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Pispero, Alberto, Sem Decani, Federico Scotti, Laura Moneghini, Elena Vegni, Daniela Sorrentino, Alberto Saibene et Andrea Sardella. « Presentazione clinica e diagnosi ». Dental Cadmos 89, no 02 (février 2021) : 1. http://dx.doi.org/10.19256/d.cadmos.02.2021.13.

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Tiratterra, Fabrizio, Valeria Pignatelli, Alberto Placido, Agostino Valenti et Umberto Recine. « Utilità dell’autopsia in Medicina Interna : discrepanze tra diagnosi clinica e diagnosi autoptica ». Italian Journal of Medicine 6, no 4 (décembre 2012) : 307–10. http://dx.doi.org/10.1016/j.itjm.2011.10.006.

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3

Lingiardi, Vittorio, et Annalisa Tanzilli. « La diagnosi psicodinamica in un'ottica contemporanea ». RICERCA PSICOANALITICA, no 3 (octobre 2011) : 9–31. http://dx.doi.org/10.3280/rpr2011-003002.

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Résumé :
I più diffusi manuali di classificazione diagnostica come l' (ICD; vedi World Health Organization, OMS, 1992) e il (DSM; vedi American Psychiatric Association, APA, 2000), nelle loro varie edizioni, si fondano su un approccio alla psicopatologia descrittivo, ateorico e sostanzialmente . Questa impostazione ha suscitato nei clinici di formazione dinamica reazioni diverse: disinteresse, insoddisfazione, diffidenza, ostilità. La recente comparsa di procedure di valutazione e manuali diagnostici di ispirazione psicodinamica, ma ben ancorati alla ricerca empirica, quali la (SWAP-200; Westen, Shedler, 1999a,b; Westen, Shedler, Lingiardi, 2003) e il (PDM; PDM Task Force, 2006) ha promosso una "rivoluzione culturale" nella comunità dei professionisti della salute mentale, valorizzando un approccio alla diagnosi più vicino alla pratica clinica e più compatibile con interventi di tipo psicoterapeutico. Dove la diagnosi non è solo un'etichetta, ma anche un processo valutativo capace di ricondurre il sintomo al contesto di personalità e a un trattamento a misura di paziente.
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4

Brizzolara, Paola. « Qualche considerazione su processo diagnostico e lavoro analitico, alla luce dell'attuale interesse per la valutazione dimensionale ». RICERCA PSICOANALITICA, no 3 (octobre 2011) : 33–41. http://dx.doi.org/10.3280/rpr2011-003003.

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Résumé :
Gli strumenti diretti a formulare la diagnosi secondo una logica dimensionale, come il PDM, indirizzano il ragionamento diagnostico non solo ad accogliere la soggettività del paziente, ma avvalendosi di un impianto epistemologico nutrito dalle logiche della Complessità e dal costruttivismo, promuovono il riconoscimento della diade pazienteterapeuta quale vertice osservativo del campo diagnostico. In tal senso, il lavoro della diagnosi presenta un'opportunità sia per estendere e rendere più raffinata la concettualizzazione del ruolo dell'analista, sia per riflettere su come i dati che emergono dalla valutazione possono essere impiegati nella pratica clinica. In particolare, attraverso la presentazione di una situazione clinica, è evidenziata l'importanza di una valutazione clinica aperta alla riformulazione lungo il lavoro terapeutico, per cogliere le nuove possibilità emergenti dal campo analitico nel momento presente, capace di comprendere e utilizzare le manovre implicite che il paziente mette in atto nella relazione terapeutica, alla ricerca dell'espansione della propria soggettività.
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Gernone, Giuseppe, Francesco Papagno, Vito Pepe et Francesco Soleti. « Insufficienza renale acuta del postpartum : una diagnosi complessa ? » Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no 1 (3 novembre 2013) : 26–31. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.998.

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La diagnosi differenziale nei casi d'insufficienza renale acuta del postpartum associata ad anemia emolitica microangiopatica e trombocitopenia, include, tra le altre: pre-clampsia grave/eclampsia, grave eclampsia, la sindrome HELLP (Hemolysis, Elevated Liver enzyme, Low Platelet), la acute fatty liver of pregnancy (AFLP), la porpora trombotica trombocitopenica/sindrome emolitico-uremica associata alla gravidanza (TTP/aHUS), esordio acuto o flare di LES in gravidanza e la sindrome catastrofica da anticorpi antifosfolipidi (CAPS). Si tratta di condizioni potenzialmente pericolose per la vita data la presenza di disfunzione multiorgano. Il verificarsi di uno stato di ipercoagulabilità e la concentrazione decrescente di ADAMTS 13 in gravidanza e nel post-parto aumentano il rischio di sviluppare porpora trombotica trombocitopenica (TTP). Vi è però una notevole sovrapposizione riguardo la clinica ed i test di laboratorio tra queste condizioni, e quindi la diagnosi può essere un problema anche per clinici esperti. Tuttavia è importante stabilire un'accurata diagnosi poiché la gestione e le complicanze di tali sindromi possono essere differenti. Il caso presentato sottolinea la complessità connessa alla diagnosi differenziale dei quadri clinici che includono anemia emolitica microangiopatica e trombocitopenia connessi alla gravidanza ed il ruolo del plasma exchange nella loro gestione.
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Pereira, Roberto. « Verso una diagnosi relazionale della schizofrenia ». RIVISTA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE, no 51 (août 2020) : 20–39. http://dx.doi.org/10.3280/pr2020-051003.

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Il rapporto tra la psicopatologia, o meglio, tra la diagnosi psicopatologica, o la psicologia clinica, e la terapia familiare (TF) è comples-so, e si è modificato nel corso del tempo, in base ai cambiamenti che si sono verificati nella TF a partire dalla sua nascita. Questo articolo descrive le due anime che la TF ha sempre manifestato, una contraria e una a favore dell'uso delle diagnosi, rappresentate da Gregory Ba-teson e da Don Jackson, i quali, pur condividendo lo studio della comunicazione tra i pazienti schizofrenici e le loro famiglie, avevano un approccio molto differente ai problemi relazionali e/o psicologici o psichiatrici. La nostra posizione è decisamente favorevole all'uso delle diagnosi, proponendo però un nuovo linguaggio diagnostico relazionale che possa sostituire l'altrimenti inevitabile linguaggio psicopatologico tradizionale. Si propone, in conclusione, una diagnosi dimensionale e relazionale della schizofrenia, basata sulle caratteristiche relazionali descritte in queste famiglie, che permette di definire meglio le aree d'intervento e di analizzare l'evoluzione dell'intervento terapeutico.
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Digilio, M. Cristina. « Sindromi genetiche sottese alla disabilitŕ cognitiva grave ». CHILD DEVELOPMENT & ; DISABILITIES - SAGGI, no 3 (avril 2012) : 73–78. http://dx.doi.org/10.3280/cdd2010-003012.

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L'eziologia della disabilitŕ cognitiva grave č molto complessa, tanto che la causa di questa condizione clinica rimane ancora oggi non identificabile nel 40% circa dei casi. L'inquadramento diagnostico č perň un'esigenza concreta delle famiglie, per tentare di avere piů informazioni possibili sulla prognosi della patologia, sulle possibilitŕ e metodi terapeutici piů appropriati, sui rischi di ricorrenza familiare. I metodi utilizzati per l'inquadramento diagnostico sono di tipo clinico, strumentale e laboratoristico citogenetico-molecolare. Dal punto di vista clinico l'approccio prevede la ricostruzione dell'anamnesi familiare, la raccolta di dati sul decorso della gravidanza, sul periodo neonatale e sulla storia clinica dalla nascita al momento dell'osservazione. Si stima che il 4-35% (in media 15%) dei casi di disabilitŕ cognitiva sia riconducibile ad eziologia cromosomica. Le tecniche di citogenetica molecolare sono progressivamente migliorate negli ultimi anni, con la possibilitŕ di aumentare la sensibilitŕ di diagnosi per le sindromi da microanomalia cromosomica (con la tecnica CH-Array). La sindrome dell'X fragile costituisce una delle piů frequenti cause di disabilitŕ cognitiva nei soggetti di sesso maschile, specialmente nei casi a ricorrenza familiare della patologia. Il numero delle sindromi monogeniche associate a disabilitŕ cognitiva č altissimo, e si tratta sempre di patologie singolarmente rare. In questo ambito č importante saper identificare caratteristiche cliniche che possano orientare verso una patologia specifica, allo scopo di poter ipotizzare una diagnosi clinica ed eventualmente mirare i test genetici nei casi di sindromi ad eziologia attualmente nota. Sono utili, in questo ambito, il riscontro di dismorfie particolari orientative per una sindrome specifica, la caratterizzazione anatomica delle malformazioni associate o l'eventuale presenza di epilessia, la definizione di un fenotipo comportamentale e cognitivo specifico. Č importante anche la rivalutazione clinica nel tempo, per cogliere segni di significato diagnostico che possono comparire in etŕ diverse della vita di un bambino.
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Robert, Elisabetta, Graziella Sinaccio et A. G. Spagnolo. « Bioetica e nursing : Il ruolo dell'infermiere nella sperimentazione clinica ». Medicina e Morale 42, no 3 (30 juin 1993) : 575–84. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1993.1057.

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Résumé :
Gli Autori considerano i problemi etici che l'infermiere può incontrare durante l'attivazione e lo svolgimento delle sperimentazioni cliniche. Alla luce dei principi di Bioetica vengono affrontati l'informazione, il consenso, la comunicazione della diagnosi, il rapporto medico/infermiere/paziente, il coinvolgimento delle famiglie, la qualità della vita, il Comitato Etico, che costituiscono importanti temi di riflessione critica e rappresentano altresì problematiche delicate con le quali l'infermiere deve spesso confrontarsi nella ricerca e nella vita di corsia.
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Cannao, M. « Comunicare la diagnosi di minorazione congenita ». CHILD DEVELOPMENT & ; DISABILITIES - SAGGI, no 1 (octobre 2009) : 98–112. http://dx.doi.org/10.3280/cdd2009-001008.

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Résumé :
- Vengono prese in esame le reazioni dei genitori alla diagnosi di minorazione congenita del figlio, con specifico riferimento alla minorazione visiva (cecitŕ o ipovisione). Di tali reazioni, inevitabilmente connotate da grande sofferenza, č necessario tener conto quando si comunica la diagnosi, in modo da aiutare i genitori a superare il trauma e riattivare in loro la fiducia e la speranza. Affinché ciň sia possibile la comunicazione deve essere concepita come tappa iniziale di un processo di aiuto da prolungare per tutto il periodo di degenza ospedaliera della madre e del neonato e anche dopo la dimissione. I protagonisti di questo processo sono sia il medico (al quale spetta il compito dell'informazione clinica) sia tutti gli altri operatori sanitari (che devono fornire un costante sostegno), sia i genitori stessi. Una diagnosi comunicata con rispetto, partecipazione, solidarietŕ, competenza, prepara il terreno per la costruzione del legame di attaccamento con il figlio minorato e risparmia ai genitori l'ulteriore sofferenza di non sentirsi compresi e accolti in una delle fasi piů drammatiche della loro vita.Parole chiave minorazione congenita, cecitŕ, ipovisione, diagnosi, comunicazione
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Borgna, Eugenio. « Le fragili certezze della diagnosi in psichiatria ». RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no 2 (juillet 2011) : 11–18. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2011-002002.

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Résumé :
Nel contesto di una psichiatria rivalutata come scienza umana, come scienza della intersoggettivitŕ, e non solo come scienza naturale che la comprende solo in parte, la diagnosi non puň essere considerata nella sua ghiacciata e impersonale dimensione categoriale; ma deve essere riconsiderata nella sua dimensione problematica e interpersonale. Questo cosa significa in un contesto di psichiatria applicata alla clinica e alla riconoscibilitŕ dei molteplici fenomeni della sofferenza psichica: definizione radicalmente antropologica, e non drasticamente naturalistica come č quella di malattia tout court? Non altro significa che, in psichiatria, come ha scritto una volta per tutte Kurt Schneider, i sintomi non hanno nulla a che fare con la loro riduzione naturalistica a segmenti pietrificati di una malattia in senso clinico; ma con esperienze vissute che narrano qualcosa di significativo storicamente, e soggettivamente, e che conseguentemente non possono se non essere interpretati. Non esistono fatti, ma interpretazioni di fatti, come ha scritto Friedrich Nietzsche; e cosě la diagnosi, in psichiatria, e cioč la connotazione neurotica, o psicotica, dei sintomi (la sola cosa che, in fondo, conti), cambia nella misura in cui nasca, o non nasca, una relazione terapeutica fra chi cura e chi č curato. La diagnosi, insomma, come esperienza, e non come pietrificata espressione di un incasellamento dei diversi sintomi in uno schema sindromico precostituito.
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Carbone, Vincenzo, Fabio Fenini, Sergio Agosti, Laura Casalino et Giovanni Battista Zito. « Interpretazione dell’ECG : un momento fondamentale nella gestione clinica del paziente cardiologico ». Cardiologia Ambulatoriale, no 2 (30 septembre 2020) : 148–57. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2020-2-6.

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Résumé :
Il caso clinico proposto si riferisce a un paziente che presenta diverse manifestazioni elettrocardiografiche riferibili a doppia via nodale. Tale reperto, di riscontro non raro, deve essere opportunamente riconosciuto in quanto potrebbe condurre all’erronea diagnosi di blocco atrio-ventricolare, con conseguenti ripercussioni terapeutiche. Parole chiave: Tachicardia da rientro nodale; Blocco atrio-ventricolare; Elettrocardiogramma; Doppia via nodale.
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Sciarrotta, Claudia, Irene Bona, Giovanni Corsello et Antonina Lo Cascio. « Diagnosi precoce dei disturbi dello spettro autistico : esperienza clinica e ruolo dei test genetici ». Medico e Bambino 41, no 5 (20 mai 2022) : 328–29. http://dx.doi.org/10.53126/meb41328.

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The case of an infant diagnosed with Autistic Spectrum Disorders (ASD) associated to a maternal segregated micro duplication (Xp21.2 region involving IL1RAPL1 and NR0B1 genes) is described. The role of the genetic test in approaching the diagnosis and the therapy of ASD is discussed.
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Bacci, Christian, Alessia Cerrato, Federico Golin, Ludovica Pampaloni et Gastone Zanette. « Confronto tra diagnosi clinica e istopatologica : ausilio di strumento per autofluorescenza tissutalee ». Dental Cadmos 87, no 06 (juin 2019) : 358. http://dx.doi.org/10.19256/d.cadmos.06.2019.05.

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Mancuso, S., L. Lo Sciuto, F. Floccari et A. Granata. « Variabilità delle lesioni renali nella Sclerosi Tuberosa ». Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 22, no 4 (31 janvier 2018) : 15–19. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2010.1238.

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Résumé :
La sclerosi tuberosa è una facomatosi trasmessa come carattere autosomico dominante, tramite i geni TSC1 e TSC2. La malattia è caratterizzata da una iperplasia delle cellule ectodermiche e mesodermiche, che conduce alla formazione di lesioni amartomatose. Le sedi più frequentemente coinvolte sono rappresentate dal sistema nervoso centrale, dal cuore, dai reni, dalla cute, dagli occhi e dai polmoni. Una percentuale di pazienti compresa tra il 50 e l'80% presenta lesioni renali, che comprendono angiomiolipomi, cisti renali ed oncocitomi. Questi pazienti, hanno un rischio maggiore di sviluppare carcinoma a cellule renali rispetto ad individui con angiomiolipomi non affetti da ST. Il riscontro ecografico di una qualsiasi neoformazione tra quelle appena elencate può correttamente condurre alla diagnosi di sospetto di ST, solo se “incrociata” col dato clinico, obiettivo. Da ciò il ruolo, potenzialmente cruciale, del nefrologo ecografista nella prima diagnosi di ST. Presentiamo di seguito tre casi di ST, con diagnosi clinica di certezza, con lesioni ecografiche renali molto differenti tra loro. In un primo caso la paziente mostra voluminosi angiomiolipomi renali. Un secondo paziente mostra un quadro ecografico renale sovrapponibile ad un ADPKD. Il terzo caso mostra invece una paziente con un quadro ecografico evolutivo che, da un iniziale “scarring”, evolve verso una trasformazione micro cistica. Questo report, nella nostra opinione, rappresenta un esempio di come reperti ecografici di comune riscontro, se inquadrati correttamente nel contesto clinico, possano invece essere lo spunto per una diagnosi infrequente di ST.
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Magnavita, Nicola, Angelo Sacco et Giuseppe De Lorenzo. « Bioetica clinica - Problemi etici nella diagnostica occupazionale ». Medicina e Morale 45, no 3 (30 juin 1996) : 515–24. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1996.909.

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Résumé :
La diagnosi eziologica di malattia professionale riveste particolare importanza, in quanto non solo consente l’adozione di idonee misure preventive, terapeutiche ed assicurative a favore del paziente, ma anche di interventi migliorativi dell’ambiente di lavoro, il cui beneficio può essere goduto dall’insieme della comunità lavorativa. Per una corretta impostazione del rapporto costi/benefici, occorre che gli accertamenti diagnostici siano accuratamente pianificati. Nelle fasi di screening si deve avere cura di assicurare ai lavoratori le stesse condizioni di informazione e segretezza che si rispettano nella diagnostica generale. Nella più complessa diagnostica eziologica delle malattie professionali, la decisione circa il tipo e l’approfondimento degli esami deve essere presa caso per caso, tenendo conto, secondo un’ottica personalistica, delle condizioni del singolo paziente e del vantaggio che egli può ricavare dall’esame. Considerazioni etiche, legate al rispetto del paziente, indurranno a condotte diagnostiche differenziate in casi apparentemente simili. Allo scopo di esemplificare tale possibilità, vengono esposti due casi clinici.
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Resta, M., M. Palma, F. Di Cuonzo et P. Spagnolo. « Corea di Huntington : Variante acinetica giovanile ». Rivista di Neuroradiologia 7, no 4 (août 1994) : 573–78. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700403.

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Gli autori presentano 6 casi di variante acinetica di Corea familiare di Huntington con quadro clinico-strumentale caratteristico. La diagnosi clinica nei casi presentati è certa per la presenza di altri membri della famiglia con malattia conclamata. La TC nella Corea di Huntington evidenzia l'atrofia striatale ma non fornisce elementi iconografici distintivi delle due diverse entità cliniche, ipercinetica e acinetica. La RM ad alta intensità di campo permette invece di riconoscere insieme all'atrofia striatale un reperto lesionale patognomonico della variante rigida caratterizzato da un ipersegnale bilaterale del putamen.
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Fontana, Massimo. « L'isteria ai tempi del DSM-5 : diagnosi obsoleta o risorsa per la clinica ? » RICERCA PSICOANALITICA, no 1 (février 2015) : 85–100. http://dx.doi.org/10.3280/rpr2015-001007.

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Sansone, Andrea, Francesco Romanelli et Marialuisa Appetecchia. « Utilità e limiti dei biomarcatori nella diagnosi e nella gestione clinica dei NET ». L'Endocrinologo 21, S1 (mai 2020) : 27–29. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-020-00706-2.

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Aloisio, Donatella, Sabrina Bonichini, Marta Tremolada, Marta Pillon et Modesto Carli. « Analisi longitudinale della sintomatologia post-traumatica su 61 genitori di bambini malati di leucemia dalla diagnosi allo stop terapia ». RICERCHE DI PSICOLOGIA, no 1 (décembre 2011) : 53–69. http://dx.doi.org/10.3280/rip2010-001004.

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L'obiettivo dello studio e di indagare l'eventuale presenza di sintomatologia post-traumatica, nei genitori dei bambini malati di leucemia, nel periodo che va dalla comunicazione della diagnosi al momento dello stop terapia (+2anni dalla diagnosi), fin ora poco indagato. A tal fine e stato realizzato un disegno di ricerca longitudinale con 4 momenti di rilevazione, corrispondenti a tappe critiche del protocollo terapeutico. Lo strumento utilizzato e un questionario self-report (PTSD Symptom Inventory), che e stato somministrato a 61 genitori di bambini leucemici in cura presso la Clinica di Onco-ematologia Pediatrica di Padova. I risultati ci indicano la presenza di livelli moderati della sintomatologia ed un andamento costante della stessa nel corso del tempo.
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Lusenti, T., M. Corradini, PL Macchioni et F. Fiorini. « Un tunnel “da riaprire” dopo tanti anni di dialisi ». Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 22, no 1 (24 janvier 2018) : 9–12. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2010.1190.

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Femmina di 75 anni con IRC da nefropatia interstiziale per abuso di analgesici, inizia nel 2000 trattamento con CAPD e nel 2002 viene immessa in emodialisi con bicarbonato di 12 ore settimanali. Viene successivamente sottoposta ad interventi di artroprotesi d'anca e per sindrome del tunnel carpale da ambo i lati. Inizia quindi HDF on line con membrana high-flux da 2 m2 di superficie. Ripresenta progressiva tumefazione al polso destro, con dolore ed incapacità prensile degli oggetti. L'EMG del nervo mediano presenta elementi tipici per sindrome del tunnel carpale destro. I livelli serici di β2-microglobulina restano persistentemente elevati (in postdialisi: 39,37 mcg/mL). L'ecografia con sonda lineare da 13 MHZ mostra incremento dell'area cross sectional del nervo mediano destro (0,14 cm2), con inglobamento dello stesso all'interno di formazione compatibile con tessuto amiloide. L'RM, preliminare al reintervento, conferma i reperti ecografici. Nella diagnosi di sindrome del tunnel carpale da β2m-amiloidosi l'ecografia con sonde small part costituisce un efficace metodica di conferma della diagnosi clinica, che può consentire di riservare l'uso di altre tecniche più dispendiose, in particolare l'RM, a casi selezionati, di maggior complessità clinica.
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Manna, Raffaele, Marietta Cascio et Antonio G. Spagnolo. « Bioetica clinica. Intervento cardiochirurgico in tossicodipendente con endocardite ». Medicina e Morale 39, no 6 (31 décembre 1990) : 1207–22. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1990.1156.

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Résumé :
Gli autori presentano il caso clinico di un uomo di 37 anni con una storia di tossicodipendenza intravenosa che viene ricoverato in un ospedale con diagnosi di endocardite batterica, e per il quale si profila la necessità di un intervento cardiochirurgico di sostituzione valvolare. L'équipe cardiochirurgica chiamata per la consulenza si mostra perplessa ad intervenire in quanto l'intervento si presenta effettivamente rischioso, le possibilità di recidiva sono elevate, ma soprattutto il paziente è indigente e non ha possibilità di sostenere le spese elevate che l'intervento e le cure postoperatorie comportano. L'esame dci dati clinici e dei valori etici in gioco fanno concludere agli autori che esiste qui una ben precisa indicazione terapeutica all'intervento cardiochirurgico, unica possibilità di salvezza per il paziente, e che il processo decisionale medico non può essere influenzato dalle condizioni economiche del paziente. Gli autori esaminano, infine, le differenti posizioni che emergono nella letteratura sul tema dell'etica ed economia sanitaria.
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Di Lullo, L., F. Floccari, R. Rivera, V. Barbera, R. Faiola, C. Feliziani, A. Granata et al. « Bio-marcatori e malattia cardio-renale : significato clinico e prognostico ». Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, no 4 (26 janvier 2018) : 69–76. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1177.

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La sindrome cardio-renale (SCR) è una sindrome clinica ben nota, che descrive tanto gli effetti negativi dell'insufficienza renale sull'equilibrio cardio-circolatorio quanto quelli dell'insufficienza cardiaca sulla funzione renale. Molti autori hanno studiato l'utilità di marcatori sierologici ai fini dell'identificazione e del monitoraggio ambulatoriale delle varie forme di questa sindrome. L'analisi dei livelli sierici dei peptidi natriuretici è, al momento, quella maggiormente utilizzata, in quanto essi stessi non sono solo direttamente associati alla gravità delhinsufficienza cardiaca, ma anche capaci di rilevare precocemente la disfunzione renale, certamente prima che sia possible osservare un incremento nei livelli sierici di creatinina. NGAL, cistatina C, NAG, KIM-1 e IL-18 rappresentano interessanti biomarcatori per la diagnosi precoce di danno renale acuto (AKI), e quindi per la diagnosi precoce delle forme renocardiache acute, mentre il loro utilizzo in altre forme di SCR non appare codificato. Al contrario, la valutazione di KIM-1 e IL-18 sembra più utile per cercare una diagnostica differenziale tra forme diverse di insufficienza renale acuta. (Cardionephrology)
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Ugga, L., M. Ravanelli, A. A. Pallottino, D. Farina et C. Leone. « Diagnostic work-up in obstructive and inflammatory salivary gland disorders ». Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, no 2 (avril 2017) : 83–93. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1597.

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La patologia infiammatoria ed ostruttiva delle ghiandole salivari riconosce molteplici eziologie con coinvolgimento del parenchima ghiandolare e/o del sistema escretore. Il quadro clinico è essenziale per indirizzare l’integrazione diagnostica con adeguate metodiche di imaging. Sulla base dell’anamnesi e dell’esame obiettivo, possono riconoscersi quattro scenari clinici: (1) tumefazione acuta generalizzata delle ghiandole salivari maggiori; (2) tumefazione acuta di un’unica ghiandola salivare maggiore; (3) tumefazione cronica generalizzata delle ghiandole salivari maggiori associata o meno a xerostomia; (4) tumefazione cronica o persistente di una singola ghiandola salivare maggiore. L’algoritmo diagnostico per la scelta della metodica di imaging più appropriata dipende quindi dallo scenario clinico. L’imaging è essenziale per confermare la diagnosi clinica, per definire l’estensione della patologia ed identificare eventuali complicanze. Le metodiche di imaging disponibili includono l’ecografia, la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica, anche con scialografia RM.
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Izzo, R., M. Muto, G. Fucci, G. Taglialatela, P. Longhi et D. Di Celmo. « La Risonanza Magnetica nella patologia intramidollare : Nostra casistica e revisione della letteratura ». Rivista di Neuroradiologia 7, no 4 (août 1994) : 605–15. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700407.

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Résumé :
Gli Autori riportano la loro esperienza nello studio della patologia intrinseca del midollo spinale riesaminando retrospettivamente 23 pazienti osservati nel periodo 1990–93. Tutti i pazienti sono stati studiati con RM utilizzando un magnete superconduttore 0,5 T. Sono stati riscontati: 4 casi di astrocitoma, 4 di ependimoma, 2 di emangioblastoma, 2 di angioma cavernoso, 1 di metastasi, 2 di mielite trasversa, 4 di sclerosi multipla e 4 di siringomielia. Tutti i casi neoplastici sono stati verificati mediante esame istologico di campioni chirurgici o bioptici. Nei casi di sclerosi multipla e di mielite trasversa la diagnosi è stata formulata sulla base della clinica e del follow-up. Tutti i pazienti le cui patologie non sono state verificate con esame istopatologico o non definitivamente inquadrate mediante un adeguato follow-up clinico-radiologico, sono stati esclusi da tale studio. La RM ha confermato il suo ruolo di metodica di prima e, spesso, unica scelta per il rilevamento e la caratterizzazione delle lesioni midollari, anche se con i limiti di una relativa aspecificità. Si è cercato di trarre alcuni orientamenti per la diagnosi differenziale delle patologie osservate.
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Mascalchi, M., C. Moroni, M. Bartolucci, C. Gavazzi et C. Bortolotti. « Diagnostica neuroradiologica nella patologia della loggia cavernosa ». Rivista di Neuroradiologia 13, no 3 (juin 2000) : 375–86. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300308.

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Résumé :
Il seno cavernoso può essere interessato da patologia neoplastica (primitiva e secundaria), infiammatoria e vascolare. Tutte queste entità, ad esclusione delle fistole carotido-cavernose dirette, si manifestano con una clinica analoga, rendendo la diagnosi dipendente fondamentalmente dalle tecniche di imaging. Attualmente le metodiche più utili nello studio del seno cavernoso sono la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica che, con le tecniche di angio-TC ed angio-RM, permettono anche uno studio simil-angiografico della regione di interesse. L'arteriografia selettiva rimane tuttora la tecnica gold standard nello studio delle patologie vascolari (aneurismi della carotide interna e fistole carotido-cavernose). La flebografia sovraorbitaria trova attualmente utilizzo esclusivo nella diagnosi della sindrome di Tolosa Hunt con RM negativa e talvolta nella terapia endovascolare di fistole artero-venose. I tumori primitivi più frequenti sono i meningiomi, mentre i neurinomi del seno cavernoso sono estremamente rari. I meningiomi insorgono dal rivestimento durale del seno e si manifestano, sia alla TC che alla RM, come lesioni ben delimitate con un'impregnazione precoce, intensa ed omogenea. I neurinomi del seno cavernoso possono derivare dal III, dal IV, dal V o dal VI nervo cranico e possono insorgere primitivamente nel seno cavernoso o, più frequentemente, negli spazi cisternali interessando il seno sviluppandosi lungo il nervo. La diagnosi differenziale deve essere posta soprattutto tra il meningioma ed il macroadenoma ipofisario a sviluppo laterosellare (il più frequente tumore secondario). Il principale criterio riguarda l'interessamento della carotide interna che viene frequentemente stenotizzata dai meningiomi, mentre può essere circondata e dislocata dai macroadenomi, senza però apprezzare significative riduzioni del suo lume. Il seno cavernoso può essere interessato per contiguità anche da due neoplasie della base cranica: il carcinoma del rinofaringe ed il cordoma. Le metastasi del seno cavernoso si possono instaurare per via ematogena, liquorale o perineurale. Determinano generalmente aumento di volume del seno, non hanno un segnale RM caratteristico e devono essere messe in diagnosi differenziale con le patologie infiammatorie. Queste comprendono la sindrome di Tolosa Hunt e le affezioni granulomatose croniche (sarcoidosi, granulomatosi di Wegener). La prima è caratterizzata da dolore retroorbitario, paralisi dell'oculomotore ed iperestesia trigeminale sostenute da un'infiammazione del seno ad eziologia sconosciuta. Le immagini di RM possono essere del tutto negative ed in tali casi può essere utile per raggiungere la diagnosi la flebografia. Un valido criterio diagnostico per le patologie infiammatorie è rappresentato dalla drammatica remissione della sintomatologia e del quadro radiologico in seguito a terapia steroidea. Gli aneurismi della carotide interna sono classificati in base alle dimensioni: se di diametro superiore ai 2,5 cm vengono definiti giganti. Questi hanno parete trombizzata, scarsa tendenza alla rottura e si manifestano clinicamente con sintomi da compressione dei nervi che decorrono nella parete od all'interno del seno cavernoso. Nella diagnosi di queste formazioni la semeiotica TC e RM, tra loro complementari, rivestono un ruolo importante. Il criterio fondamentale è però dato dalla dimostrazione della natura vascolare della lesione, ottenibile con le tecniche di angio-TC e angio-RM e l'arteriografia selettiva. Le fistole carotido-cavernose dirette sono anomale comunicazioni ad alto flusso tra la carotide interna ed il seno cavernoso Sono caratterizzate da una presentazione clinica improvvisa ed imponente e sono facilmente valutabili con TC, angio-TC, RM, angio-RM ed arteriografia digitale. Le fistole carotido-cavernose indirette corrispondono a fistole arterovenose durali ed hanno di solito una clinica sfumata ed un decorso subdolo. La loro diagnosi con TC, angio-TC, RM ed angio-RM è più difficile essendo spesso i reperti suggestivi di tali condizioni rappresentati solo da una dilatazione della vena orbitaria di drenaggio. L'arteriografia oltre a confermare la diagnosi rappresenta anche l'indagine indispensabile per la programmazione terapeutica endovascolare o chirurgica.
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D'Aprile, P., G. R. Grande et A. Carella. « Lesioni cistiche temporali : Correlazioni anatomo-neuroradiologiche in risonanza magnetica e criteri di diagnosi differenziale ». Rivista di Neuroradiologia 5, no 2 (mai 1992) : 237–46. http://dx.doi.org/10.1177/197140099200500212.

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Résumé :
Gli autori sulla base di considerazioni anatomiche, delineano le caratteristiche RM delle cisti a sede temporo-paraippocampale e correlano tali reperti con la sintomatologia clinica. Sono distinte lesioni cistiche a localizzazione intra ed extraassiale sulla base di un particolare protocollo di studio RM che prevede sezioni sul piano coronale con orientamento perpendicolare al polo temporale. Gli autori, inoltre, ravvisano l'utilità del Gadolinio nel caso di lesioni intraassiali potendosi trattare di lesioni cistiche benigne o tumorali.
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Campo, S. « La malattia policistica renale autosomica dominante dell'adulto : tributo alla sua identità ». Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, no 2 (26 janvier 2018) : 100–108. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1149.

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Résumé :
La malattia policistica renale autosomica dominante dell'adulto (ADPKD) è una delle malattie genetiche più comuni, con un'incidenza di 1 su 1000, ed è la principale causa genetica di insufficienza renale dell'adulto. Se ne distinguono due tipi; il tipo I, causato da mutazioni del gene PKD1, e il tipo II, causato da mutazioni del gene PKD2. La malattia ha un esordio tra i 40 e i 50 anni, ma può manifestarsi anche prima, e ha un'impronta sistemica. La diagnosi è spesso casuale, nel corso di indagini motivate da altri quesiti clinici, oppure promossa dalla presenza di segni clinici correlati. Nelle procedure diagnostiche, l'ADPKD deve essere distinta dalle cisti renali semplici, uniche o multiple, che interessano parzialmente i reni e che generalmente non presentano un'evoluzione critica. È possibile che nell'attività clinica possano essere diagnosticate erroneamente le condizioni che comportano la presenza di cisti renali, rischiando di sottovalutare il rilievo clinico dell'ADPKD. Per verificare tale ipotesi, è stato condotto uno studio epidemiologico nel setting della Medicina Generale italiana e da cui è emersa una prevalenza (1.9‰) quasi quattro volte superiore rispetto a quella registrata (0.5‰) prima della informazione fornita al medico di medicina generale sulle caratteristiche cliniche e diagnostiche dell'ADPKD. È auspicabile l'impegno della Medicina Generale, assieme alle Associazioni dei Pazienti a alle Società Scientifiche nefrologiche, al fine di contribuire a una ottimale gestione clinica della condizione, finalizzata al benessere ottimale del paziente.
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Jankovic, Momcilo. « Come e perché comunicare la diagnosi di malattia a un bambino ». CHILD DEVELOPMENT & ; DISABILITIES - SAGGI, no 1 (janvier 2011) : 9–20. http://dx.doi.org/10.3280/cdd2010-001002.

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Résumé :
L'obiettivo psicosociale principale nella cura dei tumori pediatrici consiste nell'aiutare i bambini e le loro famiglie ad affrontare la diagnosi e le prospettive che ne derivano. I bambini e le loro famiglie hanno bisogno del nostro aiuto, anche se la maggior parte di loro si scontra con la diagnosi senza apparentemente manifestare segni di cedimento. Da un lato dobbiamo cercare di aiutare il bambino e la sua famiglia che hanno un bisogno immediato del nostro supporto, dall'altro occorre portare avanti una ricerca controllata e scientificamente valida, finalizzata a distinguere gli interventi efficaci da quelli inefficaci. L'assistenza clinica ottimale consiste nell'applicazione delle migliori scoperte oggi disponibili, basate sull'evidenza e applicate nel contesto culturale locale. Il personale sanitario puň dare ascolto attento ai bambini e alle loro famiglie per capire in che modo essi agiscono e rispondono all'assistenza che viene loro offerta. Modificare il proprio approccio sulla base del livello di soddisfazione delle famiglie nei confronti dell'assistenza offerta puň aiutare a migliorare il servizio.
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Inverso, Angelo Maria, Tiziana Frau, Elena Checchin et Alessia Minellono. « Prototipi clinici di ritirati sociali. Un approccio in seconda persona alla diagnosi ». PSICOBIETTIVO, no 2 (juin 2022) : 141–58. http://dx.doi.org/10.3280/psob2022-002012.

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Résumé :
Il lavoro che presentiamo è un tentativo di definire le caratteristiche di soggetti in età evolutiva, socialmente ritirati, in termini di stati mentali. Si caratterizza, altresì, per la metodologia di indagine che contempla un setting psicoterapeutico caratterizzato da "ascolto attivo" e atteggiamento non giudicante e non direttivo. La ricerca si compone di due fasi. La prima costituita dalla costruzione di prototipi, sulla base dell'osservazione clinica di soggetti in trattamento; la seconda dalla verifica su un campione di soggetti in trattamento della consistenza di tali prototipi. I risultati della ricerca, elaborati solo su base qualitativa, identificano, in una prima fase tre prototipi che abbiamo denominato: 1) mondo nemico aiuto inaccessibile o infido, con due varianti, rabbioso-ostile e sconfitta-umiliata; 2) diversità deviante; 3) straniamento non conflittuale a basso coinvolgimento. Nella seconda fase si sono evidenziate sia le peculiarità presenti nei diversi prototipi, nei termini di giudizio su di sé, sugli altri e sugli stati emozionali prevalenti nelle situazioni di esposizione sociale, sia le caratteristiche comuni a diversi prototipi. L'elaborazione statistica dei dati a nostra disposizione esula da questa analisi preliminare.
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Criscuolo, Michela, Fiorenzo Laghi, Silvia Mazzoni et Valeria Zanna. « La diagnosi clinica familiare nell'anoressia nervosa in adolescenza attraverso l'uso del Lausanne Trilogue Play (LTP) ». TERAPIA FAMILIARE, no 123 (novembre 2020) : 91–111. http://dx.doi.org/10.3280/tf2020-123006.

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Zilio, Marialuisa, Carla Scaroni et Marco Boscaro. « Differenze di genere nella diagnosi, nella presentazione clinica e nelle complicanze della malattia di Cushing ». L'Endocrinologo 18, no 6 (9 novembre 2017) : 270–74. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-017-0360-9.

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Saia, O. S., A. Fiore, S. Salvadori, N. Battajon, G. Dalla Pietà et F. Cantarutti. « Malattia di Leigh : Diagnosi ecografica precoce e confronto con TC ed RM ». Rivista di Neuroradiologia 5, no 1_suppl (avril 1992) : 162–64. http://dx.doi.org/10.1177/19714009920050s133.

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Résumé :
La malattia di Leigh (encefalomielopatia subacuta necrotizzante), dovuta ad errori congeniti del metabolismo su base eredo-familiare, ha espressione clinica variabile a seconda dell'età d'insorgenza (forma infantile e forma giovanile). La diagnosi di certezza si pone solo con il dosaggio degli enzimi mitocondriali nei fibroblasti. Le lesioni sono localizzate a livello dei nuclei della base, tronco cerebrale e midollo spinale. Presentiamo il caso di una bambina di un mese, ricoverata per scarsa crescita con esame neurologico iniziale negativo e screenings metabolici normali. All'Ecografia cerebrale, si notavano aree iperecogene a livello del talamo dx e del cervelletto. Compativano poco dopo crisi di ammiccamento e deviazione del capo. Ulteriori Ecografie cerebrali confermavano i reperti precedenti: si poneva il sospetto di forma encefalopatica e veniva eseguita una TC cerebrale, che mostrava zone ipodense parenchimali a livello del talamo e del putamen bilaterale. Il quadro clinico peggiorava nel mesi successivi per ipotonia diffusa, areflessia, strabismo, crisi dispnoiche. I reperti Ecografici confermavano l'estensione delle lesioni iperecogene a grana grossolana ai nuclei della base, mentre la RM mostrava una iperintensità in T2 dei nuclei lenticolari e dei nuclei talamici, con ipotrofia cerebrale. Questo lavoro vuole sottolineare come l'ecografia cerebrale, esame non invasivo e facilmente ripetibile, sia in grado di indirizzare precocemente verso un sospetto diagnostico di queste patologie.
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Fossaluzza, V. « Il dolore lombare : Inquadramento clinico ». Rivista di Neuroradiologia 2, no 1_suppl (février 1989) : 15–20. http://dx.doi.org/10.1177/19714009890020s103.

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Résumé :
Il dolore lombare con o senza irradiazione sciatica rappresenta una entità complessa che coinvolge varie strutture anatomiche: le vertebre, i dischi intervertebrali, le articolazioni zigapofisarie, il periostio, i legamenti, i muscoli ed i nervi. Anche se le cause più importanti sono due: l'ernia discale e l'artrosi apofisaria, molte altre possono esserne responsabili: traumi, infezioni, artriti croniche, malattie metaboliche e tumori. Talvolta il dolore lombare è di origine viscerale. Una attenta anamnesi ed un accurato esame obiettivo unitamente ad una buona cultura internistica consentono la diagnosi clinica che puo trovare conferma nei test di laboratorio, nella elettromiografia e negli studi radiologici. Solo questo approccio garantirà la terapia razionale di una affezione assai comune.
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Grigio, Monica. « L'esperienza di psicologia clinica perinatale in una maternitŕ ospedaliera ». INTERAZIONI, no 1 (juillet 2012) : 100–118. http://dx.doi.org/10.3280/int2012-001008.

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Résumé :
Verrŕ illustrata la casistica del lavoro clinico svolto dal Servizio di Psicologia Clinica dell'U.O. di Ostetricia e Ginecologia dell'Ospedale V. Buzzi'. L'attivitŕ del Servizio prevede interventi sia a livello preventivo che di presa in carico psicoterapeutica in caso di psicopatologia e si articola in diversi ambiti (conduzione dei Corsi di accompagnamento alla nascita e al puerperio, assistenza psicologica nei reparti, attivitŕ psicoterapeutica ambulatoriale, assistenza psicologica in Diagnosi Prenatale, formazione psicologica per gli operatori che operano in ambito perinatale, attivitŕ di ricerca, ecc). L'intervento terapeutico in ambito perinatale in ospedale richiede un contatto emotivo molto intenso e una tecnica che sia in grado di sostenere anche le situazioni piů acute o in emergenza. La psicologa perinatale deve saper modulare in maniera flessibile il classico setting terapeutico: alla consuetudine di uno studio chiuso deve saper contrapporre il colloquio al letto della donna o in piedi davanti all'incubatrice del bambino, deve poter favorire e accompagnare cambiamenti rapidi, alternare occasioni di sostegno psicologico ad interventi di clinica classica, prestarsi ad un ascolto analitico come anche a momenti di semplice informazione, confrontarsi da sola con la donna o con il futuro padre, o dover intervenire in una dinamica di coppia o, ancora, nella relazione della madre con il neonato che magari richiede di essere allattato o cambiato durante la seduta.
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Carella, A., M. Resta, M. Camicia et M. A. Gentile. « Errore diagnostico : Perché ». Rivista di Neuroradiologia 5, no 2 (mai 1992) : 199–206. http://dx.doi.org/10.1177/197140099200500209.

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Résumé :
Gli autori analizzano alcuni fattori che possono determinare l'errore diagnostico. Le moderne tecniche neuroradiologiche, a fronte di una sensibilità generalmente elevata, offrono spesso, nei differenti quadri morbosi una specificità non altrettanto alta. Vengono analizzate alcune tappe fondamentali che compongono l'iter diagnostico e che possono notevolmente influire sulla diagnosi: la valutazione clinica, la scelta delle metodiche e tecniche d'esame, l'analisi dell'immagine, il referto. Per evitare o ridurre l'errore diagnostico restano indispensabili la capacità di revisione critica e la disponibilità al confronto quali elementi fondamentali nel lavoro quotidiano per una crescita professionale.
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Briganti, F., A. Manto, F. Spadetta, F. Caranci, S. Cirillo, R. Elefante et F. Smaltino. « Aspetti RM delle spondilodisciti ». Rivista di Neuroradiologia 5, no 2 (mai 1992) : 177–84. http://dx.doi.org/10.1177/197140099200500205.

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Résumé :
Le infezioni della colonna vertebrale rappresentano circa il 2% di tutti i casi di osteomielite. In tale patologia una diagnosi precoce è fondamentale per evitare la comparsa di deficit neurologici permanenti, ma essa è resa difficile dal lungo periodo di latenza (2–8 settimane) che intercorre tra l'esordio della sintomatologia clinica e la comparsa delle prime alterazioni del quadro radiologico nonché dalla sintomatologia clinica scarsa ed aspecifica. Scopo di questo studio e valutare l'accuratezza della risonanza magnetica nel dimostrare le alterazioni del disco e dei corpi vertebrali, ed il coinvolgimento del canale vertebrale e dei tessuti molli paravertebrali. Abbiamo a tal fine riesaminato 65 pazienti affetti da spondilodiscite studiati con RM. La RM ha permesso la differenziazione dei processi infiammatori in fase acuta da quelli cronicizzati, consentendo in alcuni casi di ipotizzare l'agente eziologico; essa inoltre ha sempre permesso la definizione dell'interessamento endocanalare e paravertebral.
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Montemagno, C., S. Castorina, S. Cavina, T. De Tommaso, F. Lanzoni, C. Tridici et M. P. Fiorito. « Adolescente e straniero in un “mondo” di adulti ». Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, no 3 (26 janvier 2018) : 28–30. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1155.

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Résumé :
L'iperossaluria primaria di tipo 1 è causata da mutazioni nel gene codificante per l'enzima L-alanina-gliossilato amino transferasi (AGT), che è espresso nel fegato. La trasmissione avviene con modalità autosomica recessiva: i genitori sono portatori sani della mutazione (e spesso non sanno di averla, soprattutto se non ci sono familiari affetti), mentre ciascun figlio della coppia ha il 25% di probabilità di essere malato. Esiste anche un secondo tipo della malattia (iperossaluria primaria di tipo 2), causato dalla carenza di un altro enzima, la D-glicerato deidrogenasi, e un terzo tipo (iperossaluria di tipo 3), identificato piú di recente e causato dal difetto del gene DHDPSL. Sulla base dell'osservazione clinica ed eventualmente della storia familiare, la diagnosi di iperossaluria primaria può essere formulata grazie a test di laboratorio (misurazione dell'ossalato di calcio nelle urine e nel sangue) e analisi genetica, con ricerca delle mutazioni nel gene coinvolto. La diagnosi e il trattamento precoci sono in grado di ridurre il rischio di evoluzione verso l'IRC e verso complicanze gravi come l'ossalosi sistemica. L'articolo riguarda un caso clinico che ha coinvolto il gruppo infermieristico che ha modificato l'approccio e la presa in carico di un adolescente in un “mondo” di adulti. (sian) (nursing)
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Battistella, P. A., P. Bertoli, F. Rossetti, L. Zanesco, G. Audino et A. Peserico. « Rilievo RM di dismielinizzazione in una rara sindrome neurocutanea PIBI(D)S ». Rivista di Neuroradiologia 5, no 1_suppl (avril 1992) : 71–74. http://dx.doi.org/10.1177/19714009920050s113.

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Résumé :
Nel capitolo delle tricotiodistrofie è inclusa la PIBI(D)S, rara sindrome ereditaria autosomico-recessiva caratterizzata da fotosensibilità (P), ittiosi non congenita (I), capelli fragili e con ridotto contenuto di aminoacidi solforati (B), deficit intellettivo (I), fertilità incostantemente ridotta (D) e bassa statura (S). Riportiamo il caso di una giovane paziente con diagnosi clinica di PIBI(D)S posta all'età di 12 anni e rilievo RM di dismielinizzazione del SNC. Nei pazienti con tricotiodistrofia vanno quindi ricercate possibili alterazioni a carico di organi che derivano dall'ectoderma ed in particolare nel SNC, attualmente bene analizzabile con le nuove tecniche di immagine quali la RM.
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Monga, S., J. N. Malik, S. Jan, S. Bahadur, S. Jetley et H. Kaur. « Clinical study of extrapulmonary head and neck tuberculosis in an urban setting ». Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, no 6 (décembre 2017) : 493–99. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1252.

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Résumé :
La tubercolosi del distretto testa collo è abbastanza comune nei paesi endemici, ma è ancora sottostimata a causa della presentazione clinica assai variabile e a causa dei differenti siti coinvolti. Pertanto, gli obiettivi di questo studio sono stati quelli di voler descrivere la variabilità di presentazione clinica dei pazienti affetti da tubercolosi del distretto testa-collo, durante la cui valutazione ci si scontra con notevoli difficoltà diagnostiche, e stimare la risposta di questi pazienti al trattamento anti-tubercolare (ATT). Sono stati reclutati 48 pazienti affetti da tubercolosi del distretto testa-collo, i quali si sono presentati tra il 2013 e il 2015 presso il dipartimento di Otorinolaringoiatria del nostro centro di III livello; per ciascuno di essi sono stati raccolti sintomi, reperti obiettivi locali e sistemici, risultati diagnostici e risultati del trattamento. Dai dati è emerso che la maggioranza dei casi (64,5%) erano femmine, e nessuno dei pazienti era HIV positivo. Le modalità di presentazione più comuni sono state le linfoadenopatie cervicali (81,25%), e in particolare quelle coinvolgenti il livello IIB (31,3%). 3 pazienti su 48 erano affetti contemporaneamente da tubercolosi polmonare. Per confermare la diagnosi sono stati utilizzati l’esame citologico su agoaspirato con ago sottile, l’esame istopatologico e la colorazione per evidenziare l’alcol-acido resistenza. Tutti i pazienti sono stati trattati con antitubercolari di prima scelta, i quali hanno permesso di raggiungere la guarigione nel 96,8%. Nonostante la linfoadenite cervicale è la più comune forma di presentazione della tubercolosi del distretto testa-collo, i coinvolgimenti isolati della regione naso-sinusale, della laringe, della cavità orale o di altre sotto-sedi non sono entità sconosciute. Ciononostante, è importante prestare attenzione a queste presentazioni atipiche e misconosciute e considerarle nella diagnosi differenziale del testa-collo, anche in individui non immunocompromessi.
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Tironi, Gloria, Maria Luisa Valenta et Marta Mariani. « Il progetto “Autoscatto” : un intervento educativo nei disturbi del comportamento alimentare mediante l’utilizzo del Modello Transteorico del Cambiamento di Prochaska e Diclemente ». IJEDO 4 (29 juin 2022) : 14–19. http://dx.doi.org/10.32044/ijedo.2022.04.

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Résumé :
I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione rappresentano una problematica significativa all’interno della salute pubblica. Un importante approfondimento teorico sui trattamenti è fornito dalle linee guida regionali e nazionali, quali l’allegato 1 alla delibera 668 del 2017 della Regione Friuli-Venezia Giulia e il documento “Appropriatezza clinica, strutturale e operativa nella prevenzione, diagnosi e terapia dei disturbi dell’alimentazione” pubblicato nel 2013 dal Ministero della Salute. Lo scopo del seguente articolo è descrivere la progettazione e l’esecuzione di un intervento educativo, svolto su un singolo caso con diagnosi di bulimia nervosa, finalizzato l’aumento della motivazione al cambiamento. Il lavoro ha previsto una prima fase per l’individuazione delle aree di intervento e il successivo progetto educativo ha previsto l’utilizzo del Modello Transteorico del Cambiamento di Prochaska e Diclemente con attività per l’aumento della motivazione al cambiamento della persona presa in carico. Il progetto realizzato e i risultati positivi ottenuti hanno dimostrato che tramite l’applicazione del Modello Transteorico del Cambiamento è possibile lavorare sull’importante aspetto motivazionale con l’utilizzo di schemi specifici sul cambiamento, di aspetti psicologici e comportamentali.
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Gallucci, M., O. Migliori, B. Orlandi, A. Bozzao, F. Cardona et M. Arachi. « Malattie dismielinizzanti ». Rivista di Neuroradiologia 5, no 1_suppl (avril 1992) : 19–24. http://dx.doi.org/10.1177/19714009920050s104.

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Résumé :
L'aspetto generale di una malattia dismielinizzante è quello di una alterazione diffusa e simmetrica della sostanza bianca. Quest'aspetto può essere considerato specifico e spesso differenziale nei confronti delle patologie della sostanza bianca su base demielinizzante o encefaloclastica. Altro aspetto peculiare è la tendenza alla diffusione dell'alterazione, che non resta confinata in aree focali, ma tende ad avere una distribuzione lobare, emisferica o panencefalica, con possibile coinvolgimento del distretto sottotentoriale. Per quanto concerne l'inquadramento delle singole patologie dismielinizzanti occorre tracciare alcune brevi note per quelle forme che assumono degli aspetti differenziali più tipici. È importante sottolineare che, in forme con aspetti meno caratteristici, la diagnosi deve essere concertata in associazione con gli esami strumentali e di laboratorio e con la valutazione clinica. In conclusione l'apporto che la neuroradiologia reca in termini di diagnosi differenziale tra patologie su base dismetabolico-degenerativo e patologie su base demielinizzante o encefaloclastica è sostanziale. La neuroradiologia, inoltre, può offrire un inquadramento di sottogruppo patologico. Quest'ultimo aspetto è, tuttavia, di minor rilievo visto il generale scarso giovamento terapeutico di queste patologie.
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Gigli, Gian Luigi. « Lo stato vegetativo “permanente” : oggettività clinica, problemi etici e risposte di cura ». Medicina e Morale 51, no 2 (30 avril 2002) : 207–28. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.697.

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Résumé :
L’autore, alla luce della più aggiornata letteratura specialistica, illustra le due condizioni cliniche definite come stato vegetativo (SV) persistente rispettivamente SV permanente, condizioni a loro volta distinte da altre situazioni cliniche quali il coma e la morte cerebraele. Infatti, con SV persistente si intende uno SV - cioè la perdita completa di coscienza pur in presenza di cicli sonno-veglia e di attività ipotalamica e troncoencefalica autonomica - presente a distanza di un mese da un insulto cerebrale oppure per almeno un mese in disturbi metabolici o degenerativi o in sindromi malformative. Con SV permanente, invece, si definisce uno SV irreversibile, anche se l’organismo che ne da la definizione più aggiornata, la Multi-Society Task Force on PVS, ne precisa la connotazione probabilistica e non di certezza. Dunque mentre per lo SV persistente si pone una diagnosi, per lo SV permanente solo un giudizio prognostico. Nel prosieguo dell’articolo, l’autore illustra inoltre il dibattito di bioetica clinica attivatosi sull’argomento, mettendo in guardia da inaccettabili tentativi di introduzione surrettizia di pratiche eutanasiche per questi pazienti.
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Maina, Giuseppe, Patrizia Vaschetto, Simona Ziero, Rossella Di Lorenzo et Filippo Bogetto. « The post partum as specific risk factor for the onset of obsessive-compulsive disorder : clinical- controlled study ». Epidemiologia e Psichiatria Sociale 10, no 2 (juin 2001) : 90–95. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00005169.

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RIASSUNTOScopo – Lo studio si propone di indagare, tra gli eventi psicosociali stressanti, l'esistenza di un fattore di rischio specifico per l'esordio del disturbo ossessivo-compulsivo nelle donne (DOC). Disegno – Studio clinico controllato. Setting – Servizio per i disturbi depressivi e d'ansia, Clinica Psichiatrica, Università di Torino. Metodo – Sono state inserite nella ricerca 29 pazienti di sesso femminile con diagnosi attuale di DOC secondo i criteri del DSM-IV. Tale popolazione è stata confrontata con 2 gruppi di controllo: 29 donne sane appaiate per caratteristiche sociodemografiche alle pazienti ossessive e 29 pazienti di sesso femminile con diagnosi attuale di bulimia nervosa appaiate per età, età d'esordio, scolarita e stato civile al gruppo di studio. A tutte le donne incluse nell'indagine è stata somministrata l'lntervista Clinica Strutturata per il DSM III-R (SCID) per la valutazione dei disturbi di Asse I e I'Interview for Recent Life Event di Paykel per I'individuazione dei life-events nei 12 mesi precedenti l'esordio del disturbo (e negli ultimi 12 mesi per le donne sane). Inoltre, alle pazienti ossessive è stata somministrata la Yale- Brown Obsessive Compulsive Scale (Y-BOCS) e alle pazienti bulimiche la Eating Disorder Inventory(EDI). Risultati – Sia la frequenza che la gravità degli eventi psicosociali stressanti non sono risultate significativamente differenti nei tre gruppi. La valutazione della prevalenza dei singoli eventi ha messo in evidenza che il life-event “nascita di un figlio vivo per la madre” era significativamente più frequente nelle pazienti ossessive. Conclusioni – Lo studio ribadisce in primo luogo quanto avevamo osservato in una precedente ricerca: tra gli eventi psicosociali stressanti, riscontrati nell'anno precedente l'insorgenza del DOC, solo il post partum costituisce un fattore di rischio per l'esordio del disturbo nella popolazione femminile rispetto ai controlli sani. In secondo luogo, tale ricerca porta ulteriori evidenze a favore dell'importanza e specificità di questa associazione, mostrando che non in tutte le patologie psichiatriche il post partum è un fattore di rischio per l'esordio.
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Cavalletti, Matteo, Maria Paola Boldrini, Alessandra Catania, Valeria Fusco, Nicoletta Serra et Giovanni Tagliavini. « Utilizzare la TADS-Interview di S. Boon e H. Matthess per la diagnosi dei Disturbi Dissociativi e Complex PTSD ». RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no 3 (décembre 2021) : 79–91. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2021-003006.

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La Trauma and Dissociation Symptoms Interview di S. Boon e H. Matthess (da qui TADS-I) è un'intervista clinica semi-strutturata, composta da 214 domande, che ha lo scopo di valutare in modo approfondito i sintomi dissociativi e i sintomi correlati al trauma. L'obiettivo principale della TADS-I è valutare la gravità e la qualità dei sintomi dissociativi e di tutti gli altri sintomi clinici che si possono sviluppare a seguito di una o più esperienze traumatiche. Con l'attuale versione della TADS-I è possibile superare il limite di altri strumenti dedicati alla diagnosi dei sintomi dissociativi, in quanto sono presenti più indicatori specifici per differenziare questi due aspetti. L'obiettivo, a cui questo lavoro dà un primo contributo, è lo studio e lo sviluppo di nuovi profili diagnostici che permetteranno di osservare in uno stesso grafico, per ogni scheda sintomatologica, frequenza, distress, gravità sintomatologica, gravità sintomatologica con alterazione di coscienza e gravità sintomatologica con possibile divisione del sè attualmente in corso.
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Andreula, C. F., G. Marano et A. Carella. « Excursus RM di malattie infettive ». Rivista di Neuroradiologia 5, no 3 (août 1992) : 331–47. http://dx.doi.org/10.1177/197140099200500305.

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Obiettivo di questo breve compendio di malattie infettive ha quello di fornire una mappa indicativa delle patologie infettive del sistema nervoso centrale di più frequente riscontro. In questo piccolo excursus abbiamo tentato di caratterizzare ogni malattia con cenni sulla biocinetica degli agenti microbici, sulla dinamica del danno tessutale e sul quadro neuroradiologico, trascurando la sintomatologia clinica. Le infezioni virali, batteriche, da spirochete, fungine, parassitarie e da protozoi che abbiamo esaminato differiscono le une dalle altre per tipo e qualità di danno tessutale (meningite, meningiti con interessamento del parenchima sottostante, meningo-encefaliti ematogene, lesioni focali parenchimali). Tali differenze, fatte salve poche eccezioni, non consentono però in tutti i casi una diagnosi differenziale, generalmente frutto di un lavoro di equipe tra clinico, infettivologo, microbiologo e neuroradiologo; ciò però non deve fuorviare dal tentativo di dare una risposta quanto più possibile esauriente ai quesiti che giornalmente vengono posti.
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Bonetti, M., B. S. Cotticelli, F. Albertini, G. Dalla Volta, B. Troianiello et M. Guindani. « Atrofia olivopontocerebellar sporadica : Studio con risonanza magnetica ». Rivista di Neuroradiologia 16, no 2 (avril 2003) : 307–14. http://dx.doi.org/10.1177/197140090301600211.

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L'atrofia olivopontocerebellare sporadica (sOPCA o MSA-C) è considerata una delle possibili manifestazioni dell'atrofia multisistemica (MSA). Nel periodo gennaio 2000-settembre 2002 sono giunti alla nostra osservazione 8 pazienti affetti da MSA-C di età variabile (42.8 +/- 18.7) che presentavano sintomatologia clinica compatibile con la diagnosi di atassia spinocerebellare. La RM ha documentato atrofia del tronco encefalico e del cervelletto con alterazione del segnale a livello delle fibre traverse del ponte ed a livello del peduncolo cerebellare medio nelle sequenze a TR lungo. In un solo paziente è stata evidenziata una alterazione dell' intensità di segnale a livello putaminale, facendo ipotizzare pertanto una possibile concomitanza con la degenerazione nigrostriatale (SND o MSA-P) considerata anch'essa una possibile espressione di MSA con pesanti ripercussioni sulle aspettative di vita del paziente. La RM, evidenziando le alterazioni delle strutture anatomiche coinvolte nella MSA-C, si rivela strumento essenziale sia per confermare una diagnosi già formulata sulla base delle manifestazioni cliniche peculiari, sia per indirizzare verso una corretto inquadramento diagnostico quei pazienti non ancora inquadrati correttamente sul piano neurologico. Risulta, inoltre, esame indispensabile per il monitoraggio dell'evoluzione della malattia.
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Battistella, P. A., G. Perilongo, A. Internò, C. Cereda, L. Padovan et C. Carollo. « La cefalea nei tumori del tronco encefalico ». Rivista di Neuroradiologia 9, no 6 (décembre 1996) : 731–34. http://dx.doi.org/10.1177/197140099600900617.

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La cefalea costituisce un sintomo frequente dei tumori cerebrali con percentuali dal 30 al 70%: meno spesso (15–35%) costituisce il primo sintomo, di rado (10%) l'unico sintomo fino alla diagnosi. Vengono esaminati i dati clinici, il quadro neuroradiologico (RM) e il follow-up di 13 nuovi casi pediatrici affetti da tumore del tronco encefalico. La sintomatologia cefalalgica si riscontra in 6/13 casi, con pattern variabile, per lo più di tipo «tensivo». La localizzazione della neoplasia è prevalentemente ponto-mesencefalica (9 casi) rispetto a quella bulbare (3 casi) e mesencefalo-talamica (1 caso). 11 casi sono stati trattati con radioterapia iperfrazionata ad alte dosi (60–70 Gy) ed il follow-up (6 mesi-4 anni) dimostra exitus (5 casi) o deficit neurologici variabili (7 casi). Le modificazioni del segnale e la risposta al contrasto non sono risultate correlate al tipo di evoluzione clinica, mentre l'entità e la sede della neoplasia confermano il decorso più rapido per le estese localizzazioni a partenza pontina.
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Giuffrida, S., F. Le Pira, R. Saponara, V. La Spina, P. Milone et G. Politi. « Epilessia, calcificazioni occipitali bilaterali e morbo celiaco ». Rivista di Neuroradiologia 9, no 3 (juin 1996) : 345–48. http://dx.doi.org/10.1177/197140099600900313.

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Diversi autori hanno descritto l'associazione di epilessia, calcificazioni occipitali bilaterali e malattia celiaca come entità clinica autonoma ben distinta dalla sindrome di Sturge-Weber. Viene riportato il caso di un giovane paziente di 14 anni affetto da epilessia in cui la TC ha evidenziato la presenza di calcificazioni occipitali bilaterali; in considerazione dell'assenza di stigmate cutanee di malattia di Sturge-Weber è stata eseguita la ricerca di anticorpi anti-gliadina e biopsia intestinale, che hanno consentito di porre la diagnosi di malattia celiaca. Riteniamo che, anche in assenza di anamnesi positiva per malassorbimento, in pazienti affetti da epilessia e calcificazioni occipitali bilaterali, sia necessario valutare l'eventuale presenza di malattia celiaca al fine di poter prontamente instaurare un corretto trattamento dietetico.
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Panero, Marcello. « Teoria dell'attaccamento e psicoanalisi. Considerazioni su patologia e terapia ». SETTING, no 29 (mars 2011) : 5–60. http://dx.doi.org/10.3280/set2010-029001.

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L'articolo prende in esame l'ampia letteratura sulle implicazioni della Teoria dell'Attaccamento e dei suoi sviluppi recenti, per la diagnosi e la psicoterapia dei pazienti adulti. Vengono discusse convergenze e differenze con la teoria e la clinica psicoanalitica. Ci si sofferma sull'utilizzabilitŕ delle classificazioni e misurazioni derivanti dalla Strange Situation, dall'Adult Attachment Interview e dalla Scala della Funzione Riflessiva, e particolarmente sulle implicazioni del concetto di ‘coerenza del linguaggio' e sul significato del concetto di ‘sicurezza' nell'attaccamento e nella psicoterapia psicoanalitica. Vengono confrontati i diversi approcci di autori di area cognitivista e psicoanalitica, soprattutto circa il ruolo di "figura di attaccamento" svolto dal terapeuta. Viene infine presa in considerazione la "terapia basata sulla mentalizzazione" (Bateman e Fonagy) e la dialettica tra "sviluppo di funzioni psicologiche di base", esplorazione dei conflitti ed interpretazione.
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Toraldo, Domenico Maurizio. « Il trattamento del cancro polmonare : evidenze scientifiche e valori bioetici in conflitto nelle scelte terapeutiche ». Medicina e Morale 50, no 4 (31 août 2001) : 741–78. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2001.732.

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Il cancro del polmone costituisce una delle principali cause di morte dei paesi europei. La malattia se inoperabile ha una prognosi generalmente infausta e circa l’80% dei pazienti muore entro un anno dalla diagnosi. Stabilire un efficace piano di trattamento costituisce una priorità di salute pubblica e oggetto di continuo dibattito scientifico. La diagnosi precoce offre la possibilità al malato di usufruire del trattamento chirurgico che può guarire la malattia. La polichemioterapia e la radioterapia si rivelano spesso fallimentari e nel migliore dei casi possono allungare di qualche mese la vita del malato al costo di sofferenze importanti. Nella pratica clinica in molti ospedali italiani pur non esistendo un protocollo diagnostico-terapeutico di riferimento, e il trattamento medico viene proposto, nella maggior parte dei casi, senza un adeguato consenso informato che spieghi al paziente le difficoltà e la complessità terapeutiche ed il paziente nella maggior parte dei casi non partecipa alle decisioni che lo riguardano. L’Autore attraverso una revisione della letteratura scientifica recente mette a punto il problema dal punto di vista tecnico e affronta contestualmente i numerosi problemi bioetici e deontologici sollevati dall’assenza sia di un’etica della comunicazione nelle problematiche della diagnosi e della terapia sia della relazione di cura cioè nella conduzione della terapia nel tempo, mettendo in evidenza le inesauribili possibilità curative che il medico dovrebbe evidenziare con la su presenza e con il suo attaccamento al malato. Viene analizzato il ruolo decisivo del medico nelle ultime fasi della vita del paziente e l’utilità della medicina palliativa nella sedazione del dolore e nel controllo dei sintomi come forma di rispetto della dignità della persona. Infine l’Autore auspica la necessità di una formazione etica e deontologica attraverso corsi di aggiornamento obbligatorio del medico ospedaliero per poter acquisire una consapevolezza dei valori in gioco.
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