebbe pervenire grazie all’intervento della Corte costituzionale. -quella della banca, in modo da verificare -avvalendosi anche delle esperienze maturate in altri ordinamenti- se possono configurarsi condotte della stessa suscettibili di acquisire rilievo per l’applicazione della nuova disciplina della responsabilità nel gruppo.
This work deals with the new italian law of the liability in the groups of companies (art. 2497 c.c., which took effect with the reform of corporate law. In the first chapter we try to establish if the first paragraph of the art. 2497 c.c.provide for a contractual liability, due to a breach of a pre-existent obligation; or a tort liability, due to the commission of a tort. The second chapter analises the first part of the second paragraph of art. 2497 c.c. to establish the nature and the systematic function of the liability of who take part in the abuse of the holding company. The third chapter talks about the liability of the aware beneficiary (second part of the second paragraph of art. 2497 c.c.): in this work we try to establish the nature of the liability , considered as a case of unjustified enrichment (art. 2041 c.c.). In the last two chapter we apply the results of the previous reflection to: the case of the holding-individual person, to establish which discipline we must apply to it, which the first paragraph of the art. 2497 c.c.doesn't provide for; establish if the liability in the group can be applied to the bank, when it is holding, concurrent in its tort or aware beneficiary.
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Pegoraro, Nicola <1994&gt. « La nomina degli esponenti del gruppo bancario cooperativo Gli obiettivi della riforma e l’approccio risk based ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14137.

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Résumé :
Il presente elaborato si sofferma sul meccanismo di nomina degli esponenti bancari all'interno del gruppo bancario cooperativo, differenziando l’iter per i componenti che formeranno gli organi sociali della capogruppo da quelli che diversamente parteciperanno alle decisioni delle banche affiliate. Le prime pagine svolgono la funzione di una doverosa introduzione al tema, andando ad approfondire la particolare forma societaria delle banche al centro dell’analisi per poi soffermarsi sul nuovo sodalizio cooperativo creatasi con l’oramai celebre riforma del sistema del 2016. A seguire, procedendo dal generale al particolare, non prima di aver enunciato i principi sulla quale si fonda la particolare governance bancaria, si pone l’accento proprio sul nuovo iter di nomina recentemente modificato in seguito all'intervento normativo recato dal d.l. n. 91/2018 (c.d. decreto milleproroghe). Conclude l’elaborato – in forza di una profonda e puntuale lettura integrata delle previsioni del Testo Unico Bancario con le disposizioni di vigilanza – il raffronto tra gli obiettivi iniziali rincorsi con la riforma contenuta nel d.l. n. 18/2016 rispetto al meccanismo di nomina delle due diverse componenti del gruppo bancario cooperativo, esplorando allo stesso tempo l’applicazione del principio risk based.
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SETTANNI, GIUSEPPE. « Una ridefinizione del concetto e del ruolo dell'oggetto sociale ». Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2017. http://hdl.handle.net/11566/245322.

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Résumé :
L’obiettivo della ricerca è dimostrare che il concetto di oggetto sociale sia stato svuotato di significato alla luce del contesto socio-economico attuale e di quanto indicato dal legislatore. Ad esempio, l’art. 2380-bis c.c. da ultimo novellato attribuisce agli amministratori la generale ed esclusiva competenza per la gestione dell’impresa, legittimando gli stessi al compimento di tutte le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. L’attività che costituisce l’oggetto sociale di una società rappresenterebbe allora un limite meramente interno ai poteri gestori dell’organo amministrativo, ma non un limite al suo potere di rappresentanza che è invece generale. Detto altrimenti, l’oggetto sociale rileverebbe solo a livello endo-societario quale misuratore di responsabilità degli amministratori, venendo svuotato di significato sul piano esterno. Ulteriori limiti alla valenza dell’oggetto sociale possono essere rinvenuti nell’ambito dei gruppi societari. Qui il concetto di interesse di gruppo dovrebbe sempre prevalere, come affermano concordemente dottrina e giurisprudenza (che hanno individuato la teoria dei vantaggi compensativi), su quello di oggetto sociale, con l’ovvia conseguenza di lasciare a quest’ultimo un ruolo quasi del tutto marginale. A ciò si aggiunga che già altri ordinamenti hanno cominciato a rileggere il concetto di oggetto sociale per adattarlo alle esigenze di un mondo ormai diverso da quello di pochi decenni fa, come l’ordinamento britannico con la sec. 31 (1) del Companies Act 2006 e le disposizioni da esso non molto distanti adottate dal legislatore irlandese e da quello spagnolo. Da tutto quanto sopra, pare potersi concludere che l’oggetto sociale non rivesta più un ruolo di centralità all’interno del nostro ordinamento. Nuova linfa potrebbe essere data all’istituto in esame dall’introduzione di società con un oggetto sociale non limitato, ma - allo stato - questo non pare essere un punto all’ordine del giorno del legislatore.
The aim of the research is to demonstrate that the object clause is no more significant in the current social / economic framework. For instance, art. 2380-bis c.c., as currently in force, gives to the directors the general and exclusive competence for the direction of the company, legitimating them to the fulfillment of all the operations which are necessary for the accomplishment of the object clause. The activity constituting the object of the company should then represent a merely internal limit to the direction powers of the directors, but not an external limit to their general powers. In other words, the object clause would have some importance only on the internal ground as indicator of the liability of the directors, being deprived of its importance on the external ground. Other limits to the effectiveness of the object clause can be found in the matter of groups of companies. Here the concept of group interest should prevail, as scholars and case-law clearly indicate, on the object clause, with the consequence that the object clause would see diminished its role. It is worth noting that also other law systems are reviewing the concept of object clause for adapting it to a different environment, such as UK with sec. 31 (1) of the Companies Act 2006 as well as Ireland and Spain. Accordingly, it seems clear that the object clause is not currently much important in our law system. Different conclusions can be reached if the legislator introduced the possibility of companies with unrestricted object clause, but it seems that at the moment the legislator does not have the intention to intervene on these grounds.
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ADINOLFI, Adelina. « Il diritto all'informazione dei lavoratori nei gruppi multinazionali : Prospettive di intervento nei paesi della CEE ». Doctoral thesis, 1985. http://hdl.handle.net/1814/4537.

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CONFORTO, MARCO. « Cooperazione a coordinamento nella disciplina del gruppo in crisi ». Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1350897.

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Il lavoro si è posto come obiettivo quello di trattare il tema della crisi del gruppo di imprese nell’ottica della cooperazione giudiziaria e del coordinamento tra procedure aperte nei confronti delle singole componenti dell’impresa molecolare. È dato ampiamente conosciuto che il gruppo si caratterizzi per il c.d. bipolarismo tra unità sostanziale e pluralità formale delle imprese che lo compongono. Detto bipolarismo rappresenta la chiave di successo del fenomeno del gruppo: una delle funzioni più rilevanti assolte dalle singole società è invero quella di ripartire il rischio d’impresa, destinando una parte del patrimonio del soggetto economico (il capitale proprio delle società controllate) alla soddisfazione di ben determinate obbligazioni (quelle che fanno capo alle singole società controllate). Fenomeno, quest’ultimo, che prende il nome di assets partitioning. A ben vedere, i vantaggi che derivano dall’assets partitioning sono molteplici. Esso, invero: i) incoraggia gli investimenti di larga scala; ii) promuove l’efficienza del mercato dei capitali; iii) riduce i costi di negoziazione; iv) stimola il rischio imprenditoriale. Per mantenere coerenza con la funzione assolta dall’assets partitioning nella fase fisiologica, sembra corretto ritenere che anche nella fase patologica ogni singola società risponda solo ed esclusivamente delle obbligazioni assunte con il proprio patrimonio, con la conseguente apertura di procedure di crisi autonome per ogni componente del gruppo. L’apertura di distinte procedure può, tuttavia, determinare la disgregazione del complesso produttivo e la perdita di valore del patrimonio del gruppo complessivamente considerato. La tesi ha avuto l’obiettivo di analizzare le singole misure di coordinamento e/o di cooperazione che gli ordinamenti nazionali o sovranazionali, nonché i testi di soft law, predispongono al fine di rendere maggiormente efficiente la gestione della crisi del gruppo di imprese. A tal fine, l’analisi ha preso le mosse dalla evidenziazione degli interessi coinvolti dalla e nella crisi del gruppo, partendo dal concetto di direzione unitaria, intesa come attività di coordinamento e d’indirizzo, esercitata dalla capogruppo nei confronti delle società controllate, al fine dell’organizzazione e della valorizzazione economica del “controllo” su una pluralità di società e potenzialmente in grado di ledere gli interessi sia dei soci di minoranza sia dei creditori delle società del gruppo. L’indagine poi è proseguita analizzando i problemi che sorgono in ipotesi di crisi. In particolare, si è osservato che le questioni mutano a seconda che la crisi sia estesa a tutto il gruppo (c.d. crisi “del” gruppo); ovvero colpisca solo una (o poche) società (crisi “nel” gruppo). Ancora, è stato considerato come le soluzioni ai problemi generati dalla crisi del gruppo variano (o dovrebbero variare) in dipendenza del grado d’integrazione economica che esiste tra le varie componenti dell’impresa molecolare. All’aumentare del grado di integrazione, più stretta dovrebbe essere la connessione tra le procedure aperte nei confronti di queste ultime. Parimenti rilevante, ai fini dell’analisi che qui si propone, è la dimensione geografica dell’articolazione del gruppo, la composizione dei diversi interessi in gioco complicandosi notevolmente in caso di crisi di “gruppo multinazionale”. In tale ipotesi, invero, alle problematiche generate dalla crisi del gruppo domestico, si aggiungono le questioni tipicamente internazional-privatistiche – quali, ad esempio, quelle legate alla competenza giurisdizionale; all’individuazione della legge applicabile; al riconoscimento e all’esecuzione delle sentenze straniere; agli strumenti di cooperazione tra autorità –, che rendono ancor più difficile la ricerca di un efficiente sistema di soluzione dell’insolvenza del gruppo. Partendo da tali premesse, si è evidenziato come lo strumento di soluzione della crisi da adottare al caso specifico dipenderà da come il gruppo avrà operato sul mercato durante la fase fisiologica, nell’idea che il diritto della crisi dovrebbe porsi, da questo punto di vista, come elemento neutro rispetto alla struttura organizzativa del gruppo in bonis. In tale ottica si è proceduto all’analisi delle forme di coordinamento e/o cooperazione elaborate nella prassi internazionale e che si fondano, appunto, sul grado di integrazione economica delle imprese del gruppo e sull’articolazione geografica del medesimo, partendo dalle figure del consolidamento, sostanziale (o patrimoniale) o procedurale; per poi passare agli strumenti di cooperazione e coordinamento in senso stretto, soffermando l’attenzione sulla relativamente recente procedura di coordinamento di gruppo disciplinata dal Regolamento UE n. 848/2015; e per concludere, infine, con l’analisi dettagliata di un particolare strumento di cooperazione – quello attualmente più utilizzato nella prassi internazionale, specialmente nell’ambito dei gruppi cross-border –, ossia l’insolvency protocol. Più in particolare, i meccanismi di cui trattasi possono essere distinti in tre categorie: a) quelli che prevedono l’apertura di un’unitaria procedura d’insolvenza con unificazione delle masse attive e passive di ogni singola società (substantial consolidation). b) quelli che prevedono per le imprese, in crisi o insolventi, del gruppo la facoltà di proporre con un unico ricorso l’apertura di un’unitaria procedura d’insolvenza, fermo restando in ogni caso l’autonomia delle rispettive masse attive e passive (procedural consolidation); c) quelli che prevedono l’apertura di autonome procedure d’insolvenza con obblighi reciproci di informazione e di collaborazione tra gli organi di gestione delle diverse procedure (cooperazione e coordinamento). Nel procedere all’analisi di tali strumenti o meccanismi si è tentato di delineare di ciascuno i contorni caratteristici e differenziali. a) Con riferimento al consolidamento sostanziale, s’è indagata nel dettaglio la ratio, le condizioni al ricorrere delle quali viene ammesso e gli effetti che esso determina nei confronti dei soggetti coinvolti dalla (e nella) crisi del gruppo. Può dirsi che il consolidamento sostanziale genera diversi problemi, soprattutto con riferimento al mercato del credito. Se è vero, infatti, che una delle ragioni (forse la principale) che giustificano il fenomeno di gruppo è da rintracciare nella separazione dei patrimoni delle diverse società che lo compongono e dunque nel fenomeno dell’assets partitioning che essa separazione determina; è del tutto intuitivo che intanto il frazionamento della responsabilità patrimoniale determinerà una riduzione del rischio d’impresa, in quanto l’autonomia patrimoniale si conservi anche in caso di apertura del concorso. Parrebbe iniquo, d’altronde, immaginare che proprio nelle procedure concorsuali, laddove si ha la più nitida concretizzazione dell’autonomia patrimoniale, gli assets delle società collegate si fondino al fine di rispondere congiuntamente alle obbligazioni assunte dal gruppo nel suo complesso. Tale strumento potrebbe, al più, essere utilizzato solo quando il gruppo si presenti talmente integrato da rendere l’identificazione delle singole masse attive e passive delle imprese che lo compongono operazione anti-economica per i creditori di queste ultime. b) Al di fuori dell’ipotesi testé menzionata, è indubbio che debba essere preferito lo strumento della procedural consolidation. Come anticipato, il consolidamento procedurale consente l’apertura di un’unitaria procedura concorsuale che coinvolge le varie società insolventi del gruppo, pur restando ferma l’autonomia delle rispettive masse attive e passive. Lo strumento è d’ispirazione statunitense, ove alla rule 1015 (b) del Federal Rules of Bankruptcy Procedure è così stabilito: “If a joint petition or two or more petitions are pending in the same court by or against a debtor and an affiliate, the court may order a joint administration of the estates”. Sempre nel Federal Rules of Bankruptcy Procedure – alla rule 2009 (a) – è stabilito che: “If the court orders a joint administration of two or more estates under Rule 1015(b), creditors may elect a single trustee for the estates being jointly administered”. La ratio sottesa alle disposizioni citate è quella di evitare la duplicazione di costi ed eventuali ritardi di carattere processuale che – probabilmente – sarebbero concatenati all’apertura di autonome procedure d’insolvenza per le diverse imprese del gruppo, fermo restando, come detto, la separazione delle masse attive e passive, volta ad evitare gli effetti negativi sul mercato del credito che derivano dal consolidamento sostanziale. Sebbene i meccanismi di consolidamento sembrano essere strumenti efficienti per la soluzione della crisi del gruppo domestico, lo stesso non si può dire con riferimento alla crisi del gruppo multinazionale. La differenza risiede essenzialmente nelle questioni internazional-privatistiche che caratterizzano il gruppo multinazionale, e di cui è già detto in precedenza. Al conflitto tipico tra interesse di gruppo e interesse sociale, in ipotesi di gruppo multinazionale si accompagna quello di giurisdizione tra Stati. E’ alla luce di queste considerazioni che per la soluzione della crisi del gruppo multinazionale si ritiene opportuno adottare strumenti di cooperazione e coordinamento. Nella tesi si è proceduto, dunque, all’analisi dei testi di soft e di hard law, quali, rispettivamente, la Guida Legislativa Uncitral del 2010 ed il Regolamento UE n. 848/2015. In tali testi viene disegnato un sistema caratterizzato da procedure parallele, gli organi delle quali cooperano nella misura in cui tale cooperazione serva a facilitare la gestione efficace ed efficiente di tale procedure, non sia incompatibile con le norme ad esse applicabili e non comporti conflitto d’interessi. L’analisi, in ultimo, è stata conclusa con lo studio di un particolare strumento di cooperazione, l’insolvency protocol, del quale si indagherà il contenuto, la funzione, la natura giuridica e gli effetti che da esso derivano.
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Cecilia, De Marziis. « L’OBBLIGO DI RIPARAZIONE DELLO STATO PER VIOLAZIONI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO NEGLI ACCORDI DI PACE FRA STATI E GRUPPI ARMATI ». Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/11393/283976.

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Secondo un principio consuetudinario consacrato dalla Corte permanente di giustizia internazionale nella sentenza del 1928 nell’affare della Fabbrica di Chorzów, dalla violazione di una regola internazionale deriva l’obbligo dello Stato responsabile di riparare il danno derivante dall’illecito. Lo scopo della riparazione, che può assumere la forma della restitutio in integrum, del risarcimento, della soddisfazione, della riabilitazione e delle garanzie di non ripetizione, è quello di cancellare gli effetti della violazione e realizzare la situazione che sarebbe esistita se l’atto illecito non fosse stato compiuto. Con l’emergere dell’individuo quale soggetto del diritto internazionale contemporaneo nel periodo storico successivo al Secondo conflitto mondiale, si è progressivamente imposta all’attenzione degli attori internazionali e della dottrina la questione se la violazione di una regola di diritto internazionale umanitario possa comportare l’obbligo di riparazione dello Stato responsabile non soltanto verso altri Stati, ma anche vis-à-vis gli individui che abbiano subito un danno per effetto dell’illecito. Nell’esaminare la questione, gli studi svolti sinora si sono generalmente concentrati sugli illeciti commessi nel contesto di conflitti armati internazionali, lasciando invece in ombra la ricca prassi che, specialmente dopo il Secondo conflitto mondiale, si è sviluppata nell’ambito dei conflitti armati non internazionali. Nondimeno, lo studio di questa prassi sembra essenziale per comprendere lo stato attuale del diritto internazionale in materia, principalmente in considerazione delle notevoli proporzioni che il fenomeno ha assunto nella seconda metà del Novecento, con una netta prevalenza, nel panorama bellico contemporaneo, dei conflitti armati non internazionali rispetto a quelli internazionali. Inoltre, la questione del diritto individuale alla riparazione assume dei connotati specifici in ragione dell’identità fra Stato autore dell’illecito e Stato di cittadinanza delle vittime nei conflitti armati non internazionali. La prassi relativa alla riparazione nei conflitti armati non internazionali trova una delle sue principali espressioni negli accordi di pace conclusi fra Stati e gruppi armati allo scopo di porre fine al conflitto. La conclusione di questo genere di accordi ha conosciuto una crescita esponenziale di pari passo con il moltiplicarsi dei conflitti armati non internazionali, tanto che centinaia di accordi sono stati firmati negli ultimi settant’anni a livello globale. Muovendo da queste premesse, la tesi intende offrire nuovi spunti al dibattito intorno alla questione dell’obbligo di riparazione per violazioni del diritto internazionale umanitario nei conflitti armati non internazionali attraverso l’analisi empirica degli accordi di pace. A quanto risulta, uno studio della riparazione negli accordi di pace non è sinora mai stato svolto. La principale questione sulla quale il lavoro intende far luce è se e in che modo gli accordi di pace affrontino la questione della riparazione. Una ulteriore questione che viene in esame è se e in che misura essi possano rilevare come espressione della prassi e della opinio iuris degli Stati ai fini della formazione e della identificazione di una consuetudine relativa al diritto individuale alla riparazione per violazioni del diritto internazionale umanitario nei conflitti armati non internazionali. Il Capitolo Primo introduce la questione dell’obbligo di riparazione dello Stato verso l’individuo per violazioni del diritto internazionale umanitario applicabile nei conflitti armati non internazionali, con l’obiettivo non di accertare lo stato del diritto internazionale vigente, ma piuttosto di tracciare i confini del dibattito al quale l’analisi degli accordi di pace intende contribuire. Più specificamente, la prima parte del capitolo verifica se l’obbligo di riparazione formi l’oggetto di disciplina convenzionale; la seconda parte esamina l’obbligo di riparazione dello Stato verso l’individuo nel quadro delle regole generali sulla responsabilità degli Stati, come riflesse nei Draft articles on responsibility of States for internationally wrongful acts, adottati dalla Commissione di diritto internazionale nel 2001. In tale contesto vengono esaminati, da un lato, i principali strumenti giuridici internazionali relativi all’obbligo di riparazione dello Stato verso l’individuo per violazioni del diritto internazionale umanitario nei conflitti armati non internazionali e, dall’altro, i principali orientamenti della dottrina. Così inquadrati i termini della questione, la parte centrale della tesi, che si sviluppa nei Capitoli Secondo e Terzo, è dedicata all’analisi empirica delle disposizioni relative alla riparazione contenute nei 797 accordi di pace conclusi fra Stati e gruppi armati nell’arco temporale compreso fra il 1945 e oggi. Più specificamente, la prima parte del Capitolo Secondo descrive gli elementi caratteristici degli accordi di pace e presenta i termini del problema relativo alla loro natura ed efficacia giuridica. La seconda parte del capitolo definisce l’oggetto dello studio ed illustra le fonti e la metodologia di analisi impiegata. Il Capitolo Terzo esamina i profili caratteristici delle disposizioni relative alla riparazione contenute negli accordi di pace alla luce di tre assi di indagine, relativi, rispettivamente, i) al contenuto sostanziale delle misure ivi previste in relazione alle forme di riparazione esistenti in diritto internazionale generale (restituzione, risarcimento, riabilitazione, soddisfazione, garanzie di non ripetizione); ii) al grado di connessione esistente fra ciascuna misura e la sfera dell’illecito internazionale; iii) al grado di specificità con cui gli accordi individuano le regole di diritto internazionale umanitario per la cui violazione sono previste misure di riparazione. Alla luce dei risultati dello studio, il Capitolo Quarto sviluppa alcune considerazioni con riguardo alle questioni prospettate in apertura della tesi. In particolare, la prima parte del Capitolo esamina la questione se il contenuto degli accordi di pace riveli una propensione degli Stati a riconoscere il diritto individuale alla riparazione per violazioni del diritto internazionale umanitario commesse nell’ambito di conflitti armati non internazionali. La seconda parte del Capitolo ha ad oggetto l’ulteriore questione se e in che misura gli accordi possano venire in rilievo come espressione della prassi e della opinio iuris degli Stati ai fini della formazione di una consuetudine internazionale relativa al diritto alla riparazione per violazioni del diritto internazionale umanitario applicabile nei conflitti armati non internazionali.
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PETRINI, Maria Celeste. « IL MARKETING INTERNAZIONALE DI UN ACCESSORIO-MODA IN MATERIALE PLASTICO ECO-COMPATIBILE : ASPETTI ECONOMICI E PROFILI GIURIDICI. UN PROGETTO PER LUCIANI LAB ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251084.

Texte intégral
Résumé :
Con l’espressione “marketing internazionale” ci si riferisce a quell’insieme di attività adottate dall’impresa al fine di sviluppare o perfezionare la propria presenza sul mercato estero. Oggetto della presente ricerca è l’analisi degli aspetti problematici che tali attività sollevano sul piano giuridico: attraverso un approccio basato sull’integrazione della cultura economica del marketing d’impresa con quella più propriamente giuridica, l’indagine mira ad individuare le fattispecie di marketing rilevanti sotto il profilo giuridico e giuspubblicistico, ad analizzarne i profili che risultano più critici per l’impresa e proporre soluzioni concrete. La ricerca è stata condotta in collaborazione all’azienda Gruppo Meccaniche Luciani, che oltre ad essere un affermato fornitore di stampi per calzature, progetta design innovativi attraverso una sua articolazione organizzativa creativa, denominata Luciani LAB. L’impresa investe molto nell’innovazione, ed in questo senso, particolarmente significativo è stato l’acquisto di una potente stampante 3D, tecnologicamente all’avanguardia, che ha consentito all’azienda di progettare diversi prodotti, tra cui una borsa, realizzarli in prototipazione rapida, e successivamente renderli oggetto di specifiche campagne promozionali, illustrate nel presente lavoro. Viene evidenziato come queste rispecchino la peculiarità dell’approccio al marketing da parte della piccola/media impresa, descritto dalla dottrina maggioritaria come intuitivo ed empirico, distante da quello teorico e strategico del marketing management. La collaborazione con l’impresa partner del progetto ha costituito il riferimento principale per l’elaborazione del metodo con cui condurre la ricerca: l’azienda ha promosso i propri prodotti mediante diverse strumenti di marketing, come inserti pubblicitari su riviste, campagne di e-mail marketing e fiere di settore. Queste attività si distinguono tra esse non solo rispetto alle funzioni, alle differenti modalità con cui vengono impiegate e al pubblico cui si rivolgono, ma anche e soprattutto rispetto alla disciplina giuridica di riferimento: ognuna di esse infatti è regolata da un determinato complesso di regole e solleva questioni che si inseriscono in una specifica cornice giuridica. Al fine di giungere ad una sistematica trattazione dei profili giuridici connessi, si è scelto di classificare le diverse azioni di marketing in tre gruppi: quelle riferite alla comunicazione, quelle inerenti l’aspetto del prodotto e quelle che si riferiscono al cliente Per ognuna di queste aree si individua una precisa questione critica per l’impresa, e se ne trattano i profili problematici dal punto di vista giuridico. In relazione al primo gruppo, ovvero la comunicazione pubblicitaria d’impresa, si evidenziano le criticità connesse alla possibilità di tutelare giuridicamente l’idea creativa alla base del messaggio pubblicitario: si mette in discussione l’efficacia degli strumenti giuridici invocabili a sua tutela, in particolare della disciplina del diritto d’autore, della concorrenza sleale e dell’autodisciplina. Si prende come riferimento principale il contesto italiano, considerando la pluralità degli interessi pubblici, collettivi ed individuali coinvolti. Il secondo profilo d’indagine riguarda la disciplina giuridica riconducibile all’e-mail marketing, uno degli strumenti più diffusi di comunicazione digitale. L’invasività di questo sistema nella sfera personale dei destinatari impone l’adozione di adeguati rimedi da parte delle imprese per evitare di incorrere nella violazione delle disposizioni a tutela della privacy. Si trattano le diverse implicazioni derivanti dall’uso di tale strumento, in particolare quelle riferite al trattamento dei dati personali alla luce della normativa vigente in Italia e nell’Unione Europea, e connesse alle modalità di raccolta degli indirizzi e-mail dei destinatari potenzialmente interessati. Infine, la costante partecipazione alle fiere di settore da parte dell’azienda dimostra quanto l’esteriorità del prodotto costituisca uno strumento di marketing decisivo per la competitività aziendale, dunque grande è l’interesse dell’impresa a che il suo aspetto esteriore venga protetto dall’imitazione dei concorrenti. Il tema giuridico più significativo che lega il processo di marketing al prodotto dell’azienda è proprio la protezione legale del suo aspetto, ovvero la tutela del diritto esclusivo di utilizzarlo, e vietarne l’uso a terzi. L’aspetto di un prodotto può essere oggetto di protezione sulla base di diverse discipline che concorrono tra loro, sia a livello nazionale che sovranazionale, dei disegni e modelli, del marchio di forma, del diritto d’autore e della concorrenza sleale. Si è scelto di concentrare il lavoro, in particolare, sulla prima: si ricostruisce il quadro normativo e l’assetto degli interessi implicati dalla fattispecie, per arrivare ad evidenziare le principali criticità nell’interpretazione delle norme, sia a livello nazionale, che nell’Unione Europea. Si approfondiscono gli orientamenti di dottrina e giurisprudenza di alcune disposizioni chiave per l’applicazione della disciplina, quali gli artt. 6 e 7 del Regolamento CE, n. 6/2002, concernenti rispettivamente il «carattere individuale» e la «divulgazione», i due requisiti fondamentali per ottenere la registrazione e conseguente protezione giuridica del disegno. Tali nozioni sono soggette ad interpretazioni parzialmente difformi da parte dei giudici dei diversi Stati membri, e ciò contribuisce a minare l’applicazione omogenea della disciplina in tutto il territorio UE. In questo senso, viene messo in evidenza il ruolo chiave dell’orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nell’interpretazione di tali concetti, avente l’effetto di uniformare l’approccio degli Stati. La Direttiva 98/71/CE ha introdotto la possibilità di cumulare la protezione conferita all’aspetto del prodotto dalla disciplina dei disegni e modelli con quella riconosciuta dalle altre normative. Tale previsione solleva questioni di rilievo sistematico e concorrenziale: ci si interroga su quali problemi di tipo sistematico e di concorrenza vengano sollevati dal riconoscimento su uno stesso prodotto della protezione sia come disegno che come marchio di forma, e sia come disegno che come opera dell’ingegno. In particolare nell’ambito del diritto dei marchi d’impresa e del diritto d’autore, le tutele hanno durata potenzialmente perpetua, diversamente dalla registrazione come disegno o modello, che garantisce la titolarità del diritto di utilizzare il proprio disegno in via esclusiva per un periodo limitato di massimo 25 anni. Questa differenza temporale rende il cumulo problematico sia a livello di coordinamento, che di concorrenza, poiché incentiva il sorgere di “monopoli creativi” sulle forme del prodotto. Il presente lavoro ha come obiettivo l’ampliamento della conoscenza sul tema del marketing con particolare riferimento ai profili giuridici che si pongono, con riguardo alla promozione del prodotto nell’ambito dell’Unione Europea. Si ritiene che il valore aggiunto e l’aspetto più originale della ricerca consista nella sua forte aderenza alla realtà della piccola/media impresa: tramite l’integrazione della ricerca giuridica e dello studio dei fenomeni di marketing si delineano i problemi pratici che questa si trova a dover affrontare nell’implementazione delle attività quotidiane di marketing. Tale indagine vuole essere utile a tutte le piccole/medie imprese che si trovano impreparate nell’affrontare le sfide poste dal marketing e nel conoscere le implicazioni giuridiche che da questo derivano.
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