Littérature scientifique sur le sujet « Codice diplomatico »

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Articles de revues sur le sujet "Codice diplomatico"

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Di Crescenzo, Tonia, et Claudio Di Felice. « I Pantaleoni in un testamento del 1342. Un’integrazione al Codice Diplomatico Dantesco e alla storia degli Alighieri ». Italian Studies 72, no 1 (2 janvier 2017) : 16–32. http://dx.doi.org/10.1080/00751634.2017.1287252.

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Sánchez Díez, Alicia. « Los estudios sobre códices diplomáticos hispánicos. Confluencias historiográficas, metodológicas y sistémicas durante los ss. XVIII-XX ». REVISTA DE HISTORIOGRAFÍA (RevHisto) 27 (27 novembre 2017) : 236. http://dx.doi.org/10.20318/revhisto.2017.3973.

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Résumé :
Resumen: Las dificultades metodológicas en los estudios sobre códices diplomáticos hispánicos, en su mayoría derivadas de la ausencia de grandes tratados sistémicos, comienzan levemente a solventarse, en estos últimos años, en buena parte debido al desarrollo de estudios comparativos avanzados y sistemas metodológicos multidisciplinares asistidos por herramientas tecnológicas, los cuales permiten diversificar los enfoques historiográficos tradicionales. A continuación se expone un análisis de las confluencias y divergencias, un examen de la evolución y mejoras en las metodologías aplicadas a los trabajos sobre este objeto de estudio a lo largo de los últimos tres siglos, demostrando su influencia y efecto, no siempre positivos, en las disertaciones actuales.Palabras clave: Códices diplomáticos, cartularios, metodología, Sistemática, cultura escrita, siglos XVIII, XIX y XX.Abstract: The methodological difficulties of research into Hispanic diplomatic codices, mostly arising from the lack of major systemic treatises, have begun to be resolved to a limited extent in recent years. This is largely due to advanced comparative studies and multidisciplinary methodological systems supported by technological tools, which both allow the diversification of traditional historiographic approaches. This paper sets out an analysis of the confluences and divergences, an examination of developments and improvements in the methodologies used to work on this subject of study over the last three centuries, showing both the influence and effect, not always positive, in current dissertations.Key words: Diplomatic codices, cartularies, methodology, Systematic, science of writing and written objects, 18th, 19th and 20th centuries.
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Afrita, Eni. « HIKAYAT TABUT (Suatu Tinjauan Filologi dan Sintaksis) ». Humanus 12, no 2 (1 décembre 2012) : 189. http://dx.doi.org/10.24036/jh.v11i2.2168.

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Résumé :
Codex as heritage, full of life values, is only useful once it is researched, particularly philologically. The tradition of text duplicating of the codices that only relied on intuitive or diplomatic method will practically help the reader the least.In general this research aims to give opportunity to broader society to recognize, study, and enjoy ancient writing. On the other hand, the target particularly is to reveal the digression of spelling and text characteristic, and the supposed form of the Tabut Saga text edition.Key words: evaluation philology and sintacsys, saga of tabut
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Grzybowska, Lidia. « Skąd wziął się w Krakowie traktat Franciszka Eiximenisa "Ars praedicandi populo" ? Trzy możliwe drogi ». Annales Universitatis Paedagogicae Cracoviensis | Studia Historicolitteraria 21 (23 décembre 2021) : 12–31. http://dx.doi.org/10.24917/20811853.21.1.

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Résumé :
This article aims to present three hypotheses about how the preaching treatise of the Catalan author, Francesc Eiximenis, entitled 'Ars praedicandi populo', ended up in Krakow in the library of Mikołaj Spycymir. For this purpose, three codices, which contain copies of the Eiximenis treatise, were compared to each other. The article also presented in more detail the biography of Nicolaus Spycymir, the owner of the oldest copy of the treatise. The first two hypotheses are related to the Franciscan Order and diplomatic travels and pilgrimages to Compostela. They seem not to be as well-grounded in the sources as the third hypothesis, which concerns the Polish delegations to the Council of Basel and Council delegations coming to Kraków. One of the delegates of the Council was Marc Bonfill, a Catalan theologian and well-known preacher, associated, like Eiximenis, with the University of Lerida and Girona. The article also pays special attention to Bonfill’s associate, Stanisław Sobniowski, who was a close friend of Spycimir. It is possible that Spycymir obtained the treatise on the preaching arts through these connections (Bonfill or Sobniowski). This hypothesis, however, requires further research.
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Zuliani, Federico. « En samling politiske håndskrifter fra slutningen af det 16. århundrede : Giacomo Castelvetro og Christian Barnekows bibliotek ». Fund og Forskning i Det Kongelige Biblioteks Samlinger 50 (29 avril 2015). http://dx.doi.org/10.7146/fof.v50i0.41248.

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Résumé :
Federico Zuliani: Una raccolta di scritture politiche della fine del sedicesimo secolo. Giacomo Castelvetro e la biblioteca di Christian Barnekow. Alla pagina 68 recto del manoscritto Vault Case Ms. 5086, 73/2, Newberry Library, Chicago, ha inizio il “Registro di tutte le scritture politiche del S[igno]r Christiano Bernicò”. Il testo è preceduto da un altro elenco simile, sebbene più breve, che va sotto il titolo di “Memoriale D’alcune scritture politiche, che furon donate alla Reina Maria Stuarda Prigioniera in Inghilterra l’anno di salute m.d.lxxxiii. Dal S[igno]re di Cherelles”. Il manoscritto 5086, 73/2 fa parte di una collezione di dieci volumi (originariamente undici) appartenuti a Giacomo Castelvetro e oggi conservati negli Stati Uniti. I codici, le cui vicende di trasmissione sono, in parte, ancora poco chiare, furono sicuramente compilati da Castelvetro durante il periodo che passò in Danimarca, tra l’estate del 1594 e l’autunno del 1595. Il soggiorno danese di Castelvetro ha ricevuto attenzioni decisamente minori di quelle che invece meriterebbe. Alla permanenza in Danimarca è riconducibile infatti l’opera più ambiziosa dell’intera carriera del letterato italiano: vi vennero assemblati, con l’idea di darli poi alle stampe, proprio i volumi oggi negli Stati Uniti. La provenienza è provata tanto dall’indicazione, nei frontespizi, di Copenaghen come luogo di composizione, quanto dalle annotazioni autografe apportate da Castelvetro, a conclusione dei testi, a ricordare quando e dove fossero stati trascritti; oltre a Copenaghen vi si citano altre due località, Birkholm e Tølløse, entrambe sull’isola danese di Sjællad, ed entrambe amministrate da membri dell’influente famiglia Barnekow. E’ a Giuseppe Migliorato che va il merito di aver identificato per primo in Christian Barnekow il “Christiano Bernicò” della lista oggi alla Newberry Library. Christian Barnekow, nobile danese dalla straordinaria cultura (acquisita in uno studierejse durato ben diciassette anni), a partire dal 1591 fu al servizio personale di Cristiano IV di Danimarca. Barnekow e Castelvetro si dovettero incontrare a Edimburgo, dove il primo era giunto quale ambasciatore del monarca danese e dove il secondo si trovava già dal 1592, come maestro di italiano di Giacomo Stuart e di Anna di Danimarca, sorella di Cristiano IV. Sebbene non si possa escludere un ruolo di Anna nell’introdurli, è più probabile che sia stata la comune amicizia con Johann Jacob Grynaeus a propiziarne la conoscenza. Il dotto svizzero aveva infatti dato ospitalità a Barnekow, quando questi era studente presso l’università di Basilea, ne era divenuto amico e aveva mantenuto i rapporti nel momento in cui il giovane aveva lasciato la città elvetica. Grynaeus era però anche il cognato di Castelvetro il quale aveva sposato Isotta de’ Canonici, vedova di Thomas Liebler, e sorella di Lavinia, moglie di Grynaeus sin dal 1569. Isotta era morta però nel marzo del 1594, in Scozia, ed è facile immaginare come Barnekow abbia desiderato esprimere le proprie condoglianze al marito, cognato di un suo caro amico, e vedovo di una persona che doveva aver conosciuto bene quando aveva alloggiato presso la casa della sorella. Castelvetro, inoltre, potrebbe essere risultato noto a Barnekow anche a causa di due edizioni di opere del primo marito della moglie curate postume dal letterato italiano, tra il 1589 e il 1590. Thomas Liebler, più famoso con il nome latinizzato di Erasto, era stato infatti uno dei più acerrimi oppositori di Pietro Severino, il celebre paracelsiano danese; Giacomo Castelvetro non doveva essere quindi completamente ignoto nei circoli dotti della Danimarca. La vasta cultura di Christian Barnekow ci è nota attraverso l’apprezzamento di diversi suoi contemporanei, quali Grynaeus, Jon Venusinus e, soprattutto, Hans Poulsen Resen, futuro vescovo di Sjælland e amico personale di Barnekow a cui dobbiamo molte delle informazioni in nostro possesso circa la vita del nobile danese, grazie all’orazione funebre che questi tenne nel 1612 e che venne data alle stampe l’anno successivo, a Copenaghen. Qui, ricordandone lo studierejse, il vescovo raccontò come Barnekow fosse ritornato in Danimarca “pieno di conoscenza e di storie” oltre che di “relazioni e discorsi” in diverse lingue. Con questi due termini l’ecclesiastico danese alludeva, con tutta probabilità, a quei documenti diplomatici, relazioni e discorsi di ambasciatori, per l’appunto, che rientravano tra le letture preferite degli studenti universitari padovani. La lista compilata da Castelvetro, dove figurano lettere e istrutioni ma, soprattutto, relationi e discorsi, era un catalogo di quella collezione di manoscritti, portata dall’Italia, a cui fece riferimento l’ecclesiastico danese commemorando Christian Barnekow. Tutti coloro i quali si sono occupati dei volumi oggi negli Stati Uniti si sono trovati concordi nel ritenerli pronti per la pubblicazione: oltre alle abbondanti correzioni (tra cui numerose alle spaziature e ai rientri) i volumi presentano infatti frontespizi provvisori, ma completi (con data di stampa, luogo, impaginazione dei titoli – a loro volta occasionalmente corretti – motto etc.), indici del contenuto e titolature laterali per agevolare lettura e consultazione. Anche Jakob Ulfeldt, amico e compagno di viaggi e di studi di Barnekow, riportò a casa una collezione di documenti (GKS 500–505 fol.) per molti aspetti analoga a quella di Barnekow e che si dimostra di grande importanza per comprendere peculiarità e specificità di quella di quest’ultimo. I testi di Ulfeldt risultano assemblati senza alcuna coerenza, si rivelano ricchi di errori di trascrizione e di grammatica, e non offrono alcuna divisione interna, rendendone l’impiego particolarmente arduo. Le annotazioni di un copista italiano suggeriscono inoltre come, già a Padova, potesse essere stato difficoltoso sapere con certezza quali documenti fossero effettivamente presenti nella collezione e quali si fossero smarriti (prestati, perduti, pagati ma mai ricevuti…). La raccolta di Barnekow, che aveva le stesse fonti semi-clandestine di quella dell’amico, doveva trovarsi in condizioni per molti versi simili e solo la mano di un esperto avrebbe potuto portarvi ordine. Giacomo Castelvetro – nipote di Ludovico Castelvetro, uno dei filologi più celebri della propria generazione, e un filologo egli stesso, fluente in italiano, latino e francese, oltre che collaboratore di lunga data di John Wolfe, editore londinese specializzato nella pubblicazione di opere italiane – possedeva esattamente quelle competenze di cui Barnekow aveva bisogno e ben si intuisce come mai quest’ultimo lo convinse a seguirlo in Danimarca. I compiti di Castelvetro presso Barnekow furono quelli di passarne in rassegna la collezione, accertarsi dell’effettivo contenuto, leggerne i testi, raggrupparli per tematica e area geografica, sceglierne i più significativi, emendarli, e prepararne quindi un’edizione. Sapendo che Castelvetro poté occuparsi della prima parte del compito nei, frenetici, mesi danesi, diviene pure comprensibile come mai egli portò con sé i volumi oggi negli Stati Uniti quando si diresse in Svezia: mancava ancora la parte forse più delicata del lavoro, un’ultima revisione dei testi prima che questi fossero passati a un tipografo perché li desse alle stampe. La ragione principale che sottostò all’idea di pubblicare un’edizione di “scritture politiche” italiane in Danimarca fu la presenza, in tutta l’Europa centro settentrionale del tempo, di una vera e propria moda italiana che i contatti tra corti, oltre che i viaggi d’istruzione della nobiltà, dovettero diffondere anche in Danimarca. Nel tardo Cinquecento gli autori italiani cominciarono ad essere sempre più abituali nelle biblioteche private danesi e la conoscenza dell’italiano, sebbene non completamente assente anche in altri settori della popolazione, divenne una parte fondamentale dell’educazione della futura classe dirigente del paese nordico, come prova l’istituzione di una cattedra di italiano presso l’appena fondata Accademia di Sorø, nel 1623. Anche in Danimarca, inoltre, si tentò di attrarre esperti e artisti italiani; tra questi, l’architetto Domenico Badiaz, Giovannimaria Borcht, che fu segretario personale di Frederik Leye, borgomastro di Helsingør, il maestro di scherma Salvator Fabris, l’organista Vincenzo Bertolusi, il violinista Giovanni Giacomo Merlis o, ancora, lo scultore Pietro Crevelli. A differenza dell’Inghilterra non si ebbero in Danimarca edizioni critiche di testi italiani; videro però la luce alcune traduzioni, anche se spesso dal tedesco, di autori italiani, quali Boccaccio e Petrarca, e, soprattutto, si arrivò a pubblicare anche in italiano, come dimostrano i due volumi di madrigali del Giardino Novo e il trattato De lo schermo overo scienza d’arme di Salvator Fabris, usciti tutti a Copenaghen tra il 1605 e il 1606. Un’ulteriore ragione che motivò la scelta di stampare una raccolta come quella curata da Castelvetro è da ricercarsi poi nello straordinario successo che la letteratura di “maneggio di stato” (relazioni diplomatiche, compendi di storia, analisi dell’erario) godette all’epoca, anche, se non specialmente, presso i giovani aristocratici centro e nord europei che studiavano in Italia. Non a caso, presso Det Kongelige Bibliotek, si trovano diverse collezioni di questo genere di testi (GKS 511–512 fol.; GKS 525 fol.; GKS 500–505 fol.; GKS 2164–2167 4º; GKS 523 fol.; GKS 598 fol.; GKS 507–510 fol.; Thott 576 fol.; Kall 333 4º e NKS 244 fol.). Tali scritti, considerati come particolarmente adatti per la formazione di coloro che si fossero voluti dedicare all’attività politica in senso lato, supplivano a una mancanza propria dei curricula universitari dell’epoca: quella della totale assenza di qualsivoglia materia che si occupasse di “attualità”. Le relazioni diplomatiche risultavano infatti utilissime agli studenti, futuri servitori dello Stato, per aggiornarsi circa i più recenti avvenimenti politici e religiosi europei oltre che per ottenere informazioni attorno a paesi lontani o da poco scoperti. Sebbene sia impossibile stabilire con assoluta certezza quali e quante delle collezioni di documenti oggi conservate presso Det Kongelige Bibliotek siano state riportate in Danimarca da studenti danesi, pare legittimo immaginare che almeno una buona parte di esse lo sia stata. L’interesse doveva essere alto e un’edizione avrebbe avuto mercato, con tutta probabilità, anche fuori dalla Danimarca: una pubblicazione curata filologicamente avrebbe offerto infatti testi di gran lunga superiori a quelli normalmente acquistati da giovani dalle possibilità economiche limitate e spesso sprovvisti di una padronanza adeguata delle lingue romanze. Non a caso, nei medesimi anni, si ebbero edizioni per molti versi equivalenti a quella pensata da Barnekow e da Castelvetro. Nel 1589, a Colonia, venne pubblicato il Tesoro politico, una scelta di materiale diplomatico italiano (ristampato anche nel 1592 e nel 1598), mentre tra il 1610 e il 1612, un altro testo di questo genere, la Praxis prudentiae politicae, vide la luce a Francoforte. La raccolta manoscritta di Barnekow ebbe però anche caratteristiche a sé stanti rispetto a quelle degli altri giovani danesi a lui contemporanei. Barnekow, anzitutto, continuò ad arricchire la propria collezione anche dopo il rientro in patria come dimostra, per esempio, una relazione d’area fiamminga datata 1594. La biblioteca manoscritta di Barnekow si distingue inoltre per l’ampiezza. Se conosciamo per Ulfeldt trentadue testi che questi portò con sé dall’Italia (uno dei suoi volumi è comunque andato perduto) la lista di “scritture politiche” di Barnekow ne conta ben duecentoottantaquattro. Un’altra peculiarità è quella di essere composta inoltre di testi sciolti, cioè a dirsi non ancora copiati o rilegati in volume. Presso Det Kongelige Bibliotek è possibile ritrovare infatti diversi degli scritti registrati nella lista stilata da Castelvetro: dodici riconducibili con sicurezza e sette per cui la provenienza parrebbe per lo meno probabile. A lungo il problema di chi sia stato Michele – una persona vicina a Barnekow a cui Castelvetro afferma di aver pagato parte degli originali dei manoscritti oggi in America – è parso, di fatto, irrisolvibile. Come ipotesi di lavoro, e basandosi sulle annotazioni apposte ai colophon, si è proposto che Michele potesse essere il proprietario di quei, pochi, testi che compaiono nei volumi oggi a Chicago e New York ma che non possono essere ricondotti all’elenco redatto da Castelvetro. Michele sarebbe stato quindi un privato, legato a Barnekow e a lui prossimo, da lui magari addirittura protetto, ma del quale non era al servizio, e che doveva avere presso di sé una biblioteca di cui Castelvetro provò ad avere visione al fine di integrare le scritture del nobile danese in vista della sua progettata edizione. Il fatto che nel 1596 Michele fosse in Italia spiegherebbe poi come potesse avere accesso a questo genere di opere. Che le possedesse per proprio diletto oppure che, magari, le commerciasse addirittura, non è invece dato dire. L’analisi del materiale oggi negli Stati Uniti si rivela ricca di spunti. Per quanto riguarda Castelvetro pare delinearsi, sempre di più, un ruolo di primo piano nella diffusione della cultura italiana nell’Europa del secondo Cinquecento, mentre Barnekow emerge come una figura veramente centrale nella vita intellettuale della Danimarca a cavallo tra Cinque e Seicento. Sempre Barnekow si dimostra poi di grandissima utilità per iniziare a studiare un tema che sino ad oggi ha ricevuto, probabilmente, troppa poca attenzione: quello dell’importazione in Danimarca di modelli culturali italiani grazie all’azione di quei giovani aristocratici che si erano formati presso le università della penisola. A tale proposito l’influenza esercitata dalla letteratura italiana di “maneggio di stato” sul pensiero politico danese tra sedicesimo e diciassettesimo secolo è tra gli aspetti che meriterebbero studi più approfonditi. Tra i risultati meno esaurienti si collocano invece quelli legati all’indagine e alla ricostruzione della biblioteca di Barnekow e, in particolare, di quanto ne sia sopravvissuto. Solo un esame sistematico, non solo dei fondi manoscritti di Det Kongelige Bibliotek, ma, più in generale, di tutte le altre biblioteche e collezioni scandinave, potrebbe dare in futuro esiti soddisfacenti.
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Thèses sur le sujet "Codice diplomatico"

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Skopová, Gabriela. « Profesní etiketa v mezinárodním prostředí ». Master's thesis, Vysoká škola ekonomická v Praze, 2009. http://www.nusl.cz/ntk/nusl-163061.

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The first part of the thesis is focused on professional etiquette in a diplomatic environment, i.e. diplomatic protocol. The second part describes rules of the professional etiquette in an international consulting company.
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Germiyanoglu, Okan. « La lutte contre le terrorisme vue par les hauts fonctionnaires du quai d'orsay : pour une contribution française au concept d'operational code ». Thesis, Lille 2, 2014. http://www.theses.fr/2014LIL20009/document.

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Résumé :
La lutte contre le terrorisme est une préoccupation contemporaine des diplomaties, alors que sa définition internationale demeure introuvable. Dans une approche organisationnelle, les hauts fonctionnaires du ministère français des Affaires étrangères partageraient une vision commune sur la violence terroriste et un « savoir-faire » qui leur permettraient de prendre des décisions efficaces pour la prévenir et la combattre. Or, dans une approche constructiviste, la lutte contre le terrorisme relève de relations intersubjectives comprenant l’activation de systèmes de croyances ou Operational Codes (OPCODES) différents, selon que les diplomates français viennent de l’ENA ou du Concours d’Orient. Ces croyances jouent un rôle dans la façon que les hauts fonctionnaires voient le monde, l’ennemi, mais aussi se perçoivent dans leurs fonctions. Ce sont aussi des croyances préexistantes, forgées à partir des expériences et des engagements personnels, qui font que les décisions en matière d’antiterrorisme ne relèvent pas seulement de considérations sécuritaires, mais aussi de motivations matérielles, émotionnelles, cognitives et morales pour un Etat comme la France
The fight against terrorism is a contemporary concern shared in state diplomacy, though no such common definition exists in international affairs. From an organizational approach, senior civil servants of the French Ministry of Foreign Affairs are thought to share a global vision on terrorist violence and a savoir-faire that should allow them to make effective decisions in their efforts to prevent and fight against it. However, in a constructivist approach, the war on terrorism draws its inspiration from inter-subjective relations that activate a set of belief systems or different Operational Codes (OPCODES). These beliefs systems, though dependent French diplomats’ background (Ecole Nationale d’Administration (ENA) or the Concours d’Orient), contribute to their decision making process. Thus, these beliefs play a role in the way decision makers see the world, the enemy, but also as to how they perceive themselves in their duties. These pre-existing beliefs which have been forged through personal experiences and commitments are responsible for shaping a decision making process that is not solely based on security concerns. They are in fact, also determined by material, emotional, cognitive and moral motivations for a state such as that of France
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REGNICOLI, LAURA. « Codice diplomatico di Giovanni Boccaccio ». Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/2158/1039716.

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VALENTINI, CECILIA. « L'evoluzione della codifica del genitivo dal tipo sintetico al tipo analitico nelle carte del Codice diplomatico longobardo ». Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/2158/1080911.

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Résumé :
Il lavoro ha come oggetto l'analisi morfo-sintattica di un corpus di carte documentarie latine redatte nell'Italia centro-settentrionale tra il VII e l'VIII secolo. Lo studio si concentra sul sintagma nominale e in particolare sulla concorrenza tra la codifica sintetica e analitica del nome dipendente; tale situazione si inserisce nel lungo processo di grammaticalizzazione del sintagma introdotto dalla preposizione de per la funzione adnominale, iniziato nella fase arcaica del latino e conclusosi solo in epoca romanza. Per l'interpretazione del mutamento risultano fondamentali le motivazioni semantiche, legate principalmente al dominio funzionale del possesso. Una parte importante del lavoro è inoltre dedicato all'analisi della morfologia nominale osservabile nelle carte longobarde; nonostante l'elevato polimorfismo e l'incoerenza che caratterizzano la lingua notarile alto-medievale, vengono messi in luce il livellamento delle opposizioni casuali e la ricostruzione di paradigmi flessivi, processi inversi che trovano motivazione nel principio semantico dell'animatezza. This work offers a morpho-syntactic analysis of a corpus of Latin notarial charters written in northern and central Italy in the Early Middle Ages. The focus is on the concurrence between the synthetic and the analytical encoding of the modifier in the noun phrase. This concurrence represents a stage in the grammaticalization of the prepositional phrase headed by de as an adnominal modifier, a long-lasting process, fully accomplished only in the Romance languages. The interpretation offered in this work relies on semantics and makes use of the functional domain of possession. An important section of the work is devoted to the analysis of the noun inflection attested in the Lombard documents. Despite the highly formulaic and inconsistent language usage, I show on the one hand the dismission of the Latin case system, on the other the reconstruction of the nominal paradigms. Both processes can be semantically motivated with reference to the animacy parameter.
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Livres sur le sujet "Codice diplomatico"

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Faraglia, Nunzio Federico. Codice diplomatico sulmonese. Comune di Sulmona : [s.n.], 1988.

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1804-1872, Kandler Pietro, Colombo Fulvio, Arcon Renzo et Ubaldini Tito, dir. Codice diplomatico istriano. [Trieste] : Editore Tip. Riva, 1986.

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Rossella, Rinaldi, dir. Codice diplomatico polironiano. Bologna : Pàtron Editore, 1993.

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Kandler, Pietro. Codice Diplomatico Istriano. Varese : Galli & C., 2003.

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5

Domenico, Ciarlo, dir. Codice diplomatico del monastero di Santo Stefano di Genova. Genova : Società ligure di storia patria, 2008.

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Falconieri, Tommaso Di Carpegna, et Sara Cambrini. Codice diplomatico dei conti di Carpegna, secoli XII-XVI. San Leo (Pesaro e Urbino) : Società di studi storici per il Montefeltro, 2007.

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Giontella, Giuseppe. Codice diplomatico tuscanese : Dall'alto Medioevo alla fine del XIII secolo. Manziana (Roma) : Vecchiarelli, 2013.

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Mario, Fanti, et Paolini Lorenzo, dir. Codice diplomatico della chiesa bolognese : Documenti autentici e spuri : secoli IV-XII. Roma : Istituto storico italiano per il Medio Evo, 2004.

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S. Agata di Cremona (Church), dir. Per un codice diplomatico di S. Agata di Cremona i regesti fino all'anno 1200. Roma : Centro di ricerca, 1986.

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Frascadore, Angela. Gli Ebrei a Brindisi nel '400 : Da documenti del Codice diplomatico di Annibale De Leo. Galatina (Lecce) : M. Congedo, 2002.

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Chapitres de livres sur le sujet "Codice diplomatico"

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Ciambelli, Eleonora. « La stratificazione lessicale submersa in un Codice diplomatico normanno ». Dans Actas del XXVI Congreso Internacional de Lingüística y Filología Románica, sous la direction de Emili Casanova et Cesáreo Calvo, 77–88. Berlin, Boston : DE GRUYTER, 2013. http://dx.doi.org/10.1515/9783110300017.77.

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Capolupo, Consuelo. « Il Codice Diplomatico Verginiano e gli edifici di culto di X secolo ». Dans RACTA 2018 : Ricerche di Archeologia Cristiana, Tardantichità e Altomedioevo, 205–14. Archaeopress Publishing Ltd, 2019. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv1zcm16d.30.

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3

« Leibnizʼ Quellenakquisition für die Mantissa Codicis juris gentium diplomatici ». Dans Praktiken frühneuzeitlicher Historiographie, 227–82. De Gruyter Oldenbourg, 2019. http://dx.doi.org/10.1515/9783110598391-010.

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« Diplomatic language and formal language : a code with a double meaning ». Dans An Experts' Guide to International Protocol, 152–64. Amsterdam University Press, 2016. http://dx.doi.org/10.1515/9789048530625-013.

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Hazel, Fox, et Webb Philippa. « Part II The Sources of the Law of State Immunity, 7 English Law : The UK State Immunity Act 1978 ». Dans The Law of State Immunity. Oxford University Press, 2015. http://dx.doi.org/10.1093/law/9780198744412.003.0008.

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Résumé :
This chapter reviews the status and general structure of the State Immunity Act 1978 (SIA), and gives an outline of its provisions. The SIA was enacted to codify the restrictive rule of State immunity and bring UK law in line with current international practice, and to enable the UK to ratify the European Convention on State Immunity 1972 (ECSI) and the earlier 1926 Brussels Convention and 1934 Protocol relating to the Immunity of State-owned ships. In addition, it provided for the recognition in the UK of foreign judgments given against the Crown in the courts of States Parties to the ECSI, and it also made provision for the extension to heads of State acting in their private capacity and their families of the privileges and immunities enjoyed by the head of a diplomatic mission and his family.
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Bell, David A. « 3. The First Consul, 1799–1804 ». Dans Napoleon, 45–67. Oxford University Press, 2018. http://dx.doi.org/10.1093/actrade/9780199321667.003.0004.

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Résumé :
Napoleon Bonaparte is mostly admired for his domestic achievements from 1799–1804. This Consulate period was one of authoritarian rule, but also of energetic state-building, during which Napoleon established institutions and principles by which the French still govern themselves today. ‘The First Consul, 1799–1804’ explains how during this time, Napoleon negotiated diplomatic agreements with many of his foreign enemies, including Austria and Great Britiain. His new regime also installed a new, streamlined law code, overhauled the education system, and created France’s first successful national bank and stabilized the currency. In 1804, Napoleon was crowned Emperor of the French. However, peace was not long-lasting and France was soon at war again.
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Yarhi-Milo, Keren. « Approaches to Testing the Theory with Case Studies ». Dans Who Fights for Reputation, 103–20. Princeton University Press, 2018. http://dx.doi.org/10.23943/princeton/9780691181288.003.0005.

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Résumé :
This chapter explores historical case studies as part of a layered methodological approach. It uses three observable implications to code a president as believing strongly in the efficacy of force: a preference for higher military spending, a preference for covert military action, and a preference for military solutions over diplomatic ones. Beliefs about the effectiveness of military force capture the president's views regarding use of force in general. Thus, as the theory suggests, those views might affect the propensity to fight for reputation, but that effect is deterministic, because it interacts with the president's self-monitoring disposition. The chapter then explains how evaluating the self-monitoring, hawkishness, and policy recommendations of the presidents' main advisors offers several significant benefits to the research design.
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Miller, James W. « “Inherited Tendencies” ». Dans Integrated. University Press of Kentucky, 2017. http://dx.doi.org/10.5810/kentucky/9780813169118.003.0008.

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Résumé :
This chapter discusses Young's insistence that his students follow a strict code of conduct, which he employed to curb their “inherited tendencies.” Young was diplomatic in dispensing punishment because he knew that many of his students' problems were a result of their home lives and the environments in which they were raised. When an infraction was serious, punishment often came down to a simple choice: get sent to Dr. Young or take a paddling. Hickory-switch discipline was alive at Lincoln, but it was preferable to the ultimate punishment for violating the rules: expulsion. Young taught dignity, self-reliance, discipline, respect for self and others, and practical skills that prepared black boys and girls to become useful members of an often hostile society.
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Hiro, Dilip. « Multi-front Cold War between Riyadh and Tehran ». Dans Cold War in the Islamic World, 275–312. Oxford University Press, 2019. http://dx.doi.org/10.1093/oso/9780190944650.003.0013.

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Résumé :
When rebel Houthis, followers of Zaidi Shia code, captured Sanaa in September 2014, and expelled Yemen’s Sunni President Abd Rabbu al Hadi, alarm bells rang in Riyadh. Deputy Crown Prince Muhammad bin Salman led a coalition of friendly states to intervene in the Yemeni civil war in March 2015. This ignited protest by the Shias in Saudi Arabia. Their indignation intensified when, ignoring international appeals for clemency, the Saudi government executed their revered Ayatollah Nimr al Nimr in January 2016. This led to the severance of diplomatic ties between Riyadh and Tehran. In Iraq, whereas Iran dispatched its trained Shia volunteers to fight Islamic Sate in Syria and Iraq (ISIS), Riyadh lent four jet fighters to the Pentagon in Washington’s anti-ISIS campaign. When Riyadh backed Syrian opposition with cash and weapons, Russian President Vladimir Putin sent air force units to Syria, and shored up Assad’s depleted arms arsenal. With Assad’s recapture of Eastern Aleppo, an opposition stronghold, in December 2016, Iran established superiority over Riyadh in Syria. In July 2015, Iran and six major world powers signed an accord on Tehran’s denuclearization program, titled Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA). It won universal approval except by Saudi Arabia and Israel.
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Batey, Mavis. « Breaking machines with a pencil ». Dans The Turing Guide. Oxford University Press, 2017. http://dx.doi.org/10.1093/oso/9780198747826.003.0019.

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Résumé :
Dilly Knox, the renowned First World War codebreaker, was the first to investigate the workings of the Enigma machine after it came on the market in 1925, and he developed hand methods for breaking Enigma. What he called ‘serendipity’ was truly a mixture of careful observation and inspired guesswork. This chapter describes the importance of the pre-war introduction to Enigma that Turing received from Knox. Turing worked with Knox during the pre-war months, and when war was declared he joined Knox’s Enigma Research Section at Bletchley Park. Once a stately home, Bletchley Park had become the war station of the Secret Intelligence Service (SIS), of which the Government Code and Cypher School (GC&CS) was part. Its head, Admiral Sir Hugh Sinclair, was responsible for both espionage (Humint) and the new signals intelligence (Sigint), but the latter soon became his priority. Winston Churchill was the first minister to realize the intelligence potential of breaking the enemy’s codes, and in November 1914 he had set up ‘Room 40’ right beside his Admiralty premises. By Bletchley Park’s standards, Room 40 was a small-scale codebreaking unit focusing mainly on naval and diplomatic messages. When France and Germany also set up cryptographic bureaux they staffed them with servicemen, but Churchill insisted on recruiting scholars with minds of their own—the so-called ‘professor types’. It was an excellent decision. Under the influence of Sir Alfred Ewing, an expert in wireless telegraphy and professor of engineering at Cambridge University, Ewing’s own college, King’s, became a happy hunting ground for ‘professor types’ during both world wars—including Dillwyn (Dilly) Knox (Fig. 11.1) in the first and Alan Turing in the second. Until the time of Turing’s arrival, mostly classicists and linguists were recruited. Knox himself had an international reputation for unravelling charred fragments of Greek papyri. Shortly after Enigma first came on the market in 1925, offering security to banks and businesses for their telegrams and cables, the GC&CS obtained two of the new machines, and some time later Knox studied one of these closely.
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