Articles de revues sur le sujet « DIALETTICA SE'- ALTRO »

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1

Caputi, Rosastella, et Valentina Iavasile. « Intimitŕ, sessualitŕ e tradimento nella coppia ». RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE, no 34 (décembre 2011) : 77–89. http://dx.doi.org/10.3280/pr2011-34006.

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Résumé :
Viene esplorata la dimensione dell'intimitŕ di coppia, dando particolare rilievo alle dinamiche relazionali implicate nella sessualitŕ e nel tradimento. In primo luogo, vengono delineate le differenze di genere nell'atto sessuale e gli aspetti non relazionabili presenti in ogni relazione di coppia. Č stata messa in luce la dialettica in cui trova spazio il tradimento. In tale prospettiva vengono descritte due "tipologie" di tradimento: il tradimento in "chat", in cui l'altro č un altro virtuale e lo scambismo, ovvero un paradosso in termini, in cui l'esperienza dell'inclusione di un terzo nella relazione č codificata da entrambi i partner.
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2

Pessina, Adriano. « La questione del metodo nella prospettiva della bioetica di stampo personalista ». Medicina e Morale 53, no 2 (30 avril 2004) : 317–27. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.646.

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Résumé :
L’Autore affronta la questione del metodo nella prospettiva personalista. Dopo aver chiarito che non esiste un metodo specifico della bioetica, se non nel senso che la bioetica non fa altro che assumere il metodo di indagine che è specifico della riflessione etica dalla quale dipende, l’Autore sottolinea che l’originalità della bioetica rispetto all’etica sta nell’insieme dei contenuti che essa affronta, ossia azioni e processi mediati dalla conoscenza scientifica e dalla prassi tecnologica. In particolare, viene proposta una riflessione su come è articolato il metodo triangolare proposto da Elio Sgreccia nel suo noto Manuale di Bioetica. Questo metodo si distingue dal proceduralismo di altre prospettive, sia per la sua connotazione contenutistica, che ha il suo perno in una concezione sostanzialistica della persona umana, sia per la sua struttura critica o dialettica. Nella connessione tra il dato medico-scientifico, il dato antropologico e il momento etico emerge il significato analogo della verità, concetto non confinato soltanto nel campo delle scienze sperimentali ma efficace anche sul piano etico. In tal senso, la bioetica emerge come una disciplina che si costituisce attraverso un percorso (il itriangolo) che ha il suo esito laddove il giudizio di coscienza è formulato in base alle verità acquisite ed integrate, in base ai diversi beni messi in gioco. Il momento prescrittivo, quello decisivo dell’indagine bioetica, non è assimilabile ad una pura deduzione dai principi morali ma si costituisce all’interno di un complesso itinerario teorico che tiene conto dei diversi approcci alla realtà.
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Loi Corvetto, Ines. « Prassi scrittoria nel XIV secolo : lingua e cultura nel giudicato sardo di Arborea ». Linguistica 32, no 2 (1 décembre 1992) : 177–96. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.32.2.177-196.

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Résumé :
I documenti del giudicato di Arborea costituiscono una fonte preziosa per lo studio della complessa situazione linguistica in Sardegna. La varietà sarda parlata nell'area arborense, come è noto, è considerata ormai un sistema autonomo rispetto alle altre varietà rappresentate in particolar modo dal campidanese e dal logudorese. Caratterizzato da tratti alcuni dei quali sono condivisi dal campidanese mentre altri sono tipici del logudorese, l'arborense è stato definito per lungo tempo come una varietà "mista", tipica delle aree di confine, delle zone grigie, influenzata dai due dialetti sardi contigui che sono appunto il campidanese e ii logudorese.
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4

Magliacane, Alessia. « Forma della norma-stato e fatto del potere pastorale ». Revista da Faculdade de Direito UFPR 62, no 2 (31 août 2017) : 175. http://dx.doi.org/10.5380/rfdufpr.v62i2.52428.

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Résumé :
La complessità del soggetto (individuale e collettivo) è sottoposta nella fase detta postmoderna (Harvey, Jameson, Raymond) ad un aggressivo tentativo di riduzione che ha come strumento la norma-stato, che ha attraversato pressoché indenne le epoche storiche fino alla modernità borghese – capitalistica indagata da Habermas (nelle strutture discorsive), da Foucault (nella trasformazione del potere disciplinare e pastorale), da Deleuze (nella particolare struttura della ripetizione, erede della coazione freudiana), da Lacan (nella dialettica della repressione simbolico-normativa), da Butler (nella dialettica tra soggettivazione e assoggettamento) ma soprattutto nelle forme dell’immaginario letterario e cinematografico (di cui si fanno qui gli esempi di Lynch e McCarthy). L’autore tenta anche una netta distinzione tra la critica del diritto e l’analisi critica della forma normativa-giuridica, nella comparazione con altre esistenti forme normative quali quella strettamente simbolica (ad esempio nella morale sociale e nella famiglia) e quella istituzionale (ad esempio nelle forme di alienazione e di istituzione totale) alla luce delle più moderne teorie linguistiche, sistemiche, psicologiche e della complessità.
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5

Iannacito-Provenzano, Roberta. « CENNI SULLA FRASE IPOTETICA IN DUE DIALETTI DELL' ALTO MOLISE ». Forum Italicum : A Journal of Italian Studies 39, no 2 (septembre 2005) : 498–519. http://dx.doi.org/10.1177/001458580503900210.

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Résumé :
Quest'articolo consiste nel fornire un quadro descrittivo delle diverse configurazioni del periodo ipotetico in alcuni dialetti molisani della zona isernina. I dialetti rappresentativi in esame appartengono a Villa San Michelle (frazione del comune di Vastogirardi) e a Forli del Sannio, due località nella zona isernina. Si mira a colmare le lacune in questo campo presentando i vari costrutti riscontrati prima di tutto in una serie di registrazioni basate sulla ricerca sul campo a Villa San Michele e, in secondo luogo, esaminando le frasi ipotetiche, che dovrebbero essere riflessioni autentiche del parlato, incluse in alcune commedie scritte dal noto commediografo, pittore, poeta e maestro Antonio Angelone (1933) nel dialetto forlivese. In primo luogo vengono trattate le frasi ipotetiche della realtà che comunque non presentano straordinarie varianti a confronto con il generale assetto linguistico delle zone contigue. In seguito si indaga in maniera approfondita sulla frase ipotetica dell'irrealtà nei dialetti in esame e si presentano dieci configurazioni diverse per questo tipo. Per quanto riguarda il periodo ipotetico dell'irrealtà nel passato vengono esaminate in modo dettagliato anche le varie combinazioni con l'imperfetto dell'indicativo, caratteristica normale in questa zona.
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Leszczyński, Grzegorz. « Rola obrońcy węzła małżeńskiego w procesie o stwierdzenie nieważności małżeństwa ». Prawo Kanoniczne 49, no 3-4 (20 décembre 2006) : 51–61. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2006.49.3-4.04.

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Résumé :
Siccome il matrimonio gaudet favore iuris, il ruolo di difensore del vincolo è insostituibile e di massima importanza. Lo ripeteva parecchie volte il Santo Padre Giovanni Paolo II nei suoi discorsi alla Rota Romana. Si notano invece a volte le tendenze che purtroppo tendono a ridimensionare il suo ruolo fino a confonderlo con quello di altri partecipanti al processo, o a ridurlo a qualche insignificante adempimento formale, rendendo praticamente assente nella dialettica processuale. Questo articolo cerca di presentare l’importanza dell’ufficio del difensore del vincolo nel processo matrimoniale ed i suoi più importanti interventi processuali. Ho voluto soprattutto di sottolineare che l’intervento del difensore del vincolo deve essere davvero qualificato e perspicace, cosi da attribuire nelle cause concrete, una difesa della visione cristiana del matrimonio nel suo ruolo della ricerca della verità.
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Jakopin, Franc. « Liliana Spinozzi Monai, Dal Friuli Alla Russia. Mezzo secolo di storia e di cul­ tura. In margine all'epistolario (1875-1928) Jan Baudouin de Courtenay. Società Filologica Friulana, Udine 1994. » Linguistica 35, no 2 (1 décembre 1995) : 332–34. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.35.2.332-334.

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Résumé :
Questo libro rappresenta una preziosa novità scientifica nel campo della slavistica e della friulanistica. Vi sono pubblicate le lettere, le cartoline postali inviate da intellet­ tuali friulani (in parte anche italiani) e beneciani (filologi, etnografi, storici, avvocati, ecc.) allo studioso polacco Baudouin de Courtenay che, nei primi anni settanta dello scorso secolo, in qualità di docente di linguistica slava all'Università di Pietroburgo, ap­ pena ventottenne si recò nella Slavia Friulana e in altri luoghi del Friuli al fine di com­ piere delle ricerche sui relativi dialetti slavi, o più precisamente sloveni. Nei quattro de­ cenni successivi vi ritornò otto volte e pubblicò uno studio basilare sui dialetti resiani e altri contributi su Resia e i suoi abitanti, nonché ricco materiale sia sul dialetto di Resia che quello del Torre (Opyt fonetiki rez'janskich govorov, 1875 - Saggio di fonetica delle parlate resiane; Materialy dlja južnoslavjanskoj dialektologii i etnografii 2. Obrazcy jazyka na govorach Terskich Slavjan v sevemovostočnoj ltalii, 1904). II mate­ riale dialettale raccolto nelle valli del Natisone, rimasto in forma manoscritta, viene pubblicato nel 1988 da Liliana Spinozzi Monai (con commento folklorico di M. Matičetov) presso l'Editoriale Stampa Triestina con ii titolo "Materiali per la dialettolo­ gia e l'etnografia slava meridionale 4. Testi popolari in prosa e in versi raccolti in Val Natisone nel 1873".
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Iliescu, Maria. « La prammatica degli aggettivi dimostrativi rumeni ». Linguistica 28, no 1 (1 décembre 1988) : 15–33. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.28.1.15-33.

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Il rumeno, come il francese ed i dialetti ladini, dispone di un sistema bina­ rio che, per quanto riguarda la distanza, prende come punto di riferimento illocuto­ re, distinguendo fra Ia sua "lontananza" e la sua "vicinanza". L'italiano e le altre lingue neolatine hanno invece un sistema ternario che pren­ de come punto di riferimento sia illocutore sia l'allocutore: si distingue tra "vicino al parlante", "vicino all'allocutore", "lontano dallocutore e dall'allocutore" (que­ sto, codesto, quello).
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Goebl, Hans. « Del posto dialettometrico che spetta ai punti galloitalici Aidone, Sperlinga e San Fratello nel sistema della rete dell'AIS ». Linguistica 50, no 1 (29 décembre 2010) : 27–54. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.50.1.27-54.

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Résumé :
La rete dell’atlante italo-svizzero AIS comprende sette isole linguistiche tra cui tre sono di natu- ra alloglotta (relative cioè al greco ed all’albanese) mentre cinque sono di origine romanza. In tre delle isole linguistiche romanze, tutte ubicate in Sicilia, si parlano ancora dialetti galloitalici: si tratta delle località di Aidone (P.-AIS 865), San Fratello (P.-AIS 817) e Sperlinga (P.-AIS 836). è ben risaputo che l’origine storica di queste isole risale all’Alto Medioevo (XII–XIII secoli) e che la patria dei rispettivi coloni alto-medievali si trovava nella zona di contatto situata tra il Piemonte meridionale, la Liguria settentrionale e la contigua Emilia occidentale.Nel corso della dialettometrizzazione della totalità dei dati dell’AIS – svoltasi a Salisburgo negli anni 2005–2009 – si è presentata l’opportunità di esaminare, tramite tutti gli strumenti dialettometrici attualmente a disposizione, tanto la posizione (quantitativa relazionale) dei dialetti galloitalici delle suddette tre località nella rete dell’AIS, quanto quella di alcuni dialetti siciliani limitrofi.I risultati delle rispettive analisi sono molto sfumati e dimostrano chiaramente la comples- sità dell’inserzione delle parlate galloitaliche nel diasistema siciliano: vengono presentati tra- mite 16 carte dialettometriche a colore, ciascuna delle quali è accompagnata di appositi spiega- zioni e commenti dialettometrici e linguistici.
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Russo, Benedetta, et Elisabetta Pizzi. « Il caso clinico di Giulia. Il lockdown da COVID-19 come evento scatenante di episodi di alimentazione incontrollata ». PSICOBIETTIVO, no 3 (décembre 2021) : 115–27. http://dx.doi.org/10.3280/psob2021-003007.

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Résumé :
Le autrici presentano il caso clinico di una paziente di 19 anni con un funzionamento perfezionistico, apparentemente asintomatica prima del primo lockdown dovuto alla pandemia da COVID-19. L'isolamento sociale e l'interruzione delle attività quotidiane caratteristici del lockdown inducono nella paziente sintomi depressivi e ansiosi che esitano in un incremento dell'alimentazione e del peso corporeo, percepiti come disturbanti dalla paziente. L'isolamento sembra costituire il primo evento scatenante (trigger) di stati mentali problematici gestiti con una strategia disfunzionale (l'alimentazione incontrollata), le cui conseguenze (l'incremento del peso corporeo) slatentizzano il sottostante senso di inadeguatezza e di vulnerabilità personale della paziente. Terapeuta e paziente intraprendono una psicoterapia cognitivo-comportamentale ad indirizzo metacognitivo-interpersonale, integrata con altri modelli terapeutici specifici per la regolazione emotiva (terapia dialettico-comportamentale) e la cura dei traumi (EMDR e terapia sensomotoria).
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Rivoira, Matteo. « Lingue, dialetti e religione nelle aree occitane e francoprovenzali ». Minorities in Italy in a changing legal landscape 44, no 3 (31 décembre 2020) : 320–45. http://dx.doi.org/10.1075/lplp.00069.riv.

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Astratta Gli stretti e complessi rapporti tra religione e lingua sono ormai uno degli ambiti di studio della sociologia del linguaggio. L’adozione in ambito religioso di determinati codici discende in genere dalla disponibilità di varietà elaborate nel repertorio linguistico comunitario, ma al contempo essa può determinare ristrutturazioni del repertorio stesso, in primis sullo status delle lingue implicate. Lingua e religione, inoltre, possono essere individuate come forti simboli di appartenenza a una storia e a un’identità culturale. Nel presente lavoro saranno tratteggiati gli aspetti storici e macro-sociolinguistici che caratterizzano l’area galloromanza italiana (Valle d’Aosta e Piemonte occidentale). Ne verranno in particolare presentate le strutture repertoriali e discusso il ruolo del francese e delle altre varietà locali nel contesto religioso, caratterizzato dalla presenza storica di due diverse confessioni cristiane (cattolica e evangelica valdese). Infine saranno discusse le scelte linguistiche e religiose operate nei diversi contesti, in una prospettiva tesa ad evidenziare le implicazioni identitarie.
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Dapit, Roberto. « Relazioni semantiche tra lo Sloveno standard e i dialetti con riferimento alle lungue di interazione ». Linguistica 49, no 1 (29 décembre 2009) : 277–93. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.49.1.277-293.

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Résumé :
Il contributo si propone mettere a confronto, sul piano semantico, un corpus lessicale dialettale con le relative voci della lingua standard contemplate nello slovar slovenskega knjižnega jezika. Il tentativo di analisi semantica viene realizzato sulla base di nomi di luogo rilevati a Resia che, in questa sede, vengono classificati in varie categorie secondo il livello di convergenza individuato tra i due livelli linguistici. Oltre al resiano si tiene conto nella discussione anche di altre varietà, in particolare del dialetto del Torre e, a causa dell’intensa interazione, del friulano, da cui deri- vano numerosi toponimi; il tedesco invece ha svolto in questo senso un ruolo assai limitato.Secondo i risultati dell’analisi, la categoria più numerosa comprende voci che indicano un’ampia convergenza tra i livelli della lingua slovena (51,30%), mentre risulta piuttosto limitata la categoria della divergenza (9,67%); la categoria delle voci desemantizzate assume invece un peso maggiore (21,93%); i prestiti, provenienti quasi esclusivamente dall’ambito romanzo e prevalentemente friulano, compongono l’ultima e relativamente ampia categoria (17,10%).L’autore sottolinea inoltre la questione del rapporto instauratosi non soltanto tra i livelli linguistici ma anche tra questi e le lingue di interazione. Infatti, oltre a constatare che i tratti semantici individuati nei nomi di luogo resiani confermano, anche sul piano della semantica, una stretta relazione con la lingua standard, ovvero la lingua slovena centrale, pone l’accento sulla necessità di definire, anche attraverso un processo di analisi etimologica, alcuni altri aspetti. Si riferisce più precisamente alle caratteristiche semantiche del lessico appartenente a sistemi lingusitici che si sono sviluppati in una dimensione di interazione linguistica e culturale. L’accento viene posto infine sulla rilevanza dei dati riguardanti la storia del lessico auspicando una ricerca che tenga conto della diversità linguistica e delle relazioni tra le lingue. Un simile approccio infatti consentirebbe non soltanto di approfondire le conoscenze relative all’evoluzione della semantica e alla lessicografia, ma anche di comprendere una condizione in cui la convivenza di varie lingue e culture è destinata normalmente a svolgere, nel lungo periodo, un ruolo preminente.
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Lombardo, Simone. « I signori della collina. I Fieschi a Genova nel XIV secolo : strategie cittadine di una famiglia aristocratica ». SOCIETÀ E STORIA, no 177 (septembre 2022) : 419–50. http://dx.doi.org/10.3280/ss2022-177001.

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I Fieschi erano una famiglia aristocratica di estrazione rurale, che traeva l'origine della propria potenza dai possedimenti nel contado e si era insediata a Genova seguendo strategie più o meno coscienti, analizzate nell'articolo per quanto riguarda il trecento. Ciò era avvenuto innanzitutto con l'avvio di un insediamento monumentale presso la collina di Carignano, al di fuori delle mura ma al contempo in stretto rapporto con il centro abitato che sovrastava, quasi come polo urbanistico alternativo. Durante il XIV secolo si può notare una progressiva differenziazione tra una dimensione armata della famiglia, guida della fazione guelfa, e una prettamente ecclesiastica, custode dei patrimoni dinastici cittadini. Partendo dalla constatazione di queste caratteristiche, il saggio tenta di rapportarle e metterle in relazione dialettica con gli altri alberghi cittadini, al fine di evidenziare un modello alternativo di gestione familiare attuato dai Fieschi. È indagata l'importanza della parentela, le modalità di ingresso nel gruppo, le esenzioni fiscali e le politiche matrimoniali, al fine di delineare la mentalità di una famiglia aristocratica signorile inserita in un centro a vocazione mercantile.
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Cerasuolo Pertusi, Maria Rosaria. « Storie di parole ed etimi del dialetto Triestino ». Linguistica 42, no 1 (1 décembre 2002) : 43–45. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.42.1.43-45.

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Triest. mod. mocadòr "fazzoletto" e triest. ant. mocadòr "spegnitoio" Credo meriti soffermarsi per un po' su una vecchia coppia di omonimi del dialetto triestino, mocadòr "fazzoletto" e mocador "spegnitoio". II termine mocadòr "fazzoletto", che può considerarsi caratterizzante del dialetto triestino moderno è stato trattato, nel GDDT, abbastanza esaurientemente, in quanto che risultano correttamente messe in rilievo le concordanze lessicali più significative, necessarie per arrivar a tracciare la sua storia e fissarne l'etimo. Ma mentre questo risulta praticamente assicurato (lat. volg. *MUCCARE "soffiarsi il naso"), le vicende per cui si è arrivati a triest. mocadòr "fazzoletto" restano incerte: direttamente dalla base MUCCĀRE, attraverso una trafila fonetica locale, di stampo italo-settentrionale? una rielaborazione, pure locale, della voce veneziana mocaòr (significante anch'esso "fazzoletto" v. Boerio, e non solo "spegnitoio", come pare affermare il Doria)? Oppure prestito dallo spagnolo mocador "id.", non si sa attraverso quali canali? A queste tre alternative è possibile, ora, aggiungere una quarta, in quanto che si intravede, causa esigenze cronologiche, la possibilità, come sostenuto dal DEDI, di un prestito dal catalano, possibile poiché il ti po mocadòr, moccatore risulta attestato anche in sardo ( cfr. Wagner DES s.v.) e nel napoletano e altri dialetti meridionali. II tipo mucaturi è infatti forma certamente rifatta su un più antico mucaduri, con sostituzione del suffisso contenente -d- intervocalica con altro contenente un -t- secondario, ossia -d- "meridionalizzato meridionalizzato". (A questo proposito si avverte però che a Napoli, centro di diffusione del lessema, una forma con -d- intervocalico conservato non è mai esistita).
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Tekavčić, Pavao. « Antonio e Giovanni Pellizzer, Vocabolario del dialetto di Rovigno d'Istria I-II ; Centro di Ricerche Storiche Rovigno, Collana degli Atti n. 10 ; Unione Italiana-Fiume - Univer­ sita Popolare di Trieste ; Trieste - Rovigno 1992. » Linguistica 35, no 2 (1 décembre 1995) : 314–20. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.35.2.314-320.

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La lessicografia istroromanza (IR) vanta ormai una discreta tradizione: vocabo­ lari di G.A.Dalla Zonca (dignanese; 1978) e di D.Cemecca (vallese; 1986), materiale IR nell' AIS e nei vocabolari di E.Rosamani (1958 e 1975), alcuni studi ecc. A questi si ag­ giunge adesso ii Vocabolario qui recensito, uscito nella stessa collana come quelli <lei Dalla Zonca e del Cemecca. Esso, con le sue 1140 pagine, supera per mole quasi tre volte la somma dei due precedenti e, poiché contiene anche ii lessico degli altri dialetti IR, è in un certo modo la summa della lessicografia IR. Sono state purtroppo omesse le voci registrate dall'AIS (p. 9), sicché manca una notevole parte dei patrimonio lessicale IR.
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Scetti, Fabio. « Alla ricerca dell’Italianità. Il ruolo dell’italiano nella comunità italiana di Montreal ». Italian Canadiana 36, no 1 (3 octobre 2022) : 151–68. http://dx.doi.org/10.33137/ic.v36i1.39390.

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Résumé :
Questo contributo s’inserisce in una ricerca etnografica più ampia sulla “comunità italiana” di Montreal, in Canada. Il suo scopo principale è quello di illustrare la situazione della lingua italiana e delle altre lingue e dialetti parlati dai discendenti della migrazione italiana nella città. Inoltre, tale progetto è volto a sottolineare l’importanza della questione della diversità e varietà linguistica nel processo identitario del gruppo, alla ricerca di una sua italianità, e il ruolo chiave delle pratiche linguistiche e della loro evoluzione in un contesto multilingue come quello di Montreal, a contatto con due lingue dominanti: il francese e l’inglese. Le ricerche si sono svolte a Montreal, dal 2011 al 2021, e sono state raccolte 60 interviste di italiani o discendenti di emigrati italiani di diversa età, sesso, condizione socio-economica, professione e studi. L’analisi dei dati ci ha permesso di osservare alcune caratteristiche peculiari dell’italiano parlato a Montreal, ed è stato inoltre possibile studiare il ruolo chiave e il particolare statuto dell’italiano attraverso ideologie e rappresentazioni, come elemento dell’identità comunitaria e della costruzione della cosiddetta italianità.
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Romeo, Maria Vita. « Il concetto di malattia in Pascal / Pascal’s concept of disease ». Medicina e Morale 66, no 2 (5 mai 2017) : 195–207. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2017.487.

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Résumé :
La Preghiera per chiedere il buon uso delle malattie è certamente influenzata dall’esperienza che Pascal ebbe con la malattia, ma è semplicistico ridurre questo importante opuscolo a un mero riflesso della biografia di Pascal. Il tema centrale di quest’opera, che s’inserisce pienamente all’interno della tradizione medico-filosofica del XVII secolo, è la malattia come occasione non solo per parlare con Dio, ma anche per presentare agli uomini una via di conversione attraverso l’uso corretto del male fisico. Per Pascal, che guarda più alla malattia dell’anima che non a quella del corpo, il rimedio al male non può derivare né dalla natura né dalla medicina. In altri termini, la salus che può dare il medico è solo guarigione e salute del corpo; ma la salus che viene dalla grazia è guarigione dal peccato e salvezza dell’anima. Emerge qui il vero senso della Preghiera, ove Pascal, sulla scia della dialettica figura-verità, rivela il senso ultimo della malattia e ci descrive i mali del corpo come una figura dei mali dell’anima. Secondo questa forma di dialettica, la salute è una “malattia” che ci illude di stare nel benessere e ci rende insensibili alla nostra vera condizione di miseria. La malattia è presentata, dunque, come uno strumento di salvezza, un aiuto divino che accorre verso coloro i quali, senza questo soccorso, resterebbero con il cuore indurito “nell’uso edonistico e criminale del mondo”. Dio, pertanto, invia la malattia per esercitare la sua misericordia, come un giorno invierà la morte per esercitare la sua giustizia. La malattia diventa così una espiazione e al contempo una preparazione al giorno del giudizio. ---------- The Prayer to ask God about the proper use of sickness is certainly influenced by Pascal’s experience with sickness, but it would be too simplistic to limit this important pamphlet as a mere reflection of Pascal’s biography. The central theme of this work, which fully relates to the medical-philosophical tradition of the 17th century, is sickness as an opportunity, not just to talk to God, but also to show men a path of conversion though the proper use of physical pain. To Pascal, who is more interested in the ailment of the soul than the one of the body, the remedy cannot be provided by nature nor medicine. In other words, the salus provided by a doctor relates only to recovery and body health; but the salus provided by Grace is recovery from sin and salvation of the soul. The real meaning of Prayer is revealed. Pascal reveals the ultimate meaning of sickness and describes the ailments of the body and a metaphor of the ailments of the soul. According to this dialectic, health is a “disease” that misleads us to think to be well and makes us insensitive to our real condition of misery. Illness is, therefore, an instrument of salvation, a divine help supporting those who, without such support, would have a hard heart and remain “in the hedonistic and criminal use of the world”. God, therefore, sends sickness to exercise his mercy same as one day he will send death to exercise his justice. Sickness, thus, becomes atonement and, at the same time, preparation to judgement day.
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Tinti, Maria Rosa, et Graziano Valent. « L'arte della formazione in psichiatria ». RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no 1 (avril 2022) : 47–75. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2022-001003.

Texte intégral
Résumé :
Parlare di formazione in ambito psichiatrico significa affrontare un insieme di questioni che riguardano l'identità della psichiatria come espressione di un sapere e di una pratica che si riferiscono all'uomo, precisamente all'uomo che soffre. In altre parole, una riflessione sui contenuti e i principi metodologici che si ritengono idonei a formare gli operatori chiama in causa la domanda su quale sia la prima vocazione della psichiatria, quali siano, o debbano essere, i suoi presupposti e i suoi scopi. C'è da chiedersi anzitutto se l'oggetto di studio e di intervento di questa disciplina sia tale da giustificare la sua collocazione nel campo della medicina; se il compito della psichiatria si esaurisca nell'esercizio della competenza clinica o se non debba contemplare una responsabilità di carattere etico e politico, nel senso di una tensione a includere nel proprio campo d'azione e di ricerca il rapporto tra follia e normalità, tra le forme di cura della sofferenza mentale e i linguaggi di una cultura della salute mentale. Senza alcuna intenzione di fissare dei limiti a un discorso che necessita di rimanere aperto e fluente, si vuole riflettere sulle potenzialità della formazione intesa come esperienza di trasformazione che coinvolge il singolo operatore e l'intero gruppo curante. Partendo dalla domanda sul destino della psichiatria al cospetto delle sfide congenite alla relazione con la follia, la riflessione interroga il valore di un dialogo con la filosofia per uscire dal recinto angusto della clinica e restituire alla psichiatria il senso originario di un punto di vista privilegiato sull'essere umano. In ultimo, viene data testimonianza di un'esperienza di ricerca e formazione connaturata alla pratica terapeutica, quella che negli anni Novanta ha preso corpo dall'incontro tra la psichiatria di matrice basagliana del Centro di salute mentale di Orzinuovi e l'originale filosofia dialettica di Italo Valent.
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Visceglia, Maria Antonietta. « Claudio Donati storico della nobiltÀ ». SOCIETÀ E STORIA, no 129 (décembre 2010) : 563–83. http://dx.doi.org/10.3280/ss2010-129007.

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Questo contributo si propone di tracciare un profilo di Claudio Donati storico della nobiltÀ, gettando luce sulla coerenza del suo percorso di ricerca, esaminando le motivazioni, le letture e gli obiettivi che lo hanno portato ad indagare questo ambito di ricerca. Lo studio delle relazioni tra il potente vescovo-principe di Trento, legato alla corte degli Asburgo, ma eletto dal Capitolo (a sua volta composto da canonici tedeschi e di nazione "italiana"), le élites urbane e la nobiltÀ feudale fu un'occasione per mettere a fuoco, nel contesto di quella particolare area di confine che fu il Trentino d'antico regime, le relazioni esistenti tra "ecclesiastici e laici" e generň in lui un perdurante interesse per lo studio delle stratificazioni del mondo nobiliare nell'etÀ moderna. All'inizio degli anni settanta Donati intraprese un esteso lavoro di ricerca sui trattati nobiliari, dalle loro origini medievali fino al XVIII secolo, senza trascurare i protagonisti minori di quel dibattito e adottando un approccio rigorosamente comparativo con gli studi di Brunner, Stone, Huppert, Stuart Woolf, Zenobi, Brizzi, Fasano Guarini... Ne č risultato un ricco affresco delle ideologie nobiliari, capace di comprendere la dialettica tra differenti modi di intendere la nobiltÀ - centrata sulla relazione tra virtů o decadenza - ma anche l'evoluzione dei valori nobiliari che durante l'etÀ dei lumi dovettero venire a patti con altri quali ricchezza, spirito di servizio, appartenenza nazionale. L'idea di nobiltÀ, pubblicato da Laterza nel 1988, č rimasto una contributo seminale nella storiografia italiana, ma Donati non č rimasto ancorato a quell'approccio: in molti dei suoi successivi studi, tramite nuove incursioni archivistiche, Donati non a mai smesso di problematizzare il composito mondo della nobiltÀ italiana, ricostruendo il profilo degli attori sociali senza rinunciare a ricondurli alle varie situazioni istituzionali e alle concrete strutture statuali, militari ed ecclesiastiche d'antico regime in cui si trovarono ad agire.
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Toso, Fiorenzo. « Parole ritrovate ». Linguistica 49, no 1 (29 décembre 2009) : 235–45. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.49.1.235-245.

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L'articolo propone una serie di voci raccolte nel dialetto di Arenzano, un centro della Riviera ligure a pochi chilometri da Genova: tali parole corrispondono a forme presenti nella letteratura antico-genovese (secc. XIII-XV) che non sono più documentate nei repertori e nei testi successivi, e in particolare nei vocabolari sui quali è venuto fissandosi, negli ultimi duecento anni, il canone del genovese scritto. Tutte queste voci presentano comunque interessanti evoluzioni semantiche, il cui interesse va al di là della facile individuazione dell'etimo originario: alcune inoltre sono ancora presenti in aree laterali estreme della Liguria, mentre altre risultano attestate, allo stato attuale, nel solo dialetto di Arenzano. Questi elementi propongono alcuni spunti di riflessione in merito al rapporto che intercorre tra aree particolarmente conservative e aree innovative, e confermano al tempo stesso la possibilità di reperire, anche in dialetti apparentemente ben noti e documentati, motivi di interesse e contributi allo sviluppo dell'analisi in prospettiva sincronica e diacronica, di fenomeni di più vasta portata. Esemplare in tal senso è il caso della voce siömma, un continuatore del grecismo CELEU(S)MA col quale si riapre in certo qual modo il problema della storia e dell'irradiazione di una serie di continuatori, tra i quali la ben nota voce italiana ciurma 'equipaggio di mare'.
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Mori, Simona, Laura Di Fiore, Chiara Lucrezio Monticelli et Marco Meriggi. « Un confronto sui sistemi di polizia politica nell'Italia preunitaria. » SOCIETÀ E STORIA, no 176 (août 2022) : 301–71. http://dx.doi.org/10.3280/ss2022-0176005.

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Il forum propone una riflessione a più mani sul tema della polizia politica nell'Italia post-napoleonica, che la maturità degli studi su quel comparto strategico dei governi legittimisti sembra ormai consentire. Questa prima messa a punto di taglio comparato vuole cogliere le molte risonanze esistenti fra i dispositivi di controllo politico che, muovendo dalla paradigmatica esperienza rivoluzionaria e napoleonica, gli stati della penisola misero in campo per contrastare le pulsioni eversive dilaganti nell'intero continente con strategie coordinate. L'esame dei casi evidenzia al contempo i profili comuni e le curvature che ciascun governo impresse alle politiche securitarie, tematizzandole in vario modo nel discorso pubblico. Si conferma così, accanto al portato repressivo di questa azione, la duttilità della funzione poliziesca e il ruolo ambivalente che essa giocò nei processi di politicizzazione delle società agli albori della contemporaneità. Per il Regno delle Due Sicilie il contributo di Laura Di Fiore guarda con particolare attenzione alla fase post-quarantottesca, rilevando per un verso l'intensa cooperazione instaurata dal governo borbonico con gli stati confinanti per il contrasto all'attività cospirativa degli esuli, per l'altro la strategia di degradazione del nemico, ovvero della militanza anti-sistema, adottata sul piano retorico. Chiara Lucrezio Monticelli mette a fuoco la peculiare interazione realizzata dallo Stato della Chiesa fra gli ordinamenti di polizia sperimentati nell'incisiva stagione francese e le più tradizionali strutture del controllo ecclesiastico, effetto di un'intensa dialettica interna fra conservazione e riforma. Il Regno Lombardo-Veneto esaminato da Simona Mori mette la polizia politica al servizio del suo progetto imperiale di temperata conservazione, sostanzialmente fallendo nell'intento di egemonizzare i servizi di sicurezza operanti nella penisola, mentre sul versante interno alterna fasi di tolleranza ad altre di rigore, senza riuscire ad arginare l'allargarsi del dissenso. Marco Meriggi conclude con un quadro d'insieme che attinge alla memorialistica, alla letteratura e alle fonti normative, per restituire una rappresentazione multiprospettica della polizia politica che, ridimensionata rispetto al titanismo evocato dalla narrazione risorgimentale, viene a configurarsi come strumento di un complessivo disegno di governo verticale della società, che accomuna i maggiori contesti politici dell'Italia restaurata.
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Jardilino Maciel, Antonio Frank. « Uno sguardo sulla questione della temporalità ». Perspectivas 4, no 2 (23 mars 2020) : 23–51. http://dx.doi.org/10.20873/rpv4n2-58.

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Nel contesto scientifico la plasticità e l’epigenesi sono divenuti due dei concetti più pregnanti del nostro tempo. Il primo, dislocato dal suo ambito originario, cioè l’estetica, continua a rivelare il suo potenziale filosofico, scientifico ed epistemologico. Nel pensiero di Catherine Malabou, la plasticità ha subito una vera e propria metamorfosi concettuale – dalla plasticità della temporalità alla plasticità cerebrale –, riferendosi alla capacità di ricevere e dare una forma. Allo stesso tempo, la “bomba al plastico” è una sostanza che provoca violentissime deflagrazioni. Nel primo caso, la plasticità ha una valenza positiva, venendo concepita come una sorta di lavoro “scultoreo” in senso biologico. La plasticità struttura l’identità, costituisce la sua storia, la temporalità e l’avvenire di una soggettività vivente. Nel secondo, la plasticità è una pura negazione. Nessuno pensa alla “plasticità cerebrale” come il lavoro radicale del negativo all’opera nelle lesioni cerebrali, nella deformazione o nella rottura delle connessioni neuronali, nelle sofferenze psichiche, nelle strutturazioni che avvengono nel vivente, nei traumi vari, nelle catastrofi naturali e politiche, nelle malattie neurodegenerative. Nella sua evoluzione teorica la plasticità verrà articolata in stretta relazione con lo sviluppo neuronale. La neuroplasticità, come concetto scientifico, ci consente di stabilire un ancoraggio biologico alla questione della formazione e decostruzione della soggettività e della temporalità. In questo senso, la plasticità non è il semplice riflesso del mondo, ma è frutto di un’istanza biologica conflittuale che rivela la forma di un altro mondo possibile. Da un lato, l’elaborazione di un pensiero dialettico in ambito neuronale, inteso come sviluppo neuroplastico, ci permette di uscire dalla stretta alternativa tra riduzionismo e antiriduzionismo, la quale è sempre rappresento il limite teorico della filosofia occidentale degli ultimi anni. Dall'altro, è possibile assumere il carattere trascendentale del pensiero totalmente connessa alla sua materialità. La nozione di epigenesi, in questo caso, si afferma come una “nuova forma di trascendentale”. Come figura biologica l’epigenesi si pone come condizione di possibilità della conoscenza e della razionalità rivelando, pertanto, la sua caratteristica a priori. Per mezzo delle nozioni di plasticità ed epigenesi il tempo può essere indagato in stretta connessione con la vita, con lo sviluppo organico del vivente, oltre che a permetterci una nuova visione della soggettività.
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Scala, Andrea. « La romaní in Italia tra rappresentazione e legittimazione ». Minorities in Italy in a changing legal landscape 44, no 3 (31 décembre 2020) : 346–70. http://dx.doi.org/10.1075/lplp.00070.sca.

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Astratta L’articolo esamina le dinamiche connesse con la (auto-)rappresentazione e la legittimazione della romaní in Italia. Comunità di lingua romaní sono presenti in Italia fin dalla prima età moderna e tutti i parlanti di romaní di antico insediamento nella penisola sono cittadini italiani, tuttavia la legge 482/1999 della Repubblica Italiana "Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche" non include la romaní tra le lingue di minoranza da tutelare. L’esclusione della romaní dalla legge trova la sua radice prima in un’errata rappresentazione dei suoi locutori, generalmente percepiti come nomadi, mentre non lo sono più da tempo. La legge 482/1999 di fatto tutela le minoranze linguistiche legate a un territorio e la falsa, ma diffusa, percezione dei parlanti romaní come nomadi ha offerto un comodo pretesto a chi voleva escludere dalla tutela la lingua dei rom e dei sinti italiani. Il panorama linguistico della romaní in Italia risulta assai complesso e l’articolo si sforza di descriverlo e spiegarlo in diversi aspetti. I gruppi rom e sinti stanziati in Italia parlano dialetti piuttosto diversi, hanno repertori linguistici differenti, non percepiscono di essere accomunati da un’unica origine etnico-linguistica e non hanno gli stessi atteggiamenti nei confronti dell’uso pubblico della romaní. Questi fattori, insieme alla rappresentazione distorta delle comunità rom e sinte presso la cultura maggioritaria, rendono assai complessa la progettazione di un percorso di tutela. Tuttavia il riconoscimento della romaní come lingua di minoranza in Italia rimane un obbiettivo di alto valore civile, che si potrà forse perseguire con leggi regionali mirate.
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Canazza, Alessandro. « SISTEMI DI COLTIVAZIONE DEI CAMPI E TIPI DI COLTURE NEL TERRITORIO VERONESE : RIFLESSIONI SUGLI SPOGLI AIS ». Italiano LinguaDue 14, no 2 (17 janvier 2023) : 675–84. http://dx.doi.org/10.54103/2037-3597/19634.

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A circa cent’anni dall’avvio dell’indagine linguistica ed etnografica di Paul Scheuermeier e degli altri raccoglitori, l’Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale (Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz) costituisce una pietra miliare per lo studio delle varietà italo-romanze, all’incrocio tra dialettologia, geografia linguistica ed etnografia, tra “parole” e “cose” (Wörter und Sachen). Questo contributo, pur se alieno da pretese di completezza, propone una lettura ragionata di alcune carte linguistiche relative ai sistemi di coltivazione dei campi e ai tipi di colture, prendendo come riferimento geografico il territorio della provincia veronese e i punti di rilevazione selezionati dai compilatori dell’AIS, i quali sono collocati in località della provincia stessa che appaiono significative dal punto di vista linguistico. Il confronto tra gli esiti lessicali del dialetto veronese e quelli delle varietà venete orientali e dei dialetti gallo-italici permette di formulare alcune ipotesi circa la distribuzione spaziale dei fatti linguistici e il meccanismo delle innovazioni onomasiologiche in quella specifica porzione del dominio italo-romanzo, operazione che non va discosta - nel pieno rispetto dello spirito metodologico dell’Atlante italo-svizzero - da riflessioni e approfondimenti di carattere etnografico circa l’humus culturale e socio-economico che a quei fenomeni soggiace. Tiling the Land and Types of Crops in the Province of Verona: a Reading of the Italian-Swiss Atlas Almost a century after the beginning of the linguistic and ethnographic investigation by Paul Scheuermeier and the other collectors, the Linguistic and Ethnographic Atlas of Italy and Southern Switzerland (Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz) still sets a milestone in the study of the Romance linguistic varieties in the Italian peninsula, at the crossroads between dialectology, linguistic geography and ethnography and between “words” and “things” (Wörter und Sachen). This paper, without any claim for completeness, provides a critical reading of some linguistic maps concerning tiling the land and types of crops, taking as a geographical reference the territory of the province of Verona and the measuring/recording points selected by the compilers of the Italian-Swiss Atlas, which are significant from a linguistic point of view. The comparison between the lexical outcomes of the Veronese dialect and those of the other Venetian and Gallo-Italic dialects points out some evidence about the spatial distribution of linguistic facts and the mechanism of onomasiological innovations in a specific portion of the Romance linguistic domain. This operation, in full respect of the methodological pattern of the Italian-Swiss Atlas, comes along with ethnographic issues regarding the cultural and socio-economic background of linguistic phenomena.
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Orioles, Vincenzo. « I contatti interlinguistici nel modello teorico di Eugenio Coseriu ». ENERGEIA. ONLINE JOURNAL FOR LINGUISTICS, LANGUAGE PHILOSOPHY AND HISTORY OF LINGUISTICS, 15 octobre 2022, 161–75. http://dx.doi.org/10.55245/energeia.2022.006.

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La riflessione di Coseriu sul contatto interlinguistico si inserisce in modo coerente nell’edificio teorico complessivo dello studioso romeno richiamandone e confermandone i capisaldi e le principali antinomie. Così ad esempio gli influssi esogeni entrano in gioco sullo sfondo della sua concezione del cambio linguistico e in particolare della dialettica tra “innovazione” e “adozione”.Un altro criterio fatto valere dallo studioso si collega con la nota distinzione tra ‘sistema’ e ’norma”: non tutte le innovazioni che agiscono sulla ‘norma’ producono effetti sugli equilibri del ‘sistema’. Il contributo prende poi in esame singoli aspetti del contatto tra lingue, tra cui le peculiari manifestazioni dell’interferenza nel parlante adulto e colto e il peso da assegnare agli influssi di sostrato. Pur non ignorando il contributo di Weinreich alla tematizzazione del contatto, la posizione teorica di Coseriu si caratterizza per il fatto di elaborare un modello esplicativo che incorpora l’innovazione esogena “in den Rahmen einer Theorie des Sprechens”, collocata sullo stesso piano delle creazioni interne ad una lingua.
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Battilani, Patrizia, et Davide Bagnaresi. « L’esperienza dello shopping nelle località turistiche fra pianificazione urbana e innovazione tecnologica e organizzativa ». Storia e Futuro Giugno 2022, no 55 (20 septembre 2022). http://dx.doi.org/10.30682/sef5522f.

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Questo saggio esplora il rapporto fra turismo e shopping portando l’attenzione su Riccione, una delle capitali del turismo balneare italiano. Come ricorda Dallen Timothy, la pratica del consumo non si incentra solo sui prodotti ma anche sui luoghi, contribuendo a dare forma alla città (Timothy 2005, p. 11). Nelle destinazioni turistiche, poi, gli spazi per gli acquisti si intrecciano con quelli delle altre attività ricreative, creando dinamiche spesso originali. Nel caso di Riccione la dialettica fra turismo balneare e shopping, fra spiaggia e centro commerciale trova la sua sintesi in viale Ceccarini, il lungo viale che portava dal vecchio borgo al mare e che diventa nel Novecento il fulcro dello shopping e della vita sociale. Parafrasando A. Corbin (1990) possiamo dire che la conquête du rivage a Riccione passò attraverso l’invenzione fisica e simbolica di questo viale e dello stile di vita che esso incarnava, specchio dell’abbondanza e della felicità della società dei consumi. This essay explores the relationship between tourism and shopping focusing on Riccione, one of the most popular destinations of Italian seaside tourism. As Dallen Timothy points out, consumption is not only about products: it is also about consuming places, and it thus contributes to shaping the city (Timothy 2005, p. 11). In tourist destinations, spaces for retail are intertwined with those for other recreational activities, often creating unique dynamics. In Riccione, the dialectic between seaside tourism and shopping and between the beach and the shopping streets in the city centre is especially epitomized by Viale Ceccarini, the long avenue that once connected the old village with the sea. In the 20th century, the street became the heart of shopping and social life. Paraphrasing A. Corbin (1990), we can say that the conquête du rivage in Riccione stems from the physical and symbolic invention of this avenue and the lifestyle it embodied, mirroring the abundance and happiness of the consumer society.
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Baltazar Nascimento Júnior, Fábio. « Lógica, formação escolar e filosofia entre os jesuítas ». EDUCAÇÃO E FILOSOFIA 35, no 74 (11 janvier 2022). http://dx.doi.org/10.14393/revedfil.v35n74a2021-63277.

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Lógica, formação escolar e filosofia entre os jesuítas Resumo: O interesse mais direto deste artigo é a relação entre a Lógica e a formação filosófica na educação jesuíta. Para compor uma imagem da importância e da concreção da Lógica na formação proposta pelos inacianos, nós nos concentraremos na Ratio Studiorum e na obra do jesuíta português Pedro da Fonseca (1526-1599). A razão do recorte proposto é que as reflexões de Fonseca sobre o tema parecem, por um lado, orientar outros jesuítas, como é o caso de Sebastião do Couto, que é o autor da dialética do Curso Conimbricense; por outro, elas são mais completas, sobretudo pela atenção dada por Fonseca ao método e às disputationes. De posse do conceito de Lógica de Fonseca, concluímos com a indicação de caminhos contemporâneos de revisitação de lógicas do passado. Palavras-chave: lógica; método; educação; jesuítas. Logic, school education and philosophy among the Jesuits Abstract: The most direct interest of this article is the relationship between Logic and philosophical formation in Jesuit education. In order to produce an image of the importance and concretion of Logic in the formation proposed by the Ignatians, we will focus on the Ratio Studiorum and on the work of the Portuguese Jesuit Pedro da Fonseca (1526-1599). The reason for the proposed approach is that Fonseca's reflections on the subject seem, on the one hand, to guide other Jesuits, such as Sebastião do Couto, who is the author of the dialectic of Curso Conimbricense; on the other hand, Fonseca’s conception of logic is more complete regarding the other Jesuits, especially due to the attention given by our author to the method and the disputationes. In possession of Fonseca's Logic concept, we conclude with an indication of contemporary paths for revisiting the logics of the past. Key-words: logic; method; education; Jesuits. Logica, educazione scolastica e filosofia tra i gesuiti Abstract: L’interesse più diretto di questo articolo è il rapporto tra Logica e la formazione filosofica nell’educazione dei gesuiti. Per produrre un’immagine dell’importanza e della concretezza della Logica nella formazione proposta dagli inaziani, ci concentreremo nella Ratio Studiorum e nell’opera del gesuita portoghese Pedro da Fonseca (1526-1599). Il motivo di questa scelta è che le riflessioni di Fonseca sull’argomento sembrano, da un lato, guidare gli altri gesuiti, come Sebastião do Couto, cioè, l’autore della dialettica del Curso Conimbricense; da l’altro, la concezione di logica di Fonseca è più completa riguardo ad’altri gesuiti, soprattutto per l’attenzione data dall’autore al metodo e alle disputationes. Possedendo il concetto di logica di Fonseca, concludiamo con l’indicazione di modi contemporanei di rivisitare le logiche del passato. Parole chiave: logica ; metodo ; educazione ; gesuiti. Data de registro: 16/09/2021 Data de aceite: 01/12/2021
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Natali, Luca, Paolo Karapedian et Sofia Elena Merli. « Rievocando Guido Davide Neri ». Materiali di Estetica. Terza serie, no 8.2 (10 janvier 2022). http://dx.doi.org/10.54103/mde.i8.2.17008.

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La morte di Guido Davide Neri, di cui quest’anno ricorre il ventennale, ha determinato la presa di coscienza – nei suoi maestri, amici, colleghi e allievi – dell’irreparabilità dell’evento, della definitività del venir meno di una voce così teoreticamente stimolante ed eclettica. Perdita tragicamente vissuta nella cerchia della sua frequentazione, ma, parallelamente, inserita nell’ampio contesto del dibattito culturale nazionale e internazionale, in cui Neri era organicamente inserito. Pare a noi, che non lo abbiamo conosciuto e gli siamo temporalmente più distanti rispetto a quanti ne hanno sinora scritto, quasi inusuale che, a un filosofo mancato da così poco tempo, sia stata consacrata una già così importante quantità di ricerche e studi. Al di là della retorica che spesso accompagna, in ambiente accademico, il ritiro dall’attività didattica o la scomparsa di un docente, e abituati alla necessità della sedimentazione storica per la messa a punto del bilancio storiografico, ci ha stupito l’intensità con cui Neri è stato ricordato e la varietà degli interventi sulla sua figura, l’insegnamento e la produzione scientifica. Se da un lato questo acuisce, in noi, il rimpianto di non averlo incrociato nel mondo, dall’altro stimola la volontà di tornare a lui, al suo pensiero, alle sue opere. Un ritorno che, non mediato dall’influenza personale, potrà certo apparire privo di taluni elementi importanti, come la testimonianza diretta o la compartecipazione a certe esperienze determinanti, ma, insieme, si potrà giovare del giusto distacco critico, trovando ora nel prezioso Fondo Guido Davide Neri, conservato presso l’Università degli Studi di Milano, la fonte privilegiata dell’accesso alla sua opera teorica. Questo, si potrebbe dire, è il fil rouge che accomuna i nostri brevi contributi, diversi per tematiche e occasione di elaborazione, ma tutti contraddistinti dall’interesse e dalla volontà di avvicinare un po’ meglio la figura di Neri: le carte dell’archivio personale per noi hanno rappresentato e rappresentano la possibilità di accedere al suo laboratorio, di scoprire da esse l’uomo e il filosofo e di dare concretezza documentaria alla dialettica tra pensiero, letture ed esperienze. Certo il lavoro da svolgere è ancora molto e solo lo scandaglio approfondito del materiale permetterà di penetrare a fondo l’officina neriana. Quello che noi qui, più limitatamente, offriamo, è soltanto un piccolo esempio di quanto di rilevante e ancora da vedere è racchiuso nei faldoni e aspetta di essere portato alla luce. Il nostro, in altre parole, vorrebbe essere un invito a ripensare Neri attraverso le carte, convinti della loro imprescindibilità ai fini della ricostruzione storico-critica del suo percorso filosofico e coscienti del loro straordinario valore intrinseco (per certi versi anche estetico). Gli interventi che presentiamo – ne siamo convinti – sono poi una ulteriore testimonianza della capacità di Neri e del suo pensiero di porsi in dialogo, anche a distanza, con una sempre nuova varietà di interlocutori.
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Braga, Paolo. « La dimensione argomentativa del racconto cinematografico in materia bioetica : il caso di Lo scafandro e la farfalla ». Medicina e Morale 65, no 5 (23 novembre 2016). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2016.456.

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L’articolo si propone un’analisi della retorica narrativa del film Lo scafandro e la farfalla (2007, diretto da Julian Schnabel, scritto da Ronald Harwood). Il contributo inizia sottolineando il rinnovato interesse per la retorica narrativa tanto negli studi sul cinema e la televisione, quanto nelle analisi che, in prospettiva bioetica, considerano la correttezza di come i problemi di inizio e fine vita sono raccontati nei film e nelle serie televisive. Il contributo procede illustrando il proprio approccio, quello della teoria della sceneggiatura. Lo schema classico di costruzione di una trama è messo a fuoco nella sua valenza argomentativa. Gli snodi che lo costituiscono, infatti, possono essere considerati come altrettanti passaggi di un confronto dialettico dove una tesi è approfondita nel confronto con una tesi opposta. Nel caso del film in questione, la tesi è: “la relazione con gli altri, la condivisione, rende la vita degna anche nella sofferenza”, la controtesi è: “una malattia paralizzante impedisce una vita degna”. L’articolo continua approfondendo la nozione di “retorica progressiva”, sottolineandone i tratti essenziali: impostazione costruttiva; riconsiderazione del concetto di limite; dovuto approfondimento della tesi contraria; tono non predicatorio; rispetto del dato. Nelle conclusioni, si argomenta come il film in esame inveri tutti questi aspetti. In particolare, si argomenta che anticipata alla prima parte del film la scelta bioetica dirimente, la storia può poi svilupparsi in una direzione costruttiva e creativa, non polemica.The article is aimed at analyzing the narrative rhetoric of the film The Diving Bell and the Butterfly (2007, directed by Julian Schnabel, written by Ronald Harwood). I begin by stressing the renewed interest for narrative rhetoric. This theoretical perspective has gained new strenght both in the field of film studies and in bioethics, where the representation of beginning and of end of life issues in films and television series is examined in order to evaluate its correctness. I continue by explaining the method of the analysis, which uses the tools of screenwriting theory. I highlight, thus, the argumentative nature of the classic narrative structure of a screenplay. The main passages in a plot, in fact, constitue the steps of a dialectal confrontation between a thematic thesis and a couterthematic antithesis. The theme of The Diving Bell and The Butterfly is expressed by the following statement: “The pain due to a total paralyses annihilates the dignity of human life”. The countertheme is expressed by an opposite statement: “The value of relationships makes life worthy even in the condition of an incurable illness”. The last part of the article is focused on the notion of “progressive rhetoric”. I identify the main traits of this category: the construcrive approach; the reframing of the idea of “limit”, which in this perspective is assumed as “opportunity” and not as “obstacle”; the respect for the opposite opinion; the ability of not being “preachy”; truthfulness. I conclude by arguing that the film in exam is a case of progressive rhetoric. In particular, I argue that, by anticipating the bioetically crucial decision of the character in the first part of the movie, the story can then unfold with a constructive and creative approach to the end of life issue.
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