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Thèses sur le sujet « Caratteristiche cliniche »

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Giunchi, Susanna <1965&gt. « Caratteristiche cliniche ed ecografiche dei Sarcomi Uterini ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4613/1/GIUNCHI_SUSANNA_TESI.pdf.

Texte intégral
Résumé :
Obiettivo: descrivere le caratteristiche ecografiche e flussimetriche dei sarcoma uterini Materiali e Metodi: Dall'archivio anatomopatologico di due cliniche Universitarie sono state reclutate retrospettivamente tutte le pazienti con diagnosi anatomopatologica di sarcoma uterino. Tutte le cartelle cliniche, le immagini e i filmati digitalizzati sono stati analizzati e dati raccolti in un database. Risultati: Sono stati inclusi nello studio 49 casi, che comprendono 17 leiomiosarcoma, 14 sarcoma dello stroma endometriale e 18 carcinosarcoma. L'età media alla diagnosi è stata 62 anni (range 35-87). L'ottanta per cento delle pazienti erano in menopausa al momento della diagnosi. Circa la metà delle pazienti presentavano sanguinamento anomalo e il 20% dolore pelvico. La maggior parte delle lesioni sono apparse iso-ipoecogene, senza coni d’ombra (47/49;96%). Conclusioni: I sarcomi uterini sono un gruppo eterogeneo di tumori che presentano aspetti ecografici diversi anche in relazione all’istotipo. Conoscere le diverse caratteristiche può essere utile ai fini di una corretta diagnosi. Nel nostro studio l’assenza dei coni d’ombra risulta essere l’aspetto più significativo.
Objectives: To describe the gray-scale and Color-doppler sonographic features of uterine sarcomas. Methods: consecutive patients with a histological diagnosis of uterine sarcoma were retrospectively recruited from the databases of two gynecologic oncology Departments. The sonographic reports and the digital images were analysed. Results: Forty-nine cases were included in the study: 17 leiomyiosarcoma, 14 endometrial stromal sarcoma and 18 carcinosarcoma. Median age of the patient population was 62 years (range 35-87). Half of the cases presented abnormal uterine bleeding and 20% pelvic pain. 47/49 (96%) lesions appeared as iso-hypoechoic, without cones of shadow. Conclusions: Uterine sarcomas are a heterogeneous group of tumours showing a range of preoperative sonographic aspects depending on the histological subtype. Knowledge of the spectrum of sonographic findings might help in suspecting these malignant tumours at ultrasound. Opposite to the most common benign uterine mesenchimal tumors (leyomiomas), they never show cones of shadow.
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Giunchi, Susanna <1965&gt. « Caratteristiche cliniche ed ecografiche dei Sarcomi Uterini ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4613/.

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Résumé :
Obiettivo: descrivere le caratteristiche ecografiche e flussimetriche dei sarcoma uterini Materiali e Metodi: Dall'archivio anatomopatologico di due cliniche Universitarie sono state reclutate retrospettivamente tutte le pazienti con diagnosi anatomopatologica di sarcoma uterino. Tutte le cartelle cliniche, le immagini e i filmati digitalizzati sono stati analizzati e dati raccolti in un database. Risultati: Sono stati inclusi nello studio 49 casi, che comprendono 17 leiomiosarcoma, 14 sarcoma dello stroma endometriale e 18 carcinosarcoma. L'età media alla diagnosi è stata 62 anni (range 35-87). L'ottanta per cento delle pazienti erano in menopausa al momento della diagnosi. Circa la metà delle pazienti presentavano sanguinamento anomalo e il 20% dolore pelvico. La maggior parte delle lesioni sono apparse iso-ipoecogene, senza coni d’ombra (47/49;96%). Conclusioni: I sarcomi uterini sono un gruppo eterogeneo di tumori che presentano aspetti ecografici diversi anche in relazione all’istotipo. Conoscere le diverse caratteristiche può essere utile ai fini di una corretta diagnosi. Nel nostro studio l’assenza dei coni d’ombra risulta essere l’aspetto più significativo.
Objectives: To describe the gray-scale and Color-doppler sonographic features of uterine sarcomas. Methods: consecutive patients with a histological diagnosis of uterine sarcoma were retrospectively recruited from the databases of two gynecologic oncology Departments. The sonographic reports and the digital images were analysed. Results: Forty-nine cases were included in the study: 17 leiomyiosarcoma, 14 endometrial stromal sarcoma and 18 carcinosarcoma. Median age of the patient population was 62 years (range 35-87). Half of the cases presented abnormal uterine bleeding and 20% pelvic pain. 47/49 (96%) lesions appeared as iso-hypoechoic, without cones of shadow. Conclusions: Uterine sarcomas are a heterogeneous group of tumours showing a range of preoperative sonographic aspects depending on the histological subtype. Knowledge of the spectrum of sonographic findings might help in suspecting these malignant tumours at ultrasound. Opposite to the most common benign uterine mesenchimal tumors (leyomiomas), they never show cones of shadow.
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Pipitone, Paride. « Ecografia tridimensionale in tempo reale : caratteristiche, potenzialità e applicazioni cliniche ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/23035/.

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Résumé :
L’obiettivo di questa tesi è quello di mettere a confronto l’ecografia RT-3D con tre metodiche per l’acquisizione delle immagini quali TC, ECO2D ,RM e osservare quali tra queste risulti più completa per proprietà tecniche e caratteristiche pratiche principalmente in ambito cardiologico. Si intende inoltre confrontare i risultati ottenuti tramite 2D TEE con quelli ottenuti con RT3D TEE nella valutazione della dimensione dell’auricola atriale sinistra, confrontando secondariamente i dati con quelli ricavati tramite TC a 64 strati adoperata come gold standard e terzo, osservare l’influenza della presenza di fibrillazione atriale sulla variazione di dimensione LAA principalmente tenendo in considerazione la dimensione dell’orifizio dell’auricola.
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Civitavecchia, Giuseppe <1975&gt. « Neoplasie intraduttali papillari mucinose del pancreas : caratteristiche cliniche, istopatologiche ed eco-endoscopiche ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/4072/1/Tesi_Dott._Giuseppe_Civitavecchia.pdf.

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Civitavecchia, Giuseppe <1975&gt. « Neoplasie intraduttali papillari mucinose del pancreas : caratteristiche cliniche, istopatologiche ed eco-endoscopiche ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/4072/.

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Caio, Giacomo Pietro Ismaele <1986&gt. « Caratteristiche cliniche, istologiche ed immunologiche dell'adenocarcinoma dell'intestino tenue associato alla malattia celiaca ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7701/1/Caio_GiacomoPietroIsmaele_tesi.pdf.

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Résumé :
L’adenocarcinoma dell’intestino tenue (SBA) è una neoplasia estremamente rara nella popolazione generale. La letteratura suggerisce che la malattia celiaca (MC) sia associata ad un aumentato rischio di sviluppare un SBA, ma non ci siano dati sulle caratteristiche di questa variante associata a MC. Lo scopo dello studio è consistito nel chiarire la prevalenza del SBA in una coorte soggetti con MC, definendo le loro caratteristiche cliniche, istologiche ed immunologiche. Sono stati studiati retrospettivamente (1995-2014) tutti i casi di SBA trovati in associazione a MC. Le biopsie dei casi identificati sono state valutate attraverso indagini immunoistochimiche impiegando anticorpi monoclonali che riconoscono markers epiteliali intestinali (e.g. MUC2, CDX2 e CD10) e gastrici (e.g. MUC5AC e MUC6). Sono inoltre state ricercate eventuali mutazioni di KRAS, NRAS e BRAF. Sono stati identificati 5 SBA su 779 pazienti con MC (0,65%), tutte di sesso femminile età media 53. La tipizzazione dell'HLA ha mostrato un DQ2+ in tutti i casi. Al momento della diagnosi di SBA il quadro clinico di questi pazienti era caratterizzato da diarrea in 3 casi e da episodi subocclusivi negli altri due casi. La più frequente localizzazione anatomica dell’SBA era il digiuno. In nessuno dei 5 casi lo SBA è stato preceduto da una malattia celiaca refrattaria. L’esame istologico eseguito mostrava la presenza in tre casi di un carcinoma di alto grado, scarsamente differenziato (grado III-IV). La sopravvivenza a 5 anni è risultata molto migliore rispetto al SBA sporadico. KRAS è stato trovato mutato in 2/5 casi. L’ SBA associato a MC sembra avere caratteristiche cliniche, istologiche e fenotipiche differenti rispetto al SBA sporadico. In particolare: a) il più frequente coinvolgimento del sesso femminile; b) l’età di esordio più giovane; c) la localizzazione digiunale; d) una migliore prognosi associata a positività per CDX2; e) presenza di neoplasie con KRAS mutato.
The small bowel adenocarcinoma (SBA) is a very rare neoplasia in the general population. Previous studies suggest that celiac disease (CD) is associated with an increased risk in developing a SBA. Unfortunatly, there are no information about the features of this cancer when associated with CD. The aims of the present study were to shed light on the prevalence of SBA in a CD patients cohort and to define its clinical, histological and immunological features. We retrospectively investigated all the cases of SBAs in a cohort of CD patients during a 19 years period (1995-2014). Biopsies from selected cases were analyzed by immunohistochemestry, looking for intestinal and gastric markers, using monoclonal antibodies against MUC2, CDX2, CD10, MUC5AC, MUC6. Moreover, we checked the presence of KRAS, NRAS and BRAF mutations. We identified 5 cases of SBA in a population of 779 CD patients (0,65%). All the SBA found were in female patients with a mean age of 53 years. The HLA genotyping revealed a positivity for the DQ2+ in all cases. At onset SBA showed a clinical picture characterized by diarrhoea in 3 cases and subocclusion in 2 cases. Refractory CD never preceded the onset of a SBA. Th histologica evaluation revealed a high grade, poorly differentiated neoplasia in 3 cases (G3-G4). Overall survival at 5 years was extremely better than that of the sporadic SBA. A mutation of KRAS was found in 2/5 cases. In conclusion, the SBA associated with CD showed different features in comparison to the sporadic one, in particular: a) a female gender predominace, b) a lower median age at diagnosis, c) a preferred jejunal localization, d) a better prognosis (in particular when associated witha CDX2 positivity) and e) for the finding of KRAS mutations.
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Caio, Giacomo Pietro Ismaele <1986&gt. « Caratteristiche cliniche, istologiche ed immunologiche dell'adenocarcinoma dell'intestino tenue associato alla malattia celiaca ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7701/.

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Résumé :
L’adenocarcinoma dell’intestino tenue (SBA) è una neoplasia estremamente rara nella popolazione generale. La letteratura suggerisce che la malattia celiaca (MC) sia associata ad un aumentato rischio di sviluppare un SBA, ma non ci siano dati sulle caratteristiche di questa variante associata a MC. Lo scopo dello studio è consistito nel chiarire la prevalenza del SBA in una coorte soggetti con MC, definendo le loro caratteristiche cliniche, istologiche ed immunologiche. Sono stati studiati retrospettivamente (1995-2014) tutti i casi di SBA trovati in associazione a MC. Le biopsie dei casi identificati sono state valutate attraverso indagini immunoistochimiche impiegando anticorpi monoclonali che riconoscono markers epiteliali intestinali (e.g. MUC2, CDX2 e CD10) e gastrici (e.g. MUC5AC e MUC6). Sono inoltre state ricercate eventuali mutazioni di KRAS, NRAS e BRAF. Sono stati identificati 5 SBA su 779 pazienti con MC (0,65%), tutte di sesso femminile età media 53. La tipizzazione dell'HLA ha mostrato un DQ2+ in tutti i casi. Al momento della diagnosi di SBA il quadro clinico di questi pazienti era caratterizzato da diarrea in 3 casi e da episodi subocclusivi negli altri due casi. La più frequente localizzazione anatomica dell’SBA era il digiuno. In nessuno dei 5 casi lo SBA è stato preceduto da una malattia celiaca refrattaria. L’esame istologico eseguito mostrava la presenza in tre casi di un carcinoma di alto grado, scarsamente differenziato (grado III-IV). La sopravvivenza a 5 anni è risultata molto migliore rispetto al SBA sporadico. KRAS è stato trovato mutato in 2/5 casi. L’ SBA associato a MC sembra avere caratteristiche cliniche, istologiche e fenotipiche differenti rispetto al SBA sporadico. In particolare: a) il più frequente coinvolgimento del sesso femminile; b) l’età di esordio più giovane; c) la localizzazione digiunale; d) una migliore prognosi associata a positività per CDX2; e) presenza di neoplasie con KRAS mutato.
The small bowel adenocarcinoma (SBA) is a very rare neoplasia in the general population. Previous studies suggest that celiac disease (CD) is associated with an increased risk in developing a SBA. Unfortunatly, there are no information about the features of this cancer when associated with CD. The aims of the present study were to shed light on the prevalence of SBA in a CD patients cohort and to define its clinical, histological and immunological features. We retrospectively investigated all the cases of SBAs in a cohort of CD patients during a 19 years period (1995-2014). Biopsies from selected cases were analyzed by immunohistochemestry, looking for intestinal and gastric markers, using monoclonal antibodies against MUC2, CDX2, CD10, MUC5AC, MUC6. Moreover, we checked the presence of KRAS, NRAS and BRAF mutations. We identified 5 cases of SBA in a population of 779 CD patients (0,65%). All the SBA found were in female patients with a mean age of 53 years. The HLA genotyping revealed a positivity for the DQ2+ in all cases. At onset SBA showed a clinical picture characterized by diarrhoea in 3 cases and subocclusion in 2 cases. Refractory CD never preceded the onset of a SBA. Th histologica evaluation revealed a high grade, poorly differentiated neoplasia in 3 cases (G3-G4). Overall survival at 5 years was extremely better than that of the sporadic SBA. A mutation of KRAS was found in 2/5 cases. In conclusion, the SBA associated with CD showed different features in comparison to the sporadic one, in particular: a) a female gender predominace, b) a lower median age at diagnosis, c) a preferred jejunal localization, d) a better prognosis (in particular when associated witha CDX2 positivity) and e) for the finding of KRAS mutations.
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MAMPIERI, GIANLUCA. « Le tecnologie CAD-CAM in odontoiatria : il sistema Invisalign : caratteristiche tecniche ed applicazioni cliniche ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/557.

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Résumé :
La tecnologia CAD-CAM (Computer Aided Design - Computer Aided Manufacturing) è presente in diversi settori dell’odontoiatria dalla diagnosi, alla chirurgia implantare, alla protesi sino di recente all’ortodonzia. In campo ortodontico la tecnologia CAD-CAM è alla base del sistema Invisalign, un innovativa tecnica in grado di riallineare i denti mediante una serie di mascherine in polimero trasparente, rimovibili ed invisibili. Gli elementi innovativi ed unici di Invisalign sono il Clincheck e la produzione industriale delle apparecchiature ortodontiche tramite la stereolitografia. Il Clincheck, la fase CAD del processo, è una rappresentazione grafica virtuale tridimensionale del piano di trattamento prescritto dal medico e riproduce le fasi della terapia in base alle quali verranno successivamente realizzate le mascherine. I vantaggi offerti dal Clincheck sono la possibilità di programmare e visualizzare la terapia prima che essa venga attuata. La fase CAM del processo è rappresentata dalla produzione industriale automatizzata delle mascherine basata sulla tecnica stereolitografica; questo è il secondo elemento innovativo di Invisalign. La stereolitografia consente la fabbricazione di una serie di modelli in resina realizzati con un polimero fotopolimerizzabile perfettamente corrispondenti ai modelli virtuali delle arcate visualizzati sul pc attraverso il Clincheck. Il nostro studio ha voluto testare la validità di questa tecnica ortodontica affrontando il trattamento di un paziente con caratteristiche cliniche al limite delle indicazioni presenti in letteratura e fornite dalla stessa Align Technology. I risultati ottenuti, decisamente positivi, ci fanno ritenere Invisalign una tecnica estremamente affidabile, predicibile e che presenta delle potenzialità di sviluppo ancora notevoli. Si può ben sperare che in futuro il campo di applicazione clinica di questa tecnica si amplierà notevolmente permettendo il trattamento di malocclusioni che oggi vengono ancora corrette esclusivamente con ortodonzia fissa.
The CAD-CAM (Computer Aided Design - Computer Aided Manufacturing) technology is present in different sectors of dentistry: diagnosis, implantology, prosthodontics and orthodontics. In orthodontics the CAD-CAM technology is the base of the Invisalign system, a new technique to align teeth by a series of individualized, removable, and invisible acrylic splints. The innovative and original elements of Invisalign are the Clincheck and the Stereolithography technology to produce orthodontic appliances. The Clincheck (CAD phase) is a three-dimensional graphic representation of the treatment’s plan prescribed by the orthodontist, which reproduces the single stages of the therapy corresponding to the single aligners that will be produced. The Clincheck’s advantages are the possibility to program, view, and modify the therapy before it is realized. The CAM phase is represented by the industrial production of the aligners based on the Stereolithography technology: this is the second original element of the Invisalign. In fact, the Stereolithography lets the production of a series of the resin plastic models made photoactivated polymer, which correspond to the virtual models of the Clincheck. From these plastic resin models, clear removable appliances (aligners) are made. In this work we want to test the validity of Invisalign by the treatment of a patient with a malocclusion not indicated for this new technique yet. The positive clinical results indicate that the Invisalign is a reliable and predictable technique, which presents still potentiality of development. In the future, the clinical indications of Invisalign will become wider, enabling the treatment of malocclusions that today are corrected only by fixed appliances.
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PECA, DONATELLA. « Caratteristiche cliniche, ultrastrutturali e meccanismo molecolare del deficit congenito delle proteine del surfattante polmonare ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/564.

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Résumé :
Il surfattante polmonare è una miscela di fosfolipidi e proteine strutturali sintetizzati dagli pneumociti di tipo II. Riveste come una sottile pellicola la parete interna degli alveoli e svolge il ruolo fondamentale di ridurre la tensione superficiale all’interfaccia aria-liquido, prevenendo così il collasso alveolare nella fase di espirazione del ciclo respiratorio. Il deficit di surfattante rappresenta la maggiore causa di sindrome da di stress respiratorio (RDS) nei neonati. In molti casi la RDS è transitoria ed è legata all’immaturità del polmone, invece un’insufficienza respiratoria progressiva in neonati a termine e vicini al termine, potrebbe essere causata da difetti nei geni delle proteine correlate al surfattante. In particolare due proteine svolgono un ruolo critico per le proprietà tensioattive del surfattante, le proteine del surfattante B (SP-B), e C (SP-C), che rappresentano circa il 4% del surfattante e sono codificate rispettivamente dai geni SFTPB e SFTPC. Mutazioni sui geni codificanti per queste proteine sono la causa di insufficienza respiratoria neonatale acuta e interstiziopatia polmonare nel lattante e nel bambino. Recentemente, mutazioni sul gene “ATP binding cassette A3” (ABCA3) che codifica una proteina trasportatrice di fosfolipidi espressa specificatamente negli pneumociti di tipo II, sono state associate anch’esse a sindrome di distress respiratorio letale e polmonite interstiziale infantile idiopatica nel neonato a termine e nel bambino. Obiettivo di questo lavoro è l’identificazione di alterazioni genetiche associate a deficit del surfattante nei neonati e lattanti affetti da malattie respiratorie progressive ed inspiegate, e lo studio dei meccanismi molecolari ad esse correlati. Un gruppo di 15 pazienti con tale quadro clinico è stato sottoposto allo studio genetico per i geni correlati al surfattante e, per quei pazienti per i quali era disponibile la biopsia polmonare, ad analisi istopatologica e ultrastrutturale del polmone. I difetti genici dell’ABCA3 sono apparsi in questo studio come la causa principale di malattia parenchimale polmonare inspiegata nei neonati e lattanti. Dai risultati ottenuti si deduce l’importanza della combinazione dello studio genetico con l’analisi ultrastrutturale per eseguire la diagnosi completa di queste malattie rare e ancora in gran parte sconosciute.
Pulmonary surfactant is a mixture of phospholipids and structural proteins synthetized by type II pneumocytes. It spreads as a thin layer on the alveolar wall and plays the fundamental role of lowering surface tension at the air-liquid interface, thus preventing alveolar collapse in the expiratory phase of the respiratory cycle. Surfactant deficiency is the leading cause of the respiratory distress syndrome in newborns. Whereas most cases are transient and related to lung immaturity, progressive lung disease in term and near-term infants may be caused by surfactant-related gene defects. Two proteins play a critical role for the surface tension properties: the structural surfactant proteins B (SpB) and C (SpC), that represent about 4% of surfactant and are encoded respectively by the STPFB and STPFC genes. Mutations in these genes may lead to both acute respiratory failure and chronic interstitial lung disease in newborn and infants. Recently, mutations of the ATP binding cassette A3 gene (ABCA3), that encodes a phospholipid carrier protein specifically expressed in type II pneumocytes, have been associated as well with lethal neonatal respiratory distress syndrome and chronic interstitial lung disease. The aim of this study is the identification of genetic changes connected with surfactant deficiency in newborns and infants with progressive and unexplained respiratory lung disease, and the study of related molecular mechanism. 15 patients with this clinical presentation underwent genetic analysis for surfactant-correlated genes and, when pulmonary biopsy was available, lung histopatological and ultrastructural analysis was performed. The genetic defects of ABCA3 appear to be, in this study, the first cause of unexplained parenchimal lung disease in newborns and infants. These results underline the importance of combined genetic studies and ultrastructural analysis, in order to perform the complete diagnosis of these rare disease still largely unknown.
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Conte, Carmina <1975&gt. « Studio multicentrico sulla prevalenza e sulle principali caratteristiche cliniche e biochimiche nei pazienti in dialisi paratiroidectomizzati in italia ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6572/1/Conte_C-dottorato.pdf.

Texte intégral
Résumé :
Lo studio CAVE PTX ha lo scopo di valutare la reale prevalenza della paratiroidectomia nei pazienti dializzati in Italia, verificare l’aderenza ai targets ematochimici proposti dalle linee guida internazionali K/DOQI e ricercare la presenza di fratture vertebrali e calcificazioni vascolari. Al momento attuale riportiamo i dati preliminari sulla prevalenza e le caratteristiche cliniche generali dei pazienti finora arruolati. Il nostro studio ha ricevuto contributi da 149 centri dialisi italiani, su un totale di 670, pari al 22%. La popolazione dialitica dalla quale sono stati ottenuti i casi di paratiroidectomia è risultata pari a 12515 pazienti;l’87,7% dei pazienti effettuava l’emodialisi mentre il 12,3% la dialisi peritoneale. Cinquecentoventotto, pari al 4,22%, avevano effettuato un intervento di paratiroidectomia (4,5%emodializzati, 1,9% in dialisi peritoneale;p<0.001). Abbiamo considerato tre gruppi differenti di PTH: basso (<150 pg/ml), ottimale (150 -300 pg/ml) ed elevato (>300 pg/ml). I valori medi di PTH e calcemia sono risultati significativamente diversi (più alti) tra casi e controlli nei due gruppi con PTH basso (PTX = 40±39 vs controllo = 92±42 pg/ml; p<.0001) e PTH alto (PTX= 630 ± 417 vs controllo 577 ±331; p<.05). La percentuale di pazienti con PTH troppo basso è risultata più elevata nei pazienti chirurgici rispetto al resto della popolazione (64vs23%; p<0.0001), mentre la percentuale dei casi con PTH troppo alto è risultata significativamente più alta nel gruppo di controllo (38%vs19%; p<0.003). Il 61% dei casi assumeva vitamina D rispetto al 64 % dei controlli; l’88% vs 75% un chelante del fosforo ed il 13%vs 35% il calciomimentico. In conclusione, la paratiroidectomia ha una bassa prevalenza in Italia, i pazienti sono più spesso di sesso femminile, in emodialisi e con età relativamente giovane ma da più tempo in dialisi.
CAVE PTX study aims to evaluate, in dialysis patients submitted to PTX, the control and therapies of divalent ions (phase I), and the prevalence of aortic calcifications and vertebral fractures (phase II). We report here the phase I results. Biochemistries and therapies of PTX patients were collected by means of an electronic data sheet from 149 Italian dialysis Units. A control group (C), comparable for age, sex and dialysis duration, was selected from the whole cohort. From a total of 12515 patients (HD = 87.7%;PD = 12.3%), 528(4.22%) had received PTX. Prevalence of PTX was definitely higher in HD(4.5%) compared to PD(1.9%). Respectively in PTX and C, PTH was low(<150) in 64 vs 23%; optimal (150-300) in 17 vs 39%; and high(>300) in 19 vs 38%. Ca, P and PTH values in the three K/DOQI PTH range groups are in table 2. Prescribed drugs, respectively in PTX and C, were: Vitamin D (61 vs 64%); Phosphate binders (88 vs 75%) and Calcimimetic (13 and 35%). Notably, Calcitriol and Ca based binders in PTX, and Paricalcitol and Sevelamer in C, were the most frequently prescribed drugs. PTX has a low prevalence in Italy, and mainly involves relatively young, females and long-term haemodialysis patients. In these patients PTH values are mostly low and therapeutic choices are accordingly different. Different hard outcomes can be hypothesized
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Conte, Carmina <1975&gt. « Studio multicentrico sulla prevalenza e sulle principali caratteristiche cliniche e biochimiche nei pazienti in dialisi paratiroidectomizzati in italia ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6572/.

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Résumé :
Lo studio CAVE PTX ha lo scopo di valutare la reale prevalenza della paratiroidectomia nei pazienti dializzati in Italia, verificare l’aderenza ai targets ematochimici proposti dalle linee guida internazionali K/DOQI e ricercare la presenza di fratture vertebrali e calcificazioni vascolari. Al momento attuale riportiamo i dati preliminari sulla prevalenza e le caratteristiche cliniche generali dei pazienti finora arruolati. Il nostro studio ha ricevuto contributi da 149 centri dialisi italiani, su un totale di 670, pari al 22%. La popolazione dialitica dalla quale sono stati ottenuti i casi di paratiroidectomia è risultata pari a 12515 pazienti;l’87,7% dei pazienti effettuava l’emodialisi mentre il 12,3% la dialisi peritoneale. Cinquecentoventotto, pari al 4,22%, avevano effettuato un intervento di paratiroidectomia (4,5%emodializzati, 1,9% in dialisi peritoneale;p<0.001). Abbiamo considerato tre gruppi differenti di PTH: basso (<150 pg/ml), ottimale (150 -300 pg/ml) ed elevato (>300 pg/ml). I valori medi di PTH e calcemia sono risultati significativamente diversi (più alti) tra casi e controlli nei due gruppi con PTH basso (PTX = 40±39 vs controllo = 92±42 pg/ml; p<.0001) e PTH alto (PTX= 630 ± 417 vs controllo 577 ±331; p<.05). La percentuale di pazienti con PTH troppo basso è risultata più elevata nei pazienti chirurgici rispetto al resto della popolazione (64vs23%; p<0.0001), mentre la percentuale dei casi con PTH troppo alto è risultata significativamente più alta nel gruppo di controllo (38%vs19%; p<0.003). Il 61% dei casi assumeva vitamina D rispetto al 64 % dei controlli; l’88% vs 75% un chelante del fosforo ed il 13%vs 35% il calciomimentico. In conclusione, la paratiroidectomia ha una bassa prevalenza in Italia, i pazienti sono più spesso di sesso femminile, in emodialisi e con età relativamente giovane ma da più tempo in dialisi.
CAVE PTX study aims to evaluate, in dialysis patients submitted to PTX, the control and therapies of divalent ions (phase I), and the prevalence of aortic calcifications and vertebral fractures (phase II). We report here the phase I results. Biochemistries and therapies of PTX patients were collected by means of an electronic data sheet from 149 Italian dialysis Units. A control group (C), comparable for age, sex and dialysis duration, was selected from the whole cohort. From a total of 12515 patients (HD = 87.7%;PD = 12.3%), 528(4.22%) had received PTX. Prevalence of PTX was definitely higher in HD(4.5%) compared to PD(1.9%). Respectively in PTX and C, PTH was low(<150) in 64 vs 23%; optimal (150-300) in 17 vs 39%; and high(>300) in 19 vs 38%. Ca, P and PTH values in the three K/DOQI PTH range groups are in table 2. Prescribed drugs, respectively in PTX and C, were: Vitamin D (61 vs 64%); Phosphate binders (88 vs 75%) and Calcimimetic (13 and 35%). Notably, Calcitriol and Ca based binders in PTX, and Paricalcitol and Sevelamer in C, were the most frequently prescribed drugs. PTX has a low prevalence in Italy, and mainly involves relatively young, females and long-term haemodialysis patients. In these patients PTH values are mostly low and therapeutic choices are accordingly different. Different hard outcomes can be hypothesized
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Migliorino, Valentina. « Relazione tra dati ultrasonografici ossei e caratteristiche cliniche in un gruppo di pazienti con diabete di tipo 1 ». Doctoral thesis, Università di Catania, 2013. http://hdl.handle.net/10761/1460.

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Résumé :
INTRODUZIONE Il Diabete Mellito tipo 1 è associato ad una riduzione del 10% della Densità Minerale Ossea (BMD) rispetto ad una popolazione adulta non diabetica. Esistono inoltre evidenze del ruolo esercitato dalle complicanze microvascolari e dalla neuropatia presenti nel diabete nella maggiore incidenza di osteoporosi. Al contrario numerosi studi non documentano una chiara correlazione tra scadente compenso glicemico e ridotta BMD in questi pazienti. DISEGNO DELLO STUDIO E METODI I partecipanti allo studio sono 22 pazienti di sesso femminile con età media 26,7 anni, tutte afferenti al Centro Diabetologico del Dipartimento di Medicina Clinica e Biomolecolare dell Università di Catania. In tutte queste pazienti è stata valutata l emoglobina glicosilata, la presenza di complicanze croniche del diabete, il fabbisogno insulinico, la durata di malattia, l introito giornaliero di calcio. È stato condotto un esame ultrasonometrico delle falangi per ottenere una misurazione indiretta della BMD (attraverso indici specifici della qualità dell osso quali Ad-SoS e UBPI) e questi parametri sono stati correlati con le caratteristiche metaboliche e cliniche delle pazienti. RISULTATI Abbiamo riscontrato una correlazione statisticamente significativa tra durata di malattia e ridotti valori di T-score (p= 0,013) e Z-score (p= 0,05). L analisi statistica per valori di T-score ha evidenziato una correlazione statisticamente significativa tra maggiore fabbisogno insulinico e più elevati livelli di T-score (p= 0,001). Non abbiamo riscontrato una correlazione significativa tra la presenza di complicanze croniche del diabete e i dati ultrasonografici ottenuti. CONCLUSIONI Il diabete mellito di tipo 1 è associato a ridotti valori di densità minerale ossea e la durata della malattia nel nostro studio correla maggiormente con questo dato sebbene i meccanismi sottostanti a tale associazione non siano definitivamente chiariti. Tuttavia la possibilità di eseguire un test diagnostico di basso costo e privo di rischi come l ultrasonografia ossea permette un approccio utile nel paziente diabetico anche se giovane ed eventualmente un follow-up a lungo termine che possa mettere in atto misure di prevenzione per le fratture da fragilità.
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D'URSO, NAZARIO. « Profili epidemiologici e clinici di pazienti affetti da disturbi mentali in regime di detenzione ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2013. http://hdl.handle.net/10281/49730.

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Nel mondo ci sono più di 10 milioni di detenuti. Recenti studi evidenziano che in tale popolazione la prevalenza di disturbi mentali è da 2 a 10 volte superiore rispetto alla popolazione generale. Allo scopo di valutare la gravità sintomatologica dei soggetti detenuti affetti da una patologia mentale, oltre che le caratteristiche cliniche e socio-demografiche, abbiamo condotto uno studio trasversale, della durate di 12 mesi, di casi consecutivi su soggetti detenuti presso la Casa Circondariale di Monza inviati per una consultazione psichiatrica (N=202). Sono state raccolte le variabili cliniche e socio-demografiche. E' stata formulata una diagnosi clinica in accordo al DSM IV-TR e sono state somministrate la Clinical Global Impressions (CGI), la Global Assessment Functioning (GAF), la Positive and Negative Syndrome Scale (PANSS), la Hamilton Rating Scale for Depression (HAM-D), la Hamilton Anxiety Scale (HAM-A), Mania Rating Scale (MRS) e la Barratt Impulsiveness Scale versione 11 (BIS-11). Tutti i pazienti sono stati seguiti prospetticamente fino al termine dello studio e sono state registrate le principali variabili cliniche. Inoltre, sono state indagate le differenze cliniche e socio-demografiche tra sottogruppi di pazienti suddivisi in base al genere, alla diagnosi psichiatrica, alla presenza/assenza di un uso di sostanze in comorbilità, alla gravità sintomatologica, alla detenzione in condizione d'isolamento ed alla presenza/assenza di condotte autolesive e/o tentati suicidio. Questo studio rappresenta uno spaccato della condizione clinica del paziente affetto da patologia mentale, detenuto nelle carceri italiane. Mette in luce alcune criticità del sistema psichiatrico penitenziario. I risultati sottolineano la necessità di introdurre nella normale pratica clinica nuove procedure di screening che prevedano l'utilizzo di interviste psicodiagnostiche strutturate ed una maggior integrazione tra i Dipartimenti di Salute Mentale e i Servizi per le Tossicodipendenze al fine di individuare correttamente tutti i soggetti che possono beneficiare di un trattamento psichiatrico. Infine, supportano l'evidenza dell'utilità di scale psicometriche nell'individuare la popolazione di soggetti con maggior rischio di compiere agiti autolesivi e tentati suicidio.
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Procino, Filippo. « Analisi Quantitativa del Dispendio Energetico e delle Caratteristiche della Dieta nel Paziente con Diabete Mellito : Applicazioni Cliniche di Protocolli Innovativi ». Doctoral thesis, Università di Foggia, 2014. http://hdl.handle.net/11369/331790.

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INTRODUZIONE: Gli interventi sullo stile di vita, in particolar modo l’attività fisica e la dieta, rappresentano la prima scelta terapeutica nella gestione dei pazienti diabetici. Tuttavia anche la terapia non farmacologica richiede l’adattamento e la personalizzazione al singolo individuo. Le metodiche di valutazione dell’attività fisica e di indagine nutrizionale più accurate risultano laboriose, costose ed a volte invasive e quindi mal si adattano alle necessità e alle risorse tipiche delle realtà ambulatoriali. Gli obiettivi di questo lavoro sono stati: 1) definire il dispendio da attività fisica di persone affette da vari tipi di diabete (diabete tipo 2, diabete tipo 1, diabete gestazionale) attraverso modalità di indagine validate, semplici e realizzabili su ampia scala in un setting ambulatoriale; 2) correlare i dati sull’attività fisica con i principali parametri antropometrici, metabolici e di rischio cardiovascolare; 3) verificare l’applicabilità di questo sistema di indagine in una popolazione di pazienti anziani; 4) elaborare un metodo di valutazione semplificato per l’aderenza alle indicazioni della terapia nutrizionale. MATERIALI E METODI: Sono stati reclutati 677 pazienti affetti da diabete; dei quali 101 affetti da diabete tipo 1 (DM1) e 576 affetti da diabete tipo 2 (DM2). E’ stato analizzato anche un sottogruppo di pazienti gravide con diabete: 63 pazienti gestanti affette da diabete. Per la sotto-analisi relativa alla popolazione anziana, l’intera coorte è stata suddivisa in base all’età in pazienti “giovani” (< 65anni) e “anziani” (>65 anni). In tutti i pazienti è stato valutato il dispendio energetico da attività fisica mediante l’uso di un questionario di valutazione IPAQ. In un sottogruppo di 200 pazienti, infine, è stato testato un questionario alimentare semplificato, appositamente creato, con l’obiettivo di delineare in maniera rapida le caratteristiche della dieta dei soggetti in studio. Il rischio cardiovascolare è stato stimato mediante l’algoritmo UKPDS. Il confronto tra due gruppi di medie è stato eseguito mediante test t di Student per campioni indipendenti; il confronto tra più gruppi mediante ANOVA One Way ed analisi post hoc di Tukey. Le differenze di frequenze sono state analizzate mediante tabella di contingenza 2 x 2 e test χ-quadro. È stata inoltre effettuata un’analisi di correlazione mediante test di Pearson. RISULTATI: Il 61% dei pazienti DM1 ed il 55,9 % dei DM2 hanno mostrato un livello di dispendio energetico classificato come basso. Suddividendo i pazienti in base ai quartili (q) di spesa energetica (espressa in METs) abbiamo, rilevato nei pazienti diabetici autoimmuni, differenze statisticamente significative nella distribuzione del peso (2°q: 74.86 vs 4°q: 65.16 Kg; p=0.023) e dei Trigliceridi (2°q: 98.21vs 2°q: 58.29mg/dl; p=0.014); nei DM2 abbiamo rilevato una ridotta percentuale di rischio di ictus (1°q: 15.55 vs 4°q: 10.47%; p<0.05) di patologie coronariche (1°q: 20.72 vs 4°q: 16.27%; p<0.05) e di patologie coronariche fatali (1°q: 15.84 vs 4°q: 11.5%; p<0.05) nei quartili di spesa energetica superiore al primo. Il 45% delle pazienti gravide esaminate hanno mostrato un livello di dispendio energetico basso. Suddividendo per livelli di dispendio energetico abbiamo rilevato differenze significative nella distribuzione di col tot (basso: 250.67 vs medio: 157.33mg/dl; p<0.05) e trigliceridi (basso: 194 vs medio: 53.33mg/dl; p<0.05). Tra i pazienti anziani esaminati, il 55,6% hanno mostrato un dispendio energetico basso. Analizzando i pazienti per dispendio energetico abbiamo rilevato una differenza tendenzialmente significativa nella distribuzione dell’età (basso: 73.2 vs medio: 71.7anni; p=0.052) e della durata della malattia (basso: 14.16 vs alto: 8.82anni; p=0.057). Valutando i risultati del sottogruppo di pazienti sottoposti al questionario alimentare (punteggio min: 28 max: 112 punti) abbiamo rilevato che: il 4% dei pazienti ha ottenuto un punteggio basso (50-70 punti), medio il 78,5% (71-91 punti), alto il 17,5% (92-112 punti). Il punteggio totale del questionario correla negativamente con il BMI medio (R2: -0,125; p=0,079), e con i valori di transaminasi-GTP (R2: -0,240; p=0,044). CONCLUSIONI: L’analisi dei dati conferma che la maggior parte dei soggetti in esame hanno un grado di dispendio energetico basso, e questo suggerisce che l’implementazione della modifica dello stile di vita dovrebbe essere affrontata come un problema sociale di primaria importanza. È stata evidenziata per la prima volta una correlazione diretta tra entità del dispendio energetico e riduzione del rischio cardiovascolare: ciò appare particolarmente importante, nell’ottica dell’approccio globale al paziente diabetico. Le metodiche indagate potrebbero risultare utili nell’individuazione rapida di gruppi di pazienti omogenei da indirizzare a determinati interventi terapeutici e preventivi, al fine di personalizzare sempre più le scelte terapeutiche ed ottimizzare le risorse a disposizione dei singoli ambulatori.
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Cassone, Giulia. « Caratteristiche cliniche e nuovi orizzonti diagnostico-terapeutici delle vasculiti dei grandi vasi e della interstiziopatia polmonare secondaria ad artrite reumatoide ». Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2022. http://hdl.handle.net/11380/1288753.

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Le patologie reumatiche autoimmuni sono malattie croniche con un importante impatto sanitario in tutto il mondo. Il loro impatto economico e sociale deriva da una diminuzione della qualità della vita, dalla perdita di produttività e dall'aumento dei costi dell'assistenza sanitaria. Senza approcci adeguati alla gestione dei pazienti e al controllo di queste malattie, ci si può aspettare che questo impatto aumenti con il progressivo invecchiamento della popolazione. Attualmente, per alcune patologie reumatiche, mancano ancora accurati dati epidemiologici e rimane la necessità di progressi significativi in termini di diagnosi precoce, trattamento e gestione dei pazienti. Sezione A: L'arterite a cellule giganti (GCA) è la forma più comune di vasculite nei pazienti di età superiore ai 50 anni. Negli ultimi decenni molta attenzione è stata data al coinvolgimento extracranico dei grandi vasi, in particolare dopo lo sviluppo di nuovi strumenti di imaging come PET-TC, angio-RM (MRA) e angio-TC (CTA). Non è noto, tuttavia, quanto queste metodiche siano efficaci per valutare l'attività della malattia durante la terapia. Il trattamento della GCA si basa principalmente sull'uso a lungo termine di glucocorticosteroidi (GC). Tocilizumab è stato recentemente approvato per il trattamento della GCA, tuttavia viene spesso utilizzato in combinazione con GC, con conseguente alto rischio di effetti collaterali. Partendo da queste considerazioni, abbiamo realizzato uno studio osservazionale monocentrico per valutare le variazioni cliniche e di imaging in una serie di pazienti con GCA trattati con glucocorticosteroidi (GCs) per breve periodo e tocilizumab (TCZ) s.c. Abbiamo inoltre valutato l'efficacia e la sicurezza della monoterapia con TCZ come trattamento di mantenimento nella GCA. I nostri risultati preliminari hanno dimostrato che le tecniche di imaging sembrano essere utili nel valutare l'attività della malattia nei pazienti con GCA durante il trattamento. TCZ in monoterapia ha dimostrato un buon profilo di sicurezza nei pazienti con GCA, tuttavia il suo potenziale effetto nello stabilizzare o risolvere l'infiammazione dei grandi vasi senza l'uso concomitante di GC deve ancora essere dimostrato in ampi studi clinici randomizzati. Sezione B: L'artrite reumatoide (AR) è una malattia infiammatoria cronica che colpisce lo 0,5%-1% della popolazione mondiale. L’interstiziopatia polmonare (ILD) è la forma di coinvolgimento polmonare più comune dell'AR. Tutti gli studi disponibili sulla prevalenza di ILD in AR sono retrospettivi, con piccole serie di pazienti e numerosi bias, e quindi non affidabili. La diagnosi precoce rimane un essenziale ma difficile obiettivo clinico, in quanto l'aumento delle opportunità di diagnosticare l'ILD potrebbe migliorare la qualità della vita dei pazienti e diminuire la mortalità e l'elevato utilizzo delle risorse sanitarie. Sebbene il coinvolgimento polmonare rappresenti la seconda causa di morte nei pazienti con AR, non esistono approcci di screening randomizzati o linee guida di gestione di tale complicanza. Diversi agenti terapeutici sono stati suggeriti per il trattamento della RA-ILD, attualmente però non esistono studi clinici controllati randomizzati che supportino solide linee guida terapeutiche. In questo contesto, gli obiettivi di questo progetto di studio sono: -effettuare una revisione della letteratura e dello stato dell’arte sul trattamento dell'ILD nei pazienti con AR e discuterne i problemi irrisolti, anche suggerendo una proposta per la loro gestione clinica e analizzando l'evoluzione dell'RA-ILD nei pazienti trattati con tocilizumab e abatacept; -indagare l'utilità di uno strumento di screening tramite la rilevazione dei crepitii polonari a velcro e la loro analisi mediante un algoritmo opportunamente sviluppato; - eseguire uno studio osservazionale multicentrico prospettico internazionale per valutare l'incidenza e la prevalenza di ILD in pazienti con AR.
Autoimmune rheumatic diseases are chronic diseases with a major health impact worldwide. Their economic and social burden results from a decreased quality of life, lost productivity, and increased costs of health care. Without appropriate approaches to patient management and control of these diseases, this impact can be expected to increase as the population ages. Challenges in studying rheumatic diseases lie in achieving accurate epidemiological data and making efforts to obtain significant progress in terms of early diagnosis, treatment, and management of patients. Section A: Giant-cell arteritis (GCA) is the most common form of vasculitis in patients over 50 years old. Extra-cranic large vessel involvement (LVI) has emerged in recent decades, especially with the development of new imaging tools such as PET-TC, MR-Angiography (MRA) and CT-Angiography (CTA). It is unknown, however, how effective these methods are for assessing disease activity while patients are under treatment. GCA treatment is mainly based on long term use of corticosteroids (GCs). Tocilizumab has recently been approved for the treatment of GCA. However, it is often use in combination with GCs, with subsequent high risk of side effects. Starting from these considerations, we underwent a monocentric observational study to evaluate clinical and functional/morphological imaging variations in a series of patients with GCA treated with ultra-short corticosteroids (GCs) and tocilizumab (TCZ) s.c. We also evaluated effectiveness and safety of TCZ monotherapy as a maintenance treatment in GCA. In our preliminary results, radiologic tools seem to be useful methods for assessing disease activity in GCA patients during treatment. TCZ demonstrated a good safety profile in patients with GCA, however its potential effect in stabilize or resolve large vessels inflammation without the concomitant use of GCs has yet to be demonstrated in large randomized clinical trials. Section B: Rheumatoid arthritis (RA) is the most common chronic inflammatory disease, affecting 0.5%-1% of the population worldwide. Interstitial lung disease (ILD) is the most common and serious complication of lung involvement in RA. All the available studies about the prevalence of ILD in AR are retrospective, with small series of patients and numerous biases, and therefore not reliable. Moreover, this complication is often underrated, particularly in its earliest stages. An early diagnosis is challenging, and the increase of the opportunities to diagnose ILD could improve the quality of life of patients and decrease the mortality and the high utilization of healthcare resources. Although lung involvement represents the second cause of death in RA patients, there are no randomized screening approaches or management guidelines. Several therapeutic agents have been suggested for the treatment of RA-ILD, but nowadays there are no randomized controlled clinical trials to support therapeutic guidelines and treatment of RA-ILD is still based on empirical approaches. In this background, aims of this study project were: -to review the current literature on the treatment of ILD in RA patients and discuss the unsolved problems regarding this challenging patient cohort, even suggesting a framework for their management and analyzing the evolution of RA-ILD in patients treated with tocilizumab and abatacept; -to investigate the usefulness of detecting velcro crackle in lung sounds by analyze them using a suitably developed algorithm, as an early screening of RA-ILD; -to perform an international prospective multicenter observational study to evaluate incidence and prevalence of ILD in patients with RA.
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Pigozzi, Barbara. « Eziopatogenesi e terapia dell'acne : studio epidemiologico delle caratteristiche cliniche di una popolazione di pazienti affetti da acne e analisi dei polimorfismi del gene codificante per il recettore degli androgeni e del gene codificante per il citocromo P-450 1A1 ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425152.

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Background: Acne vulgaris is a chronic inflammatory disease of the pilosebaceous follicles, which are located on the face, neck, chest, upper back, and upper arms. It is a pleomorphic disorders with multifactorial pathogenesis. Typically, lesions range from open and closed comedones to inflammatory papules, pustules, cysts, nodules and scarring may result. Acne vulgaris is the most common skin disorders. The pathogenesis of acne centers on the interaction of sebaceous hyperplasia, follicular hyperkeratinization, proliferation of Propionibacterium acnes, inflammation and immune reaction. But the aetiology is already understand and the evolution, severity and response to treatment are subject to variations. Some studies have shown the importance of genetic factors in the pathogenesis of acne, but the role of heredity on acne severity and response to treatment remains unclear. The role of androgens is well established and their action is mediated by the androgen receptor. The amino-terminal domain of this receptor, is required for transcriptional activation and contains a region of polyglutamine encoded by CAG trinucleotide repeats. In humans, the number of CAG repeats is polymorphic. Recently some studies have shown an association between this polymorphism and acne and other androgens influence diseases, such as androgenetic alopecia, prostate cancer. Other genetic studies have shown a relationship between polymorphisms in the Human cytochrome P-450 1A1 gene (CYP1A1) and acne. The cytochrome P-450 1A1 is one of the most active enzymes involved in retinoids metabolism. Retinoids are morphogenic for the sebaceous gland. In a recent study it has been signalled in acne patients a high frequency of the thymine-to-cytosine (T-to-C) transition situated at position 6235 creating an additional cleavage site for MspI. In order to improve the treatment of patients, prognostic factors of acne severity and evolution must be studied. Systematic assessment of the severity of acne continues to challenge the clinician. Acne is a pleomorphic disorder of variable course and anatomical distribution. For these reasons, no system has been accepted universally. Aim: The aim of our study was to analyze some clinic and epidemiologic features of patients affected by acne vulgaris to try to understand what role they can play in the pathogenesis of acne and if they can be prognostic factors of acne severity. Second goal is validation of a grading system of severity, which features are accuracy and reproducibility and that can be used also by practicing clinicians. Third purpose of this study is to test for an association between acne and acne severity, and CAG repeat length in the androgen receptor gene, and CYP1A1 polymorphism. Patients and Methods: A descriptive, prospective epidemiological study was conducted from January 2005 to October 2007 . It concerned patients with acne referred to Pediatrics Department and Dermatology Department for treatment of acne. We included patients with mild, moderate or severe acne. Epidemiological and clinical data, such as sex, age, age at onset, prepubertal or not, menarche age, family history of acne (father, mother, both parents, brother or others), body mass index, concomitant diseases (focusing on endocrine conditions), extension of lesion at onset, type and extension of lesions, grading of severity, therapy were collected in a data base. The severity of acne was recorded using Global Acne Grading System (GAGS), (Doshi et al.), Leeds technique (Cunliffe score), Global Evaluation Scale (GES) at first visit and, for some patients, at 3, 6, 12 months. We developed another grading system ("differentiated GAGS"), modifying GAGS in order to obtain a score for the face and a score for the trunk. Epidemiologic analysis was made using t-student, Pearson e Rho di Spearman tests by software SPSS. The polymorphisms were studied with the use of polymerase chain reaction and sequencing for the androgen receptor gene, and restriction fragment length polymorphism for CYP1A1. Comparisons of allele and haplotype frequencies between cases and controls were analyzed by c2-tests. Results and conclusion: 210 patients, 122 females and 88 males, aged 10-39 years, affected by mild to severe acne, were included in this study. Female showed a earlier onset compared to males. We found a role of hereditary factors. Presenting both parents affected by acne did not correlated with severity of the disease but seems with its duration. Late onset acne appears to be different and to be caused by dissimilar pathogenetic mechanisms. It's almost exclusive of female subjects and it's not correlated with hereditary factors. Male hormones are responsible of acne manifestation especially in particular body areas. Female subjects usually develop acne after menarche. Patients developing acne before menarche are prone to more severe truncal involvement. For many reasons it's important to have a separate severity index for face and trunk. We developed the "Differentiated GAGS" scoring index, that significantly correlated with the Cunliffe score index obtained with the Leeds technique. Concerning the analysis of the two genetic factors in our study population, we found a promising role of CYP450 1A1 polymorphisms. Further studies are required to clarify the role of these genetic factors in the pathogenesis of acne.
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Roffi, Alice <1983&gt. « Platelet-rich plasma : caratteristiche biologiche ed applicazione clinica ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amsdottorato.unibo.it/7993/1/Roffi_Alice_tesi.pdf.

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L’OA del ginocchio è una delle patologie degenerative articolari più diffuse che colpisce un numero crescente di persone a livello mondiale e per la quale non esiste tuttora una cura definitiva. Differenti strategie terapeutiche sistemiche e locali sono applicate nella pratica clinica, dai trattamenti farmacologici, alle procedure infiltrative. Sfortunatamente quando queste strategie terapeutiche falliscono, l’unica opzione per evitare o rimandare la sostituzione totale dell’articolazione è rappresentata da tentativi chirurgici invasivi, con tempi di riabilitazione molto lunghi e spesso incompleti e limitati nel tempo. Al fine quindi di proporre una soluzione mini-invasiva per migliorare lo stato della superficie articolare e permettere un veloce ritorno alle attività quotidiane, sono stati sviluppati approcci terapeutici di origine biologica, tra questi i concentrati piastrinici (PRP). La mancanza di PRP omogenei in letteratura rende difficile paragonare i risultati ottenuti nei vari studi complicando la ricerca, sia in campo preclinico che nella valutazione dell’efficacia di questo approccio per il trattamento di lesioni dell’apparato muscoloscheletrico nell’uomo. L’obiettivo di questo lavoro di Dottorato è quello di approfondire la conoscenza dell’effetto dei concentrati piastrinici attraverso un approccio multidisciplinare, integrando i risultati in vitro ed in vivo, integrando i risultati al fine di ottimizzare i protocolli di applicazione esistenti ed aumentare il potenziale terapeutico di questo innovativo approccio terapeutico. Il PRP è un trattamento sicuro, i dati clinici mostrano infatti l’assenza di eventi avversi post trattamento. Non può essere considerato come trattamento di prima linea per quei pazienti affetti da degenerazione della cartilagine articolare, anche da un punto di vista puramente logistico, limitando il suo impiego a pazienti che non hanno tratto beneficio da altri trattamenti conservativi. Particolare importanza rivestono la concentrazione delle piastrine, dei leucociti e il metodo di attivazione, che possono essere modulati al fine di crear il PRP idoneo al tipo di patologia da trattare.
Knee OA is one of the most common degenerative joint disease that affects an increasing number of people worldwide and for which there is still no definitive cure. Different local and systemic therapeutic strategies are applied in clinical practice, as pharmacological treatments or the infiltrative procedures. Unfortunately, when these therapeutic strategies fail, the only option to avoid or postpone total joint replacement is represented by invasive surgical procedures, with very long rehabilitation times and often incomplete and limited in time. Therefore, in order to propose a mini-invasive solution to improve the status of the articular surface and allow a faster return to daily activities, therapeutic approaches of biological origin have been developed, among these platelet concentrates (PRP) are gaining great attention to the scientific community. A lack of omogeneous PRP in the literature makes it difficult to compare results across studies complicating the research, both in the field that in the preclinical evaluation of this approach for the treatment of musculoskeletal injuries apparatus in humans. The aim of this PhD work is to deepen the understanding of the effect of platelet concentrates through a multidisciplinary approach by integrating the results in vitro and in vivo in order to optimize existing application protocols and increase the potential therapeutic use of this innovative approach. The PRP is safe, clinical data show in fact the absence of adverse events after treatment. It cannot be considered as first-line treatment for patients suffering from degeneration of articular cartilage, even from a purely logistical point of view, limiting its use in patients who have not benefited from other conservative treatments. Of particular importance are the concentration of platelets, leukocytes and the activation method, which can be modulated in order to create the proper PRP for the pathology to be treated.
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Watutantrige, Fernando Sara. « Caratteristiche clinico molecolari dei carcinomi tiroidei differenziati ad alto rischio ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3425871.

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Résumé :
Background: Differentiated thyroid carcinoma (DTC) is the most common endocrine malignancy, and its incidence is rapidly increasing. Its prognosis is usually excellent, but some patients exhibit an aggressive tumor with poor clinical outcome. The clinical-molecular features that confer an aggressive phenotype in DTC are object of various studies, being the clinical significance of some of them still uncertain. A greater knowledge of clinical, pathological and molecular features of DTC might improve the diagnostic frame and lead to an individualized therapy. The objectives of the study: 1) clinical characterization of high-risk DTC cases; 2) molecular characterization with reference on the study of BRAF, RAS, TP53, PTEN and PIK3CA genes and TERT promoter; 3) correlation between clinical and molecular features; 4) comparison of clinical-molecular profile between high- and low risk DTC. Materials and methods: We studied 119 high-risk patients (max dimension >40mm and/or metastatic) who underwent surgery for diagnosis of DTC between 2007 and 2016. Clinical-molecular features of these patients were compared with those of 144 adult patients, consecutive for molecular study, who underwent surgery for diagnosis of DTC between 2007 and 2010. Results: subjects with metastatic tumor or both metastatic and tumor size larger than 40mm had worse outcome than subjects with tumor larger than 40mm: during the follow-up they had a persistent disease or were dead in 62% and 79% of cases respect to 13% of the latter (p<0,01), they were also more likely to undergo a second treatment (67% and 86% respect to 8%, p<0,01) and had a reduced Disease-Free Survival (DFS) (p<0,01). Among patients with high-risk tumors, we detected BRAF mutations in 26% of cases, RAS mutations in 10% of cases, TERT promoter mutations in 18% of cases, TP53 mutations in 1% of cases, PTEN mutations in 2% of cases, PIK3CA in 3% of cases. No link was found between these mutations and outcome, except for TERT promoter mutations that were linked to a more severe disease. Metastatic subjects had a higher prealence of TERT promoter mutations than subjects with larger size tumors (27% vs 11%, p<0,01). Patients with high-risk cancer had worse clinical-pathological features than low-risk patients, except for the rate of multifocal disease. Regarding the outcome, high-risk patients had poorer clinical outcome, were more likely to have second treatment and had reduced DFS. BRAF gene mutations were more often found in low-risk carcinomas respect to the high-risk ones (61% vs 26%, p<0,01), while among high-risk cases respect to the low-risk ones, RAS mutations were more common (10% vs 2%, p<0,01), particularly in tumors >40mm, so that TERT mutations (18% vs 3%, p<0,01), particularly among metastatic subjects. Globally, TERT promoter mutations, even in association with other molecular events, are related to older age (67 years vs 47 years, p<0,01), larger tumor size (43mm vs 17mm, p<0,01), tumor extension (T4: 11% vs 4%, p<0,01), distant metastases (56% vs 18%, p<0,01), advanced stage (stage IV: 41% vs 11%, p<0,01), need for a second treatment (27% vs 17%, p<0,01) and worse outcome (persistence/death 69% vs 18%, p<0,01). With the multivariate analysis, TERT mutations, lymph node involvement and distant metastatis resulted independent risk factors for predicting a persistent disease. Conclusions: patients with high-risk tumors, particularly metastatic ones, had a worse outcome. The prognostic value of sex, age, tumor size, multifocality, T, N, M and stage was confirmed; TERT mutations, lymph node involvement and distant metastases were found to be independent risk factors for predicting a persistent disease. Patients carrying TERT promoter mutations were found to have a poorer prognosis: they have aggressive carcinomas and worse clinical outcome. No link was found between BRAF, RAS, TP53, PTEN and PIK3CA gene mutations and the clinical-pathological features analyzed.
Presupposti dello studio: Alcuni pazienti affetti da carcinoma differenziato tiroideo (DTC) esitano in persistenza o decesso. Una maggiore definizione delle caratteristiche clinico-molecolari potrebbe consentire un miglior inquadramento diagnostico e l’esecuzione di una terapia individualizzata. Scopo dello studio: 1) caratterizzazione clinica dei casi dei DTC ad alto rischio dell’adulto; 2) caratterizzazione molecolare (BRAF, RAS, TP53, PTEN, PIK3CA e di TERT promotore) nei DTC ad alto rischio dell’adulto; 3) correlazione tra gli aspetti clinico/molecolari; 4) confronto tra il profilo clinico/molecolare dei DTC ad alto rischio con quelli a basso rischio. Materiali e metodi: Abbiamo studiato 119 pazienti con tumore ad alto rischio (dimensione maggiore >40mm e/o metastasi a distanza), sottoposti a intervento chirurgico per DTC tra il 2007 e il 2016. Le caratteristiche clinico/molecolari dei pazienti sono state confrontate con quelle di 144 pazienti adulti consecutivi per studio molecolare. Risultati: I soggetti con tumore metastatico e metastatico di grosse dimensioni presentavano outcome peggiore dei soggetti con tumore>40mm: risultavano più frequentemente persistenti/deceduti (62% e 79% vs 13%, p<0,01), necessitavano più spesso di secondo trattamento (67% e 86% vs 8%, p<0,01) e presentavano Disease-Free Survival (DFS) ridotta (p<0,01). Nel gruppo dei carcinomi ad alto rischio sono state riscontrate mutazioni puntiformi a carico di BRAF (26%), RAS (10%), TERT promotore (18%), TP53 (1%), PTEN (2%) e PIK3CA (3%). Tra i pazienti mutati e quelli wt non è stata rilevata differenza di outcome fatta eccezione per la mutazione di TERT, che era correlata ad indici di malattia più severi. I soggetti metastatici presentavano una maggior prevalenza di mutazioni a carico di TERT rispetto ai soggetti con tumore>40mm (27% vs 11%, p<0,01). I pazienti ad alto rischio differivano dai pazienti a basso rischio per tutte le caratteristiche clinico/patologiche analizzate, eccetto la frequenza di multifocalità, risultavano più spesso persistenti/deceduti, presentavano più frequentemente necessità di secondo trattamento e mostravano ridotta DFS. Le mutazioni di BRAF sono risultate più frequenti nel gruppo di carcinomi a basso rischio (61% vs 26%, p<0,01), mentre nei carcinomi ad alto rischio sono risultate più frequenti le mutazioni di RAS (10% vs 2%, p<0,01), in particolare nei tumori>40mm, e di TERT promotore (18% vs 3%, p<0,01), in particolare nei soggetti metastatici. Globalmente la mutazione di TERT promotore, anche in associazione con altri eventi molecolari, era correlata ad età avanzata (64aa vs 47aa, p<0,01), dimensione maggiore (43mm vs 17mm, p<0,01), estensione del tumore (T4 11% vs 4%, p<0,01), metastasi a distanza (56% vs 18%, p<0,01), stadio avanzato (stadio IV 41% vs 11%, p<0,01), necessità di secondo trattamento (57% vs 17%, p<0,01) ed outcome peggiore (persistenza/decesso 69% vs 18%, p<0,01). All’analisi multivariata sono risultati fattori indipendenti di outcome negativo la presenza di mutazioni a carico di TERT, il coinvolgimento linfonodale e la presenza di metastasi a distanza (p<0,05). Conclusioni: i pazienti con tumore ad alto rischio, in particolare i metastatici, presentano un outcome peggiore. L’impatto prognostico di tutte le caratteristiche cliniche analizzate (sesso, età, dimensioni, multifocalità, T, N, M, stadio) è stato confermato, sebbene siano risultati fattori indipendenti per recidiva o persistenza di malattia la presenza di mutazioni di TERT promotore, il coinvolgimento linfonodale e le metastasi a distanza. La mutazione di TERT è associata ad una prognosi peggiore: i soggetti mutati presentano malattia più aggressiva e un outcome peggiore. Non sono state rilevate differenze di prognosi nei pazienti che presentavano mutazioni puntiformi negli altri geni indagati.
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Sagrini, Elisabetta <1981&gt. « Tumori misti epatocolangiocellulari su cirrosi : Aspetti diagnostici e caratteristiche clinico-demografiche ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7150/1/elisabetta_sagrini_tesi.pdf.

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Résumé :
Nel tumore combinato epatocolangiocellulare (CHC) le componenti epatocitarie e colangiocitarie sono entrambe presenti. Obiettivo: valutare gli aspetti diagnostici radiologici e caratteristiche clinico-demografiche del CHC su cirrosi. Raccolti pazienti con CHC su cirrosi afferenti a due centri del Nord Italia (Bologna, S. Orsola-Malpighi e Milano,IRCCS Ca’ Granda Maggiore Hospital) tra 2003-2013, con diagnosi istologica di CHC. FASE 1:confronto tra ecografia con mdc (CEUS), TC cmdc e RM cmdc nella diagnosi e caratterizzazione dei noduli di CHC. Casistica di 35 pazienti e 37 noduli (due recidive CHC incluse). Mediana delle dimensioni: 25 mm. Non si è identificato un pattern contrastografico patognomonico per CHC. Pattern di enhancement arterioso ad anello periferico, suggestivo per forma colangiocitaria, atipico per HCC, presente nel 26%,50%,29% dei noduli a CEUS,TC,RM. La CEUS avrebbe portato a una errata diagnosi di HCC tipico in un numero maggiore di casi (48%) vs TC(15%,p=0.005), e RM(18%,p=0.080).L’indicazione della malignità del nodulo (presenza di wash-out dopo enhancement arterioso), era fornita con maggiore accuratezza da parte della CEUS(78%), vs TC (24%,p<0.0001) e RM(29%,p=0.002). FASE 2:analisi degli aspetti clinico-laboratoristici e prognostici del CHC e confronto tramite match 1:2 con HCC su cirrosi (36 CHC,72 HCC). Nel CHC correlano positivamente con sopravvivenza le terapie “curative” (trapianto, resezione chirurgica, terapie ablative percutanee a radiofrequenza/ alcolizzazione), stadio precoce alla diagnosi, dimensioni e essere in sorveglianza per diagnosi precoce di HCC. Correlano indipendentemente con sopravvivenza stadio precoce di malattia (unifocale, ≤ 2 cm) e essere in programma di sorveglianza(multivariata). Sopravvivenze del CHC sovrapponibili al gruppo HCC a 1 anno, e lievemente inferiori a 3/5 anni (81%, 39%, 21% vs 83%, 59% e 40%,p=0.78,p=0.080 e p=0.14). Sopravvivenza mediana per CHC (2.36 anni) inferiore vs HCC (4.09 anni) pur senza significatività statistica.
Combined hepatocellular-cholangiocarcinoma(CHC) is a primary liver tumor whose imaging patterns have been poorly investigated; misdiagnosis for either hepatocarcinoma (HCC) or benign lesions can occur. Our aims were to retrospectively evaluate the enhancement pattern of CHC on cirrhosis at contrast-imaging techniques and its clinical features/prognosis. Histologically confirmed CHC on cirrhosis seen in two Italian centers between 2003-2013, in which at least one imaging technique(CEUS,CT or MRI) had been performed, were retrospectively collected (study group). Clinical and prognostic features of 36 CHC patients were compared to that of a control group of 72 HCC patients in a matched cohort 1:2 study. A total of 37 CHC nodules were identified.CEUS, CT and MRI were performed in 27,34 and 17 nodules, respectively. No specific contrast pattern was observed in CHC nodules, although rim-like arterial enhancement was found in 26%,50% and 29% nodules at CEUS, CT and MRI, respectively. CEUS was at higher risk of misdiagnosis of CHC for HCC (48%)than CT(15%,p=0.005)or MRI(18%,p=0.080).Only 6/24 CHC lesion submitted to both CEUS and CT showed coincident enhancement patterns;CEUS suggested malignancy in a higher number of cases than CT(p=0.001).Overall median survival was lower for the study group compared to control group, although not reaching statistical significance(2.36 vs 4.09 years). One,3-,and 5-year actuarial survival rate did not differ between the study and control groups (81%,39%, 21%vs83%,59% e 40%, respectively;p=0.78,p=0.080 and p=0.14).Small uninodular tumor and being into a screening surveillance program are related to survival in the study group (p=0.009 and p=0.002).CEUS misdiagnosed as HCC a higher number of CHC on cirrhosis than CT-MRI, however the latter two techniques less often were able to identify signs of malignancy. CHC group showed similar survival to HCC;being into a surveillance program and early stage at diagnosis are related to better survival in CHC group.
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Sagrini, Elisabetta <1981&gt. « Tumori misti epatocolangiocellulari su cirrosi : Aspetti diagnostici e caratteristiche clinico-demografiche ». Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7150/.

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Résumé :
Nel tumore combinato epatocolangiocellulare (CHC) le componenti epatocitarie e colangiocitarie sono entrambe presenti. Obiettivo: valutare gli aspetti diagnostici radiologici e caratteristiche clinico-demografiche del CHC su cirrosi. Raccolti pazienti con CHC su cirrosi afferenti a due centri del Nord Italia (Bologna, S. Orsola-Malpighi e Milano,IRCCS Ca’ Granda Maggiore Hospital) tra 2003-2013, con diagnosi istologica di CHC. FASE 1:confronto tra ecografia con mdc (CEUS), TC cmdc e RM cmdc nella diagnosi e caratterizzazione dei noduli di CHC. Casistica di 35 pazienti e 37 noduli (due recidive CHC incluse). Mediana delle dimensioni: 25 mm. Non si è identificato un pattern contrastografico patognomonico per CHC. Pattern di enhancement arterioso ad anello periferico, suggestivo per forma colangiocitaria, atipico per HCC, presente nel 26%,50%,29% dei noduli a CEUS,TC,RM. La CEUS avrebbe portato a una errata diagnosi di HCC tipico in un numero maggiore di casi (48%) vs TC(15%,p=0.005), e RM(18%,p=0.080).L’indicazione della malignità del nodulo (presenza di wash-out dopo enhancement arterioso), era fornita con maggiore accuratezza da parte della CEUS(78%), vs TC (24%,p<0.0001) e RM(29%,p=0.002). FASE 2:analisi degli aspetti clinico-laboratoristici e prognostici del CHC e confronto tramite match 1:2 con HCC su cirrosi (36 CHC,72 HCC). Nel CHC correlano positivamente con sopravvivenza le terapie “curative” (trapianto, resezione chirurgica, terapie ablative percutanee a radiofrequenza/ alcolizzazione), stadio precoce alla diagnosi, dimensioni e essere in sorveglianza per diagnosi precoce di HCC. Correlano indipendentemente con sopravvivenza stadio precoce di malattia (unifocale, ≤ 2 cm) e essere in programma di sorveglianza(multivariata). Sopravvivenze del CHC sovrapponibili al gruppo HCC a 1 anno, e lievemente inferiori a 3/5 anni (81%, 39%, 21% vs 83%, 59% e 40%,p=0.78,p=0.080 e p=0.14). Sopravvivenza mediana per CHC (2.36 anni) inferiore vs HCC (4.09 anni) pur senza significatività statistica.
Combined hepatocellular-cholangiocarcinoma(CHC) is a primary liver tumor whose imaging patterns have been poorly investigated; misdiagnosis for either hepatocarcinoma (HCC) or benign lesions can occur. Our aims were to retrospectively evaluate the enhancement pattern of CHC on cirrhosis at contrast-imaging techniques and its clinical features/prognosis. Histologically confirmed CHC on cirrhosis seen in two Italian centers between 2003-2013, in which at least one imaging technique(CEUS,CT or MRI) had been performed, were retrospectively collected (study group). Clinical and prognostic features of 36 CHC patients were compared to that of a control group of 72 HCC patients in a matched cohort 1:2 study. A total of 37 CHC nodules were identified.CEUS, CT and MRI were performed in 27,34 and 17 nodules, respectively. No specific contrast pattern was observed in CHC nodules, although rim-like arterial enhancement was found in 26%,50% and 29% nodules at CEUS, CT and MRI, respectively. CEUS was at higher risk of misdiagnosis of CHC for HCC (48%)than CT(15%,p=0.005)or MRI(18%,p=0.080).Only 6/24 CHC lesion submitted to both CEUS and CT showed coincident enhancement patterns;CEUS suggested malignancy in a higher number of cases than CT(p=0.001).Overall median survival was lower for the study group compared to control group, although not reaching statistical significance(2.36 vs 4.09 years). One,3-,and 5-year actuarial survival rate did not differ between the study and control groups (81%,39%, 21%vs83%,59% e 40%, respectively;p=0.78,p=0.080 and p=0.14).Small uninodular tumor and being into a screening surveillance program are related to survival in the study group (p=0.009 and p=0.002).CEUS misdiagnosed as HCC a higher number of CHC on cirrhosis than CT-MRI, however the latter two techniques less often were able to identify signs of malignancy. CHC group showed similar survival to HCC;being into a surveillance program and early stage at diagnosis are related to better survival in CHC group.
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MARTELLA, PATRIZIA. « Caratteristiche morfometriche della popolazione sarda dal Neolitico al XIX secolo : craniometria e statura ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2017. http://hdl.handle.net/11584/248619.

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Résumé :
The aim of this work is to contribute to antropological’ studies of Sardinia from late Neolithic (4000-3200 BCE) to 19th CE, in order to improve the knowledge of history and biological characteristic of the Sardinians. The study of skeletal material has allowed to evaluate morphological changes in time and space, to determinate the variability within population and, when possible, to make comparisons with other past and recent populations. Sardinian skeletal series with radiocarbon dates or from culturally well-defined archeological contexts have been studied. The osteometric measurements have been taken on adult’s bone, who had completed growth and who did not present evident pathological conditions. Craniofacial morphometric variation has been used to obtain information on Sardinian population structure, to investigate the biological distance and to evaluate the possible congruence with the genetic data. Biological relationships with populations of peninsular Italy and Europe, from Paleolithic to Modern period, have been also analysed to detect influences from and towards extra-Sardinian sources The analysis is based on multivariate techniques including R-Matrix analysis, principal coordinate analysis, discriminant functional analysis and cluster analysis. The results have showed a clear separation among Paleo-Meso-Neolithic populations and others more recent European populations. It has also noticed the tendency to a progressive differentiation between Sardinian groups and peninsular Italian groups with the possible exception of a discontinuity showed by the Bonnànaro (Early Bronze Age) Sardinian sample and the Sardinian Punic-Roman and Medieval samples. In fact, these groups show biological affinities with Italian coeval groups and a discontinuity with other Sardinian ancient populations. The morphological results are in agreement with the current genetics evidence for the present-day Sardinian population and ancient DNA of Sardinia sample. These data demonstrate a biological divergence between the Sardinian and peninsular Italian populations; similarity/continuity among Neolithic, Bronze Age and recent Sardinians; and a contribution of a Palaeo-Mesolithic gene pool to the genetic structure of current Sardinians Stature variations in the Sardinian population from the Neolithic to the Modern period has been studied to evaluate the intensity of millennial changes. Analyses of stature variation in prehistoric and historical populations present considerable problems in the reliability of comparisons. To properly compare the results of different studies, it would be necessary to conduct a systematic review of the chronological and cultural contexts of the skeletal series used. Moreover, it would also be necessary to identify the most appropriate method to calculate stature values, since stature reconstruction formulae are specific for certain times and places. The Sardinian samples have showed two different trends for males and females. The results of Sardinian stature variations have been then compared with the values of coeval skeletal series reported in the literature for other Southern European countries (Italy, Spain, Portugal), in order to identify a common trend in millennial changes among the considered populations. The data collected and analyzed indicated that there are no conditions to reliably identify a common trend in millennial changes among the considered populations of southern Europe. In conclusion, the analysis of morphometric characteristics of Sardinian skeletal series from Neolithic to 19th CE, suggest the reliability of a Sardinian biological continuity and their possible derivation from Western European Upper Paleolithic populations through Italian Neolithic samples. The analysis of stature data raise the issue of reliability of the estimated values and consequently the possibility of identifying a common trend in stature.
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Cerea, Silvia. « The meaning of beauty : when the problem is with body image. Prevalence, clinical features, and at risk populations of Body Dysmorphic Disorder in the Italian context ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3425343.

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Résumé :
Body Dysmorphic Disorder (BDD) is a psychological disorder characterized by the persistent preoccupation with one or more perceived defects in physical appearance that are not observable or appear slight to others (American Psychiatric Association [APA], 2013), which is currently included into the “Obsessive-Compulsive and Related Disorders” category of the Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders-Fifth Edition (DSM-5; APA, 2013). Although any body part can be the focus of concerns, the most common areas of concern in people with BDD are the skin (presence of acne or scars), the hair (hair loss, thinning, or excessive facial or body hair), and the nose (shape or size; Phillips 2006; Phillips & Diaz 1997; Phillips, McElroy, Keck, Pope, & Hudson, 1993; Veale et al., 1996), and individuals with BDD may be concerned with multiple body parts at the same time (Phillips et al., 1993; 2005). In response to the appearance concerns, individuals with BDD engage in repetitive and time-consuming behaviors and mental actions focused on examining, being reassured about, and hiding perceived defects (Phillips & Diaz, 1997; Phillips, Menard, Fay, & Weisberg, 2005). The most common are: camouflaging (e.g., with hair, makeup, body position, or sunglasses), checking the perceived defect in mirrors or other reflecting surfaces (e.g., windows), excessively grooming (e.g., applying makeup or styling hair), seeking reassurance from family and friends about the defect, repeatedly touching the disliked areas, and comparing one’s appearance with that of other people (Phillips, 2009; Phillips & Diaz, 1997; Phillips et al., 2005; Veale & Riley, 2001). Behaviors are unlimited (Phillips, 1998) and can include seeking plastic surgery or cosmetic medical treatments in order to reduce the perceived defects (Crerand, Phillips, Menard, & Fay, 2005; Phillips, Grant, Siniscalchi, & Albertini, 2001); these procedures, however, are not beneficial (Crerand et al., 2005; Phillips et al., 2001) and do not typically result in a decrease of BDD symptoms severity (Crerand et al., 2005; Phillips et al., 1993; Phillips et al., 2001). Rather, some patients with BDD experience symptoms exacerbation and development of new appearance concerns (Crerand et al., 2005; Phillips et al., 2001; Veale, 2000; Veale et al., 1996). In addition to core concerns about appearance, BDD is characterized by low self-esteem, high perfectionism, and high comorbidity rate (Phillips, 2006; Phillips et al., 1993; Phillips et al., 2005). The most common associated disorders are: Major Depressive Disorder (MDD), Social Anxiety Disorder (SAD), Obsessive Compulsive Disorder (OCD), and Anorexia Nervosa (AN; Dingemans, van Rood, de Groot, & van Furth, 2012; Grant, Kim, & Eckert, 2002; Gunstad & Phillips, 2003). Despite increased awareness of BDD in recent years, it continues to be an under-studied disorder (Buhlmann & Winter, 2011; Buhlmann et al., 2010), particularly in the Italian context. Indeed, little is known about BDD prevalence and phenomenology in Italy, and no data are available on BDD prevalence rates using DSM-5 criteria (APA, 2013) in the Italian general population. Therefore, the current dissertation aimed at assessing BDD prevalence, phenomenology, associated clinical features, and at risk populations through three studies. The first study aimed at exploring the prevalence and the phenomenology of BDD in an Italian community sample and its associated clinical features such as self-esteem, perfectionistic traits, social anxiety, depressive, and obsessive-compulsive symptoms. Six hundred and fifteen community individuals completed a battery of self-report questionnaires assessing the above-mentioned clinical features. Results showed that 10 (1.63%) individuals met DSM-5 criteria (APA, 2013) for BDD. Hair (n = 4; 4%), nose (n = 4; 4%), and teeth (n = 4; 4%) were the most common areas of concern. With respect to the associated clinical features, individuals who satisfied BDD diagnostic criteria reported lower levels of self-esteem, more severe social anxiety symptomatology, general distress, depression, and obsessive-compulsive features than people without BDD. These findings outlined that, within the Italian context, BDD is a relatively common psychological disorder associated with significant morbidity. The second study of the current dissertation focused on the shared clinical features between BDD and AN. Indeed, both the psychopathologies are severe body image disorders (Rosen, Reiter, & Orosan, 1995) characterized by body image disturbance and dissatisfaction, intrusive thoughts about appearance, and by an overemphasis on appearance in the evaluation of self-worth (Rosen & Ramirez, 1998). Furthermore, both BDD and AN are characterized by low self-esteem (Phillips, Pinto, & Jain, 2004; Rosen & Ramirez, 1998) and high levels of perfectionism (Bardone-Cone et al., 2007; Buhlmann, Etcoff, & Wilhelm, 2008; Bulik et al., 2003; Veale, 2004). Many studies underlined the high comorbidity between BDD and AN (Dingemans et al., 2012; Fenwick & Sullivan, 2011; Grant et al., 2002; Kollei, Schieber, Zwaan, Svitak, & Martin, 2013; Ruffolo, Phillips, Menard, Fay, & Weisberg, 2006), and patients with AN frequently report nonweight-related body image concerns (Dingemans et al., 2012; Grant et al., 2002; Kollei et al., 2013). Furthermore, patients with AN and comorbid BDD report greater body image dissatisfaction and clinical symptomatology than those without comorbid BDD (Dingemans et al., 2012; Grant et al., 2002). Therefore, the first aim of this study was to assess the prevalence of BDD and the presence of nonweight- related body image concerns in patients with AN. Secondly, the study aimed at comparing patients with AN and nonweight-related body image concerns, patients with weight-related body image concerns only and a healthy control group with respect to body image and psychological and psychopathological features. For these purposes, 61 patients with AN were divided in two groups: 39 with nonweight-related body image concerns and 22 with weight-related body image concerns only. Furthermore, a group of 61 healthy controls was recruited. Main results of this study showed that 16 (26.23%) patients with AN had probable comorbid BDD. The most common nonweight-related body image concerns were: hair (41.02%), nose (30.77%), skin (30.77%), teeth (25.64%), and height (20.51%). Moreover, patients with AN and nonweight-related body image concerns reported greater levels of psychopathology not related to eating disorder than patients with weight-related body image concerns only, in accordance with previous studies (Dingemans et al., 2012; Grant et al., 2002). In conclusion, patients with AN and nonweight-related body image concerns showed a more severe body image disturbance unrelated to a more severe eating disorder. Lastly, the third study of the current dissertation aimed at assessing the prevalence of Muscle Dysmorphia (MD), its associated psychological features and possible predictors among 3 groups (N = 125) of Italian recreational athletes. MD is a subtype of BDD characterized by the preoccupation with the idea that one’s body is not sufficiently lean and muscular (APA, 2013; Pope, Gruber, Choi, Olivardia, & Phillips, 1997); however, individuals with MD have a normal-looking body or are even very muscular, much more than the average of people (Pope et al., 1997). The first aim of this study was to explore the prevalence and the phenomenology of MD in 3 groups of Italian participants who trained regularly for recreational purposes: 42 bodybuilders, 61 strength trainers, and 22 fitness wellness trainers. Secondly, we aimed at investigating MD related behaviours and psychological features such as self-esteem, perfectionistic traits, social anxiety and orthorexia nervosa symptoms, and general distress among groups. Lastly, we aimed at assessing the presence of associations between MD and related psychological features among the 3 groups and, with exploratory purposes, possible MD predictors among groups. Results revealed a MD prevalence of 6.4%: 4 participants (9.52%) in the bodybuilding group, 2 participants (3.28%) in the strength group, and 2 participants (9.09%) in the fitness/wellness group satisfied Pope et al. (1997) diagnostic criteria for MD. With respect to MD associated cognitive and behavioural symptoms, the bodybuilding group reported more frequently to think about taking anabolic- androgenic steroids (AAS), to assume more than 2 daily grams of proteins, and to experience more beliefs about being smaller and weaker than desired or wishes to be more muscular than the other groups, whereas this group reported more MD general symptomatology only with respect to the fitness/wellness group. Moreover, the strength group reported to set higher standards for themselves than the other two groups. Finally, different correlational patterns among group emerged, as well as different MD predictors. Specifically, social anxiety symptoms resulted significant predictors of MD symptomatology for both the bodybuilding and the strength group, whereas no predictors emerged for the fitness/wellness group. In conclusion, results of this study underlined that the pursuit of a lean and muscular physique in bodybuilding is not always associated with MD and related psychological features. To conclude, this dissertation provides clinical hints as far as concern both preventive strategies and psychological treatment implications for BDD across at risk populations.
Il Disturbo di Dismorfismo Corporeo (Body Dysmorphic Disorder; BDD) è un disturbo psicologico caratterizzato dalla persistente preoccupazione per la presenza di uno o più presunti difetti nell’aspetto fisico che, tuttavia, appaiono agli altri come lievi o non osservabili (American Psychiatric Association [APA], 2013). Attualmente il BDD è classificato all’interno della categoria diagnostica “Disturbo Ossessivo-Compulsivo e Disturbi Correlati” nella quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders-Fifth Edition [DSM-5], APA, 2013). Le aree del corpo maggiormente oggetto di preoccupazione nelle persone con BDD sono la pelle (presenza di acne o di cicatrici), i capelli (perdita di capelli, capelli fini o eccessiva peluria), e il naso (forma o dimensione; Phillips 2006; Phillips & Diaz 1997; Phillips, McElroy, Keck, Pope, & Hudson, 1993; Veale et al., 1996), nonostante ogni area del corpo possa rappresentare il focus della preoccupazione. Le persone con BDD, inoltre, possono essere preoccupate per difetti presenti in più aree del corpo contemporaneamente (Phillips et al., 1993; 2005). In risposta alle preoccupazioni per l’aspetto fisico, le persone con BDD mettono generalmente in atto comportamenti ripetitivi e azioni mentali volti a esaminare, cercare rassicurazioni e a nascondere i presunti difetti nell’aspetto fisico (Phillips & Diaz, 1997; Phillips, Menard, Fay, & Weisberg, 2005). Tra i più comuni rientrano il camuffamento (ad esempio, con il make-up, con le posizioni del corpo o con gli occhiali da sole), il controllo dei presunti difetti in specchi o in altre superfici riflettenti (ad esempio, nelle vetrine), l’eccessivo grooming (ad esempio, applicando ripetutamente make-up o attraverso le acconciature dei capelli), la ricerca di rassicurazione da parte di familiari e amici, il toccare ripetutamente le aree del corpo oggetto di preoccupazione e il confrontare il proprio aspetto fisico con quello delle altre persone (Phillips, 2009; Phillips & Diaz, 1997; Phillips et al., 2005; Veale & Riley, 2001). I comportamenti ripetitivi e le azioni mentali che le persone con BDD possono mettere in atto sono potenzialmente illimitati (Phillips, 1998), e includono la ricerca di interventi di chirurgia plastica e medicina estetica che hanno l’obiettivo di eliminare i presunti difetti nell’aspetto fisico (Crerand, Phillips, Menard, & Fay, 2005; Phillips, Grant, Siniscalchi, & Albertini, 2001); queste procedure, tuttavia, non determinano una riduzione della gravità del BDD e della sintomatologia clinica associata (Crerand et al., 2005; Phillips et al., 1993; Phillips et al., 2001). Inoltre, a seguito di interventi di chirurgia plastica e medicina estetica, alcuni pazienti con BDD possono presentare un peggioramento della sintomatologia clinica e sviluppare nuove aree corporee di preoccupazione (Crerand et al., 2005; Phillips et al., 2001; Veale, 2000; Veale et al., 1996). Oltre alle preoccupazioni inerenti l’aspetto fisico, le persone con BDD sono caratterizzate da bassi livelli di autostima, elevato perfezionismo ed elevati tassi di comorbidità (Phillips, 2006; Phillips et al., 1993; Phillips et al., 2005). I disturbi che più frequentemente si associano in comorbidità con il BDD sono il Disturbo Depressivo Maggiore (DDM), il Disturbo d’Ansia Sociale, il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) e l’Anoressia Nervosa (AN; Dingemans, van Rood, de Groot, & van Furth, 2012; Grant, Kim, & Eckert, 2002; Gunstad & Phillips, 2003). Nonostante il crescente interesse nei confronti del BDD negli ultimi anni, questo disturbo continua a essere poco studiato (Buhlmann & Winter, 2011; Buhlmann et al., 2010), soprattutto nel contesto Italiano. Infatti, le ricerche volte a indagare la prevalenza e la fenomenologia del BDD nel contesto Italiano sono limitate, e non esistono attualmente dati di prevalenza secondo i criteri diagnostici del DSM-5 (APA, 2013). Di conseguenza, l’obiettivo principale del presente contributo è quello di indagare la prevalenza del BDD, la sua fenomenologia, le caratteristiche cliniche associate e le popolazioni a rischio attraverso tre studi. Il primo studio del presente contributo si è posto come obiettivo quello di indagare la prevalenza e le caratteristiche fenomenologiche del BDD, così come le caratteristiche cliniche associate (autostima, perfezionismo, ansia sociale e sintomi depressivi e ossessivo-compulsivi). Seicento quindici individui appartenenti alla popolazione generale hanno completato una batteria di questionari self-report volti a valutare la prevalenza e le caratteristiche fenomenologiche del BDD, così come le caratteristiche cliniche associate sopra descritte. I risultati ottenuti hanno mostrato che 10 (1.63%) partecipanti hanno soddisfatto i criteri diagnostici per il BDD secondo il DSM-5 (APA, 2013). Capelli (n = 4; 4%), naso (n = 4; 4%) e denti (n = 4; 4%) sono risultate le aree del corpo di maggiore preoccupazione tra coloro che hanno soddisfatto i criteri diagnostici per il BDD. In riferimento alle caratteristiche cliniche associate, gli individui che hanno soddisfatto i criteri diagnostici per il BDD hanno riportato minore autostima e maggiore ansia sociale, distress generale e sintomi depressivi e ossessivo-compulsivi rispetto a coloro che non hanno soddisfatto i criteri diagnostici per il BDD. Questi risultati mettono in evidenza che, nel contesto Italiano, il BDD è un disturbo relativamente comune e che si associa a elevata sintomatologia clinica. Il secondo studio del presente contributo ha preso in considerazione sia il BDD sia l’AN. Sia il BDD sia l’AN, infatti, sono gravi disturbi dell’immagine corporea (Rosen, Reiter, & Orosan, 1995) caratterizzati da insoddisfazione per il corpo, pensieri intrusivi rispetto all’aspetto fisico e da una sovrastima dell’importanza dell’aspetto fisico nella valutazione del valore di sé (Rosen & Ramirez, 1998). Inoltre, sono entrambi caratterizzati da bassa autostima Phillips, Pinto, & Jain, 2004; Rosen & Ramirez, 1998) e da elevati livelli di perfezionismo (Bardone-Cone et al., 2007; Buhlmann, Etcoff, & Wilhelm, 2008; Bulik et al., 2003; Veale, 2004). Numerosi studi hanno sottolineato la presenza di elevata comorbidità tra BDD e AN (Dingemans et al., 2012; Fenwick & Sullivan, 2011; Grant et al., 2002; Kollei, Schieber, Zwaan, Svitak, & Martin, 2013; Ruffolo, Phillips, Menard, Fay, & Weisberg, 2006); inoltre, i pazienti con AN frequentemente riportano la presenza di preoccupazioni non relative al peso e alla forma del corpo (Dingemans et al., 2012; Grant et al., 2002; Kollei et al., 2013). I pazienti con AN e BDD in comorbidità, inoltre, presentano una maggiore insoddisfazione per il corpo e una maggiore sintomatologia clinica rispetto a coloro che non presentano BDD in comorbidità (Dingemans et al., 2012; Grant et al., 2002). Di conseguenza, il primo obiettivo del presente studio è stato quello di indagare la prevalenza del BDD e la presenza di preoccupazioni non inerenti il peso e la forma del corpo in pazienti con AN. In secondo luogo, lo studio si è proposto di confrontare pazienti con AN e preoccupazioni non inerenti il peso e la forma del corpo, pazienti con AN e preoccupazioni inerenti esclusivamente il peso e la forma del corpo e un gruppo di controllo rispetto all’immagine corporea e alle caratteristiche psicologiche e psicopatologiche associate. Per questi scopi, 61 pazienti donne con AN sono state suddivise in due gruppi: 39 pazienti con preoccupazioni non inerenti il peso e la forma del corpo e 22 pazienti con preoccupazioni inerenti esclusivamente il peso e la forma del corpo. Inoltre, un gruppo di controllo composto da 61 donne appartenenti alla popolazione generale è stato reclutato. I risultati principali dello studio hanno mostrato che 16 (26.23%) pazienti con AN presentavano BDD in comorbidità e le più comuni preoccupazioni non inerenti il peso e la forma del corpo sono risultate i capelli (41.02%), il naso (30.77%), la pelle (30.77%), i denti (25.64%), e l’altezza (20.51%). Le pazienti con AN e preoccupazioni non inerenti il peso e la forma del corpo, inoltre, hanno presentato maggiore psicopatologia non inerente i disturbi del comportamento alimentare rispetto alle pazienti con AN e preoccupazioni esclusivamente inerenti il peso e la forma del corpo, in accordo con i risultati emersi in altri studi (Dingemans et al., 2012; Grant et al., 2002). Di conseguenza, le pazienti con AN e preoccupazioni non inerenti il peso e la forma del corpo hanno riportato una maggiore compromissione dell’immagine corporea non correlata a una maggiore gravità del disturbo alimentare. Infine, il terzo studio del presente contributo mirava a indagare la prevalenza del Disturbo di Dismorfismo Muscolare (Muscle Dysmorphia; MD), le caratteristiche psicologiche associate e i possibili predittori in tre gruppi (N = 125) di atleti Italiani non professionisti. MD è un sottotipo di BDD caratterizzato dalla preoccupazione che il proprio corpo non sia sufficientemente muscoloso (APA, 2013; Pope, Gruber, Choi, Olivardia, & Phillips, 1997); tuttavia, gli individui con MD hanno un corpo normale o sono addirittura molto muscolosi, molto più della media delle persone (Pope et al., 1997). Il primo obiettivo del presente studio è stato quello di indagare la prevalenza e la fenomenologia della MD in 3 gruppi di individui praticanti sport a livello ricreativo: 42 bodybuilders, 61 atleti praticanti sollevamento pesi e 22 atleti che si allenano in palestra. In secondo luogo, sono stati valutati i comportamenti e le caratteristiche psicologiche associate all’MD, tra cui autostima, perfezionismo, ansia sociale, ortoressia nervosa e distress generale tra i 3 gruppi di sportivi. Infine, il presente studio si è posto l’obiettivo di valutare la presenza di associazioni tra MD e le caratteristiche psicologiche associate nei tre gruppi e, con scopo esplorativo, di indagare i possibili predittori della MD tra i tre gruppi. I risultati dello studio hanno mostrato una prevalenza dell’MD del 6.4%: 4 partecipanti (9.52%) nel gruppo dei bodybuilders, 2 partecipanti (3.28%) nel gruppo degli atleti che sollevano pesi e 2 partecipanti (9.09%) nel gruppo di coloro che si allenano in palestra hanno soddisfatto i criteri di Pope e colleghi (1997) per la MD. Rispetto alle cognizioni e ai comportamenti tipici associati alla MD, il gruppo dei bodybuilders ha riportato più frequentemente di pensare di assumere steroidi anabolizzanti (anabolic-androgenic steroids; AAS), di assumere più di 2 gr di proteine al giorno e di avere pensieri relativi al voler essere più muscolosi rispetto agli altri due gruppi di sportivi. Per quanto riguarda la sintomatologia generale tipica della MD, invece, essa è stata riportata in maniera più elevata dal gruppo dei bodybuilders solo rispetto al gruppo che si allena in palestra. Inoltre, il gruppo di sportivi che solleva pesi ha riportato maggiori livelli di perfezionismo rivolto verso il sé rispetto agli altri due gruppi. Infine, diversi pattern correlazionali sono emersi tra i tre gruppi, così come diversi predittori. Nello specifico, la sintomatologia di ansia sociale è risultata predittiva della sintomatologia MD sia per il gruppo dei bodybuilders sia per il gruppo degli atleti che sollevano pesi, mentre non sono emersi predittori significativi nel gruppo di sportivi che si allena in palestra. In conclusione, i risultati del presente studio sottolineano che il perseguimento di un fisico muscoloso negli atleti che praticano bodybuilding non è necessariamente associato alla MD e alle caratteristiche psicologiche a essa associate. Per concludere, questo contributo fornisce spunti clinici, strategie preventive e implicazioni per il trattamento del BDD nelle popolazioni considerate a rischio.
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Canal, Sara. « Siringomielia cervicale secondaria a singole masse intracraniche occupanti spazio nel cane : caratteristiche di risonanza magnetica e fattori di rischio ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3422687.

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Résumé :
The aims of the present study are 1), to investigate cervical syringomyelia (SM) secondary to single space-occupying intracranial lesions in dogs, and 2), to evaluate potential risk factors based on brain and cervical magnetic resonance imaging (MRI) studies conducted for the diagnosis of these two conditions. As a multicentric retrospective single cohort study, we recruited a population of dogs affected by a single space-occupying brain lesion and we divided it into two groups, based on the presence or absence of cervical SM. These two groups were compared for signalment (age, sex, and cranial morphology) and for MRI findings (relative intracranial mass volume, relative perilesional oedema volume, mass effect, ventriculomegaly and cerebellar herniation). Based on the current knowledge about SM and its aetiopathogenesis, our initial hypothesis considered factors predisposing to cervical SM development being lesions with substantial relative mass volume, localisation in the caudal cranial fossa, cerebellar transforaminal herniation and/or obstructive hydrocephalus. Our statistical analysis revealed that intracranial mass with relative volumetric index higher than 0.028 and causing cerebellar transforaminal herniation and/or obstructive hydrocephalus predispose to cervical SM formation. Therefore, in presence of these findings on a brain MRI study is indicated to extend the diagnostic imaging protocol to the cervical spine to check for the potential presence of SM. Conversely, the detection of cervical SM, in the absence of any additional cervical disease, addresses the clinician to extend the MRI study to the brain for the search of a potential primary mass lesion.
Lo studio ha l’obiettivo di indagare la siringomielia (SM) cervicale associata a singole lesioni intracraniche occupanti spazio nel cane e, in particolare, di individuare quali possano essere i fattori di rischio deducibili dallo studio di risonanza magnetica (RM) del neurocranio condotto per diagnosticare la patologia cerebrale. A tale scopo è stata selezionata una popolazione di pazienti affetti da singola lesione intracranica, successivamente suddivisa in due gruppi sulla base della presenza o assenza di secondaria SM cervicale. Entrambe le condizioni sono state diagnosticate mediante studio RM, rispettivamente, del neurocranio e rachide cervicale. I due gruppi sono stati quindi confrontati relativamente al segnalamento, alle caratteristiche RM della massa intracranica e agli effetti secondari sulle circostanti strutture cerebrali allo scopo di individuare eventuali fattori predisponenti lo sviluppo di SM. Sulla base delle esistenti teorie eziopatogenetiche riguardanti la SM e dei dati pubblicati in letteratura, le ipotesi zero presupponevano che la localizzazione della massa in fossa posteriore, lesioni voluminose, l’erniazione cerebellare transforaminale e la presenza di idrocefalo ostruttivo potessero essere fattori predisponenti lo sviluppo di SM. Inoltre, analogamente a quanto riportato in letteratura per la sindrome di Chiari associata a SM nel cane, ci si può attendere che le razze brachicefaliche possano avere una maggiore predisposizione allo sviluppo di SM. Dai risultati ottenuti risulta fortemente raccomandato, in presenza di lesioni intracraniche occupanti spazio con indice volumetrico relativo superiore a 0,028 e causanti erniazione cerebellare e/o idrocefalo ostruttivo, estendere lo studio RM anche al rachide cervicale per individuare la presenza di eventuale SM che può complicare il quadro clinico e condizionare parimenti l’approccio terapeutico al paziente. Al contrario, nei pazienti che si presentano con deficit neurologici indicativi di una mielopatia cervicale e per i quali viene diagnosticata esclusivamente una SM risulta fondamentale estendere lo studio RM al neurocranio per individuare eventuali lesioni predisponenti lo sviluppo di tale anomalia.
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Calderan, Francesco. « Gli effetti del rinforzo, stretching e tecnica Graston sulle caratteristiche muscolari al fine di indagare l'incidenza degli infortuni agli ischio crurali nei giocatori di rugby. Trial clinico controllato ». Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/19312/.

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Résumé :
Obiettivo: Verificare l’efficacia di un programma di rinforzo, stretching e applicazione della tecnica Graston sulle caratteristiche muscolari di atleti di una squadra di rugby, al fine di monitorare l’incidenza degli infortuni ai muscoli ischio crurali. Materiali e metodi: 50 atleti totali, divisi in tre gruppi, due gruppi di intervento e uno di controllo. Il gruppo di controllo (16 soggetti) ha svolto solo un programma di riscaldamento; i gruppi sperimentali (18 e 16 soggetti) hanno svolto il riscaldamento, il rinforzo e sono stati trattati con gli strumenti Graston. Ad ogni atleta è stato somministrato un questionario ed in base alle risposte è avvenuta la divisione nei vari gruppi. Gli atleti hanno eseguito test iniziali e finali per la valutazione della forza e la lunghezza dei muscoli ischio crurali. Gli infortuni che sono avvenuti in passato e durante la sperimentazione sono stati registrati. Risultati: Anche se è evidente che i soggetti dei gruppi sperimentali hanno presentato modifiche maggiori delle caratteristiche muscolari, non vi è alcuna significatività a livello statistico (p>0,05). Sedici atleti avevano subito infortuni a carico dei muscoli ischio crurali prima della sperimentazione e, nel periodo di studio in una particolare situazione di gioco, si è verificata una recidiva per un atleta. Conclusioni: Dai risultati dei test, si conclude che non si è registrata una differenza apprezzabile tra le due tipologie di intervento, questo è probabilmente riconducibile all’esiguo numero dei soggetti del campione reclutato per l’analisi e per la brevità del periodo di trattamento.
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Fabris, Sabrina <1973&gt. « Prodotti di reazione di NO-donatori con molecole di interesse biologico e clinico : loro interazioni con i liposomi fosfolipidici e conseguenti cambiamenti delle caratteristiche chimico-fisiche di membrana ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2003. http://hdl.handle.net/10579/726.

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Résumé :
The reaction of propofol with nitrosoglutathione lead to the formation of an active species which was identified, and then synthesised, as 2,6-diisopropyl-4-nitrosophenol (nitrosopropofol). We demonstrated the in vitro formation of nitrosopropofol, and discussed the interaction of propofol and nitrosopropofol with dimyristoyl-L-a-phosphatidylcholine multilamellar liposomes (DMPC) using differential scanning calorimetry and spin labelling techniques. The thermotropic profiles showed that these molecules affect the temperature and the cooperativity of the gel to fluid state transition of the liposomes differently: the effects of propofol on the lipid organisation are quite similar to phenol and coherently interpretable in terms of the disorder produced in the membrane by a bulky group; nitrosopropofol is a stronger perturbing agent, and ESR spectra indicate that this is due to a relative accumulation of the molecule into the interfacial region of the bilayer. Nitrosopropofol (2-6-diisopropyl-4-nitrosophenol) has also dramatic consequences for respiration, ATP synthesis and transmembrane potential of isolated rat liver mitochondria at concentrations at which propofol (2-6-diisopropylphenol) does not cause any apparent effects. These results correlate well with the above reported observation that nitrosopropofol is a stronger perturbing agent of phospholipid membranes. The results suggested the opportunity of extending the study to the possible biological activity of different phenols and nitrosophenols on mitochondrial respiration, and to their interactions with phospholipid liposomes, in order to get information about the drugs distribution and the modifications they impose on lipid bilayer. The results of the experiments performed on mitochondria and model membranes prove an interesting correlation between the effects of the molecules on both systems. Propofol, the substituted phenols and their nitroso derivatives, and some 4,4'-biphenyldioles have been compared for their scavenging ability towards DPPH and for their inhibitory action on lipid peroxidation. The results showed that the antioxidant properties of the various molecules depend on the steric and electronic effects of their substituents.
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DELLE, ROSE DIEGO. « Caratteristiche microbiologiche e predittori di mortalità delle infezioni nosocomiali del torrente ematico : risultati di una analisi retrospettiva su cinque terapie intensive di Roma e di uno studio osservazionale prospettico di 12 mesi nel Policlinico Tor Vergata di Roma ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2014. http://hdl.handle.net/2108/203056.

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