Thèses sur le sujet « Cittadinanza sociale »

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1

GHIDINI, Alberto. « Generarsi alla società. Educare alla complessità per educare alla cittadinanza ». Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2012. http://hdl.handle.net/10446/26738.

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2

Lazzari, Anna <1997&gt. « Il ponte sottile tra pedagogia e arte. Itinerari di cittadinanza planetaria ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19680.

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Résumé :
Nell’era della globalizzazione, sempre più stringente è la necessità di comprendere e affrontare adeguatamente la crisi dell’educazione, dovuta all’iper-specializzazione e parcellizzazione dei saperi nelle istituzioni scolastiche. Il contesto contemporaneo ci chiede, infatti, di abbandonare il paradigma cartesiano che considera il soggetto avulso dal proprio ambiente, per riconoscere, al contrario, l’inter-relazionalità insita in tutte le cose. Questo significa anche caratterizzare questa sfida ‒ definita da autori quali Morin, Bocchi e Ceruti sfida della complessità ‒ come una necessità etica, che ci porta a identificare il Sé in relazione con l’Altro. Alla luce di tali considerazioni, cercheremo di dimostrare, a partire dal pensiero del sociologo francese Morin, perché sia necessario promuovere una vera e propria riforma dell’insegnamento bastata sulla promozione dell’interdisciplinarità e sul riconoscimento, in particolare, dell’arte quale strumento educativo valido per la comprensione della complessità stessa e la costruzione di una nuova cittadinanza planetaria. Il mondo delle istituzioni culturali contemporanee esibisce, poi, come sia possibile far conseguire, alla presa di consapevolezza che il patrimonio artistico sia fonte di ricchezza per l’individuo e lo sviluppo umano, strategie d’azione programmatiche e funzionali all’attuazione di una riforma dell’educazione artistica finalizzata alla formazione di identità complesse.
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3

MATERIA, SIMONA. « CARCERE E CITTADINANZA : L¿ISTITUZIONE PENITENZIARIA NEL PROCESSO DI INCLUSIONE/ESCLUSIONE SOCIALE DEI MIGRANTI ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/232490.

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Résumé :
Gli ultimi decenni sono stati contraddistinti da un notevole aumento della percentuale di migranti detenuti all’interno delle carceri europee, sproporzionato rispetto all’incidenza degli stranieri all’interno dei territori considerati. In Italia questo fenomeno di sovra-rappresentazione dei migranti all’intero dei penitenziari ha una dimensione particolarmente importante, che ha suscitato l’interesse della letteratura sociologica e criminologica, interesse orientato alla ricerca delle sue cause. Il presente lavoro si propone di indagare quali siano non già le cause, quanto gli effetti dell’esperienza detentiva sui migranti, con particolare riferimento alla sua influenza nei percorsi di vita successivi dei migranti, alla luce di due principali orientamenti interpretativi, entrambi inseriti all’interno della corrente di pensiero di stampo marxista, e quindi attenti alle correlazioni tra il mercato del lavoro e il sistema penitenziario. Secondo parte della letteratura il carcere costituisce un portone di ingresso al contratto sociale per la nuova classe lavoratrice, oggi costituita dai migranti. Infatti al suo interno essi hanno modo di beneficiare di alcune forme di welfare, accedendo a servizi ed opportunità (assistenza sanitaria, istruzione e alfabetizzazione, lavoro regolare e formazione al lavoro) dalle quali - specialmente se irregolari - essi generalmente sono esclusi in condizione di libertà nel territorio italiano. Un diverso orientamento ha sostenuto invece che la prigionizzazione dei migranti svolga una funzione meramente neutralizzante, finalizzata alla loro esclusione definitiva dal contesto sociale. Alla luce dell’analisi di quanto “offre” il penitenziario ai migranti e delle storie di vita raccolte tra migranti recidivi nel Carcere di Capanne (PG), questo lavoro ha lo scopo di capire quale funzione svolga oggi il carcere nei confronti dei migranti, ed in particolare se esso rappresenti anche oggi una prima tappa nel processo di inclusione della nuova classe lavoratrice, ovvero sia diventato un luogo di mera neutralizzazione.
The past few decades have been marked by a significant increase in the percentage of immigrants detained in prisons in Europe, disproportionate incidence of foreigners in the concerned territory. In Italy the phenomenon of over- representation of immigrants in prisons has a vey important dimension , that has attracted the interest of the sociological and criminological literature , research-oriented interest of its causes. The present work aims to investigate not the causes, but the effects of the experience of imprisonment on immigrants’s lives. Specifically, we’ll examine two main lines of interpretation, both included inside the internal current of Marxism, and we’ll pay attention to the correlation between the labor market and the prison system . According to the literature, the prison is a main entrance to the Social Contract for the new working class , made up of immigrants now a days. In fact, inside the jail, they have the opportunity to benefit from certain forms of welfare , accessing services and opportunities (health care , education and literacy , regular employment and job training ) from them - especially if irregular - they generally are excluded in condition of freedom in Italy. A different approach has argued instead that the detention of immigrants performs a function merely neutralizing aimed at their definitive exclusion from the social context . Inquire to what " offers " the penitentiary to immigrants and migrant life stories collected from offenders in the Prison of Capanne ( PG ), this work aims to understand what function the prison plays today against immigrants , and especially if it represents today a first step in the process of inclusion of the new working class , which has become a place of neutralization , with the advent of post-Fordist production system, a place of storage of excess workers.
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4

De, Marchi Lucia <1976&gt. « Minori stranieri non accompagnati : percorsi di formazione alla cittadinanza attiva ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4609.

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Résumé :
La realtà dei minori non accompagnati è ben presente in tutto il territorio italiano. Questa ricerca basata sul mixed method ha evidenziato le difficoltà nell'educazione alla cittadinanza attiva di questi minori, sia per la scarsità di risorse, sia per una legislazione nazionale e locale ostile alla loro integrazione sociale. Il passaggio alla maggior età è sempre critico e molti ragazzi rischiano l'isolamento sociale e la clandestinità. E' necessario che i vari stakeholders progettino dei percorsi interdisciplinari che consentano ai minori non accompagnati di migliorare le loro capacitazioni, non solo per un inserimento sociale, ma anche un impegno attivo come cittadini del prossimo futuro.
The reality of unaccompanied minors is clearly present throughout the Italian territory. This research based on the mixed method has highlighted the difficulties in education for active citizenship of these minors, both because of the scarcity of resources, both for hostile national and local legislation to their social integration. The transition to the age of majority is always critical, and many minors are at risk of social exclusion. It is necessary that the various stakeholders define interdisciplinary training that allow unaccompanied minors to improve their competencies, not only for social inclusion, but also for an active engagement as citizens on the future.
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5

MILITO, Francesco. « Educazione alla cittadinanza e Bisogni Educativi Speciali : un incontro necessario ». Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2014. http://hdl.handle.net/10446/61894.

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6

Artoni, Matteo <1980&gt. « Cittadinanza e impegno politico. Una ricerca empirica sulla presenza dei giovani nei contesti politici ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1669/1/Tutta.pdf.

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7

Artoni, Matteo <1980&gt. « Cittadinanza e impegno politico. Una ricerca empirica sulla presenza dei giovani nei contesti politici ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1669/.

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8

Baldoni, Anna <1975&gt. « Educare alla cittadinanza democratica. La partecipazione di adolescenti e giovani negli enti locali della regione Emilia Romagna ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1001/1/Tesi_Baldoni_Anna.pdf.

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Résumé :
La tesi è il frutto di un lavoro di ricerca sul rapporto tra educazione e politica sviluppato considerando letteratura, studi e ricerche in ambito pedagogico, sociologico e delle scienze politiche. I nuclei tematici oggetto delle letture preliminari e degli approfondimenti successivi che sono diventati il corpo della tesi sono i seguenti: • la crisi del ruolo dei partiti politici in Italia e in Europa: diminuiscono gli iscritti e la capacità di dare corpo a proposte politiche credibili che provengano dalla “base”dei partiti; • la crisi del sistema formativo1 in Italia e il fatto che l’educazione alla cittadinanza sia poco promossa e praticata nelle scuole e nelle istituzioni; • la diffusa mancanza di fiducia degli adolescenti e dei giovani nei confronti delle istituzioni (scuola inclusa) e della politica in molti Paesi del mondo2; i giovani sono in linea con il mondo adulto nel dimostrare i sintomi di “apatia politica” che si manifesta anche come avversione verso la politica; • il fatto che le teorie e gli studi sulla democrazia non siano stati in grado di prevenire la sistematica esclusione di larghi segmenti di cittadinanza dalle dinamiche decisionali dimostrando che la democrazia formale sia drasticamente differente da quella sostanziale. Una categoria tra le più escluse dalle decisioni è quella dei minori in età. Queste tematiche, se poste in relazione, ci inducono a riflettere sullo stato della democrazia e ci invitano a cercare nuovi orizzonti in cui inserire riflessioni sulla cittadinanza partendo dall’interesse centrale delle scienze pedagogiche: il ruolo dell’educazione. Essenziale è il tema dei diritti umani: per cominciare, rileviamo che sebbene la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia sia stata approvata da quasi vent’anni (nel 1989) e malgrado numerose istituzioni nazionali e internazionali (Onu, Consiglio d’Europa, Banca Mondiale, Unesco) continuino ad impegnarsi nella promozione dei diritti sanciti e ratificati con leggi da quasi tutti i Paesi del mondo, questi diritti sono spesso trascurati: in particolare i diritti di bambini, adolescenti e giovani fino a 18 anni ad essere ascoltati, ad esprimersi liberamente, a ricevere informazioni adeguate nonché il diritto ad associarsi. L’effetto di tale trascuratezza, ossia la scarsa partecipazione di adolescenti e giovani alla vita sociale e politica in ogni parte del mondo (Italia inclusa) è un problema su cui cercheremo di riflettere e trovare soluzioni. Dalle più recenti ricerche svolte sul rapporto tra giovani e politica3, risulta che sono in particolare i giovani tra i quindici e i diciassette anni a provare “disgusto” per la politica e a non avere alcune fiducia né nei confronti dei politici, né delle istituzioni. Il disgusto è strettamente legato alla sfiducia, alla delusione , alla disillusione che oltretutto porta al rifiuto per la politica e quindi anche a non informarsi volutamente, a tenere ciò che riguarda la politica lontano dalla propria sfera personale. In Italia, ciò non è una novità. Né i governi che si sono succeduti dagli anni dell’Unità ad oggi, né le teorie democratiche italiane e internazionali sono riusciti a cambiare l’approccio degli italiani alla politica: “fissità della cultura politica, indolenza di fronte alla mancanza di cultura della legalità, livelli bassi di informazione, di competenza, di fiducia nella democrazia”4. Tra i numerosi fattori presi in analisi nelle ricerche internazionali (cfr. Cap. I par.65) ve ne sono due che si è scoperto influenzano notevolmente la partecipazione politica della popolazione e che vedono l’Italia distante dalle altre democrazie europee: 1) la vicinanza alla religione istituzionale , 2) i caratteri della morale6. Religione istituzionale Non c’è studio o ricerca che non documenti la progressiva secolarizzazione degli stati. Eppure, dividendo la popolazione dei Paesi in: 1) non credenti, 2) credenti non praticanti e 3) credenti praticanti, fatto salvo per la Francia, si assiste ad una crescita dei “credenti non praticanti” in Europa e dei “credenti praticanti” in particolare in Italia (risultavano da un’indagine del 2005, il 42% della popolazione italiana). La spiegazione di questa “controtendenza” dell’Italia, spiega la Sciolla, “potrebbe essere il crescente ruolo pubblico assunto dalla Chiesa italiana e della sua sempre più pervasiva presenza su temi di interesse pubblico o direttamente politico (dalla fecondazione assistita alle unioni tra omosessuali) oltreché alla sua visibilità mediatica che, insieme al generale e diffuso disorientamento, potrebbe aver esercitato un autorevole richiamo”. Pluralismo morale Frutto innanzitutto del processo di individualizzazione che erode le forme assolute di autorità e le strutture gerarchiche e dell’affermarsi dei diritti umani con l’ampliamento degli spazi di libertà di coscienza dei singoli. Una conferma sul piano empirico di questo quadro è data dal monitoraggio di due configurazioni valoriali che più hanno a che vedere con la partecipazione politica: 1) Grado di civismo (in inglese civicness) che raggruppa giudizi sui comportamenti lesivi dell’interesse pubblico (non pagare le tasse, anteporre il proprio interesse e vantaggio personale all’interesse pubblico). 2) Libertarismo morale o cultura dei diritti ovvero difesa dei diritti della persona e della sua liberà di scelta (riguarda la sessualità, il corpo e in generale la possibilità di disporre di sé) In Italia, il civismo ha subito negli anni novanta un drastico calo e non è più tornato ai livelli precedenti. Il libertarismo è invece aumentato in tutti i Paesi ma Italia e Stati Uniti hanno tutt’ora un livello basso rispetto agli altri Stati. I più libertari sono gli strati giovani ed istruiti della popolazione. Queste caratteristiche degli italiani sono riconducibili alla storia del nostro Paese, alla sua identità fragile, mai compatta ed unitaria. Non è possibile tralasciare l’influenza che la Chiesa ha sempre avuto nelle scelte politiche e culturali del nostro Paese. Limitando il campo al secolo scorso, dobbiamo considerare che la Chiesa cattolica ha avuto continuativamente un ruolo di forte ingerenza nei confronti delle scelte dei governi (scelte che, come vedremo nel Cap. I, par.2 hanno influenzato le scelte sulla scuola e sull’educazione) che si sono succeduti dal 1948 ad oggi7. Ciò ha influito nei costumi della nostra società caratterizzandoci come Stato sui generis nel panorama europeo Inoltre possiamo definire l’Italia uno "Stato nazionale ed unitario" ma la sua identità resta plurinazionale: vi sono nazionalità, trasformate in minoranze, comprese e compresse nel suo territorio; lo Stato affermò la sua unità con le armi dell'esercito piemontese e questa unità è ancora da conquistare pienamente. Lo stesso Salvemini fu tra quanti invocarono un garante per le minoranze constatando che di fronte a leggi applicate da maggioranze senza controllo superiore, le minoranze non hanno sicurezza. Riteniamo queste riflessioni sull’identità dello Stato Italiano doverose per dare a questa ricerca sulla promozione della partecipazione politica di adolescenti e giovani, sull’educazione alla cittadinanza e sul ruolo degli enti locali una opportuna cornice culturale e di contesto. Educazione alla cittadinanza In questo scritto “consideriamo che lo stimolo al cambiamento e al controllo di ciò che succede nelle sfere della politica, la difesa stessa della democrazia, è più facile che avvenga se i membri di una comunità, singolarmente o associandosi, si tengono bene informati, possiedono capacità riflessive e argomentative, sono dunque adeguatamente competenti e in grado di formarsi un’opinione autonoma e di esprimerla pubblicamente. In questo senso potremmo dire che proprio l’educazione alla democrazia, di chi nella democrazia vive, godendone i vantaggi, è stata rappresentata da Montiesquieu e da J.S Mill come uno dei caratteri basilari della democrazia stessa e la sua assenza come uno dei peggiori rischi in cui si può incorrere”8 L’educazione alla cittadinanza - considerata come cornice di un ampio spettro di competenze, complessivamente legate alla partecipazione e pienamente consapevole alla vita politica e sociale - e in particolare la formazione alla cittadinanza attiva sono da tempo riconosciute come elementi indispensabili per il miglioramento delle condizioni di benessere dei singoli e delle società e sono elementi imprescindibili per costituire un credibile patto sociale democratico. Ma che tipo di sistema formativo meglio si adatta ad un Paese dove - decennio dopo decennio - i decisori politici (la classe politica) sembrano progressivamente allontanarsi dalla vita dei cittadini e non propongono un’idea credibile di stato, un progetto lungimirante per l’Italia, dove la politica viene vissuta come distante dalla vita quotidiana e dove sfiducia e disgusto per la politica sono sentimenti provati in particolare da adolescenti e giovani? Dove la religione e il mercato hanno un potere concorrente a quello dei principi democratici ? La pedagogia può in questo momento storico ricoprire un ruolo di grande importanza. Ma non è possibile formulare risposte e proposte educative prendendo in analisi una sola istituzione nel suo rapporto con adolescenti e giovani. Famiglia, scuola, enti locali, terzo settore, devono essere prese in considerazione nella loro interdipendenza. Certo, rispetto all’educazione alla cittadinanza, la scuola ha avuto, almeno sulla carta, un ruolo preminente avendo da sempre l’obiettivo di formare “l’uomo e il cittadino” e prevedendo l’insegnamento dell’educazione civica. Ma oggi, demandare il ruolo della “formazione del cittadino” unicamente alla scuola, non è una scelta saggia. La comunità, il territorio e quindi le istituzioni devono avere un ruolo forte e collaborare con la scuola. Educazione formale, non formale e informale devono compenetrarsi. Gli studi e le riflessioni della scrivente hanno portato all’ individuazione degli enti locali come potenziali luoghi privilegiati della formazione politica dei giovani e dell’educazione alla cittadinanza. Gli enti locali I Comuni, essendo le Istituzioni più vicine ai cittadini, possono essere il primo luogo dove praticare cittadinanza attiva traducendo in pratiche anche le politiche elaborate a livello regionale e nazionale. Sostiene la Carta riveduta della partecipazione dei giovani9 “La partecipazione attiva dei giovani alle decisioni e alle attività a livello locale e regionale è essenziale se si vogliono costruire società più democratiche, solidali e prospere. Partecipare alla vita politica di una comunità, qualunque essa sia, non implica però unicamente il fatto di votare e presentarsi alle elezioni, per quanto importanti siano tali elementi. Partecipare ed essere un cittadino attivo vuol dire avere i diritti, gli strumenti intellettuali e materiali, il luogo, la possibilità, e, se del caso, il necessario sostegno per intervenire nelle decisioni, influenzarle ed impegnarsi in attività e iniziative che possano determinare la costruzione di una società migliore”. In Italia, il ruolo degli enti locali è stato per lo più dominante nella definizione delle politiche sociali, sanitarie ed educative ma è divenuto centrale soprattutto in seguito alla riforma del titolo V della Costituzione italiana operata nel 2001. Sono gli enti locali – le Regioni in primis – ad avere la funzione istituzionale di legiferare rispetto ai temi inerenti il sociale. Le proposte e le azioni di Province e Comuni dovrebbero ispirarsi al “principio di sussidiarietà” espresso nell’art. 118 della Costituzione: «Stato, Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà»10 e nei Trattati dell’Unione Europea. Il Trattato istitutivo della Comunità europea accoglie il principio nell’art.5 “La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato. Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario (…)”. Il principio di sussidiarietà può dunque essere recepito anche prevedendo, promuovendo e accogliendo la partecipazione dei cittadini alla vita della città in molteplici forme. Conseguentemente, facilitare l’avvicinamento degli adolescenti e dei giovani (in quanto cittadini) alla vita collettiva, al bene pubblico, alla politica considerandoli una risorsa e mettendoli nelle condizioni di essere socialmente e politicamente attivi rientra nelle possibili applicazioni del principio di sussidiarietà. L’oggetto della ricerca La ricerca condotta dalla scrivente prende le mosse dal paradigma ecologico e si ispira allo stile fenomenologico prendendo in analisi un contesto determinato da numerosi soggetti tra loro interrelati. La domanda di ricerca: “gli enti locali possono promuovere di progetti e interventi di educazione alla cittadinanza di cui adolescenti e giovani siano protagonisti? Se si, in che modo?”. Gli studi preliminari alla ricerca hanno mostrato uno scenario complesso che non era mai stato preso in analisi da chi si occupa di educazione. E’ stato dunque necessario comprendere: 1) Il ruolo e le funzioni degli enti locali rispetto alle politiche educative e di welfare in generale in Italia 2) La condizione di adolescenti e giovani in Italia e nel mondo 3) Che cos’è l’educazione alla cittadinanza 4) Che cosa si può intendere per partecipazione giovanile Per questo il lavoro di ricerca empirica svolto dalla scrivente è basato sulla realizzazione di due indagini esplorative (“Enti locali, giovani e politica (2005/2006)11 e “Nuovi cittadini di pace” (2006/2007)12) tramite le quali è stato possibile esaminare progetti e servizi di promozione della partecipazione degli adolescenti e dei giovani alla vita dei Comuni di quattro regioni italiane e in particolare della Regione Emilia-Romagna. L’oggetto dell’interesse delle due indagini è (attraverso l’analisi di progetti e servizi e di testimonianze di amministratori, tecnici e politici) esplorare le modalità con cui gli enti locali (i Comuni in particolare) esplicano la loro funzione formativa rivolta ad adolescenti e giovani in relazione all’educazione alla cittadinanza democratica. Ai fini delle nostre riflessioni ci siamo interessati di progetti, sevizi permanenti e iniziative rivolti alla fascia d’età che va dagli 11 ai 20/22 anni ossia quegli anni in cui si giocano molte delle sfide che portano i giovani ad accedere al mondo degli adulti in maniera “piena e autentica” o meno. Dall’analisi dei dati, emergono osservazioni su come gli enti locali possano educare alla cittadinanza in rete con altre istituzioni (la scuola, le associazioni), promuovendo servizi e progetti che diano ad adolescenti e giovani la possibilità di mettersi all’opera, di avere un ruolo attivo, realizzare qualche cosa ed esserne responsabili (e nel frattempo apprendere come funziona e che cos’è il governo di una città, di un territorio), intrecciare relazioni, lavorare in gruppo, in una cornice che va al di là delle politiche giovanili e che propone politiche integrate. In questo contesto il ruolo degli adulti (genitori, insegnanti, educatori, politici) è centrale: è dunque essenziale che le famiglie, il mondo della scuola, gli attivisti dei partiti politici, le istituzioni e il mondo dell’informazione attraverso l’agire quotidiano, dimostrino ad adolescenti e giovani coerenza tra azioni e idee dimostrando fiducia nelle istituzioni, tenendo comportamenti coerenti e autorevoli improntati sul rispetto assoluto della legalità, per esempio. Per questo, la prima fase di approfondimento qualitativo delle indagini è avvenuta tramite interviste in profondità a decisori politici e amministratori tecnici. Il primo capitolo affronta il tema della crisi della democrazia ossia il fatto che le democrazie odierne stiano vivendo una fase di dibattito interno e di riflessione verso una prospettiva di cambiamento necessaria. Il tema dell’inserimento dei diritti umani nel panorama del dibattito sulle società democratiche e sulla cittadinanza si intreccia con i temi della globalizzazione, della crisi dei partiti politici (fenomeno molto accentuato in Italia). In questa situazione di smarrimento e di incertezza, un’operazione politica e culturale che metta al primo posto l’educazione e i diritti umani potrebbe essere l’ancora di salvezza da gettare in un oceano di incoerenza e di speranze perdute. E’ necessario riformare il sistema formativo italiano investendo risorse sull’educazione alla cittadinanza in particolare per adolescenti e giovani ma anche per coloro che lavorano con e per i giovani: insegnanti, educatori, amministratori. La scolarizzazione, la formazione per tutto l’arco della vita sono alcuni dei criteri su cui oggi nuovi approcci misurano il benessere dei Paesi e sono diritti inalienabili sanciti, per bambini e ragazzi dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia.13 La pedagogia e la politica devono avere in questo momento storico un ruolo di primo piano; gli obiettivi a cui dovrebbero tendere sono la diffusione di una cultura dei diritti, una cultura del rispetto dell’infanzia e di attenzione prioritaria ai temi del’educazione alla cittadinanza. “Rimuovere gli ostacoli sociali ed economici”14 a che questi diritti vengano rispettati è compito dello Stato e anche degli enti locali. Il secondo capitolo descrive la condizione dei giovani nel mondo e in Italia in rapporto ai diritti di partecipazione. Il contesto mondiale che la Banca Mondiale (organismo dell’Onu)15 dipinge è potenzialmente positivo: “il numero di giovani tra i 12 e i 24 anni è intorno a 1, 3 miliardi ossia il livello più elevato della storia; questo gruppo è in migliore salute e meglio istruito di sempre. I Paesi ricchi come quelli poveri devono approfittare di questa opportunità prima che l’invecchiamento della società metta fine a questo periodo potenzialmente assai fruttuoso per il mondo intero. In Italia invece “Viene dipinto un quadro deprimente in cui “gli adulti mandano segnali incerti, ambigui, contraddittori. Se si può dunque imputare qualcosa alle generazioni dei giovani oggi è di essere, per certi versi, troppo simili ai loro padri e alle loro madri”16 Nel capitolo vengono mostrati e commentati i dati emersi da rapporti e ricerche di organizzazioni internazionali che dimostrano come anche dal livello di istruzione, di accesso alla cultura, ma in particolare dal livello di partecipazione attiva alla vita civica dei giovani, dipenda il futuro del globo intero e dunque anche del nostro Paese . Viene inoltre descritto l’evolversi delle politiche giovanili in Italia anche in rapporto al mutare del significato del concetto controverso di “partecipazione”: il termine è presente in numerose carte e documenti internazionali nonché utilizzato nei programmi politici delle amministrazioni comunali ma sviscerarne il significato e collocarlo al di fuori dei luoghi comuni e dell’utilizzo demagogico obbliga ad un’analisi approfondita e multidimensionale della sua traduzione in azioni. Gli enti locali continuano ad essere l’oggetto principale del nostro interesse. Per questo vengono riportati i risultati di un’indagine nazionale sui servizi pubblici per adolescenti che sono utili per contestualizzare le indagini regionali svolte dalla scrivente. Nel terzo capitolo si esamina l’ “educazione alla cittadinanza” a partire dalla definizione del Consiglio d’Europa (EDC) cercando di fornire un quadro accurato sui contenuti che le pertengono ma soprattutto sulle metodologie da intraprendere per mettere autenticamente in pratica l’EDC. La partecipazione di adolescenti e giovani risulta essere un elemento fondamentale per promuovere e realizzare l’educazione alla cittadinanza in contesti formali, non formali e informali. Il quarto capitolo riporta alcune riflessioni sulla ricerca pedagogica in Italia e nel panorama internazionale e pone le basi ontologiche ed epistemologiche della ricerca svolta dalla scrivente. Nel quinto capitolo vengono descritte dettagliatamente le due indagini svolte dalla scrivente per raccogliere dati e materiali di documentazione sui progetti di promozione della partecipazione dei giovani promossi dagli Enti locali emiliano-romagnoli ai fini dell’educazione alla cittadinanza. “Enti locali, giovani e politica” indagine sui progetti di promozione della partecipazione sociale e politica che coinvolgono ragazzi tra i 15 e i 20 anni. E “Nuovi cittadini di pace”, un’indagine sui Consigli dei ragazzi nella Provincia di Bologna. Nel sesto capitolo la scrivente formula alcune conclusioni e proposte operative concentrando la propria attenzione in particolare sulle questione della formazione di educatori e facilitatori che operano in contesti di educazione non formale interistituzionale, sulla necessità di una ampia diffusione di una cultura dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel mondo della politica e della scuola e su un utilizzo del dialogo autentico (in quanto principio democratico) per far sì che adolescenti, giovani e adulti possano collaborare e contribuire insieme alla formulazione di politiche e alla realizzazione di progetti comuni. Ci sembra infine che si debba riconoscere che è tempo di puntare con tutte le forze e in tutti i setting educativi disponibili su un impegno formativo in cui la dimensione politica non solo sia chiaramente e consapevolmente presente, ma sia considerata una delle sue caratteristiche principali. Il nostro tempo lo richiede con urgenza: l’alternativa rischia di essere la disfatta dell’intera umanità e dunque l’impossibilità per l’uomo di realizzarsi nel suo più elevato significato e nel suo autentico valore. I giovani sempre più lo chiedono anche se non sempre utilizzano linguaggi decifrabili dagli adulti.
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Baldoni, Anna <1975&gt. « Educare alla cittadinanza democratica. La partecipazione di adolescenti e giovani negli enti locali della regione Emilia Romagna ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1001/.

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Résumé :
La tesi è il frutto di un lavoro di ricerca sul rapporto tra educazione e politica sviluppato considerando letteratura, studi e ricerche in ambito pedagogico, sociologico e delle scienze politiche. I nuclei tematici oggetto delle letture preliminari e degli approfondimenti successivi che sono diventati il corpo della tesi sono i seguenti: • la crisi del ruolo dei partiti politici in Italia e in Europa: diminuiscono gli iscritti e la capacità di dare corpo a proposte politiche credibili che provengano dalla “base”dei partiti; • la crisi del sistema formativo1 in Italia e il fatto che l’educazione alla cittadinanza sia poco promossa e praticata nelle scuole e nelle istituzioni; • la diffusa mancanza di fiducia degli adolescenti e dei giovani nei confronti delle istituzioni (scuola inclusa) e della politica in molti Paesi del mondo2; i giovani sono in linea con il mondo adulto nel dimostrare i sintomi di “apatia politica” che si manifesta anche come avversione verso la politica; • il fatto che le teorie e gli studi sulla democrazia non siano stati in grado di prevenire la sistematica esclusione di larghi segmenti di cittadinanza dalle dinamiche decisionali dimostrando che la democrazia formale sia drasticamente differente da quella sostanziale. Una categoria tra le più escluse dalle decisioni è quella dei minori in età. Queste tematiche, se poste in relazione, ci inducono a riflettere sullo stato della democrazia e ci invitano a cercare nuovi orizzonti in cui inserire riflessioni sulla cittadinanza partendo dall’interesse centrale delle scienze pedagogiche: il ruolo dell’educazione. Essenziale è il tema dei diritti umani: per cominciare, rileviamo che sebbene la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia sia stata approvata da quasi vent’anni (nel 1989) e malgrado numerose istituzioni nazionali e internazionali (Onu, Consiglio d’Europa, Banca Mondiale, Unesco) continuino ad impegnarsi nella promozione dei diritti sanciti e ratificati con leggi da quasi tutti i Paesi del mondo, questi diritti sono spesso trascurati: in particolare i diritti di bambini, adolescenti e giovani fino a 18 anni ad essere ascoltati, ad esprimersi liberamente, a ricevere informazioni adeguate nonché il diritto ad associarsi. L’effetto di tale trascuratezza, ossia la scarsa partecipazione di adolescenti e giovani alla vita sociale e politica in ogni parte del mondo (Italia inclusa) è un problema su cui cercheremo di riflettere e trovare soluzioni. Dalle più recenti ricerche svolte sul rapporto tra giovani e politica3, risulta che sono in particolare i giovani tra i quindici e i diciassette anni a provare “disgusto” per la politica e a non avere alcune fiducia né nei confronti dei politici, né delle istituzioni. Il disgusto è strettamente legato alla sfiducia, alla delusione , alla disillusione che oltretutto porta al rifiuto per la politica e quindi anche a non informarsi volutamente, a tenere ciò che riguarda la politica lontano dalla propria sfera personale. In Italia, ciò non è una novità. Né i governi che si sono succeduti dagli anni dell’Unità ad oggi, né le teorie democratiche italiane e internazionali sono riusciti a cambiare l’approccio degli italiani alla politica: “fissità della cultura politica, indolenza di fronte alla mancanza di cultura della legalità, livelli bassi di informazione, di competenza, di fiducia nella democrazia”4. Tra i numerosi fattori presi in analisi nelle ricerche internazionali (cfr. Cap. I par.65) ve ne sono due che si è scoperto influenzano notevolmente la partecipazione politica della popolazione e che vedono l’Italia distante dalle altre democrazie europee: 1) la vicinanza alla religione istituzionale , 2) i caratteri della morale6. Religione istituzionale Non c’è studio o ricerca che non documenti la progressiva secolarizzazione degli stati. Eppure, dividendo la popolazione dei Paesi in: 1) non credenti, 2) credenti non praticanti e 3) credenti praticanti, fatto salvo per la Francia, si assiste ad una crescita dei “credenti non praticanti” in Europa e dei “credenti praticanti” in particolare in Italia (risultavano da un’indagine del 2005, il 42% della popolazione italiana). La spiegazione di questa “controtendenza” dell’Italia, spiega la Sciolla, “potrebbe essere il crescente ruolo pubblico assunto dalla Chiesa italiana e della sua sempre più pervasiva presenza su temi di interesse pubblico o direttamente politico (dalla fecondazione assistita alle unioni tra omosessuali) oltreché alla sua visibilità mediatica che, insieme al generale e diffuso disorientamento, potrebbe aver esercitato un autorevole richiamo”. Pluralismo morale Frutto innanzitutto del processo di individualizzazione che erode le forme assolute di autorità e le strutture gerarchiche e dell’affermarsi dei diritti umani con l’ampliamento degli spazi di libertà di coscienza dei singoli. Una conferma sul piano empirico di questo quadro è data dal monitoraggio di due configurazioni valoriali che più hanno a che vedere con la partecipazione politica: 1) Grado di civismo (in inglese civicness) che raggruppa giudizi sui comportamenti lesivi dell’interesse pubblico (non pagare le tasse, anteporre il proprio interesse e vantaggio personale all’interesse pubblico). 2) Libertarismo morale o cultura dei diritti ovvero difesa dei diritti della persona e della sua liberà di scelta (riguarda la sessualità, il corpo e in generale la possibilità di disporre di sé) In Italia, il civismo ha subito negli anni novanta un drastico calo e non è più tornato ai livelli precedenti. Il libertarismo è invece aumentato in tutti i Paesi ma Italia e Stati Uniti hanno tutt’ora un livello basso rispetto agli altri Stati. I più libertari sono gli strati giovani ed istruiti della popolazione. Queste caratteristiche degli italiani sono riconducibili alla storia del nostro Paese, alla sua identità fragile, mai compatta ed unitaria. Non è possibile tralasciare l’influenza che la Chiesa ha sempre avuto nelle scelte politiche e culturali del nostro Paese. Limitando il campo al secolo scorso, dobbiamo considerare che la Chiesa cattolica ha avuto continuativamente un ruolo di forte ingerenza nei confronti delle scelte dei governi (scelte che, come vedremo nel Cap. I, par.2 hanno influenzato le scelte sulla scuola e sull’educazione) che si sono succeduti dal 1948 ad oggi7. Ciò ha influito nei costumi della nostra società caratterizzandoci come Stato sui generis nel panorama europeo Inoltre possiamo definire l’Italia uno "Stato nazionale ed unitario" ma la sua identità resta plurinazionale: vi sono nazionalità, trasformate in minoranze, comprese e compresse nel suo territorio; lo Stato affermò la sua unità con le armi dell'esercito piemontese e questa unità è ancora da conquistare pienamente. Lo stesso Salvemini fu tra quanti invocarono un garante per le minoranze constatando che di fronte a leggi applicate da maggioranze senza controllo superiore, le minoranze non hanno sicurezza. Riteniamo queste riflessioni sull’identità dello Stato Italiano doverose per dare a questa ricerca sulla promozione della partecipazione politica di adolescenti e giovani, sull’educazione alla cittadinanza e sul ruolo degli enti locali una opportuna cornice culturale e di contesto. Educazione alla cittadinanza In questo scritto “consideriamo che lo stimolo al cambiamento e al controllo di ciò che succede nelle sfere della politica, la difesa stessa della democrazia, è più facile che avvenga se i membri di una comunità, singolarmente o associandosi, si tengono bene informati, possiedono capacità riflessive e argomentative, sono dunque adeguatamente competenti e in grado di formarsi un’opinione autonoma e di esprimerla pubblicamente. In questo senso potremmo dire che proprio l’educazione alla democrazia, di chi nella democrazia vive, godendone i vantaggi, è stata rappresentata da Montiesquieu e da J.S Mill come uno dei caratteri basilari della democrazia stessa e la sua assenza come uno dei peggiori rischi in cui si può incorrere”8 L’educazione alla cittadinanza - considerata come cornice di un ampio spettro di competenze, complessivamente legate alla partecipazione e pienamente consapevole alla vita politica e sociale - e in particolare la formazione alla cittadinanza attiva sono da tempo riconosciute come elementi indispensabili per il miglioramento delle condizioni di benessere dei singoli e delle società e sono elementi imprescindibili per costituire un credibile patto sociale democratico. Ma che tipo di sistema formativo meglio si adatta ad un Paese dove - decennio dopo decennio - i decisori politici (la classe politica) sembrano progressivamente allontanarsi dalla vita dei cittadini e non propongono un’idea credibile di stato, un progetto lungimirante per l’Italia, dove la politica viene vissuta come distante dalla vita quotidiana e dove sfiducia e disgusto per la politica sono sentimenti provati in particolare da adolescenti e giovani? Dove la religione e il mercato hanno un potere concorrente a quello dei principi democratici ? La pedagogia può in questo momento storico ricoprire un ruolo di grande importanza. Ma non è possibile formulare risposte e proposte educative prendendo in analisi una sola istituzione nel suo rapporto con adolescenti e giovani. Famiglia, scuola, enti locali, terzo settore, devono essere prese in considerazione nella loro interdipendenza. Certo, rispetto all’educazione alla cittadinanza, la scuola ha avuto, almeno sulla carta, un ruolo preminente avendo da sempre l’obiettivo di formare “l’uomo e il cittadino” e prevedendo l’insegnamento dell’educazione civica. Ma oggi, demandare il ruolo della “formazione del cittadino” unicamente alla scuola, non è una scelta saggia. La comunità, il territorio e quindi le istituzioni devono avere un ruolo forte e collaborare con la scuola. Educazione formale, non formale e informale devono compenetrarsi. Gli studi e le riflessioni della scrivente hanno portato all’ individuazione degli enti locali come potenziali luoghi privilegiati della formazione politica dei giovani e dell’educazione alla cittadinanza. Gli enti locali I Comuni, essendo le Istituzioni più vicine ai cittadini, possono essere il primo luogo dove praticare cittadinanza attiva traducendo in pratiche anche le politiche elaborate a livello regionale e nazionale. Sostiene la Carta riveduta della partecipazione dei giovani9 “La partecipazione attiva dei giovani alle decisioni e alle attività a livello locale e regionale è essenziale se si vogliono costruire società più democratiche, solidali e prospere. Partecipare alla vita politica di una comunità, qualunque essa sia, non implica però unicamente il fatto di votare e presentarsi alle elezioni, per quanto importanti siano tali elementi. Partecipare ed essere un cittadino attivo vuol dire avere i diritti, gli strumenti intellettuali e materiali, il luogo, la possibilità, e, se del caso, il necessario sostegno per intervenire nelle decisioni, influenzarle ed impegnarsi in attività e iniziative che possano determinare la costruzione di una società migliore”. In Italia, il ruolo degli enti locali è stato per lo più dominante nella definizione delle politiche sociali, sanitarie ed educative ma è divenuto centrale soprattutto in seguito alla riforma del titolo V della Costituzione italiana operata nel 2001. Sono gli enti locali – le Regioni in primis – ad avere la funzione istituzionale di legiferare rispetto ai temi inerenti il sociale. Le proposte e le azioni di Province e Comuni dovrebbero ispirarsi al “principio di sussidiarietà” espresso nell’art. 118 della Costituzione: «Stato, Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà»10 e nei Trattati dell’Unione Europea. Il Trattato istitutivo della Comunità europea accoglie il principio nell’art.5 “La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato. Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario (…)”. Il principio di sussidiarietà può dunque essere recepito anche prevedendo, promuovendo e accogliendo la partecipazione dei cittadini alla vita della città in molteplici forme. Conseguentemente, facilitare l’avvicinamento degli adolescenti e dei giovani (in quanto cittadini) alla vita collettiva, al bene pubblico, alla politica considerandoli una risorsa e mettendoli nelle condizioni di essere socialmente e politicamente attivi rientra nelle possibili applicazioni del principio di sussidiarietà. L’oggetto della ricerca La ricerca condotta dalla scrivente prende le mosse dal paradigma ecologico e si ispira allo stile fenomenologico prendendo in analisi un contesto determinato da numerosi soggetti tra loro interrelati. La domanda di ricerca: “gli enti locali possono promuovere di progetti e interventi di educazione alla cittadinanza di cui adolescenti e giovani siano protagonisti? Se si, in che modo?”. Gli studi preliminari alla ricerca hanno mostrato uno scenario complesso che non era mai stato preso in analisi da chi si occupa di educazione. E’ stato dunque necessario comprendere: 1) Il ruolo e le funzioni degli enti locali rispetto alle politiche educative e di welfare in generale in Italia 2) La condizione di adolescenti e giovani in Italia e nel mondo 3) Che cos’è l’educazione alla cittadinanza 4) Che cosa si può intendere per partecipazione giovanile Per questo il lavoro di ricerca empirica svolto dalla scrivente è basato sulla realizzazione di due indagini esplorative (“Enti locali, giovani e politica (2005/2006)11 e “Nuovi cittadini di pace” (2006/2007)12) tramite le quali è stato possibile esaminare progetti e servizi di promozione della partecipazione degli adolescenti e dei giovani alla vita dei Comuni di quattro regioni italiane e in particolare della Regione Emilia-Romagna. L’oggetto dell’interesse delle due indagini è (attraverso l’analisi di progetti e servizi e di testimonianze di amministratori, tecnici e politici) esplorare le modalità con cui gli enti locali (i Comuni in particolare) esplicano la loro funzione formativa rivolta ad adolescenti e giovani in relazione all’educazione alla cittadinanza democratica. Ai fini delle nostre riflessioni ci siamo interessati di progetti, sevizi permanenti e iniziative rivolti alla fascia d’età che va dagli 11 ai 20/22 anni ossia quegli anni in cui si giocano molte delle sfide che portano i giovani ad accedere al mondo degli adulti in maniera “piena e autentica” o meno. Dall’analisi dei dati, emergono osservazioni su come gli enti locali possano educare alla cittadinanza in rete con altre istituzioni (la scuola, le associazioni), promuovendo servizi e progetti che diano ad adolescenti e giovani la possibilità di mettersi all’opera, di avere un ruolo attivo, realizzare qualche cosa ed esserne responsabili (e nel frattempo apprendere come funziona e che cos’è il governo di una città, di un territorio), intrecciare relazioni, lavorare in gruppo, in una cornice che va al di là delle politiche giovanili e che propone politiche integrate. In questo contesto il ruolo degli adulti (genitori, insegnanti, educatori, politici) è centrale: è dunque essenziale che le famiglie, il mondo della scuola, gli attivisti dei partiti politici, le istituzioni e il mondo dell’informazione attraverso l’agire quotidiano, dimostrino ad adolescenti e giovani coerenza tra azioni e idee dimostrando fiducia nelle istituzioni, tenendo comportamenti coerenti e autorevoli improntati sul rispetto assoluto della legalità, per esempio. Per questo, la prima fase di approfondimento qualitativo delle indagini è avvenuta tramite interviste in profondità a decisori politici e amministratori tecnici. Il primo capitolo affronta il tema della crisi della democrazia ossia il fatto che le democrazie odierne stiano vivendo una fase di dibattito interno e di riflessione verso una prospettiva di cambiamento necessaria. Il tema dell’inserimento dei diritti umani nel panorama del dibattito sulle società democratiche e sulla cittadinanza si intreccia con i temi della globalizzazione, della crisi dei partiti politici (fenomeno molto accentuato in Italia). In questa situazione di smarrimento e di incertezza, un’operazione politica e culturale che metta al primo posto l’educazione e i diritti umani potrebbe essere l’ancora di salvezza da gettare in un oceano di incoerenza e di speranze perdute. E’ necessario riformare il sistema formativo italiano investendo risorse sull’educazione alla cittadinanza in particolare per adolescenti e giovani ma anche per coloro che lavorano con e per i giovani: insegnanti, educatori, amministratori. La scolarizzazione, la formazione per tutto l’arco della vita sono alcuni dei criteri su cui oggi nuovi approcci misurano il benessere dei Paesi e sono diritti inalienabili sanciti, per bambini e ragazzi dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia.13 La pedagogia e la politica devono avere in questo momento storico un ruolo di primo piano; gli obiettivi a cui dovrebbero tendere sono la diffusione di una cultura dei diritti, una cultura del rispetto dell’infanzia e di attenzione prioritaria ai temi del’educazione alla cittadinanza. “Rimuovere gli ostacoli sociali ed economici”14 a che questi diritti vengano rispettati è compito dello Stato e anche degli enti locali. Il secondo capitolo descrive la condizione dei giovani nel mondo e in Italia in rapporto ai diritti di partecipazione. Il contesto mondiale che la Banca Mondiale (organismo dell’Onu)15 dipinge è potenzialmente positivo: “il numero di giovani tra i 12 e i 24 anni è intorno a 1, 3 miliardi ossia il livello più elevato della storia; questo gruppo è in migliore salute e meglio istruito di sempre. I Paesi ricchi come quelli poveri devono approfittare di questa opportunità prima che l’invecchiamento della società metta fine a questo periodo potenzialmente assai fruttuoso per il mondo intero. In Italia invece “Viene dipinto un quadro deprimente in cui “gli adulti mandano segnali incerti, ambigui, contraddittori. Se si può dunque imputare qualcosa alle generazioni dei giovani oggi è di essere, per certi versi, troppo simili ai loro padri e alle loro madri”16 Nel capitolo vengono mostrati e commentati i dati emersi da rapporti e ricerche di organizzazioni internazionali che dimostrano come anche dal livello di istruzione, di accesso alla cultura, ma in particolare dal livello di partecipazione attiva alla vita civica dei giovani, dipenda il futuro del globo intero e dunque anche del nostro Paese . Viene inoltre descritto l’evolversi delle politiche giovanili in Italia anche in rapporto al mutare del significato del concetto controverso di “partecipazione”: il termine è presente in numerose carte e documenti internazionali nonché utilizzato nei programmi politici delle amministrazioni comunali ma sviscerarne il significato e collocarlo al di fuori dei luoghi comuni e dell’utilizzo demagogico obbliga ad un’analisi approfondita e multidimensionale della sua traduzione in azioni. Gli enti locali continuano ad essere l’oggetto principale del nostro interesse. Per questo vengono riportati i risultati di un’indagine nazionale sui servizi pubblici per adolescenti che sono utili per contestualizzare le indagini regionali svolte dalla scrivente. Nel terzo capitolo si esamina l’ “educazione alla cittadinanza” a partire dalla definizione del Consiglio d’Europa (EDC) cercando di fornire un quadro accurato sui contenuti che le pertengono ma soprattutto sulle metodologie da intraprendere per mettere autenticamente in pratica l’EDC. La partecipazione di adolescenti e giovani risulta essere un elemento fondamentale per promuovere e realizzare l’educazione alla cittadinanza in contesti formali, non formali e informali. Il quarto capitolo riporta alcune riflessioni sulla ricerca pedagogica in Italia e nel panorama internazionale e pone le basi ontologiche ed epistemologiche della ricerca svolta dalla scrivente. Nel quinto capitolo vengono descritte dettagliatamente le due indagini svolte dalla scrivente per raccogliere dati e materiali di documentazione sui progetti di promozione della partecipazione dei giovani promossi dagli Enti locali emiliano-romagnoli ai fini dell’educazione alla cittadinanza. “Enti locali, giovani e politica” indagine sui progetti di promozione della partecipazione sociale e politica che coinvolgono ragazzi tra i 15 e i 20 anni. E “Nuovi cittadini di pace”, un’indagine sui Consigli dei ragazzi nella Provincia di Bologna. Nel sesto capitolo la scrivente formula alcune conclusioni e proposte operative concentrando la propria attenzione in particolare sulle questione della formazione di educatori e facilitatori che operano in contesti di educazione non formale interistituzionale, sulla necessità di una ampia diffusione di una cultura dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel mondo della politica e della scuola e su un utilizzo del dialogo autentico (in quanto principio democratico) per far sì che adolescenti, giovani e adulti possano collaborare e contribuire insieme alla formulazione di politiche e alla realizzazione di progetti comuni. Ci sembra infine che si debba riconoscere che è tempo di puntare con tutte le forze e in tutti i setting educativi disponibili su un impegno formativo in cui la dimensione politica non solo sia chiaramente e consapevolmente presente, ma sia considerata una delle sue caratteristiche principali. Il nostro tempo lo richiede con urgenza: l’alternativa rischia di essere la disfatta dell’intera umanità e dunque l’impossibilità per l’uomo di realizzarsi nel suo più elevato significato e nel suo autentico valore. I giovani sempre più lo chiedono anche se non sempre utilizzano linguaggi decifrabili dagli adulti.
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SALSI, MONICA. « Oratorio e sfida multiculturale : sviluppi pedagogici per la formazione di una nuova cittadinanza ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10970.

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Résumé :
La ricerca approfondisce il contributo pedagogico degli Oratori alla formulazione di un concetto di cittadinanza planetaria. Gli oratori, istituzioni religiose italiane e contesti di formazione ed educazione rivolti alle giovani generazioni, stanno attualmente affrontando un’inedita sfida multiculturale: la crescente presenza di minori di origine straniera interpella questi dispositivi nella loro capacità di accoglienza, integrazione e accompagnamento dei giovani nello sviluppo di un senso di convivenza e cittadinanza in prospettiva planetaria, volto al rispetto e alla valorizzazione delle diversità nella costruzione di un bene comune condiviso. Attraverso l’utilizzo di strumenti di indagine quantitativa e qualitativa (interviste ai responsabili, focus group con adolescenti, indicatori di valutazione) e le attuali riflessioni sul tema dell’interculturalità e della cittadinanza planetaria, la ricerca approfondisce le potenzialità dell’educazione informale che prende forma nelle trame delle esperienze, degli apprendimenti e dei contesti quotidiani.
The research focuses on the pedagogical contribution of Oratories to formulate a global citizenship concept. Oratories, peculiar Italian religious institutions and educational contexts, are now involved in a multicultural challenge: the increasing participation of minors of foreign origins stimulates Oratories, as educational “devices”, to improve their capacity of reception and integration. Moreover, Oratories can educate minors creating a sense of living together and the concept of citizenship in global perspective, which aim should be the construction of a shared common good through the respect and valorization of human diversity. According to the current development on the intercultural and global citizenship and using quantitative and qualitative research methods (interviews with educators, focuses groups with teenagers, evaluation indicators), the research focuses on the role of informal education in a integral human development, through the social dimensions and everyday relationships, learning and experiences.
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SALSI, MONICA. « Oratorio e sfida multiculturale : sviluppi pedagogici per la formazione di una nuova cittadinanza ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10970.

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Résumé :
La ricerca approfondisce il contributo pedagogico degli Oratori alla formulazione di un concetto di cittadinanza planetaria. Gli oratori, istituzioni religiose italiane e contesti di formazione ed educazione rivolti alle giovani generazioni, stanno attualmente affrontando un’inedita sfida multiculturale: la crescente presenza di minori di origine straniera interpella questi dispositivi nella loro capacità di accoglienza, integrazione e accompagnamento dei giovani nello sviluppo di un senso di convivenza e cittadinanza in prospettiva planetaria, volto al rispetto e alla valorizzazione delle diversità nella costruzione di un bene comune condiviso. Attraverso l’utilizzo di strumenti di indagine quantitativa e qualitativa (interviste ai responsabili, focus group con adolescenti, indicatori di valutazione) e le attuali riflessioni sul tema dell’interculturalità e della cittadinanza planetaria, la ricerca approfondisce le potenzialità dell’educazione informale che prende forma nelle trame delle esperienze, degli apprendimenti e dei contesti quotidiani.
The research focuses on the pedagogical contribution of Oratories to formulate a global citizenship concept. Oratories, peculiar Italian religious institutions and educational contexts, are now involved in a multicultural challenge: the increasing participation of minors of foreign origins stimulates Oratories, as educational “devices”, to improve their capacity of reception and integration. Moreover, Oratories can educate minors creating a sense of living together and the concept of citizenship in global perspective, which aim should be the construction of a shared common good through the respect and valorization of human diversity. According to the current development on the intercultural and global citizenship and using quantitative and qualitative research methods (interviews with educators, focuses groups with teenagers, evaluation indicators), the research focuses on the role of informal education in a integral human development, through the social dimensions and everyday relationships, learning and experiences.
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Calenda, Marika. « I giovani, le istituzioni e il contesto socio-educativo : un'indagine nel Comune di Battipaglia ». Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2012. http://hdl.handle.net/10556/305.

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Résumé :
2010 - 2011
Il progetto di ricerca verte principalmente sulle problematiche inerenti il possesso di competenze di cittadinanza attiva da parte dei giovani, indispensabili per attivare i meccanismi di partecipazione sociale e culturale e sul ruolo delle istituzioni e della scuola nella formazione di cittadini consapevoli e responsabili. Si ritiene, infatti, che la formazione alla cittadinanza possa contribuire ad accrescere i livelli di coinvolgimento e partecipazione giovanile, influendo sulle dinamiche che generano quei processi di allontanamento dalla vita pubblica cui spesso si accompagnano sentimenti di indifferenza rispetto alle questioni di interesse generale e di rilievo per la collettività. Il punto di partenza di questo lavoro è costituito da una rapida descrizione e disamina di alcuni dei concetti che sono riconducibili al tema della partecipazione, quelli appunto di cittadino e di cittadinanza. Si prosegue prendendo in esame uno dei principali contributi sul concetto di cittadinanza, quello di Thomas H. Marshall e, successivamente, vengono discussi i cambiamenti che hanno riguardato il concetto di cittadinanza sotto la spinta dei fenomeni di globalizzazione ed immigrazione. Nel secondo capitolo il lavoro è incentrato maggiormente sul contesto scolastico, riflettendo nello specifico sul ruolo della scuola nella formazione di cittadini consapevoli e responsabili, sull’idea di educazione come esperienza di vita sociale, come nella concezione di John Dewey. La seconda parte è interamente dedicata alla ricerca sul campo. Titolo della ricerca: “I giovani, le istituzioni e il contesto socio-educativo: una ricerca nel Comune di Battipaglia”. Temi della ricerca: rapporto tra giovani e istituzioni, educazione alla cittadinanza, ruolo della scuola nella formazione dei cittadini, forme di partecipazione giovanile. Premesse: la Regione Campania è impegnata da tempo a declinare alcuni importanti principi di provenienza comunitaria che riguardano il mondo della gioventù, tra i quali: l’apertura, la partecipazione, la responsabilità, l’efficacia e la coerenza. Nella prospettiva europea i giovani hanno un ruolo chiave che li vede protagonisti del processo di costruzione dell’Unione europea. In questo senso, uno dei principali obiettivi delle politiche giovanili è quello di favorire il coinvolgimento dei giovani nei processi decisionali, considerando i ragazzi come una risorsa su cui investire, senza trascurare il loro ruolo di cittadini consapevoli, critici e attivi, protagonisti dello sviluppo della società. Con la L.R. 14/2000 nasce in Campania la rete territoriale denominata Sistema Informativo Regionale Giovanile (SIRG) per promuovere ed incentivare l’istituzione dei servizi Informagiovani per il perseguimento delle finalità primarie dello sviluppo dell’informazione e partecipazione dei giovani... [a cura dell'autore]
X n.s.
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Tolio, Eleonora <1995&gt. « L’ASSISTENTE SOCIALE CASE MANAGER NELLA DEFINIZIONE DEI PATTI DI INCLUSIONE SOCIALE PER I BENEFICIARI DEL REDDITO DI CITTADINANZA : L'ESEMPIO DEL COMUNE CAPOFILA DI AMBITO DI BASSANO DEL GRAPPA ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19716.

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Résumé :
Nel presente lavoro di tesi mi sono occupata del Reddito di Cittadinanza, la nuova misura di contrasto alla povertà introdotta con il decreto legge 28 gennaio 2019, n.4 e convertito con modificazioni dalla Legge n. 26 del 28 marzo 2019. Questa misura ha portato ad una implementazione dei sistemi di Welfare, in particolare all’interno dei Comuni quali Servizi Sociali per la definizione dei Patti di Inclusione Sociale e, i Centri per l’Impiego, per la definizione dei Patti per il Lavoro. La tesi analizzerà il sistema normativo attualmente vigente, focalizzandosi in particolare sulle modalità di lavoro attuate dai Servizi Sociali per la definizione dei Patti con il nucleo beneficiario RDC. L’elaborato inizierà analizzando il contesto europeo, ovvero le misure di reddito minimo attuate nei diversi paesi, con una premessa al concetto di povertà. Successivamente si passerà al contesto nazionale dove verrà spiegato nel dettaglio come il Reddito di Cittadinanza è stato implementato nelle diverse Regioni e quali sono le statistiche attuali e gli andamenti territoriali, ponendo particolare attenzione a quello Regione Veneto. Verrà poi preso in esame l’Ambito territoriale di Bassano del Grappa, come è stato strutturato il sistema dei servizi che opera per il Reddito di Cittadinanza. La ricerca si baserà sull’analisi del territorio di Bassano e i comuni facenti parte dell’Aulss 7 Pedemontana, analizzando: la tipologia dei beneficiari, il numero di domande presentate e i progetti fino ad ora definiti, mettendo in luce punti di forza e criticità attraverso un questionario che verrà somministrato agli assistenti sociali Case manager che lavorano a contatto con l'utenza.
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FATTORI, FRANCESCO. « FA' LA COSA GIUSTA ! DISOBBEDIENZA PRO-SOCIALE, RAGIONAMENTO MORALE, E VALORI DI IMPEGNO COME PREDITTORI DI UN (NUOVO) MODELLO DI AZIONE COLLETTIVA ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6212.

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Résumé :
Il contributo presenta i risultati di un progetto multi-fase che ha avuto come obiettivo la creazione di un nuovo modello di azione collettiva solidarity-based. Sviluppatosi in tre fasi conseguenti e necessarie, tale progetto mira a fornire indicazioni teoriche, metodologiche ed applicative per interventi di cittadinanza globale capaci di favorire condizioni di giustizia sociale. La prima fase consta di uno studio cross-culturale condotto in Italia, Austria e Stati Uniti volto a rilevare le rappresentazioni sociali dei concetti di obbedienza e disobbedienza in gruppi di giovani-adulti. La discussione dei risultati evidenzia similitudini e differenze cross-culturali tra le rappresentazioni e definisce, per la prima volta in letteratura, attraverso l’utilizzo di mixed methods completamente bottom-up i concetti di obbedienza e disobbedienza. Nella seconda fase è stato creato e validato uno strumento psicometrico in grado di misurare l’atteggiamento relativo alla disobbedienza pro-sociale poiché, nella terza e ultima fase, tale costrutto, insieme alle variabili ragionamento morale e valori di impegno, sono state testate come predittrici del modello EMSICA, modello esplicativo di un’azione collettiva a favore di un out-group in condizioni di svantaggio sociale. La discussione dei risultati indica la rilevanza empirica di tali variabili offrendo interessanti spunti di riflessione per i policy maker.
This dissertation presents the results of a multi-phase project whose goal was the creation of a new model of solidarity-based collective action. Developed in three consequential and necessary phases, this project aims to provide theoretical, methodological and practical guidance for interventions of global citizenship to favor conditions of social justice. The first phase consists of a cross-cultural study conducted in Italy, Austria and the United States aimed at detecting the social representations of the concepts of obedience and disobedience in young adults groups. The discussion of the results highlights the similarities and the differences between cross-cultural representations and defines the concepts of obedience and disobedience for the first time in literature, through the use of completely bottom-up mixed methods. In the second phase has been created and validated a psychometric instrument that can measure the attitude related to pro-social disobedience because, in the third and final stage, this construct, along with the variables moral reasoning and engagement values, have been tested as predictors of the EMSICA model, that explains collective action in favor of a disadvantaged out-group. The discussion of the results indicates the empirical relevance of these variables offering interesting insights for policy makers.
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FATTORI, FRANCESCO. « FA' LA COSA GIUSTA ! DISOBBEDIENZA PRO-SOCIALE, RAGIONAMENTO MORALE, E VALORI DI IMPEGNO COME PREDITTORI DI UN (NUOVO) MODELLO DI AZIONE COLLETTIVA ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6212.

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Il contributo presenta i risultati di un progetto multi-fase che ha avuto come obiettivo la creazione di un nuovo modello di azione collettiva solidarity-based. Sviluppatosi in tre fasi conseguenti e necessarie, tale progetto mira a fornire indicazioni teoriche, metodologiche ed applicative per interventi di cittadinanza globale capaci di favorire condizioni di giustizia sociale. La prima fase consta di uno studio cross-culturale condotto in Italia, Austria e Stati Uniti volto a rilevare le rappresentazioni sociali dei concetti di obbedienza e disobbedienza in gruppi di giovani-adulti. La discussione dei risultati evidenzia similitudini e differenze cross-culturali tra le rappresentazioni e definisce, per la prima volta in letteratura, attraverso l’utilizzo di mixed methods completamente bottom-up i concetti di obbedienza e disobbedienza. Nella seconda fase è stato creato e validato uno strumento psicometrico in grado di misurare l’atteggiamento relativo alla disobbedienza pro-sociale poiché, nella terza e ultima fase, tale costrutto, insieme alle variabili ragionamento morale e valori di impegno, sono state testate come predittrici del modello EMSICA, modello esplicativo di un’azione collettiva a favore di un out-group in condizioni di svantaggio sociale. La discussione dei risultati indica la rilevanza empirica di tali variabili offrendo interessanti spunti di riflessione per i policy maker.
This dissertation presents the results of a multi-phase project whose goal was the creation of a new model of solidarity-based collective action. Developed in three consequential and necessary phases, this project aims to provide theoretical, methodological and practical guidance for interventions of global citizenship to favor conditions of social justice. The first phase consists of a cross-cultural study conducted in Italy, Austria and the United States aimed at detecting the social representations of the concepts of obedience and disobedience in young adults groups. The discussion of the results highlights the similarities and the differences between cross-cultural representations and defines the concepts of obedience and disobedience for the first time in literature, through the use of completely bottom-up mixed methods. In the second phase has been created and validated a psychometric instrument that can measure the attitude related to pro-social disobedience because, in the third and final stage, this construct, along with the variables moral reasoning and engagement values, have been tested as predictors of the EMSICA model, that explains collective action in favor of a disadvantaged out-group. The discussion of the results indicates the empirical relevance of these variables offering interesting insights for policy makers.
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CANFAROTTA, Daniela. « Sviluppo di competenze chiave di cittadinanza e di metacognizione attraverso l'insegnamento di Latino e Greco : percezioni di docenti e studenti della Scuola Secondaria in Spagna e Italia ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2020. http://hdl.handle.net/10447/395228.

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Résumé :
Sia accademici che legislatori discutono sull'importanza di metodi di apprendimento e insegnamento innovativi per prevenire l'abbandono scolastico e preparare i futuri adulti ad affrontare contesti sociali sfavorevoli. Ecco perché dal 2006 il Parlamento europeo ha incoraggiato tutti i paesi membri a promuovere nella scuola le competenze chiave di cittadinanza e la metacognizione. Tuttavia, mancano studi specifici sulle lingue classiche nella scuola secondaria. L'obiettivo di questo studio è scoprire quali sono le percezioni degli studenti e degli insegnanti italiani e spagnoli riguardo all'apprendimento e all'insegnamento delle lingue classiche secondo la didattica per competenze. Utilizziamo uno studio di caso di tipo osservativo, con un disegno misto, parallelo, convergente, con 213 studenti e 47 insegnanti. Dal confronto tra i risultati dell'analisi quantitativa e qualitativa che si riferiscono alla metacognizione, comportamenti osservabili e opinioni degli studenti rafforzano l'idea che le concezioni di apprendimento degli studenti influenzano le loro strategie metacognitive. Si conferma anche che alcuni alunni hanno una certa percezione dell'utilità del Latino e del Greco, anche se chiedono uno strumento che possa aiutarli a diventare più consapevoli dello sviluppo delle competenze di cittadinanza attraverso questi studi. In particolare, viene evidenziato che gli studenti spagnoli enfatizzano maggiormente l'utilità dei classici in termini di abilità comunicative, mentre gli studenti italiani sottolineano maggiormente la competenza di "imparare ad imparare". Per quanto riguarda la metacognizione degli insegnanti di classici, si mostra che tali docenti sono abituati a riflettere sul processo di insegnamento e offrono interessanti suggerimenti per migliorare l'insegnamento dei classici.
Both academics and legislators discuss the importance of innovative learning and teaching methods to prevent early school leaving and prepare future adults to face unfavorable social contexts. This is why since 2006 the European Parliament has encouraged all member countries to promote key citizenship competences and metacognition at school. However, specific studies on classical languages in secondary school are lacking. The aim of this study is to find out what the perceptions of Italian and Spanish students and teachers are regarding the learning and teaching of classical languages according to competences. We use an observational case study, with a mixed, parallel, convergent design, with 213 students and 47 teachers. By comparing the results of the quantitative and qualitative analysis that relate to metacognition, students 'observable behaviors and opinions reinforce the idea that students' learning conceptions influence their metacognitive strategies. It is also confirmed that some pupils have a certain perception of the usefulness of Latin and Greek, even if they ask for a tool that helps them become more aware of the development of key citizenship competences through these studies. In particular, it is highlighted that the Spanish students emphasize more the usefulness of the classics in terms of communication skills, while the Italian students emphasize more the competence of "learning to learn". As for the metacognition of teachers of classics, it is shown that these teachers are used to reflecting on the teaching process and offer interesting suggestions for improving the teaching of classics.
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CLERICI, CLAUDIA. « Le nuove sfide per l'educazione alla pace in un mondo globalizzato ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/140.

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Résumé :
La tesi si occupa dell'educazione alla pace in prospettiva storica a partire dal Novecento, per cogliere come sia stata influenzata dai mutamenti culturali, sociali e antropologici di questo secolo. Si prende, poi, in considerazione lo scenario instauratosi con la guerra fredda e la minaccia nucleare, che pone l'uomo, per la prima volta, di fronte ad una prospettiva pantoclastica. La fine della guerra fredda, il postcolonialismo e nuove tipologie di conflitti permettono di cogliere le sfide che la globalizzazione pone al problema della pace. Si giunge a riflettere su come la riflessione pedagogica abbia fatto propri tali cambiamenti, per poi formulare itinerari educativi non anacronistici, ma capaci di aiutare a convivere con la complessità del reale, utilizzandola in maniera proattiva. Si conclude con un'analisi delle strategie concrete: conflict resolution e pratiche di memoria e riconciliazione.
Peace Education has been analyzed with an historical perspective since the twentieth century, in order to understand how it is affected by cultural, social and anthropological changes. Cold war scenery and nuclear threat are analyzed as specific situations that cause humanity to face a pantoclastic perspective for the first time. The end of the cold war, post-colonialism and new kinds of conflict allow globalization challenges to peace to be taken. The way pedagogical reflection has interiorized these changes is thus analyzed in order to propose non anachronistic educational programs that enable people to cohabit with contemporary complexity, using it in a proactive way. Analysis about practical strategies such as conflict resolution, memory and reconciliation conclude the research.
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CLERICI, CLAUDIA. « Le nuove sfide per l'educazione alla pace in un mondo globalizzato ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/140.

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Résumé :
La tesi si occupa dell'educazione alla pace in prospettiva storica a partire dal Novecento, per cogliere come sia stata influenzata dai mutamenti culturali, sociali e antropologici di questo secolo. Si prende, poi, in considerazione lo scenario instauratosi con la guerra fredda e la minaccia nucleare, che pone l'uomo, per la prima volta, di fronte ad una prospettiva pantoclastica. La fine della guerra fredda, il postcolonialismo e nuove tipologie di conflitti permettono di cogliere le sfide che la globalizzazione pone al problema della pace. Si giunge a riflettere su come la riflessione pedagogica abbia fatto propri tali cambiamenti, per poi formulare itinerari educativi non anacronistici, ma capaci di aiutare a convivere con la complessità del reale, utilizzandola in maniera proattiva. Si conclude con un'analisi delle strategie concrete: conflict resolution e pratiche di memoria e riconciliazione.
Peace Education has been analyzed with an historical perspective since the twentieth century, in order to understand how it is affected by cultural, social and anthropological changes. Cold war scenery and nuclear threat are analyzed as specific situations that cause humanity to face a pantoclastic perspective for the first time. The end of the cold war, post-colonialism and new kinds of conflict allow globalization challenges to peace to be taken. The way pedagogical reflection has interiorized these changes is thus analyzed in order to propose non anachronistic educational programs that enable people to cohabit with contemporary complexity, using it in a proactive way. Analysis about practical strategies such as conflict resolution, memory and reconciliation conclude the research.
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Benvenuti, Marco. « Cittadinanza e diritti sociali : un'analisi comparativa tra Italia e Francia ». Montpellier 1, 2007. http://www.theses.fr/2007MON10063.

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Tracchi, Matteo. « Citizenship education in Croatia and Italy : what place and role for human rights ? A multi-level actor-centred approach to human rights education ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2020. http://hdl.handle.net/11577/3425917.

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Résumé :
The research focuses on citizenship and human rights education, particularly looking at two case studies, namely Croatia and Italy. The main objective is to understand whether citizenship education in lower secondary school (specifically grade 8) includes a human rights component and is aligned with the concept of Human Rights Education (HRE) as enshrined in international and regional standards. The research is based on a quantitative part, coming from a secondary analysis of the results of an internationally renowned study developed by the International Association for the Evaluation of Educational Achievement (IEA) and entitled ICCS 2016 (International Civic and Citizenship Education Study). More specifically, data relevant to the research were analysed for both Croatia and Italy (e.g. students’ endorsement of gender and racial equality, learning objectives, school contexts, etc.) and used to frame some of the questions that have been asked during a series of 25 one-on-one interviews with key stakeholders identified in both countries (Ministry of Education, National Agencies, Local Authorities, Civil Society, Academia). Refusing the assumption of linearity and uniformity in the structure and development of citizenship education (CE), and rather conceptualising it as a tension political field of diverse and conflicting demands to which a multitude of actors have to respond simultaneously, the research adopts an actor-centred perspective using the methodological steps of the talk-and-action approach (Zimenkova & Hedtke, 2008) to: - identify the differentiated picture of CE actors as seen by the actors themselves, including their beliefs, conceptions and perceptions; - better understand the complex systems and environments of citizenship education focusing on multiple key actors at stake; - discover (inconsistent) demands and central tensions of citizenship education related to human rights and how these are perceived by the selected actor; - analyse the reactions of each respective actor to the demands previously assessed, pushing for a thorough differentiation between talk, decision and action; - investigate the relationship between citizenship education and human rights education in the two focus countries (Croatia and Italy).
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PASTA, STEFANO. « PREGIUDIZIO 2.0. FORME DI INTOLLERANZA NELLA CULTURA GIOVANILE CONTEMPORANEA. MODELLI TEORICI E PRATICHE EDUCATIVE ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10968.

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Résumé :
La ricerca affronta il tema delle manifestazioni di “pensiero prevenuto” nell’ambiente digitale, spesso collegate a performance razziste “banalizzate” e socialmente condivise. Per individuare risposte educative specifiche e buone prassi di intervento, è necessario analizzare le diverse forme assunte dal pregiudizio in Rete alla luce degli aspetti affettivo-emotivi e non solo razionali. L’ambiente di ricerca è il Web 2.0, inteso come “realtà aumentata”, ovvero uno spazio non contrapposto al reale ma segnato dalle proprie specificità. Si è individuato un corpus di “razzismi online” da sottoporre a un’analisi di tipo qualitativo-testuale attraverso il software T-Lab e, in parallelo, a un’analisi di tipo qualitativo-motivazionale. I risultati ottenuti sono stati quindi interpretati alla luce di una duplice bibliografia: da un lato quella della pedagogia interculturale e degli studi classici sui razzismi, dall’altro quella sulle caratteristiche del digitale, della pragmatica della comunicazione online e della Media Education. Durante la ricerca si sono inoltre svolte – con esiti differenti – alcune conversazioni via Ask.fm con adolescenti contattati poiché, in vario modo, avevano preso parte a performance razziste; oltre che come caso studio di etnografia virtuale, viene proposto come esperimento di educazione alla riflessività. Si noterà come dalla banalizzazione delle tesi razziste e dalla deresponsabilizzazione dello “stare in Rete” deriva un recupero implicito dell’istanza biologica, su basi non scientifiche, svuotate di senso, ma paradossalmente accettate e interiorizzate. D’altro canto, si incontrano svariati esempi di attivazione di “cittadini digitali”; anche a partire da questo “capitale antirazzista”, si sottolineerà il ruolo dell’educazione alla cittadinanza – interculturale, digitale e morale – nel formare soggetti e agenti morali nella mediapolis, affermando il valore della responsabilità verso gli altri.
The study deals with the topic of manifestations of “prejudiced thought” in the digital environment, which are often linked with “banalised” racist and socially shared performances. In order to identify specific educational responses and good practices of intervention, the various forms taken by prejudice on the Web in the light of affective-emotive, and not only rational, aspects have to be analysed. The research environment is Web 2.0, understood as “augmented reality”, i.e. a space that is not opposed to reality but marked by its own specificities. A corpus of “online racism” has been identified to be submitted to a qualitative-textual analysis through T-Lab software and, in parallel, a qualitative-motivational type of analysis. The results obtained were then interpreted in the light of a dual bibliography: on the one hand that of intercultural pedagogy and classic studies on racism, on the other that on the characteristics of the digital environment, the pragmatics of online communication and of Media Education. Some conversations were also carried out during the research – with different outcomes – via Ask.fm with adolescents contacted as, in various ways, they had taken part in racist performances; as well as a case study of virtual ethnography, this is proposed as an experiment on education on reflectivity. It will be noticed how an implicit recovery of the biological question, with non-scientific bases, emptied of meaning, but paradoxically accepted and internalised, derives from the banalisation of racist theories and the lack of a sense of responsibility of “being on the Web”. On the other hand, several examples of activating “digital citizens” are encountered; from this “antiracist capital” as well, the role of education for citizenship – intercultural, digital and moral – in forming subjects and moral agents in the mediapolis, asserting the value of responsibility towards others, will also be emphasised.
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PASTA, STEFANO. « PREGIUDIZIO 2.0. FORME DI INTOLLERANZA NELLA CULTURA GIOVANILE CONTEMPORANEA. MODELLI TEORICI E PRATICHE EDUCATIVE ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10968.

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Résumé :
La ricerca affronta il tema delle manifestazioni di “pensiero prevenuto” nell’ambiente digitale, spesso collegate a performance razziste “banalizzate” e socialmente condivise. Per individuare risposte educative specifiche e buone prassi di intervento, è necessario analizzare le diverse forme assunte dal pregiudizio in Rete alla luce degli aspetti affettivo-emotivi e non solo razionali. L’ambiente di ricerca è il Web 2.0, inteso come “realtà aumentata”, ovvero uno spazio non contrapposto al reale ma segnato dalle proprie specificità. Si è individuato un corpus di “razzismi online” da sottoporre a un’analisi di tipo qualitativo-testuale attraverso il software T-Lab e, in parallelo, a un’analisi di tipo qualitativo-motivazionale. I risultati ottenuti sono stati quindi interpretati alla luce di una duplice bibliografia: da un lato quella della pedagogia interculturale e degli studi classici sui razzismi, dall’altro quella sulle caratteristiche del digitale, della pragmatica della comunicazione online e della Media Education. Durante la ricerca si sono inoltre svolte – con esiti differenti – alcune conversazioni via Ask.fm con adolescenti contattati poiché, in vario modo, avevano preso parte a performance razziste; oltre che come caso studio di etnografia virtuale, viene proposto come esperimento di educazione alla riflessività. Si noterà come dalla banalizzazione delle tesi razziste e dalla deresponsabilizzazione dello “stare in Rete” deriva un recupero implicito dell’istanza biologica, su basi non scientifiche, svuotate di senso, ma paradossalmente accettate e interiorizzate. D’altro canto, si incontrano svariati esempi di attivazione di “cittadini digitali”; anche a partire da questo “capitale antirazzista”, si sottolineerà il ruolo dell’educazione alla cittadinanza – interculturale, digitale e morale – nel formare soggetti e agenti morali nella mediapolis, affermando il valore della responsabilità verso gli altri.
The study deals with the topic of manifestations of “prejudiced thought” in the digital environment, which are often linked with “banalised” racist and socially shared performances. In order to identify specific educational responses and good practices of intervention, the various forms taken by prejudice on the Web in the light of affective-emotive, and not only rational, aspects have to be analysed. The research environment is Web 2.0, understood as “augmented reality”, i.e. a space that is not opposed to reality but marked by its own specificities. A corpus of “online racism” has been identified to be submitted to a qualitative-textual analysis through T-Lab software and, in parallel, a qualitative-motivational type of analysis. The results obtained were then interpreted in the light of a dual bibliography: on the one hand that of intercultural pedagogy and classic studies on racism, on the other that on the characteristics of the digital environment, the pragmatics of online communication and of Media Education. Some conversations were also carried out during the research – with different outcomes – via Ask.fm with adolescents contacted as, in various ways, they had taken part in racist performances; as well as a case study of virtual ethnography, this is proposed as an experiment on education on reflectivity. It will be noticed how an implicit recovery of the biological question, with non-scientific bases, emptied of meaning, but paradoxically accepted and internalised, derives from the banalisation of racist theories and the lack of a sense of responsibility of “being on the Web”. On the other hand, several examples of activating “digital citizens” are encountered; from this “antiracist capital” as well, the role of education for citizenship – intercultural, digital and moral – in forming subjects and moral agents in the mediapolis, asserting the value of responsibility towards others, will also be emphasised.
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Fucciso, Erika <1988&gt. « Bangladesi e Italiani. Acquisizione della cittadinanza e traiettorie sociali degli immigrati dal Bangladesh a Padova ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/9365.

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Résumé :
L'elaborato propone un excursus storico sulla formazione del Paese, dalle prime conquiste coloniali fino ad arrivare all'indipendenza. Si procede puoi con uno studio sulla migrazione fino ad arrivare alla burocrazia sulla cittadinanza italiana. La parte centrale si concentra sulla raccolta dati effettuata presso la prefettura di Padova con una parte finale dove sono raccolte testimonianze di vita dei migranti.
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CHERUBINI, DANIELA. « "Diventare cittadine". Cittadinanza e pratiche partecipative delle donne migranti in Andalusia ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/13201.

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Résumé :
The thesis analyses the meanings and lived experiences of citizenship of migrant women living in a South European context (the Spanish region of Andalusia). The analysis focuses on how these migrants “become citizens” in the immigration context, as they affirm themselves as full and competent members of the social and political community where they live. The study deepens into the process of construction of citizenship “from below”, through the situated and everyday practices of these “new subjects” of citizenship. More in detail, the analysis focuses on the participation of these women in self-organized groups and voluntary associations which are composed and directed mostly by migrant women. The study shows how these women - through their associative practice - contribute to transform the meanings and structure of contemporary citizenship. Therefore, the work underlines migrant women’s social and political agency and questions the representation of migrant women as passive subjects. The theoretical framework encompasses two main directions of the contemporary debate on citizenship: 1) the debate on international migration and citizenship transformations; 2) the feminist critique and gendered analysis of modern and contemporary models of citizenship. The empirical analysis is based on an ethnographic research carried on in 2008, based on two main qualitative methods: participant observation and semi-structured interview. 27 migrant women’s associations (distributed in 6 provinces of Andalusia) have been involved, and 40 migrant women activists (from Third Countries and from EU-27 new Countries – e.g. Romany) have been interviewed.
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Breda, Maria Grazia. « La comunicazione museale verso la cittadinanza attiva. Ricerca nei musei della provincia di Siracusa ». Doctoral thesis, Università di Catania, 2014. http://hdl.handle.net/10761/1589.

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Résumé :
L evoluzione storica del concetto e delle funzioni del patrimonio culturale e dei musei che lo custodiscono ha come esito il riconoscimento della loro funzione educativa. Il solo fatto di esistere, però, non rappresenta il fattore sufficiente e necessario per svolgere tale ruolo. L importanza e il successo di un museo, infatti, non dipendono soltanto dalle collezioni, ma anche e soprattutto dal modo in cui riesce a creare una relazione stabile e duratura con il territorio circostante e con i pubblici. A tal fine, risulta fondamentale la creazione di una struttura comunicativa di qualità, fondata sulla messa in atto di quegli strumenti e di quelle strategie che, a livello internazionale e nazionale, sono ritenuti indispensabili a un museo di qualità. Non è possibile, quindi, realizzare alcun processo educativo senza prima attuare un eccellente strategia comunicativa.
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Trucco, Daniela. « Giovani musulmani figli di immigrati e cittadinanza. Un'analisi delle rappresentazioni sociali in Italia alla luce del caso francese ». Thesis, Nice, 2015. http://www.theses.fr/2015NICE0019/document.

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Résumé :
Après avoir été un pays d'émigration pendant plus d'un siècle, l'Italie a connu trente ans d'immigrations internationales. Dans ce contexte, la question se pose aujourd'hui de la citoyenneté des jeunes enfants d'immigrés, dans le sens formel d'accès à la nationalité – aujourd'hui fondé sur le droit du sang, et sur un mode d'acquisition iure soli subordonnée à la résidence, à une déclaration de volonté de l'intéressé, et différée à sa majorité – et dans le sens substantiel d'inclusion dans la communauté politique. La thèse a l'objectif d'ouvrir à l'enquête empirique ce concept – central dans la science politique mais également «essentiellement contesté» - dans ses relations aux sphères du national, du religieux et du politique, et de repenser ainsi la question de la citoyenneté nationale. Elle se constitue de deux parties : l'analyse des représentations sociales de la citoyenneté au sein d'un groupe de «jeunes musulmans enfants d'immigrés» dans la ville de Gênes – aboutissant sur la construction de trois «modèles de citoyenneté» ; et une enquête de terrain au sein d'associations dites «de jeunes musulmans» ou « enfants d'immigrés », et au sein de l'Ufficio Cittadinanza del Comune di Genova. L'ethnographie permet de compléter l'analyse en prenant en considération les pratiques et les processus par lesquels différentes significations de la citoyenneté sont négociées par une pluralité d'acteurs au sein de relations de pouvoir. Une approche comparative construisant le cas français comme « cas miroir » permet de mettre en discussion la conception hyper-typée opposant « nation ethnique » et « nation éthique », et de proposer quelques pistes de montée en généralité théorique
After more than a hundred years of massive emigration and about thirty of immigration, Italy now faces the issue of second generation immigrants' citizenship, both in the sense of the acces to legal status of citizen – now based on ius sanguinis, with the possibility of acquiring the citizenship iure soli at the age of eighteen under the condition of permanent residence and following an expression of intent – and in the substancial sense of inclusion within the political community.This dissertation has the aim to open the concept of citizenship – as central in the political science as it is «essentially contested» - to empirical research, in its connections with national, religious and political spheres, leading to a rethinking of the national citizenship question. It is broadly devided into two parts : in the first, social representations of citizenship among a groupe of «young muslim immigrants children» are analysed, leading to three «models of citizenship»; in the second, a fieldwork within «young muslim immigrants children» associations and within the Citizenship Office of Genoa Municipality is realised. Ethnography permits to complete the analyses by taking into accout practices and processes through wich different meanings of citizenship are negociated, among power relations. A comparative approach adopting the French case as a «mirror» to the Italian one, allows to discuss a stereotyped opposition between «ethnical» and «ethical» nations, and propose a few paths to theoretical generalization
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ARDUINO, ALESSANDRO. « Responsabilità sociali delle aziende e sviluppo organizzativo nella Repubblica Popolare Cinese. Retention delle risorse umane tramite la cittadinanza d'impresa ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012. http://hdl.handle.net/10281/28159.

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Résumé :
Corporate Social Responsibilities and Organizations Development in the People's Republic of China. Human Resources Retention by Corporate Citizanship. The role of CSR in the organizations' development and HRM is affecting not only transnational corporations that have invested in the People's Republic of China but also Chinese private and state owned enterprises. This research present an innovative investigation regarding the disruptive force generated by the Job Hopping between Chinese companies. The research analyze the causes of the HRM problems related to the loss of key human resource due to a "fast jump between jobs", taking in to account the CSR perspective.
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Oliveri, Federico. « Dal proletariato integrato alla cittadinanza insorgente : Habermas e la teoria critica della società alla ricerca di soggettività antagoniste ». Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2010. http://hdl.handle.net/11384/86117.

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RINIOLO, VERONICA. « I PROCESSI DI INTEGRAZIONE DEI MIGRANTI E GLI INDICATORI DELLE PRATICHE DI CITTADINANZA. IL CASO SVEDESE ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6099.

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Résumé :
La presente ricerca di dottorato si pone tre principali obiettivi: 1) studiare i processi di integrazione dei migranti, intesi nella loro bidirezionalità, multidimensionalità e processualità, con un focus specifico sulle pratiche di cittadinanza; 2) elaborare un set di indicatori al fine di misurare le pratiche di cittadinanza dei migranti nelle società riceventi; 3) identificare, tramite un modello di regressione logistica, la probabilità di essere un cittadino attivo considerando una serie di variabili indipendenti, quali classe di età, genere, background migratorio ecc. La ricerca è stata condotta mediante l’utilizzo combinato di metodi qualitativi e metodi quantitativi. Nello specifico in Svezia, paese scelto come caso studio, sono state realizzate 23 interviste semi-strutturate ad attori chiave della società, tra i quali rappresentanti istituzionali nazionali (Ministero del Lavoro), regionali e locali, sindacati, ONG, equality body, associazioni di migranti e migranti stessi. Successivamente, anche sulla base delle risultanze di questa fase, è stato elaborato un set di indicatori volto a misurare la partecipazione dei cittadini e, utilizzando tali indicatori, si è proceduto all’analisi secondaria dei dati della European Social Survey Round 6.
Citizenship practices are a central issue in migration studies, but not yet adequately reflected in the social sciences. In line with this, the three main objectives of this work may be summarised as follows. The first objective is to offer an analytical definition of citizenship practices capable of encompassing, both analytically and empirically, different forms of participation and at different levels (local, national, international, and transnational). The second is to elaborate a comprehensive set of indicators able to measure the level of migrant participation. Finally, an additional objective is to identify migrant-specific patterns of participation in Europe, with a particular focus on Sweden. The findings of my work are the result of the combined use of both qualitative and quantitative research methods. I conducted 23 semi-structured interviews with key actors of Swedish society (institutional actors, representatives of NGOs and of equality bodies, representatives of migrant associations). In the light of the results of the desk research and interviews, I have constructed a set of 25 indicators aiming at measuring the level of migrant participation, in the political, socio-economic and cultural-religious fields. Thus, using these indicators, I analyse data of the European Social Survey Round 6.
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RINIOLO, VERONICA. « I PROCESSI DI INTEGRAZIONE DEI MIGRANTI E GLI INDICATORI DELLE PRATICHE DI CITTADINANZA. IL CASO SVEDESE ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6099.

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Résumé :
La presente ricerca di dottorato si pone tre principali obiettivi: 1) studiare i processi di integrazione dei migranti, intesi nella loro bidirezionalità, multidimensionalità e processualità, con un focus specifico sulle pratiche di cittadinanza; 2) elaborare un set di indicatori al fine di misurare le pratiche di cittadinanza dei migranti nelle società riceventi; 3) identificare, tramite un modello di regressione logistica, la probabilità di essere un cittadino attivo considerando una serie di variabili indipendenti, quali classe di età, genere, background migratorio ecc. La ricerca è stata condotta mediante l’utilizzo combinato di metodi qualitativi e metodi quantitativi. Nello specifico in Svezia, paese scelto come caso studio, sono state realizzate 23 interviste semi-strutturate ad attori chiave della società, tra i quali rappresentanti istituzionali nazionali (Ministero del Lavoro), regionali e locali, sindacati, ONG, equality body, associazioni di migranti e migranti stessi. Successivamente, anche sulla base delle risultanze di questa fase, è stato elaborato un set di indicatori volto a misurare la partecipazione dei cittadini e, utilizzando tali indicatori, si è proceduto all’analisi secondaria dei dati della European Social Survey Round 6.
Citizenship practices are a central issue in migration studies, but not yet adequately reflected in the social sciences. In line with this, the three main objectives of this work may be summarised as follows. The first objective is to offer an analytical definition of citizenship practices capable of encompassing, both analytically and empirically, different forms of participation and at different levels (local, national, international, and transnational). The second is to elaborate a comprehensive set of indicators able to measure the level of migrant participation. Finally, an additional objective is to identify migrant-specific patterns of participation in Europe, with a particular focus on Sweden. The findings of my work are the result of the combined use of both qualitative and quantitative research methods. I conducted 23 semi-structured interviews with key actors of Swedish society (institutional actors, representatives of NGOs and of equality bodies, representatives of migrant associations). In the light of the results of the desk research and interviews, I have constructed a set of 25 indicators aiming at measuring the level of migrant participation, in the political, socio-economic and cultural-religious fields. Thus, using these indicators, I analyse data of the European Social Survey Round 6.
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BIONDI, Francesca. « I diritti sociali dello straniero tra frammentazione e non discriminazione ». Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2010. http://hdl.handle.net/11392/2389358.

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Résumé :
This study report has as its subject matter the social rights of immigrants and it is aimed, in particular, at investigating the extent to which the legislator is allowed to govern in a different manner the status of foreign national and the status of citizen, in view of the limited financial resources available. Whilst, in fact, the recognition of rights of first generation is required under several international treaties, pursuant to which the juridical status of third-country national has to be governed in accordance with Article. 10, paragraph 2, of the Italian Constitution, the national legislator seems to have a wider discretion with respect to the social rights, provided however that the relevant decisions comply with the principles of reasonability and protection of the human dignity, as it has been stated also by the European Courts (European Court of Human Rights and Court of Justice of the European Union) and the Italian Constitutional Court (“Corte Costituzionale Italiana”), in light of the discrimination prohibition. Moreover, the analysis of the conditions subject to which third-country nationals are entitled to have access to the national welfare system symbolically highlights the fragmented nature of its legal status in relation to the residence title held as well as the place of residence. Therefore, this study report aims at pointing out those social rights which must be recognized in favor of foreign nationals regardless of their nationality and the same status as foreign citizens legally resident, those social rights which must be recognized both in favor of national citizens and foreigners lawfully residing based on an equality principle, and finally those social rights which allow to be recognized with a differentiation between nationals and thirdcountry citizens, all the foregoing taking into due account that there are social rights which are connected with specific conditions (such as, holder of a permit for EC long-term residents, workers, minors, refugees, nationals of countries with which the European Union has executed co-operation agreements) and social rights depending on the place of residence.
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APOSTOLI, CAPPELLO ELENA. « Ribelli, attivisti, militanti e viaggiatori. Politiche e miti nella relazione fra culture antagoniste italiane e movimento zapatista in Chiapas ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2009. http://hdl.handle.net/10281/7480.

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Résumé :
Résumé des chapitres Dans le premier chapitre, j’ai traité les mouvements altermondialistes émergés à Seattle en 1999. J’en ai décrit le parcours historique, international et italien, en situant les cultures « antagonistes » italiennes dans le contexte plus large des mobilisations mondiales critiques envers la mondialisation. Je les ai mises en relief en les confrontant avec les antécédents italiens des années soixante-dix. Les principaux aspects sociologiques qui caractérisent ces mobilisations sont la structure de socialisation et la mobilisation par le biais des réseaux, basée sur des interrelations faibles mais élastiques, les modalités d’autogestion mêlées aux instances anti-hiérarchiques du mouvement féministe historique, et les affiliations locales comme base des luttes, avec le dépassement des affiliations par classe. J’ai décrit les modalités de gestion de la conflictualité sociale, pratiquée et symbolique, qui caractérise ces mouvements, en analysant surtout le cas italien des manifestations de rue, qui ont eu lieux à Gênes en 2001. La notion de démocratie par le bas, développée au sein du Forum Social, structure une nouvelle idée de citoyenneté et de participation sociale sur la base des autonomies locales que les activistes revendiquent de manière stratégique comme leur horizon principal. Dans l’articulation entre local et global, toujours présente dans le discours des activistes, j’ai montré comment le « global » constituait une dimension surtout narrative, émergente par rapport au tissu des interconnexions hétérogènes entre les différentes dimensions locales. Cette dimension narrative se concrétise surtout dans un complexe de productions éditoriales qui véhiculent des imaginaires cosmopolites. A l’intérieur de ces imaginaires partagés, les autochtonies sont un élément discursif de résistance aux logiques impersonnelles et immatérielles tels que « la globalisation », le « néolibéralisme » ou « l’Empire ». Dans le second chapitre, j’ai exploré le monde proprement « antagoniste » des Centre Sociaux Occupés, les fameux CSO italiens, en décrivant l’histoire des occupations et de l’antagonisme du conflit ouvert contre l’Etat et les partis politiques historiques (en particulier le Parti Communiste Italien), pour se différencier de ces mouvements des années soixante-dix qui s’étaient alors définis comme « marxistes hérétiques ». La généalogie des idéologies des occupants des CSO trouve ses racines dans le mouvement ouvrier et étudiant des années soixante-dix, dans les autogestions et dans les pratiques d’autonomie de classe. J’ai montré comment cette période historique, sur laquelle les interprétations de la société italienne connaissent, aujourd’hui encore, de profondes divisions, a généré des fractures sociales et émotives à l’intérieur des mouvements de cette époque, qu’une partie des gauches radicales ont recousues uniquement dans les années quatre-vingt-dix, lorsque de nombreux anciens militants se sont rencontrés sur la route du Chiapas insurgé. J’ai décrit, en particulier, le cas de l’association Ya Basta, formée au sein des CSO au milieu des années quatre-vingt-dix pour soutenir les Zapatistes. Je me suis surtout arrêtée sur la composante vénitienne des CSO et de Ya Basta, liée de manière particulière aux expressions plus théoriques du mouvement ouvrier des années soixante-dix. Ceci m’a permis de confronter, à travers une ethnographie rapproché de pratiques et de discours, la figure du militant organique de cette époque avec l’activiste d’aujourd’hui, dont la socialisation personnelle est moins totalisée dans la sphère de la participation politique et qui, à la différence du « vieux » militant, se mobilise en faveur de causes plus circonscrites et est doté d’une perspective historique plus faible et plus malléable pour situer le sens de ses actions. Dans le troisième chapitre, j’ai examiné la question de l’insurrection du mouvement zapatiste mexicain. J’ai montré comment la construction intellectuelle internationale du zapatisme constituait un cas d’« orientalisme ». J’ai décrit les secteurs de la société chiapanèque que le zapatisme a mobilisés, en montrant qu’il ne s’agissait pas de la partie la plus traditionaliste de cette société, mais plutôt de couches de la population détachées des communautés traditionnelles afin de rechercher des nouvelles voies d’accès aux ressources. Elles ont sélectionné, dans le rapport dialogique qu’elles entretiennent avec les activistes internationaux solidaires, certains aspects « ethniques » de leur culture, en renforçant d’un côté les projections essentialisantes des européens solidaires, mais en activant en même temps une stratégie efficace de résistance culturelle dans laquelle l’essentialisme a un statut pleinement stratégique. J’ai montré, donc, la manière dont se démêlent les politiques culturelles des Zapatistes qui, en essayant de parler au nom de toute la population paysanne et subalterne chiapanèque, ont développé des discours et des pratiques où les catégories de la marginalisation de l’« indigène » aspirent à devenir les catégories d’un rachat. La construction de l’« indigène », au Mexique, est un fondement politique du colonialisme interne propre au nationalisme mexicain, profondément raciste, qui fonde son statut de « culture » sur l’opposition narrative avec un état de « nature » ou la population autochtone est, de fait, reléguée, bien qu’elle soit encensée, dans les structures du discours muséologique d’Etat comme le fondement mythologique de la nation. La question du nationalisme mexicain touche de près les chiapanèques eux-mêmes, qui adhèrent au mouvement zapatiste. Ceux-ci, quoique pratiquant l’autonomie administrative vis-à-vis de l’Etat, se réapproprient cependant une partie de son apparat symbolique, en commençant par les drapeaux, en utilisant leurs revendications indigénistes comme moyen de revendiquer la citoyenneté mexicaine. Dans ce contexte de conflit latent se délient les profondes transformations du territoire et de la société chiapanèque dans sa complexité, impliquée dans un champ de forces qui génèrent des effets paradoxaux, portés par le tourisme et par le modèle de développement qu’il véhicule d’un côté, et par la guérilla et la solidarité politique internationale de l’autre. Dans le quatrième chapitre, j’ai suivi le zapatisme comme une trame, afin de mener mon ethnographie sur le terrain des CSO de Rome. A travers le récit de leur rapport avec le zapatisme, et de leurs différentes expériences, individuelles, et collectives, vécues en relation avec lui, les personnes qui peuplent le monde « antagoniste » de la ville ont montré les profondes transformations qu’ont subi les modes d’engagement politique au fil des années. Il en est ressorti une approche essentiellement réformiste, dans laquelle les antagonistes se mesurent au contexte local en collaborant activement avec les institutions municipales et en suivant parfois un parcours d’entrée en leur sein. Les antagonistes dialoguent, donc, avec l’Etat, à travers ses ramifications territoriales, avec lesquelles ils collaborent. Ils reconnaissent le potentiel démocratique des communautés de quartiers et, au maximum, citadines, en tant qu’institutions légitimes et utiles dans lesquelles il est possible « se constituer en société ». Parallèlement à ces pratiques, les antagonistes ont mûri, au cours des années, une idéologie dont le rapport avec l’Etat n’est plus révolutionnaire et subversif, mais est plutôt inséré dans un parcours progressif et ouvert de changement de regard sur la sphère politique dans son ensemble. Cette maturation est exprimée, par les activistes romains, avec un langage emprunté aux Zapatistes, auxquels ils attribuent également des changements dans les pratiques internes au CSO de gestion du pouvoir et du leadership. Ces mutations ont commencé avec la crise des mouvements italiens à la fin des années soixante-dix et avec son hybridation avec le mouvement féministe. La donnée essentielle qui émerge est le détachement des activistes par rapport à des idéologies structurées et à des formes organiques et classifiables d’appartenance politique. Les continuelles revendications d’indéfinition interrogent quant à la capacité de conceptualisation des instruments de l’anthropologie, me conduisant à envisager que l’apparat théorique le plus adapté pour comprendre les sujets émergents de la crise de la représentation des narrations politiques traditionnelles est celui proposé par la queer theory, qui fait de la résistance aux définitions organiques un rempart pour la déconstruction des systèmes de pouvoir et de vérité hégémoniques. Dans le cinquième chapitre, j’ai émis l’hypothèse de l’utilité d’une perspective mettant en relation non seulement les mondes « antagonistes » italiens entre eux, mais pouvant aussi mettre en évidence les contacts de ceux-ci avec la réalité d’un autre pays. J’ai donc présenté une ethnographie des processus mimétiques du zapatisme à Barcelone, en me concentrant sur un groupe, le plus important, qui coordonne la solidarité catalane avec le Chiapas. Des différences avec le contexte « antagoniste » italien sont apparues, dues surtout à la différente base historique des deux pays. Le mouvement « antagoniste » catalan se présente comme davantage inclusif et avec une base théorico-réflexive plus faible par rapport à son homologue italien, qui est au contraire plus différencié et au sein duquel coexistent des groupes qui présentent des éléments de compétitivité entre eux. Deux notables homologies entre les deux contextes ont aussi fait surface. La principale est la propension des activistes à choisir une perspective communautaires, qui est incarnée pour tous de manière exemplaire par les communautés zapatistes chiapanèques. Comme il était déjà apparu au cours de la recherche parmi les mouvements italiens, les Catalans aussi expriment une idée de citoyenneté qu’ils entendent comme pleinement démocratique, à la différence de celle proposée par les modèles politiques hégémoniques de participation aux institutions de l’Etat. Les « antagonistes » italiens et catalans ont en commun l’idée d’appartenir à une société civile qui est supérieure à la société politique, dont elle serait structurellement séparée. Cette société civile, pour eux, est une entité idéalement parallèle à l’Etat, opposée à celui-ci sur le plan rhétorique, mais non basée sur des pratiques d’affrontement ouvert, mis à part les éléments de « sortie » des lois, comme les occupations de maisons, en Italie comme à Barcelone. D’autre part, une des idées zapatistes qui connaît le plus de succès parmi la communauté solidaire internationale est celle de s’autogérer en se séparant de l’Etat central, sans néanmoins vouloir le combattre ouvertement. L’aspiration qui rassemble les Zapatistes et les philo-zapatistes des mouvements européens est donc celle de fonder une société civile parallèle à l’Etat. Les activistes barcelonais et italiens ont en commun la volonté de donner vie à des communautés, volonté qui consiste surtout en une tentative constante d’identifier des éléments, des thématiques, des intérêts, des dangers et des ennemis en mesure de fusionner ceux qu’ils perçoivent comme des individus faiblement interconnectés, des monades qui, à leurs yeux, sont aliénés par la société de consommation et, en dernière analyse, par les conséquences de l’ordre capitaliste. En harmonie avec l’ensemble des discours transversaux que l’on peut globalement indiquer comme constituant la pensée critique exprimée par les mouvements altermondialistes, les activistes retiennent que c’est la « société civile » qui se trouve être le « nouveau sujet politique », apparu avec les mouvements qui ont vu le jour à partir de Seattle. Dans le sixième chapitre, j’ai suivi les activistes italiens qui se rendent au Chiapas, de différentes façons, et avec différentes aspirations. J’ai montré comment ces voyages, individuels ou collectifs, constituaient une initiation politique et étaient en mesure de marquer profondément le parcours existentiel des personnes qui y participent. Suivre les activistes au Chiapas a permis de comprendre les différentes modalités de se rapporter à l’« autre » et à l’« ailleurs » chiapanèque. Il s’agit d’un ailleurs souvent idéalisé et objet d’exotisme de la part des activistes. Les différentes procédures de solidarité et d’apprentissage de styles de vie « communautaires, écologiques et démocratiques » auprès des Zapatistes présentent des traits d’ethnocentrisme inconscient de la part des activistes. Dans certains cas, est apparue la manière dont l’ordre « universaliste » du système de valeur européen se révèle, quoi qu’il en soit, être dominant par rapport à celui, local, des communautés zapatistes, et cela même dans des rapports qui se voudraient être de coopération paritaire. J’ai examiné les idéologies sous-tendues aux rhétoriques de coopération, et comment l’emploi de ces rhétoriques s’avère fondamental, en Italie, pour enraciner, sur son territoire spécifique, le discours politique « antagoniste », qui tend à construire des communautés locales à partir de narrations universalistes qui se réfèrent à un zapatisme idéal. Dans le rapport dialogique entre activistes italiens et chiapanèque, la manière dont les Zapatistes « mettent en scène » le zapatisme a émergé, ainsi que la manière dont cette image est, par la suite, véhiculée par les activistes une fois rentrés en Italie, selon des schémas qui construisent, entres autres choses, une différence impossible à combler entre « nous » et les « autres », même dans un partage idéal de la perspective politique et éthique de l’action des mouvements. Cette supposée distance ontologique est aussi fixée par un texte d’une certaine manière officiel, qui « explique » le Chiapas aux activistes. Les constructions opérées dans ce texte par les deux auteurs ont été examinées, tout comme les modalités de gestion du texte lui-même. Dans le septième chapitre, j’ai montré comment le zapatisme, au moins dans son utilisation internationale, était un discours unificateur et souple, qui permet aux activistes d’exprimer une mutation, existentielle et politique. Face à la perte de puissance des grandes narrations politiques, incarnées par les partis et les syndicats, ceux qui, aujourd’hui, se sentent impliqués en première ligne dans la promotion d’un changement social en direction d’un éco-socialisme ont recours au zapatisme pour affirmer la légitimité d’un expérimentalisme idéologique qui cherche des solutions et des adaptations progressives en réponses aux évolutions permanentes du monde contemporain. A Rome, au sein du « mouvement pour le droit au logement » (« movimento per il diritto alla casa »), qui dialogue avec les institutions municipales, comme à Bologne, où des écrivains militants tentent de véhiculer, à travers le monde de l’édition, l’idée d’un mouvement altermondialiste hétéroclite, les personnes utilisent un discours zapatiste pour évoquer des valeurs liées à la justice sociale comme un bien propre des communautés citoyennes, sujet principale du discours du mouvement. Il apparaît ainsi que le pouvoir évocateur du zapatisme, avec différentes déclinaisons, donne vie au discours « antagoniste » italien, de manière différente selon les lieux où il est produit. La modalité de construction de l’objet ethnographique a donc été celle « de suivre l’histoire » (Marcus, 2009). J’ai donc considéré le zapatisme comme une trame structurée et diffuse sur la résistance mondiale des indigènes du monde contre l’ordre néo-libéral, au nom de la défense de la Terre et de la justice sociale, confrontant cette trame à la réalité de l’analyse ethnographique de différents sites de construction et de diffusion de la narration elle-même. De cette manière, il est apparu que le zapatisme constituait un registre discursif qui permet à différents contextes locaux d’imaginer un « global » et de se mettre en relation avec lui, en fournissant un support narratif à la construction d’un écoumène global altermondialiste.
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CONTINI, VALERIO. « Concezioni della sostenibilità e orientamenti temporali in contesti educativi informali. L’esperienza dei Gruppi di Acquisto Solidale = Conceptos de sostenibilidad y orientaciones temporales en contextos educativos informales. La experiencia de los Grupos de Compra Solidaria ». Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2012. http://hdl.handle.net/10446/27367.

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Résumé :
Le profonde trasformazioni delle nostre società mettono oggi in evidenza fenomeni educativi nuovi. Apprendimenti informali prendono forma spontaneamente all’interno dei percorsi esistenziali del soggetto e nel suo ambiente di vita. Molti studi dimostrano che l’educazione informale, più di quella formale, può influire sugli atteggiamenti e gli stili di vita in modo profondo e duraturo, può educare grandi masse di persone, soprattutto le più difficili da raggiungere, a impegnarsi per costruire una comunità planetaria sostenibile. Questa ricerca analizza il fenomeno dei Gruppi di Acquisto Solidale come esperienze educative informali importanti per la promozione di un futuro sostenibile. Vengono analizzate le concezioni della sostenibilità, l’orientamento temporale al futuro e le dinamiche educative informali caratteristiche di alcuni GAS italiani. La prima parte del lavoro mette a fuoco la complessità della nozione di sostenibilità e alcune dimensioni chiave della educazione sostenibile. Le categorie concettuali individuate sono state utilizzate nel lavoro sul campo per raccogliere, analizzare e interpretare il materiale empirico. Nella seconda parte del lavoro vengono presentati i criteri, la metodologia gli strumenti, le attività (questionari, interviste individuali semi-strutturate, osservazione partecipante, analisi di documenti) utilizzati nella ricerca sul campo. Nella terza parte viene presentata la ricerca sul campo, svolta su un campione di 148 soggetti appartenenti a quattro GAS. Il primo e il secondo capitolo espongono la struttura del campione, le caratteristiche e le modalità di somministrazione, l’elaborazione, l’analisi e la discussione dei risultati dei due questionari utilizzati: l’Inventario della Prospettiva Temporale di Zimbardo e Boyd (ZTPI) e il questionario aperto sulle concezioni della sostenibilità (elaborato specificamente per questa ricerca). Il terzo presenta il cuore della ricerca sul campo. Attraverso l’analisi dei documenti, l’osservazione partecipante e le interviste semi-strutturate realizzate con alcuni testimoni privilegiati, vengono individuati e analizzati le concezioni della sostenibilità, l’orientamento temporale al futuro e le dinamiche educative presenti nei quattro contesti sociali oggetto di studio. Nel capitolo finale vengono discusse alcune criticità emerse dal lavoro sul campo e ipotizzate alcune piste per il proseguimento della ricerca in futuro.
The deep changes in today society point out new educational phenomena. Informal learning takes place spontaneously in people biography and living environment. Many studies show that informal education, more than formal one, can deeply and durably affect attitudes and lifestyles, can educate large masses of people, especially the most difficult to reach, to undertake to build a sustainable planetary community. This study investigates the Gruppi di Acquisto Solidale as informal educational experiences important for promoting a sustainable future. It examines and discuss the concepts of sustainability, the future time orientation and the informal educational dynamics in some Italian GAS. The first part of the work focuses on the complexity and fuzzyness of the concept of sustainability and some key dimensions of sustainable education. The conceptual categories identified have been used in field work to collect, analyze and interpret the empirical material. The second part presents the criteria, methodology, tools, activities (questionnaires, semi-structured individual interviews, participant observation, document analysis) undertaken during the field work. The third part presents the field work conducted on a sample of 148 subjects from four different GAS. The first and the second chapter expose the structure of the sample, the characteristics and mode of administration, the processing, analysis and discussion of the results of two questionnaires used in the field work: the Zimbardo Time Perspective Inventory (ZTPI) and the open questionnaire on the concepts of sustainability (specifically worked out for this research). The third presents the core of the field study. By means of document analysis, participant observation and semi-structured interviews carried out with some key informants the concepts of sustainability, the time orientation to future and the educational dynamics in the four social contexts under study are identified and analyzed. In the final chapter we discuss some critical aspects that came out from the fieldwork, and we assume some clues for further research in the future.
Los cambios profundos en nuestra sociedad de hoy ponen en evidencia nuevos fenómenos educativos. Aprendizajes informales toman forma de manera espontánea dentro de los recorridos existenciales y ambiente de vida. Muchos estudios muestran que la educación informal, más que la formal, puede afectar profundamente y durablemente las actitudes y estilos de vida, puede educar a las masas de personas, especialmente los más difíciles de lograr, a comprometerse a construir una comunidad planetaria sostenible. Este estudio examina el fenómeno de los Grupos de Compra Solidaria en cuanto experiencias educativas informales importantes para promover un futuro sostenible. Se analizan los conceptos de sostenibilidad, la orientación temporal al futuro y las dinámica educativas informales en algunos GAS italianos. La primera parte del trabajo se centra en la complejidad y el carácter fuzzy del concepto de sostenibilidad y algunas de las dimensiones clave de la educación sostenible. Las categorías conceptuales identificadas fueron utilizadas en el trabajo de campo para recoger, analizar e interpretar el material empírico. En la segunda parte del trabajo se presentan los criterios, metodología, herramientas, actividades (cuestionarios, entrevistas semi-estructuradas, observación participante, análisis de documentos) utilizados en el trabajo de campo. En la tercera parte se presenta el trabajo de campo realizado en una muestra de 148 sujetos de cuatro GAS. El primero y el segundo capítulo exponen la estructura de la muestra, las características y el modo de administración, el análisis y discusión de los resultados de los dos cuestionarios utilizados: el Inventario de la Perspectiva Temporal de Zimbardo /ZTPI) y el cuestionario abierto sobre los conceptos de sostenibilidad (desarrollado específicamente para esta investigación). El tercero presenta el corazón del trabajo de campo. A través de análisis documental, observación participante, entrevistas semi-estructuradas realizadas con algunos key informants se identifican y analizan los conceptos de sostenibilidad, la orientación temporal hacia el futuro y las dinámicas educativas en los cuatro contextos sociales en estudio. En el último capítulo se discuten algunos de los aspectos críticos que surgieron a partir del trabajo de campo, y asumimos algunos recorridos para futuras investigaciones.
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Pacinotti, Lorenzo. « L'ingranaggio della cittadinanza sociale. Sviluppo e crisi del Social Service State britannico ». Doctoral thesis, 2022. https://hdl.handle.net/2158/1295150.

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LEONARDI, LAURA. « Libertà e uguaglianza nella sociologia politica di Ralf Dahrendorf ». Doctoral thesis, 1991. http://hdl.handle.net/2158/486457.

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BENVENUTI, Marco. « Cittadinanza e diritti sociali. Un’analisi comparativa tra Italia e Francia ». Doctoral thesis, 2007. http://hdl.handle.net/11573/406924.

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MILANI, STELLA. « Rappresentazioni sociali e percorsi di integrazione. L’immigrazione tra immagini mutevoli della ‘società di accoglienza’ ». Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/2158/597018.

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MONTICELLI, ELENA. « La tutela dei non - occupati in Italia : profili giuspubblicistici ». Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1225551.

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Résumé :
L’oggetto di studio del presente lavoro di dottorato riguarda l’analisi della tutela dei non- occupati in Italia, una categoria che, pur non essendo come tale prevista all’interno di atti normativi, può essere utile impiegare in questa sede, al fine di ricomprendere tutti quei soggetti esclusi dal mercato del lavoro, per cause estranee alla propria volontà. La scelta di utilizzare la definizione di “non-occupati” invece che “disoccupati” per individuare i soggetti a cui riferire la tutela giuridica, necessita pertanto di una precisazione preliminare. Ho ritenuto, infatti, che la sola categoria di “disoccupati”, per come questa sia comunemente intesa nella riflessione giuridica, a partire dalla fondamentale indicazione contenuta nell’art. 38, co. 2, Cost., non sia rappresentativa dell’intera platea dei soggetti alla quale si intende far riferimento. Ciò appare confermato anche dalla definizione di “disoccupato”, assunta dai maggiori istituti di ricerca, la quale è legata ad alcune condizioni, quali l’aver effettuato almeno un’azione attiva di ricerca di lavoro durante le quattro settimane precedenti l’intervista, e l’essere disponibili a lavorare (o ad avviare un’attività autonoma) entro le due dsettimane successive. Tale definizione non può essere applicata anche a quei soggetti che non hanno mai lavorato (i c. d. inoccupati), che non cercano più un impiego perché scoraggiati, in particolare i giovani ( neet - not in education employment or training), coloro che hanno prestato la propria attività lavorativa nel lavoro nero o coloro che, lavorando ad un orario ridotto rispetto a quello normale, ricevono un compenso proporzionalmente inferiore (sottoccupati). Questa necessità di intendere i soggetti di riferimento del presente lavoro in maniera più ampia, ricomprendendo il concetto di “mancanza di occupazione”, non è che il risvolto della trasformazione che sta attraversando, ormai da diversi anni, il mercato del lavoro e che ha prodotto flessibilità e incertezza, come indicato dall'aumento dei tassi di disoccupazione, dell’inattività e del lavoro precario. In tale contesto globale, il fenomeno della mancanza di impiego si sta configurando sempre più come un dato strutturale, all’interno di un mercato caratterizzato dall’intermittenza lavorativa; come dimostrano i dati, infatti, il tasso di disoccupazione a lungo termine continua ad essere molto alto in tutta Europa 0 . Se da un lato è necessario tener conto della correlazione esistente tra povertà e mancanza 0 Come riportato dall’ESDE (Employment and Social Developments in Europe) nel 2016, fanno parte della quota dei disoccupati di lunga durata gli ex lavoratori poveri (c.d. working poor), le persone con un contesto migratorio e i giovani, in particolare se donne. Per tali ragioni, dopo aver approfondito le motivazioni legate alla scelta della definizione di “non-occupati”, risulta determinante chiarire l’importanza del nodo che riguarda la tutela di questi soggetti, tutti variamente accomunati da un bisogno di protezione che attiene ad elementi essenziali della loro vita. Questo studio, nello specifico, mira ad analizzare i cambiamenti che hanno attraversato (e continuano ad attraversare) il sistema della tutela dei soggetti non-occupati nel nostro Paese, come riflesso delle trasformazioni subite dal mercato del lavoro. La rottura del legame tra subordinazione e sicurezza sociale, infatti, ha determinato un indebolimento dell’idea stessa di previdenza sociale, basata sulla storia contributiva dei singoli soggetti, evidenziando la presenza di “buchi” all’interno delle maglie del sistema di protezione sociale italiano, presenti ancora oggi, nonostante le riforme succedutesi negli ultimi anni in materia di ammortizzatori sociali. In questo contesto, nonostante si sia parlato più volte dell’idea di introdurre, anche nel nostro Paese, una misura di reddito minimo garantito, il dibattito che ha seguito tale proposta è stato spesso poco chiaro, se non per alcuni profili contraddittorio. Questo perché esistono storicamente forti divergenze di impianto teorico ed ideologico tra i promotori del reddito minimo garantito o reddito di cittadinanza (si avrà modo di spiegare successivamente le differenze) ed i suoi oppositori. In particolare, i primi sono sostenitori di un approccio basato sulla radicalità dei mutamenti in atto nell’organizzazione della produzione e nei processi di sviluppo nell’era post-fordista, implicanti l’indebolimento della funzione del lavoro come motore di crescita e strumento di organizzazione sociale, e ritenendo quindi indispensabile l’introduzione di una misura incondizionata di sostegno al reddito, slegata da qualsiasi obbligo, riguardante l’accettazione di un’offerta di lavoro; i secondi, invece, affermano che il diritto al lavoro potrebbe essere minato dall’introduzione di strumenti di sostegno al reddito slegati dall’attività lavorativa, sono favorevoli unicamente a delle misure minimali di allargamento delle prestazioni sociali, riservate ai nuclei familiari che versano in condizioni di povertà estrema. A mio avviso, però, un approccio conventio ad excludendum tra reddito e lavoro, rischia di non far emergere le questioni di carattere giuridico né le possibili convergenze esistenti tra posizioni distinte. Alla luce di queste premesse iniziali, che sono alla base della scelta del tema, il lavoro di ricerca ha utilizzato un approccio giuspubblicistico per rispondere ad alcune domande. In primo luogo, è possibile sostenere una lettura evolutiva dell’art. 38 Cost. nell’ottica di una nozione unitaria di sicurezza sociale? Se sì, quali sono le misure di welfare più indicate per il raggiungimento di tale obiettivo? E, infine, è possibile introdurre una misura europea di questo tipo? Per rispondere a tali quesiti, in ogni capitolo sono stati approfonditi diversi aspetti, al fine di analizzare i principali problemi giuridici ad essi collegati e restituire una visione complessiva organica del fenomeno analizzato.
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SAVELLI, Aurora. « Vero popolo, onorata cittadinanza : comunità di contrada e appartenenza territoriale a Siena (secc. XVI-XXI) ». Doctoral thesis, 2006. http://hdl.handle.net/1814/6332.

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Résumé :
Defence date: 2 June 2006
Examining Board: Prof. Gérard Delille, European University Institute, supervisor ; Prof. Anthony Molho, European University Institute ; Prof. James S. Amelang, Universidad Autónoma, Madrid ; Prof. Pietro Clemente
First made available online on 2 July 2018
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