Articles de revues sur le sujet « Dati legislazione »

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Valas, Igor. « I registri dei titolari effettivi alla luce del D.M. 11 marzo 2022, n. 55 : diritti di accesso e diritti di opposizione ». settembre-ottobre, no 5 (6 octobre 2022) : 986–92. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.199.

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Résumé :
Sunto Il DMEF 55 demanda alle Camere di commercio competenti plurime attività, sia interpretative della legislazione primaria, sia di autogestione delle procedure di accesso. Pur nell’auspicata lungimiranza di queste ultime, è fondato il timore che troppi dati sensibili siano accessibili agevolmente da parte di una moltitudine di soggetti, senza un vero e concreto controllo sia dell’utilizzo per l’accesso, sia di altri utilizzi. La criticità è maggiore in relazione ai dati del registro dei trust e degli istituti affini. È   plausibile che l’unico rimedio attuale, pur spuntato per assenza di un’adeguata procedura giurisdizionale, può oggi consistere nell’attività dichiarativa dei controinteressati in relazione all’esistenza di «circostanze eccezionali».
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Genovese, Claudia. « Le conseguenze psicologiche derivanti dall’interruzione volontaria della gravidanza : i risultati di alcune ricerche ». Medicina e Morale 51, no 4 (31 août 2002) : 711–29. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.690.

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Résumé :
Il contributo porta sinteticamente a conoscenza i risultati di alcune ricerche, condotte in diversi paesi, sul disagio post-abortivo. Sensi di colpa, idee autolesioniste, depressione, abuso di alcool o stupefacenti, disturbi del comportamento, ipervigilanza, “sindrome dell’anniversario” sono solo alcuni tra i sintomi osservati. I dati emergono da studi conformi alla metodologia dell’indagine psicologica e non appaiono pertanto condizionati dall’approccio alla problematica dell’aborto. Se ne traggono conclusioni circa le strategie preventive del ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza e circa il ruolo assegnato al pericolo per la salute psichica della donna dalla legislazione in materia di aborto. Tale pericolo risulta invero fondatamente riscontrabile, alla luce dei dati raccolti, proprio laddove un’interruzione volontaria della gravidanza venga effettuata. Ciò conduce a esprimere il convincimento che gli interessi del concepito e della madre rispetto alla gravidanza non siano in contrapposizione, ma in stretta, reciproca correlazione.
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INTERGUGLIELMI, ANTONIO. « La privacy nel diritto canonico e i rapporti con le legislazioni nazionali della Comunità Europea ». Prawo Kanoniczne 60, no 4 (7 octobre 2018) : 41. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2017.60.4.03.

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Résumé :
Con il progressivo utilizzo dei sistemi informatici e con l’espansione dell’utilizzo dei media, in modo particolare negli ultimi anni con il crescente diffondersi di internet e dei social media, la questione della tutela dei dati personali ha fatto sorgere nuove esigenze che richiedono un adeguamento della normativa canonica.Le nuove problematiche di tutela, spesso rese molto complesse dalla difficoltà di arginare un fenomeno di “trasmissione di informazioni e quindi anche di dati” in continua espansione tecnologica, hanno reso necessario adeguare la normativa di tutela della privacy sia a livello di norme della Comunità Europea, che dei singoli paesi tenuti a recepirle, di cui ci occuperemo nel nostro studio.La Chiesa, che da sempre è depositaria della memoria e della storia dei popoli, attraverso gli archivi ecclesiastici, delle diocesi, dei monasteri e anche delle singole parrocchie, è dunque tenuta a garantire la tutela dei dati in suo possesso, che rappresentano la vita dei suoi fedeli.Inoltre il diritto della Chiesa da sempre riconosce tra i suoi diritti fondamentali il rispetto della persona, tra cui rientra anche quello del “diritto al rispetto della buona fama e della riservatezza di ogni persona”, che viene sancito nel Codice di diritto canonico del 1983 al canone 220.La tutela dei dati personali coinvolge inoltre il rapporto tra l’ordinamento della Chiesa e le norme giuridiche degli Stati: nella legislazione di molte nazioni sono state promulgate leggi che tutelano il trattamento dei dati personali, norme che vanno tenute presenti dalle Conferenze Episcopali Nazionali per disciplinare e adeguare ad esse la normativa canonica sul trattamento dei dati cosiddetti “sensibili”.
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La Notte, Alessandra. « Come applicare l'approccio NAMEA ai Rifiuti Solidi Urbani : un caso studio nella provincia di Torino ». ECONOMICS AND POLICY OF ENERGY AND THE ENVIRONMENT, no 3 (avril 2010) : 165–86. http://dx.doi.org/10.3280/efe2009-003008.

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Analisi e trattazione del tema ‘rifiuti' sono diverse a seconda che si tratti di rifiuti solidi urbani (RSU) o rifiuti speciali. La legislazione italiana prevede infatti regimi diversi per le due classi di rifiuti: variano gli strumenti di gestione, le istituzioni che se ne occupano e i datasets utilizzati per azioni di controllo e monitoraggio. Se l'autoritŕ pubblica locale volesse in qualche modo monitorare l'origine e destinazione dei rifiuti cercando di far luce sulle cause generatrici del problema e sull'efficacia delle politiche impiegate sarebbe utile applicare un modulo di contabilitŕ ambientale tipo NAMEA che metta in relazione le attivitŕ produttive e le quantitŕ di rifiuti prodotti. L'applicazione di tale modulo implica tre passaggi fondamentali. Innanzitutto va individuata l'unitŕ critica di riferimento a cui i dati puntuali pervengono e sono elaborati: in base all'ordinamento italiano tale unitŕ per i RSU č il consorzio dei comuni. In secondo luogo occorre verificare come estrarre i dati di interesse per compilare la parte ambientale di un approccio di tipo NAMEA: il sistema di tariffazione (TIA) attualmente in uso permette una stima puntuale delle quantitŕ di rifiuti prodotti per attivitŕ produttiva. Infine č necessario adattare la classificazione dei RSU alla classificazione NACE tipica dei moduli NAMEA: la classicazione RSU permette di identifcare le codificazioni dettagliate NACE piů appropriate per settore terziario. Dato il dettaglio territoriale di cui si dispone č possibile redigere la matrice per origine e destinazione e quindi riportare dove e come il rifiuto viene trattato/smaltito/riciclato.
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Munk-Jørgensen, Povl. « Perspectives for psychiatric epidemiology : are we measuring the right things ? » Epidemiologia e Psichiatria Sociale 5, no 3 (décembre 1996) : 190–97. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00004176.

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Résumé :
RIASSUNTOScopo - In questi ultimi anni l'epidemiologia è al centro dell'attenzione. La psichiatria è stata all'avanguardia nello sviluppo dei metodi epidemiologici e nella loro applicazione alia ricerca è alia pianificazione. La psichiatria epidemiologica si è occupata prevalentemente del servizi sanitari di secondo livello, cioè dei servizi ospedalieri. Scopo del presente lavoro è discutere quali sistemi di monitoraggio e quali tipi di dati saranno necessari in futuro. Metodo - La discussione e basata sull'esperienza e sui risultati ottenuti dai registri psichiatrici esistenti, principalmente dal Registro Psichiatrico dei Casi danese, presso il Dipartimento di Psichiatria demografica di Aarhus. Risultati - Alcuni Paesi hanno sviluppato sistemi di monitoraggio per la registrazione routinaria dei dati riguardanti il settore ospedaliero, la qualcosa comporta rilevanti benefici per garantire la qualita, per la ricercà e per la pianificazione. Peraltro, dopo l'introduzione della psichiatria decentratà, si deve riconoscere l'urgente necessita di spostare il punto focale affinche l'impiego dell'epidemiologia possa giovare anche alle attivita nel campo della psichiatria territoriale e della salute mentale fornita dai servizi di primo livello. Sebbene cio comporti grandi difficolta, devono essere sviluppati sistemi di monitoraggio per raccogliere informazioni valide e attendibili relative a tali mezzi di cura. E inoltre necessario sviluppare metodi epidemiologici da impiegare nella ricerca e nella garanzia di qualita in questo campo. Tali metodi di ricerca dovrebbero essere utilizzati non solo nell'indagine sull'eziologia. il decorso ed i risultati clinici dei disturbi mentali, ma anche, per esempio, nell'osservazione del funzionamento sociale e della disabilita dei pazienti psichiatrici, del bisogno di cura, della soddisfazione dei bisogni, dell'economia sanitaria e del flusso dei pazienti tra i differenti livelli del sistema di trattamento. Cio provoca numerose domande relative alia sicurezza dei dati, alia legislazione ed a problemi etici legati alia raccolta e all'impiego di dati nei modelli epidemiologici. Conclusioni - Si raccomanda di dare priorità ad un ampia utilizzazione dei dati dei registri esistenti; all'introduzione di registri relativi alia salute mentale fornita dai servizi di secondo livello nei Paesi che ne sono privi; all'introduzione di registri relativi alia salute mentale fornita dai servizi di primo livello; all'introduzione di sistemi di monitoraggio della disabilità; all'introduzione di sistemi per monitorare le risorse dei pazienti; ad una larga collaborazione in questo lavoro tra epidemiologi in campo psichiatrico, amministratori, economisti e tecnici.
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Franco-Cuervo, Beatriz, et Javier Andrés Flórez. « La partecipazione elettorale in America Latina ed il caso dei dipartimenti della Colombia ». Quaderni dell Osservatorio elettorale QOE - IJES 63, no 1 (30 juin 2010) : 77–102. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-9726.

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Résumé :
La partecipazione elettorale in Colombia è sempre stata oggetto di discussione, sia da parte degli esperti che della classe politica, se non altro perché è stata storicamente bassa, tanto più se comparata con quella degli altri sistemi latino-americani. Si è cercato quindi di continuo di trovare spiegazioni a questo fenomeno, anche dando vita ad intense polemiche, per intendere le motivazioni o le cause dello scarso entusiasmo degli elettori colombiani per la democrazia elettorale. Gli studi tuttavia si sono incentrati sulla ricerca di un approccio a livello nazionale, trascurando il livello regionale e quello dipartimentale. Il che ha rappresentato un evidente limite per intendere la partecipazione elettorale in Colombia. Parrebbe ovvio supporre che il comportamento dell’intero paese si ripeta in misura quasi identica al livello delle regioni e dei dipartimenti. Questa supposizione, però, non può reggere, se non viene verificata empiricamente scendendo a livello delle singole realtà territoriali. Perseguendo questo obiettivo, il lavoro che segue si divide in due parti. Nella prima il caso colombiano viene collocato in una prospettiva comparata con riferimento sia alla legislazione elettorale che ai dati statistici degli altri paesi latino-americani. Nella seconda parte si prendono in considerazione gli indici di partecipazione di ciascun dipartimento della Colombia nelle elezioni del Senato dall’anno 1974, il che dovrebbe servire come punto di riferimento per ulteriori analisi e come contributo allo studio delle elezioni e della partecipazione elettorale nel paese.
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Papa, Anna. « La complessa realtŕ della Rete tra "creativitŕ" dei fornitori di servizi Internet ed esigenze regolatorie pubbliche : la sottile linea di demarcazione tra provider di servizi "content" e di "hosting attivo" ». ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no 2 (novembre 2012) : 221–53. http://dx.doi.org/10.3280/ed2012-002004.

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Résumé :
La Rete Internet si presenta come una realtŕ complessa nell'ambito della quale alla funzione di trasmissione di dati si associano, acquisendo sempre maggiore rilevanza, funzioni legate all'utilizzo diffuso degli strumenti propri della societŕ dell'informazione e della comunicazione. In costante crescita sono anche i soggetti che offrono servizi legati alle funzioni ora citate, in particolare fornitori di connettivitŕ e gestori di applicazioni in grado di consentire la comunicazione e la diffusione in Internet di notizie, opinioni e contenuti. A fronte di una cosě complessa realtŕ, la legislazione nazionale, in linea con la normativa europea, in materia si presenta ancora poco sensibile alle differenziazioni dei ruoli ricoperti dai soggetti operanti in Rete, come fornitori di servizi e come utenti. Essa attribuisce centralitŕ, soprattutto sul piano della responsabilitŕ, all'Internet provider, considerato come il soggetto centrale della fruizione dei servizi Internet, pur nella tripartizione ora prevista dalla normativa nazionale (in ossequio a quella comunitaria) che distingue tra access, caching e hosting. In realtŕ, pur certi dell'importanza dei Service per il funzionamento (e il controllo) della Rete, appare ormai evidente che i fornitori di servizi Internet si presentano come un universo ben piů articolato e dinamico, con prestazioni che vanno a collocarsi nello spazio creato dalla Rete e non semplicemente nella funzione di trasmissione o conservazione dei dati immessi o prodotti. Una prima importante conseguenza č la difficoltŕ di distinguere tra "hosting" e "content" provider. Sono soprattutto questi ad essersi molto evoluti negli ultimi anni. Nel saggio ne vengono forniti tre esempi: siti istituzionali, gestori di piattaforma e curatori di luoghi di discussione. In assenza di una regolamentazione normativa, a livello europeo e nazionale, la giurisprudenza sta cercando di individuare un punto di bilanciamento tra i diversi interessi coinvolti che tenga conto delle caratteristiche e del carattere innovativo della Rete rispetto ad esperienze e contesti preesistenti. Appare tuttavia evidente che l'azione giurisprudenziale da sola non č in grado di stabilizzare e di dare affidabilitŕ ad un comparto che necessita invece di regole, frutto di una riflessione condivisa, idonee a garantire una operativitŕ "regolata", rispettosa dei diritti individuali, della concorrenza ma nel contempo capace di assecondare la profonda innovazione dell'informazione e della comunicazione che la Rete sta realizzando
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Tieghi, Marco, et Carlotta del Sordo. « La rilevanza dei componenti economici figurativi per gli Enti del Terzo Settore : riflessioni e proposte ». WELFARE E ERGONOMIA, no 2 (janvier 2023) : 13–26. http://dx.doi.org/10.3280/we2022-002002.

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Résumé :
Si stima che, in Italia, un valore economico di circa ottanta miliardi di euro, pari al 5% del PIL, sia attribuibile al Terzo Settore, il quale è dunque chiamato a svolgere una indispensabile funzione sociale ma ad elevato impatto economico. A fronte di tali dati è comprensibile che il legislatore abbia ritenuto opportuno mettere in atto un processo di riforma, che ha preso avvio con la legge 106/2016, finalizzato a superare una legislazione lacunosa, dispersiva e frammentata del Terzo Settore. Nel contesto delineato ha assunto una significativa rilevanza la tematica della misurazione economico-finanziaria del valore prodotto dagli Enti del Terzo Set-tore (ETS) e della sua relativa rappresentazione contabile, tematica che è dunque stata recentemente oggetto di una rinnovata attenzione sia negli studi accademi-ci che nella pratica professionale. La riforma ha assegnato al bilancio di esercizio una funzione centrale, affidando allo stesso il compito di migliorare trasparenza, intellegibilità e comparabilità della disclosure economico-finanziaria e segnando una tappa fondamentale del percorso che gli ETS hanno intrapreso verso una più matura accountability. In particolare, nell'ambito della recente riforma sono stati assunti modelli di bilancio specifici (per le realtà diverse dalle imprese sociali) e previste disposizioni volte a definire come "non commerciali" le attività di "interesse generale" svolte dall'ETS. In particolare, con riferimento al primo aspetto, si prevede che nel rendiconto gestionale possano essere indicati (in calce) anche i componenti figurativi di competenza del periodo; con riferimento al secondo aspetto, si pongono rilevanti questioni in merito alle modalità di determinazione dei "costi effettivi" da assumere come parametro per definire gli eventuali corrispettivi per i servizi erogati nell'ambito delle attività di "interesse generale". Tuttavia, i riferimenti normativi lasciano aperte numerose questioni relativamen-te alla individuazione e alle modalità di quantificazione complessiva di tali componenti figurativi, nonché rispetto alle logiche, alle metodologie e ai processi operativi di quantificazione dei cd "costi effettivi". Il presente contributo si prefigge lo scopo di cercare di approfondire tali tematiche e di offrire possibili proposte di soluzione, alla luce del rinnovato contesto normativo di riferimento.
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SIMÕES, Patricia Maria Uchôa, et Mariana Uchôa Simões BARBOSA. « Bebês em creches nas zonas rurais do Brasil ». INTERRITÓRIOS 6, no 10 (14 avril 2020) : 264. http://dx.doi.org/10.33052/inter.v6i10.244906.

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Résumé :
RESUMONo Brasil, a história da educação institucionalizada dos bebês inicia-se com instituições voltadas para o atendimento das populações mais pobres das cidades e está relacionada à industrialização e urbanização. Essa origem explica, em parte, a escassa oferta de Educação Infantil para as populações rurais, até hoje. O estudo debate a trajetória das creches das zonas rurais, analisa alguns dos indicadores educacionais e dados da implantação do Proinfância nessas áreas. As conclusões apontam para os avanços na legislação e a melhoria dos indicadores educacionais nas primeiras décadas desse século, também apresenta o Proinfância como uma alternativa para as zonas rurais, com a oferta de apoio aos municípios na construção de políticas de inclusão dos bebês em creche com maior qualidade de atendimento. Faz-se necessário a afirmação desses bebês como sujeitos de direitos, da sua educação como condição de cidadania e da especificidade da creche nas zonas rurais como direito à diferença.Bebês. Creche. Educação Infantil do Campo. Babies in daycare centers in rural BrazilABSTRACT In Brazil, the history of institutionalized baby education begins with institutions aimed at serving the poorest populations in cities and is related to industrialization and urbanization. This origin explains, in part, the scarce offer of Early Childhood Education for rural populations, even today. The study debates the trajectory of daycare centers in rural areas, analyzes some of the educational indicators and data on the implementation of Proinfância in these areas. The conclusions point to advances in legislation and the improvement of educational indicators in the first decades of this century, it also presents Proinfância as an alternative for rural areas, with the offer of support to municipalities in the construction of policies for the inclusion of babies in daycare centers with higher quality of care. It is necessary to affirm these babies as subjects of rights, their education as a condition of citizenship and the specificity of daycare in rural areas as the right to difference.Babies. Nursery. Rural Early Childhood Education. Bebés en guarderías en zonas rurales de BrasilRESUMEN En Brasil, la historia de la educación institucionalizada de bebes comienza con instituciones destinadas a servir a las poblaciones más pobres de las ciudades y está relacionada con la industrialización y la urbanización. Este origen explica, en parte, la escasa oferta de educación de la primera infancia para las poblaciones rurales, incluso hoy en día. El estudio debate la trayectoria de las guarderías en áreas rurales, analiza algunos de los indicadores educacionales y los datos sobre la implementación de “Proinfância” en estas áreas. Las conclusiones apuntan a avances en la legislación y la mejora de los indicadores educacionales en las primeras décadas de este siglo, también presenta a “Proinfância” como una alternativa para las zonas rurales, ofreciendo apoyo a los municipios en la construcción de políticas para la inclusión de bebés en guarderías con mejor calidad de cuidado. Es necesario afirmar que estos bebés son sujetos de derechos, su educación debe ser entendida como condición de ciudadanía y la especificidad de la guardería en las zonas rurales como un derecho a la diferencia.Bebés. Guardería. Educación de la primera infancia rural. Bambini in asili nele aree rurali del BrasileSINTESEIn Brasile, la storia dell'educazione al bambino istituzionalizzata inizia con istituzioni progettate per servire le popolazioni più povere delle città ed è legata all'industrializzazione e all'urbanizzazione. Questa origine spiega, in parte, l'offerta limitata di educazione della prima infanzia per le popolazioni rurali, anche oggi. Lo studio discute la traiettoria degli asili nelle aree rurali, analizza alcuni degli indicatori e dati educativi sull'attuazione di "Proinfância" in queste aree. Le conclusioni indicano i progressi della legislazione e il miglioramento degli indicatori educativi nei primi decenni di questo secolo, inoltre presenta "Proinfância" come alternativa alle aree rurali, offrendo supporto ai comuni nella costruzione di politiche per l'inclusione dei bambini negli asili nido con una migliore qualità delle cure. È necessario affermare che questi bambini sono soggetti di diritti, la loro educazione deve essere intesa come una condizione di cittadinanza e la specificità dell'assistenza all'infanzia nelle aree rurali come un diritto alla differenza.
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Di Pietro, Maria Luisa. « Sviluppo adolescenziale e comportamenti sessuali ». Medicina e Morale 41, no 4 (31 août 1992) : 663–75. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1992.1095.

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L'autore analizza la situazione italiana ed europea in relazione all'inserimento dell'educazione sessuale nella scuola. Per quanto riguarda l'Italia, dopo una breve valutazione delle aspettative degli adolescenti sull'opportunità dell'intervento della scuola nell'educazione sessuale, vengono messe in evidenza le diverse interpretazioni date alla materia dai DDL presentati al Parlamento, diversità che non hanno però impedito la stesura di un testo di legge unificato. Altrettanto non definitiva sembra essere la situazione a livello europeo: in alcuni paesi, infatti, l'educazione sessuale non è stata ancora oggetto di una specifica legislazione, mentre nei paesi ove l'educazione sessuale è già un insegnamento scolastico obbligatorio, viene lasciato ampio margine all'iniziativa dei singoli.
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Lacey, Eric F. « The Italian Competition Law Compared with Other OECD Countries’ Competition Laws ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 147–51. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345090.

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Abstract L’ltalia è il penultimo Paese membro dell’OCSE che abbia adottato una legge sulla protezione della concorrenza (adesso solo la Turchia non ha alcuna legge al riguardo).Peraltro, la legislazione vigente nei Paesi OCSE non è del tutto identica. Vi è, per esempio, una notevole differenza tra la legislazione anti-trust degli Stati Uniti, con proibizione (rafforzata da sanzioni penali) della fissazione di prezzi e di ripartizione dei mercati, ed il progetto di legge belga contro l’abuso di potere economico, che da luogo ad un tipo di controllo molto tenue.Per quanto riguarda, in particolare, le norme attinenti alle concentrazioni, l’ltalia è il quindicesimo Paese OCSE ad avere una normativa. Questo significa non soltanto che nove Paesi OCSE devono ancora convincersi dell’utilità del controllo delle concentrazioni, ma che, date le divergenze tra le diverse normative in vigore, sono anche diversi i criteri e le procedure mediante cui possono essere valutate fusioni ed acquisizioni.Si può affermare che l’impostazione della legge italiana, di carattere dichiaratamente proibitivo, quanto ad accordi restrittivi ed abuso di posizione dominante segue l’attuale tendenza dei Paesi OCSE a favore di questo metodo di controllo piuttosto che del metodo del caso per caso, che e ancora vigente nei Paesi nordici, in Irlanda e nel Regno Unito.Per quanto attiene, invece, alle concentrazioni, l’impostazione di carattere proibitivo non si estende normalmente al loro controllo. Molti ordinamenti preferiscono il sistema del «caso per caso» e così fa anche la legge italiana, anche se questa procedura richiede un giusto equilibrio tra l’esigenza di completare in tempi stretti l’indagine, per non danneggiare le imprese interessate, e l’altrettanto legittima esigenza di avere tempo sufficiente per un esame accurato. Su questo ultimo aspetto, i tempi previsti dalla legge italiana sembrano più brevi della media dei Paesi OCSE. In particolare, il periodo di tempo previsto dalla legge italiana perché l’Autorità effettui l’indagine è di quarantacinque giorni, mentre il tempo mediamente previsto nei Paesi OCSE è di tre mesi.Un elemento molto positivo della legge italiana è quello di sottoporre le concentrazioni ad una valutazione di natura strettamente concorrenziale, senza introdurre dementi di natura politica o sociale. Inoltre, in molti Paesi il Governo ha il potere di dire l’ultima parola sull’autorizzazione o meno delle concentrazioni.Bisogna anche notare che, mentre molti Paesi hanno costruito poco per volta la loro legislazione concorrenziale, partendo dagli accordi orizzontali per poi estendere il controllo all’abuso del potere di mercato e giungendo quindi al controllo delle concentrazioni, la legge italiana include tutti e tre questi tipi di restrizioni della concorrenza. Essa riguarda, inoltre, sia il mercato dei beni che quello dei servizi.La legge italiana si applicherà sia alle imprese private che a quelle pubbliche, con l’eccezione dei monopoli pubblici. Per quanto riguarda le banche e le assicurazioni, la legge italiana riserva ad essi un trattamento analogo a quello di altre leggi della concorrenza, anche se adesso sembra emergere la tendenza a restringere le esenzioni dalle leggi sulla concorrenza di cui godono questi settori.L’Autorità italiana per l’applicazione della legislazione concorrenziale ha ampi poteri di investigazione, di decisione e anche di sanzione, attraverso la comminazione di multe, nonche importanti funzioni consultive. In altri ordinamenti vi è una distinzione tra gli organi che nelle diverse fasi applicano la legislazione della concorrenza. La legge italiana, dato che l’Autorità è responsabile delle varie fasi, potrà essere applicata più facilmente, anche se si potrebbe rilevare che la distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisionali dà maggiori garanzie (in ogni caso, le parti hanno comunque diritto di ricorrere contro le decisioni dell’Autorità).L’applicazione di sanzioni, che è un aspetto essenziale del sistema di controllo, è modellata nella legge italiana sulla base della normativa CEE e sembra adeguata.Per quanto riguarda il particolare trattamento riservato alle istituzioni finanziarie, sebbene in diversi Paesi vi siano norme speciali nei riguardi delle concentrazioni bancarie (con approvazione da parte delle autorità bancarie, in sostituzione delle autorità che si occupano della concorrenza o in aggiunta all’approvazione di queste ultime), non si riscontra in altri ordinamenti una norma come quella secondo cui anche l’acquisizione di una quota del cinque per cento del capitale debba essere sottoposta ad autorizzazione. Soltanto l’Olanda, forse, ha una regola analoga, mentre l’Australia ha una regola che stabilisce un limite generale del quindici per cento per un solo investitore.Nel complesso, la legge italiana per la concorrenza sembra fornire una buona base per una efficiente politica della concorrenza. Evidentemente, tutto dipenderà dal modo in cui l’Autorità assicurerà che le norme siano effettivamente applicate, soprattutto per quanto riguarda l’art. 4 (che prevede deroghe per le intese) e l’art. 8, paragrafo 2, sulle deroghe per le imprese che forniscono servizi d’interesse economico generale. Sarebbe molto spiacevole se questa norma fosse utilizzata per non applicare la legge allo stesso modo, sia alle imprese private che a quelle pubbliche.
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Varesi, Pier Antonio. « Pluralismo e rappresentatività sindacale cinquant'anni dopo lo Statuto dei lavoratori. Proposte per una legislazione mirata di sostegno al sistema di relazioni sindacali ». GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no 171 (décembre 2021) : 459–98. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2021-171004.

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Résumé :
L'articolo affronta, a cinquant'anni dallo Statuto dei lavoratori ed alla luce del principio costi-tuzionale di libertà sindacale, le principali questioni in tema di rappresentatività sindacale che da tempo si pongono agli attori del sistema italiano di relazioni sindacali ed alle forze politiche. L'Autore dimostra come tali problemi nella fase più recente siano stati resi più acuti dal para-dosso generato, per un verso, dal costante ampliamento dell'area di diritti, tutele e poteri che lo Stato ha progressivamente posto in capo ai soggetti sindacali qualificati come «rappresentativi» e, per altro verso, dal contemporaneo indebolimento dei concetti e dei criteri selettivi applicati. Inoltre, tenendo in debita considerazione l'importante esperienza acquisita dalle riforme riguar-danti le relazioni sindacali nel pubblico impiego, è sottoposto a verifica lo stato di avanzamento del processo di implementazione del sistema di misurazione e di certificazione della «rappre-sentatività sindacale» previsto dagli accordi interconfederali per il settore privato stipulati nello scorso decennio. Nella parte conclusiva, l'Autore avanza alcune proposte di riordino della le-gislazione in materia.
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Carloni, Enrico. « AI, algoritmi e pubblica amministrazione in Italia ». IDP. Revista de Internet Derecho y Política, no 30 (1 mars 2020). http://dx.doi.org/10.7238/idp.v0i30.3227.

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Il problema della legittimità delle decisioni amministrative mediante algoritmi è oggetto di significativa attenzione da parte della dottrina giuridica e della giurisprudenza del giudice amministrativo in Italia. Mentre la legislazione non offre risposte adeguate rispetto alle nuove sfide, il giudice amministrativo sta definendo le condizioni di ammissibilità delle decisioni algoritmiche, applicando alle nuove problematiche i principi del procedimento amministrativo. Dopo una prima fase in cui l’orientamento sembrava portato ad escludere l’ammissibilità di decisioni automatizzate, la più recente giurisprudenza sembra orientarsi ad ammettere questo tipo di decisioni, richiedendo però adeguate garanzie, anzitutto di trasparenza. Con un’ultima sentenza, del dicembre del 2019, il Consiglio di Stato definisce in modo più ampio queste condizioni, iniziando così a tratteggiare un primo “decalogo” della legalità algoritmica che si ispira in modo significativo ai principi sui trattamenti automatizzati dei dati contenuti nel Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali.
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Bignamini, Angelo A., et Daniela Bignamini. « Registri, studi osservazionali e consenso informato ». Medicina e Morale 55, no 5 (30 octobre 2006). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2006.344.

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Résumé :
Le procedure di informazione e consenso sono garanzia primaria di corretto svolgimento delle ricerche cliniche. Quando applicate al puro utilizzo di dati già conferiti, sono considerate garanzia di confidenzialità. Tuttavia, si rileva che la macchinosità e complessità delle procedure di informazione e consenso al puro impiego dei dati medici in forma anonima, nel contesto di studi osservazionali e di registri, introducono un errore sistematico nella raccolta dei dati. Ciò può rendere inutile lo studio per la popolazione in genere e, nel caso di registri di patologie croniche o recidivanti, anche per lo stesso soggetto, sia che conferisca, sia che scelga di non conferire i dati. Le procedure attualmente impiegate negli studi osservazionali, che sono direttamente mutuate da quelle in uso per gli studi intervenzionali, non sembrano quindi adeguate a garantire il migliore interesse del soggetto e della collettività. A ciò si aggiungono i problemi generati dalla legislazione di tutela della riservatezza, che non sembrano tenere conto della reale possibilità che venga tutelata - con adeguate procedure - la completa anonimità dei dati clinici personali, pur mantenendo la possibilità di verifica a pubblica garanzia della credibilità. Una possibile soluzione potrebbe essere almeno la estrema semplificazione delle procedure, o meglio il conferimento al Comitato di Etica competente della possibilità di autorizzare l’impiego aggregato di dati già esistenti nei documenti dell’istituzione, senza necessità di consenso specifico individuale. Queste ipotesi, tuttavia, potrebbero essere considerate solo in studi puramente osservazionali (registri di popolazione, registri per patologia o studi osservazionali analoghi). Per studi simili, quali i registri per farmaco (che richiedono informazione specifica e potrebbero implicare procedure aggiuntive) o gli studi di fase IV (che potrebbero anche essere intervenzionali e quindi richiedere specifica informazione o procedure aggiuntive), il Comitato di Etica dovrebbe comunque valutare studio per studio quali procedure di informazione e consenso siano più adeguate. ---------- Information and consent procedures are the main guarantee that clinical investigations are correctly performed. When applied to the exclusive aggregation of already recorded data, are considered guarantee of confidentiality. However, the complexity and intricacy of information and consent procedures to the pure aggregation of anonymously conferred data, within the context of observational studies and of registries, is found to introduce a bias in data collection. Such bias can render useless the investigation, for the population in general and, in the case of registries of chronic or recurrent diseases, for the very subject who confers or chooses not to confer the data. The procedures which are currently in use in observational studies, directly derived from those used in the interventional studies, do not appear therefore appropriate to guarantee the best interest of the subject and of the community. Additional problems derive from the legislation designed to safeguard the privacy. This appears not to account for the true possibility that complete anonymity of personal clinical data can be ensured - with appropriate procedures - still maintaining the possibility of verification to provide public guarantee of credibility. A possible solution could be at least an extreme simplification of the procedures or, even better, the responsible Ethics Committee could be made accountable for authorising the aggregate use of data already existing in the Institution’s documents, without the need for a specific individual consent. These hypotheses, however, can only be considered within the frame of purely observational studies (population registries, illness registries and similar observational studies). For analogous studies such as the drug registries (that might need specific information and additional monitoring procedures) or the phase-IV studies (that may also be interventional and require specific information or additional procedures), the Ethics Committee should evaluate study by study which information and consent procedures are most appropriate for the individual investigation.
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Gianelli Castiglione, A., M. Paganelli, A. Braidotti et F. Ventura. « Riflessioni bioetiche circa il trapianto di mano ». Medicina e Morale 54, no 4 (30 août 2005). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2005.385.

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Résumé :
Gli Autori intendono con questo lavoro proporre un contributo nell’analisi delle difficili problematiche etiche che derivano dagli allotrapianti di mano. Nell’articolo si descrive brevemente la storia del primo trapiantato e l’iter che ha condotto, nel settembre del 1998, a Lione, a questo tipo d’intervento. Ci si è soffermati altresì sulle complicazioni nate di seguito e che hanno alfine obbligato all’amputazione dell’arto trapiantato, imputandone le cause ad una superficiale valutazione psichiatrica del ricevente. Questo recente tipo d’intervento obbliga a riflettere, a causa della novità e della particolarità dell’organo da trapiantare, sull’opportunità di quei trapianti cosiddetti “non-salvavita” in base ai rischi conosciuti cui conduce una terapia imunosoppressiva a lungo termine. Ciò porta a riconsiderare anche il concetto di salute e i principi di libertà e autodeterminazione. Ci si è altresì interrogati sulle modalità di scelta dei riceventi e sull’approccio più opportuno da tenersi nei loro riguardi soprattutto a livello psicologico prima e dopo l’operazione. Tutte le recenti acquisizioni sono state valutate in rapporto a ciò che la legislazione italiana e la deontologia medica impongono. Si è detto anche dei vizi di un consenso per lo meno scarsamente informato, derivante dalla carenza di dati sperimentali. Nel prosieguo dell’articolo gli Autori hanno evidenziato come possano sollevarsi numerosi interrogativi e remore culturali e inconsce oltre che morali circa l’acquisizione da parte del ricevente di un organo che più di altri appare visibile e intimamente legato alla propria identità e personalità, la qual cosa rende possibile che venga ancor più percepito come estraneo e intollerabile da alcuni. In conclusione gli Autori ritengono che i candidati ideali dovrebbero essere giovani che hanno perduto di recente entrambe le mani, soprattutto se è stata compromessa anche la loro vista, mentre poco ragionevole appare il trapianto di mano in un amputato unilaterale. ---------- The bioethical issues arising from hand transplantation are discussed in this paper. We briefly recall the first case ever performed of hand transplant, in France in the year 1998. Unfortunately a superficial evaluation of the recipient caused the failure of the transplant with the consequent explant of the graft. The peculiarity of hand transplant poses serious doubts on the opportunity of the non life-saving transplant especially for the controversial costs–benefits relationship of such interventions and the lifelong immunodepressant therapy needed. Most important is therefore the clinical and psychological evaluation of the recipients and the correct communication before and after the intervention. We also underline the limits of the “informed” consent due to the lack of scientifical data on the outcome of such transplant, in respect to the Italian legal framework. In addiction we examine the possible psychological difficulties of the patients to adapt to an organ coming from a dead donor due to the high visibility and strong symbolic meaning of the hand. Our conclusion is for a selection of the recipients limited to strongly motivated, psychologically stable and refusing the protesis application patients such as to get a real improvement to their “health” according to WHO definition.
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Spezzani, Carlo, Andrea Fabris, Oliviero Mordenti, Amedeo Manfrin, Fulvio Salati, Franco Giorietto, Cristian Salogni et Giancarlo Ruffo. « MANUALE PER LA GESTIONE DEL CONTROLLO DEL BENESSERE DEI PESCI DURANTE IL TRASPORTO SU STRADA ». Rassegna di Diritto, Legislazione e Medicina Legale Veterinaria 19, no 1 (7 septembre 2022). http://dx.doi.org/10.54103//18648.

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L’acquacoltura ha sempre rappresentato un’importante attività di allevamento animale e mai come oggi ha assunto un’importanza crescente dovuta ad una sempre maggior domanda di consumo annuo pro capite di pesce che, tuttavia, ha comportato una contestuale diminuzione dell’apporto della pesca. La movimentazione di pesce vivo è parte integrante della attività di piscicoltura in tutta Europa. Negli ultimi decenni in Italia l’allevamento del pesce e di altre specie acquatiche è stato in costante aumento, stabilizzandosi solo negli ultimi anni. Si è registrato un sempre maggiore interesse alle pratiche di acquacoltura utilizzate e ai relativi problemi di benessere dei pesci da parte del legislatore, nel campo della ricerca e da parte dei consumatori. I dati dimostrano che l’acquacoltura è un settore in crescita: nell’anno 2016 sono stati trasportati e introdotti in Italia oltre 72 milioni di Kg. di pesce vivo (35.5% trote – 14.6% spigole e orate – 4% pesce gatto e anguille) e si prevede che a livello mondiale nel 2030 il 60% del pesce consumato sarà di allevamento. In Italia le specie più trasportate sono le orate, le spigole nelle fasi giovanili e le trote. La maggior parte delle specie di pesce che sono allevate vengono spostate almeno una volta durante il loro ciclo produttivo, mentre alcuni animali vengono movimentati più volte. In acquacoltura sono allevate e trasportate oltre 60 specie diverse di pesci (oltre 30 specie in Europa). Se ne deduce che quantità di animali trasportati e la e la lunghezza durata del viaggio possono variare considerevolmente, in funzione del ciclo produttivo e delle necessità commerciali, che talvolta possono cambiare anche nel corso dello stesso anno. Il trasporto dei pesci è forse il più difficile e delicato rispetto alle altre specie di vertebrati, per cui ne deriva che un piccolissimo errore nelle varie fasi di trasporto ne comprometterebbe il benessere degli animali nonché una perdita economica nel settore. L’azione di protezione e di mantenimento delle condizioni di benessere del pesce vivo durante le operazioni di trasporto, che dovrebbe essere un dovere morale dell’allevatore e/o autotrasportatore, è un obbligo sancito dalla legislazione vigente e comporta una responsabilità legale sia degli operatori del settore, sia delle autorità competenti preposte ai controlli, le quali devono avere una alta professionalità e competenza nel corso delle operazioni ispettive e di vigilanza. Nelle attività di trasporto del pesce, è necessario eseguire le operazioni secondo specifici protocolli operativi, allo scopo di non pregiudicare lo stato di salute e indirettamente anche il valore economico degli animali oggetto di movimentazione. E’ rilevante quindi che gli operatori e il personale addetto siano formati e preparati per garantire ai pesci un trasporto senza stress. A tal proposito è importante sottolineare l’importanza fondamentale della figura del veterinario, il quale rappresenta oggi la sola figura professionale e con competenze scientifiche a cui la legge attribuisce il compito-dovere di verifica e di controllo delle condizioni degli animali e dei loro prodotti, nello specifico anche del pesce, ivi compresi i provvedimenti a tutela della protezione del benessere dell’animale durante il trasporto e che comportano, inoltre, anche la valutazione delle condizioni di dolore, stress, o sofferenze evitabili nel corso delle operazioni. Con il presente ‘Manuale’, vengono riportate una serie di misure specifiche da applicare nella gestione del trasporto su strada del pesce vivo, al fine di definire ed individuare le condizioni ottimali di benessere nel corso delle movimentazioni.
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Casini, Marina, Emma Traisci et Fabio Persano. « Analisi comparativa delle legislazioni nazionali, comunitarie ed internazionali in materia di utilizzo di cellule staminali ». Medicina e Morale 58, no 5 (30 octobre 2009). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2009.234.

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Da quando ne è stato reso possibile l’isolamento, le cellule staminali umane costituiscono un argomento fortemente dibattuto in bioetica: sullo sfondo delle possibili applicazioni di queste cellule nella medicina rigenerativa, si pone il problema della liceità o meno della produzione e distruzione di embrioni umani per il prelievo delle cellule staminali. Sul punto, il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) italiano ha emesso numerosi pareri, sia precedenti che successivi alla promulgazione della legge italiana 40/2004, che regola la fecondazione assistita. Molto varie sono state le scelte legislative dei vari Paesi, ed anche l’Unione Europea e gli altri organismi internazionali si sono espressi sull’argomento. L’articolo ripercorre i dati più significativi delle decisioni del CNB ed analizza con un taglio comparativo i documenti giuridici nazionali, comunitari ed internazionali in materia di utilizzo di cellule staminali secondo uno schema che considera le diverse sorgenti di prelievo: embrioni prodotti con tecniche di fecondazione artificiale extracorporea, embrioni prodotti mediante clonazione, tessuti embrionali (post-impianto) o fetali, tessuti adulti e cordone ombelicale. La valutazione positiva della ricerca sulle cellule staminali, in quanto finalizzata ad uno scopo terapeutico, trova un limite nella considerazione del mezzo utilizzato: l’embrione umano va trattato come persona, pertanto non potranno essere ritenute lecite le metodiche che ne comportano la distruzione, mentre non solleva obiezioni, fatto salvo il rispetto dell’integrità del soggetto in causa e la rilevazione del consenso informato, il prelievo di cellule staminali da soggetto adulto e da cordone ombelicale. ---------- Since their isolation, human stem cells represent a bioethical subject strongly debated: in the background of the possible applications of these cells within regenerative medicine, the problem of the legality or illegality of production and suppression of human embryos for collecting stem cells is argued. On this matter, the Italian National Committee for Bioethics (CNB) has delivered several judgments, before and after the Law 40/2004 enactment, that regulates the assisted fertilization. The legislative choices of the different Countries have been several, and the European Union and the other international organizations have debated too. The article deals with the most meaningful data of the CNB’s decisions and analyzes in a comparative way, community and international juridical documents on use of stem cells according to a scheme that considers the different sources of collecting: embryos produced by extracorporeal fertilization techniques, embryonic (post-implantation) or fetal tissues, adult tissues and umbilical cord. The positive evaluation of the research on stem cells, as it is for a therapeutic purpose, is limited by the consideration of the mean used: human embryo has to be treated as person, therefore methods that involves his suppression is forbidden, while collecting stem cells from an adult subject or umbilical cord does not raise objections.
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Cunha, Lucas Pereira, et Max Emiliano da Silva Sena. « Riparazione del danno fuori bilancio in ottica costituzionale-lavorativa : un approccio critico ai limiti di valutazione posti dalla riforma del lavoro ». Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, 15 septembre 2020, 60–86. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/legge/danno-fuori-bilancio.

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Résumé :
Questo articolo mira a ricercare la risposta al tema problema coerente nelle seguenti domande: Qual è la prospettiva costituzionale del risarcimento del lavoro fuori equilibrio? Quali sono i possibili aspetti positivi e negativi della limitazione dei valori stabilita dalla riforma del lavoro del 2017 per la determinazione del risarcimento per la pratica dei danni extra-patrimoniali derivanti dal rapporto di lavoro? Il tema è attualmente importante, date le posizioni favorevoli e contrarie alla fissazione dei limiti di risarcimento del danno morale, in modo che sia destinato a contribuire alla discussione attraverso una ricerca critica, che propone di ricercare il tema nelle sue varie possibilità. Alla fine, sarà possibile osservare che vi sono punti positivi e negativi in relazione alla limitazione dei valori di riparazione per danni extra-patrimoniali, e spetta agli interpreti assumere posizioni più in linea con la soluzione dei casi concreti. Abbiamo utilizzato il metodo dell’approccio deduttivo e della ricerca dogmatico-giuridica di natura bibliografica, con la consultazione di opere, giurisprudenza e legislazione.
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Cunha, Lucas Pereira, et Max Emiliano da Silva Sena. « Riparazione del danno fuori bilancio in ottica costituzionale-lavorativa : un approccio critico ai limiti di valutazione posti dalla riforma del lavoro ». Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, 15 septembre 2020, 60–86. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/legge/danno-fuori-bilancio.

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Résumé :
Questo articolo mira a ricercare la risposta al tema problema coerente nelle seguenti domande: Qual è la prospettiva costituzionale del risarcimento del lavoro fuori equilibrio? Quali sono i possibili aspetti positivi e negativi della limitazione dei valori stabilita dalla riforma del lavoro del 2017 per la determinazione del risarcimento per la pratica dei danni extra-patrimoniali derivanti dal rapporto di lavoro? Il tema è attualmente importante, date le posizioni favorevoli e contrarie alla fissazione dei limiti di risarcimento del danno morale, in modo che sia destinato a contribuire alla discussione attraverso una ricerca critica, che propone di ricercare il tema nelle sue varie possibilità. Alla fine, sarà possibile osservare che vi sono punti positivi e negativi in relazione alla limitazione dei valori di riparazione per danni extra-patrimoniali, e spetta agli interpreti assumere posizioni più in linea con la soluzione dei casi concreti. Abbiamo utilizzato il metodo dell’approccio deduttivo e della ricerca dogmatico-giuridica di natura bibliografica, con la consultazione di opere, giurisprudenza e legislazione.
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