Littérature scientifique sur le sujet « Capitale finanziario »

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Articles de revues sur le sujet "Capitale finanziario"

1

Trupiano, Gaetana. « Tax Harmonization of Capital Incomes in the European Union ». Journal of Public Finance and Public Choice 12, no 1 (1 avril 1994) : 41–53. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907539824.

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Résumé :
Abstract Con la liberalizzazione dei movimenti di capitali il maggiore ostacolo alla efficiente localizzazione di investimenti diretti e finanziari nell’Unione Europea è rappresentato dalle differenze nel trattamento fiscale delle attività finanziarie nei diversi paesi membri.In questo lavoro, dopo una discussione critica a favore e contro l’armonizzazione del trattamento fiscale dei redditi di capitale, sono illustrate sinteticamente le principali differenze nei sistemi di tassazione delle attività finanziarie nella U.E.Si passa, quindi, ad una analisi delle proposte di armonizzazione europea presentate dal 1989 sottolineando l’importanza di un sistema generalizzato di ritenuta alla fonte a titolo d’acconto o definitivo.Particolarmente interessante è l’esame dei possibili effetti di tali proposte sul sistema finanziario italiano in presenza di una struttura della tassazione dei redditi di capitale che, nonostante le recenti modifiche, appare ancora frammentata e distorsiva.
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2

Genovino, Cinzia, et Rosa Maria Caprino. « Il ruolo della banca nel processo di innovazione del modello di business ». ESPERIENZE D'IMPRESA, no 2 (janvier 2021) : 69–105. http://dx.doi.org/10.3280/ei2018-002005.

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Résumé :
Il contributo rappresenta un approfondimento del Rapporto MACREF Strategie di integrazione tra produzioni agroalimentari e turismo ed in particolar modo il ruolo della banca nei processi d'innovazione dei modelli di business per le PMI. Si è cercato di offrire un'analisi critica della letteratura sul tema della scelta relativa alla struttura finanziaria efficiente delle imprese, con particolare riguardo alla realtà delle piccole e medie imprese italiane, ed in particolar modo del settore agroalimentare, attraverso una visione della letteratura empirica sull'argomento. Le PMI si caratterizzano tradizionalmente per l'uso quasi esclusivo di capitale di debito nella copertura del fabbisogno finanziario e presentano di conseguenza una struttura finanziaria quanto mai semplificata, nella maggior parte dei casi composta dal debito bancario da una parte e dal capitale dei soci fondatori dall'altra. In questo momento di crisi e di particolare frammentazione del tessuto societario italiano, in particolar modo quello del comparto agroalimentare, un ruolo determinante è stato rivestito dagli istituti bancari anche come gestori di garanzie e contributi pubblici. La scarsa patrimonializzazione delle nostre aziende, spesso a carattere e proprietà familiare, è stata negli anni supplita con un forte ricorso al credito bancario, dal quale le imprese sono diventate dipendenti a scapito di un corretto equilibrio finanziario. L'intero sistema si trova difronte ad una rieducazione finanziaria, dunque sia le imprese che le banche, quest'ultime spinte dall'innovazione tecnologica e dalla ricerca di redditività, si accingono al superamento della loro tradizionale veste istituzionale legata alla erogazione di credito. Gli istituti di credito possono e stanno quindi trasformando in opportunità tale situazione rivedendo i propri modelli distributivi e di business per diversificare le proprie fonti di reddito concentrandosi sull'offerta di nuovi servizi ad alto valore aggiunto alle imprese, sostenendo lo sviluppo e la crescita economica del nostro paese. Oggi il ruolo trainante della ripresa è infatti rappresentato da quelle imprese che sono innovative, che sanno coniugare la produttività e la tecnologia, che si aggregano tra loro o che si internazionalizzano: è proprio a queste impr- se che il sistema bancario deve guardare offrendo loro un supporto non solo in termini finanziari ma in termini di esperienza, conoscenze, competenza e consulenza.
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3

Maccioni, Elena. « Mercato cambiario e uomini d’affari a Barcellona durante la guerra tra Alfonso il Magnanimo e la Repubblica Fiorentina ». Anales de la Universidad de Alicante. Historia Medieval, no 23 (26 mai 2022) : 61. http://dx.doi.org/10.14198/medieval.21218.

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Résumé :
La metà del secolo XV fu per la Corona d’Aragona e specialmente per Barcellona un periodo complicato: Alfonso V era impegnato nelle guerre italiane, in particolare contro Firenze e Milano, Genova e Venezia; il Regno di Napoli era stato annesso all’Unione, e richiedeva sforzi importanti per il suo mantenimento; allo stesso tempo dalla capitale catalana provenivano richieste di apertura “democratica” del Consiglio dei Cento, che portavano a un’evidente instabilità interna, frutto in parte di una dimostrata crisi monetaria, dovuta anche alla scarsa capacità di governo dell’economia. Nonostante ciò, i mercanti, gli armatori e i banchieri continuarono a cercare di portare avanti i propri interessi economici nel Mediterraneo, anche servendosi delle istituzioni di natura corporativa, come il Consolato del mare. Attraverso l’analisi di alcuni registri di protesti di lettere di cambio gestiti dal notaio del Consolato barcellonese, si cercherà di mettere in luce l’evoluzione delle reti mercantili-finanziarie catalane, in particolare lungo la rotta meridionale italiana. Lo studio non avrà l’obiettivo di analizzare l’uso tecnico dello strumento cambiario, ma quello di portare alla luce strategie e protagonisti del processo di inserimento del capitale mercantile e finanziario in Italia durante il regno di Alfonso il Magnanimo e in special modo durante la guerra contro Firenze. Emergeranno, così, i nomi di quelle persone che furono le protagoniste dei grandi e quotidiani spostamenti di denaro fra i centri politico-commerciali del Commonwealth catalanoaragonese. Si tenterà una prima ricostruzione delle loro attività e dei loro movimenti, nonché delle connessioni con i più importanti operatori del sistema finanziario europeo, ovvero i toscani.
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Patané, Michele. « Capitale proprio e ricapitalizzazioni. Fisiologia e patologia ». ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no 2 (novembre 2012) : 175–94. http://dx.doi.org/10.3280/ed2012-002002.

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Résumé :
Il saggio offre una chiave di lettura per definire, valutare e classificare una specifica richiesta di nuovo capitale. In altri termini evidenzia le tipologie di sviluppi gestionali che inducono un'azienda ad assumere la decisione di varare un'operazione sul capitale a titolo oneroso. Il saggio si distingue dai filoni di studi piů tradizionali che specialmente per la aziende bancarie dibattono sulla riforma della regolamentazione dei requisiti patrimoniali e sull'attitudine degli stessi a fronteggiare adeguatamente le diffuse situazioni di instabilitŕ finanziaria. Il saggio si sviluppa a monte, ed in questo risiede la sua specificitŕ, in ambiti poco investigati e con una logica rigorosamente economico- aziendale. Seguendo questo approccio scientifico mira ad individuare i filtri interpretativi che saldano le condizioni di instabilitŕ del governo aziendale alle riconducibili operazioni sul capitale con le quali gli amministratori mirano a correggere, ripristinare o rilanciare condizioni di equilibrio operativo. Questi ultimi si rendono infatti necessari per conoscere i reali motivi che inducono a varare operazioni sul capitale oltre che per accertare se le medesime si inseriscono in percorso d'impresa che a seconda dei casi rientri nei confini della fisiologia o in quelli della patologia della gestione aziendale. Il lavoro propone una successione di aree di riflessione che ricollocano nella giusta centralitŕ lo studio di dette operazioni quando si deve valutare lo stato di salute d'azienda. Le conclusioni si concentrano sull'opportunitŕ che le operazioni sul capitale siano obbligatoriamente e preventivamente corredate da molte informazioni. Dette informazioni vanno nella direzione di richiamare il senso di responsabilitŕ degli amministratori che le propongono e di accrescere la capacitŕ valutativa da parte dei potenziali destinatari. Le decisioni innovative, gli interventi strutturali e l'acquisizione di quote di attivitŕ intangibili, da finanziare con mezzi patrimoniali o similmente tali, devono essere assunte in condizioni di massima sicurezza. In circostanze normali devono essere finanziate con risorse patrimoniali precedentemente accantonate. Eccezionalmente i tempi di realizzazione possono contrarsi mediante la preventiva richiesta di ulteriori conferimenti o di finanziamenti di carattere straordinario. La compagine sociale nella sua interezza deve essere tuttavia opportunamente ed adeguatamente preinformata. Richieste di nuovi apporti, in corso d'opera o successive ad operazioni giŕ concluse, sono sempre discutibili. Sono quantomeno espressione di inadeguata trasparenza di importanti processi decisionali. Nei casi piů censurabili segnalano invece inesatte valutazioni dell'impatto finanziario, economico e patrimoniale dei progetti giŕ avviati.
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Liberatore, Giovanni, Tommaso Ridi et Filippo Di Pietro. « Rilevanza ed affidabilità del valore contabile dell'avviamento e dei beni immateriali sul mercato italiano ». FINANCIAL REPORTING, no 3 (novembre 2012) : 31–50. http://dx.doi.org/10.3280/fr2012-003003.

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Résumé :
Il presente lavoro si propone di indagare quale sia la rilevanza e l'affidabilità percepita dal mercato finanziario sul valore espresso nel bilancio d'esercizio sui beni immateriali e l'avviamento delle società quotate. Lo studio ha analizzato le aziende quotate al FTSE Italia All-share, nel periodo fra il 2002 ed il 2008. Attraverso un modello di regressione a più variabili si è verificato che: a) il valore contabile dei beni immateriali e dell'avviamento sono correlati positivamente al valore di mercato del capitale, b) la transizione agli IAS/IFRS non ha comportato un incremento della rilevanza ed affidabilità percepita dal mercato dei beni immateriali e avviamento.
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Carrino, Annastella. « Fra nazioni e piccole patrie. "Padroni" e mercanti liguri sulle rotte tirreniche del secondo settecento ». SOCIETÀ E STORIA, no 131 (mai 2011) : 36–67. http://dx.doi.org/10.3280/ss2011-001002.

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Résumé :
Nell'immagine storiografica diffusa, l'economia settecentesca si presenta come una macchina che produce sviluppo e, al tempo stesso, dominazione e emarginazione. Ai suoi vertici si collocherebbero potenze superiori sotto il profilo della capacitÀ produttiva, mercantile e politico-militare; all'altra estremitÀ, residuerebbero spazi secondari, praticabili da soggetti privi di ambizioni, relegati dentro circuiti locali in grado di affacciarsi a quelli piů ampi solo in un nesso di subordinazione, o collocandosi sul crinale fra lecito e illecito. Accogliendo suggestioni presenti in studi recenti, l'a. prova a sfumare e complicare questa immagine, sottolineando come una parte significativa dell'espansione commerciale mediterranea settecentesca veda come protagonisti soggetti, luoghi e pratiche spesso privi di capitali rilevanti, saperi codificati e protezioni statali robuste. Il nuovo protagonismo dei "Genovesi" al centro di questo contributo non si pone in continuitÀ con la gloriosa storia del commercio e della finanza genovesi fra tardo medioevo e prima etÀ moderna. Essi sono in realtÀ micro-mercanti provenienti non dalla Dominante, ma da alcuni borghi costieri liguri. Non restano tuttavia figure marginali: riescono invece a fuoriuscire dall'andirivieni del piccolo cabotaggio e a diventare protagonisti di una parte significativa del commercio in grande, inventando modi di fare mercato, strumenti inediti per acquisire informazione e fiducia. Alla base della loro vitalitÀ vi č un anche rapporto forte e mai interrotto con i villaggi natali: minuscoli centri costieri, debolissimi sotto il profilo demografico, istituzionale, commerciale e finanziario, ma al tempo stesso custodi di un capitale relazionale importante, di funzioni mercantili decisive per il loro successo imprenditoriale. Tratteggiando biografie individuali e di gruppo, il saggio suggerisce l'immagine di un Mediterraneo settecentesco affollato di attori, pratiche e luoghi non sempre canonici. Ignorandoli e concentrandosi esclusivamente sulle grandi imprese mercantili, sulle grandi "nazioni" protette da mercantilismi prepotenti, si rischierebbe di non comprendere il funzionamento di questo mercato in una fase decisiva della sua trasformazione.
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7

Benazzi, Adriano, et Pier Luigi Marchini. « Profili critici di tassazione dei redditi di capitale e dei fondi di investimento ». ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, no 3 (septembre 2011) : 445–90. http://dx.doi.org/10.3280/ed2010-003004.

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Résumé :
La tassazione del risparmio gestito e, piů in generale, dei redditi di capitale, rappresenta da sempre una delle questioni piů rilevanti, critiche e complesse. Ciň sia per le implicazioni economico-scientifiche connesse al sistema di tassazione dei cosiddetti "redditi finanziari", sia per l'eterogeneitŕ e mutevolezza delle forme di impiego del capitale e di "generazione" dei suoi frutti economici, sia in conseguenza delle possibili problematiche di asimmetria di trattamento e di potenziale instabilitŕ che potrebbero essere generati a seguito di una non coerente architettura del sistema impositivo riguardante la tassazione di tali redditi di natura finanziaria. Il presente contributo si pone l'obiettivo di fornire una rappresentazione dell'attuale regime tributario nazionale applicabile ai redditi di capitale ed, in particolare, ai redditi generati dai fondi di investimento, al fine di comprenderne profili storici, presupposti teorici, caratteristiche e, alla luce di tali considerazioni, le connesse criticitŕ e tendenze evolutive presenti nell'attuale contesto economico nazionale ed internazionale.
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8

Buchanan, J. M. « The Economic Consequences of the Deficit* ». Journal of Public Finance and Public Choice 4, no 3 (1 octobre 1986) : 149–56. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907117417.

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Résumé :
Abstract Le conseguenze economiche di un deficit di bilancio finanziato con debito pubblico sono equivalenti, nei loro termini più semplici, alle conseguenze del finanziamento con debiti per ogni unità economico-finanziaria, sia essa una persona, una famiglia, una società, un club, una chiesa o un sindacato.Il finanziamento della spesa pubblica mediante debito è equivalente a «mangiare” il capitale della Nazione. Ciò è vero sia se il debito è sottoscritto all’interno, sia se lo è all’estero.Questo aspetto fondamentale viene spesso trascurato, dato che si preferisce soffermarsi sull’effetto di «crowding out», che è pure importante, ma molto meno del primo.Non è dubbio che il governo federale si sia immesso in un meccanismo di spesa e debito che non può essere sostenuto in permanenza. Perchè il sistema sia modificato è, tuttavia, necessario che le regole siano cambiate. Vi sono alcuni sintomi che fanno sperare che ciò possa avvenire prima che sia troppo tardi.
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Avesani, Renzo G. « La crisi finanziaria č un test per Basilea II ? » ECONOMIA E POLITICA INDUSTRIALE, no 4 (décembre 2009) : 23–35. http://dx.doi.org/10.3280/poli2009-004003.

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Résumé :
- In the last few months the debate about the Basel II framework has been intensified by the extent of the current financial crisis. The main discussion focused also on the impact of the new capital regulation over the business cycle fluctuations. Some market players fear that the new framework may be pro-cyclical as it is based on risk sensitive principles. Indeed the Basel II Committee is working on reforming part of the existent regulation. But, at the same time, the soundness of the main body of the framework has been confirmed by the supervisors. Anyway it is unreasonable to think that an extensive regulation concerning capital requirements is enough to prevent any excess of the financial market. In fact, the best lesson we may learn from the present crisis is that only a sound and cautious corporate governance leads to a responsible balance between financial profits and underlying risks. A brief description of the crises on the Italian market is also presented. The traditionally conservative lending practice of the Italian banking system seems to have shielded, in part, this economy from the crisis.
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Lingua, Valeria. « Limiti e opportunitŕ della democrazia partecipativa nei piccoli comuni ». ARCHIVIO DI STUDI URBANI E REGIONALI, no 97 (février 2011) : 297–316. http://dx.doi.org/10.3280/asur2010-097017.

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Résumé :
Il percorso partecipativo attivato per la realizzazione del piano strutturale in un piccolo comune della periferia toscana permette di sviluppare alcune riflessioni sulle opportunitŕ e i limiti dell'attivazione di processi partecipativi in realtŕ di piccole dimensioni. L'autrice evidenzia dilemmi e conflitti emergenti in contesti marginali rispetto al sistema socioeconomico, infrastrutturale e turistico dominante, dotati di un buon substrato di capitale sociale, ma di scarse risorse tecniche, finanziarie e culturali.
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Thèses sur le sujet "Capitale finanziario"

1

Baldan, Cinzia <1977&gt. « Il capitale finanziario e il rapporto tra banca e industria : problematiche e ipotesi di approfondimento ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2005. http://hdl.handle.net/10579/867.

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Giacomin, Ylenia <1997&gt. « La valutazione delle aziende in crisi : come il dissesto finanziario impatta sul costo del capitale ». Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19495.

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Résumé :
L’elaborato si concentra sulla stima del valore delle aziende che si trovano in uno stato di crisi. In particolare, l’argomento si apre con una parte introduttiva volta alla comprensione delle caratteristiche tipiche delle imprese in dissesto finanziario, degli indicatori utilizzati dal nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza e dei motivi per i quali si effettua la valutazione. Si procede con la trattazione dei Principi Italiani di Valutazione focalizzando l’attenzione sul processo e sulle assunzioni stabilite dall’Organismo Italiano di Valutazione. Segue l’illustrazione dei metodi di valutazione proposti dalla dottrina: accanto a quelli tradizionali viene posto il metodo del Valore Attuale Modificato con inclusione dei costi del dissesto di Fernandez. Infine, vi è un focus sulla stima del costo del capitale: si cerca di comprendere quanto premio per il rischio di default carichi la best practice nel WACC utilizzato nella valorizzazione di un campione di aziende in crisi e se esso sia approssimabile a quello ricavabile dai costi del dissesto unitari del modello di Fernandez.
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CONTE, VERONICA. « THE GOVERNANCE OF LARGE-SCALE PROJECTS : Local Governments and Finance Capital Interaction in Milan and Brussels ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2019. http://hdl.handle.net/10281/241971.

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Résumé :
La governance dei mega progetti in Europa sta convergendo verso un unico modello o invece si assiste al consolidamento di modelli diversi? Come possiamo spiegare le differenti relazioni tra governi locali e capitale finanziario? Qual è il ruolo dei primi nei processi di trasformazione urbana di larga scala? La ricerca risponde ai seguenti interrogativi attraverso un’analisi comparativa della governance dei grandi progetti a Milano e a Bruxelles, adottando come casi studio CityLife e Tour and Taxis. A questo scopo, ho costruito il mio impianto teorico riferendomi all’Urban Political Economy e, in particolare, all’Urban Regime Analysis e ai contributi sulla finanziarizzazione della città e della governance urbana. Dopo aver delineato le condizioni per gli investimenti immobiliari nelle due città, ho esaminato i casi studio nel loro sviluppo nel tempo. Nello specifico, ho analizzato gli attori coinvolti e le loro risorse, le strategie d’investimento e le logiche politiche e, infine, il quadro istituzionale e normativo all’interno del quale gli stessi operano. In entrambi i casi, i due mega-progetti sono indicativi di un nuovo regime di governance in cui si consolidano coalizioni di sviluppo finalizzate a promuovere la crescita urbana e a rispondere a interessi immobiliari. Sebbene in entrambi i contesti si assista all’adozione di pratiche imprenditoriali e all’uso strumentale della pianificazione urbanistica, la scala e lo scopo di queste strategie differiscono notevolmente: CityLife è un caso emblematico di governance finanziarizzata a guida privata, il cui scopo ultimo è la creazione di Milano come ‘città internazionale’; Tour and Taxis a Bruxelles, invece, rappresenta un caso emblematico di governance imprenditoriale a guida pubblica e rispecchia il tentativo di consolidamento del ruolo della Regione Capitale in tema di sviluppo urbano.
Is the governance of large-scale projects converging in Europe? How can we explain the different interaction between local governments and finance capital in the making of the city? What role do local governments play in urban transformations? In this dissertation, my purpose is to address the aforementioned questions through a comparative analysis between CityLife in Milan and Tour and Taxis in Brussels. To do so, I draw on the Urban Political Economy literature and, specifically, on Urban Regime Analysis and the accounts on the financialisation of the city and urban governance. Having outlined the development trajectories and the governance architecture of Milan and Brussels, I examine the case studies in their development over time, in terms of actors involved, resources exchanged, investments and political logics, and institutional and regulatory frameworks. I argue that CityLife in Milan and Tour and Taxis in Brussels are indicative of a governance shift sustained by the consolidation of development coalitions oriented to promote urban growth and respond to real estate interests. In both contexts, the governance of large-scale projects is increasingly shaped by the adoption of entrepreneurial practices and an instrumental use of planning. However, such practices differ in terms of scope and scale. CityLife is emblematic of a financialised governance of large-scale projects aimed at promoting the making of Milan as an ‘international city’. In Brussels, instead, Tour and Taxis is an emblematic example of a public-led entrepreneurial governance and is pivotal to the consolidation of the role of the Brussels Capital Region in urban development matters.
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VALZER, AMEDEO. « Gli "ibridi finanziari" : critica ad una categoria concettuale ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/92.

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Résumé :
L'autore contesta la classificazione degli strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi nella categoria concettuale degli ibridi finanziari (o strumenti finanziari ibridi ). Rimarca le differenze tra l' investimento nella società e il finanziamento della società. dimostra che gli strumenti finanziari partecipativi (art. 2346 ult. comma c.c.) possano esser emessi solo a fronte di apporti di patrimonio non imputati a capitale sociale e che gli strumenti finanziari non partecipativi (quasi obbligazioni ex art. 2411 ult. comma c.c.) non possano esser dotati di diritti amministrativi.
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5

VALZER, AMEDEO. « Gli "ibridi finanziari" : critica ad una categoria concettuale ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/92.

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Résumé :
L'autore contesta la classificazione degli strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi nella categoria concettuale degli ibridi finanziari (o strumenti finanziari ibridi ). Rimarca le differenze tra l' investimento nella società e il finanziamento della società. dimostra che gli strumenti finanziari partecipativi (art. 2346 ult. comma c.c.) possano esser emessi solo a fronte di apporti di patrimonio non imputati a capitale sociale e che gli strumenti finanziari non partecipativi (quasi obbligazioni ex art. 2411 ult. comma c.c.) non possano esser dotati di diritti amministrativi.
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CALCE, Anna Maria. « Le relazioni tra struttura finanziaria, costo del capitale e valore ». Doctoral thesis, Università degli studi di Cassino, 2020. http://hdl.handle.net/11580/75222.

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Résumé :
This research project aims to test the assumption of Modigliani and Miller Theory according to which the financial structure does not affect the dynamic of value creation. Since the 1960s, the search for the relationship between financial structure and value has been a very debated topic. The studies developed in this area have come to identify controversial results. Some of them have highlighted the existence of a positive relationship, others determine a negative relationship. In other cases, the authors have found a relationship that is not statistically significant. Hence, the research design of the work that intends to contribute to the literature on the subject by trying to estimate the impact that the financial structure has on the ability to generate value. The research also aims to determine a benchmark financial structure that can therefore be considered a reference for the various sectors economic. The analysis carried out in this work is concentrated on the universe of European listed companies, surveyed through the Bureau van Dijk Amadeus database, with turnover greater than one million euros and for which balance sheet data is available for the period 2015-2017. Coherently with the research objectives, a new model for determining the share of equity and debt was identified, represented by the financial benchmark, tested on the various economic sectors defined on the basis of the Ateco 2007 classification, with reference to the listed companies; however, the benchmark financial structure thus identified lends itself to be extended also to unlisted companies that want to adopt a target sector structure. As regards the ability of the financial structure (expressed by the debt / equity ratio) to influence the dynamics of the value (represented by the ROE and ROA and the differentials ROE-ke and ROA-WACC), the research revealed the existence of a relationship very weak between the debt / equity ratio and the value measures given the coefficient of the regression line always close to zero. In conclusion, the financial structure expressed by the debt / equity ratio does not affect the value creation dynamic of European listed companies. This result is in line with the affirmation of Modigliani and Miller (1958) as well as with the results of the studies of Long and Maliz (1986), of Fama and French (1998) and of Walaa Wahid ElKelish (2007).
Il presente progetto di ricerca si propone di testare l’assunto della Teoria di Modigliani e Miller secondo il quale la struttura finanziaria non inficia la dinamica di creazione di valore da parte dell’impresa. Fin dagli anni ’60, la ricerca della relazione tra struttura finanziaria e valore ha rappresentato un tema molto dibattuto. Gli studi sviluppati su tale ambito sono giunti All’identificazione di risultati controversi. Alcuni di essi hanno evidenziato l’esistenza di una relazione positiva, altri determinano una relazione negativa. In altri casi ancora, gli Autori hanno rilevato una relazione non statisticamente significativa. Da qui il research design del lavoro che intende contribuire alla letteratura in materia cercando di stimare l’impatto che ha la struttura finanziaria sulla capacità di generare valore fino a determinare una struttura finanziaria benchmark che possa, quindi, essere considerata di riferimento per i diversi settori economici. L’analisi condotta nel presente lavoro è concentrata sull’universo delle società quotate europee, censite attraverso il database Amadeus di Bureau van Dijk, con fatturato superiore ad un milione di euro e per le quali si abbia disponibilità di dati di bilancio per il periodo 2015 – 2017. Coerentemente agli obiettivi di ricerca è stato individuato un nuovo modello di determinazione della quota di equity e debt, rappresentato dal benchmark finanziario, testato sui diversi settori economici definiti in base alla classificazione Ateco 2007, con riferimento alle listed companies; tuttavia la struttura finanziaria benchmark così individuata si presta ad essere estesa anche alle unlisted companies che vogliono adottare una struttura target di settore. Per quanto concerne la capacità della struttura finanziaria (espressa dal debt/equity ratio) di condizionare la dinamica del valore (rappresentato dal ROE e ROA e dai differenziali ROE-ke e ROA-WACC) , dalla ricerca è emersa l’esistenza di una relazione molto debole tra il debt/equity ratio e le misure del valore dato il coefficiente della retta di regressione sempre prossimo allo zero. In conclusione è possibile, quindi, affermare che la struttura Finanziaria espressa dal debt/equity ratio non condiziona la dinamica di creazione di valore delle società quotate europee. Tale risultato è in linea con l’affermazione di Modigliani e Miller (1958) nonché con i risultati degli studi di Long e Maliz (1986), di Fama e French (1998) e di Walaa Wahid ElKelish (2007).
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Bevivino, Vito <1975&gt. « Capitale e struttura finanziaria delle società bancarie europee per azioni ». Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15007.

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Résumé :
La tesi affronta il tema della capitalizzazione bancaria e degli strumenti per il finanziamento dell’impresa bancaria. A questo fine esamina la normativa europea in materia, il reg. 575/2013 UE e la direttiva 2013/36/UE, applicando una chiave di lettura del fenomeno che integra le ricadute della disciplina prudenziale con il valore dell’impresa bancaria avendo come punto di riferimento la banca e la sua funzione finanziaria e di intermediazione. Il percorso delineato dall’elaborato segue una linea di pensiero che si sviluppa a partire dal tema del finanziamento d’impresa e, quindi, secondo il punto di vista adottato, della disciplina del finanziamento d’impresa. A partire da questa considerazione, che sviluppa l’idea della funzione di intermediazione dell’impresa bancaria, i profili attivo e passivo dell’attività bancaria vengono considerati e analizzati dal punto di vista finanziario. Tutto ciò nella convinzione che questo profilo sia quello che meglio spiega il fenomeno prudenziale. Nella ricostruzione del fenomeno si colgono gli aspetti funzionali del finanziamento e la composizione capitalistica della disciplina prudenziale che non assume definizioni formali degli strumenti finanziari. Nella ricerca sono presenti e vengono utilizzate le fonti europee con perizia e misura, esito apprezzabile anche del periodo di ricerca condotto presso la Banca Centrale Europea.
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Cardi, Cristiana. « Il ruolo delle informazioni non finanziarie nei mercati : La performance delle IPO Italiane ». Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2016. http://hdl.handle.net/11566/243020.

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Résumé :
Negli ultimi decenni, l’importanza relativa delle informazioni finanziarie contenute nei report e nei prospetti finanziari è diminuita, lasciando spazio all’interesse per gli asset intangibili che stanno crescendo di rilevanza nel processo di creazione del valore di un’impresa. La mentalità del partecipanti al mercato dei capitali continua ad essere dominata dai dati finanziari, anche a causa dei costi di comunicazione e dei rischi connessi ad una potenziale perdita di competitività percepita dalle aziende che forniscono informazioni qualitative, tuttavia, la divulgazione di tali informazioni può aiutare a risolvere il problema dei gap delle asimmetrie informative e facilitare una valutazione più precisa delle società, accrescendo il successo della quotazione. Allo scopo di indagare l’effetto della disclosure delle informazioni di capitale intellettuale sulla performance dell’IPO, si conduce l’analisi dei contenuti di un campione di 74 prospetti IPO di aziende quotate in Borsa Italiana tra il 2004 e il 2014. I dati raccolti sono sintetizzati tramite una analisi delle componenti principali (PCA), applicata ad 87 variabili suggerite da un lavoro di Cordazzo (2007). Le componenti estratte dalla PCA sono successivamente utilizzate come variabili indipendenti in due serie di regressioni allo scopo di studiare gli effetti di tali componenti sulla performance dell’IPO nel mercato primario e nel mercato secondario. I risultati mostrano che gli investitori istituzionali apprezzano le informazioni connesse alle risorse umane, mentre gli investitori del mercato secondario sono interessati, in particolare, alle informazioni concernenti le attività di ricerca e sviluppo. Tali evidenze dovrebbero facilitare le imprese nella compilazione di un prospetto dell’IPO esaustivo e sintetico, in modo da ridurre i costi. Tuttavia, le indicazioni suddette, potrebbero indurre l’emittente ad adottare comportamenti opportunistici, persuadendo gli investitori ad acquistare le azioni a condizioni largamente favorevoli per sé stessa. Ulteriori ricerche potrebbero interessare la performance di medio-lungo periodo delle aziende quotate in Borsa Italiana in relazione con le informazioni di CI, in modo da capire se le informazioni di CI effettivamente premiano gli interessi degli investitori in termini di buona performance di lungo periodo delle azioni che hanno acquistato, o se, al contrario, le informazioni di IC fornite sono usate dall’azienda solo come uno strumento di marketing per il brevissimo periodo.
Despite firm’s evaluation is still largely dominated by quantitative financial data, disclosing qualitative information about intangible assets is expected to enable a more precise evaluation of a company’s business thus reducing the information asymmetry between the firm and its stakeholders. The issue is particularly relevant when companies go public. In fact, IPOs provide a context in which information asymmetry is abnormally high: companies issuing IPOs are less known to investors and analysts because they are still new in the market, leading to greater uncertainty about their prospects. The disclosure of intellectual capital in an IPO prospectus thus provides an important opportunity to close this gap in information asymmetry, potentially lowering the cost of capital. The aim of this study is to investigate the effects produced by the intellectual capital information disclosed in the IPO prospectuses on the IPO performance. Content analysis is conducted on a sample of 74 IPO prospectuses of firms listed on Borsa Italiana between 2004 and 2014. The 87 evaluated variables are processed by principal component analysis, and the component revealed by the PCA are used as independent variables in two series of regressions, in order to study the effects of such elements on the IPO performance in both primary and secondary markets. Results indicate that the behavior of primary market investors is sensible to the information concerning human resources, while secondary market investors are sensitive to the information about research and development. Such empirical evidence provides reliable operative recommendation because the awareness about the IC information that are mostly interesting to investors could help firms to focus their efforts towards a specific disclosure. In fact, it is important for firms to understand that the disclosure of some of their non-financial information is a critical way to communicate their value to investors and often has a direct effect on their shares value. Future developments of this research might interest the long-run performance of the firms listed on the Italian stock exchange in order to examine whether the IC information disclosed actually rewards the interests of market investors in terms of good long-run performance of the shares they bought.
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SAMORI, DOMITILLA FLAVIA. « La Struttura Finanziaria Delle Banche ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1039.

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Résumé :
Questa tesi cerca di analizzare le determinanti della struttura finanziaria delle banche. Si ritiene generalmente che il leverage ratio bancario sia determinato indirettamente tramite l’applicazione di requisiti patrimoniali, in particolare requisiti legati al rischio dell’investimento come nello schema di Basilea II. Molti dei recenti contributi empirici criticano questa tesi ed anzi individuano fattori di mercato come principali variabili nella determinazione del leverage. Una collezione dei recenti studi in materia viene raccolta nel primo capitolo. Nel secondo capitolo, si analizza l’impatto dei requisiti patrimoniali sulla struttura finanziaria delle banche all’interno di un modello di signaling. Viene dimostrata l’esistenza di un equilibrio di separazione, in cui i requisiti patrimoniali non sono vincolanti per ogni tipo di banca; si dimostra inoltre che in equilibrio esiste una relazione negativa tra il leverage bancario e la qualità degli attivi: è infatti la banca di minore qualità ad avere un leverage maggiore. Questo risultato, in contrasto con la tradizionale teoria di finanza aziendale, può aiutare a comprendere alcuni episodi della recente crisi finanziaria ed interroga l’efficacia del sistema di Basilea II. Infine, nell’ultimo capitolo, viene condotta un’analisi empirica sulle determinanti del leverage bancario . Sono identificate relazioni stabili e negative tra il leverage delle banche incluse nel campione e la qualità dei loro attivi. Questo risultato si conferma al variare degli strumenti utilizzati per identificare la qualità degli attivi. Questa relazione negativa ci suggerisce che le banche si pongano l’obiettivo di targettizzare un certo livello di leverage per dare un segnale al mercato circa la loro qualità intrinseca: migliore la qualità degli attivi, minore è il loro utilizzo di leva finanziaria. Queste banche rinunciano ad intraprendere investimenti profittevoli pur lanciare un messaggio al mercato e ridurre il costo del finanziamento.
This thesis analyzes banks’ choices over their leverage ratio targeting. It is commonly believed that the banks’ leverage ratio is implicitly driven by the risk-related regulation set by the Basel Committee. Many recent empirical studies on the subject challenge this presumption and suggest that factors other than regulation drive the banks’ choices on leverage. A review of the recent contributions on the subject is presented in the first chapter. In the second chapter we study how capital requirements affect banks' capital structure within a standard signaling model. We prove the existence of a separating equilibrium in which capital requirements are not binding for every type of bank, and we show that in equilibrium there exists a negative relationship between bank's leverage and its intrinsic quality: it is the low type bank that takes on more debt. This result, in contrast with the traditional theory of corporate finance, sheds some light on some of the recent financial crises episodes and hence questions the effectiveness of the current regulatory environment. Finally, in the last chapter, we conduct an empirical analysis on the cross-sectional determinants of banks' leverage. We find a negative and stable relation between banks leverage and the quality of their assets. This result is proved valid under different definition of assets' quality, based on ex-ante and ex-post expectation of the realization of asset quality. The results suggest that banks might target a certain leverage ratio to reveal their true quality to the market: the higher quality banks signal their private information to the market with a lower level of leverage, passing over some profitable opportunities to gain from a lower cost of funding.
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SAMORI, DOMITILLA FLAVIA. « La Struttura Finanziaria Delle Banche ». Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1039.

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Questa tesi cerca di analizzare le determinanti della struttura finanziaria delle banche. Si ritiene generalmente che il leverage ratio bancario sia determinato indirettamente tramite l’applicazione di requisiti patrimoniali, in particolare requisiti legati al rischio dell’investimento come nello schema di Basilea II. Molti dei recenti contributi empirici criticano questa tesi ed anzi individuano fattori di mercato come principali variabili nella determinazione del leverage. Una collezione dei recenti studi in materia viene raccolta nel primo capitolo. Nel secondo capitolo, si analizza l’impatto dei requisiti patrimoniali sulla struttura finanziaria delle banche all’interno di un modello di signaling. Viene dimostrata l’esistenza di un equilibrio di separazione, in cui i requisiti patrimoniali non sono vincolanti per ogni tipo di banca; si dimostra inoltre che in equilibrio esiste una relazione negativa tra il leverage bancario e la qualità degli attivi: è infatti la banca di minore qualità ad avere un leverage maggiore. Questo risultato, in contrasto con la tradizionale teoria di finanza aziendale, può aiutare a comprendere alcuni episodi della recente crisi finanziaria ed interroga l’efficacia del sistema di Basilea II. Infine, nell’ultimo capitolo, viene condotta un’analisi empirica sulle determinanti del leverage bancario . Sono identificate relazioni stabili e negative tra il leverage delle banche incluse nel campione e la qualità dei loro attivi. Questo risultato si conferma al variare degli strumenti utilizzati per identificare la qualità degli attivi. Questa relazione negativa ci suggerisce che le banche si pongano l’obiettivo di targettizzare un certo livello di leverage per dare un segnale al mercato circa la loro qualità intrinseca: migliore la qualità degli attivi, minore è il loro utilizzo di leva finanziaria. Queste banche rinunciano ad intraprendere investimenti profittevoli pur lanciare un messaggio al mercato e ridurre il costo del finanziamento.
This thesis analyzes banks’ choices over their leverage ratio targeting. It is commonly believed that the banks’ leverage ratio is implicitly driven by the risk-related regulation set by the Basel Committee. Many recent empirical studies on the subject challenge this presumption and suggest that factors other than regulation drive the banks’ choices on leverage. A review of the recent contributions on the subject is presented in the first chapter. In the second chapter we study how capital requirements affect banks' capital structure within a standard signaling model. We prove the existence of a separating equilibrium in which capital requirements are not binding for every type of bank, and we show that in equilibrium there exists a negative relationship between bank's leverage and its intrinsic quality: it is the low type bank that takes on more debt. This result, in contrast with the traditional theory of corporate finance, sheds some light on some of the recent financial crises episodes and hence questions the effectiveness of the current regulatory environment. Finally, in the last chapter, we conduct an empirical analysis on the cross-sectional determinants of banks' leverage. We find a negative and stable relation between banks leverage and the quality of their assets. This result is proved valid under different definition of assets' quality, based on ex-ante and ex-post expectation of the realization of asset quality. The results suggest that banks might target a certain leverage ratio to reveal their true quality to the market: the higher quality banks signal their private information to the market with a lower level of leverage, passing over some profitable opportunities to gain from a lower cost of funding.
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Livres sur le sujet "Capitale finanziario"

1

Santino, Umberto. La mafia finanziaria : Accumulazione illegale del capitale e complesso finanziario-industriale. [Italy : s.n., 1987.

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2

Il capitale finanziario a Roma fra Cinque e Seicento : Contributo alla storia della fiscalità pontificia in età moderna (1570-1660). Milano : A. Giuffrè, 1985.

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3

Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Roma., dir. Roma, città finanziaria : Prospettive di sviluppo dei mercati monetari e finanziari. Roma : Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Roma, 1989.

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4

Italy. Codice dell'intermediazione finanziaria. Torino : Paravia scriptorium, 2000.

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5

Foschini, Marcello. Il diritto del mercato finanziario. Milano : Giuffrè, 2008.

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6

Maffeis, Daniele. I contratti dell'intermediazione finanziaria. Torino : G. Giappichelli, 2011.

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7

Fratini, Marco. Diritto dei mercati finanziari. Bari : Cacucci editore, 2013.

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8

Galletti, Danilo, et Francesco Vella. Banche e mercati finanziari. Torino : G. Giappichelli, 2009.

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9

Ramusino, Enrico Cotta. L'Innovazione nei sistemi finanziari : Il venture capital. Milano : Giuffrè Editore, 1987.

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10

Stefano, Natoli, dir. Terrorismo, guerra e mercati finanziari. Cinisello Balsamo (Milano) : tradinglibrary.it, 2006.

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