Littérature scientifique sur le sujet « Concorrenza per il mercato »

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Articles de revues sur le sujet "Concorrenza per il mercato"

1

Naidu, Suresh, Eric A. Posner et Glen Weyl. « Potere datoriale nel mercato del lavoro e rimedi antitrust ». GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no 170 (août 2021) : 257–88. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2021-170005.

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Résumé :
Ricerche recenti mostrano come il potere datoriale nel mercato del lavoro abbia contribuito ad aumentare le diseguaglianze salariali e la stagnazione economica. Sebbene la legislazione anti-trust impedisca alle imprese di restringere la concorrenza nei mercati del lavoro come nei mer-cati del prodotto, il governo federale statunitense non ha fatto molto per affrontare il problema del mercato del lavoro, e le azioni legali sono state rare e in gran parte infruttuose. Una ragione è che le tecniche di analisi antitrust ideate per valutare il potere datoriale nel mercato del lavoro sono di gran lunga meno evolute rispetto alle regole ideate per stimare il potere (di mercato) nel mercato del prodotto. Per correggere questa asimmetria, il saggio individua una serie di metodi per stimare gli effetti delle concentrazioni nei mercati del lavoro. Gli Autori estendono poi que-sto approccio ad altre condotte anticoncorrenziali realizzate dai datori di lavoro nei confronti dei lavoratori. Da ultimo, il saggio evidenzia alcuni argomenti e prove che indicano come il potere di mercato possa essere addirittura più significativo nei mercati del lavoro che nei mer-cati del prodotto.
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Charrier, Guy. « Parallèle entre la loi italienne pour la protection de la concurrence et le système français ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 103–15. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345045.

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Résumé :
Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato presenta una notevole analogia, sia nei concetti che nei principali meccanismi applicativi, con le principali legislazioni dei Paesi membri della CEE e soprattutto con quelle che sono state introdotte negli anni più recenti.Il campo d’applicazione riguarda, almeno in principio, tutti i settori di attività, sia nel sistema italiano che in quello francese, poiché nessuna deroga è prevista, salvo per alcune particolari attività, come gli audio-visivi, la stampa, le banche e le assicurazioni.Questa estensione del campo di applicazione della legislazione si spiega con il fatto che essa riguarda tutte le pratiche anti-concorrenziali che vadano a detrimento del buon funzionamento del mercato e che tali pratiche siano suscettibili di provenire da tutti gli operatori economici.In Francia, peraltro, vige una distinzione tra comportamenti diretti a falsare il mercato, e che ricadono sotto le categorie di cartelli e di abuso di posizione dominante, di cui si occupa il Consiglio della concorrenza, e le pratiche restrittive, come il rifiuto di vendere, la subordinazione delle vendite, le discriminazioni e l’imposizione di prezzi, che sono di competenza dei tribunali perché in principio riguardano soltanto i rapporti tra imprese.Un secondo aspetto riguarda l’applicazione delle regole della concorrenza alle persone pubbliche. In principio, le disposizioni della legge italiana circa le imprese pubbliche (art. 8) e quelle della legge francese (art. 53) rispondono soltanto in parte alla questione. Nel diritto francese, quando una persona pubblica agisce da privato, è sottoposta alle leggi che riguardano il comportamento dei privati. Una difficoltà sorge, invece, quando questa persona pubblica, agendo nell’ambito dei suoi poteri, genera sul mercato effetti che danneggiano la concorrenza. Una recente sentenza del Tribunale dei conflitti ha concluso che le regole della concorrenza non si applicano alle persone pubbliche se non nella misura in cui esse diano luogo ad attività di produzione (di distribuzione o di servizi).La legge italiana non dà alcuna definizione del concetto di concorrenza nè dà alcun elemento che ne consenta la giustificazione economica. Altrettanto avviene con la legge vigente in Francia, ove sono i testi delle decisioni che forniscono indicazioni al riguardo.Il principio generate del divieto dei cartelli, come anche l’elenco dei casi suscettibili di costituire intese di carattere anti-concorrenziale, sono presentati in modo molto simile sia nella legge italiana che in quella francese. Ambedue riprendono, d’altronde, la formulazione dell’art. 85 del Trattato di Roma.Tutto fa pensare che l’Autorità italiana si troverà di fronte a casi analoghi a quelli di cui si è in varie occasioni occupato il Consiglio della concorrenza francese: cartelli orizzontali (accordi sui prezzi, sulla ripartizione dei mercati, sull’esclusione di un’impresa del mercato, ecc.); intese verticali (risultanti da accordi tra un produttore ed i suoi distributori nell’ambito di contratti di distribuzione selettiva o esclusiva); imprese comuni (la cui creazione può rientrare nel campo della proibizione di cartelli o costituire un’operazione di concentrazione); intese tra imprese appartenenti allo stesso gruppo (nel quadro dei mercati pubblici, il Consiglio ha ritenuto che non sia contrario alle norme concorrenziali, per imprese con legami giuridici o finanziari, rinunciare alla loro autonomia commerciale e concertarsi per rispondere a delle offerte pubbliche).Sull’abuso di posizione dominante, così come per i cartelli, i due sistemi italiano e francese presentano molte somiglianze. Tuttavia, contrariamente al diritto francese ed a quello tedesco, nella legislazione italiana non si fa alcun riferimento alle situazioni di «dipendenza economica». Peraltro, l’identificazione di questo caso è alquanto complessa e, sinora, il Consiglio non ha rilevato alcun caso che rientri nello sfruttamento abusivo di una situazione di dipendenza economica. Pertanto, si può forse concludere che il legislatore italiano sia stato, a questo riguardo, più saggio di quello francese. Più in generale, per quanto riguarda i casi di abuso di posizione dominante, il Consiglio deBa concorrenza ha seguito un’impostazione piuttosto tradizionalista.Anche sul controllo delle concentrazioni, il testo della legge italiana richiama quello francese e anche quello della normativa comunitaria, pur se è diversa la ripartizione delle competenze tra Autorità incaricata della concorrenza e Governo. Nella legge italiana, d’altra parte, vi sono delle norme relative alla partecipazione al capitale bancario che fanno pensare ad un dibattito molto vivo su questo tema.I livelli «soglia” per l’obbligo di notifica delle concentrazioni sono più elevati in Francia. Bisognerà poi vedere con quale frequenza il Governo italiano farà ricorso all’art. 25, che gli conferisce il potere di fissare criteri di carattere generale che consentono di autorizzare operazioni di concentrazione per ragioni d’interesse generale, nel quadro dell’integrazione europea.L’interesse delle autorità amministrative francesi nei riguardi delle concentrazioni, che un tempo era molto limitato, è divenuto più intenso negli anni più recenti, anche se i casi di divieto di concentrazioni sono stati sinora molto limitati.In conclusione, si può ricordare che un organismo competente in materia di protezione della concorrenza ha un triplice compito: pedagogico (attraverso la pubblicazione delle decisioni, delle motivazioni e delle ordinanze su questioni di carattere generale e sui rapporti attinenti al funzionamento del mercato), correttivo (per distogliere gli operatori economici da comportamenti anti-concorrenziali) e, infine, dissuasivo (poiché l’esperienza di applicazione delle leggi relative alla concorrenza dimostra che la loro efficacia dipende in modo decisivo dalla comminazione di sanzioni).
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Howe, Martin. « Reflections on the Italian Law for the Protection of Competition and the Market ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 135–45. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345081.

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Résumé :
Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato è oggetto di grande interesse nel Regno Unito, a motivo dell’intenzione del governo di modificare il sistema britannico di regolamentazione della concorrenza, soprattutto per quanto riguarda i cartelli.La nuova legge deve ancora essere presentata, ma un libro bianco è stato preparato dal governo.La necessità di cambiare la legislazione al riguardo è emersa, in parte, perché essa è piuttosto antica (la prima legge è del 1948) e per vari aspetti inefficace, ed in parte per la difficoltà di conciliarla con la regolamentazione comunitaria.L’industria britannica teme che la diversità tra sistema nazionale e sistema comunitario di tutela della concorrenza possa tradursi in procedure concorrenti e con risultati discordanti, cosa che metterebbe in svantaggio le imprese britanniche rispetto a quelle degli altri partners comunitari.È rimarchevole il fatto che la legge italiana sia non soltanto modellata sulla base della legge comunitaria, ma che essa affermi che la legge nazionale non sarà applicata quando la Comunità europea abbia giurisdizione.Nel Regno Unito, invece, si insiste sulla possibilità di compiere indagini a livello nazionale, pur accettando il primato della legislazione comunitaria, in caso di contrasto. Si ammette che pratiche o accordi vietati dalla Commissione non possono essere consentiti, ma si sostiene che possono essere vietati, a livello nazionale, accordi e pratiche ammessi a livello comunitario.Peraltro, l’apparentemente chiara distinzione contenuta nella legge italiana tra i compiti della legislazione nazionale e quelli della legislazione comunitaria rischia di venir meno tutte le volte che i due ordinamenti interpreteranno le leggi in modo diverso. Questa possibility era stata alla base dell’opposizione del Regno Unito al conferimento alla Commissione europea della giurisdizione esclusiva per le fusioni di «dimensione comunitaria».Il sistema britannico è basato sul concetto di «interesse pubblico», che è per sua natura impreciso, anche se esso viene applicato in modo pragmatico e flessibile, cosa da non sottovalutare se si tiene conto del fatto che in questo campo le opinioni convenzionalmente accolte possono cambiare.Vi sono tuttavia numerosi vantaggi in un sistema che, come quello italiano, è basato su proibizioni, e di essi tiene conto il libro bianco governativo: dà messaggi più chiari alle industrie su cosa sia consentito, conferisce poteri investigativi più precisi all’Autorità della concorrenza e può anche stabilire sanzioni per comportamenti illegali, con possibili effetti deterrenti.L’Autorità italiana dovrebbe dare assoluta priorità alla eliminazione degli accordi decisamente anti-concorrenziali, come quelli diretti alla fissazione dei prezzi, alle domande ed offerte concordate, ed alla suddivisione del mercato. Si tratta di accordi che hanno raramente una giustificazione di carattere efficientistico o di altra natura.I cartelli su cui è necessario concentrarsi sono quelli di carattere orizzontale, mentre i cartelli verticali non sembrano rilevanti, almeno di regola. Pertanto, l’avere inserito anche i cartelli verticali nella legislazione italiana (conformemente a quella europea) complica molto il lavoro dell’Autorità (a motivo dell’intenso lavoro burocratico che ne conseguira) senza effettivamente contribuire alla tutela della concorrenza, che potrebbe in questo caso avvenire attraverso il ricorso alla categoria dell’abuso di posizione dominante.Per quanto riguarda le concentrazioni, sebbene quelle orizzontali siano il modo più semplice mediante cui si può giungere all’abuso di posizione dominante, bisogna riconoscere che esse costituiscono una parte molto controversa della politica della concorrenza. Vi è il problema di stabilire le dimensioni della concentrazione da sottoporre a controllo, nonché quello della prevalenza di altre considerazioni, attinenti, per esempio, alla promozione dello sviluppo regionale, rispetto ai principii della concorrenza.A proposito delle concentrazioni, bisogna distinguere il caso in cui le attività in questione siano esposte alla concorrenza internazionale da quello in cui non lo siano. In quest’ultimo caso, gli effetti delle concentrazioni devono essere esaminati con attenzione maggiore, per verificare se possano aver luogo benefici sotto il profilo di una maggiore efficienza o sotto altri aspetti. Si tratta, comunque, di valutazioni molto complesse, che non possono risolversi con una semplice formula circa il tasso di concentrazione.La repressione dell’abuso di posizione dominante è indubbiamente una parte essenziale della legislazione per la tutela della concorrenza. Tale è quindi anche nel Regno Unito, dove peraltro l’inesistenza di proibizioni rende difficile ottenere effetti deterrenti. Peraltro, un limite all’accoglimento del sistema previsto dall’art. 86 del Trattato CEE (così come del corrispondente articolo 3 della legge italiana) è costituito dalla difficoltà di definire l’«impresa dominante” e, ancor più, l’«abuso», con la conseguenza che si rischia di rendere ancora più difficile la vita delle imprese, che si troverebbero di fronte al divieto di compiere atti «illegali” che non sono precisamente definiti.Sebbene siano state numerose nel Regno Unito le indagini in materia di abuso di posizione dominante, nella maggior parte dei casi esse hanno condotto alla conclusione della loro infondatezza. È probabile che l’Autorità italiana abbia esperienze analoghe.Per quanto possano essere diverse, da Paese a Paese, le leggi sulla concorrenza e gli stessi ordinamenti, nonché i sistemi economici e sociali, è sorprendente la somiglianza tra i problemi che le autorità responsabili della tutela della concorrenza si trovano di fronte.
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Fadda, Sebastiano. « Le istituzioni economiche : chiave per comprendere e per superare la crisi ». ARGOMENTI, no 30 (mars 2011) : 23–38. http://dx.doi.org/10.3280/arg2010-030002.

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Résumé :
L'articolo richiama la necessitŕ di utilizzare le categorie della "economia istituzionale" per capire meglio le radici dell'attuale crisi e per individuare le misure piů appropriate per il suo superamento. Questo approccio viene applicato con riferimento a tre campi: la natura della crisi, la debolezza della struttura produttiva italiana e il problema dello sviluppo economico del Mezzogiorno. Con riferimento al primo balzano in evidenza gli aspetti della regolamentazione dei mercati finanziari e delle variabili distributive. Con riferimento al secondo emerge l'importanza dell'estensione della concorrenza, dell'innovazione, dell'accumulazione del capitale umano, delle infrastrutture materiali e immateriali, degli assetti fiscali e distributivi, della flessibilitŕ congiunta con la sicurezza nel mercato del lavoro. Con riferimento al terzo, viene messo in evidenza il fatto che il problema dello sviluppo del Mezzogiorno sia principalmente un problema di "sviluppo istituzionale", a causa della presenza di modelli di comportamento degli agenti economici incompatibili con il funzionamento di una efficiente attivitŕ produttiva. Infine vengono proposte alcune considerazioni sul processo del cambiamento istituzionale, indicando l'importanza del progresso tecnologico, delle relazioni di potere e dei "valori".
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Costato, Luigi. « Regime disaccoppiato, Trattato di Lisbona e obiettivi della Pac verso il 2020 ». AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no 2 (octobre 2011) : 13–27. http://dx.doi.org/10.3280/aim2011-002002.

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Résumé :
Le regole del libero mercato e della concorrenza non riescono, in agricoltura, a produrre effetti positivi tali da compensarne gli svantaggi. D'altra parte è lo stesso art. 39 del Tfue, che riprende senza modifiche le disposizioni sull'agricoltura del vecchio Trattato CE, a stabilire che le regole della concorrenza possano non essere applicate al settore di produzione e commercio dei prodotti agricoli e a porre come obiettivi la sicurezza degli approvvigionamenti, adeguati redditi per gli agricoltori e prezzi ragionevoli ai consumatori. Eppure, nell'intraprendere la strada per l'ennesima riforma della Pac sembra che la Commissione intenda restare ben salda sulle posizioni che, a partire dalla riforma del 2003 e dall'introduzione del, hanno provocato il lungo periodo di difficoltà di reddito e di mercato al mondo agricolo. Sebbene, infatti, la Commissione si dimostri capace di individuare le reali sfide che l'agricoltura europea è chiamata ad affrontare, tuttavia non indica proposte coerenti con i predetti scopi, così come non vengono forniti significativi elementi di novità quando si affrontano argomenti specifici quali, ad esempio, i pagamenti diretti o le misure di mercato. Ciò che, però, risulta ancor meno confortante è il fatto che, tra le tre diverse attuazioni della riforma proposte, sembri prevalere quella volta a favorire un abbandono graduale delle misure di sostegno del reddito e della maggior parte delle misure di mercato quando, invece, sarebbe auspicabile tornare ad incentivare la produzione alimentare, garantendo, anche attraverso le scorte, la sicurezza degli approvvigionamenti.
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Menis, Claudio. « Les rapports entre le droit communautaire et la nouvelle loi italienne relative à la protection de la concurrence ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 79–92. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344974.

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Résumé :
Abstract La nuova legge italiana sulla concorrenza s’inserisce in un contesto economico e giuridico caratterizzato dall’esistenza del diritto comunitario della concorrenza, che è applicable a tutti i comportamenti delle imprese che producono effetti nella Comunità economica europea.Il diritto comunitario non esclude che gli Stati membri introducano leggi nazionali per la protezione della concorrenza, che anzi possono coesistere legittimamente con il diritto comunitario e anche svolgere un ruolo importante in seno alla Comunità.Pertanto, è utile esaminare quale sia l’incidenza del diritto comunitario della concorrenza sulla legge italiana e, inoltre, quale sia il ruolo che la legge italiana può svolgere per contribuire ad assicurare il buon funzionamento del mercato comune.In primo luogo, è necessario esaminare i rapporti tra gli articoli 85 e 86 del Trattato CEE e i diritti nazionali della concorrenza.Tali articoli si applicano esclusivamente ai comportamenti delle imprese che sono suscettibili d’influenzare gli scambi commerciali tra Stati membri. Essi non hanno quindi il compito di sostituirsi ai diversi diritti nazionali della concorrenza ma, al contrario, lasciano aperta agli Stati membri la possibilità di emanare norme specifiche per il controllo delle imprese i cui comportamenti hanno effetto nei rispettivi territori nazionali.Peraltro, secondo quanto ha stabilito nel 1969 la Corte di Giustizia delle Comunità europee, l’applicazione parallela del diritto comunitario e del diritto nazionale non può essere ammessa che nella misura in cui non pregiudichi l’applicazione uniforme, in tutto il mercato comune, delle norme comunitarie.Tra i diversi casi possibili, quelli in cui le autorità nazionali possono agire sono sia il caso in cui la Commissione abbia ritenuto di vietare gli accordi o le pratiche in discussione, ed in cui un divieto a livello nazionale potrebbe contribuire ad elevare le sanzioni nei riguardi dell’impresa incriminata (pur tenendosi conto del fatto che per motivi di equità le sanzioni cumulate non possono superare un certo livello), sia il caso in cui la Commissione abbia dichiarato che un accordo o una pratica non rientrano nel campo d’applicazione degli articoli 85 o 86; in quest’ultimo caso, secondo la dottrina prevalente, un’attestazione negativa non priverebbe le autorità nazionali del diritto di applicare la loro legislazione sulla concorrenza. Un caso analogo è quello in cui la Corte, con una speciale lettera amministrativa (lettre de classement), abbia espresso l’opinione di non dover intervenire in applicazione dell’art. 85, e nel quale le autorità nazionali possono applicare le loro norme più ristrette.Per quanto riguarda, poi, il regolamento comunitario attinente alle concentrazioni nei suoi rapporti con i diritti nazionali di concorrenza, esso non determina il suo campo di applicazione sulla base dell’influenza esercitata sugli scambi tra Stati membri, ma in funzione del criterio della dimensione comunitaria dell’operazione di concentrazione. In questo caso, contrariamente a quanto accade per l’applicazione degli articoli 85 ed 86 del Trattato CEE, viene escluso qualsiasi intervento dei sistemi nazionali nei riguardi delle concentrazioni di dimensione comunitaria (con due eccezioni: quando la concentrazione rischia di determinare una «posizione dominante” all’interno di uno Stato membro e quando uno Stato membro intenda assicurare la protezione di interessi legittimi che non sono tutelati dal regolamento comunitario).Gli Stati membri possono, invece, applicare la loro legislazione alle concentrazioni che non abbiano dimensione comunitaria.Tutto quanto precede riguarda i rapporti tra normative CEE e diritti nazionali degli Stati membri. Vediamo adesso la posizione della legge italiana con riguardo al diritto comunitario della concorrenza.A questo riguardo, vi sono alcune difficoltà interpretative. Infatti, secondo il primo comma dell’art. l della legge, quest’ultima si applicherebbe alle intese, agli abusi di posizione dominante ed alle concentrazioni d’imprese che non ricadono nell’ambito di applicazione delle norme comunitarie. Pertanto, l’Autorità italiana, dopo aver constatato che un caso sottopostole non rientra nell’ambito di applicazione della legge, ne informa la Commissione delle Comunità europee, trasmettendole tutte le informazioni in suo possesso.Se ci si attenesse, quindi, ai due primi’ paragrafi, si potrebbe ritenere che la legge italiana non possa mai essere applicata a casi che rientrano nella competenza del diritto comunitario della concorrenza; tale limitazione del diritto italiano della concorrenza, come si è visto, non è richiesta dal diritto comunitario (salvo per le concentrazioni di dimensione comunitaria).Il terzo paragrafo dell’art. 1, tuttavia, sembra introdurre un’eccezione a questa limitazione, affermando che, per quanto riguarda i casi per i quali la Commissione delle Comunità europee ha gia iniziato una procedura, l’Autorità italiana deve sospendere l’istruttoria, «salvo per gli eventuali aspetti di esclusiva rilevanza nazionale».Due interpretazioni sono possibili: che gli «aspetti di esclusiva rilevanza nazionale” si riferiscano soltanto a comportamenti che non sono suscettibili d’influenzare gli scambi tra Stati, oppure che si riferiscano anche a comportamenti che possono influenzare tali scambi e, di conseguenza, la legge italiana potrebbe applicarsi anche a comportamenti che rientrano nel diritto comunitario della concorrenza. In quest’ultimo caso potrebbe esservi un’applicazione parallela dei due ordinamenti della concorrenza, sempre con il rispetto del primato del diritto comunitario (salvo che per le concentrazioni di dimensione nazionale).Sara compito dell’Autorità scegliere tra queste due possibili interpretazioni.
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Bazzo, Eleonora. « La riforma del credito al consumo ». ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no 2 (novembre 2012) : 197–220. http://dx.doi.org/10.3280/ed2012-002003.

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Résumé :
In questi ultimi anni tutti i maggiori paesi industrializzati, non solamente nell'ambito dell'Unione Europea, hanno approvato riforme nel settore del credito al consumo. L'esigenza di favorire la concorrenza tra le imprese e l'allargamento dei mercati ha imposto il coordinamento comunitario o federale delle differenti legislazioni e l'elaborazione di sistemi normativi certi, adeguati ed uniformi, che impediscano comportamenti scorretti e limitino i costi transattivi a carico delle parti, attraverso la standardizzazione delle principali regole di condotta e delle pratiche commerciali. L'Unione Europea, perciň, ha voluto fornire regole non solamente per armonizzare la pluralitŕ delle fonti normative, comunitarie e nazionali, che governavano il settore, ma anche per ottenere la piena realizzazione del mercato interno e per favorire l'intensificazione delle negoziazioni transfrontaliere. In tale ambito, la disciplina italiana, riformata per dare attuazione alla relativa direttiva, si č posta come obiettivi il conseguimento della trasparenza e dell'efficienza del mercato creditizio, favorendo anche il rafforzamento delle istanze di protezione dei consumatori. L'obiettivo di questo articolo č quello di fornire una visione d'insieme della materia, analizzando sia l'importanza che questo settore ha assunto nell'ambito dell'economia europea e nazionale, sia il sistema normativo costituito dalla direttiva 2008/48/CE e dalle relative fonti nazionali di attuazione.
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van Meerhaeghe, Marcel. « Taxation and the European Community ». Journal of Public Finance and Public Choice 7, no 1 (1 avril 1989) : 17–28. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344659.

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Abstract Dopo numerosi studi preliminari, nel 1967 sono state approvate le prime due direttive comunitarie concernenti l’armonizzazione delle imposte indirette, che hanno introdotto i principi generali per l’imposizione sul valore aggiunto.L’armonizzazione dei diversi sistemi nazionali sarebbe dovuta coincidere con l’unione economica e monetaria.Il conseguimento di un’unica base tributaria era anche importante in considerazione del fatto che la principale fonte di finanziamento della Comunità doveva essere costituita dall’1% del gettito IVA, ma i progressi fatti in questa direzione non sono ancora molto soddisfacenti.Le proposte più recenti stabiliscono un limite minimo ai tassi, senza introdurre limiti di ordine superiore. Una critica è stata quella di eccessive distorsioni della concorrenza dovute a notevoli differenze nelle aliquote.Per quanto riguarda l’imposizione diretta, il Trattato si limita a prevedere l’abolizione della doppia imposizione all’interno della Comunità. La Commissione ha, tuttavia, ritenuto opportuno tendere all’armonizzazione delle imposte dirette, ma le sue numerose proposte in tema d’imposizione societaria non sono peraltro state adottate.Non sembra, tuttavia, che quello dell’armonizzazione tributaria possa essere considerato un problema prioritario rispetto agli altri che la Comunità deve affrontare. Lo stesso Trattato di Roma ritiene che l’armonizzazione sia necessaria soltanto per le imposte indirette, nei limiti in cui essa sia necessaria per assicurare il funzionamento del mercato interno.Piuttosto che l’armonizzazione, dovrebbe essere la concorrenza l’elemento unificatore del mercato europeo.
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Lacey, Eric F. « The Italian Competition Law Compared with Other OECD Countries’ Competition Laws ». Journal of Public Finance and Public Choice 8, no 2 (1 octobre 1990) : 147–51. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345090.

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Abstract L’ltalia è il penultimo Paese membro dell’OCSE che abbia adottato una legge sulla protezione della concorrenza (adesso solo la Turchia non ha alcuna legge al riguardo).Peraltro, la legislazione vigente nei Paesi OCSE non è del tutto identica. Vi è, per esempio, una notevole differenza tra la legislazione anti-trust degli Stati Uniti, con proibizione (rafforzata da sanzioni penali) della fissazione di prezzi e di ripartizione dei mercati, ed il progetto di legge belga contro l’abuso di potere economico, che da luogo ad un tipo di controllo molto tenue.Per quanto riguarda, in particolare, le norme attinenti alle concentrazioni, l’ltalia è il quindicesimo Paese OCSE ad avere una normativa. Questo significa non soltanto che nove Paesi OCSE devono ancora convincersi dell’utilità del controllo delle concentrazioni, ma che, date le divergenze tra le diverse normative in vigore, sono anche diversi i criteri e le procedure mediante cui possono essere valutate fusioni ed acquisizioni.Si può affermare che l’impostazione della legge italiana, di carattere dichiaratamente proibitivo, quanto ad accordi restrittivi ed abuso di posizione dominante segue l’attuale tendenza dei Paesi OCSE a favore di questo metodo di controllo piuttosto che del metodo del caso per caso, che e ancora vigente nei Paesi nordici, in Irlanda e nel Regno Unito.Per quanto attiene, invece, alle concentrazioni, l’impostazione di carattere proibitivo non si estende normalmente al loro controllo. Molti ordinamenti preferiscono il sistema del «caso per caso» e così fa anche la legge italiana, anche se questa procedura richiede un giusto equilibrio tra l’esigenza di completare in tempi stretti l’indagine, per non danneggiare le imprese interessate, e l’altrettanto legittima esigenza di avere tempo sufficiente per un esame accurato. Su questo ultimo aspetto, i tempi previsti dalla legge italiana sembrano più brevi della media dei Paesi OCSE. In particolare, il periodo di tempo previsto dalla legge italiana perché l’Autorità effettui l’indagine è di quarantacinque giorni, mentre il tempo mediamente previsto nei Paesi OCSE è di tre mesi.Un elemento molto positivo della legge italiana è quello di sottoporre le concentrazioni ad una valutazione di natura strettamente concorrenziale, senza introdurre dementi di natura politica o sociale. Inoltre, in molti Paesi il Governo ha il potere di dire l’ultima parola sull’autorizzazione o meno delle concentrazioni.Bisogna anche notare che, mentre molti Paesi hanno costruito poco per volta la loro legislazione concorrenziale, partendo dagli accordi orizzontali per poi estendere il controllo all’abuso del potere di mercato e giungendo quindi al controllo delle concentrazioni, la legge italiana include tutti e tre questi tipi di restrizioni della concorrenza. Essa riguarda, inoltre, sia il mercato dei beni che quello dei servizi.La legge italiana si applicherà sia alle imprese private che a quelle pubbliche, con l’eccezione dei monopoli pubblici. Per quanto riguarda le banche e le assicurazioni, la legge italiana riserva ad essi un trattamento analogo a quello di altre leggi della concorrenza, anche se adesso sembra emergere la tendenza a restringere le esenzioni dalle leggi sulla concorrenza di cui godono questi settori.L’Autorità italiana per l’applicazione della legislazione concorrenziale ha ampi poteri di investigazione, di decisione e anche di sanzione, attraverso la comminazione di multe, nonche importanti funzioni consultive. In altri ordinamenti vi è una distinzione tra gli organi che nelle diverse fasi applicano la legislazione della concorrenza. La legge italiana, dato che l’Autorità è responsabile delle varie fasi, potrà essere applicata più facilmente, anche se si potrebbe rilevare che la distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisionali dà maggiori garanzie (in ogni caso, le parti hanno comunque diritto di ricorrere contro le decisioni dell’Autorità).L’applicazione di sanzioni, che è un aspetto essenziale del sistema di controllo, è modellata nella legge italiana sulla base della normativa CEE e sembra adeguata.Per quanto riguarda il particolare trattamento riservato alle istituzioni finanziarie, sebbene in diversi Paesi vi siano norme speciali nei riguardi delle concentrazioni bancarie (con approvazione da parte delle autorità bancarie, in sostituzione delle autorità che si occupano della concorrenza o in aggiunta all’approvazione di queste ultime), non si riscontra in altri ordinamenti una norma come quella secondo cui anche l’acquisizione di una quota del cinque per cento del capitale debba essere sottoposta ad autorizzazione. Soltanto l’Olanda, forse, ha una regola analoga, mentre l’Australia ha una regola che stabilisce un limite generale del quindici per cento per un solo investitore.Nel complesso, la legge italiana per la concorrenza sembra fornire una buona base per una efficiente politica della concorrenza. Evidentemente, tutto dipenderà dal modo in cui l’Autorità assicurerà che le norme siano effettivamente applicate, soprattutto per quanto riguarda l’art. 4 (che prevede deroghe per le intese) e l’art. 8, paragrafo 2, sulle deroghe per le imprese che forniscono servizi d’interesse economico generale. Sarebbe molto spiacevole se questa norma fosse utilizzata per non applicare la legge allo stesso modo, sia alle imprese private che a quelle pubbliche.
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Abrams, Burton A. « The Supply of Politicians ». Journal of Public Finance and Public Choice 3, no 2 (1 octobre 1985) : 85–95. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907117084.

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Résumé :
Abstract La competizione in campo politico sembrerebbe almeno altrettanto importante, per una democrazia, quanto la concorrenza in campo economico per un’economia di mercato.Questo fa si che l’eliminazione delle barriere all’entrata sia fondamentale per il funzionamento del mercato politico. Nel sistema statunitense esistono una serie di barriere, come l’adempimento di alcune formalità riguardanti sponsorizzazione di partiti, firme, versamenti di somme di danaro. Sebbene esse siano state spesso oggetto di discussione, non è mai stata tentata una stima quantitativa del loro ruolo sull’accesso alia politica.È quanto, invece, viene compiuto in questo scritto, dal quale appare la rilevanza dei requisiti per l’ammissione dei candidati alle elezioni, in termini di barriere all’entrata.
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Thèses sur le sujet "Concorrenza per il mercato"

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BUQUICCHIO, MARIA. « Il ruolo della regolazione ex ante per lo sviluppo della concorrenza nei mercati regolamentati : analisi della regolazione pro-concorrenziale dalla prospettiva del mercato delle comunicazioni elettroniche ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2014. http://hdl.handle.net/2108/201752.

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MAGLIANO, ROSANNA. « OPA, efficienza del mercato e concorrenza tra ordinamenti giuridici ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/1408.

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Résumé :
Scopo del presente lavoro è l’individuazione nella normativa sulle offerte pubbliche d’acquisto di una serie di norme che sembrano accentuare le problematiche connesse alla c.d. “ concorrenza tra ordinamenti”. Ancor prima della valutazione dell’impatto della c.d. direttiva opa sul nostro ordinamento si è tentato di valutare il provvedimento in funzione degli interessi perseguiti dal legislatore comunitario, scegliendo di non tralasciare il rapporto potenzialmente conflittuale che di fronte ad una scalata ostile possa instaurarsi tra tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nell’operazione. Si è evidenziato che in un primo momento il legislatore domestico ha scelto di mantenere una linea di continuità con la disciplina già adottata dal d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 e non si è avvalso della facoltà prevista nella direttiva di rendere opzionali gli istituti più discussi quali la passivity rule e la regola di neutralizzazione. In seguito tuttavia, dichiaratamente a causa del sopraggiungere della crisi economica mondiale, si è rinunciato ad una regolamentazione imperativa dell’obbligo di passività per gli amministratori e si è preferito lasciare alle singole società la facoltà di modulare le misure difensive da attuare per fronteggiare una eventuale opa sgradita o comunque non previamente concordata. Questo intervento straordinario merita una attenta riflessione in quanto, pur potendo apparire giustificato nell’ambito della grave crisi finanziaria venutasi a creare, può al contempo generare una pericolosa chiusura degli assetti societari e determinare, nel lungo periodo, una perdita delle capacità attrattive del nostro sistema economico. Peraltro, in seguito alle reazioni negative della dottrina e delle Autorità competenti, il legislatore è tornato ancora a modificare la normativa in materia: con l’ultimo provvedimento torna nella legislazione speciale la passivity rule ma viene fatta salva la possibilità per le singole società di derogarvi attraverso una misura c.d. di opting-out statutario. Alla luce degli interessi coinvolti è sembrato, pertanto, opportuno verificare se le misure adottate risultassero proporzionate rispetto agli obiettivi da raggiungere o se, invece, le stesse fossero eccessivamente gravose per un mercato del controllo societario che voglia restare contendibile: in particolare ci si è soffermati sul rischio che venga definitivamente compromessa anche la libera concorrenza tra imprese come valore del nostro ordinamento . Il riferimento ultimo è a tutte quelle misure nazionali che, attraverso la previsione di poteri speciali in favore delle autorità pubbliche, rafforzano la posizione di queste ultime nella compagine sociale alterando così le pari opportunità. La direttiva, contravvenendo a quello che avrebbe dovuto essere un obiettivo per un provvedimento che si ponga nel solco delle misure di armonizzazione del diritto societario europeo, considera valido l’assunto per cui tali poteri dovrebbero essere compatibili con la disciplina dei Trattati e non risolve il problema di una loro neutralizzazione in relazione alle operazioni di acquisizione. Le pari opportunità tra imprese, sotto il profilo che qui interessa, possono essere alterate in quegli ordinamenti in cui siano presenti quelle peculiari “misure antiacquisizione” costitutive delle clausole che riservano allo Stato il diritto di esercitare poteri speciali nelle società in contrasto con il principio “one share one vote”. Garantire alle autorità pubbliche tali poteri, come avviene nella legislazione di alcuni Stati membri, costituisce non solo un ostacolo ai meccanismi di ricambio del controllo basati sul mercato ma anche al libero movimento dei capitali e al diritto di stabilimento. La libertà di stabilimento delle persone giuridiche, prevista nel Trattato e faticosamente resa effettiva attraverso significative pronunce della Corte di Giustizia, deve essere garantita anche nell’acquisizione del controllo di società che abbiano sede statutaria in diversi Stati membri. La possibilità aperta dalla direttiva di rimettere ai singoli legislatori la scelta circa l’adozione delle misure di passivity rule e neutralizzazione ha reso invece incredibilmente variegato il ventaglio di possibilità che potrebbero prospettarsi alle società: la disciplina delle opa sarà in tal modo diversamente modulata non soltanto tenendo conto della normativa adottata dallo Stato in cui la società abbia la propria sede legale ma anche in conseguenza delle autonome e reversibili scelte dei soci. La convergenza sulle scelte di principio non ha condotto, ma sembra in maniera consapevole, ad una reale armonizzazione e ha rivelato la permanenza di lacune in relazione alla tutela dei piccoli investitori e dei risparmiatori in genere. Colmare tali vuoti richiede il ricorso alla legislazione dei singoli Stati membri, così accentuando una nuova concorrenza tra sistemi normativi. Il rischio che sembra prospettarsi è che l’ordinamento comunitario, che con tanta fatica si è affermato, perda il suo ruolo propulsivo nei confronti delle legislazioni dei singoli Stati per ridursi a controllore di normative in concorrenza tra loro.
The aim of this work is to identify within the provisions concerning the takeover bids a series of rules that seem to increase the problems dealing with the so-called “competition between systems”. Before trying to evaluate the impact of the so-called takeover bid directive on our system, we tried to evaluate the provision on the basis of the interests the EU legislator was pursuing. We decided not to leave out the potentially conflictual relation that may be created among all the parts involved in the operation during a hostile share raid. It was highlighted that in the beginning, the domestic legislator chose to follow a principle of continuity with respect to the discipline already adopted by means of the legislative Decree dated Feb. 24th 1998, n. 58 and the legislator did not use the possibility indicated in the directive to make the most controversial institutions, such as the passivity rule or the breaktrough rule, optional. Following the world economic crisis, each single company was allowed to modulate the defensive measures to be taken in order to face a possible undesired takeover bid or, in any case, one that was not previously agreed on. It is to be thoroughly deemed such as an extraordinary intervention, since, even if it may seem justified within the extremely serious financial crisis we are presently living, at the same time, it can lead corporate structures to close dangerously, thus making our economic system lose its attraction capacities in the long run. Moreover, following the negative reactions of the doctrine and the competent Authorities, the legislator modified the provisions on the matter again: thanks to the last measure adopted, the passivity rule comes back into the special legislation, but each single company can repeal in part by means of a measure called statutory opting-out. Due to the interests involved, it seemed it appropriate to verify whether the measures taken were proportionate to the goals to be achieved or if, instead, they were too burdensome for a market of corporate control willing to be contestable: it was taken into account the risk of permanently compromising also the free competition between undertakings, as one of the values of our system. The ultimate reference goes to those national measures taken that, through special powers given to the public authorities, reinforce the position of the latter in the social structure, thus altering the equal opportunities. The directive, by disregarding what should have been one of the goals for a provision in line with the harmonizing measures in the European corporate law, considers as a valid assumption the idea that such powers should be compatible with the discipline of the Treaties and such provision does not solve the issue of their neutralization with respect to takeover operations. Equal opportunities between undertakings, in the perspective presented in this work, may be altered in some systems where peculiar “anti-takeover measures” are in the provisions giving the State the right to exert special powers in those companies contrasting with the “one share one vote” principle. Ensuring the public authorities such powers, as some of the EU member States do in their legislations, is not only an obstacle to the mechanisms of market-based control turnover, but also to the free movement of capitals and to the right to establishment. The freedom of establishment of legal entities, provided for in the Treaty and made effective ponderously through relevant decisions of the Court of Justice, must be granted also in the control takeover of companies having their statutory headquarters in different member States. The directive has given the possibility to each single legislator to choose whether to adopt the passivity rule and neutralization measures, thus widening up the range of scenarios companies may have to face: therefore, the takeover bid discipline will be modulated differently according to the provisions in force in the State where the company has its registered office, but also as a consequence of the autonomous and reversible choices of the shareholders. The convergence on the criteria did not lead, apparently consciously, to a real harmonization and revealed some persisting lacks concerning the protection of small investors and savers in general. In order to plug such gaps each single member State must appeal to their legislations, thus emphasizing the competition between legislative systems. The EU rules, whose establishment was hard to achieve, may run the risk of losing their driving role with respect to the legislation in each single State and the afore mentioned rules may end up controlling provisions competing with each other.
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Ghezzo, Matteo <1992&gt. « Dumping sociale o concorrenza sleale, focus sul mercato italiano ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13572.

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Durante la mia tesi, vorrei analizzare il fenomeno del dumping sociale. Tale fenomeno, sempre più frequente nell’economia mondiale e nel sistema sociale, è costituito da un insieme di attività, che con fini economici violano sia le legislazioni nazionali e comunitarie, ma anche determinate organizzazioni di cui l’Italia fa parte come: Consiglio d’Europa; Organizzazione Internazionale del Lavoro; Word Trade Organization. Inoltre, nell'elaborato verranno presentate le similitudini con la concorrenza sleale, alle quali seguirà un’analisi delle cause che comportano l'utilizzo del dumping sociale, attraverso una parte incentrata sugli aspetti teorici inerenti il mercato del lavoro. Focalizzandomi in primis sul mercato italiano, le regole, le norme e i vari casi, vorrei estendere la mia ricerca al mercato europeo, descrivendo i diversi regolamenti e come quest’ultimo influenzi il mercato italiano o delle altre nazioni appartenenti all’Unione. Questo attraverso l’analisi dei settori principalmente colpiti dal dumping sociale come: i trasporti e le costruzioni. Infine, dopo aver presentato due casi studio emblematici, vorrei paragonare i due mercati del lavoro, e cercare di capire quale sarebbe la strategia e il livello di competenza (italiana o europea) migliore per risolvere il problema.
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Migliacca, Gianluca. « Accesso alle reti, regolamentazione e concorrenza nel mercato delle telecomunicazioni ». Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2015. http://hdl.handle.net/10556/1923.

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2012 - 2013
L’accesso alle reti infrastrutturali è questione cruciale per la concorrenzialità dei mercati. Alcune infrastrutture, infatti, non sono duplicabili per loro caratteristica naturale, o a causa degli enormi costi di costruzione, o per ragioni giuridiche. Questo lavoro affronta uno dei temi più controversi del diritto antitrust: l’applicazione delle norme sulla concorrenza, al regulated sector delle telecomunicazioni. Regulated sectors vengono considerati quei settori economico-produttivi nei quali, per ragioni di governo dell’economia o di altra natura, non vige un regime di libera concorrenza, poiché l’accesso al mercato, la formazione dei prezzi o, in generale, la condotta delle imprese sono soggetti a regole peculiari. La questione centrale ai fini della trattazione pone l’attenzione su una fattispecie specifica di natura anticoncorrenziale: l’abuso di posizione dominante. Specie nei settori recentemente liberalizzati (come quello delle telecomunicazioni), gli ex monopolisti, abituati per anni alla protezione offerta dal regime della esclusività delle reti, una volta che essa è stata eliminata, tendono a replicarne gli effetti tramite comportamenti escludenti, rifiutando ai concorrenti l’accesso a un’infrastruttura essenziale o pregiudicandone la permanenza nel mercato attraverso strategie predatorie. La ricerca, che contempla da un lato lo studio della cd. essential facilities doctrine – la quale stabilisce che il titolare dell’infrastruttura non duplicabile, la cosiddetta essential facility, in talune circostanze può essere obbligato a consentire a terzi di accedervi – si è dunque incentrata sullo studio delle fonti normative nei vari paesi delle normative primarie e secondarie attinenti ai modelli europei nonché quelli americani, con attenzione agli istituti che tutelano il mercato e la concorrenza, con specifico riferimento ai così nominati servizi a rete, ai cosiddetti incumbent che gravano su chi detiene una infrastruttura cd essenziale, sulla natura dei rapporti tra i detentori delle infrastrutture e gli operatori alternativi, su base commerciale e bilaterale, al potere delle Autorità di regolare determinati sbocchi commerciali. [a cura dell'autore]
XII n.s.
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ROMANO, Massimo, et Massimo ROMANO. « Regolazione e concorrenza nei servizi a rete. Il mercato del gas ». Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2010. http://hdl.handle.net/11695/66240.

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Résumé :
La presente ricerca affronta il nodo delle interazioni tra le politiche di liberalizzazione e gli effetti pro-competitivi che esse producono –o dovrebbero produrre- in termini di maggiore concorrenza e migliore efficienza allocativa nei mercati considerati. Nello specifico, nell’ambito dei servizi pubblici, la trattazione ne prende in considerazione il segmento rappresentato dai servizi ad infrastruttura di rete. Quei servizi, cioè, per i quali il tratto peculiare è rappresentato dalla presenza di reti infrastrutturali, indispensabili all’erogazione del servizio. In particolare, dunque, sarà affrontato il mercato del gas. Prendendo le mosse da un inquadramento dogmatico dell’argomento, la ricerca si sviluppa nell’indagine sui nuovi paradigmi del diritto pubblico dell’economia. Una trattazione, dunque, in cui si intersecano elementi propri del diritto delle amministrazioni pubbliche, specificamente per quanto concerne l’assetto istituzionale ed organizzativo del mercato indagato - ivi compresi i nuovi scenari delineati dall’”erompere delle autorità indipendenti”, segnatamente quelle di regolazione-, nonché concetti propri dell’economia pubblica e delle sue istituzioni. E naturalmente le nozioni pubblicistiche classiche quali quelle di servizio pubblico, servizio pubblico locale, servizi di interesse economico generale, regolazione, concorrenza e gare per l’affidamento dei servizi. Non mancano, altresì, spunti di carattere commercialistico, in particolare per quanto concerne l’argomento dell’impresa pubblica, nelle differenti configurazioni assunte negli anni, con riferimento a quei servizi pubblici instabili tratteggiati attraverso una ricostruzione che va dalle modalità di gestione dei servizi al modello dell’in house providing, di creazione giurisprudenziale comunitaria ed attualmente sotto stretta osservazione, sia da parte della giurisprudenza che del legislatore nazionale, per gli effetti distorsivi sulla concorrenza prodotti da una applicazione che nella pratica si è rivelata sostanzialmente elusiva delle norme in materia di appalti pubblici. Fino ad arrivare, invadendo il terreno dei servizi pubblici locali, alle recenti e tutt’ora in corso aggregazioni e fusioni delle imprese multiutilities ex municipalizzate. Il tutto, nella cornice di quel ritorno ad un neosocialismo municipale, ossia al “recupero di una dimensione pubblica”, evidente in modo particolare nella disciplina –de jure condendo- dei servizi pubblici locali, i cui esiti appaiono particolarmente contraddittori, “al punto da portare a ritenere che gli anni ’90 segnino in materia, diversamente da quanto è avvenuto al centro, più una espansione che una riduzione dell’area di intervento pubblico.” (Cammelli, 2003) e tale da rendere paradossalmente provocatoria la domanda se sia in atto una “riduzione della sfera pubblica” . I riferimenti a cui si è accennato sono il risultato di molteplici fattori, politici ed istituzionali, giuridici ed economici. Nella trasformazione e modernizzazione delle categorie portanti del diritto pubblico dell’economia hanno concorso, in maniera decisiva, da un lato la modifica dell’assetto istituzionale e della Costituzione economica materiale, con particolare agli artt. 41 e 43 cost., innescati dal processo di integrazione europea e dall’innesto di concetti giuridici relativamente sconosciuti al nostro ordinamento quali il principio di concorrenza, nonché cause interne di natura politica e finanziaria quali l’esplosione del debito pubblico negli anni ’90. In definitiva, dunque, la presente analisi non si pone soltanto come una ricostruzione cronologica della dicotomia tra modelli gius-economici astratti –stato e mercato, liberalizzazioni e concorrenza, socialismo e neoliberismo, regolazione e libertà d’iniziativa economica- bensì come indagine compiuta che aspiri a delineare le ipotesi di correzione del modello attuale a partire dalle criticità riscontrate. Tale sforzo risulterà evidente –negli auspici di chi scrive- nella prospettazione di ipotesi di intervento concreto nel settore specificamente indagato -il mercato del gas- attraverso l’applicazione di concetto e di modelli giuspositivi precedentemente approfonditi in astratto.
The present work is dedicated to the matter of the relationship between liberalization policies and their pro-competitive effects under the point of view of the market. The goal of the research is mostly pointed at the branch of the infrastructural public services, the feature of which is a good infrastructural set needed. The specific point of view assumed is, finally, that of the gas market. Starting by a dogmatic approach to the subject, the present study tries to find new paradigmatic solutions under the point of view of the public law, that’s why the research will show the intersection between public law (in its institutional aspects) and economic public law (with an eye to the institutional aspect again). Traditional concepts of administrative law such as “public service”, “local government of public service”, or “competition” will be obviously involved into the study. Mentions of commercial law will be showed also, particulary about public enterprise, in the many connotations it showed through the years (such as the new formula of in house providing, made up by UE jurisprudence and actually quite controversial). The work, finally, is reported to the so called multiutility corporations. The subject of the work, moreover, seems particulary interesting because it’s concerned to the institutional reformation brought by the introduction in the italian legal order of the UE competition principle, particulary for what concerns the gas-service regulation.
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FIORELLA, Rodolfo. « L'impresa elettrica : regole e mercato ». Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2018. http://hdl.handle.net/11695/85318.

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La ricerca verte sull’analisi della disciplina giuridica dell’impresa elettrica, con particolare riferimento ai profili giuscommercialistici. In primo luogo, si analizza l’evoluzione normativa della materia mediante lo studio degli interventi progressivi che hanno innescato logiche di mercato in un settore caratterizzato in precedenza dalla diffusa presenza di un monopolio integrato verticalmente in tutte le fasi della filiera. Inoltre, viene ricostruito il quadro normativo nazionale, particolarmente frammentato, disciplinante le attività d’impresa nel settore di riferimento, con estensione dell’indagine alla produzione di energia da fonti rinnovabili, ampiamente promossa dal legislatore per ridurre l’impatto ambientale delle fonti energetiche tradizionali e per mitigare le problematiche correlate all’approvvigionamento esterno dell’energia. In quest’ottica, la produzione di energia derivante da fonti rinnovabili è analizzata sia come autonoma attività d’impresa, sia come attività connessa a un’impresa agricola. La ricerca prosegue con l’analisi degli effetti distorsivi sulla concorrenza causati dell’oggettiva presenza di un’unica infrastruttura di rete. In questa prospettiva, l’indagine si soffermata sull’esame degli interventi finalizzati a favorire la concorrenza, puntualizzatisi su quattro aspetti: la previsione di regole di accesso all’infrastruttura, l’imposizione di obblighi di non ingerenza nelle singole attività della filiera, l’introduzione di tetti antitrust e l’istituzione di una specifica Autorità indipendente a presidio del settore elettrico. Pertanto, si è cercato di individuare le regole che disciplinano il mercato elettrico, insopprimibili anche in un contesto di mercato maturo. Inoltre la ricerca, partendo dal dato ben noto che i costi energetici incidono in maniera rilevante sia sui privati che sugli imprenditori, analizza le forme più opportune di cooperazione che possano consentire una riduzione dei costi del bene energia. L’analisi, così, approfondisce tipiche forme di cooperazione imprenditoriale nel settore elettrico, che acquistano e/o autoproducono energia, da devolvere ai privati o/e alle imprese che afferiscono al gruppo o/e ai soci. Infine, la ricerca analizza il contratto di somministrazione di energia, che comprende non solo l’erogazione di un bene universale ma anche ogni altro aspetto strumentale alla fruizione del servizio, tra cui l’allacciamento alla rete, la manutenzione dei sistemi e la fatturazione dei consumi; particolare attenzione è posta sugli obblighi di trasparenza e d’informazione nei rapporti con il cliente finale, sugli aspetti correlati alla responsabilità del somministrante in caso d’interruzione della fornitura e sulla la sorte dei contratti di somministrazione d’energia a seguito di una crisi d’impresa, con particolare riferimento al fallimento e al concordato preventivo.
The research focuses on the analysis of the legal framework of the electric company, with particular reference to the commercial-law profiles. Firstly, it is analyzed the regulatory evolution of the subject through the study of progressive actions that have triggered market logics in a sector previously characterized by the widespread presence of a vertically integrated monopoly in all phases of the supply chain. In addition, it is reconstructed the national framework, particularly fragmented, regulating business activities in the reference sector, with the extension of the survey to the production of energy from renewable sources, extensively promoted by the legislator to reduce the environmental impact of traditional energy sources and to mitigate the problems related to external energy supply. With this in mind, the production of energy deriving from renewable sources is analyzed both as an independent business activity and as an activity related to an agricultural enterprise. The research continues with the analysis of the distortion effects on competition caused by the presence of a single network infrastructure. In this perspective, the study focuses on the examination of interventions aimed at favoring competition, focusing on four aspects: the provision of rules for access to the infrastructure, the imposition of non-interference obligations in the individual activities of the supply chain, the introduction of antitrust ceilings and the establishment of a specific independent Authority to monitor the electricity sector. Therefore, the research tries to identify the rules governing the electricity market, which are irrepressible even in a mature market context. Moreover, the research, starting from the well-known fact that energy costs have a significant impact on both private individuals and entrepreneurs, analyzes the most opportune forms of cooperation that can allow a reduction in the costs of energy. The analysis, therefore, explores typical forms of business cooperation in the electricity sector, which buy and/or self-generate energy, to be donated to private individuals and/or companies that belong to the group or/and members. Finally, the research analyzes the contract for the supply of energy, which includes not only the supply of a universal good but also any other aspect instrumental to the use of the service, including the connection to the network, the maintenance of the systems and the billing of consumption; particular attention is paid to transparency and information obligations in relations with the end customer, aspects related to the responsibility of the supplier in the event of interruption of supply and the fate of energy supply contracts following a financial crisis company, with particular reference to bankruptcy and to the composition with creditors.
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Battistini, Ilaria <1981&gt. « La discrezionalità economica nelle decisioni sanzionatorie dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1778/1/Battsitini_Ilaria_tesi.pdf.

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Battistini, Ilaria <1981&gt. « La discrezionalità economica nelle decisioni sanzionatorie dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1778/.

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Giordan, Filippo. « La pubblica amministrazione e il mercato. Servizi pubblici, attività contrattuale e tutela della concorrenza ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3426177.

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Résumé :
The object of this research is a cross-cutting issue and, for this reason, the attention was not focused on a specific topic but, more generally, on the role of the public administration in the various occurrences in which the public function is intertwined with the protection of private interests or with the protection of general interests such as the protection of competition in the markets. Very briefly we can say that the study has been divided into three main areas. In the first chapter I focused on the position of the administration, and, in general, of the public authority in the market economy, both as an operator which plays an active role through the activity of the public companies and a legal person covering a guarantee position; (focusing here the attention on the role of public authorities). In the second chapter we focused on the role of public administration as the subject that must ensure the provision of services of general economic interest and, consequently, the analysis concerned about the European Union discipline of competition and its various manifestations in domestic law. Particular emphasis was given to the regulation of local public services where the tension between the open market and the protection of the public interests is very emphasized. In the third chapter the analysis was shifted to the role of the administration as a market operator whose contractual activity is characterized by a number of differences compared to the discipline normally applicable to relations between private legal entities. In particular, we focused on pre-contractual liability, the condition of the contract after the annulment of the adjudication and other cases in which we can recognize a threat for the free competition.
L’oggetto della ricerca ha carattere trasversale e, conseguentemente, l’attenzione non è stata focalizzata su di uno specifico istituto ma, più in generale, sul ruolo svolto dalla pubblica amministrazione nei vari momenti in cui lo svolgimento della funzione si intreccia con la tutela di interessi privatistici o di interessi generali quale è certamente la tutela della concorrenza nei mercati. Molto sinteticamente si può dire che il lavoro è stato suddiviso in tre macro aree. Nel primo capitolo mi sono soffermato sulla posizione dell’amministrazione e, in generale del soggetto pubblico, nell’economia di mercato, nella duplice veste di operatore che svolge un ruolo attivo attraverso lo strumento societario e di soggetto investito di una funzione di garanzia degli equilibri di mercato (focalizzando qui l’attenzione sulla funzione delle autorità garanti). Nel secondo capitolo ci si è concentrati sul ruolo della p.a. quale soggetto tenuto a garantire l’erogazione di servizi di interesse economico generale e, conseguentemente, l’analisi ha avuto ad oggetto la disciplina pro concorrenziale di stampo comunitario e le sue diverse declinazioni nell’ordinamento interno. Particolare rilievo è stato assegnato alla disciplina dei servizi pubblici locali dove è molto accentuata la tensione tra apertura al mercato, da un lato, e salvaguardia degli interessi pubblici sottesi ai servizi da erogare, dall’altro. Nel terzo capitolo l’analisi si è spostata sul ruolo dell’amministrazione quale operatore di mercato la cui attività contrattuale si caratterizza per numerosi profili di specialità rispetto alla disciplina normalmente applicabile ai rapporti tra privati. Sono stati svolti, quindi, alcuni approfondimenti in tema di responsabilità precontrattuale, sorte del contratto ad esito dell’annullamento del provvedimento prodromico di aggiudicazione e in relazione ad alcune vicende della contrattualistica pubblica che possono rappresentare un pericolo per le esigenze di tutela della concorrenza e di parità delle chances competitive dei vari soggetti privati interessati ad essere controparti negoziali della p.a.
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SABATINO, Maria. « La gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica : un mercato da aprire alla concorrenza ». Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2014. http://hdl.handle.net/11695/66394.

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Résumé :
Incertezze e contraddizioni cicliche contraddistinguono il nostro ordinamento nello sviluppo della disciplina sui servizi pubblici locali e, in particolare, di quelli a rilevanza economica. La grande attenzione al tema dei servizi pubblici locali è dipesa anche dall’incessante e non sempre coerente produzione normativa che nell’ultimo decennio ha contraddistinto il settore, tanto da dar luogo ad uno stato di riforma e di transizione permanente, nel quale, subito dopo l’adozione di un determinato intervento normativo, iniziava a maturare l’aspettativa di ulteriori interventi, rettificativi, integrativi, correttivi, quando non addirittura di contro- riforma o, comunque, di ridefinizione delle relative dinamiche temporali di entrata a regime, alimentando dunque il senso di incertezza in ordine alla chiarezza e stabilità del quadro giuridico di riferimento. La legge 142/1990 ha definito i servizi pubblici come quei servizi che hanno per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali; definizione ripresa nel Testo unico sulle autonomie locali, d.lgs. 267/2000. Il primo cambiamento, sul quale soffermarsi, riguarda la concezione stessa di servizio pubblico locale. Se, in passato l’aggettivo “pubblico” era riferito al soggetto che erogava il servizio ora l’elemento qualificante è l’oggetto, ossia il bisogno, della collettività residente su un determinato territorio, da soddisfare. Ciò conduce ad un ripensamento del ruolo dello Stato nella produzione dei servizi pubblici locali: se il focus è il bisogno, è necessario individuare il soggetto che ha le capacità di soddisfarlo al meglio, che può essere tanto pubblico che privato. Se la gestione monopolistica pubblica appartenente al passato ha prodotto inefficienze, e se la massima efficienza è raggiunta in regime di assoluta competizione, allora una possibile soluzione per garantire una risposta adeguata ai bisogni della collettività da soddisfare può essere rappresentata dall’introduzione di concorrenza. Ulteriore, elemento di instabilità è stato introdotto a seguito della consultazione referendaria svoltasi nel giugno 2011 che ha finito per travolgere l’intero assetto normativo applicabile alla generalità dei servizi pubblici locali fondato sull’articolo 23-bis del decreto legge 112/2008. Da qui, dunque, l’esigenza di definire una nuova disciplina, dettata dall’articolo 4, del decreto legge 138/2011, convertito con modifiche, dalla legge 148/2011 a sua volta modificato ed integrato, a più riprese tra la fine del 2011 ed il primo semestre del 2012. Anche questo regime, però, avrà vita breve perché proprio mentre sembrava in via di stabilizzazione è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale con sentenza 20 luglio 2012, n. 199, che ha dunque riaperto – ove mai questo fosse stato chiuso – il cantiere per l’adozione di una ennesima nuova disciplina dei servizi pubblici locali. Obiettivo del presente contributo è dunque quello di ripercorrere l’evoluzione normativa in materia di servizi pubblici locali, partendo da una sistemazione concettuale del servizio pubblico e di servizio pubblico locale come species del primo; si è sviluppato il discorso prendendo in considerazione, cronologicamente, tutti i risultati a cui si è pervenuti negli anni, in considerazione del fatto che il settore dei servizi pubblici locali detiene un’importanza primaria nell’intero sistema economico di un paese, e di concentrare l’attenzione su alcuni dei profili di maggiore interesse che, nell’avvicendarsi e stratificarsi dei vari regimi normativi dell’ultimo decennio continuano a rappresentare delle questioni aperte e dei nodi cruciali della disciplina. Si procede poi alla ricerca e illustrazione delle modalità di introduzione di concorrenza più adeguate e opportune per i settori dei servizi pubblici locali. Il lavoro si propone di affrontare la tematica dei servizi pubblici locali, soprattutto tenendo conto dei recenti fermenti riformistici, delineando le tappe che, nel lungo processo di creazione del servizio pubblico locale, sono servite per arricchire la materia di prospettive sempre nuove e provenienti da più istanze, non da ultima quella comunitaria. Si cercherà, poi, di individuare, partendo dagli ultimi interventi normativi e seguendo le indicazioni della più recente giurisprudenza costituzionale, alcune coordinate su cui delineare, in chiave prospettica, l’avvio di un percorso di effettiva stabilizzazione normativa e di riforma di questi importanti comparti economici. Quindi, dopo un inquadramento sistematico della materia e della sua evoluzione si procede all’analisi degli effetti della pronuncia di incostituzionalità (sentenza n. 199/2012), evidenziando sotto quali profili si concretizza la perdita di concorrenzialità del sistema. In esito alla sentenza, 199/2012, gli Enti locali possono affidare la gestione dei servizi pubblici a rilevanza economica o meglio di scelta del soggetto gestore e/o affidatario del servizio tramite tre modalità: 1. ricorso al mercato; 2. partenariato pubblico-privato istituzionalizzato (cosiddetto PPPI); 3. affidamento in house. La prima è il modello della così detta evidenza pubblica, ossia della scelta del soggetto affidatario previa gara, rispettosa del regime comunitario di libera concorrenza. La seconda è il fenomeno delle società miste (che a livello comunitario è conosciuto come quello del PPPI), il quale si realizza attraverso la cosiddetta gara a doppio oggetto (riguardante sia la qualità di socio che la gestione del servizio), in cui la società viene costituita per una specifica missione in base a una gara che ha ad oggetto la scelta del socio e l’affidamento della missione medesima. La terza è il cosiddetto in house che consente l’affidamento diretto, senza previa gara, a un soggetto solo formalmente, e non sostanzialmente, diverso dall’ente affidante. Il che è consentito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’U.E. in presenza di tre condizioni: a) totale partecipazione pubblica; b) controllo analogo sulla società affidataria a quello che l’ente o gli enti affidanti esercitano sui propri servizi; c) realizzazione, da parte della società affidataria, della parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti che la controllano. Quindi ammissibilità dell’affidamento in house senza deroghe e senza eccezioni. Nonostante la pronuncia di incostituzionalità, si cercherà anche di individuare spiragli per riproporre anche nel prossimo futuro accorgimenti pro concorrenziali ammissibili, per contemperare il forzato passo indietro imposto dall’esito referendario. In ultimo, il lavoro propone una comparazione tra il sistema italiano e quello spagnolo, sulla gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Sicuramente è stata persa un’occasione. Nonostante il vento favorevole, il nostro ordinamento rimane in balia dell’incertezza, perché, condizionato dall’instabilità politica e dalle sue degenerazioni populistiche, ancora una volta, non sa dove andare.
Our code is marked by cyclical uncertainties and contradictions in developing the local public services regulation, especially that of the economically relevant ones. The great attention for the local public services issue has depended on the unending and not always coherent production of regulations which has marked the field so much over the last decade that it has given rise to such a permanent state of reformation and transition that, as soon as a normative amendment was adopted, you started to wait for further interventions drawn up to correct, adjust, integrate it, if not even aimed at a complete reversal of it or, at least, to a redefinition of its time lag to enter into force, therefore triggering a sense of uncertainty about the juridical framework’s clearness and stability. The 142/1990 law defined public services as those services which have as an object the production of goods and activities aimed at realizing social goals and promoting the economical and civil development of local communities; such a definition has been drawn on the Compendium Code for the local authorities, legislative decree 267/2000. The first alteration to linger over is the concept itself of the local public service. If in the past the adjective “public” referred to the subject supplying the service, now the qualifying element is the object, that is the needs of the collectivity residing in a determined territory to be fulfilled. This leads to a rethinking of the role of the State in the local public services production: if the focus is on the need, it is necessary to characterize the subject that has the capabilities to fulfill it properly, being it public or private. If the monopolistic management of the past has produced inefficiencies and if the best efficiency is achieved through absolute competition, then a possible solution to guarantee a proper answer to the needs of the collectivity to satisfy can be the introduction of competition. Another element of instability has was introduced after the referendum of June 2011 which ended up sweeping away the whole normative set up applicable to all public local services, based on the 23-bis article of the Legislative Decree 112/2008. Hence the need for defining a new discipline, dictated by the 4th article of the Legislative Decree 138/2011, converted by alterations from the 148/2011 law, which was amended in turn and integrated many times between the end of 2001 and the first term of 2012. This amendment is going to be short-lived though becaus uncanstitutianal by the Caurt an J uly 20"' 2012 just while being stabilized, which has therefare re-apened - if ever clased - the process far the adaptian af an umpteenth new discipline far the public lacal services.
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Livres sur le sujet "Concorrenza per il mercato"

1

Riccardo, Alessi, Cannizzaro Enzo et Bozza Elena, dir. Codice della concorrenza : Norme italiane e comunitarie per la tutela della concorrenza e del mercato. 2e éd. Torino : G. Giappichelli, 2002.

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2

Preto, Antonio. Le libere professioni in Europa : Regole e concorrenza per il mercato globale. Milano : EGEA, 2001.

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3

LaConca, Riccardo. Democrazia, mercato e concorrenza. Milano, Italia : Sugarco, 1988.

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4

Allegrucci, Lorenzo. Diritto antitrust : La tutela della concorrenza e del mercato : manuale teorico-pratico : la normativa antitrust, pubblicità ingannevole e autorità garante, l'autorità per le garanzie nelle comunicazioni ex L. 249/1997 : con appendice legislativa. Napoli : Esselibri Simone, 1997.

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5

Magnani, Paola. La tutela della concorrenza nel mercato dell'innovazione. Milano : EGEA, 2003.

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6

Zucchetti, Roberto, et Mauro Ravasio. Trasporti e concorrenza : Dal monopolio pubblico al libero mercato. Milano : EGEA, 2001.

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7

Berruti, Giuseppe Maria. La concorrenza sleale nel mercato : Giurisdizione ordinaria e normativa antitrust. Milano : Giuffrè, 2002.

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8

Giuliano, Amato, et Cassese Sabino, dir. Cultura del mercato : La Commissione parlamentare d'inchiesta sulla concorrenza (1961-1965). Soveria Mannelli : Rubbettino, 2007.

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9

Mezzacapo, Simone. La concorrenza tra regolazione e mercato : Ordine giuridico e processo economico. Bari : Cacucci, 2004.

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10

Vincenti, Claudio De, et Adriana Vigneri. Le virtù della concorrenza : Regolazione e mercato nei servizi di pubblica utilità. Bologna : Il Mulino, 2006.

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Chapitres de livres sur le sujet "Concorrenza per il mercato"

1

Perathoner, Christoph. « Il trasporto multimodale nel diritto dell’Unione Europea : un fenomeno trasportistico emergente privo di un’adeguata regolamentazione ». Dans Bibliothek des Wirtschaftsrechts, 59–83. Berlin, Heidelberg : Springer Berlin Heidelberg, 2021. http://dx.doi.org/10.1007/978-3-662-63635-0_3.

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Résumé :
ZusammenfassungA settant’anni dalla lungimirante dichiarazione dell’allora Ministro degli Esteri francese Robert Schuman (1886–1963) il 9 maggio 1950 a Parigi, è possibile constatare come il lungo e sempre fragile processo di integrazione europea, finalizzato a realizzare “un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa”, abbia permesso il raggiungimento di obiettivi che hanno fondamentalmente migliorato la convivenza e la cooperazione sul nostro continente. In tal senso, un traguardo essenziale per gli Stati membri dell’UE è rappresentato dalla creazione di un mercato interno che assicura “la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali”. Invero, l’istaurazione del mercato interno – al pari dell’integrazione europea – è un processo in continua evoluzione. La ratio istitutiva di un mercato unico sul continente europeo è quella di creare i presupposti per una crescita economica equilibrata, per ottenere la stabilità dei prezzi, per poter costruire un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che miri alla piena occupazione e al progresso sociale, e tutto questo con l’impegno di raggiungere un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente e della vita delle persone.
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2

Susanna, Lopopolo. « Part II The Member State Reports on Transposition of the Directive, 10 Italy ». Dans The EU Antitrust Damages Directive. Oxford University Press, 2018. http://dx.doi.org/10.1093/law-ocl/9780198812760.003.0010.

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Résumé :
This chapter focuses on the transposition of the Antitrust Damages Directive in Italy. It first considers the transposition procedure, with emphasis on the Italian competition law system and more specifically public enforcement of antitrust law under the Autorità Garante per la concorrenza ed il mercato (AGCM), before discussing the issue of the ‘topographic’ location of the implementing regulation within the current legal system. It then examines the substantive and temporal scope of Italy’s transposition measure, known as Legge Delega, as well as specific issues that arose during the transposition, including those relating to disclosure of evidence, penalties, the binding force of National Competition Authority (NCA) decisions and judicial review, time limitation rules, joint and several liability, parent company liability, the passing-on of overcharges, the use of AGCM expertise in quantifying damages, consensual resolution of disputes, collective redress, and the concentration of jurisdiction.
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3

Saglietto, Marisa. « 1 Uno sguardo globale al mercato dell’auto ». Dans Ricerche per l’innovazione nell’industria automotive. Venice : Edizioni Ca' Foscari, 2018. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-269-7/002.

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4

Contino, Alessia, Lucilla D’Alessandro et Renato Sebastiani. « La discarica per rudera del Nuovo Mercato Testaccio a Roma ». Dans Da Roma a Gades/De Roma a Gades, 127–42. Archaeopress Publishing Ltd, 2022. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv2nwq8tk.10.

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5

Stocchetti, Andrea. « 11 Le prospettive della filiera alla luce delle dinamiche di mercato dei nuovi powertrain ». Dans Ricerche per l’innovazione nell’industria automotive. Venice : Edizioni Ca' Foscari, 2019. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-342-7/013.

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6

Bubbico, Davide. « 4 • L’industria automotive italiana tra problematiche di settore e transizione verso l’auto elettrica Stellantis e le ricadute produttive e occupazionali ». Dans Osservatorio sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano 2022. Venice : Fondazione Università Ca’ Foscari, 2023. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-703-6/004.

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Résumé :
L’industria dell’auto in Italia ha conosciuto nel corso degli ultimi tre anni, complice la pandemia COVID-19 e il più recente conflitto russo-ucraino, un’ulteriore complicazione della sua prospettiva manifatturiera e occupazionale. Non solo in relazione al tema delle mancate forniture di semiconduttori e di altri componenti e all’andamento più generale del mercato dell’auto (in flessione da diversi anni e che risente necessariamente delle condizioni complessive dell’economia nazionale), ma anche in relazione alla decisione assunta in ambito comunitario di mettere fine alla vendita di auto con motore endotermico entro il 2035. Quest’ultimo aspetto, che riguarda naturalmente tutti Paesi dell’Unione, se sta avendo un impatto principalmente sui produttori europei inevitabilmente è destinato ad interessare anche quegli OEM (Original Equipment Manufacturers) che fuori dall’Europa producono per il mercato europeo. Le conseguenze della crisi pandemica con tutti i problemi relativi al sistema delle forniture e alla contrazione delle vendite hanno invece interessato in ugual modo tutti gli altri mercati (dagli Stati Uniti alla Cina) inclusi quelli del Sud-est asiatico, seppure con dinamiche differenziate a livello di ogni singolo Paese.
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Actes de conférences sur le sujet "Concorrenza per il mercato"

1

Ciccarese, L. « Foreste e politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici : quali opportunità di mercato per i proprietari forestali ? » Dans Terzo Congresso Nazionale di Selvicoltura. Accademia Italiana di Scienze Forestali, 2009. http://dx.doi.org/10.4129/cns2008.139.

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2

Lutzoni, Leonardo. « Paesaggi in divenire : la territorialità attiva dei nuovi abitanti : il caso di Luogosanto in Alta Gallura ». Dans International Conference Virtual City and Territory. Roma : Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7998.

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Résumé :
Il paesaggio urbano contemporaneo, governato dal movimento e dalla trasformazione, produce disorientamento. La velocità delle reti assorda la città, lacera e segmenta la campagna e il binomio oppositivo urbano/rurale non si presenta più in quanto tale. In diverse aree del nostro paese, però, in particolare lì, dove la rete dei flussi e delle infrastrutture, del mercato e dell'economia globale, che alterano la fisionomia locale della città e del territorio, si dirada, si nascondono dei territori meno illuminati, spazi aperti, di rallentamento, di silenzio, di sopravvivenza di campagna e agricoltura, di resistenza alla crescita lineare e senza senso dell'urbanizzazione (Lanzani, 2011, pag. 20). Sono territori densi di natura e di storia nei quali si stanno verificando fenomeni emergenti, indizi, che disegnano le traiettorie per una prospettiva di cammino differente, ormai necessario, anche per la pianificazione urbanistica contemporanea: nuove forme dell'abitare, dinamiche di insediamento neo rurali, nuove economie legate alla terra, processi di riterritorializzazione, rielaborazione del rapporto tra uomo e natura, una vera e propria svolta etico-culturale. Partendo dalla consapevolezza di vivere ed agire in un delicato equilibrio “sistema-mondo” a cui ogni realtà locale è connessa, nell’articolo si analizza il fenomeno dei nuovi abitanti a Luogosanto, piccolo Comune dell’Alta Gallura, in Sardegna. Fenomeno che richiede un'impostazione metodologica basata sull'osservazione attenta, infatti, si tratta, in buona sostanza, di associare un’analisi più generale a un’indagine di dettaglio che può arrivare addirittura alla ricerca della singola esperienza di vita, necessaria a tracciare le linee per il progetto di territorio.
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3

Ortolani, Chiara. « Morfologia urbana, trasporti, energia : indicatori di impatto ». Dans International Conference Virtual City and Territory. Roma : Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7910.

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Résumé :
La mobilità svolge un ruolo vitale per il mercato interno, per l’occupazione e, più in generale per la qualità della vita dei cittadini. Rivolgendo l'attenzione al contesto mondiale, europeo e nazionale si vede come sia divenuta una necessità sempre crescente: la mobilità media per persona in Europa, misurata in passeggeri-chilometro per abitante, è aumentata del 7% tra il 2000 e il 2008 e si prevede che nel 2050 i passeggeri-km nell’Europa OECD saranno il doppio rispetto al 2000. Per ciò che riguarda il trasporto merci la domanda ha continuato a crescere oltre il PIL negli ultimi dieci anni (EC, 2011). L’attuale modello di trasporto è basato però sull'uso dei combustibili fossili e sul predominio del trasporto su strada, sia per le merci che per i passeggeri (EC, 2011) e inoltre una larga parte della mobilità oggi esistente potrebbe essere evitata (McLellan & Marshall, 1998). Di conseguenza, tale modello è responsabile del 23% dell’energia consumata in Europa. Circa i tre quarti dipendono dal trasporto su strada (IPCC, 2007) e il consumo energetico, in questo settore, si stima che aumenterà circa dell’80% entro il 2030. In conseguenza del fatto che l’energia consumata in questo settore proviene per il 96% dal petrolio e dai suoi derivati (IPCC, 2007; EC, 2011) questo stesso è responsabile di elevate emissioni di CO2 e altre sostanze clima-alteranti, dell'aumento della temperatura e di rilevanti problemi di salute nelle popolazioni esposte (U.S. EPA, 2010). La forte dipendenza dal petrolio potrebbe inoltre portare a conseguenze severe sulle possibilità di approvvigionamento di merci e spostamento dei cittadini, sulla sicurezza economica e la competitività globale ed europea nei decenni futuri (EC, 2011; U.S. Joint Forces Command, 2010). La maggior parte degli spostamenti sono interni alle aree urbane e, per il settore dei trasporti, queste sono le aree che influiscono di più sui cambiamenti climatici e sui consumi energetici globali. La città può essere assimilata ad un organismo (Samaniego & Moses, 2008) e gli spostamenti che si compiono in essa, affinché siano efficaci, devono avvenire attraverso una rete che rappresenti una configurazione ordinata di relazioni -o connettività- (Capra, 1996) che implica una certa forma, una struttura definita (con il rispettivo schema) e uno o più processi specifici (Samaniego & Moses, 2008). Le caratteristiche che osserviamo oggi negli organismi sono il risultato di milioni di anni di evoluzione verso l’ottimizzazione delle strutture: minimizzazione dell’energia spesa per la distribuzione delle risorse e massimizzazione del rendimento. Tendono quindi a minimizzare il loro grado di entropia. Per arrivare ad una configurazione del tessuto connettivo urbano che possa minimizzare il suo grado di entropia è necessario innanzi tutto individuare un insieme di indicatori sulla base dei quali sia possibile caratterizzare lo spazio stesso e che rendano possibili analisi dinamiche della morfologia urbana. In quest’ottica, questo contributo si pone quindi come obiettivo quello di individuare un primo set di indicatori significativi derivati dal confronto tra le caratteristiche delle reti vascolari di un organismo e il tessuto connettivo urbano. The mobility plays a very important role for the internal market, employment and, more generally, the citizens’s life quality that takes great advantages from an effective and sustainable transport system. In the last twenty years, mobility has become an ever increasing necessity: the average mobility per capita in Europe, measured in passenger-kilometres per capita, is increased by 7% between 2000 and 2008 and it is expected that in 2050 the passenger-km OECD Europe will double compared to 2000. Furthermore demand for resources and food is continued to grow well beyond the GDP over the past decade (EC, 2011), enhancing thus the freight. The current transport model that responds to this mobility demand, which also includes a large part of trips that could be avoided (McLellan & Marshall, 1998), is based on the dominance of road transport and use of fossil fuels (EC, 2011), both for freight and transport of passengers. As a conseguence this transport model is accountable for 23% of energy consumed in Europe, and about three quarters of which depends on road transport (IPCC, 2007) It is estimated that energy consumption in this sector will increase by around 80% for 2030. In this sector, the energy consumed originates of 96% from oil and its products (IPCC, 2007; EC, 2011; Lerch, 2011). Therefore, the transport sector is responsible for high emissions of CO2 and other climate-altering gases, for the temperature increase and for significant health problems in population directly exposed to oil-derived pollutants(U.S. EPA, 2010). The strong dependence on oil may also have important consequences on the resource supply and mobility of citizens for the next decades (EC, 2011; U.S. Joint Forces Command, 2010). The majority of trips are internal to the urban areas that are affected by this congestion, local air pollution, road accidents and social harms. Finally, urban trips have a major influence on climate change and energy consumption at the global level. Samaniego & Moses (2008) show the similarities existing between cities and organisms. Urban trips are effective if are done through a network representing an ordered configuration of relationships -connectivity-(Capra, 1996) which implies a particular shape, definite structure and one or more specific processes. The characteristics that are observed in organisms today are the result of millions of years of evolution that led to optimized structures that tend to minimize the energy cost for resource allocation thus maximizing their productivity. Therefore, the organisms tend to minimize their degree of entropy. To arrive at a configuration of urban connective tissue that can minimize its level of entropy is first necessary to identify a set of indicators on the basis of which it is possible to characterize the space and make possible dynamic analysis of urban morphology. In this context, the aim of this contribution is to identify a first set of meaningful indicators derived from a comparison of the characteristics of the vascular networks of an organism with the urban connective tissue.
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Salomone, Veronica. « Strategie di sopravvivenza : riciclare – rigenerare – includere nella città mediterranea ». Dans International Conference Virtual City and Territory. Roma : Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.8013.

Texte intégral
Résumé :
Le trasformazioni che investono la città mediterranea contemporanea rendono l’abitare sempre più complesso e contaminato. La precarietà è una condizione ricorrente che genera paesaggi imprevedibili e incostanti. Nasce l’esigenza di rileggere la città attraverso le sue stratificazioni non più solo materiali: si abita riciclando spazi, stravolgendo relazioni, utilizzando strategie di mercato inusuali. La città perde la sua organicità apparente ma, trasformandosi, mantiene i suoi elementi fondanti, sopravvivendo nelle forme di autocostruzione e appropriazione, nelle relazioni sociali e negli assetti economici. La condizione di sopravvivenza si fa strategia e nuova frontiera dell’abitare. La tesi trova le sue argomentazioni in contesti dove condizioni ambientali e socio-economiche generano paesaggi al limite della sopravvivenza. È il caso del Cairo in cui interi quartieri sono stati trasformati dall’ingente domanda di sopravvivenza. In particolare, il paper vuole approfondire il caso studio della Città dei Morti. Inizialmente occupata da strutture temporanee di parenti adoranti, Al-Qarāfa è oggi abitata da circa un milione di egiziani. La densità abitativa è alta e i servizi non sempre sufficienti, per cui le autorità locali decisero nel 2010 di radere al suolo intere sezioni del cimitero attraverso l’attuazione del piano urbanistico Cairo 2050, stravolgendo l’impianto originario dell’area. Qual’è il ruolo del progetto? Quali sono i modelli politici, economici e sociali in grado di rigenerare la città mediterranea contemporanea? Si può ancora parlare di ‘modello mediterraneo’? The transformations that affect the contemporary Mediterranean city make the way of living more and more complex and contaminated. Precariousness is a recurring condition that generates unforeseeable and variable landscapes. It becomes necessary to reassess the city through its layers not only the material ones: you live by recycling spaces, changing relationships, using unusual market strategies. The city loses its apparent organicity but, transforming itself, keeps its basic elements, surviving in self-constructions and appropriation forms, in social relations and in the economic arrangements. The condition of survival becomes strategy and new border of living. The thesis finds its arguments in contexts where environmental and socio-economic conditions produce landscapes at the limits of survival. This is the case of Cairo where entire districts have been transformed by the huge demand of survival. In particular, the paper wants to deepen the study case of the City of the Dead. Initially occupied by temporary structures of adoring relatives, Al-Qarāfa is today inhabited by about a million of Egyptians. The population density is high and the services aren't always enough, so the local authorities decided in the 2010 to demolish entire sections of the cemetery through the implementation of the development plan Cairo 2050, changing the original structure of the area. What is the role of the project? What are the political, economic and social models capable of regenerating the contemporary mediterranean city? Can we still speak of 'Mediterranean model'?
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