Littérature scientifique sur le sujet « Dementia, metabolic imaging, neuropsychology »
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Articles de revues sur le sujet "Dementia, metabolic imaging, neuropsychology"
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Texte intégralThèses sur le sujet "Dementia, metabolic imaging, neuropsychology"
FERRI, FRANCESCA. « Phenotypic and metabolic imaging characterization of posterior cognitive dysfunctions ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/94449.
Texte intégralFiorenzato, Eleonora. « Cognitive and Brain Imaging Changes in Parkinsonism ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3424966.
Texte intégralLa presente tesi è formata da tre parti principali: la prima teorica mentre le due seguenti sono sperimentali. La prima parte, composta di due capitoli, introdurrà le caratteristiche cliniche e neuropatologiche sottostanti ai disturbi parkinsoniani, in particolare nella malattia di Parkinson (PD) e nei parkinsonismi atipici — atrofia multisistemica (MSA) e paralisi progressiva sopranucleare (PSP) (Capitolo 1). Nello specifico, PD ed MSA sono definite come sinucleinopatie per la presenza di aggregati di sinucleina, mentre la PSP che è caratterizzata dall’accumulo di proteina tau rientra a far parte delle tauopatie. Invece, il Capitolo 2 fornirà una panoramica delle disfunzioni cognitive che caratterizzano questi disturbi e fornirà inoltre evidenze circa i meccanismi biologici e i cambiamenti strutturali che sono alla base delle alterazioni cognitive. Nella seconda e la terza parte sono riportati alcuni studi che ho condotto durante il dottorato di ricerca. In particolare, nel Capitolo 3 riporto i risultati dei miei studi sugli strumenti di screening cognitivo più sensibili nel rilevare alterazioni cognitive nei parkinsonismi atipici rispetto ai pazienti con PD. Nel successivo studio invece ho investigato la progressione del declino cognitivo in questi disturbi (Capitolo 4). Infine, ho investigato con studi di risonanza magnetica i cambiamenti strutturali che sottendono le alterazioni cognitive nel PD (Capitolo 5) e nella MSA (Capitolo 6). Seguiranno le conclusioni generali, in cui discuto le conseguenze cliniche dei risultati ottenuti negli studi cognitivi e di imaging (Capitolo 7). PARTE I – Background teorico Capitolo 1: I disturbi parkinsoniani I disturbi parkinsoniani sono caratterizzati da una diversa patologia sottostante. Nel PD ed MSA ci sono aggregati di sinucleina rispettivamente nei neuroni dopaminergici o nelle cellule gliali, mentre i pazienti con PSP presentano delle aggregazioni di proteina tau che determina la formazione di ammassi neurofibrillari (Daniel, de Bruin, & Lees, 1995; Dickson, 1999). Le manifestazioni cliniche dipendono dalle caratteristiche di aggregati proteici e dall’entità di diffusione della malattia nelle regioni corticali e sottocorticali (Halliday, Holton, Revesz, & Dickson, 2011). Quindi, il presente capitolo illustrerà la patologia sottostante nel PD, MSA e PSP, saranno poi descritte le diverse caratteristiche cliniche ed infine, saranno presentati i più recenti criteri diagnostici di questi disturbi (e.g., Gelb, Oliver, & Gilman, 1999; Gilman et al., 2008; Höglinger et al., 2017). Capitolo 2: Caratteristiche cognitive e i sottostanti meccanismi nei disturbi parkinsoniani I sintomi non-motori rappresentano una parte cruciale dello spettro dei disturbi parkinsoniani, in particolare le disfunzioni cognitive, inclusa la demenza, sono probabilmente tra i sintomi non-motori più rilevanti, in quanto influenzano l'autonomia funzionale dei pazienti, incrementano il carico di gestione del caregiver ed hanno un notevole impatto socioeconomico (Keranen et al., 2003; McCrone et al., 2011; Vossius, Larsen, Janvin, & Aarsland, 2011). La prima parte di questo capitolo fornirà una panoramica sulle disfunzioni cognitive nel PD, MSA e PSP. Saranno inoltre riportati i criteri clinici per la diagnosi di declino cognitivo lieve e di demenza nel PD (Dubois et al., 2007; Emre et al., 2007; Litvan et al., 2012), al contrario invece non esistono al momento criteri disponibili per valutare le sindromi cognitive in PSP e MSA. Infine, la seconda e la terza parte di questo capitolo forniranno evidenze sui meccanismi biologici e sui cambiamenti strutturali sottostanti alle alterazioni cognitive in questi disturbi. PARTE II - Studi sulle manifestazioni cognitive nei disturbi parkinsoniani Capitolo 3: Performance al Montreal Cognitive Assessment e Mini-Mental State Examination nella paralisi sopranucleare progresiva, atrofia multisistemica e malattia di Parkinson Vi è un generale consenso nel riconoscere che le alterazioni cognitive siano frequenti nei PD e negli altri disturbi parkinsoniani (Aarsland et al., 2017; Brown et al., 2010; Gerstenecker, 2017). Pertanto, nella pratica clinica possono essere adottate delle scale brevi di screening cognitivo, per supportare il clinico nel processo diagnostico (Marras, Troster, Kulisevsky, & Stebbins, 2014). Il Mini-Mental State Examination (MMSE) è la scala più utilizzata (Folstein, Folstein, & McHugh, 1975), anche se MMSE è relativamente insensibile nell’identificare rilevare disfunzioni cognitive nei disturbi parkinsoniani principalmente perché non indaga il dominio fronto-esecutivo (Hoops et al., 2009). Al contrario, il Montreal Cognitive Assessment (MoCA), un altro strumento di screening cognitivo ampiamente utilizzato nei pazienti con PD (Nasreddine et al., 2005), ha mostrato un’elevata sensibilità e specificità nell’identificazione di alterazioni cognitive nei PD (Gill, Freshman, Blender, & Ravina, 2008; Hoops et al., 2009; Zadikoff et al., 2008), come anche in altre malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, la demenza da corpi di Lewy (DLB) e la malattia di Huntington (Biundo et al., 2016b; Hoops et al., 2009; Nasreddine et al., 2005; Videnovic et al., 2010). Tuttavia, vi sono poche evidenze sull’uso del MoCA nei parkinsonismi atipici, in particolare nella PSP ed MSA (Kawahara et al., 2015). Pertanto, lo scopo del presente studio era di determinare se il MoCA fosse più sensibile del comunemente utilizzato MMSE nel rilevare alterazioni cognitive nei pazienti con probabile PSP e MSA, rispetto al PD. In questo studio multicentrico, che ha coinvolto altri tre centri europei, sono state somministrate le scale MMSE e MoCA a 130 pazienti: 35 MSA, 30 PSP e 65 pazienti PD appaiati per età, scolarità e sesso. Sono state valutate le differenze tra i gruppi per MMSE, MoCA, e i loro subitem; infine sono state calcolate le curve ROC (Receiver-Operating Characteristic). Dai risultati emerge che la media del MMSE è superiore al punteggio medio del MoCA in ogni gruppo di pazienti: MSA (27.7 ± 2.4 vs. 22.9 ± 3.0, p<0.0001), PSP (26.0 ± 2.9 vs. 18.2 ± 3.9, p<0.0001), e PD (27.3 ± 2.0 vs. 22.3 ± 3.5, p<0.0001). Inoltre, il punteggio totale MoCA così come il suo subitem di fluenza fonemica è in grado di differenziare la PSP da MSA e PD con un’alta specificità e moderata sensibilità. Specificamente, un punteggio uguale o inferiore a sette parole al minuto sembra supportare una diagnosi di PSP (PSP vs PD: 86% specificità, sensibilità al 70%, PSP vs MSA: 71% specificità, sensibilità al 70%). Al contrario, nel MMSE è stato possibile osservare un ‘effetto-soffitto’ per la maggior parte dei subitem, ad eccezione del subitem dei ‘due pentagoni’, in cui i pazienti con PSP hanno una prestazione peggiore rispetto a MSA e PD. I nostri risultati suggeriscono che PSP ed MSA, similmente al PD, possono presentare una prestazione normale al MMSE ma deficitaria al MoCA. In conclusione, il MoCA è più sensibile del MMSE nel rilevare disfunzioni cognitive nei parkinsonismi atipici ed insieme al suo subitem di fluenza verbale sembra essere un valido test per supportare una diagnosi di PSP. Capitolo 4: Valutazione prospettica delle disfunzioni cognitive nei disturbi parkinsoniani Evidenze in ambito clinico e di ricerca suggeriscono che le disfunzioni cognitive nei disturbi parkinsoniani siano progressive. Tuttavia, in letteratura vi sono pochi studi longitudinali che indagano la progressione cognitiva in pazienti con PSP ed MSA rispetto a pazienti PD (Dubois & Pillon, 2005; Rittman et al., 2013; Soliveri, 2000). In particolare, i precedenti studi si basano solo su scale globali di screening cognitivo, oppure su valutazioni neuropsicologiche parziali che non esaminano l'intero spettro delle abilità cognitive nei cinque domini (i.e., attenzione/memoria di lavoro, esecutivo, mnesico, visuospaziale e del linguaggio). Inoltre, sebbene siano stati formulati criteri clinici per la diagnosi di declino cognitivo lieve (MCI) e di demenza in pazienti PD (Dubois et al., 2007; Litvan et al., 2012), rimane ancora da investigare se tali criteri possano essere applicati anche nei parkinsonismi atipici (Marras et al., 2014). Date tali premesse, gli obiettivi del presente studio sono stati: i) valutare la severità delle alterazioni cognitive in pazienti PSP ed MSA utilizzando i criteri validati nei pazienti PD, per identificare gli stati cognitivi (i.e., MCI o demenza); ii) esaminare la sensibilità di due strumenti di screening cognitivo ampiamente utilizzati, (i.e., MMSE e MoCA), nel differenziare il profilo cognitivo globale di pazienti MSA, PSP e PD; iii) caratterizzare la progressione del declino cognitivo nei cinque domini, il profilo comportamentale e infine confrontare il profilo cognitivo al follow-up tra i vari disturbi parkinsoniani. Il nostro campione includeva 18 pazienti con PSP, 12 MSA e 30 pazienti con PD appaiati per età, scolarità e sesso, che sono stati valutati alla baseline e al follow-up a 15 mesi. Sono stati raccolti dati demografici e clinici; inoltre dal punto di vista cognitivo è stata selezionata una batteria di test neuropsicologici completa, specifica per l’identificazione di deficit cognitivi in pazienti PD, secondo i criteri pubblicati di ‘Livello II’ (Dubois et al., 2007; Litvan et al., 2012; Marras et al., 2014). Abbiamo quindi applicato tali criteri anche a pazienti MSA e PSP, dato che non esistono criteri pubblicati per i parkinsonismi atipici. Infine, sono state utilizzate analisi statistiche di tipo non-parametrico. Dai nostri risultati emerge che i pazienti con PSP hanno un declino cognitivo più severo rispetto a pazienti PD ed MSA. Nello specifico, al follow-up è stato possibile osservare un marcato declino a carico del dominio esecutivo e del linguaggio nel gruppo con PSP. Le valutazioni cognitive alla baseline e al follow-up erano concordanti, ed entrambe confermano che i pazienti PSP hanno una prestazione peggiore rispetto ai pazienti PD ed MSA: in particolare, nello Stroop test, nelle fluenze verbali (semantica e fonematica) e nel MoCA. Valutando la severità dei deficit cognitivi, abbiamo inoltre trovato diverse percentuali di diagnosi cognitive (i.e., profilo nella norma, MCI vs. demenza) tra i tre gruppi. In particolare, la percentuale più elevata di pazienti con demenza era nel gruppo con PSP rispetto ai pazienti MSA (i.e., 33% vs. nessun paziente con demenza), anche se la durata di malattia era simile. Inoltre, tra i pazienti MSA e PSP con un profilo MCI-multidominio alla baseline, solo pazienti con PSP passano ad una diagnosi di demenza al follow-up. Infine nel gruppo di pazienti PD, nonostante avessero una durata di malattia più lunga, la percentuale di soggetti che passano ad una diagnosi di demenza era inferiore rispetto al gruppo con PSP (7% vs. 16%), nonostante entrambi i gruppi avessero una gravità di MCI simile alla baseline. Complessivamente questi risultati suggeriscono un più rapido e severo declino cognitivo in soggetti PSP, mentre i pazienti MSA mostrano generalmente deficit più limitati. La scala globale MoCA sembra essere maggiormente sensibile, rispetto al MMSE, nel rilevare cambiamenti cognitivi, in particolare nella PSP. Tuttavia il MoCA mostra una sensibilità inferiore rispetto al MMSE nell’identificare un declino cognitivo al follow-up in pazienti PD; quindi il MMSE sembra essere uno strumento migliore per monitorare longitudinalmente cambiamenti cognitivi in pazienti PD. Riguardo al profilo comportamentale, i pazienti PSP riportano più comunemente rispetto ai pazienti PD: apatia, ansia e depressione. Infine, l'analisi dei subitem rivela che i pazienti PSP mostrano un peggioramento ‘clinicamente significativo’ dopo 15 mesi soprattutto nei subitem attentivo-esecutivi (Trial Making Test parte B e il disegno di un orologio). Tuttavia è stato possibile osservare che alcuni pazienti hanno anche un miglioramento in specifici subitem al follow-up. Questo miglioramento potrebbe essere attribuibile ad una più elevata dose farmacologica (nonostante il trattamento dopaminergico alla baseline non fosse significativamente diverso al follow-up). Tuttavia, è importante notare che tali alterazioni erano presenti soprattutto in subitem sensibili alle problematiche motorie (i.e., disegno di figure e collegamento di cerchi con una penna) che quindi potrebbero aver alterato la performance. Questi limiti della scala MoCA e MMSE sono già stati osservati in precedenza nei pazienti con PD (Biundo et al., 2016b; Hu et al., 2014), e possibilmente sono ancora più pronunciati nei parkinsonismi atipici. In conclusione i nostri risultati rivelano che i pazienti PSP hanno una performance notevolmente alterata rispetto agli altri disturbi parkinsoniani (MSA e PD), e dopo circa 6 anni di durata di malattia, il 33% dei pazienti PSP ha una diagnosi di demenza. Questa severa progressione è probabilmente associata ad una diffusione di aggregati tau che coinvolge anche strutture corticali. Al contrario, il pattern di compromissione cognitiva in pazienti con MSA è meno severo, e probabilmente è associato ad una predominanza sottocorticale della patologia, con un coinvolgimento corticale solo secondario alle alterazioni sottocorticali. Pertanto, i nostri risultati suggeriscono che la valutazione neuropsicologica può essere utile nella differenziazione dei profili cognitivi nei parkinsonismi atipici e per monitorare la progressione della malattia. PARTE III – Studi di neuroimmagine sulle sinucleinopatie Capitolo 5: Effetti dei depositi di amiloide sulle manifestazioni cognitive e motorie nella malattia di Parkinson Alterazioni cognitive, in particolare deficit esecutivi, possono essere osservati anche nelle prime fasi del PD (Aarsland, Bronnick, Larsen, Tysnes & Alves, 2009). La disfunzione frontostriatale del sistema dopaminergico può influenzare la presenza di problemi esecutivi ed attentivi (Bruck, Aalto, Nurmi, Bergman, & Rinne, 2005), tuttavia al momento le evidenze relative al trasportatore striatale di dopamina (DAT) sono inconsistenti (Delgado-Alvarado, Gago, Navalpotro-Gomez, Jimenez-Urbieta, & Rodriguez-Oroz, 2016). I meccanismi neuropatologici che stanno alla base delle alterazioni cognitive nei PD sono eterogenei (Irwin, Lee, & Trojanowski, 2013; Kehagia, Barker & Robbins, 2010), ed il contributo del deposito di amiloide in aggiunta alla sinucleinopatia rimane ancora poco definito, soprattutto nelle prime fasi della malattia. Pertanto, lo scopo del presente studio è stato quello di indagare l'interazione tra depositi di amiloide nel circuito frontostriatale, deficit dopaminergico striatale, grado di atrofia cerebrale ed il loro contributo nelle alterazioni cognitive (i.e., funzioni fronto-esecutive) nelle prime fasi del PD. Una coorte multicentrica di 33 pazienti con PD ricavata dal ‘Parkinson's Progression Markers Initiative’ è stata sottoposta a una tomografia ad emissione di positroni (PET) con radiofarmaco [18F]florbetaben, tomografia ad emissione di fotone singolo (SPECT) con radiofarmaco [123I]FP-CIT, risonanza magnetica (MRI) strutturale, valutazione clinica e cognitiva. Dai nostri risultati emerge che elevati livelli di depositi di amiloide erano associati ad una riduzione del deficit dopaminergico nello striato dorsale (rispetto ai bassi livelli di depositi di amiloide), ad un aumento dell’atrofia cerebrale in regioni frontali ed occipitali, e ad una tendenza a manifestare più frequentemente alterazioni cognitive globali (come valutato dal MoCA), ed in test fronto-esecutivi. Inoltre, le deposizioni di amiloide nelle regioni frontostriatali erano inversamente correlate alla performance cognitiva. Nel complesso i nostri risultati suggeriscono che pazienti con PD in fase iniziale di malattia e amiloidosi hanno un più elevato grado di atrofia cerebrale e possono esperire maggiori deficit cognitivi (i.e., disfunzioni esecutive) e alterazioni motorie rispetto a soggetti negativi all’amiloide. I nostri risultati sembrano essere in linea con una recente ipotesi neuropatologica che considera il danno e disfunzione assonale a livello sinaptico come un elemento caratteristico del PD (Tagliaferro & Burke, 2016). Infatti, i neuroni del sistema dopaminergico sono particolarmente vulnerabili alla sinucleinopatia a causa delle loro caratteristiche assonali: gli assoni sono lunghi, sottili e non mielinizzati. Questa ipotesi è confermata anche da studi di neuroimmagine PET con traccianti che si legano al DAT (Caminiti et al., 2017), suggerendo che le aggregazioni di sinucleina nel PD possono influenzare la funzione sinaptica e la trasmissione di segnale sin dalle prime fasi della malattia. I nostri risultati suggeriscono quindi una possibile interazione tra depositi di amiloide e sinucleinopatia, in cui la presenza di amiloide può facilitare la diffusione di sinucleina (i.e., corpi di Lewy) (Toledo et al., 2016), pertanto questa interazione può contribuire ulteriormente alla vulnerabilità assonale. In linea con questa ipotesi, i nostri risultati sembrano confermare che le deposizioni di amiloide agiscono sinergicamente con la sinucleinopatia, influenzando le manifestazioni cliniche del PD. Capitolo 6: Profilo neurostrutturale dell’atrofia multisistemica con alterazioni cognitive A differenza di altre sinucleinopatie (e.g., PD e DLB), la presenza di demenza è considerata un criterio di esclusione nella diagnosi di MSA (Gilman et al., 2008), tuttavia vi è una crescente evidenza che pazienti affetti da MSA possano manifestare alterazioni cognitive, che includono disfunzioni esecutive ma anche deficit cognitivi multidominio, e in alcuni casi anche demenza (Gerstenecker, 2017). Il MMSE è una scala cognitiva globale comunemente utilizzata nella pratica clinica, e recentemente uno studio multicentrico ha suggerito l’utilizzo di un cutoff <27 per aumentare la sensibilità di tale scala nell'identificare alterazioni cognitive in pazienti MSA (Auzou et al., 2015). I meccanismi che sottendono le disfunzioni cognitive in soggetti MSA non sono ancora stati identificati ed evidenze da studi di MRI suggeriscono un discreto contributo corticale e sottocorticale per spiegare tali alterazioni cognitive (Kim et al., 2015; Lee et al., 2016a). Tuttavia questi risultati sono basati su un numero relativamente piccolo di pazienti e in vari stadi di malattia, inoltre sono studi basati su singoli centri. Pertanto, lo scopo del nostro studio multicentrico è stato quello caratterizzare i cambiamenti anatomici associati ad alterazioni cognitive in pazienti MSA e di investigare le differenze strutturali corticali e sottocorticali rispetto ad un campione di soggetti sani. Abbiamo quindi esaminato retrospettivamente 72 pazienti MSA, e definito 50 MSA come cognitivamente normali (MSA-NC) e 22 con alterazioni cognitive (MSA-CI) utilizzando il cutoff del MMSE <27. Abbiamo inoltre confrontato direttamente i due sottogruppi di MSA, e comparato l’intero gruppo di MSA ad un campione di 36 controlli sani (HC) utilizzando un’analisi di ‘morfometria basata sui voxel’ che analizzava la sostanza grigia e bianca. Inoltre, abbiamo applicato anche una segmentazione automatizzata dei volumi sottocorticali. Dai nostri risultati emerge che i pazienti MSA, rispetto a soggetti sani, hanno una diffusa atrofia corticale (i.e., che coinvolge bilateralmente aree frontali, occipito-temporali e parietali), sottocorticale ed alterazioni alla sostanza bianca. Tuttavia, nel confronto diretto, i soggetti MSA-CI mostrano solo una focale riduzione del volume a carico della corteccia prefrontale dorsolaterale sinistra rispetto a pazienti MSA-NC. Tali risultati suggeriscono che la patologia corticale abbia un effetto marginale sulle alterazioni cognitive nei pazienti MSA. Suggeriamo quindi che le alterazioni cognitive siano piuttosto determinate da una degenerazione frontostriatale focale, che sembra essere in linea con il concetto di ‘alterazioni cognitive sottocorticali’.
Rahman, Tupur. « Understanding Cognitive Function In Older Adults With Type 2 Diabetes Mellitus via Environmental Stress in the Functional Magnetic Resonance Imaging Environment and Metabolic Stress Associated with Glucose Ingestion ». Thesis, 2011. http://hdl.handle.net/1807/31401.
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Trouver le texte intégralDevelopments in Clinical and Experimental Neuropsychology. Springer, 1989.
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Texte intégral