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Péri, Benedek. « Catalogue of Persian Manuscripts : Codices Persici, Codicis Eyseriani, Codex Persicus Add. » Iranian Studies 52, no 3-4 (1 juillet 2019) : 621–24. http://dx.doi.org/10.1080/00210862.2019.1624419.

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Concina, Chiara. « Primi sondaggi sul testimone J del volgarizzamento catalano della Consolatio Philosophiae ». SCRIPTA. Revista Internacional de Literatura i Cultura Medieval i Moderna 5, no 5 (12 juin 2015) : 182. http://dx.doi.org/10.7203/scripta.5.6390.

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Abstract: La vicenda testuale del volgarizzamento catalano del De consolatione philosophiae di Boezio si caratterizza per la problematicità dei suoi aspetti redazionali e per la complessità della sua tradizione manoscritta. Il perduto testo originale di questa traduzione, realizzata dal frate domenicano Pere Saplana in un periodo compreso tra il 1358 e il 1362, si è infatti conservato in due redazioni differenti. La prima (?), anonima, è tramandata da un testimone completo in castigliano e da un frammento catalano. La seconda (?), tràdita da un numero elevato di testimoni, è invece il risultato di un lavoro di revisione operato sul testo di Saplana dal domenicano Antoni Ginebreda (1390 c.). In tempi recenti uno dei due codici del Boeci conservati presso l’Arxiu Comarcal de la Segarra di Cervera (sigla J) è stato indicato come possibile latore di una redazione prossima ad ?, considerata in molti punti quella più conservativa rispetto all’originale di Saplana. Il contributo offre un’indagine preliminare riguardante la struttura e i contenuti del testo tràdito dal codice J ponendolo in relazione con quanto tramandato da ? e ?. Parole-chiave: Boezio; volgarizzamenti medievali; volgarizzamenti catalani; Pere Saplana; Antoni Ginebreda Abstract: The history of Boethius’s De consolatione philosophiae Catalan translation is particularly complex for what concerns its manuscript tradition as well as for the textual differences that can be found in the exstant versions of it. The lost original version of this vernacular translation, written around the years 1358-1362 by the Dominican friar Pere Saplana, is preserved in two different versions. The first one (?) is anonymous, and has survived in its complete form in a Castilian translation and in a Catalan fragment. The second (?) is transmitted by a large number of witnesses and is the result of a revision of Saplana’s text made around 1390 by the Dominican Antoni Ginebreda. One of the two manuscripts containing this translation preserved in the Arxiu Comarcal de la Segarra of Cervera (designed as J) was recently mentioned as the possible bearer of a version very similar to ?, considered the closest to Saplana’s original text. The paper offers a first analysis of the structure and the readings of the text of J, comparing them to the versions transmitted by ? and ?. Keywords: Boethius; Medieval Translations; Catalan Translations; Pere Saplana; Antoni Ginebreda
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Venetz, Gabriela. « Il catalano nella Corte Aragonese a Napoli riflesso in documenti bilingui della cancelleria di Ferrante. Uno studio storico-sociale ». SCRIPTA. Revista Internacional de Literatura i Cultura Medieval i Moderna 1, no 1 (17 juin 2013) : 37. http://dx.doi.org/10.7203/scripta.1.2577.

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Riassunto: Nel presente lavoro viene analizzato il fenomeno del code switching in una prospettiva storico-sociale. In particolare, focalizzeremo la nostra attenzione su cinque lettere bilingui del Codice Aragonese (1458-1460), un registro cancelleresco della corte aragonese a Napoli, in cui si passa dal catalano o dal castigliano al napoletano e viceversa. Analizzando il contesto storico e sociale nel quale le lettere sono state scritte, proveremo a trarre delle conclusioni sulle motivazioni per cui si è realizzato il rispettivo cambio di codice linguistico. Nello stesso modo cercheremo di spiegare la tendenza di esprimersi in catalano in situazioni emozionali o di tensione politica, ma anche in contesti personali, per creare un’atmosfera di prossimità o di intimità.Parole chiave: Catalano, Napoletano, Sociolinguistica, Corte aragonese, Bilinguismo, Code switchingAbstract: This article is devoted to the phenomenon of code switching, related to a sociohistorical perspective. Particularly, we focuse on five bilingual documents of the Codice Aragonese, a codex from the chancellery of the Aragonese Crown at Naples in the 15th century. We analyze the historical and social context in which the letters have been written, in order to outline the motivation to change the linguistic code, this is, from the Catalan or Castilian language to the Neapolitan one, or vice versa. At the same time, we like to demonstrate the tendency of writing in Catalan in emotional situations or under strong political tension, but also in familiary contexts to create proximity and intimacy.Keywords: Catalan, Neapolitan, sociolinguistics, Catalan-Aragonese Crown, Bilingualism, Code switching
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Corrie, Rebecca W. « Silvia Maddalo, ed., Catalogo dei Codici Miniati della Biblioteca Vaticana I : I Manoscritti Rossiani, 3 vols., with the collaboration of Eva Ponzi, and the contribution of Michela Torquati. (Studi e Testi 481–83.) Vatican City : Biblioteca Apostolica Vaticana, 2014. Pp. xxx, 690 ; 691–1359 ; 1363–2053 ; many color plates and black-and-white figures. €220. ISBN : 978-8-8210-0914-3. » Speculum 95, no 2 (1 avril 2020) : 590–91. http://dx.doi.org/10.1086/708206.

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Stross, B. « The New Catalog of Maya Hieroglyphs : Volume 2, The Codical Texts ». Ethnohistory 58, no 2 (1 avril 2011) : 343–44. http://dx.doi.org/10.1215/00141801-1163154.

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Arosio, Laura, et Elisabetta Ruspini. « Unico, indimenticabile, da sogno. Il viaggio di nozze tra mito ed esigenze di mercato ». SOCIOLOGIA URBANA E RURALE, no 92 (février 2011) : 123–43. http://dx.doi.org/10.3280/sur2010-092009.

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In questo saggio, utilizzando la tecnica dell'analisi documentaria applicata a cataloghi di viaggio riservati a sposi e spose, cercheremo di capire come vengono tematizzate e proposte le mete turistiche abbinate ai viaggi di nozze. Sono diverse le domande alle quali vorremmo rispondere: come sono presentate queste mete? Quale linguaggio viene utilizzato e quali immagini accompagnano i testi? Quale modello di coppia costituisce il target di riferimento, e come vengono (o non vengono) recepite le trasformazioni della famiglia contemporanea? Uno dei piů interessanti risultati emersi dalla nostra analisi č l'ampio utilizzo di un codice espressivo volto ad evocare nei potenziali clienti un'immagine di coppia, di matrimonio e di viaggio fortemente legati ai modelli della tradizione. Questo tipo di messaggio, che viene richiamato tanto con le parole quanto con le immagini, non sembra in alcun modo recepire le intense trasformazioni della famiglia italiana e dei comportamenti di viaggio verificatisi negli ultimi decenni. Se, da un lato, questa scelta puň escludere alcune fasce di potenziali acquirenti (che avranno difficoltŕ nel vedersi rappresentate all'interno dei cataloghi turistici), dall'altro lato puň essere considerata una strategia di valorizzazione di questo tipo di viaggio. Caratterizzando in modo tradizionale il viaggio di nozze, č possibile vendere questo prodotto come importante, diverso, irrinunciabile, inducendo gli sposi a partire investendo consistenti quote di denaro.
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Albiero, Laura. « Reconstructing a Ninth-Century Sacramentary-Lectionary from Saint-Victor ». Fragmentology, no 3 (décembre 2020) : 1–49. http://dx.doi.org/10.24446/sdj1.

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This article presents a partial reconstruction of a ninth-century sacramentary-lectionary whose leaves were used as binding material for manuscripts of the library of Saint-Victor of Paris. While most of these fragments remain in situ, some have been detached; in all twelve Saint-Victor codices that served as host volumes are identified. A presentation of the fragments, including three not reported in Bischoff’s catalogue, presents the current condition of the fragments. An investigation on their content leads to a conjecture about their original order and to a hypothesis linking their origin to the monastery of Saint-Denis, according to the liturgical use and to the comparison with other sacramentaries.
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Riese, Berthold. « Macri, Martha J., and Gabrielle Vail : The New Catalog of Maya Hieroglyphs. Vol. 2 : The Codical Texts ». Anthropos 107, no 1 (2012) : 281–83. http://dx.doi.org/10.5771/0257-9774-2012-1-281.

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Gąsiorowska, Barbara, Anna Płaza, Emilia Rzążewska et Michał Waranica. « YIELD AND FIBRE CONTENT OF MAIZE PLANTS CULTIVATED FOR GREEN MATTER IN POLAND ». Acta Scientiarum Polonorum Agricultura 19, no 1 (19 février 2020) : 21. http://dx.doi.org/10.37660/aspagr.2020.19.1.3.

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Background. This work presents the findings of research conducted in 2009–2011 aimed at an assessment of the suitability for cultivation in Poland of selected maize cultivars included in the Common Catalogue of Varieties of Agricultural Plant Species (CCA). Production-related value of the examined cultivars and fibre content determining the quality of feed produced from maize stover harvested at various development stages were assessed. Material and methods. The following two factors were examined in the experiment: A − the harvest date of maize green matter (I − tasseling stage (75% of plants at this stage), II − milk maturity stage (after three weeks), III − wax maturity stage (after another three weeks); B − cultivars with different maturity (Pyroxenia – very early, FAO 130, Codimi – early, FAO 200, Moschus – early, FAO 220, Alombo – medium early, FAO 230, Celive – medium early, FAO 245).Results. The results demonstrated that the highest fresh matter yields were obtained for cv. Alombo harvested at the stage of milk maturity and at the stage of wax maturity, and for cv. Celive harvested at the wax maturity stage. Conclusion. All of the maize cultivars had their lowest content of crude fibre and its fractions when they were harvested at the wax maturity stage.
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Sojer, Claudia, et Walter Neuhauser. « Manuscript Fragments in the University and Provincial Library of Tyrol at Innsbruck ». Fragmentology 2 (décembre 2019) : 141–63. http://dx.doi.org/10.24446/ia4e.

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This article presents an overview of the current state of knowledge concerning detached and in situ fragments in the collection of the University and Provincial Library of Tyrol (ULB Tyrol). The detached fragments were removed in several different phases from manuscripts and printed volumes, and, at the turn of the twentienth century, were assembled in a separate collection, which now numbers 233 shelfmarks, some of which contain as many as 26 individual pieces. A current Austrian National Bank project is underway to publish images and descriptions on Fragmentarium. Among in situ fragments, only those in manuscript codices have been described, namely in the ten-volume ULB Tyrol manuscript catalogue, but they represent only part of the holdings of fragments. Nevertheless, these 390 fragments contained in some 302 manuscripts provide an overview of the range of material in the collection, and the promise held by the larger collection.
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Mantello, F. A. C., et Joseph Goering. « Robert Grosseteste'sQuoniam Cogitatio, A Treatise on Confession ». Traditio 67 (2012) : 341–84. http://dx.doi.org/10.1017/s0362152900001392.

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This brief, popular work on confession, here for convenience abbreviated asQC, is ascribed to Robert Grosseteste (ca. 1168–1253), bishop of Lincoln (1235–53), in most of the known manuscripts, and circulated within many copies of collections of his sermons, in association with other texts by him, or on its own. This text enjoyed a very wide readership, as there are presently known to be thirty-six manuscripts of it (see below), all in English hands, of which eleven were copied in the thirteenth century (see MSS C,Cs, G,Gv, Hk, Js, Pt, R7, R9, U, andZ, below). Twenty-seven of these thirty-six copies were reported by S. Harrison Thomson in his catalogue, published in 1940, of Grosseteste's writings. The list below could probably be extended after further searching, especially in codices of theological or pastoral miscellanea, which are often inadequately catalogued.
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Mužík, Zdeněk. « Soupis středověkých latinských rukopisů Národní knihovny ČR. Doplňky ke katalogu Josefa Truhláře = Catalogus codicum manu scriptorum Latinorum medii aevi qui in Bibliotheca Nationali olim Universitatis Pragensis asservantur. Additamenta ad catalogum Josephi Truhlář ». Acta Musei Nationalis Pragae – Historia litterarum 63, no 1-2 (2018) : 59–60. http://dx.doi.org/10.1515/amnpsc-2017-0049.

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WRIGHT, PETER. « Early 15th-Century Pairings of the Sanctus and Agnus Dei, and the Case of the Composer ““Bloym”” ». Journal of Musicology 22, no 4 (2005) : 604–43. http://dx.doi.org/10.1525/jm.2005.22.4.604.

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ABSTRACT Self-contained pairings of the polyphonic Sanctus and Agnus Dei (as distinct from the Gloria and Credo) appear to have been something of a rarity in the early 15th century, both on the Continent and in England. In their catalogue of 15th-century English liturgical music, Gareth Curtis and Andrew Wathey list just five firm Sanctus-Agnus pairs for the period ca. 1400––ca. 1440. Yet examination of these alleged pairs suggests that the status of all but one of them is in some degree open to question. Curtis and Wathey's catalogue also includes a number of movements that have been paired either by 15th-century scribes or by modern commentators but that have so far failed to convince. Among them is a group of eight closely related movements contained in a layer of the two oldest Trent Codices (MSS 87 and 92), which comprises four possible pairs. Investigation suggests that all eight movements are probably the work of the same composer, ““Bloym,”” whose name heads one of the Sanctus settings; that in the process of transmission a number of the movements became wrongly associated; and that by realigning them new and more plausible pairings can be established. The establishment of connections between one of these pairings and a Credo attributed to Bloym in the same Trent layer raises the possibility that all three movements may have been conceived in conjunction with one another, and may therefore form a partial or incomplete cycle.
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Petersen, Erik. « Om Kilderne til kilderne. Birger Munk Olsen og studiet af de latinske klassikere indtil år 1200 ». Fund og Forskning i Det Kongelige Biblioteks Samlinger 54 (3 mars 2015) : 167. http://dx.doi.org/10.7146/fof.v54i0.118880.

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Erik Petersen: Fontes Fontium. Birger Munk Olsen and the Study of the Latin Classical Authors up to 1200 In this presentation, the basic intentions, definitions and overwhelmingly rich results of professor Birger Munk Olsen’s magisterial opus magnum L’Étude des auteurs classiques latins aux XIe et XIIe siècles are briefly described. The first volume of L’Étude was published in 1982, the sixth and latest volume (= tome IV. 2) in 2014. BMO includes 57 authors from the end of the third century B.C. to the beginning of the fourth A.D. in his catalogue of Latin classical manuscripts copied in the 9th to the 12th centuries. The rationale for including the 9th and 10th centuries is that readers in the 11th and 12th centuries were still using books copied in the previous centuries. BMO also makes references to manuscripts copied before 800, the period covered by E. A. Lowe in Codices Latini Antiquiores. Since Bernhard Bischoff’s Katalog der festländischen Handschriften des neunten Jahrhunderts, mit Ausnahme der wisigotischen had not yet been published, the truly pioneering effort of BMO is related to his meticulous descriptions of the huge number of classical manuscripts copied in the period from the Carolingian Renaissance to the Renaissance of the 12th Century. His catalogue of individual manuscripts is followed, in vol. III. 1, by an equally detailed catalogue of the Latin classics in the libraries of the Middle Ages, based primarily on information collected in individual manuscripts and in a variety of medieval book lists and inventories. The two most recent volumes, La réception de la littérature classique. Travaux philologiques (IV. 1), and La réception de la littérature classique. Manuscrits et textes (IV. 2) are dedicated to broader issues of copying, reading and using texts and manuscripts, in a more synthetic manner than in the previous volumes. Still they draw upon BMO’s myriads of observations of details in the manuscripts and the experience of a long life in the company of the people who produced the books and used them.Denmark’s role in preserving and promoting classical literature during the Middle Ages was of little significance and less glory. During the Carolingian Renaissance Vikings were known to steal or destroy books rather than to read them. In the 12th century they had become less belligerent, perhaps, but still not very adaptive to classical literature. Of the 33 codices in the Royal Library included in EACL, 32 arrived in Copenhagen in the Early Enlightenment or later and had not been copied or studied in Denmark in the Middle Ages. Saxo Grammaticus marks a turning point, well-read in and dependent on classical authors as he was, but he completed his Gesta Danorum in the early years of the 13th century. However, he is known to have used a Justinus codex copied before the turn of the century, preserved in the Royal Library as GKS 450 2º. It was probably brought to Denmark from France by Archbishop Absalon, who lent it to Saxo and bequeathed it to the Cistercian monastery at Sorø. It remains a remarkable fact that the Justinus codex is the only extant manuscript of a Latin classical author recorded as being in Denmark before 1200. With the results of years of concentrated, hardcore research assembled in his L’Étude des auteurs classiques latins aux XIe et XIIe siècles Birger Munk Olsen has more than amply compensated for the meagre attention paid to the classics in early medieval Denmark. To the immense benefit of the scholarly community he has laid a new foundation for the study of the Latin classical authors, their transmission, use and history, which will surely prove indispensable for generations.
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Gingerich, Owen. « Book Review : Three Manuscript Catalogues : Catalogus Codicum Manuscriptorum Medii Aevi Latinorum qui in Bibliotheca Jagellonica Cracovie Asservantur, vol. iii, Manuscripts of the Dibner Collection in the Dibner Library of the History of Science and Technology of the Smithsonian Institution Libraries, 1726–1799 Catalogo della Corrispondenza degli Astronomi di Brera, vol. i ». Journal for the History of Astronomy 18, no 3 (août 1987) : 229–30. http://dx.doi.org/10.1177/002182868701800307.

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Checa Beltrán, José, et Abraham Madroñal Durán. « Manuscritos dieciochescos desconocidos del Fondo Altamira en la Biblioteca de Ginebra ». Cuadernos de Estudios del Siglo XVIII, no 28 (7 décembre 2018) : 221. http://dx.doi.org/10.17811/cesxviii.28.2018.221-252.

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RESUMENEn la «Collection Favre» de la Bibliothèque de Genève se custodia el «Fondo Altamira», 83 códices con unos diez mil documentos históricos y literarios, casi todos manuscritos. Contienen textos de los siglos XV al XVIII. Constituyen una pequeña parte del enorme fondo documental que en el siglo XIX pertenecía a los Condes de Altamira. Cuatro de esos 83 volúmenes contienen manuscritos literarios del Siglo de Oro y, sobre todo, del siglo ilustrado. Los autores de este artículo ofrecen aquí un catálogo de todos esos textos, centrando su atención en los relativos al siglo XVIII. La mayor parte de este inventario corresponde a manuscritos desconocidos e inéditos: diez comedias y un gran número de composiciones poéticas de temática variada, amorosa, sátira política, religiosa, temas festivos, eventos, milagros, villancicos, sobre teatro y actores, etc.PALABRAS CLAVELiteratura del siglo XVIII español, manuscritos literarios inéditos del siglo XVIII español, Fondo Altamira, Biblioteca de Ginebra, Collection Favre. TITLEUnknown eighteenth-century manuscripts from the Altamira Archives at Geneva LibraryABSTRACTIn the «Collection Favre» of the Bibliothèque de Genève the «Fondo Altamira» is guarded, 83 codices with some ten thousand historical and literary documents, almost all manuscripts. They contain texts from the 15th to the 18th centuries. They constitute a small part of the enormous documentary collection that belonged to the Counts of Altamira in the 19th century. Four of those 83 volumes contain literary manuscripts of the Golden Age and, above all, the Enlightenment century. The authors of this article offer a catalogue of all these texts, with a particular focus on those related to the XVIII Century. Most of this inventory corresponds to unknown and unpublished manuscripts: ten comedies and a large number of poetic compositions of varied theme, love, political satire, religious, festive themes, events, miracles, Christmas carols, theater and actors, etc.KEY WORDSLiterature of the eighteenth century Spanish, unpublished literary manuscripts of the eighteenth century Spanish, Altamira Archives, Geneva Library, Collection Favre.
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Wilson, N. G. « Codices Bohemiae Graeci - J.-M. Olivier, M.-A. Monégier du Sorbier : Catalogue des manuscrits grecs de Tchécoslovakie. Pp. xxxvi + 243 ; 102 pages of diagrams, 28 plates. Paris : C.N.R.S., 1983. 496 frs. » Classical Review 35, no 1 (avril 1985) : 175–76. http://dx.doi.org/10.1017/s0009840x0010784x.

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Jeep, John M. « Elisabeth Wunderle, Die deutschen Handschriften der Bayerischen Staatsbibliothek München. Die mittelalterlichen Handschriften aus Cgm 5255-7000 einschließlich der althochdeutschen Fragmente Cgm 5248. Catalogus codicum manu scriptorum Bibliothecae Monacensis V,9. Wiesbaden : Harrasowitz, 2018, XXXI, 806 S. » Mediaevistik 32, no 1 (1 janvier 2020) : 349–51. http://dx.doi.org/10.3726/med.2019.01.58.

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Nachdem Karin Schneider deutschsprachige mittelalterliche Handschriften der Bayerischen Staatsbibliothek (BSB) München mit Signaturen von Cgm 201 – 5247 zwischen 1970 und 1996 in sechs Bänden beschrieben und veröffentlicht hat, legt Elisabeth Wunderle diesen Band mit mustergültigen Katalogeinträgen zu 114 bis circa 1550 datierten Handschriften vor. Band V,8 (2005) behandelt die fast 400 deutschsprachigen Fragmente dieser so bedeutenden Sammlung: Die deutschen Handschriften der Bayerischen Staatsbibliothek München. Die mittelalterlichen Fragmente Cgm 5249-5250. Beschrieben von Karin Schneider, mit vier Beschreibungen von Elisabeth Wunderle; online <ext-link ext-link-type="uri" xlink:href="http://bilder.manuscripta-mediaevalia.de/hs/kataloge/HSK0576.htm">http://bilder.manuscripta-mediaevalia.de/hs/kataloge/HSK0576.htm</ext-link>). Diesen Verzeichnissen vorausgegangen war: Erich Petzet,: Die deutschen Pergamenthandschriften Nr. 1–200 der Staatsbibliothek in München. München 1920 (online <ext-link ext-link-type="uri" xlink:href="http://bilder.manuscripta-mediaevalia.de/hs/kataloge/HSK0602.htm">http://bilder.manuscripta-mediaevalia.de/hs/kataloge/HSK0602.htm</ext-link>). Somit ist der Bestand deutschsprachiger mittelalterlicher Kodices vollständig erfasst. Man wird eventuell Petzets bald hundert Jahre alte Arbeit auf den neuesten Stand bringen wollen. Der Hanschriftencensus (zu diesen Handschriften der BSB sei hingewiesen auf: <ext-link ext-link-type="uri" xlink:href="http://www.handschriftencensus.de/hss/Muenchen#bib13">http://www.handschriftencensus.de/hss/Muenchen#bib13</ext-link>) leistet allerdings beachtenswerten Dienst. Elisabeth Wunderle hatte früher schon vorgelegt: Katalog der lateinischen Handschriften der Bayerischen Staatsbibliothek München: Die Handschriften aus St. Emmeram in Regensburg: Bd. 1. Clm 14000–14130 (1995). Alle außer diesem neuen Katalog sind bereits auf der Webseite der BSB München zu benutzen: <ext-link ext-link-type="uri" xlink:href="https://www.bsb-muenchen.de/sammlungen/handschriften/recherche/">https://www.bsb-muenchen.de/sammlungen/handschriften/recherche/</ext-link>. Katalogmäßig sind diese deutschsprachigen Handschriften hier erstmals gedruckt verfügbar. Einige sind bereits <?page nr="350"?>in der Forschung bekannt (Cgm 5519, Hausbuch des Ulrich Mostl; Cgm 6617, Heinrich von St. Gallen und andere; vor allem der althochdeutsche Texte enthaltende Cgm 5248). Einen Überblick über die Katalogisierung (bis 2009) findet man unter: <ext-link ext-link-type="uri" xlink:href="http://bilder.manuscripta-mediaevalia.de/hs//projekt_muenchen-cgm-ma.htm">http://bilder.manuscripta-mediaevalia.de/hs//projekt_muenchen-cgm-ma.htm</ext-link>, wo auch etwa 30 der im neuen Band veröffentlichten Handschriftenbeschreibungen vorgestellt wurden.
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Silk, Jonathan. « Ulrich Pagel and Säan Gaffney : Location list to the texts in the microfiche edition of the Śel dkar (London) Manuscript bká ,gyur (Or. 6724). (Catalogus Codicum Tibetanorum, I.) xviii, 132 pp. London : British Library, 1996. £20. » Bulletin of the School of Oriental and African Studies 61, no 2 (juin 1998) : 388–90. http://dx.doi.org/10.1017/s0041977x00014464.

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CAROTI, STEFANO. « C. H. LOHR, Aristotelica Helvetica. Catalogus codicum latinorum in bibliothecis Confederationis Helveticae asservatorum, quibus versiones expositionesque operum Aristotelis continentur, Universitätsverlag Friburg Schweiz, Friburg, 1994, 387 pp. («Scrinium Friburgense. Veröffentlichungen des Mediävistischen Instituts der Universität Freiburg Schweiz. Sonderband, 6»). » Nuncius 12, no 1 (1997) : 246–47. http://dx.doi.org/10.1163/182539197x00627.

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CAROTI, STEFANO. « C. H. LOHR, Aristotelica Helvetica. Catalogus codicum latinorum in bibliothecis Confederationis Helveticae asservatorum, quibus versiones expositionesque operum Aristotelis continentur, Universitätsverlag Friburg Schweiz, Friburg, 1994, 387 pp. («Scrinium Friburgense. Veröffentlichungen des Mediävistischen Instituts der Universität Freiburg Schweiz. Sonderband, 6»). » Nuncius 12, no 1 (1 janvier 1997) : 246–47. http://dx.doi.org/10.1163/221058797x00621.

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Heilen, Stephan. « David Juste, Les manuscrits astrologiques latins conservés à la Bayerische Staatsbibliothek de Munich. (Documents, Études et Répertoires 81 ; Catalogus Codicum Astrologorum Latinorum 1.) Paris : CNRS Éditions, 2011. Pp. 236 ; 12 black-and-white plates. €60. ISBN : 978-2-271-07281-8.David Juste, Les manuscrits astrologiques latins conservés à la Bibliothèque nationale de France. (Documents, Études et Répertoires 84 ; Catalogus Codicum Astrologorum Latinorum 2.) Paris : CNRS Éditions, 2015. Pp. 338 ; 12 color plates. €65. ISBN : 978-2-271-08264-0. » Speculum 92, no 3 (juillet 2017) : 841–44. http://dx.doi.org/10.1086/692672.

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Löffler, Anette. « Hermann Hauke und Wolfgang-Valentin Ikas (Hrsgs.),Katalog der lateinischen Fragmente der Bayerischen Staatsbibliothek München. Bd. 3 : Clm 29550–29990 [Catalogus codicum manu scriptorum Bibliothecae Monacensis IV, pars 12.3]. Harrassowitz, Wiesbaden 2013, xx + 459 S. isbn 9783447069441. €127.50 ; chf 169.95. » Church History and Religious Culture 94, no 2 (2014) : 262–64. http://dx.doi.org/10.1163/18712428-09402005.

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Knibb, M. « GETATCHEW HAILE, MELAKU TEREFE, ROGER M. RUNDELL, DANIEL ALEMU and STEVE DELAMARTER, Catalogue of the Ethiopic Manuscript Imaging Project : Volume 1, Codices 1-105, Magic Scrolls 1-134. (Ethiopic Manuscripts, Texts, and Studies Series 1). STEVE DELAMARTER and MELAKU TEREFE, Ethiopian Scribal Practice 1 : Plates for the Catalogue of the Ethiopic Manuscript Imaging Project (Ethiopic Manuscripts, Texts, and Studies Series 2). » Journal of Semitic Studies 57, no 1 (20 mars 2012) : 185–86. http://dx.doi.org/10.1093/jss/fgr047.

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Smith, G. Rex. « Catalogue of Arabic manuscripts in the Library of the University of Leiden and other collections in the Netherlands. Fascicule 5. By J. J. Witkam. (Bibliotheca Universitatis Leidensis, Codices Manuscripti XXI) pp. 121, 27 pl. Leiden, E.J. Brill/Leiden University Press, 1989. Dfl. 64. » Journal of the Royal Asiatic Society 1, no 3 (novembre 1991) : 395. http://dx.doi.org/10.1017/s135618630000122x.

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Smith, G. Rex. « Catalogue of Arabic manuscripts in the Library of the University of Leiden and other collections in the Netherlands. Fascicule 4. By J. J. Witkam (Bibliotheca Universitatis Leidenis, Codices Manuscripti XXI.) pp. 111, 21 pl. Leiden, E. J. Brill/Leiden University Press, 1986. Guilders 64. » Journal of the Royal Asiatic Society of Great Britain & ; Ireland 120, no 2 (avril 1988) : 404. http://dx.doi.org/10.1017/s0035869x00141759.

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Appleyard, David L. « Getatchew Haile et al., Catalogue of the Ethiopic Manuscript Imaging Project, 1 : Codices 1–105, Magic Scrolls 1–134. (Ethiopic Manuscripts, Texts, and Studies, 1.) Eugene, Oreg. : Wipf and Stock, 2009. Paper. Pp. l, 446 ; many black-and-white figures. $65.Steve Delamarter and Melaku Terefe, Ethiopian Scribal Practice, 1 : Plates for the Catalogue of the Ethiopic Manuscript Imaging Project. Companion to EMIP Catalogue 1. (Ethiopic Manuscripts, Texts, and Studies, 2.) Eugene, Oreg. : Wipf and Stock, 2009. Paper. Pp. xvi, 194 ; 116 color plates. $67. » Speculum 85, no 4 (octobre 2010) : 968–70. http://dx.doi.org/10.1017/s0038713410003349.

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Holzberg, Niklas. « FROM PRIAPUS TO CYTHEREA : A SEQUENTIAL READING OF THECATALEPTON ». Classical Quarterly 68, no 2 (22 octobre 2018) : 557–65. http://dx.doi.org/10.1017/s000983881800037x.

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Résumé :
In an article published thirteen years ago, I tried to break new ground by showing that the texts transmitted under the titleCataleptonas the work of Virgil can be seen to form an elaborately arranged and highly allusive book of verse written by a single author. This latter, I argued, was identical with the anonymous poet who, in an epilogue, represents the preceding poems as the juvenilia of the author later known for hisBucolics,GeorgicsandAeneidand, consequently, is himself speaking in the alleged early works asVirgil impersonator. This anonymous poet, however, cannot rightly be labelled a literary forger, since he repeatedly and quite unmistakably recalls each of Virgil's threeoperaas well as other texts written after the year 19b.c. Evidently, then, he is inviting his readers to take part in a literarylusus, one in which they are expected to be familiar not only with the texts ofBucolics,GeorgicsandAeneidbut also with the life of the man who wrote them. The fiction of a young Virgil is created, one who wrote his first poems—the verses referred to in the epilogue aselementaandrudis Calliope(Catal.18[15])—primarily under the influence of Catullus, the said poems being, with the exception ofCatal.12(9) and 16(13), epigrams. My interpretation has borne fruit, with Irene Peirano and Markus Stachon each devoting, in 2012 and 2014 respectively, a monograph to this approach and offering what are often very thorough analytical readings of the poems as the creations of aVirgil impersonator. However, neither of these two Latinists has considered one particular interpretative aspect, which I myself had only been able to introduce very briefly into my paper: the recognition that, as many more recent studies have now further corroborated, Roman poetry books were designed for linear, sequential reading, that they have, as it were, a story to tell. Peirano, moreover, disregards in her study the threePriapeapositioned in editions before the other fifteen epigrams and shown there with their own separate numbering. In the manuscripts, however, the titleCataleptonrefers without exception to a unit comprising the threePriapeaand the fifteen epigrams. The titlePriapea, found in the catalogue of the Murbach manuscripts and in some codices (for example the Graz fragment), is always attached solely to the poemQuid hoc noui est?In theVita Suetoniana-Donatiana(VSD), the termsCatalepton,PriapeaandEpigrammatawere evidently used as three different titles; the author (or his source) may not have seen thatCataleptonis the title of all the poems. Furthermore, I should like to point out that, counted together, ‘Virgil's’Priapeaand epigrams come to a total of seventeen poems and so match precisely both the total of seventeen books in the real Virgil's three works and the total number of Horace's epodes, of the poems, that is, which the not-so-real Virgil quite conspicuously evokes in his own penultimate poem (Catal.16[13]). More significantly, however, a sequential reading of thePriapea et Epigrammatacan in fact build a watertight case for taking the texts to be, as it were, a composite whole, and that is what I intend to argue in the rest of the article.
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Rutkin, H. Darrel. « Catalogus Codicum Astrologorum Latinorum, vol. I : Les Manuscrits Astrologiques Latins Conservés à la Bayerische Staatsbibliothek de Munich, ed. David Juste (Documents, Études et Répertoires Publiés par l’Institut de Recherche et d’Histoire des Textes 81) (Paris : CNRS Éditions, 2011), pp. 258, € 60.00, ISBN 978 2 271 07281 8. » Early Science and Medicine 17, no 6 (2012) : 648–49. http://dx.doi.org/10.1163/15733823-176000b3.

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Gilchrist, John. « A Catalogue of Canon and Roman Law Manuscripts in the Vatican Library. Compiled at the Institute of Medieval Canon Law under the direction of Stephan Kuttner with the aid of the Deutsches Historisches Institut, Rom, under the direction of Reinhard Elze. Vol.1 : Codices Vaticani latini 541 - 2299 ». Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte : Kanonistische Abteilung 78, no 1 (1 août 1992) : 581–85. http://dx.doi.org/10.7767/zrgka.1992.78.1.581.

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Smith, G. Rex. « Catalogue of Arabic manuscripts in the library of the University of Leiden and other collections in The Netherlands. General introduction and fascicule 1. BY J. J. Witkam. (Bibliotheca Universitatis Leidensis, Codices Manuscripti XXI.) pp. 16, 5 pl. (introduction) ; pp. 112, 24 pl;. Leiden, E. J. Brill/Leiden University Press, 1983. Guilders 64. » Journal of the Royal Asiatic Society of Great Britain & ; Ireland 117, no 2 (avril 1985) : 191–92. http://dx.doi.org/10.1017/s0035869x00138419.

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Tönnies, Bernhard. « CATALOGUS CODICUM MANUSCRIPTORUM BIBLIOTHECAE MONACENSIS. – Wiesbaden : Harrassowitz. Literaturangaben T. 4. Katalog der lateinischen Handschriften der Bayerischen Staatsbibliothek München Series nova. – 26 cm Ps. 2. Die Handschriften aus St. Emmeram in Regensburg Bd. 2. Clm 14131 – 14260 / neu beschrieben von Ingeborg Neske. – 2005. – XVIII, 372 S. ISBN 3-447-05185-X Gewebe : EUR 76.00, sfr 129.00 ». Zeitschrift für Bibliothekswesen und Bibliographie 54, no 6 (15 décembre 2007) : 361. http://dx.doi.org/10.3196/1864295008546115.

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Smith, G. Rex. « Catalogue of Arabic manuscripts in the library of the University of Leiden and other collections in the Netherlands. Fascicules 2 and 3. By J. J. Witkam. (Bibliotheca Universitatis Leidenis, Codices Manuscript XXI.) pp. 113, 27 pl. (fascicule 2) ; pp. 111, 26 pl. Leiden, E. J. Brill/Leiden University Press, 1984, 1985. Guilders 60, 63. » Journal of the Royal Asiatic Society of Great Britain & ; Ireland 120, no 1 (janvier 1988) : 168–69. http://dx.doi.org/10.1017/s0035869x00164238.

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Jakšić, Nikola. « Minijature 15. stoljeća u psaltiru iz Franjevačkog samostana u Kamporu na Rabu ». Ars Adriatica, no 3 (1 janvier 2013) : 123. http://dx.doi.org/10.15291/ars.465.

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Résumé :
The paper deals with a 15 century psalter that was kept in Franciscan convent at Kampor on Rab Island. In 1986 it was stolen, thrown away and later found in the sea by local fishermen. It was entirely destroyed.In this way, another worthy historical testimony disappeared from otherwise opulent heritage of this Dalmatian island. Author has made an effort to reconstruct the destroyed manuscript through comparison with Dalmatian Franciscan manuscripts from both Zadar and Dubrovnik, chosen mostly because of their common contents. In literature, Kampor manuscript was concisely published long ago - in 1917 - by H. Folnesics, with a black-andwhite photo of a single figural initial (fig. 8). In 1995, A. Badurina published a colour photo of a whole folium 57’ with a figural miniature (fig. 1). In 2004, this was apparently enough for M. Medica to attribute these miniatures to Giovanni di Antonio da Bologna, active during the second half of the 15th century.On the basis of the thorough descriptions by H. Folnesics and A. Badurina, it was obvious that the codex contained eight figural miniatures in total, with few decorative ones in addition. Author had assumed that the legacy of A. Badurina could contain few more photos of Rab miniatures and began the quest in the photo archive of Zagreb Institute of Art History. Consequently, photos were found: four, previously unpublished black-and-white reproductions of figural initials allowed further understanding of the lost codex illuminations. One of theminiatures with the figure of Christ (fig. 3) entirely matched a figural initial (fig. 2) from a privately owned folio that was exhibited in 1998 and published in the catalogue La miniatura a Ferrara dal tempo di Cosmè Tura all’eredità di Ercole de’ Roberti, (ed. F. Toniolo), published in 1998. M. Medica has attributed this folium to Giovanni di Antonio da Bologna, unaware of psalter’s original context. All of the abovementioned led to conclusion that the the most valuable folios have been cut from the codex that was thrown in the sea in order to ease the trafficking. These new findings have facilitated an, at least partial, reconstruction of destroyed psalter’s figural contents. Miniatures have been distributed according to the liturgical division of psalter, in the way that the initialpsalm for each of the weekdays began with an initial adorned with a figural miniature, as was usual with contemporary examples.The distribution of the miniatures: first image is related do Psalm I (ff: Ps I) on f. 4, illustrating the beginning of text Beatus vir, (fig. 5), related to Sunday. It is followed by Monday, on f. 29 Dominus illumination mea, Ps XXVI, with no preserved reproduction. On f. 44, there is a Tuesday text: Dixi: custodiam vias meas, ut non delinquam in lingua sua from Ps XXXVIII. Its reproduction has not been preserved. Wednesday’s f. 57’: Dixi insipiens in corde suo, Ps LII, with a colour representation of the entire folium (fig. 1), showing a figure of a reckless man. On Thursdayf. 70: Salvum me fac, Deus, quoniam intraverunt aque usque ad animam mea, Ps LXVII (fig. 8). The Friday f. 88: Exultate deo adiutori nostro: jubilate deo Jacob, Ps LXXX (fig. 9), and the Saturday f. 101’ Cantate dominon canticum novum, Ps XCVII (fig. 10). The eighth miniature is related to Ps CIX, with verses Dixit Dominus Domino meo, used to commence the vespers. This folium is the only one that has been preserved (fig. 2) and whose original context is proved by a black-and-white photo from Zagreb Institute of Art History (fig. 3).Except for a general confirmation of the suggested attribution to Giovanni di Antonio da Bologna, author points out to some of the corresponding miniatures from codices illustrated by that miniaturist, particularly thecompositions that haven’t been preserved in the photoarchives of Rab codex (figs. 4, 6, 7, 11).Finally, author dates the psalter before 1445, year of the foundation of Kampor Franciscan convent in which it had been used, furthermore pointing out that the name of the Rab aristocrat who financed theconstruction was Petrus de Zaro, and not Car as was generally accepted in the literature.
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Jones, Russell. « South-East Asia - E. p. Wieringa (comp.) : Catalogue of Malay and Minangkabau manuscripts in the library of Leiden University and other collections in the Netherlands : volume one, comprising the acquisitions of Malay manuscripts in Leiden University Library up to the year 1896. Edited by Joan de Lijster-Streef and Jan Just Witkam. (Codices manuscripti, Bibliotheca Universitatis Leidensis, xxv.) 608 pp. Leiden : Legatum Warnerianum in Leiden University Library, 1998. » Bulletin of the School of Oriental and African Studies 63, no 3 (janvier 2000) : 452–55. http://dx.doi.org/10.1017/s0041977x00008740.

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Geertz, Hildred. « Catalogue of Balinese Manuscripts in the Library of the University of Leiden and Other Collections in the Netherlands. Part 1 : Reproductions of the Balinese Drawings from the Van der Tuuk Collection. Part 2 : Descriptions of the Balinese Drawings from the Van der Tuuk Collectio. By H. I. R. Hinzler. Biblioteca Universitatis Leidensis, Codices Manuscripti 22, 23. Leiden : E. J. Brill, 1986–87. Part 1 : vi, 513 pp. Part 2 : x, 513 pp. $150.00. » Journal of Asian Studies 47, no 4 (novembre 1988) : 938–39. http://dx.doi.org/10.2307/2057932.

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Sandstrom, Alan R. « Return to the Object in Anthropological Inquiry : Examples from Latin America - THE POTTERY OF ACATLAN : A CHANGING MEXICAN TRADITION. By Louana M. Lackey (Norman : University of Oklahoma Press, 1982. Pp. 164. $35.00 cloth, $18.95 paper.) - INDIAN CLOTHING BEFORE CORTES : MESOAMERICAN COSTUMES FROM THE CODICES. By Patricia Rieff Anawalt, foreword by H. B. Nicholson, charts by Jean Cuker Sells. (Norman : University of Oklahoma Press, 1981. Pp. 232. $60.00 cloth, $37.95 paper.) - SPANISH THREAD ON INDIAN LOOMS : MEXICAN FOLK COSTUME / HILO ESPAÑOL, TELAR INDIGENA : EL TRAJE POPULAR MEXICANO. By Frances F. Berdan and Russell J. Barber, translated by Rafael E. Correa Catalog for an exhibition at the University Art Gallery. (San Bernardino : California State University, 1988. Pp. 106. $12.00 paper.) - MEXICAN CELEBRATIONS. By Eliot Porter and Ellen Auerbach, essays by Donna Pierce and Marsha C. Bol (Albuquerque : University of New Mexico Press, 1990. Pp. 115. $40.00 cloth.) - DRAWING THE LINE : ART AND CULTURAL IDENTITY IN CONTEMPORARY LATIN AMERICA. By Oriana Baddeley and Valerie Fraser. (London : Verso, 1989. Pp. 164. $49.50 cloth, $17.95 paper.) ». Latin American Research Review 29, no 1 (1994) : 119–31. http://dx.doi.org/10.1017/s0023879100035354.

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Miranda, Adelaide. « Catalogo dei codici miniati della Biblioteca Vaticana. I - I Manoscritti Rossiani. A cura di S. Maddalo, con la collaborazione di E. Ponzi, e il contributo di Michela Torquati ». Medievalista online, no 18 (1 juillet 2015). http://dx.doi.org/10.4000/medievalista.1146.

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« The new catalog of Maya hieroglyphs : v.2 : The Codical texts ». Choice Reviews Online 47, no 11 (1 juillet 2010) : 47–6017. http://dx.doi.org/10.5860/choice.47-6017.

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Brita, Antonella, Susanne Hummel, Karsten Helmholz et Massimo Villa. « Three Collections of Gǝʿǝz Manuscripts Recently Surveyed in Italy : An Inventory ». Aethiopica 20 (28 mars 2018). http://dx.doi.org/10.15460/aethiopica.20.1.1152.

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Résumé :
The report aims to introduce three little known collections of Gǝʿǝz manuscripts hosted in the following Italian institutions: Castello d’Albertis, fondo Sapeto (Genoa), Biblioteca Giovardiana, fondo Quattrociocchi, and Monumento Nazionale Abbazia di Casamari (both in Veroli, Frosinone). The forty-two manuscripts (codices and scrolls) preserved in the three collections were surveyed, digitized and analysed through non-invasive techniques in the course of two fieldworks conducted in May 2015 and June–July 2017. The present article, conceived as a preliminary report to a more detailed catalogue currently under preparation, describes how the manuscript collections emerged and provides an introductory description of the textual content and the physical features of each item.
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Spyridonova, Lydia V., et Andrey V. Kurbanov. « Unpublished Gerasimos Vlachos’s logical works ». Philosophy Journal, 2021, 144–56. http://dx.doi.org/10.21146/2072-0726-2021-14-4-144-156.

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Résumé :
Gerasimos Vlachos was one of the most important Greek scholars of the 17th century, he is also known as the teacher of the brothers Leichoudes, the founders of the Slavic-Latin-Greek Academy in Moscow. The paper focuses on his unpublished student textbook on logic, which was a model for that of Sophronios Leichoudes. It appears that all the texts that make up this collection still remain unidentified. However, the catalogue of the Gerasimos Vlachos’s private library, composed by Vlachos himself in 1683, and preserved in the Hellenic Institute for Byzantine and Post-Byzantine Studies in Venice, provides us with the list of his logical writings. According to it, the whole collection comprises a com­mon “Introduction in logic”, an “Introduction in questions and answers”, as well as the paraphrases and introductions to Porhyry’s “Isagoge”, Aristotle’s “Categories”, “On Inter­pretation”, “Prior Analytics” and “Posterior Analytics”. The main objective of the present investigation, therefore, is to identify the titles of the logical writings listed in a catalogue of his private library with the logical texts, attributed to Vlachos in the manuscripts. After examining all the known witnesses that are supposed to transmit Vlachos’s texts, we con­cluded that indeed only five of eight codices contain the genuine Vlachos’s works on logic, no single codex contains the whole collection of his logical treatises but it seems that all of them survived. These preliminary investigations allow us to arrange these writings in orig­inal order and identify them with the titles of the catalogue. Finally, the data obtained from this survey authorized us to present the arguments for the selection and priority of the wit­nesses as well as for the possible structure of the future edition.
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Baricci, Erica. « LINGUAGGIO, COMICITÀ E PERSONAGGIO FEMMINILE NELL’EPITALAMIO GIUDEO-CATALANO PIYYU ? NA’EH ». Specula : Revista de Humanidades y Espiritualidad 5, no 1 (31 janvier 2023). http://dx.doi.org/10.46583/specula_2023.1.1099.

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Résumé :
Ad oggi sono noti alla comunità scientifica cinque epitalami giudeo-catalani, conservati in due manoscritti (Gerusalemme, Biblioteca Nazionale Universitaria, ms. 8° 3312 e Oxford, Bodleian Library, ms. Lyell 98) risalenti a metà XV secolo e provenienti da ambiente provenzale. Tra questi, una particolare attenzione spetta a piyyu? na’eh, un ‘canto festivo’ pensato per i festeggiamenti che seguono il rito nuziale. Questo canto è una parodia, dai toni umoristici e dalle forti allusioni erotiche, che si presenta in forma di dialogo tra i due sposi, un vecchio e una ragazza. Il primo non vuole consumare l’amore, data l’età, ma, per l’insistenza della moglie, le propone infine di farsi sostituire da un baldo giovanotto. L’interesse di questo testo riguarda innanzitutto il linguaggio, e in secondo luogo la sua forma letteraria. Per quanto riguarda il linguaggio, esso è scritto in un giudeo-catalano in cui la componente ebraica è sottilmente intrecciata a quella romanza. Gli ebraismi sono funzionali a suscitare il riso del pubblico, perché calati in un contesto triviale in cui la loro sacralità originaria crea un forte e comico contrasto. Alcuni dei termini ebraici hanno mutato il loro significato, assumendone uno connotato, secondo un fenomeno di slittamento semantico tipico dei Jewish Languages. Per questa ragione, piyyu? na’eh è anche un prezioso testimone linguistico di una fase poco attestata, perché alquanto antica, del giudeo-catalano parlato. A livello letterario, piyyu? na’eh è un testo assai ricercato, i cui toni ‘popolareggianti’ sono ottenuti attraverso un sapiente uso del linguaggio ‘colloquiale’, della metrica, della caratterizzazione stereotipica dei personaggi. In questo saggio, presento innanzitutto l’analisi semantica della componente ebraica, approfondendo le varie categorie linguistiche e/o stilistiche in cui possono essere fatti rientrare gli ebraismi del testo, per mostrare come questa dinamica riproduca ed esasperi per intenti comici la prassi linguistica quotidiana degli ebrei catalani dell’epoca e costituisca, dunque, sia un fatto stilistico, sia una preziosa testimonianza storico-linguistica. In secondo luogo, mostro come piyyu? na’eh sia stato composto da un autore dotto che disponeva di fonti letterarie ebraiche e romanze e propongo una contestualizzazione di questo tipo di testo nell’ambito del genere letterario romanzo della pastorella e della canzone di donna, in cui la figura femminile costituisce l’occasione della scenetta umoristica e la giustificazione del ricorso a un codice mistilingue.
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Buzi, Paola, Julian Bogdani, Nathan Carlig, Maria Chiara Giorda et Agostino Soldati. « "Tracking Papyrus and Parchment Paths" : A New International Project on Coptic Literature ». Rivista del Museo Egizio 1 (22 décembre 2017). http://dx.doi.org/10.29353/rime.2017.656.

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Résumé :
The purpose of the new project presented in these pages is to offer an innovative approach to the study of the evolution of Coptic literature and, more specifically, to the corpus of writings produced in Egypt between the third and the late eleventh centuries, and expressed in the different dialects of the Coptic language. Its aim is to provide a new perspective on the cultural landscape of Christian Egypt by interweaving literary, historical, codicological and archaeological data, and producing a series of scholarly tools, till now unavailable, in a digital environment, including an archaeological Atlas of late antique and early mediaeval Coptic literature that will be searchable at different chronological, regional and thematic levels. As part of the above-described research activities and goals, a complete catalogue of the Coptic papyrus codices preserved in the Museo Egizio will be produced, as well as an edition of their titles and scribal subscriptions. The fragmentary codices in question, purchased in Egypt by Bernardino Drovetti in the 1820s, are a unique example of an entire well-preserved late antique institutional library – very likely originally belonging to the cathedral of This/Thinis – reflecting the literary tastes and dogmatic orientations before what can be defined as the ninth-century Coptic book revolution, which significantly changed bookmaking in Christian Egypt. The library of Thi(ni)s is a crucial and transitional instance in the history of Coptic books, which saw on the one hand the creation of new codicological and palaeographical features and on the other the progressive emergence of multiple-text codices. ملخص البحث: الغرض من الدراسة الجديدة التى يتم عرضها فى هذا البحث هو تقديم نهج مبتكراً لدراسة تطور الآدب القبطى، وبشكل أكثر تحديداً إلى مجموعة الكتابات المنتجة فى مصر بين القرن الثالث حتى نهاية القرن الحادى عشر والتى تم التعبير عنها فى لهجات مختلفة للغة القبطية. هدفها هو توفير منظور جديد للمشهد الثقافى فى مصر المسيحية من خلال تداخل البيانات الأدبية والتاريخية والآثرية والكوديكولوجية (دراسة الكتب القديمة)، وإنتاج سلسة من الأدوات العلمية حتى الآن غير متوفرة فى بيئة رقمية من خلال أطلس آثرى لأدب أواخر العصور القديمة والأدب القبطى من العصور الوسطى، والقابلة للبحث علي مختلف المستويات الزمنية والإقليمية والموضوعية. وكجزء من الأنشطة والأهداف البحثية الموصوفة أعلاه سيتم التحقق من فهرس كامل لمخطوطات البردى القبطية المحفوظة بالمتحف المصرى بتورينو، بالإضافة إلى نسخة من عناوينها ومعلومات عن أسم الكاتب ودار النشر والتاريخ الذى نشرت فية . نحن بصدد دراسة سبعة عشر مخطوطة مجزأة والتى تم شراؤها من مصر بواسطة برناردينو دروفيتى عام 1820م، وهى تعد مثال فريد للحفظ الجيد الكامل لمجموعة من الكتب التى تعود إلى أواخر العصور القديمة، من المحتمل أن تنتمى فى الأصل إلى كاتدرائية زيس والتى تعكس الأذواق الأدبية والتوجهات العقائدية قبل ما يمكن تعريفة بأنة القرن التاسع للثورة الكتابية والتى غيَرت بشكل كبير صناعة الكتب فى مصر المسيحية، فإن مكتبة زيس هى مثال حاسم وإنتقالى فى تأريخ الكتب القبطية التى شهدت من جهة خلق ملامح جديدة كوديكولوجية ورقمية وحياتية ومن جهة أخرى ظهور تدريجى للنصوص المركبة التعددية.2
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Zuliani, Federico. « En samling politiske håndskrifter fra slutningen af det 16. århundrede : Giacomo Castelvetro og Christian Barnekows bibliotek ». Fund og Forskning i Det Kongelige Biblioteks Samlinger 50 (29 avril 2015). http://dx.doi.org/10.7146/fof.v50i0.41248.

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Résumé :
Federico Zuliani: Una raccolta di scritture politiche della fine del sedicesimo secolo. Giacomo Castelvetro e la biblioteca di Christian Barnekow. Alla pagina 68 recto del manoscritto Vault Case Ms. 5086, 73/2, Newberry Library, Chicago, ha inizio il “Registro di tutte le scritture politiche del S[igno]r Christiano Bernicò”. Il testo è preceduto da un altro elenco simile, sebbene più breve, che va sotto il titolo di “Memoriale D’alcune scritture politiche, che furon donate alla Reina Maria Stuarda Prigioniera in Inghilterra l’anno di salute m.d.lxxxiii. Dal S[igno]re di Cherelles”. Il manoscritto 5086, 73/2 fa parte di una collezione di dieci volumi (originariamente undici) appartenuti a Giacomo Castelvetro e oggi conservati negli Stati Uniti. I codici, le cui vicende di trasmissione sono, in parte, ancora poco chiare, furono sicuramente compilati da Castelvetro durante il periodo che passò in Danimarca, tra l’estate del 1594 e l’autunno del 1595. Il soggiorno danese di Castelvetro ha ricevuto attenzioni decisamente minori di quelle che invece meriterebbe. Alla permanenza in Danimarca è riconducibile infatti l’opera più ambiziosa dell’intera carriera del letterato italiano: vi vennero assemblati, con l’idea di darli poi alle stampe, proprio i volumi oggi negli Stati Uniti. La provenienza è provata tanto dall’indicazione, nei frontespizi, di Copenaghen come luogo di composizione, quanto dalle annotazioni autografe apportate da Castelvetro, a conclusione dei testi, a ricordare quando e dove fossero stati trascritti; oltre a Copenaghen vi si citano altre due località, Birkholm e Tølløse, entrambe sull’isola danese di Sjællad, ed entrambe amministrate da membri dell’influente famiglia Barnekow. E’ a Giuseppe Migliorato che va il merito di aver identificato per primo in Christian Barnekow il “Christiano Bernicò” della lista oggi alla Newberry Library. Christian Barnekow, nobile danese dalla straordinaria cultura (acquisita in uno studierejse durato ben diciassette anni), a partire dal 1591 fu al servizio personale di Cristiano IV di Danimarca. Barnekow e Castelvetro si dovettero incontrare a Edimburgo, dove il primo era giunto quale ambasciatore del monarca danese e dove il secondo si trovava già dal 1592, come maestro di italiano di Giacomo Stuart e di Anna di Danimarca, sorella di Cristiano IV. Sebbene non si possa escludere un ruolo di Anna nell’introdurli, è più probabile che sia stata la comune amicizia con Johann Jacob Grynaeus a propiziarne la conoscenza. Il dotto svizzero aveva infatti dato ospitalità a Barnekow, quando questi era studente presso l’università di Basilea, ne era divenuto amico e aveva mantenuto i rapporti nel momento in cui il giovane aveva lasciato la città elvetica. Grynaeus era però anche il cognato di Castelvetro il quale aveva sposato Isotta de’ Canonici, vedova di Thomas Liebler, e sorella di Lavinia, moglie di Grynaeus sin dal 1569. Isotta era morta però nel marzo del 1594, in Scozia, ed è facile immaginare come Barnekow abbia desiderato esprimere le proprie condoglianze al marito, cognato di un suo caro amico, e vedovo di una persona che doveva aver conosciuto bene quando aveva alloggiato presso la casa della sorella. Castelvetro, inoltre, potrebbe essere risultato noto a Barnekow anche a causa di due edizioni di opere del primo marito della moglie curate postume dal letterato italiano, tra il 1589 e il 1590. Thomas Liebler, più famoso con il nome latinizzato di Erasto, era stato infatti uno dei più acerrimi oppositori di Pietro Severino, il celebre paracelsiano danese; Giacomo Castelvetro non doveva essere quindi completamente ignoto nei circoli dotti della Danimarca. La vasta cultura di Christian Barnekow ci è nota attraverso l’apprezzamento di diversi suoi contemporanei, quali Grynaeus, Jon Venusinus e, soprattutto, Hans Poulsen Resen, futuro vescovo di Sjælland e amico personale di Barnekow a cui dobbiamo molte delle informazioni in nostro possesso circa la vita del nobile danese, grazie all’orazione funebre che questi tenne nel 1612 e che venne data alle stampe l’anno successivo, a Copenaghen. Qui, ricordandone lo studierejse, il vescovo raccontò come Barnekow fosse ritornato in Danimarca “pieno di conoscenza e di storie” oltre che di “relazioni e discorsi” in diverse lingue. Con questi due termini l’ecclesiastico danese alludeva, con tutta probabilità, a quei documenti diplomatici, relazioni e discorsi di ambasciatori, per l’appunto, che rientravano tra le letture preferite degli studenti universitari padovani. La lista compilata da Castelvetro, dove figurano lettere e istrutioni ma, soprattutto, relationi e discorsi, era un catalogo di quella collezione di manoscritti, portata dall’Italia, a cui fece riferimento l’ecclesiastico danese commemorando Christian Barnekow. Tutti coloro i quali si sono occupati dei volumi oggi negli Stati Uniti si sono trovati concordi nel ritenerli pronti per la pubblicazione: oltre alle abbondanti correzioni (tra cui numerose alle spaziature e ai rientri) i volumi presentano infatti frontespizi provvisori, ma completi (con data di stampa, luogo, impaginazione dei titoli – a loro volta occasionalmente corretti – motto etc.), indici del contenuto e titolature laterali per agevolare lettura e consultazione. Anche Jakob Ulfeldt, amico e compagno di viaggi e di studi di Barnekow, riportò a casa una collezione di documenti (GKS 500–505 fol.) per molti aspetti analoga a quella di Barnekow e che si dimostra di grande importanza per comprendere peculiarità e specificità di quella di quest’ultimo. I testi di Ulfeldt risultano assemblati senza alcuna coerenza, si rivelano ricchi di errori di trascrizione e di grammatica, e non offrono alcuna divisione interna, rendendone l’impiego particolarmente arduo. Le annotazioni di un copista italiano suggeriscono inoltre come, già a Padova, potesse essere stato difficoltoso sapere con certezza quali documenti fossero effettivamente presenti nella collezione e quali si fossero smarriti (prestati, perduti, pagati ma mai ricevuti…). La raccolta di Barnekow, che aveva le stesse fonti semi-clandestine di quella dell’amico, doveva trovarsi in condizioni per molti versi simili e solo la mano di un esperto avrebbe potuto portarvi ordine. Giacomo Castelvetro – nipote di Ludovico Castelvetro, uno dei filologi più celebri della propria generazione, e un filologo egli stesso, fluente in italiano, latino e francese, oltre che collaboratore di lunga data di John Wolfe, editore londinese specializzato nella pubblicazione di opere italiane – possedeva esattamente quelle competenze di cui Barnekow aveva bisogno e ben si intuisce come mai quest’ultimo lo convinse a seguirlo in Danimarca. I compiti di Castelvetro presso Barnekow furono quelli di passarne in rassegna la collezione, accertarsi dell’effettivo contenuto, leggerne i testi, raggrupparli per tematica e area geografica, sceglierne i più significativi, emendarli, e prepararne quindi un’edizione. Sapendo che Castelvetro poté occuparsi della prima parte del compito nei, frenetici, mesi danesi, diviene pure comprensibile come mai egli portò con sé i volumi oggi negli Stati Uniti quando si diresse in Svezia: mancava ancora la parte forse più delicata del lavoro, un’ultima revisione dei testi prima che questi fossero passati a un tipografo perché li desse alle stampe. La ragione principale che sottostò all’idea di pubblicare un’edizione di “scritture politiche” italiane in Danimarca fu la presenza, in tutta l’Europa centro settentrionale del tempo, di una vera e propria moda italiana che i contatti tra corti, oltre che i viaggi d’istruzione della nobiltà, dovettero diffondere anche in Danimarca. Nel tardo Cinquecento gli autori italiani cominciarono ad essere sempre più abituali nelle biblioteche private danesi e la conoscenza dell’italiano, sebbene non completamente assente anche in altri settori della popolazione, divenne una parte fondamentale dell’educazione della futura classe dirigente del paese nordico, come prova l’istituzione di una cattedra di italiano presso l’appena fondata Accademia di Sorø, nel 1623. Anche in Danimarca, inoltre, si tentò di attrarre esperti e artisti italiani; tra questi, l’architetto Domenico Badiaz, Giovannimaria Borcht, che fu segretario personale di Frederik Leye, borgomastro di Helsingør, il maestro di scherma Salvator Fabris, l’organista Vincenzo Bertolusi, il violinista Giovanni Giacomo Merlis o, ancora, lo scultore Pietro Crevelli. A differenza dell’Inghilterra non si ebbero in Danimarca edizioni critiche di testi italiani; videro però la luce alcune traduzioni, anche se spesso dal tedesco, di autori italiani, quali Boccaccio e Petrarca, e, soprattutto, si arrivò a pubblicare anche in italiano, come dimostrano i due volumi di madrigali del Giardino Novo e il trattato De lo schermo overo scienza d’arme di Salvator Fabris, usciti tutti a Copenaghen tra il 1605 e il 1606. Un’ulteriore ragione che motivò la scelta di stampare una raccolta come quella curata da Castelvetro è da ricercarsi poi nello straordinario successo che la letteratura di “maneggio di stato” (relazioni diplomatiche, compendi di storia, analisi dell’erario) godette all’epoca, anche, se non specialmente, presso i giovani aristocratici centro e nord europei che studiavano in Italia. Non a caso, presso Det Kongelige Bibliotek, si trovano diverse collezioni di questo genere di testi (GKS 511–512 fol.; GKS 525 fol.; GKS 500–505 fol.; GKS 2164–2167 4º; GKS 523 fol.; GKS 598 fol.; GKS 507–510 fol.; Thott 576 fol.; Kall 333 4º e NKS 244 fol.). Tali scritti, considerati come particolarmente adatti per la formazione di coloro che si fossero voluti dedicare all’attività politica in senso lato, supplivano a una mancanza propria dei curricula universitari dell’epoca: quella della totale assenza di qualsivoglia materia che si occupasse di “attualità”. Le relazioni diplomatiche risultavano infatti utilissime agli studenti, futuri servitori dello Stato, per aggiornarsi circa i più recenti avvenimenti politici e religiosi europei oltre che per ottenere informazioni attorno a paesi lontani o da poco scoperti. Sebbene sia impossibile stabilire con assoluta certezza quali e quante delle collezioni di documenti oggi conservate presso Det Kongelige Bibliotek siano state riportate in Danimarca da studenti danesi, pare legittimo immaginare che almeno una buona parte di esse lo sia stata. L’interesse doveva essere alto e un’edizione avrebbe avuto mercato, con tutta probabilità, anche fuori dalla Danimarca: una pubblicazione curata filologicamente avrebbe offerto infatti testi di gran lunga superiori a quelli normalmente acquistati da giovani dalle possibilità economiche limitate e spesso sprovvisti di una padronanza adeguata delle lingue romanze. Non a caso, nei medesimi anni, si ebbero edizioni per molti versi equivalenti a quella pensata da Barnekow e da Castelvetro. Nel 1589, a Colonia, venne pubblicato il Tesoro politico, una scelta di materiale diplomatico italiano (ristampato anche nel 1592 e nel 1598), mentre tra il 1610 e il 1612, un altro testo di questo genere, la Praxis prudentiae politicae, vide la luce a Francoforte. La raccolta manoscritta di Barnekow ebbe però anche caratteristiche a sé stanti rispetto a quelle degli altri giovani danesi a lui contemporanei. Barnekow, anzitutto, continuò ad arricchire la propria collezione anche dopo il rientro in patria come dimostra, per esempio, una relazione d’area fiamminga datata 1594. La biblioteca manoscritta di Barnekow si distingue inoltre per l’ampiezza. Se conosciamo per Ulfeldt trentadue testi che questi portò con sé dall’Italia (uno dei suoi volumi è comunque andato perduto) la lista di “scritture politiche” di Barnekow ne conta ben duecentoottantaquattro. Un’altra peculiarità è quella di essere composta inoltre di testi sciolti, cioè a dirsi non ancora copiati o rilegati in volume. Presso Det Kongelige Bibliotek è possibile ritrovare infatti diversi degli scritti registrati nella lista stilata da Castelvetro: dodici riconducibili con sicurezza e sette per cui la provenienza parrebbe per lo meno probabile. A lungo il problema di chi sia stato Michele – una persona vicina a Barnekow a cui Castelvetro afferma di aver pagato parte degli originali dei manoscritti oggi in America – è parso, di fatto, irrisolvibile. Come ipotesi di lavoro, e basandosi sulle annotazioni apposte ai colophon, si è proposto che Michele potesse essere il proprietario di quei, pochi, testi che compaiono nei volumi oggi a Chicago e New York ma che non possono essere ricondotti all’elenco redatto da Castelvetro. Michele sarebbe stato quindi un privato, legato a Barnekow e a lui prossimo, da lui magari addirittura protetto, ma del quale non era al servizio, e che doveva avere presso di sé una biblioteca di cui Castelvetro provò ad avere visione al fine di integrare le scritture del nobile danese in vista della sua progettata edizione. Il fatto che nel 1596 Michele fosse in Italia spiegherebbe poi come potesse avere accesso a questo genere di opere. Che le possedesse per proprio diletto oppure che, magari, le commerciasse addirittura, non è invece dato dire. L’analisi del materiale oggi negli Stati Uniti si rivela ricca di spunti. Per quanto riguarda Castelvetro pare delinearsi, sempre di più, un ruolo di primo piano nella diffusione della cultura italiana nell’Europa del secondo Cinquecento, mentre Barnekow emerge come una figura veramente centrale nella vita intellettuale della Danimarca a cavallo tra Cinque e Seicento. Sempre Barnekow si dimostra poi di grandissima utilità per iniziare a studiare un tema che sino ad oggi ha ricevuto, probabilmente, troppa poca attenzione: quello dell’importazione in Danimarca di modelli culturali italiani grazie all’azione di quei giovani aristocratici che si erano formati presso le università della penisola. A tale proposito l’influenza esercitata dalla letteratura italiana di “maneggio di stato” sul pensiero politico danese tra sedicesimo e diciassettesimo secolo è tra gli aspetti che meriterebbero studi più approfonditi. Tra i risultati meno esaurienti si collocano invece quelli legati all’indagine e alla ricostruzione della biblioteca di Barnekow e, in particolare, di quanto ne sia sopravvissuto. Solo un esame sistematico, non solo dei fondi manoscritti di Det Kongelige Bibliotek, ma, più in generale, di tutte le altre biblioteche e collezioni scandinave, potrebbe dare in futuro esiti soddisfacenti.
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