Littérature scientifique sur le sujet « Clinica della formazione »

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Articles de revues sur le sujet "Clinica della formazione"

1

Tinti, Maria Rosa, et Graziano Valent. « L'arte della formazione in psichiatria ». RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, no 1 (avril 2022) : 47–75. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2022-001003.

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Résumé :
Parlare di formazione in ambito psichiatrico significa affrontare un insieme di questioni che riguardano l'identità della psichiatria come espressione di un sapere e di una pratica che si riferiscono all'uomo, precisamente all'uomo che soffre. In altre parole, una riflessione sui contenuti e i principi metodologici che si ritengono idonei a formare gli operatori chiama in causa la domanda su quale sia la prima vocazione della psichiatria, quali siano, o debbano essere, i suoi presupposti e i suoi scopi. C'è da chiedersi anzitutto se l'oggetto di studio e di intervento di questa disciplina sia tale da giustificare la sua collocazione nel campo della medicina; se il compito della psichiatria si esaurisca nell'esercizio della competenza clinica o se non debba contemplare una responsabilità di carattere etico e politico, nel senso di una tensione a includere nel proprio campo d'azione e di ricerca il rapporto tra follia e normalità, tra le forme di cura della sofferenza mentale e i linguaggi di una cultura della salute mentale. Senza alcuna intenzione di fissare dei limiti a un discorso che necessita di rimanere aperto e fluente, si vuole riflettere sulle potenzialità della formazione intesa come esperienza di trasformazione che coinvolge il singolo operatore e l'intero gruppo curante. Partendo dalla domanda sul destino della psichiatria al cospetto delle sfide congenite alla relazione con la follia, la riflessione interroga il valore di un dialogo con la filosofia per uscire dal recinto angusto della clinica e restituire alla psichiatria il senso originario di un punto di vista privilegiato sull'essere umano. In ultimo, viene data testimonianza di un'esperienza di ricerca e formazione connaturata alla pratica terapeutica, quella che negli anni Novanta ha preso corpo dall'incontro tra la psichiatria di matrice basagliana del Centro di salute mentale di Orzinuovi e l'originale filosofia dialettica di Italo Valent.
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Orsenigo, Jole, et Stefania Ulivieri Stiozzi. « La Clinica della formazione in Italia ». Cliopsy N° 20, no 2 (1 octobre 2018) : 23–37. http://dx.doi.org/10.3917/cliop.020.0023.

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Gallo, Bianca. « Modelli, metodi e formazione ». GRUPPI, no 1 (juillet 2022) : 101–6. http://dx.doi.org/10.3280/gruoa1-2021oa14026.

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Résumé :
In questo lavoro si esaminano gli aspetti della pratica clinica nelle terapie di gruppo evidenziati da Anzieu. Lo studio di questo testo appare come assolutamente rilevante per COIRAG, la cui organizzazione è particolarmente complessa. Nella formazione dei futuri psicoterapeuti di gruppo, COIRAG propone una integrazione dei diversi modelli delle associazioni federate che sono presenti in COIRAG, e che hanno metodologie e riferimenti teorici diversi, benché tutti derivati da una radice comune, la psicoanalisi. L'autore affronta in particolare il problema dei cosiddetti gruppi "corporei", come è lo psicodramma, che metodologicamente prevedono delle vere e proprie azioni. L'autore propone delle ipotesi che si appoggiano sulle più recenti conoscenze della biologia, e che mostrano come tali tecniche, a differenza di ciò che accade nei gruppi verbali, in generale si basano sulla mobilizzazione di memorie corporee implicite, pensieri mai pensati, o pensieri che siano stati rimossi o negati, ma conservati tali e quali nel corpo. 
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Mari, Massimo, Luca Di Maio, Paola Gremigni, Marinella Sommaruga et Walter Grassi. « Comunicare con i pazienti : un Gruppo Operativo in Reumatologia ». PSICOLOGIA DELLA SALUTE, no 1 (mai 2011) : 135–47. http://dx.doi.org/10.3280/pds2011-001010.

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Résumé :
Un'efficace comunicazione č un importante indicatore della qualitŕ dei servizi ospedalieri. Questo contributo presenta i risultati di una ricerca-intervento sulle abilitŕ comunicative dei membri di un'équipe reumatologica ospedaliera dopo un corso di formazione sulla comunicazione. L'esperienza ha coinvolto ventitré operatori sanitari (78.3% femmine, etŕ media 38.3 ± 9.7 anni) della Clinica Reumatologica dell'Universitŕ Politecnica delle Marche (52.2% infermieri, 30.4% medici, 13% OSS, 4% biologi) in un corso di aggiornamento basato sulla tecnica del Gruppo Operativo di E. Pichon Rivičre. Gli operatori hanno valutato le proprie capacitŕ comunicative, prima e dopo il corso, con il Health Care Communication Questionnaire (HCCQ). Il HCCQ č stato inoltre compilato da trentatré pazienti della Clinica all'inizio del corso e da trentaquattro alla fine, per riportare l'esperienza comunicativa con gli operatori. I risultati mostrano una tendenza al miglioramento nella maggior parte delle dimensioni del HCCQ-P auto-valutate dagli operatori e un miglioramento significativo (p < 0.05) nella valutazione dei pazienti con il HCCQ. Tale risultato incoraggia la formazione degli operatori delle équipe ospedaliere nell'ambito della comunicazione con il paziente.
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Pangrazzi, Arnaldo. « Il corso di formazione pastorale clinica ». Medicina e Morale 39, no 3 (30 juin 1990) : 503–14. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1990.1176.

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Résumé :
Da alcuni anni anche in Italia, dopo l'esperienza degli Stati Uniti e di alcuni paesi europei, sono stati introdotti i Corsi di Formazione Pastorale Clinica (Clinical Pastoral Education - CPE) con l'intento di preparare sacerdoti, religiosi e religiose, diaconi, studenti di teologia, operatori sanitari e volontari, per acquisire una più profonda conoscenza del malato, per favorire lo sviluppo di metodi pastorali basati sulla comunicazione e sulla relazione di aiuto autentica, per facilitare il processo di integrazione dei propri studi teologici con la pratica pastorale e per promuovere il lavoro di équipe con esperti di altre discipline. L'Autore esamina, alla luce della propria esperienza, il metodo utilizzato per fornire questo tipo di preparazione: esso si avvale da una lato della compilazione di accompagnamento pastorale) da parte dei tirocinanti, dall'altro di una serie di colloqui con una figura di educatore esperto, il supervisore. Inoltre il CPE si avvale del procedimento della dinamica di gruppo, offrendo ai tirocinanti un'opportunità di reciproco aiuto e comprensione, per acquisire una sempre maggiore sensibilità e competenza per accostarsi ai malati che essi incontrano nella propria attività.
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Franza, Angelo M. « Clinica della formazione tra topologia e genealogia ». FOR - Rivista per la formazione, no 77 (mars 2009) : 67–70. http://dx.doi.org/10.3280/for2008-077018.

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Meneguz, Giorgio. « Formazione psicoanalitica, idealizzazione e clinica della colleganza ». SETTING, no 27 (octobre 2010) : 89–141. http://dx.doi.org/10.3280/set2009-027007.

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Erba, Sergio. « Clinica, teoria, metodo nella terapia e nella formazione ». RUOLO TERAPEUTICO (IL), no 116 (février 2011) : 51–57. http://dx.doi.org/10.3280/rt2011-116006.

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Erba, Sergio. « Clinica, teoria, metodo nella terapia e nella formazione ». RUOLO TERAPEUTICO (IL), no 122 (février 2013) : 62–68. http://dx.doi.org/10.3280/rt2013-122005.

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Résumé :
In questa sezione il direttore della rivista trae spunto da vignette e situazioni cliniche attinte dalla sua pratica di terapeuta e formatore per illustrare aspetti della teoria clinica de Il Ruolo Terapeutico.
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Bani, Marco, et Michele Procacci. « La formazione a distanza in psicoterapia cognitivo-comportamentale : rischi ed opportunità ; ». QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA, no 47 (février 2021) : 47–61. http://dx.doi.org/10.3280/qpc47-2020oa11205.

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Résumé :
La pandemia da Covid-19 ha modificato radicalmente la pratica clinica, introducendo la necessità di erogare interventi in modalità telematica per molti mesi; al tempo stesso anche le scuole di formazione in psicoterapia hanno dovuto inizialmente sospendere la formazione in presenza per poi riprendere i corsi in modalità telematica, adattando la struttura dei corsi a questa nuova modalità.La peculiarità della formazione in psicoterapia rende complessa una formazione completamente a distanza soprattutto per la dimensione esperienziale della formazione.È stata effettuata una SWOT analysis che ha coinvolto i direttori delle scuole di specializzazione in psicoterapia afferenti alla SITCC per identificare i punti di forza e debolezza delle scuole e le opportunità e i rischi che l'attuale situazione determina per la formazione e per gli specializzandi nei prossimi mesi.I risultati si sono focalizzati su due macro-categorie (opportunità e rischi) che includono alcuni temi e sotto-temi che vengono discussi per fornire alcuni spunti di riflessione e discussione per l'organizzazione di una nuova didattica.La didattica telematica presenta indubbi vantaggi che tutti i partecipanti hanno sottolineato, tuttavia è importante considerare gli adattamenti necessari ad un uso efficace di questa modalità.La maggior parte delle scuole ha espresso la volontà di mantenere la modalità telematica per una parte della didattica anche in futuro riconoscendone il valore di esperienza formativa.
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Thèses sur le sujet "Clinica della formazione"

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PALMA, MANUELA LAURA. « Il soggetto e la pratica. Tematizzazione di un implicito della clinica della formazione ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/14338.

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Résumé :
Questo percorso di ricerca ha come oggetto di indagine l’approccio della Clinica della formazione. L’obiettivo è stato quello di cogliere la specificità di questa proposta considerandola non solo nel suo aspetto di strategia di formazione e di metodo di ricerca sul campo in educazione, ma anche e soprattutto come tentativo di ridefinizione del profilo epistemologico della pedagogia. In questo studio si è scelto di procedere tramite l’esplicitazione di un elemento riconosciuto come impensato, come a-priori che sostiene latentemente l’intero impianto teorico e metodologico della pratica: il concetto di soggetto. Solo presupponendo un soggetto con specifiche caratteristiche risulta possibile intendere lo statuto del dispositivo latente dissotterrato dalla Clinica della formazione e chiarire la natura del percorso di ricerca e di formazione da essa attivati. Si è promosso pertanto un lavoro “clinico” sulla Clinica della formazione. Il concetto di soggetto è stato ricavato come precipitato di un’indagine sul funzionamento della pratica. Si è trattato di considerare come ogni pratica crei i suoi oggetti e parimenti i suoi soggetti. Sono quindi state analizzate le condizioni di visibilità dello sguardo clinico (oggettivazione) e ci si è soffermati sul dispositivo clinico e sul suo modello formativo (soggettivazione) in modo da considerare la pratica nei suoi effetti di sapere e in quelli di potere. È stato così possibile tratteggiare il profilo del soggetto clinico. Si è riconosciuto come l’immagine del soggetto a quo la pratica prende le mosse si configuri nei termini di soggetto “pedagogico”, “contro-natura”, “trans-individuale” e “spossessato” fino a individuare nel carattere “non-indentitario” la qualificazione del soggetto ad quem la pratica formativa mira. Il soggetto emerso dallo studio della pratica è apparso con caratteristiche molto diverse dall’immagine sostanzializzata cui il discorso pedagogico ci ha abituato, tanto da indurre a riconoscere nella Clinica della formazione una prospettiva che non solo accoglie le critiche mosse dalla filosofia del Novecento al soggetto, ma che può offrire delle indicazioni preziose sul profondo ripensamento a cui la pedagogia è chiamata alla luce della “morte dell’uomo”. Una volta illuminato questo ingranaggio al cuore del congegno è stato possibile ricostruire l’intero meccanismo e riconoscere la specificità della Clinica della formazione come proposta epistemologica interna al discorso pedagogico. Si è avuto quindi modo di leggere questo approccio come risposta originale e attualissima rispetto a una serie di questioni e nodi problematici del dibattito pedagogico contemporaneo come la questione relativa alla dimensione valoriale e normativa insita nel gesto educativo, il problema della definizione dell’oggetto specifico del sapere pedagogico e del rapporto tra pedagogia e scienze umane, la ricerca di metodi e di paradigmi adeguati a cogliere la complessità di dimensioni proprie dell’accadere educativo, la questione del rapporto tra teoria pedagogica e prassi educativa.
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SARTORI, DANIELE. « Genesi e sviluppo della clinica della formazione : il pensiero di Riccardo Massa tra riflessione e sociomaterialismo ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2013. http://hdl.handle.net/10281/47430.

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Résumé :
This dissertation aims to trace the origin and evolution of Massa’s thought. The latter is also placed within the current debate on learning theories, and further developed thanks to Fook’s critical reflection and Latour’s actor-network theory. Firstly, Massa’s writings are discussed. The influence of Marxism, Althusser, Foucault, and psychoanalysis on Massa’s socio-materialistic understanding of the learning process is investigated. Particular attention is given to the Foucauldian notions of ‘micro-physic of power’, ‘apparatus’, and ‘clinic’. On that basis, Massa’s ‘educational apparatus’ and ‘Clinica della formazione’ [Foucauldian clinic applied to the learning process] are debated, together with their mutual relationships. Educational apparatus is proved to be the core of Massa’s thought. Thanks to this notion, Massa simultaneously granted agency to materiality, and depicted education as a complex phenomenon underpinned by both human and non-human elements in interactions between each other. The ‘educational apparatus’ also acts as a theoretical grid to be projected on the learning process under scrutiny in order to reveal its hidden complex structure. Clinica della formazione consists in the set of techniques which makes this procedure possible; hence, it is Foucauldian. Clinica della formazione is presented and placed within the Italian educational debate of the 80’s-90’s. Moreover, its goals and methods are debated. Clinica della formazione is proved to be anthropocentric: it does not grant agency to non-human and it is based on a reflective process. In order to highlight the gap between Clinica della formazione and Massa’s original socio-materialistic epistemological background, the notions of reflection and reflexion are discussed, together with the works of Dewey, Kolb, Schön, Mezirow, Sheppard, Brookfield, and Fook. In order to further develop Clinica della formazione as a consultancy and supervision methodology, a contamination between Clinica della Formazione and Fook’s critical reflection is suggested. Latour’s actor-network theory (ANT) is identified as the most suitable research methodology to investigate the learning process according to Massa’s original materialistic epistemology. History and key aspects of ANT are presented; its position within Science and Technology Studies debated. The impact of ANT on educational research is discussed. Massa’s work is lastly compared to Latour’s one: the notion of ‘educational apparatus’ is compared to Latour’s notion of ‘network’ and Massa’s learning theory is reread taking into consideration Latour’s concepts of ‘translation’, ‘mediation’, and ‘assemblage’. Finally, Massa’s ‘theatrical deixis’ is discussed. This notion clearly suggests that Massa was moving away from Clinica della formazione methodological apparatus to fully embrace his original materialistic background. It also shows Massa’s attempt to plan and implement a consultancy process in line with the socio-material understanding of the learning process.
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COVINI, Elena. « Gli asini esistono ? : la dimensione clinica della relazione educativa nella formazione dell’insegnante : elementi di una ricerca-intervento ». Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2015. http://hdl.handle.net/10446/32811.

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LUCCHESINI, FEDERICA. « Immagini del cambiamento : una ricerca-formazione sulle immagini della preadolescenza nella sua scuola ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/77217.

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Résumé :
Il lavoro di ricerca presentato ricostruisce l’apprendimento e la messa in opera di una metodologia di ricerca educativa situata, dialogica, interpretativa, relazionale, partecipativa in istituzione. La motivazione iniziale si riconduce alla constatazione dell’urgenza di un cambiamento nell’assetto istituzionale della scuola “media”. Innanzitutto si è voluta collegare tale questione pedagogica all’individuazione di una metodologia di ricerca educativa idiografica, situata e partecipativa che consentisse una rielaborazione critica della propria esperienza da parte di coloro che praticamente lavorano come educatori e formatori nella scuola. L’incontro con il pensiero e l’epistemologia pedagogica, critica e radicale, di Riccardo Massa e soprattutto con il suo libro Cambiare la scuola ha permesso di riconoscere nella proposta della Clinica della formazione un approccio alla ricerca situata in istituzione che unisse il rigore metodologico al rispetto delle istanze pedagogiche e politiche del cambiamento. Riconoscere il nesso tra come si pensa la scuola e come se ne parla; pensare la scuola come dispositivo pedagogico; interrogare le rappresentazioni delle docenti e le loro latenze attraverso un lavoro sul setting e il linguaggio sono possibilità offerte dalla proposta di ricerca e formazione messa a punto da Riccardo Massa e dalla sua scuola. Nella Parte I del lavoro si dà conto di un primo attraversamento di alcuni testi di Massa e della comprensione di concetti quali: competenza pedagogica; dispositivo pedagogico; materialità educativa; setting e mediazione pedagogica. La scuola media è sempre stata definita “scuola del preadolescente”: sulle immagini che si hanno del soggetto educativo in questa età della vita (sue qualità, possibilità, desideri e bisogni ) si è deciso di fare ricerca con un gruppo di docenti. Nella Parte II del lavoro si descrive il percorso di apprendimento e di comprensione della proposta di ricerca e di formazione che è stata messa a punto sotto il nome di Clinica della formazione nel corso degli anni Novanta. Contemporaneamente si illustra come si è pensato di declinare la proposta clinica nello specifico contesto e situazione di ricerca. Si descrivono la messa a punto del congegno euristico e la progettazione dell’allestimento del setting. Viene dato conto del quadro di riferimenti multidisciplinari contro il quale la ricercatrice ha potuto pensare gli oggetti di ricerca: le rappresentazioni delle docenti; l’età della vita detta preadolescenza; il grado di scuola specificatamente dedicato a essa. Il lavoro di tesi è sotterraneamente percorso da una rete di rimandi analogici tra due temi. La prima questione epistemologica è quella delle latenze delle rappresentazioni e la loro interrogazione in un’attività (auto)riflessiva interattiva e sociale. La seconda questione pedagogica è quella del discorso sulla preadolescenza come area della risignificazione: tempo in cui sarebbe (im)possibile rigiocarsi e ri-conoscere i termini delle proprie differenze e predeterminazioni sia individuali che sociali. Dunque scuola media come scuola di tutti, scuola della cittadinanza attiva in quanto luogo dell’elaborazione culturale delle differenze. Nella Parte III della tesi si racconta infine l’esperienza di ricerca sul campo. Dopo la preparazione, illustrata nelle parti I e II, si narra lo svolgimento della ricerca-formazione in una determinata scuola e con un determinato gruppo di docenti: la pratica trova nel racconto la sua teoria. Nel resoconto sono centrali sia il tema dell’interrogazione ermeneutica dei testi prodotti e usati nelle ricerche idiografiche sia il tema del riconoscimento delle immagini e delle nominazioni di questi riconoscimenti. Il lavoro presentato è in definitiva soprattutto il racconto di un apprendistato ai metodi della ricerca educativa di taglio clinico, sulla scorta di un’urgenza concreta di natura pedagogica.
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SALVARANI, VALERIO. « Proteggere l'infermiere dal burnout : dati preliminari sull'importanza di introdurre la mindfulness all'interno della formazione infermieristica ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2018. http://hdl.handle.net/10281/199149.

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Résumé :
l'infermiere è continuamente esposto a una forte quantità di stress nell’ambiente lavorativo, dove la mole di lavoro è molto alta e le richieste in termini fisici, cognitivi ed emotivi per gli operatori è gravosa. Il burnout all’interno delle professioni sanitarie può essere causa di una minore qualità della cura fornita, oltre che avere un impatto significativo sulla qualità della vita dei lavoratori in termini di maggior stress, possibili complicanze psicopatologiche come depressione o ansia. Data l’importanza di prevenire il fenomeno del burnout negli operatori sanitari, è cruciale identificare quali fattori possano avere una funzione protettiva contro lo stress e fornire agli operatori le abilità per migliorare la propria qualità di vita. La mindfulness è un costrutto che negli ultimi trenta anni di letteratura sta acquisendo una importanza sempre maggiore all’interno del contesto sanitario. Molti studi dimostrano come esso sia associato a minori livelli di sintomatologia ansiosa, depressiva e di burnout, sia nelle popolazioni cliniche che negli operatori sanitari. inoltre la capacità degli infermieri di riconoscere e regolare con successo le proprie emozioni può incrementare la propria salute psicologica e migliorare le proprie performance cliniche. La proposta di questo studio è che la Dispositional Mindfulness, la capacità di regolazione emotiva e la capacità empatica possano essere dei fattori protettivi sul burnout. Protocolli come il Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR) possono essere usati non solo come strategie di intervento sul burnout ma essere inseriti all’interno della formazione, universitaria e professionale, degli infermieri per fornire delle abilità che possono portare ad un miglioramento della qualità della vita e minori livelli di stress. Gli obiettivi di questa ricerca sono quindi quelli di valutare i livelli percepiti di stress e burnout, regolazione emotiva, mindfulness e empatia all’interno di un gruppo di infermieri di Pronto Soccorso di diversi ospedali lombardi e all’interno di un gruppo di studenti del Corso di Laurea di Scienze Infermieristiche dell’Università degli Studi Milano-Bicocca. Si vuole inoltre valutare se (a) esista una relazione statistica tra i livelli di stress e burnout con le capacità di regolazione emotiva, di mindfulness e empatia degli infermieri e degli studenti. (b) valutare se ci sono differenze statistiche di questi costrutti in base a caratteristiche socio-demografiche come l’età, l’esperienza lavorativa, il genere o il reparto in cui si presta servizio per gli infermieri o l’anno di corso per gli studenti. (c) confrontare i gruppi di studenti e infermieri presenti in questo studio per le caratteristiche psico-attitudinali di questo studio. I risultati mostrano come ci sia una relazione statistica significativa tra le capacità di regolazione emotiva e i tratti di dispositional mindfulness con i livelli di stress e burnout sia per il gruppo di studenti che per il gruppo di infermieri, mentre non emergono relazioni significative per quanto riguarda età, anno di studio degli studenti o esperienza lavorativa degli infermieri. Emergono inoltre differenze significative all’interno dei due gruppi di ricerca in quanto gli studenti mostrano avere un maggior capacità di assumere un atteggiamento empatico rispetto agli infermieri di pronto soccorso, mentre gli infermieri mostrano avere una maggiore capacità di assumere un atteggiamento mindfulness e di regolare meglio le emozioni. Questi dati preliminari sopportano l’ipotesi che le capacità di regolazione emotiva e di avere un assetto mindfulness abbiano un ruolo importante nell’insorgenza del burnout. Questi dati possono contribuire all’ipotesi dell’importanza dell’inserimento, all’interno della formazione universitaria o professionale, di programmi o moduli centrati sulla mindfulness in modo da aumentare queste abilità dei futuri infermieri.
Health care personnel are continuously exposed to severe occupation stress, such as dealing with patient death or incidents. Burnout in turn negatively impacts quality of care, which may ultimately lead to worse health outcomes for patients. Burnout can also lead to a significant economic loss through increased absenteeism, higher turnover rates and a rise in health care costs. Given the importance of preventing burnout in healthcare staff, it is important to identify factors in healthcare staff that may protect against stress as well as be amenable to change. Mindfulness has been associated with lower symptoms of anxiety, depression, and burnout. It is thought that the ability of nurses to successfully regulate their emotions could enhance their psychological health and impact their clinical performance. The proposal for this study is that mindfulness, empathy and emotion regulation could be a protective factor against burnout for health-care operators. Protocols like Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR) could be used not only as an intervention on stressed operators but as a prevention tool that can grant a better quality of life in the health-care operators. Furthermore, it is proposed that an early introduction of this topic during the academic career could lead to a new generation of nurses with a better ability to regulate their emotion and more expertise in managing mindfulness which can lead to lower level of stress and a better quality of life. The aim of this research is to assess the actual level of emotion regulation, mindfulness attitude and level of empathy and actual level of burnout and stress on a sample of nurses operating in Emergency Room of three Hospital in Lombardia and on a sample of nursing student of the University degli Studi Milano-Bicocca. Furthermore we want to assess (a) the statistical relationship between the actual level of burnout and stress with the actual level of emotion regulation. Mindfulness attitude and level of empathy (b) assess if there is a statistical relationship between this abilities and socio-demographic factor such as, age, gender, year of experience as nurses or year of university (c) compare the sample of students and the sample of nurses for the variable of this study The results shows a significative statistical relationship between the ability to regulate emotion and a mindful attitude with the actual level of burnout and stress for the sample of students and nurses. Furthermore there isn’t any significative statistical relationship related to age, year of university and years of experience as nurses. The sample of students shows a higher mean level in the level of empathy while the sample of nurses shows higher mean level of ability to regulate emotions and adopt a mindful attitude. These results support the hypothesis that emotion regulation and a mindfuln assets are protective factor against burnout, so an early introduction of this topic during the academic or professional career could lead to a new generation of nurses with a better ability to regulate their emotion and more expertise in managing mindfulness which can lead to lower level of stress and a better quality of life.
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TREVISANELLO, FEDERICA. « Una seconda "chance" in età adulta. Prospettive formative ed esistenziali tra lifelong learning e cura di sé ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/14339.

Texte intégral
Résumé :
This study concerns the strategy of lifelong and life wide learning as a form of "taking care of oneself". I assume, as Beck and Bauman say, that nowadays we live in a "risk society" and in a "liquid" society. In this context, the world has become more complex and the future more unpredictable in comparison with only few decades ago. The former collective agents (workers, women, social movements in general) seem to have vanished and the prospect of a public solution to the problems posed by the new/post modernity is very slim. It is the individual who has to undertake responsibility for his/her own future. There are at least two ways of considering lifelong learning: the first focuses on personal ability to purchase the skills, the competences, the capabilities required by the market, and become a "lifelong learner" in order to continuously respond to market-place challenges and remain employable. Somehow the person has always got to learn and can never consider himself/herself a complete professional, citizen, individual but is obliged to follow adaptive strategies just to stay afloat. The second way tries to see the "positive" side of an epoch of uncertainty: if social roles and status have become less solid, it should be possible, in adult life, to have the opportunity to seek for an autonomous form of satisfactory life, where lifelong learning links with experience and original, personal ways of elaborating experience. In this perspective, lifelong learning is a construct that has to give account of the situated, historical, economical, political role that education experiences play at the individual level but also in the individual's social context. I investigate the link between "necessity and possibility" in the process of "Bildung" of subjectivities. There are social, structural and cultural bonds that strongly condition access to education and to the opportunity to find one's place into society and there must be some possibility to overcome those bonds. What are the resources that individuals can count on to express their aptitudes and yearnings? What is the role of gender differences in such a need? I can say that lifelong learning may be only one of many different strategies to respond to deep and latent needs concerning identity, membership, self-planning, gender. As no dominion disposals are given without some resistance disposals, I look at experiences of existential re-definition that take place through a fracture, a crisis, a withdrawal, and lead to a new equilibrium, where the people experiencing them look for a "second chance" in their lives. I de-construct the idea of "second chance" pointing up notions of falling, risk, gain and loss, crisis and opportunity, freedom of choice. Also, the courage to look for something considered "second best" - or the courage to quit aiming for a first place in a competitive and individualistic society is to be valued. In the concept of "second chance" there is a redeeming dimension: the idea that learning throughout one's life does not mean to accumulate knowledge, skills, competencies in a linear and adaptive process, but - on the contrary - can be an evolutionary process similar to that found in nature, expressed by the concept of "exaptation". By the term "exaptation" I refer to the ability of individuals to learn, develop and self construct using in a creative form what they already possess. Maybe this is a particular kind of wisdom. It is also necessary to re-think the role of education in individual life stories, the different weight and the different meaning that people give to it depending on the moments in which they come into contact with educational systems. The role of those responsible for educational processes must also change: there is a need for a more circular way of defining educational requirements and knowledge. And so, the research, moving from a critical theory of society and from a Foucoultian perspective (with regards to the categories of power, resistance and freedom), makes use of the method devised in Italy by Riccardo Massa and by the Clinic of Education, because it allows investigation of the latent and hidden dimensions of everyday actions and beliefs while simultaneously constructing new forms of knowledge and self-knowledge. The research participants are individuals who have decided to give themselves a "second chance": they are adult students in Bicocca and many of them have abandoned previous studies, some have changed their lifestyles and have experienced a personal crisis. In this research, narrative and auto/biographical pedagogy play a substantial role: this approach, as a matter of fact, in the last fifteen years has gained full recognition in many context (Denzin & Lincoln; West; Josso; Ferrarotti; Pineau; Demetrio; Formenti; Gonzàlez Monteagudo, etc) and has proved to be a powerful research method in its own right for understanding subjectivity and making subjective experiences more visible and intelligible. Above all, this approach, with the aim of critiquing hierarchical models, has important implications for the change of roles. It is a way of acquiring knowledge and a social action, that promotes self-directed learning and the appropriation of one's own education. For these reasons I selected a small group of adults (aged 34 and up) who have decided to give themselves a "second chance", taking possession of their own lives, and by so doing taking care of themselves. I investigated together with these people their life history and the roots of the "turning point". To carry out this research I used face-to-face instruments, such as open and in-depth interviews, into a clinic perspective. The Clinic of Education as a method that brings to light the hidden dimensions of actions and decisions, in other words the symbolic, cognitive, emotional and procedural latencies related to education, is the theoretical frame in which the research is inscribed.
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Santoro, Emanuela. « Rischio clinico, gestione del rischio e sue implicazioni. Un aspetto della medicina traslazionale ». Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2017. http://hdl.handle.net/10556/2578.

Texte intégral
Résumé :
2015 - 2016
This thesis is based on the awareness that prevention in the ethical and vocational training of health workers is extremely important, above all the one concerned with the clinical risk as well as a competent and intelligent management of daily professional practice. In the university curriculum, especially during internship, any future health worker should be guided to acquire the skills necessary to identify the clinical risks associated with the use of tools and technologies in specific professional contexts so that they can apply, in their professional practice, interventions for risk prevention and management. Prevention, recognition and risk management are today considered important aspects in the quality system and staff training, while in the past, attention has been paid mainly to risk structural aspects, such as the safety of environments and equipment or the prevention professional health risks represented by health interventions, just linked to legal action against the health organization. Today, they are more aware of the importance of an adverse event monitoring program and timely intervention not so much for a defensive medicine, but to promote active staffing by raising the level of safety and competence, with a view to continuous improvement of quality. Care quality comes not only from the effectiveness and efficiency of the benefits but also from the security of the service offered. The risk management, we mean, does not represent a kind of superstructure that imposes protocols and norms, but rather as heritage of knowledge, a culture of practicing medicine that invests steadily on training, communication, awareness raising and respect of the patient; In this context, clinical risk management paves the way for a more careful and close health culture close to the patient and the practitioners, hence more oriented towards the humanization of medicine (Leone 2007) and to respecting the identity and dignity of the man, just as article 2 of our Constitution says. The thesis presented here reflects upon the clinical risk, its management and its implications in view of the possible application of translational medicine. The work is divided into three parts. In the first, Clinical risk management analysis at hospital companies, after firstly defining the concept of clinical risk, analyzes the elements useful for risk identification and management, focusing on the most prevalent risk management models and related techniques. In the second part, The risk of cutting and tip injuries, having identified and analyzed the concept of biological risk and illustrated the epidemiology of puncture and cutting injuries, has focused on the reference norms. Finally, in the third part, the project, which is the empirical-experimental part of this thesis, is presented: the motivations, the various phases, the processing of the data, and the presentation, for each stage of the results. The thesis ends by presenting a formative intervention model, a communication plan that could be useful in the training of future health professionals to reduce clinical risk. 2 This is the innovative part of the research, at least in the intentions of the person who carried it out: the design of a communicative plan aimed at reducing the incidence of biological risk derived from accidental bites and, in particular, enriching the training path of future health works. On the other hand, in recent years, the literature on communication in clinical risk management has considerably increased in recent years, in line with the growing importance of the problem. Institutional documents of particular impact have been adopted in some countries: in Australia, the Open Disclosure Standard 2003 document, which emphasizes in particular the importance of communicating between health workers and health staff; In England, the National Patient Safety, which launched the "Being Open" campaign in 2005. In any case, communication has a central role in all areas of safety promotion for health workers; In fact it is a process that determines the effectiveness, efficiency and productivity of the organization, on the contrary, if inappropriate, incomplete or not transmitted in the most timely and convenient way, it contributes, to the onset (or increase) of risk factors. In the concluding reflections of this thesis we realize that, in addition to ethical and deontological reasons, transparent and honest communication of errors and avoidable events caused by cutting and tip injuries is essential to promote, strengthen and involve the health worker in a conscious manner Its use is essential to introduce and manage security systems and investigate the causative processes, as well as to identify and introduce corrective measures and promote system development; Correct communication also favors both the individual professional and the overall system organization, learning from the mistake and overall improvement of health practice. Communication is therefore promoted at system level but also made "competence and professional tool" of each operator and manager. In this sense, after a research data analysis, we propose the development of a protocol on specific communication methods in the risk of cutting and puncture injuries, which can ensure the adoption of homogeneous behavior by all staff. We are aware that there are some possible barriers to transparent communication of errors such as the absence or ambiguity of error-reporting policies, lack of support for reporting errors, fear of disciplinary action; The tendency to compete among clinicians, and often the precariousness of the workplace, it is important to stimulate an immediate analysis of the incident, an immediate and correct communication of events such as having a needle point during a take, an injection or in other way. Stimulating the reporting of the health problem, is not enough: a communication training plan is needed, stressing the importance of place and time, what to communicate, who and how. In order for communication to become a culture of security, in any case, it must be ensured clear and demonstrable and visual (nonverbal communication) conditions, as well as appropriate times, in order to avoid interference that may disturb the message you want to convey. 3 When you graduate, you need to plan some kind of training in the formation; in order to clarify whether the occurrence event has or has not caused the practitioner any harm or damage more or less important, it may still be useful to offer the opportunity of further meetings to get students comparing with the operator and build culture from an avoidable mistake; It is thus possible to think of bottom-up communication forms through which students can plan meetings where they can communicate, along the training plan they are running, methods and models to confront the risk of avoidable wounds and cuts with their mentors or academic tutors. Communication between professionals is a priority and vital within healthcare facilities. One of the critical areas in which internal communication is needed is to manage clinical risk and health security for health workers and the users community. Through appropriate communication and sharing within the group, the mistake can also become an extraordinary opportunity for learning and prevention. The moment of error communication is however delicate, as the idea of individual responsibility lies in culture. When an error occurs, you are accustomed to seeking a guilty person immediately, rather than the conditions that favored it. It is therefore necessary for a cultural change to reconsider the mistake as a learning opportunity instead of as a fault, thus creating the conditions for spontaneous reporting and the analysis of events to be avoided. Good internal communication and group work are essential for the success of the clinical risk management program and, more generally, for the implementation of clinical governance policies. The introduction of briefing as an organizational methodology to develop the security culture of and an instrument to prevent adverse events is an important opportunity for internal communication. In the final part, this thesis proposes to deepen (and eventually prepare and implement) new forms of interactive training in the possible communication and training plan, along with the existing guidelines; It is about experimenting a new guideline aimed at the forming protection in avoidable clinical risks, wounds and cuts, through active and participatory communication of health care graduates. Active communication includes some essential elements: listening and returning; the correct information to be followed by an argument explaining the facts supporting the message and the possible solutions that the message may convey; a concerted involvement of people in the management of risk prevention and control; the declared statement of the organizational commitment to possible future actions; the clear indication of the persons they are addressed to, the timing and the modalities, in order to obtain further information; throughout the training course, moreover, the key message should be repeated and repeated, in order to keep the communicative relationship with the participants alive. We are firmly convinced that only with training, communication and awareness of all hospital staff we can reduce the clinical risk associated with care, thus raising the level of quality and safety of care benefits, which is the nodal point of the Ph.D. project itself. [edited by author]
Questa tesi di ricerca nasce dalla consapevolezza che nella formazione etica, deontologica e professionale degli operatori sanitari un posto di rilievo è occupato dal riconoscimento dell’importanza della prevenzione, in particolare, del rischio clinico e della capacità, nella pratica professionale quotidiana, di una sua gestione competente e intelligente. Nel curriculum formativo universitario, soprattutto durante il tirocinio, ogni futuro professionista sanitario dovrebbe essere guidato ad acquisire le competenze utili ad identificare i rischi clinici connessi anche all’uso di strumenti e tecnologie negli specifici contesti professionali, così da poter applicare, nella pratica professionale, interventi per la prevenzione e la gestione dei rischi. Prevenzione, riconoscimento e gestione dei rischi sono oggi considerati aspetti rilevanti nel sistema di qualità e nella formazione del personale mentre, in passato, si è prestata attenzione prevalentemente agli aspetti strutturali (del rischio), quali ad esempio la sicurezza degli ambienti e delle attrezzature o la prevenzione dei rischi (professionali) rappresentati da interventi sanitari, solo o prevalentemente se collegati ad azioni legali contro l’organizzazione sanitaria. Oggi si è più consapevoli dell’importanza di un programma di monitoraggio degli eventi avversi e di un intervento tempestivo non tanto per una medicina, per così dire, difensiva, ma per la promozione della partecipazione attiva del personale, innalzandone il livello di sicurezza, oltre che di competenza, in un’ottica di miglioramento continuo della qualità. La qualità delle cure discende non solo dall’efficacia e dall’efficienza delle prestazioni, ma anche dalla sicurezza del servizio offerto. La gestione del rischio, così intesa, non rappresenta una sorta di sovrastruttura che impone protocolli e norme, bensì come un patrimonio di conoscenze, una cultura della pratica medicina che investa in modo costante sulla formazione, sulla comunicazione, sulla sensibilizzazione alla cura e al rispetto del paziente; in quest’ottica, il clinical risk management apre la strada ad una cultura della salute più attenta e vicina al paziente e agli operatori, dunque maggiormente orientata all’umanizzazione della medicina (Leone 2007) e al rispetto dell’identità e della dignità dell’uomo, così come recita anche l’art. 2 della nostra Costituzione. La tesi qui presentata riflette intorno al rischio clinico, alla sua gestione e alle sue implicazioni in un’ottica di possibile applicazione di Medicina traslazionale. Il lavoro si divide in tre parti. Nella prima, Analisi del clinical risk management nelle aziende ospedaliere, dopo una prima definizione del concetto di rischio clinico, si analizzano gli elementi utili alla identificazione e alla gestione del rischio, soffermandosi, in particolare sui prevalenti Modelli di gestione del rischio e sulle relative Tecniche. Nella seconda parte, Il rischio da ferite da taglio e da punta, dopo aver individuato e analizzato il concetto di rischio biologico e aver illustrato l’epidemiologia delle ferite da punta e da taglio, ci si è soffermati sulla normativa di riferimento. Nella terza parte, infine, si è presentato il progetto che costituisce la parte empirico-sperimentale della presente tesi: le motivazioni, le vari fasi, l’elaborazione dei dati, con la presentazione, per ogni fase dei risultati. Conclude la tesi la presentazione di un modello di intervento formativo, un piano comunicativo che possa essere utile, nel percorso formativo dei futuri professionisti sanitari, alla riduzione del rischio. È questa la parte innovativa della ricerca, almeno nelle intenzioni di chi l’ha effettuata: la progettazione di un piano comunicativo finalizzato a ridurre l’incidenza di rischio derivato dalle punture accidentali e rivolto, in modo particolare, ad arricchire il percorso formativo del futuro professionista sanitario. D’altra parte, in corrispondenza alla crescente rilevanza della problematica, negli ultimi anni, a livello internazionale, è notevolmente aumentata la letteratura relativa alla comunicazione nella gestione del rischio clinico. Documenti istituzionali di particolare impatto sono stati adottati in alcuni paesi, tra cui si citano, ad esempio: in Australia, il documento Open Disclosure Standard, del 2003, che sottolinea, in particolare, l’importanza della comunicazione degli operatori tra di loro e con tutto l’altro personale della azienda sanitaria; in Inghilterra, la National Patient Safety, che ha lanciato, nel 2005, la campagna Being Open. Centrale risulta, in ogni caso, il ruolo della comunicazione, in tutti gli ambiti della promozione della sicurezza per i professionisti della salute; infatti costituisce un processo che determina efficacia, efficienza e produttività della organizzazione, contribuendo, al contrario, se non appropriata, incompleta o non trasmessa nei tempi e nei modi più opportuni, all’insorgenza (o all’aumento) di fattori di rischio. Emerge, nelle riflessioni conclusive della tesi che, oltre a ragioni etiche e deontologiche, una comunicazione trasparente ed onesta degli errori e degli eventi evitabili provocati da ferite da taglio e da punta è essenziale per promuovere, rafforzare e coinvolgere in modo consapevole il professionista sanitario nelle eventuali modifiche del proprio operare professionale. Il suo impiego è essenziale nelle attività di introduzione e gestione dei sistemi per la sicurezza e nella effettuazione di indagini per l’accertamento dei processi determinanti, così come nella identificazione ed introduzione di misure correttive e di promozione dello sviluppo del sistema; una corretta comunicazione favorisce, inoltre, sia per il singolo professionista sia per la relativa organizzazione generale di sistema, l’apprendimento dall’errore ed il miglioramento complessivo della pratica sanitaria. La comunicazione va, dunque, promossa a livello di sistema ma anche resa “competenza e strumento professionale” di ciascun operatore e dirigente. In questo senso, dopo un’analisi dei dati della ricerca, si propone l’elaborazione di un protocollo sulle modalità di comunicazione specifica nel rischio da ferite da taglio e da punta, che possa garantire l’adozione di un comportamento omogeneo da parte di tutto il personale. Nella consapevolezza che vi sono alcune possibili barriere ad una comunicazione trasparente degli errori quali l’assenza o l’ambiguità delle politiche riguardanti la comunicazione dell’errore, l’assenza di supporto alla segnalazione degli errori, il timore di azioni disciplinari; la tendenza alla competizione tra clinici, nonché, spesso, la precarietà del posto di lavoro, è importante incentivare una immediata analisi dell’accaduto, una immediata e corretta comunicazione di eventi quali quello di essersi punti con un ago durante un prelievo, un’iniezione o in altro modo. Non è sufficiente incentivare la segnalazione dell’errore sanitario: occorre un piano di formazione alla comunicazione, in cui sia evidenziata anche l’importanza del luogo e del tempo, di cosa comunicare, a chi e come. Perché la comunicazione possa diventare cultura della sicurezza, debbono, in ogni caso, essere assicurate condizioni di chiarezza e dimostrazione anche visiva (comunicazione non verbale), nonché tempi adeguati, al fine di evitare interferenze che possano disturbare il messaggio che si vuole trasmettere. Quando si formano i laureandi, occorre pianificare una sorta di formazione nella formazione; volendo chiarire se l’evento dell’essersi punti abbia o non abbia causato al professionista alcun danno o un danno più o meno importante, può comunque essere utile offrire l’opportunità di effettuare ulteriori incontri, mettendo a confronto gli studenti con l’operatore in questione per una discussione che costruisca cultura partendo da un errore evitabile; è così possibile pensare a forme di comunicazione bottom-up, mediante le quali gli studenti possono pianificare incontri nei quali loro stessi possano comunicare, lungo il piano di formazione che stanno seguendo, metodi e modelli per confrontarsi sul rischio evitabile da ferite e da tagli con i loro mentoring o tutor accademici. La comunicazione tra professionisti è prioritaria e vitale all’interno delle strutture sanitarie. Una delle aree critiche in cui c’è bisogno di sviluppare la comunicazione interna è proprio la gestione del rischio clinico e la sicurezza sanitaria per i professionisti sanitari e per la comunità degli utenti. Attraverso un’adeguata comunicazione e condivisione all’interno del gruppo, anche l’errore può divenire una straordinaria occasione di apprendimento e di prevenzione. Il momento di comunicazione dell’errore è comunque delicato, perché nella cultura è radicata l’idea di responsabilità individuale. Quando avviene un errore, si è abituati a ricercare immediatamente un colpevole, piuttosto che le condizioni che lo hanno favorito. È necessario quindi un cambiamento culturale per riconsiderare l’errore come un’occasione di apprendimento anziché come una colpa, creando così i presupposti per la segnalazione spontanea e l’analisi degli eventi da evitare. Una buona comunicazione interna ed il lavoro di gruppo sono essenziali per il successo del programma di gestione del rischio clinico e, più in generale, per l’attuazione delle politiche di governo clinico. L’introduzione del briefing come metodologia organizzativa per lo sviluppo della cultura della promozione della sicurezza e strumento per la prevenzione degli eventi avversi costituisce una occasione importante di comunicazione interna. Nel possibile piano comunicativo-formativo, in chiusura di tesi, accanto al rispetto delle linee guida già esistenti, si propone di approfondire (e, eventualmente, predisporre e implementare) nuove forme interattive di formazione-comunicazione; si tratta di sperimentare una sorta di linea guida tesa alla formazione della tutela nei rischi clinici evitabili, tra cui ferite e tagli da punta, mediante una comunicazione attiva e partecipata dei laureandi delle professioni sanitarie. Una comunicazione attiva include alcuni elementi essenziali: l’ascolto e la sua restituzione; l’informazione corretta cui deve seguire un’argomentazione in cui siano esplicitati i fatti a sostegno del messaggio e le possibili soluzioni che il messaggio può prospettare; un coinvolgimento concordato delle persone nella gestione della prevenzione e del contenimento del rischio; l’esplicitazione dichiarata dell’impegno organizzativo sulle possibili azioni future; l’indicazione chiara delle persone cui rivolgersi, dei tempi e delle modalità, al fine di ottenere ulteriori informazioni; in tutto il percorso formativo, inoltre, andrebbe più volte riassunto e ripetuto il messaggio chiave, al fine di mantenere sempre viva la relazione comunicativa con i partecipanti. Siamo fermamente convinti che solo con la formazione, la comunicazione e la sensibilizzazione di tutto il personale ospedaliero si può ridurre il rischio clinico correlato all’assistenza, innalzando, di conseguenza, il livello della qualità e della sicurezza delle prestazioni assistenziali, punto nodale dello stesso progetto del Dottorato di ricerca. [a cura dell'autore]
XV n.s. (XXIX)
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Farahi, Farnaz. « PEDAGOGIA CLINICA E CLINICA DELLA FORMAZIONE MODELLI TEORICI, PRINCIPI METODOLOGICI E PROFESSIONI EDUCATIVE A CONFRONTO ». Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/2158/1256014.

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Résumé :
Il nesso tra educare, istruire, formare è un aspetto in cui è centrale il ruolo della complessità. Il passaggio, ad oggi sempre più chiaro, dall’istruzione/educazione alla formazione implica la necessità di prendersi cura del soggetto nella sua unicità e totalità, attraverso una pedagogia che sappia governare questa complessità ineliminabile. Un passaggio che ha portato a far emergere in modo sempre più chiaro il tema della “cura” e del “clinico” in pedagogia. Il presente contributo nasce dall’interesse verso due prospettive pedagogiche che si occupano della “clinica”: quello della pedagogia clinica e quello della clinica della formazione. Le linee progettuali e gli obiettivi generali della ricerca corrispondono ad indagare i nessi, le aree di sovrapposizione e di divergenza tra le due prospettive pedagogiche e le relative professionalità educative. L’ottica a cui si fa riferimento è quella decostruzionista che consente di esplorare le identità delle professionalità educative e addentrarsi nelle loro esperienze concrete. The nexus between educating, instructing and training is an aspect in which the role of complexity is central. The transition, now increasingly evident, from education/education to training implies the need to take care of the subject in its uniqueness and totality through a pedagogy that governs this ineradicable complexity. This passage has led to the increasingly clear emergence of the theme of "care" and "clinical" in pedagogy. The present contribution stems from the interest in two pedagogical perspectives that deal with the "clinical": that of clinical pedagogy and that of clinical education. The research's design lines and general objectives correspond to investigate the connections, areas of overlap and divergence between the two pedagogical perspectives and the related educational professionalism. The perspective referred to is the deconstructionist one that allows one to explore the identities of educational professionalism and delve into their concrete experiences.
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MARANI, ALESSANDRA. « Valutazione di un sistema integrato di prevenzione delle infezioni da alert organism in ospedale ». Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/1058228.

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Résumé :
Il fenomeno dell’antibioticoresistenza (AR) è crescente in Italia, dovuto in parte ad un utilizzo eccessivo ed inappropriato di antibiotici, soprattutto ad ampio spettro, e al protrarsi di profilassi pre-operatorie, in parte al carente sviluppo di nuove molecole antimicrobiche e alla scorretta applicazione di norme e precauzioni igieniche. L’attuale presenza di microrganismi multiresistenti agli antibiotici isolati in pazienti degenti risulta essere un problema per il carico ulteriore di malattia che comporta sui pazienti più fragili, per la difficoltà di trovare terapie efficaci, per la difficoltà di riduzione di circolazione in ambiente ospedaliero ed infine per l’eventuale apertura di contenzioso verso le strutture di ricovero e cura. Nelle strutture sanitarie la gestione di pazienti con positività microbiologica ad un alert organism richiede necessariamente l’adozione di specifici comportamenti assistenziali atti a ridurre, quanto più possibile, la circolazione e la trasmissione di tali microrganismi che sono conseguenza di notevoli rischi quali: • aumento della probabilità di fallimento terapeutico; • aumento del rischio di morbilità e mortalità; • aumento della durata della degenza ospedaliera. Gli obiettivi della presente tesi di dottorato di ricerca sono di valutare l’efficacia di un sistema di sorveglianza integrata di alert organism in un ospedale universitario romano. Sarebbe necessario che ogni operatore sanitario fosse sensibilizzato al tema e a considerare di conseguenza ogni infezione contratta in ospedale come un evento avverso non tollerabile mettendo in atto misure per la prevenzione di tutte le infezioni. Valutare colonizzazioni e isolamenti di alert organism consente di prevenire o identificare precocemente eventi epidemici. Attivare rapidamente le misure di contenimento garantisce una migliore gestione delle risorse strutturali organizzative ed economiche relative a questi microrganismi, favorendo la cultura della cura di pazienti fragili a rischio infettivo. I risultati presentano una valutazione del sistema di sorveglianza integrata: l'epidemiologia e il profilo di AR degli isolati microbiologici ospedalieri, i consumi di antibiotici e lo svolgimento di audit valutativi per verificare l'applicazione delle procedure d’isolamento dei pazienti colonizzati o infetti.
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Livres sur le sujet "Clinica della formazione"

1

Saccà, Massimo. L' approccio clinico in pedagogia : Prospettive e temi di ricerca per la clinica della formazione familiare. Roma, Italia : Goliardiche, 1998.

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D'Andrea, Maria Stella. Child abuse. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/alph10.

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Résumé :
La storia dell’infanzia è una storia ininterrotta di abusi e ancora oggi, inorriditi spettatori, assistiamo a episodi raccapriccianti di bambini sottoposti a violenze fisiche e psicologiche, senza percepire la vera portata di una realtà spesso inconfessata. Il fenomeno dell’abuso sui minori è una piaga destinata a restare drammaticamente sommersa se nei professionisti chiamati ad ascoltare e a visitare le giovani vittime mancano la capacità di interpretare le parole e i silenzi, se manca la comprensione delle varie forme con cui la violenza si può manifestare o la disponibilità a condividere percorsi di formazione comuni, multiprofessionali e interistituzionali. È dunque assolutamente indispensabile che i professionisti a cui è richiesto di valutare un sospetto caso di abuso siano in grado di mettere in campo un approccio adeguato e conoscenze specialistiche che possano tutelare i minori, sia a livello clinico che legale; che sappiano contestualizzare ogni segno rilevato alla luce della storia personale della vittima, del suo racconto dei fatti e di una valutazione psicologica approfondita. I segni diagnostici diretti sono infatti spesso esigui, aspecifici se non addirittura assenti, ma il ricordo degli eventi traumatici, seppur rimosso o negato, non può essere cancellato e potrà riaffiorare dolorosamente in qualsiasi momento.
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Chapitres de livres sur le sujet "Clinica della formazione"

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Gullo, Antonino, Marco Farina, Paolo Murabito, Francesco Oliveri, Angelo Gambera et Carlo Ori. « Ruolo della simulazione nella formazione in medicina ». Dans Governo clinico e medicina perioperatoria, 101–26. Milano : Springer Milan, 2012. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-2793-0_8.

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2

Tamburini, Daniela. « “School-Cinema” ». Dans Optimizing Human-Computer Interaction With Emerging Technologies, 83–111. IGI Global, 2018. http://dx.doi.org/10.4018/978-1-5225-2616-2.ch004.

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Résumé :
This chapter presents an educational and consulting path for the use of new technologies that support the improvement of learning relationships in groups (Parmigiani, 2009), the construction of knowledge (Lakkala et al., 2007; Kangas et al., 2007) and the ability to recognize and explore the experience of communication and relationship at professional and personal levels, for the individual and for groups in order to enhance abilities and professional skills on several levels: cognitive, affective, conative and practical (Paquay, Altet, Charlier, & Perrenoud, 2001). Through the report of the experiments carried out for two years and applied to two training projects for teachers of five Primary and Secondary Italian schools, the main objective is to describe and present the overall results. The approaches used were inspired by the method of participatory research and action research with a clinical and pedagogical approach. The methodology is based on the case study of the Clinica della Formazione (Massa, 1992; Franza, 2003) that increases the emotional, communicative and relationship dimensions and gives concreteness not only to the educational action but also to the process behind it, which then becomes the target of investigations.
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